AVVISO:
questa storia è incompleta e non verrà finita. La versione revisionata e definitiva è ora in corso e la potete trovare: QUI: Sotto La Pelle.
Un grazie ad Annagiulia,
Un grazie a Silvia,
Un grazie ad Anna,
Un grazie a Marilisa,
Un grazie a Veronica.
E dovrei ringraziare tanta altra gente,
ma ora me ne sfuggono i nomi.
Reaching for something in the distance
Capitolo 1: Last Year.
“Hogwarts
esiste se noi continuiamo a crederci;
esiste per farci crescere e farci capire cosa sono
l’amicizia e l’amore.
Hogwarts esiste semplicemente per farci sognare.”
Dopo giugno con il suo venticello un
po’ caldo, luglio passò lento, sfociando poi in un caldo agosto e poi,
finalmente, arrivò settembre.
Era strano come tutto le sembrasse diverso, estraneo.
Niente le sembrava più come prima. Forse per il pericolo
imminente e nascosto, forse per paura, forse solo a causa di Hogwarts, che
ormai rappresentava la sua idea di casa.
Lily guardava fuori dal finestrino posteriore dell’auto
mentre la sua mente pensava alle misteriose stragi e alle sparizioni sempre più
frequenti tra i babbani, ignari che, sotto il loro naso, una guerra
imperversava, riempiendo il mondo magico di terrore da quasi cinque anni. Non
riusciva a sopportare l’idea che, forse, un giorno avrebbe potuto sentire il
nome di qualcuno a lei caro alla tv, tra i morti o tra gli scomparsi. Non si
sapeva, poi, quale dei due casi fosse quello dal tasso più elevato, ma
probabilmente quasi si equivalevano.
Con le restrizioni per salvaguardare i mezzosangue,
Lily, non aveva ricevuto né inviato notizie.
La sola idea che fosse successo qualcosa alle sue amiche
e lei non ne fosse al corrente la terrorizzava.
«Lily… Lily? Tesoro, siamo arrivati!» la voce dolce
della signora Evans la riscosse dai suoi pensieri. La ragazza annuì e scese
dalla macchina per prendere il baule che il padre aveva tolto dal portabagagli.
«Forse è meglio se ci salutiamo qui» disse la rossa
tenendo gli occhi bassi, ben attenta a non guardare i genitori negli occhi.
Il padre le mise una mano sulla spalla, lo sguardo pieno
di sospetto misto a curiosità. «Tesoro, c’è qualcosa che dovresti dirci?» la
voce del padre era calma, tranquilla. Loro non sapevano niente della guerra:
Lily non glielo aveva detto, consapevole che se lo fossero venuti a sapere non
avrebbero permesso che tornasse ad Hogwarts quell’anno.
«No! Ma vi pare?» la ragazza si sforzò di scoppiare in
una finta risata che sapeva solamente di nervosismo, cercando di non far
trasparire la preoccupazione e l’ansia che in quel momento l’attanagliavano.
«Sicura?»
La rossa annuì.
«D’accordo, piccola, allora noi andiamo».
La madre la strinse in un abbraccio stretto e colmo di
affetto. «E’ stato bello averti con noi questi mesi. Anche Petunia l’ha detto».
Lily si astenne dal commentare e si limitò al fingere un
sorriso; sapeva bene che la sorella non la sopportava: la credeva un mostro, e
i suoi tentativi di farla ricredere sembravano non aver sortito alcun effetto.
«Mi mancherete» mormorò infine Lily, staccandosi dalla
madre per salutare l’uomo.
«Anche tu, principessa» sorrise lui, guardandola
trascinare il grosso bagaglio e sparire nel caos di King's Cross.
«Lily!».
La rossa si girò rapidamente, ma non fece in tempo a
girarsi del tutto che un uragano dai capelli castani l’abbracciò di slancio,
facendole quasi perdere l’equilibrio, mentre la sua borsa rovinava a terra.
