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Autore: Ariel Winchester    23/01/2012    8 recensioni
[Dal capitolo 19° "Frozen"]
Ma cosa avevo in mano per poterlo riportare indietro? Avevo usato il fuoco, il sangue e la violenza: tutto quello che lui conosceva meglio, ma non era servito.
Cosa avrebbe potuto risvegliarlo allora?
Me.
Quella voce giunse nella mia testa, alleviò la disperazione e assopì improvvisamente tutti i miei pensieri. Forse avevo sbagliato a cercare di svegliare Klaus facendo leva sulla sua forza, forse dovevo puntare su una debolezza. Lui aveva paura di restare solo, se gli avessi fatto capire che non lo era, forse sarebbe tornato.
Allungai la mia mano priva di guanto verso la sua, era fredda e rigida ma intrecciai le mie dita tra le sue, in modo che lui potesse sentirmi vicina a lui.
Non sei solo Klaus, io ci sono.
Quindi torna, ti prego.
Chissà quanto tempo era ancora passato: lui era immobile, io lo ero con lui, ma tutto intorno a noi andava avanti. Solo noi eravamo fermi nel tempo, mentre tutto là fuori continuava a muoversi.
Perché non si svegliava?
Singhiozzai, sentendomi inabilitata a trattenerli troppo a lungo e posai la testa sulla spalla di lui. La colpii con delle piccole testate, sperando che lui mi sentisse.
Ma rimase congelato, non si mosse e non ascoltò le parole che volevo trasmettergli attraverso le nostre mani congiunte. Strinsi più forte la presa, perché avevo ancora l'insano desiderio che lui potesse sentirmi.
Ma non fu così, lentamente il sonno vinse sul mio corpo.
Klaus.
Era finita, ero rimasta sola e probabilmente sarei morta assiderata quella notte. Gli occhi si chiusero sulle mie ultime lacrime, le lasciarono scorrere lungo la mia pelle, mentre lentamente lasciavo la realtà e raggiungevo i miei sogni.
La mia mano però non abbandonò mai quella di Klaus.
[Fic revisionata fino al 9° capitolo]
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Katherine Pierce, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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    -Meds-

Spalancai la porta della camera di Elijah con un calcio.

Lui era ancora debole, respirava a fatica ma trovava lo stesso la forza di ordinarmi di lasciarlo camminare da solo. Peccato che, per come era stranamente ridotto da Joshua, non sarebbe riuscito a fare nemmeno un passo usando le proprie forze.

Erano diversi minuti che camminavamo, la festa era ancora in corso perciò nessuno si accorse di noi due, quasi moribondi, che vagavamo nei corridoi scuri alla ricerca della stanza. Ci capitò solo di incrociare una coppia, ma erano talmente ubriachi ed era talmente buio, che non si accorsero del sangue sui nostri vestiti.

Lascia, faccio da solo.” disse orgogliosamente Elijah, rifiutandosi di ricevere ulteriore aiuto da me. Lo osservai mentre andava a sedersi sul bordo del suo letto e rimasi immobile sulla soglia della porta. Grazie alle luci delle candele, notai come il suo viso era diventato pallido e sudato.

La ferita non lo avrebbe ucciso, ma lo aveva parecchio provato quella notte.

Torna...torna pure in camera tua. Domani starò meglio.” mi disse, osservandosi la macchia rossa che bagnava la sua maglia bianca. Parlava freddamente, probabilmente si sentiva ferito nell'orgoglio per essere stato colpito da un vampiro qualsiasi come Joshua.

Perchè io lo avevo distratto e il che mi fece sentire terribilmente in colpa.

Oppure, Elijah era semplicemente nervoso perchè aveva capito chi realmente si nascondeva dietro gli omicidi di quelle ragazze. Micah era la pedina di Bell, Joshua lo era di qualcun altro davvero pericoloso per Klaus.

E io ci ero finita in mezzo, solo perchè Klaus aveva finto di essere carino con me.

Quando si accorse che stavo ancora là a fissarlo immobile, Elijah alzò lo sguardo su di me. “Irina, non ho bisogno che tu vegli su di me. Vai in camera e riposati.” disse, ma era ancora glaciale nel modo in cui parlava.

Non mi andava di lasciarlo solo. Anche se avevo la certezza che non sarebbe morto, avevo comunque paura di perderlo.

In un modo o in un altro.

Per dargli una risposta, mi chiusi la porta alle spalle e mi avvicinai rapidamente al letto.

Elijah mi seguì con lo sguardo, mentre mi chinavo davanti a lui.

Iniziai lentamente a sfilargli gli scarponi dai piedi. Se lo avesse fatto lui da solo, probabilmente si sarebbe fatto parecchio male data la posizione della ferita.

Quel mio gesto lo lasciò per un attimo interdetto.

Irina, smettila.” mi disse. “Non devi farlo, ci riesco anche da solo.”

Gli feci segno di stare zitto, mentre posavo gli scarponi accanto al letto. Lo feci sorridere a causa della mia tenacia, almeno ero riuscita a strappargli per un istante quella maschera di dolore dal viso. Nonostante avessi mille domande irrisolte nella testa, a cui se n'era aggiunte altre dopo l'attacco di Joshua, misi a tacere la mente per concentrarmi solo su di lui.

Osservai la pozzanghera rossa che macchiava la sua maglia bianca, pensai che forse avrei potuto contribuire alla guarigione, già di per sé veloce, usando le poche tecniche mediche che conoscevo. Avevo delle erbe in camera, che sarebbero potute servirmi per aiutarlo.

Forse era inutile quello che stavo per fare, ma tentare non avrebbe nuociuto a nessuno.

Elijah mi osservò attentamente, mentre riflettevo. Teneva le mani affondate nel materasso e la testa piegata da un lato, sembrava che stesse osservando la ferita sul mio collo.

E ora dove ti ha detto di andare quella testa vuota?” mi chiese.

Quando mi vide alzarmi di scatto, mi limitai solo a fargli un gesto veloce per dirgli che non doveva muoversi. Mi avvicinai velocemente alla porta, allungai il braccio per afferrare il pomello e la spalancai troppo rapidamente, per impedire al mio corpo di non ricordarmi che ero gravemente ferita.

Malgrado non volessi perdermi d'animo, fui costretta almeno un secondo a posare la mano sullo stipite della porta e chiudere gli occhi. Presi fiato, la ferita sul collo continuava a sanguinare e pulsava in una maniera a dir poco insopportabile.

Restai troppo a lungo a cercare di riprendermi, ad Elijah bastò per accorgersi che qualcosa non quadrava.

Tutto bene?” mi chiese, la sua voce era troppo vicina. Doveva essersi mosso con la sua velocità da vampiro per potermi raggiungere, sentì la sua mano posarsi sulla mia schiena, come a dire che mi avrebbe sorretto in caso il mio corpo non ce l'avesse fatta.