«Sì, Mary, sono viva!» esclamò Lily, ridendo apertamente
come non faceva da tempo.
La ragazza si staccò completamente da lei e le sorrise
raggiante, e Lily si sentì finalmente bene, a posto con se stessa. Mary le era
mancata, le era mancata tanto. Erano migliori amiche, e rivederla dopo due mesi
era una sensazione bellissima. Voleva recuperare i mesi persi, di quello era
certa.
«Ci mancava solo il contrario» la rimbeccò la bruna, con
il sorriso che le si era incrinato pericolosamente.
Lily sapeva quanto l’amica odiasse parlare della guerra,
più che altro perché aveva paura di perderla da un momento all’altro, o almeno
così le diceva. E lei ne era certa, poiché provava la stessa cosa. Perdere Mary
sarebbe stato sicuramente un brutto colpo, lei che era così disponibile e dolce
nei suoi confronti, come in quelli della maggior parte delle altre persone -
esclusion fatta per alcuni Serpeverde che era meglio non nominare mai in sua
presenza.
Osservandola bene, Lily non si sorprese di vederla
leggermente cambiata. Si era alzata un altro po’ e aveva tagliato i capelli,
che ora le arrivavano sopra la metà schiena. La pelle si era un po’ scurita, ma
sostanzialmente era rimasta chiara come al solito.
«Scusa, non volevo» mormorò appena, chinandosi a
raccogliere la borsa che le era caduta.
Il sorriso tornò sul viso dell’amica, che le strizzò
l’occhio e la trascinò verso il treno, per occupare il loro solito
scompartimento – il terzo del quinto vagone.
Quando entrarono, vi trovarono già le loro tre compagne
di stanza: Claire Carpenter, Alice Walker e Miriam Moore.
Alice leggeva un fumetto – probabilmente babbano, visto
che i personaggi non si muovevano –, Claire guardava fuori dal finestrino e
Miriam era in piedi e frugava nella sua borsa, con un sorriso enorme stampato
sulle labbra.
«Ehi» salutò Mary, lanciando lo zaino sul sedile più
vicino.
«Ce l’avete fatta, finalmente!» ridacchiò Miriam con
voce leggermente acuta prima di abbracciarle entrambe e scoccar loro un bacio
su tutt’e due le guance.
«Ma se siamo in orario perfetto!» protestò Lily con le
sopracciglia aggrottate.
«Sì, okay, va bene» tagliò corto Alice, ridendo.
«Sedetevi e chiudete la porta, ora, i ragazzini del primo anno quest’anno sono
veramente chiassosi. Eravamo così anche noi, alla loro età?, così piccoli e
rumorosi?»
«Ti rendi conto di star parlando come una vecchietta,
tesoro, vero?» le chiese Miriam con un ghigno.
Alice la fulminò con un’occhiata ed evitò di ribattere,
limitandosi a sospirare, rassegnata.
«Non ne ho idea, ma credo di no» disse Claire, parlando
per la prima volta. «Sono veramente piccoli. Per il ‘chiassosi’… beh, dipende
dal soggetto. Alcune persone sì, altre no».
«Sei stata illuminante, cara» le sorrise Miriam.
Alice borbottò qualcosa d’indistinto che attirò
l’attenzione delle altre.
«Che?» chiese Lily, inclinando la testa di lato.
«Niente, mi era venuta in mente una battuta infelice»
rispose, ma le altre le dissero di spiegare e così aggiunse: «Sapete com’è.
‘Illuminare’, ‘Lumos’…».
Mary scoppiò in una sonora risata, seguita a ruota da
tutte le altre, e si appoggiò alla spalla di Lily con gli occhi lucidi. Le
guance di Alice, nel frattempo, avevano assunto un colorito rosso a dir poco
acceso. In confronto, tra poco, i capelli rosso scuro di Lily impallidivano.
In lontananza, sentirono l’orologio del binario battere
le undici in punto e il treno iniziò a muoversi lentamente, sferragliando sui
binari. Ben presto la stazione fu solo un puntino minuscolo che si allontanava
sempre di più, mentre il treno correva lungo la strada che Lily, dopo sette
anni, aveva imparato a riconoscere quasi del tutto.
La rossa osservò le amiche in silenzio, mentre loro
prendevano a chiacchierare del più e del meno. Solo in quel momento si accorse
di alcune pallide occhiaie che segnavano gli occhi di Claire, che sembrava
veramente stanca.
«Tutto bene, Claire?» le chiese con dolcezza, attirando
la sua attenzione.
Gli occhi scuri della ragazza erano palesemente stupiti,
e chiese:
«Sì, perché?».
«Le occhiaie» disse appena Lily, e riuscì perfettamente
a scorgere il lampo di spavento che passò per gli occhi dell’amica. Che le stava
succedendo?
«Oh, quelle. Non è niente, non sono riuscita a dormire
bene, nient’altro. Sta’ tranquilla» sorrise Claire con noncuranza.
Lily la guardò ancora un altro po’ prima di lasciar
cadere il discorso, leggermente stranita, e prestare attenzione alla
discussione delle altre. Stavano parlando di dolcetti e ragazzi, dal poco che
aveva ascoltato.
«Anche Davies, quello al settimo anno di Tassorosso, è
carino» stava dicendo Alice, con un alzata di spalle.
«Già» concordo Miriam con la solita voce trillante e
allegra. «Ma tu hai già Frank, quindi ci proverò io».
Alice sospirò e scosse la testa, divertita. «Non
cambierai mai. E poi, io stavo solo facendo un’innocua osservazione».
«Dai che stavo scherzando, cara» ridacchiò l’altra,
muovendo la testa, i capelli che seguivano i suoi movimenti strani.
Lily sorrise a vederla così: Miriam era sempre stata la
più svagata del gruppo, con i suoi capelli biondi lunghi fino alle spalle e il
tono spesso trillante, molto trillante. Faceva ridere, a volte, ma lei non se
ne curava e tirava dritto restando sempre la stessa. Lily l’ammirava per
quello, perché non cambiava mai, nonostante molte persone la giudicassero
pazza. Si piaceva così, e, Lily ne era sicura, non avrebbe cambiato niente di
se stessa.
«Avete una copia della Gazzetta?» chiese poi, ad un
certo punto, dopo aver visto passare fuori dalla porta dello scompartimento un
ragazzino di Tassorosso con in mano il suddetto giornale. Una strana sensazione
si era fatta largo in lei, e non era solo semplice, pura curiosità. C’era
qualcos’altro.
Alice lanciò un’occhiata in tralice alla sua borsa,
posizionata sopra la reticella, nervosa.
«Su, Lily, possiamo pensarci dopo ad un giornale?»
tentò, sforzandosi di sorridere.
«No» rispose, titubante.
Cos’era successo? Cos’altro era successo?
Alice sospirò e si alzò dal suo posto per aprire la
borsa e tirarne fuori una copia un po’ sgualcita della Gazzetta del Profeta. La
guardò un attimo con aria indecisa, come se stesse valutando se passargliela
sul serio o se lanciarla fuori dal finestrino dello scompartimento.
Probabilmente avrebbe preferito la seconda ipotesi.
«Tieni» mugugnò e gliela porse, restia e riluttante.
Lily le lanciò uno sguardo di sbieco e poi si concentrò
sul giornale, cercando di ignorare le altre, che la guardavano con la coda
dell’occhio mentre cercavano di parlare normalmente come prima. In prima pagina
spiccava il titolo “Marchio Nero brilla non molto lontano da Edimburgo. Dove
vogliono arrivare?”.