Annuì, in quel momento eravamo deboli quasi allo stesso modo, cosa che speravo e dubitavo sarebbe di nuovo accaduta, e io volevo essergli di aiuto. Ero fuggita via e lo avevo fatto ferire solo perchè ero stata una stupida. Dovevo ripagarlo in qualche modo.

Sono un vampiro, Irina. So cavarmela da solo, dovresti preoccuparti più della tua ferita.” disse, quasi sussurrando. “Le mie sono nulla a confronto.”

Gli lanciai un'occhiata veloce, non riuscivo a vedere bene il suo viso per via dell'oscurità che ci circondava, ma immaginavo il suo sguardo rivolto verso il mio collo sanguinante.

Gli feci di nuovo segno di attendermi là e raggiunsi velocemente camera mia,. Katerina non era ancora rientrata, doveva essere ancora in sala a festeggiare, alla faccia della delusione che le avevo procurato. Anche se era sempre il centro dei miei pensieri, non potevo perdermi in dispiaceri che avrei potuto risolvere il mattino successivo. Frugai velocemente nell'armadio e trovai ciò che cercavo, tenevo le piante e le erbe in una cesta, in modo che avrei potuto prenderle subito, senza andare ogni volta in giardino a raccoglierle. Presi anche delle bende e un abito pulito, il più semplice che mi capitò a tiro, in modo che potessi cambiarmi appena tornata da Elijah.

Avevo predetto di rimanergli accanto, ma non potevo farlo con tutto quel sangue che bagnava la mia pelle. Gli avrei fatto solo più male, inducendolo magari in tentazione.

Tornai velocemente in camera di Elijah, sperando che il corpo continuasse a non cedere al forte dolore che provavo.

Lo trovai ancora seduto sul bordo del letto, le fiamma delle candele sul comodino illuminava la sua espressione poco convinta. Sapevo che doveva essere fastidioso per lui ricevere aiuto da una fastidiosa umana come me, ma dopo quello che aveva fatto per me, doveva limitarsi ad accettare il mio aiuto senza fare storie.

Cosa vuoi fare adesso?” mi chiese, guardandomi mentre riponevo delle ciotole, un panno e delle erbe sul comodino. Lo ignorai, tornai a chiudere la porta che avevo lasciato aperta dietro di me e presi il secchio d'acqua che avevo visto vicino alla finestra.

Tornai a chinarmi di fronte a lui e iniziai a schiacciare diverse erbe dentro una ciotola.

Ma tu lo sai che cosa sono o ti è sfuggito qualcosa?” mi chiese divertito.

Alzai le spalle, fissando la ciotola tra le mie mani. Una semplice arma lo aveva ferito, forse una semplice conoscenza in erboristeria avrebbe potuto aiutarlo a guarire più velocemente.

Elijah sospirò, volse la testa da un lato e guardò fuori dalla finestra. “Sono un originale, guariamo più in fretta dei vampiri normali.” ci tenne di nuovo a sottolineare.

Allora sarebbe guarito ancora più in fretta.

Elijah scoccò la lingua, quando si arrese al fatto che ormai avevo iniziato una cosa e l'avrei portata a termine. L'impasto era pronto, non sapevo nemmeno se era venuto bene ma bastava solo spargerlo sopra la ferita per verificarlo.

Devo...togliermi la maglia?”

Mi ero dimenticata di quel piccolo ma imbarazzante dettaglio. Elijah mi guardò a lungo, studiando la mia espressione. Il fatto che potesse vedere il rossore sulle mia guance, mi fece tornare subito in me.

Annuì, ma lui sembrava stranamente imbarazzato quanto me per quello che stava per succedere. Si tolse lentamente la maglietta, il sangue l'aveva praticamente attaccata alla pelle e lui si lasciò andare ad un verso di dolore quando la separò da essa. Posò lo sguardo sul soffitto e serrò le labbra, per non cedere di nuovo al dolore.

Deglutì, forse non era il momento giusto per lasciarsi andare a pensieri del genere, ma quando osservai la fiamma della candela riflettersi sulla pelle di marmo di Elijah, mi mancò il respiro.

La parola perfezione non bastava a descriverlo: la pelle era liscia e chiara proprio come quella di una statua. Se non avesse parlato, avrei davvero creduto che fosse stato creato davvero dalla mano di uno scultore: uno scultore divino.

Elijah mi guardò, dovette fraintendere il mio sguardo che vagava sul suo petto.

Scusa per il sangue, immagino ti faccia impressione...” mi disse, riportandomi alla realtà.

Alzai lo sguardo sui suoi occhi, ero così persa che non mi ero nemmeno accorta di quel liquido denso sulla sua pelle.

Scossi la testa, trovando un po' di contegno rimasto nascosto dietro il mio evidente imbarazzo.

Iniziai a spalmare il contenuto appiccicoso della ciotola sulla ferita, lo feci con delicatezza per non fargli male. Elijah seguì i movimenti della mia mano, con curiosità.

Anche se sappiamo entrambi che questo esperimento è un po' inutile...” disse ad un certo punto. “Ti ringrazio.”

Mi sorrise, un attimo solo necessario per deconcentrarmi. Ricambiai, ma continuai passare la mia mano sulla sua ferita. Restammo così per diversi minuti, non mi accorsi che lo sguardo di Elijah si era spostato dal mio viso alla zona insanguinata sul mio collo. Mi scostò i capelli da un lato per osservarla meglio, istintivamente piegai la testa dal lato opposto, come per evitare il suo tocco freddo. Lo facevo per pura vergogna, non perchè avessi paura di lui.

Bastardo...” sussurrò rabbiosamente, mentre quelle pozzanghere nere ispezionavano lentamente il risultato del mostro di Joshua.

Le sue dita sfiorarono delicatamente la ferita, facendomi sobbalzare. Il suo tocco non era freddo come lo ricordavo, o meglio lo era ma allo stesso tempo trasmetteva un'ondata di calore inimmaginabile. Una cosa che riusciva ad alleviare un attimo il dolore.

Continuai a massaggiare la ferita e tenevo la testa ancora piegata sotto la mano di Elijah,

Quando sentì di nuovo il suo viso avvicinarsi al mio. Quella volta fui certa che non voleva baciarmi, il suo respiro soffiò sul sangue che macchiava il mio collo. Sembrava che lo stesse annusando, come se la tentazione di assaggiarlo fosse troppo forte, persino per un uomo controllato come lui. Era la mia reazione quella che mi stupì, rimasi immobile e quasi aspettavo che lui mi mordesse. Potevo immaginare il suo bisogno di sangue in quel momento e visto che mi aveva salvato per ben due volte, dovevo considerarmi in debito con lui.