La bocca le si aprì leggermente, mentre leggeva
l’articolo. Raccontava che una famiglia di babbani, di cui il figlio era
l’unico mago, era stata uccisa nel sonno di quella stessa nottata. Ad
Edimburgo. In Scozia. Ed Hogwarts si trovava in Scozia, da qualche parte. Una
morsa allo stomaco le mozzò il respiro per alcuni secondi, e lei cercò di
digerire la storia assieme al groppo che le aveva serrato la gola in una
stretta fastidiosa.
«Che schifo» disse infine, gettando il giornale sul
sedile vuoto davanti a lei e guardando un punto imprecisato fuori dal
finestrino. La famiglia di Babbani del giornale sarebbe potuta essere anche
la sua.
«Per questo ti avevamo detto di non leggerlo, Lils» le
ricordò Mary, abbozzando un sorriso. «Almeno il primo giorno dovevi godertelo
alla meglio. Mi dispiace».
«Ti dispiace? Ma per cosa? Non dire più niente del
genere, non è colpa tua» esclamò Lily e scosse la testa, facendola sorridere
dolcemente. «Se loro sono… dei pazzi la colpa è solo di una persona, e non sei
tu, Mary».
«Lily, ignorala. È la sua mania da protagonismo, dai»
disse Alice, facendo protestare Mary e sorridere le altre, ancora un po’ scosse
dall’articolo che Lily aveva appena letto per ridere senza pensare a
null’altro.
***
Remus era
appoggiato alla porta dello scompartimento che aveva occupato assieme a Peter e
aspettava gli altri due amici, mentre l’altro stava sistemando il baule sulla
reticella con un sonoro sbuffo. Sorrise, e nessuno avrebbe potuto pensare che
un ragazzo con quel sorriso potesse aver vissuto l’ennesima luna piena nemmeno
quattro giorni prima – ma loro non sapevano, loro non sapevano della voglia
che aveva di tornare ad Hogwarts, perché per lui Hogwarts era tutto.
Poi, dalla porta ancora aperta del treno
spuntarono due teste corvine che il licantropo riconobbe immediatamente e si
raddrizzò. I loro sorrisi, di rimando al suo, furono come due calorosi
“Bentornato a casa, Moony”, e furono i più bei saluti di bentornato che
ricevette mai.
«Sempre in ritardo, voi due?» la voce calda di Remus li
accolse, e Sirius e James si sentirono subito a casa, un po’ come era già
successo con il licantropo.
«Ciao anche a te, Moony!» esclamò James, sorridente, e
poi caricò il grosso bagaglio accanto a quello di Peter. «Ciao, Wormtail!».
«Ciao, ragazzi!».
«Ehi, Peter!» lo salutò calorosamente Sirius,
prendendogli la testa sotto il braccio e scompigliandogli i capelli chiari con
la mano chiusa a pugno, divertito.
Dei ragazzini che passavano lanciarono loro sguardi
perplessi, a cui Sirius rispose con un’occhiata penetrante e anche leggermente
inquietante. Spesso la gente si chiedeva che ci facesse Peter tra loro, ma lui
era un buon amico e un’ottima persona, su questo non si poteva discutere – e
Sirius e James avrebbero facilmente pestato chi avesse osato dire il contrario.
«Di buon umore, eh?» chiese Peter, divertito, quando
Sirius lo lasciò finalmente andare, andando a sedersi sul sedile più vicino
alla porta e stese le gambe sul sedile vuoto che aveva davanti, mentre Remus
protestava debolmente qualcosa che aveva a che fare con la pulizia e l’igene.
«Decisamente» assentì Sirius, annuendo, solenne.
«Quest’estate ho fatto una grande scoperta, mentre ero da James».
«Illuminaci» sorrise Remus.
«Conoscete le moto? Sapete, quelle cose a due ruote che
i babbani usano per muoversi» riprese Sirius, e, ad un cenno affermativo da parte
degli amici, continuò: «Ecco, quelle. Le trovo fantastiche. I babbani, alla fin
fine, non sono così sprovveduti!». Detto ciò, tirò fuori dallo zaino una
rivista di moto babbane e mostrò agli amici i vari tipi di moto che comparivano
nelle immagini che popolavano le pagine.
«Solo per le moto?» chiese Peter, perplesso, grattandosi
una guancia.
«Non sono pazzo!» si lamentò Padfoot, scocciato.
«Sicuro?».
Dopo un’estate intera passata a sentirlo parlare di
moto, James si era stufato e aveva iniziato a prendere in ‘seria’
considerazione l’ipotesi che l’amico fosse impazzito.
«Infedeli… Sono un genio, io» esclamò Sirius
gonfiando il petto.
«Se lo dici tu» rise Peter, guardando quegli amici che,
ora ne era sicuro, non avrebbe mai tradito.
***
La sua mano scattò,
rapida, ed arpionò con forza la maniglia della porta scorrevole. Si sentì un
clangore metallico appena accennato che la fece rabbrividire e sobbalzare
leggermente ed entrò di corsa.
«Scusate il ritardo!» esclamò con il fiatone, mentre i
Prefetti all’interno del vagone puntavano lo sguardo su di lei.
Lily scorse dei piccoli ghigni sui volti degli altri e
si guardò attorno con sospetto. Quando i suoi occhi si posarono su James Potter
e la sua spilla rossa da Caposcuola, la ragazza credette di essere davvero
impazzita. Anzi, no, crebbe che Silente dovesse aver perso il lume della
ragione. Chi, sano di mente, avrebbe mai assegnato la carica di Caposcuola ad
uno come Potter?
Senza rendersene conto, scoppiò a ridere istericamente,
stringendo i fogli che aveva in mano, le nocche pallide e i capelli rossi e
scarmigliati che le davano un’aria da folle.
«Potter?» domandò con voce più acuta del normale,
cercando di calmarsi.
Sul volto di James si fece largo un grosso, enorme
sorriso a trentadue denti. Lily avrebbe voluto cancellarglielo dalla faccia,
quel sorriso. Però, si ritrovò a pensare, effettivamente non era come i ghigni
che era solito rivolgerle.
«Ehi, Evans» la salutò tranquillamente, tornando poi a
guardare gli altri Prefetti. «Dicevo: quest’anno le ronde non le svolgeremo più
da soli, ma a coppie, per ragioni di sicurezza. Le coppie sono assortite un po’
a caso per ora, ma non appena verremo a sapere degli orari degli allenamenti di
Quidditch delle varie Case li cambieremo, ovviamente».
La Caposcuola lo guardò stranita: davvero Potter l’aveva
ignorata? No, non l’aveva ignorata; dopotutto l’aveva salutata.
Ma che mi importa se Potter mi ignora o meno?, si chiese dandosi della scema da sola.
«Gli orari dovrebbe averli Evans» riprese James,
rivolgendole lo stesso sorriso di poco prima. «Ce li hai tu, non è vero?».
«Uh? Oh. Sì, ce li ho io» rispose, porgendogli i fogli
che aveva in mano e lanciando un’occhiata sbieca alla sua schiena magra. Il
ragazzo li osservò un attimo, stupito di averli trovati leggermente
stropicciati, vista l’accuratezza che Lily solitamente applicava per ogni cosa.
«Okay» proseguì, iniziando a consegnarli per lo scompartimento,
ignorando la smorfia che si dipinse sul volto di uno dei Prefetti di
Serpeverde. «Se avete qualche problema con orari o compagno siete pregati di
farcelo sapere, in modo da organizzarci al meglio».