Gli avrei ceduto il mio sangue se necessario.

Con uno scatto veloce, lui si ritrasse indietro e chiuse gli occhi, come per allontanare un pensiero che considerava immorale dalla sua mente.

Il pensiero che anche io potrei farti una cosa simile, mi manda fuori di testa.” disse scuotendo la testa.

Nel frattempo avevo ripreso a respirare, ritrovai velocemente la concentrazione necessaria per occuparmi della ferita che giaceva sul corpo di Elijah. Si stava già rimarginando, mi sembrava di sentirlo sotto la mia mano, macchiata di sangue e di quell'intruglio verde e grumoso che avevo creato. Sentivo i suoi occhi ancora sulla mia ferita, immaginai i pensieri di odio che gli attraversavano la mente in quel momento.

Ora può bastare, è della tua ferita che bisogna occuparsi.” esclamò ad un certo punto lui, cingendomi delicatamente i polsi. La sua delicatezza però era unita ad un espressione dura che non riuscivo a tradurre. Era arrabbiato con me o era semplicemente molto provato fisicamente? Feci un cenno di assenso con la testa e mi alzai in piedi, con movimenti lenti e decisi, rimisi in ordine tutto il materiale che avevo usato per la medicazione. Elijah si stava rivestendo e nel frattempo mi implorava di lasciare tutto come stava e che se ne sarebbe occupato lui stesso l'indomani. Ma lo ignorai, continuai a mettere a posto i vari oggetti e solo dopo studiai la macchia rossa sul mio collo. Ogni volta che lo muovevo, la sentivo bruciare.

Quel liquido rosso e denso aveva smesso di uscire, ma circondava quei due puntini rossi in una stretta letale che provocava un immenso dolore.

Se ti do il mio sangue, potrebbe guarire più in fretta.” disse Elijah, lo sentì avvicinarsi alle mie spalle e tese il polso di fronte a me. Guardai il suo riflesso sullo specchio, i suoi occhi erano fissi sul mio viso mentre avvicinava l'altra mano alla sua pelle.

Quando capì che voleva ferirsi, in modo che prendessi in suo sangue, lo fermai, posandogli la mano sul braccio.

Il motivo non era solo perchè il pensiero di bere sangue mi terrorizzava, ma anche perchè io non volevo che lui mi donasse il suo di sangue. Dopo tutto quello che aveva fatto per me, era davvero troppo.

La ferita sarebbe guarita prima o poi, avevo solo bisogno di lavare via il sangue e cambiarmi l'abito. Una leggera striscia rossa verticale scendeva sotto il collo, fino ad arrivare a metà della gonna. Joshua aveva fatto davvero un lavoro con i fiocchi.

Irina, devi prenderlo. So che non è una cosa gradevole, ma berlo ti farà guarire la ferita rapidamente!” insistette lui.

Con ostinazione, continuai a rifiutarlo. Sentivo la stanchezza che stava impadronendosi di me.

Se avessi chiuso le palpebre per un secondo di più, probabilmente sarei caduta a terra, addormentata.

Capendo che non avrei accettato, allora prese una delle pezze che mi ero portata in camera: restando in piedi dietro di me, lo bagnò con un po' dell'acqua che avevo usato per lavare il suo sangue e iniziò ad asciugare la ferita. C'era qualcosa di stranamente sensuale nel modo di muovere le sue mani, pulì via il sangue con fermezza e grazia allo stesso tempo.

Quando terminò, era rimasto solo un leggera sfumatura di rosso sulla pelle e due puntini rossi. Ci mise sopra una benda, in modo che i due puntini non fossero visibili.

Ora, ascoltami, torna in camera e riposati. Dopo quello che hai passato, non ti puoi permettere di farmi pure da infermiera..” disse. Elijah vide che il mio sguardo ormai stava crollando di fronte alla stanchezza che mi stava consumando le forze.

Ma dovevo resistere e far capire ad Elijah che io non lo avrei abbandonato.

Vampiro o no, sarei rimasta con lui.

Mi allontanai dal suo corpo e, con suo stupore, mi sedetti sulla poltrona di fronte al suo letto. Forse si aspettava che sarei corsa filata in camera mia e mi sarei messa sotto le coperte? Peccato che non potesse leggermi nella mente. Quel pensiero era lontanissimo anni luce dalla mia mente.

Le labbra di Elijah si allargarono in un sorriso nervoso, quando mi vide prendere una coperta da sotto la poltrona e portarmela sulle gambe.

Vuoi scherzare spero? Hai davvero intenzione di dormire qui?” mi chiese.

Risposi con una scrollata di spalle. A meno che non mi avesse fatto spostare con la forza, io sarei rimasta inchiodata su quella poltrona.

Non capì però, che ad Elijah non dava fastidio il fatto che rimanessi lì la notte. Era ben altro.

Tanto non riuscirò a convincerti ad andare in camera...” disse, facendo diversi passi, molto lenti a causa della ferita, verso di me. Osservai il sorriso che brillava sul suo viso e lo vidi indicarmi il letto. “Allora dormi tu sul letto e lascia a me la poltrona...”

Non ne avevo la minima intenzione, aveva lui la ferita più grave, non io. E quindi era lui quello che doveva dormire sul suo letto. Scossi la testa, probabilmente avremmo continuato a discutere per tutta la notte se la nostra ostinazione e il nostro orgoglio continuavano ad andare di pari passo.

Sospirai, l'aveva di nuovo vinta lui. Mi alzai dalla poltrona e lo seguì con lo sguardo mentre occupava il mio posto. Indicò il letto, quasi come se mi stesse sfidando e mi arresi.

Mi accomodai sul materasso, sinceramente mi imbarazzava persino dormire di fronte ad un uomo ma se volevo rimanergli accanto, dovevo superare quella mia infantile vergogna.

Il letto di Elijah era morbidissimo, sentivo il suo profumo impresso nelle federe del cuscino e sulla coperta che mi stavo portando alle spalle per coprirmi. Non avevo il coraggio di guardare se Elijah riuscisse a vedermi, mentre inalavo il suo odore per riuscire a prendere sonno.

Cosa che successe quasi subito, ero così stanca che gli occhi si chiusero senza che me ne accorgessi. Mi parve di sentire la voce di Elijah attraversare lentamente l'inizio dei miei sogni: mi stava augurando la buona notte.


Fu il sole a svegliarmi.

La finestra non era al lato del nostro letto, improvvisamente era sopra la mia testa e la sua luce penetrava attraverso il vetro, investendomi gli occhi. Mi portai una mano sopra di essi e guardai il sole brillarmi sul volto, come per augurarmi il buongiorno. Sempre se di buon giorno si poteva trattare, i ricordi della notte precedente mi riempirono di nuovo la testa.