Lily si appoggiò alla parete e osservò i presenti nel
vagone: due ragazze di Corvonero stavano chiacchierando a bassa voce, facendosi
scappare una risatina di tanto in tanto, indicando qualcosa sugli orari; un
ragazzo di Tassorosso che sorrideva ad una Grifondoro del sesto anno. Durante
il suo giro d’ispezione incontrò due occhi neri e malinconici che la fissavano,
ma spostò rapidamente lo sguardo. Notò che Remus sorrideva ed annuiva in
direzione di Potter, come compiaciuto; probabilmente vedere il suo amico
comportarsi così bene lo rendeva orgoglioso. Effettivamente, per alcuni versi
Remus assomigliava un po’ a una chioccia – ma c’era anche da dire che, per
quanto fosse carismatico, James Potter aveva un modo di comportasi del tutto
particolare, e questo era innegabile.
James tornò accanto a lei e Lily si scostò leggermente,
anche se non sapeva bene nemmeno lei perché l’aveva fatto. Perché è Potter e
non lo sopporto – pensò, mentre lui le lanciava un’occhiata strana.
«Bene. Sappiamo tutti cosa sta succedendo lì fuori, e
non possiamo far finta di niente. Sarebbe bene che collaborassimo tutti, gli
uni con gli altri. D’accordo?».
Cori di “sì” e di “certo” anche un po’ stanchi
arrivarono alle orecchie dei Caposcuola, che annuirono. Lily teneva gli occhi
bassi.
«Abbiamo finito» li liquidò James, girandosi verso Remus
e avvicinandosi a lui per parlare. Lily li aspettò in disparte, guardandoli con
la coda dell’occhio, nel frattempo che gli altri uscivano lentamente dal vagone
e andando scemandosi per il treno. Quando i due finirono di parlare e se la
ritrovarono davanti, Potter aggrottò le sopracciglia, perplesso, mentre Remus
le sorrise calorosamente.
«Ehi» la salutò quest’ultimo, alzando una mano in gesto
di saluto.
«Ciao» rispose la ragazza, ricambiando il sorriso.
«Che ci fai ancora qui, Evans?» chiese invece James, e
nella sua voce Lily non trovò la solita nota beffarda ma solo pura curiosità.
Se ne stupì. «La riunione è finita più di cinque minuti fa».
Lily spostò il peso dalla gamba destra alla sinistra,
mordendosi l’interno guancia. Già, perché era rimasta?
«Dovevo… parlare con Remus» disse rapidamente, sforzandosi di non smettere di sorridere, mentre il sopracitato
cercava di reprimere un sorrisetto.
«Ah. Okay. Vi aspetto fuori, allora» detto questo, il
ragazzo uscì dallo scompartimento chiudendosi la porta alle spalle. Remus lo
seguì con lo sguardo finché James non si appoggiò alla porta, dando loro la
schiena.
«Che dovevi dirmi?».
«Oh. Ehm. Ecco, vedi-» iniziò Lily, prendendo a
gesticolare forsennatamente.
Remus ridacchiò sommessamente. «Ho capito: era una
scusa» disse, facendola arrossire di vergogna.
Beccata.
«Non glielo dirò, tranquilla» aggiunse poi, anticipandola.
Lily distese le labbra in un sorriso caldo e annuì.
«Grazie, Remus».
«Ma figurati. Ora usciamo, altrimenti James mi
affattura».
Lily tentò di bloccarlo per chiedergli cosa intendesse,
ma Remus aveva già aperto la porta, facendo quasi cadere James. La ragazza non
riuscì a trattenere un sorriso sardonico.
«Avete già finito?» domandò, stupito.
«Guarda che non tutte le persone si chiudono negli
scompartimenti per dare sfogo ai loro istinti ormonali, Potter…» mugugnò lei,
infastidita.
James batté più volte le palpebre, preso in contropiede.
«No, certo, ma io non intendevo ques-» iniziò, ma venne bloccato precocemente,
e lui pensò bene di tacere.
«Non mi interessa» con queste tre parole Lily pose fine
al discorso, arricciando leggermente gli angoli della bocca in quello che
doveva essere un accenno di sorriso. «Devo andare».
«A dopo» sorrise Remus, chiudendo la porta scorrevole
dello scompartimento.
Mentre la ragazza spariva dietro la porta del vagone con
uno svolazzo dei capelli rossi, James mormorò appena: «Questo è l’ultimo anno
in cui potrò vederla».
Remus gli posò una mano sulla spalla e sospirò.
«La verità non è sempre quella più in mostra» disse,
iniziando a camminare.
James si affrettò a raggiungerlo, cercando di capire il
senso di quella frase.
***
Non è cambiato
niente.
Era quello il pensiero che aleggiava nella mente acuta e
sveglia di Lily Evans, mentre camminava in mezzo alle tavolate delle quattro
Case per raggiungere la sua.
Il soffitto era la copia sputata del cielo scuro di
quella sera, e le candele rendevano tutto più suggestivo. Più magico, in un
certo senso.
Per una Nata Babbana come lei, tornare ad Hogwarts dopo
due mesi era qualcosa di bellissimo. Avere contatti con il suo mondo le era
mancato spesso, specialmente quando, a casa sua, non riusciva a sentirsi al
posto giusto. Quando si sentiva fuori luogo persino nella casa dove aveva
passato l’infanzia, il pensiero di Hogwarts e le sue amiche riusciva a
calmarla.
Dopo aver passato in rassegna le persone sedute ai tavoli,
riuscì finalmente a scorgere le proprie amiche, che, tranquille,
chiacchieravano. Un sorriso le illuminò spontaneamente il volto e le raggiunse.
Si sedette accanto a Mary proprio quando il professor Silente si alzò dal suo
posto per iniziare a parlare.
«Miei cari ragazzi, so che sarete stanchi e affamati, ma
prima di far gioire la nostra pancia dovremo pazientare ancora un po’». Silente
sorrise e fece un cenno con la testa alla professoressa McGranitt, che, rigida
come sempre, aprì il grosso portone di quercia facendo entrare i bambini che
dovevano venir smistati.
«Bicket, Lauren» chiamò la professoressa, quando tutti i
nuovi studenti furono entrati.
Una ragazzina dai capelli neri e gli occhi castani si
fece largo nel gruppetto fino ad uscirne, per andare a sedersi sullo sgabello.
La McGranitt le mise in testa il Cappello Parlante, che rimase in silenzio per
qualche minuto, prima di esclamare:
«Corvonero!».
Susseguirono altri due bambini che vennero smistati a
Tassorosso, mentre Lionel Bilman finì a Serpeverde, tra gli applausi di quella
Casa.
Dopo un po’ Lily fece spazio a Kora Russel, che le si
sedette accanto, lanciandole un gran sorriso.
Poco distante, James continuava, di tanto in tanto, a
lanciarle occhiate di sottecchi, curioso; il comportamento adottato dalla
ragazza, in treno, l’aveva lasciato perplesso, così come la frase ambigua di
Remus.
«Ehi, ciao piccolo!» esclamò Mary, sorridendo a un
bambino biondo di nome Charles Ribey.
Passarono una ventina di minuti e lo Smistamento volse
al termine, stupendo la maggior parte degli studenti più grandi. Quell’anno i
nuovi studenti erano solo trentacinque, poiché molte famiglie avevano iniziato
ad insegnare la magia a casa, visti i tempi che correvano. Avevano
bisogno di avere i propri bambini vicini.
E dire, invece, che Lily era dell’opinione che non ci
fosse al mondo luogo più sicuro di Hogwarts. Lì, tra quelle quattro mura, tutto
sapeva di casa, di un posto dove nessuno avrebbe potuto anche solo sfiorarli.
Si sentiva al sicuro.