Rimpiansi i primi cinque secondi del mio risveglio, quando la mia mente era ancora assopita dal sonno per ricordare quanto la mia vita fosse cambiata.

Ci misi un po' persino per ricordarmi che ero nella camera di Elijah.

Mi misi rapidamente a sedere quando mi parve di non sentire la sua presenza nella camera.

E infatti, lui non stava dormendo sulla poltrona come lo avevo visto l'ultima volta.

Ma dov'era andato? I miei pensieri si arrestarono per qualche secondo, mentre il mio sguardo vagava verso le pareti che mi circondavano. La sera prima ero così stanca ed era così buio, che non mi ero accorta di quanto fosse bella la stanza di Elijah.

Alla mia sinistra c'era uno scrittoio, su cui erano stati posati in ordine diversi fogli. Su diversi angoli delle pareti, c'erano dei quadri, alcuni erano dei ritratti di persone che non riuscivo a riconoscere e altri invece rappresentava dei bellissimi paesaggi naturali su cui, se il mio occhio ci si fosse soffermato troppo a lungo, avrei potuto catapultarmici dentro, come se fossero reali.

Mi alzai di scatto, quando mi ricordai che avevo indosso ancora gli l'abito sporco di sangue. Mi svestì velocemente e indossai quello che avevo portato in camera la notte prima, sperando che in quel momento Elijah non tornasse. Intanto, osservavo le lenzuola del suo letto per assicurarmi che fossero rimaste immacolate come le avevo trovate.

Appena terminai, appallottolai l'abito e lo posai a terra, in un angolo nascosto.

Mi ricordai di aver lasciato sul comodino il materiale con cui avevo curato Elijah, ma quelli sembravano scomparsi.

Mi guardai di nuovo attorno e notai l'immensa libreria che occupava la parete destra della stanza. Era un mobile scuro, color dell'ebano, con diversi scaffali tutti occupati da libri, all'apparenza antichi. Corsi a vederne qualcuno, avevano un profumo di antichità e di epoche passate, che mi avvolsero completamente, con la mente e con il corpo. Ne presi uno e lo sfogliai, non volevo leggerlo ma solo sentire quelle pagine ingiallite che mi sfioravano le dita mentre compievo quel gesto. La camera di Elijah sembrava un paradiso per chi come me, si era innamorato della lettura.

La porta che si spalancava, mi riportò di nuovo alla realtà. La realtà in cui avevo una benda attorno al collo e in cui avevo rischiato la vita due volte nel giro di una settimana.

Il viso di Elijah fece capolino nella stanza, non mi aveva vista più sul letto e perciò aveva lasciato scorrere gli occhi preoccupati lungo le pareti. Quando mi vide acquattata a terra, con in mano un libro, sorrise tranquillamente.

Buongiorno.” mi disse, chiudendosi la porta alle spalle.

In mano aveva una tazza di quello che mi parve latte fumante, si sedette a terra di fronte a me e me la porse gentilmente. Sembrava essersi completamente ripreso dal colpo della scorsa notte, il suo viso era rilassato e non aveva alcuna traccia di dolore.

Beati loro, i vampiri, che guarivano così in fretta. A me la ferita ancora pulsava.

Soffiai sul latte, per allontanare quella scia di fumo che proveniva da esso e che mi investiva la pelle. Io ed Elijah restammo in silenzio a lungo, nessuno sembrava voler parlare di quello che era accaduto la notte prima. Volevano solo goderci il silenzio in pace, come due persone normali.

Ma quella quiete non poteva durare a lungo purtroppo.

Sono andato a recuperare il corpo di Joshua. Non che meritasse una degna sepoltura ma...si trova sotto terra nella foresta.” disse, guardando fisso di fronte a sé. “Ma non ho trovato il pugnale con cui mi ha colpito...”

A quello rimediai io. Lo presi da sotto la gonna del vestito sporco, dove lo avevo tenuto nascosto per tutto quel tempo, e glielo porsi. Lo avevo recuperato prima di soccorrerlo, avevo immaginato che lo avrebbe voluto.

Era un pugnale dalla lama e dal manico neri, sembrava fatto con le mani della morte.

Elijah lo studiò per diversi secondi. “Chissà che diavoleria ha usato chi ha creato questo pugnale...” disse in un sospiro. “Ma se non può uccidere un originale, vuol dire che lui non è ancora davvero pronto...”

Lo guardai confusa, ricordavo nel suo breve scambio di battute con Joshua, la frase in cui aveva detto che non era stato Klaus a rovinargli l'esistenza, ma qualcun altro.

Qualcuno che probabilmente aveva soggiogato Joshua al fine di compiere quei terribili omicidi.

Prima che potessi chiedergli qualcosa al riguardo, Elijah allungò il pugnale verso di me.

Tienilo tu.” mi disse.

Guardai la lama posta tra di noi, alzai lo sguardo su Elijah e sospettai che il motivo per cui me lo volesse cedere, non era solo per proteggermi dagli altri vampiri. Scommetto che si era automaticamente incluso nella lista di persone su cui avrei potuto usarlo. Ricordavo ancora il modo in cui avevo percepito il suo desiderio del mio sangue la notte prima, non mi aveva spaventato sentire il suo respiro così vicino, ma doveva aver spaventato lui.

Lasciai la tazza sul pavimento e presi con titubanza il manico del pugnale.

Lo avvicinai a me: mi accorsi che quella lama era ancora sporca del sangue di Elijah e per questo, non riuscivo a guardarla. Lui mi suggerì di tenerla nascosta sotto la gonna come avevo fatto in precedenza.

Voglio che la tenga tu...perchè temo che questa storia non sia finita con Joshua.” mi spiegò Elijah, come se avesse percepito quali pensieri mi avessero attraversato la testa quando aveva allungato il pugnale verso di me. “Anzi, sono sicuro che non sia ancora finita...”

Uno strano brivido si percepì nella sua voce. Lo guardai attentamente, mentre teneva lo sguardo fisso su un punto davanti a sé.

Strisciai più vicino a lui e piegai la testa verso il suo viso, per attirare la sua attenzione. La cosa bella che vivevo con Elijah, era che lui mi capiva subito e con un semplice sguardo.

Sospirò e mi lanciò una lunga occhiata. “Quanto ti piace ascoltare da uno a dieci?” mi chiese. “Micah deve averti raccontato molto di noi, ma non abbastanza. Parliamo di una decina e più di vite almeno...”

Mi ero dimenticata che quegli occhi scuri si erano aperti su ben cinque secoli di epoche, cambiamenti e nuove realtà. Ma c'era qualcosa in quello sguardo che mi faceva pensare non avesse visto solo cose positive. Non me ne stupì, l'umanità non si avvicinava nemmeno lontanamente ad un paradiso in cui chiunque avrebbe voluto vivere.

Essere immortali forse, non era propriamente una cosa meravigliosa.

Vedendo il mio sguardo titubante, Elijah prese una decisione. Probabilmente quella di non dirmi nulla che non fosse importante.

Io penso di sapere chi si nasconda dietro il soggiogamento di Joshua.” disse, volgendo lo sguardo verso di me.

Il nero dei suoi occhi nascondeva qualcosa, una paura dovuta probabilmente a secoli di fughe e dolori. Ero tentata da toccargli quegli zigomi perfetti, ma l'imbarazzo di essere inappropriata mi fermò.

Volevo solo sapere chi voleva fare del male a Klaus e di conseguenza ad Elijah e Rebekah. Ne avevo uno anche io sembrava, perciò come avevo condiviso io le mie paure con lui, Elijah avrebbe potuto fare lo stesso.

Abbassò gli occhi, mi resi conto solo allora che forse stavo chiedendogli troppo.

Mikael .” pronunciò quel nome non con terrore, ma con diverse emozioni miste e tutte contornate da quello che mi sembrava essere rispetto. “C'è sicuramente lui dietro tutta questa storia....”

Improvvisamente trovai quel nome familiare, probabilmente lo avevo letto nel libro che mi aveva preso Rebekah ma non riuscivo a ricollegarlo nella mente. Doveva essere un originale però, visto che era capace di manipolare le menti degli stessi membri della sua specie.

Forse un fratello?

O magari il padre.

Mi sembrò di ricollegare tutti i tasselli mancanti nella mia mente: Klaus non aveva buoni rapporti con suo padre, anzi mi era sempre parso di capire che il suo fosse peggiore del mio.

Talmente peggiore da volere il figlio morto.

Ma per quale motivo? Cosa poteva avere di così sbagliato un figlio da dargli la caccia per secoli?

Quella faccia pensierosa mi preoccupa.” disse Elijah, mi resi conto che stavo fissando il vuoto, con occhi sgranati da troppo tempo. Lui sorrise, almeno la mia banalità gli poteva servire per sviare i cattivi pensieri, anche se solo per un secondo.

Mikael era nostro padre. Sai che non è stato un padre modello, sopratutto per Klaus...” disse. Ricordai gli occhi di Klaus quando mi aveva detto di suo padre, cancellai subito l'immagine che avevo di lui e mi tornò davanti agli occhi il disegno del suo viso sorridente. Magari Klaus non era propriamente cattivo come pensavo: o meglio, lo era, ma non per sua natura.

Magari aveva solo bisogno di qualcuno che lo comprendesse.

E io non lo avevo mai compreso, per colpa della mia ingenua paura. Cambiai idea in un semplice secondo su di lui, cosa che raramente mi capitava con altre persone.

Mikael lo ha sempre messo alla prova, fin da subito. Lo ha fatto sempre sentire inferiore rispetto a ciò che era, non gli ha fatto conoscere un'infanzia e nemmeno un'adolescenza.” Elijah si bloccò, quando si accorse che qualcosa era mutato nel mio sguardo.

Era solo che mi sembrava di risentire la mia storia, ma solo con altri protagonisti e un finale ancora peggiore. Mi strinsi le ginocchia al petto e gli pregai di continuare, anche se ogni parola mi sembrava una pugnalata al cuore.

Lui non lo fece subito, mise probabilmente da parte alcuni ricordi, probabilmente per salvaguardare Klaus o il suo stesso padre. Potevo immaginare il suo dolore nel ricordare l'odio di Mikael, anche se era riverso su un altro figlio.

Lui impazzì quando scoprì che mia madre gli fu stata una volta infedele.” continuò. “Solo che da questa unica volta nacque Klaus.”

Sapere quella cosa fu un colpo di scena per me, non mi sarei mai aspettata che Klaus fosse nato da un adulterio. Ma questo non cambiava le cose, nessuno meritava di avere un padre, oltretutto un estraneo, come quel Mikael.

Il mio in confronto sembrava un santo.

Ma solo per questo gli dava la caccia da secoli? Perchè non era suo figlio? Avevo intuito che tutto, quando si è vampiri, si amplifica. Ma arrivare a certi livelli d'odio, mi sembrava assurdo.

Uccise nostra madre per vendetta..le strappò il cuore dal petto come se fosse un animale.” Elijah pronunciò quelle ultime parole quasi ringhiando, il cuore prese a battermi all'impazzata di fronte al dolore che deformava il suo viso. “Poi cercò di uccidere Klaus. Io e Rebekah paghiamo da secoli il fatto che abbiamo scelto di rimanere accanto a nostro fratello. Always and forever.”

Solo le ultime due parole furono pronunciate con una profonda dolcezza, come se appartenessero ad un'antica promessa che i tre fratelli si erano fatti di fronte all'eternità che li aspettava.

Restò in silenzio, lasciai la che sua mente vagasse verso antichi ricordi di quella che doveva essere stata la sua vera vita: quella da umano, con i suoi fratelli e con i suoi genitori.

Sempre se Mikael era ancora visto come un padre, mi sembrava solo un mostro.

Elijah tornò indietro dai suoi ricordi. “Non dirlo a Klaus, non voglio allarmarlo senza avere delle prove certe.” mi pregò. “Ci penserò io a trovare chi altri è coinvolto in questa storia.”

Gli feci segno che avevo la bocca cucita, cosa in effetti molto vera. Anche se questo Mikael mi spaventava più della figura di Bell: fintanto che fossi io il centro dell'odio di qualcuno, avrei potuto accettarlo.

Ma se si trattava di qualcuno attorno a me, come Katerina,Elijah e persino Klaus per quanto lo temessi, la cosa mi mandava fuori di testa.

Io potevo essere protetta, ma non potevo proteggere nessuno. Era deprimente.

Ora posso farti una domanda?” mi chiese Elijah, la sua espressione era davvero seria. Priva del dolore che l'aveva marcata poco prima, ma più decisa.

Annuì, poteva chiedermi tutto quello che voleva.

Perchè sei immune al nostro potere di soggiogamento? Non voglio spaventarti, ma non esiste essere al mondo che possa sfuggire ad un simile controllo...” disse lui.

Quella domanda era una delle principali cause per cui mi sentivo di impazzire. Non sapevo perchè fossi immune ad un potere così forte, delle volte pensavo che avessi qualcosa che non andava nel mio cervello. Ma ero certa di essere normale, nella norma, ma non capivo perchè tale potere non avesse effetto su di me.

Alzai le spalle, era una delle tante risposte che cercavo da mesi e che avevo paura di trovare.

Elijah non insistette, si accorse subito di come mi ero incupita di fronte a quelle parole. “E l'uomo che ti cerca? Hai idea di chi sia?” mi chiese ancora. Lo faceva con calma e gentilezza, sapendo quanto l'argomento fosse delicato per me.