«Bene. Adesso che si è conclusa la cerimonia dello
Smistamento direi di passare alle cose importanti, prima di sfinirci con i
deliziosi piatti che sono stati preparati» iniziò Silente, serio. «Come ben
sapete, il Mondo Magico è in pericolo. Immerso nel pericolo fino al collo, oserei
dire, a causa della guerra che stiamo combattendo contro Lord Voldemort» -
qualcuno rabbrividì al solo sentirlo nominare, mentre altri, decisamente meno,
abbassavano lo sguardo – «e i suoi seguaci. Sono tempi bui, quelli che ci
aspettando, ma non date tutto per perso. Voi siete la nostra speranza migliore;
solo uniti riusciremo a sconfiggere Voldemort e a ristabilire la pace nel
nostro mondo e in quello dei Babbani».
La mano di Mary scattò verso quella di Lily e la strinse
con forza, forse troppa, ma quel gesto era stato talmente normale che nessuna
delle due se ne accorse. Accedeva sempre che, quando s’intavolava il discorso guerra,
Mary scattasse su come una molla e stringesse Lily in un abbraccio di ferro.
Una stretta di mano, in confronto a quegli abbracci, non era niente.
«Dalle notizie che ho,» riprese Silente, abbassando di
poco la voce, «Voldemort ha dei seguaci anche in luoghi che ora non mi è
permesso di nominare, ma che si trovano molto, molto vicini a noi. È un
dispiacere immenso per me dover sospettare di tutti quanti, anche di voi; è
orribile sospettare anche che tra i miei studenti ci sia qualcuno che lo segue
e che crede nei suoi propositi. Ma non riesco nemmeno lontanamente a immaginare
che tra voi possa nascondersi un Mangiamorte» - qualcuno sgranò gli occhi e si
guardò attorno, come a cercare qualcosa a cui prima non aveva nemmeno pensato -
«Ma la strada che prenderete verrà da sé, in base alle scelte che farete, in
base a ciò che ritenete più giusto e corretto. In base a ciò per cui volete
lottare. E ora, buon appetito!».
Il preside batté le mani e, magicamente, i piatti
dorati si riempirono di ricche pietanze.
***
Si fermò a
contemplare la sua Sala Comune con le palpebre leggermente abbassate, i colori
caldi della Sala che, sommati al tepore in cui era immersa, facevano venir
caldo anche solo a tenere gli occhi aperti.
Passò dei minuti così, ad osservare il via vai di
studenti che salivano o scendevano dalle scale a chiocciola, prima di decidersi
a raggiungere anche lei la propria stanza.
Salì le scale a due a due e aprì la porta di legno
scuro, trovando le sue amiche già impegnate a sistemare le proprie cose.
«Lily, eccoti!» esclamarono Mary e Miriam sbucando fuori
dal bagno, sorridendo, la prima con in mano una confezione di quello che doveva
essere shampoo.
Si sentì a casa.
La fanfiction è ambientata durante il Settimo Anno dei Malandrini, quando Lily
e James dovevano ancora iniziare a frequentarsi. Sinceramente, non penso che
lei abbia cambiato idea così, di punto in bianco, ma che abbia cominciato a
rivalutarlo verso la fine del sesto anno, anche se è un po' restia ad
ammetterlo; per questo motivo, qui possimo già vedere una Lily con dei pensieri
un po' contorti, e che sappiamo bene dove la confurranno.
I ringraziamenti già li ho fatti, ma li rinnovo, perché ci sono state un
sacco di altre ragazze gentilissime nei miei confronti e nei confronti di
questa storia. Sì, Silvia-Tef, Aras, Francesca, sto parlando con voi,
splendori. ♥
Questa, per chi non lo sapesse, comunque, è la seconda 'edizione' - chiamiamola
così - di Reaching for something in the distance, ma credo - anzi, ne
sono quasi del tutto certa - che sia meglio della prima.
Spero vi sia piaciuto questo primo capitolo, ovviamente ogni parere è il benvenuto e sono pronta a ricambiare ogni recensione ricevuta.
Il prossimo capitolo lo pubblicherò sabato 4 febbraio. ^^
A presto,
Er.
Se vi interessa, il gruppo facebook è QUESTO.