Scossi di nuovo la testa, forse avrei dovuto dirgli della morte del corvo e del papiro che avevo trovato in camera mia, dopo la morte di Micah.

Klaus mi ha detto della morte del corvo, quello che doveva essere il tramite di Micah.” mi disse, il fatto che fosse a conoscenza di quella storia mi stupì solo in parte: in fondo, lui e Klaus erano fratelli ed era logico che si raccontassero le cose. “Lasciamo perdere il modo in cui ti ha coinvolto in tutto questo, a Klaus piace sempre giocare. Con te poi, sembra quasi provarci ancora più gusto....ma sai come funziona mio fratello no?”

Veramente no, sapevo solo che funzionava male. Però quella frase, unita al mio pensiero, mi fece sorridere.

Mi ha detto anche dell'uomo incappucciato, ma non ho capito se è legato o meno al corvo. Io pensavo che ci fosse Micah là sotto...ma a quanto pare mi sbagliavo.” continuò Elijah. Posò la testa sopra la libreria retrostante e alzò lo sguardo verso il soffitto. “Ho fatto anche delle ricerche su questo Bell, ma non ho trovato nulla di rilevante e realistico. So solo che vuole rapirti e questo mi basta per aggiungerlo alla lista di nemici che abbiamo...”

Mi morsi il labbro, ogni volta che mi parlava in quel modo sentivo il sangue fluirmi velocemente verso il viso. Avvampavo sempre come una stupida, ma non potevo farci nulla.

Ma non conoscendo il tuo nemico e conoscendo però il mio,il nostro... ora mi chiedo chi si nasconde sotto quel cappuccio? Bell oppure Mikael?” mi guardò, non che sperasse di trovare in me delle risposte, sembrava solo preoccuparsi di non avermi spaventata.

Cosa che era impossibile, vista la sua vicinanza.

Ormai non avevo più tanta paura, i sospetti erano stati superati e quando si lottava in due, fianco a fianco, non si aveva nulla da temere. Sopratutto se l'altro fianco era un uomo come lui.

Quella sensazione di coraggio svanì subito però.

Ricordai i momenti in cui avevo visto il corvo in compagnia dell'uomo incappucciato: avevo sempre dato per scontato che fossero collegati, ma forse non era così. Avevo sempre pensato che si trattasse di Micah e invece lo avevo rivisto poco dopo la sua morte.

Ma se Mikael era così vicino, perchè non fare la prima mossa? Elijah aveva detto che non aveva ancora l'arma necessaria per uccidere Klaus e quindi, forse, aspettava solo il momento giusto per sferrare l'attacco. Intanto si divertiva a cercare di lasciarlo solo, per farlo soffrite.

Il tocco della mano di Elijah che si posava sulla mia, mi riportò alla realtà.

Alzai lo sguardo su di lui, non mi ero accorta che nel frattempo si era avvicinato a me.

Mi si bloccò il respiro quando lo guardai negli occhi.

Ora che sappiamo quasi tutto l'uno dell'altra, non dobbiamo più nasconderci nulla, Irina.” mi disse, quasi sussurrando. “Anche se...ci sono cose che, purtroppo non posso rivelarti...”

Sembrava combattuto, come se stesse nascondendo qualcosa non che riguardasse lui, ma qualcosa che riguardava qualcuno che amava. Ma io non volevo che lui mi dicesse segreti che riguardavano altre persone, volevo solo che mi restasse accanto.

E che non ci fossimo nascosti più nulla l'uno sull'altra.

Ma come potevo permettere una cosa simile, se io gli nascondevo delle cose? Decisi che dovevo dirgli del papiro che avevo trovato in camera mia. Forse lui poteva anche farmi capire cosa rappresentasse.

Spero che tu perdonerai se non ti dico altre cose. Sappi solo che sto cercando di rimediare a tutto..” disse ancora lui.

Non capivo di cosa stava parlando. Forse mi sbagliavo, ma sembrava quasi che la persona che stesse proteggendo, e pensai subito a Klaus, avesse in mente qualcosa di davvero spaventoso.

Ma forse mi sbagliavo e se lui non voleva dirmelo, io non avrei insistito.

Istintivamente, fu una cosa così spontanea che nemmeno me ne resi conto, gli gettai le braccia al collo e lo strinsi a me. Ci eravamo abbracciati solo una volta, ma era stato un abbraccio partito di sua volontà, non mia.

Lui quella volta mi aveva fatto capire che non ero sola, io volevo trasmettergli lo stesso messaggio. Lui però restò immobile, capì il perchè solo quando mi accorsi che il suo viso era troppo vicino alla benda insanguinata sul mio collo.

Mi ritrassi imbarazzata, ero stata così impulsiva da non accorgermene nemmeno.

Lui mi impedì di allontanarmi di più, mi strinse i polsi tra le mani e mi guardò fisso negli occhi. Non riuscivo a capire che cosa stesse pensando in quel momento, la sua mano mi accarezzò la guancia dolcemente e il suo sguardo tracciava il mio viso alla ricerca di qualcosa che, forse, solo lui poteva vedere. Provai l'irrefrenabile desiderio di prendere il suo respiro, era un pensiero di cui mi vergognai ma che non potevo trattenere.

Oddio, che orrore!”

La voce di Rebekah ci fece sobbalzare, Elijah e io la guardammo mentre se ne stava sulla soglia della porta con le mani sui fianchi. Guardava verso l'alto, con un aria di superbia che faceva venire voglia di prenderla a schiaffi.

Bekah? Non si bussa per caso?” le chiese Elijah, con tono di rimprovero.

Io non busso mai fratello.” precisò lei, volgendo lo sguardo verso di lui. “Sopratutto quando so che devo interrompere qualcosa.”

E mi lanciò un sorrisetto maligno a cui risposi alzando gli occhi al cielo.

Che ci fai qui? Cercavi qualcosa?” le chiese Elijah alzandosi in piedi, mi porse la mano in modo da aiutarmi a fare lo stesso. Lanciai un'occhiata al mio abito nascosto sotto il letto, probabilmente se ne sarebbe occupato dopo Elijah. Se Bekah avesse visto pure che mi ero cambiata di abito, avrei innalzato la sua già notevolmente alta acidità.

Sì, c'è una tipa rossa che ha chiesto della piccola Petrova.” rispose la bionda, indicandomi con l'indice.

Si trattava di Rose? Non l'avevo rivista dal giorno del rapimento, mi chiesi che cosa l'avesse spinta a tornare nella fossa dei leoni, dopo che Klaus l'aveva minacciata.

Ho cercato in camera sua, ma c'era solo Katerina che dormiva. Perciò quando non l'ho trovata sul letto di Klaus, ho pensato che fosse nel tuo.” continuò Rebekah.

Elijah sbuffò stancamente, mentre io divenni rossa come un peperone. Dovevo ammettere, che Rebekah non aveva tutti i torti a pensare una cosa simile: avevo passato la notte in camera di Elijah e nessuno sapeva cosa era successo realmente. E una mente maligna come quella di Rebekah, poteva solo elaborare scandali al riguardo.

Bekah, questo tuo comportamento sprezzante da sui nervi. Come ti sopporta il tuo francese non lo capisco..” disse Elijah, mentre mi avvicinavo alla sorella per andare da Rose. Era chiaro che era venuta lei apposta, perchè voleva accompagnarmi. Forse glielo aveva ordinato Klaus, per tenermi d'occhio.

Lui almeno ha buon gusto a differenza dei miei cari fratelli.” rispose Rebekah freddamente.

Scossi la testa sconvolta da tale superbia, quando la bionda si chiuse la porta alle spalle, io ed Elijah ci lanciammo un ultima lunga occhiata.


Coprì la benda che avevo sul collo con i capelli. Il vento non tirava ancora forte, perciò non li avrebbe spostati da quel punto che doveva restare nascosto agli occhi della bionda.

Rebekah avrebbe fatto sicuramente mille domande, senza contare il fatto che avrebbe potuto pensare che era stato Elijah a farmi una cosa simile per chissà quale scandaloso motivo. Anche se lei conosceva bene suo fratello ed ero certa che sapesse non fosse capace di fare una cosa simile.

Già la vedevo, mentre camminavamo in silenzio in corridoio, che stava elaborando le giuste frasi per essere il più pungente possibile.

Gli uomini sono tutti uguali.” disse ad un certo punto, volse la testa dall'altra parte e i suoi occhi azzurri si posarono sul sole che splendeva fuori dai cornicioni delle finestre. Era stranamente più caldo quel giorno, tirava la tipica fresca brezza mattiniera, ma il calore dei raggi solari sembravano renderla meno fredda di quanto fosse sempre stata.

Ci sono uomini che sono talmente umani in fondo, da non rendersi conto che l'amore non esiste. Esistono solo dei corpi che si cercano per non rimanere soli, fino a quando si arriva a preferire di nuovo la solitudine piuttosto che la monotonia di qualcuno che non riesce più a lenirla...”

Era strano sentire quelle parole da lei, l'avevo vista spesso con il suo ragazzo francese e non mi era parso che lo considerasse solo un passatempo. Non avevo notato nemmeno un grande amore da parte sua, però neanche una totale indifferenza.

Quelle parole non erano dettate da quello che realmente provava, erano solo il risultato di lunghi secoli visti con gli occhi di qualcuno che pensava di non poter più ritrovare la luce in ciò che la circondava.

Elijah pagherà di nuovo il fatto di essere infinitamente troppo buono. Gli fai pena perchè sei piccola, straniera e muta...per questo si prende così cura di te.” Rebekah si voltò verso di me, un sorrisetto provocatorio le apparì sulle labbra. Come al solito mi fece pentire di aver pensato anche solo un attimo che nascondesse delle emozioni. “Dovrebbe prendere più esempio da Klaus, e seguire la sua vera natura.”

Delle volte pensavo che anche lei volesse rivelarmi la sua vera natura. Ora che sapevo per certo cosa erano, mi accorsi che tutte le sue frasi racchiudevano la verità su ciò che realmente erano.

Ma Elijah mi aveva chiesto di non dire a nessuno ciò che sapevo e per nessuno intendeva i suoi fratelli. Perciò continuai a recitare la parte della stupida che sembravo essere davvero brava ad interpretare.

Cercai di non pensare alle parole della bionda e mi chiesi per quale motivo Rose fosse venuta a trovarmi alla villa di Klaus. L'ultima volta si era mostrata così spaventata da lui, che fosse di nuovo stata coinvolta in uno dei suoi soliti giochetti?

Rebekah mi posò una mano sul gomito, impedendomi di proseguire. La sua presa era come al solito ben salda, per trasmettere il concetto che se avessi provato a liberarmene, non avrebbe esitato a farmi male.

Si parò davanti a me, posò il suo sguardo privo di emozioni sul ciondolo che pendeva sul mio collo e poi tornò a guardarmi. “L'altra volta mi sono dimenticata di dirti una cosa.” disse.

Presi un lungo respiro, doveva credere che non ricordasse nulla di quella conversazione, ma solo l'ordine di indossare di nuovo il ciondolo di Klaus. O forse mi sbagliavo? Esserne stranamente immune, comportava anche dei rischi per chi, come me, spesso si dimenticava le cose.

Rimasi a guardarla, l'espressione di quel demone biondo rimase impassibile come al solito.

Il fatto che ti abbia ridato quel ciondolo non significa che l'abbia fatto per instaurare una tregua. L'ho fatto solo perchè Klaus mi ha chiesto di farlo e io non voglio andare contro il suo volere.” mi disse. “Ma credo che tu l'abbia ormai capito che io non troverò mai simpatica né te, né tua sorella.”

Rimasi a sostenere il suo sguardo, cosa a cui lei non si era ancora abituata. Ma era il mio unico modo per sfidarla, visto che metterle le mani addosso mi avrebbe portato ad avere qualche osso meno integro in corpo. E poi, non mi andava di rispondere alla sua violenza con la mia.

Stavo sforzandomi di credere che Rebekah agisse così solo perchè voleva il bene dei suoi fratelli e anche se questo significava considerarmi un nemico, l'avrei potuto accettare.

Lei era mossa da emozioni davvero molto forti, non potevo criticarla per questo.

Anche io volevo tenere Katerina lontana da Klaus, per quanto iniziassi a credere che il mio comportamento nei suoi confronti fosse stato in qualche modo sbagliato.

Eravamo così simili che non potevo aver paura di lui in quel modo.

Mentre perlustravo quei pensieri, Rebekah fece un altro passo verso di me. Il suo viso divenne una maschera minacciosa. “Quello che ho visto stamattina, non mi è piaciuto.” disse. “Per quanto Klaus possa aver bisogno della tua incolumità, penso che stia abusando un po' troppo. E sta coinvolgendo pure Elijah, l'unico con un po' di sale in zucca nella nostra famiglia.”

Ancora non capivo perchè Klaus avesse bisogno che io stessi bene, aveva fatto un discorso simile quando mi aveva salvato da Micah. Dalle sue parole sembrava che l'esito della mia permanenza in Inghilterra, gli avrebbe dato una garanzia riguardo quella di Katerina.

Ma non avevo mai pensato che il motivo fosse che si era innamorato di mia sorella. C'era dell'altro a cui non riuscivo proprio ad arrivare.

Perciò...non ti chiedo di stare lontana da Elijah, perchè purtroppo ferirei anche lui visto che sei diventata il suo cucciolo. Ma ti chiedo almeno di stare alla larga dal suo letto.” mi minacciò ancora Rebekah.

Presi un lungo respiro e distolsi lo sguardo, stavo cercando di non odiarla ma era più forte di me.

Io proprio non la reggevo più.

Capivo che mi odiava, per motivi ancora oscuri più o meno e legati sopratutto a quel ciondolo, ma poteva anche smetterla di vivere per tormentarmi. Non ricordavo un giorno in cui non avessi sentito una delle sue battute.

Anzi, non ricordavo un giorno in cui l'avessi vista in compagnia di qualcun altro che non fossi io. Eccetto Philippe che era il suo accompagnatore alle feste.

La mia mente iniziò a sviluppare il concetto che forse dovevo scavare dietro quell'odio e arrivare a quello che realmente Rebekah si portava dentro: dolore e solitudine. Ma non sapevo se ci sarei riuscita, ero umana e avevo dei limiti anche io purtroppo.

Ho bruciato un po' di carta l'altro ieri...” disse ancora lei, capì allora che parlava del libro sugli Originals. Ma parlava per doppi sensi perchè era convinta che non ricordassi nulla. “Non costringermi a dar fuoco anche a un po' di carne.”

Altro senso nascosto e significato più spaventoso. Deglutì e mi sforzai di annuire con la testa, tanto che altro avrei potuto fare per scampare Rebekah senza dar sfogo alla rabbia che mi provocava?

Lei sorrise. “L'unica cosa che mi piace di te è che stai zitta.” disse divertita. La sua malignità non aveva limiti: avevo creduto che lei mi parlasse in quel modo perchè, nel suo subconscio, voleva rivelarmi la sua vera natura. Il mio era stato un pensiero stupido, affrettato e anche un po' presuntuoso.

Perchè Rebekah avrebbe dovuto aprirsi con me? Lei stava solo giocando, proprio come faceva suo fratello, e se ne approfittava del fatto che non potessi gridarle addosso.

Mi diede le spalle e mi fece segno di seguirla, mi stava conducendo da Rose ed ero certa che avrebbe assistito in maniera ravvicinata al nostro incontro.

Magari glielo aveva davvero chiesto Klaus.

Rose ci stava aspettando seduta su uno scalino di fronte all'entrata, il vento le scompigliava i lunghi capelli rossi lasciandoli fluttuare nell'aria come se fossero foglie di un albero. Indossava un abito azzurro e molto semplice, che però riusciva comunque a renderla elegantissima.

Anche se non era ricca, quella ragazza non aveva nulla da invidiare ad una come Rebekah per esempio.

Eccola qua, tizia rossa.” annunciò Rebekah, attirando su di noi l'attenzione di Rose quando fummo abbastanza vicine. “Se ti serve per mungere le mucche, te la cediamo volentieri.”

Rose si alzò in piedi, mentre io alzai gli occhi al cielo nonostante mi venne da ridere di fronte alla battuta di Rebekah. Meglio ridere che piangere, mi dicevo. E il suo odio per me dovevo per forza prenderlo dal lato divertente.

Ci vuole forza, costanza e determinazione per lavorare in fattoria, lady Rebekah.” disse Rose, dopo un attimo di silenzio speso a posare lo sguardo da me a lei. Notai che in mano aveva un libro che doveva essere molto antico. Un libro di erboristeria, lo riconobbi subito dal titolo sulla copertina. “Anche per mungere le mucche. Perciò, se pensate questo di Irina, vuol dire che le riconoscete queste tre qualità.”

Rose le sorrise, il modo in cui la sfidava con quell'educazione, mi lasciò di stucco. Studiai l'espressione fredda della Klaus in gonnella al mio fianco e per poco scoppiai a ridere.

Non si aspettava quel genere di sfida e non l'apprezzava.

Le riconosco solo una qualità, rossa. E non la dico per non essere volgare.” Rebekah si stava trattenendo, forse perchè sapeva che Rose era ,più o meno, al servizio di Klaus.

Vi do cinque minuti, sono impaziente ma aspetterò qui la fine della vostra conversazione.” concluse la bionda. Fece tre passi indietro e si strinse le braccia al petto, ci guardò con aria severa come farebbe un bravo cane da guardia.

Sta per passare un minuto.” disse, quando vide che la stavamo fissando incredule.

Rose sospirò e tornò a guardarmi. “Ecco il libro che mi avevi chiesto.” mi disse, allungando quel grande volume verso di me. Non feci nulla riguardo al fatto che non le avessi mai chiesto nessun libro, anzi pensavo che non l'avrei mai più rivista.

Ciò che ti interessa è a pagina trentasei. Lì ci sono le cause inverse della pianta che cercavi.” disse, fece un cenno con la testa per farmi capire che c'era un messaggio da decifrare sotto le sue parole. Ma mi bastò guardarla negli occhi, per capire che stava cercando di fare qualcosa attraverso quel gesto.

Sono passati quattro minuti, ma io non ho voglia di aspettarne un altro.” disse Rebekah, avvicinandosi a noi a passo rapido. Mi afferrò per mano e mi tirò a sé. “Scusa tizia rossa, ma la piccola Petrova deve dormire. Non credo che stanotte lo abbia fatto, sai?”

Non ascoltai la sua battutina, guardai Rose con aria interrogativa e lei mi sorrise.

La salutai con la mano occupata dal libro, quando Rebekah mi trascinò via da lei. Guardai la sua figura diventare sempre più lontana, fino a quando svoltammo l'angolo.

Giungemmo di fronte alla porta della mia camera, ma la bionda non mi permise di entrare subito. Mi tolse il libro dalle mani e sfogliò fino ad arrivare a pagina trentasei. Si aspettava di trovare chissà che cosa e invece trovò solo elencate le proprietà della camomilla.

Cosa che sarebbe potuto davvero esserle utile.

Dopo pochi secondi, Rebekah fece spallucce. “Forse mi sono sbagliata stavolta...” disse, anche se ne parve poco convinta. Mi ridiede il libro e nemmeno mi salutò prima che entrassi in camera.

Mi chiusi la porta alle spalle lentamente e notai che Katerina stava ancora dormendo tranquillamente.

Inverse. Non sapevo come, ma riuscì subito a capire il trucchetto di Rose: io non le avevo mai chiesto quel libro e non le avevo chiesto niente riguardo ad una pianta. Perciò lei mi aveva chiesto praticamente di invertire il numero della pagina che mi aveva consigliato.

Sfogliai fino ad arrivare a pagina sessantatré e trovai un piccolo sacchetto di paglia, appiattito tra le pagine. Al suo interno trovai un ramoscello di verbena e dei piccoli semi che avrei dovuto piantare. Sorrisi, non solo perchè Rose mi era amica come credevo ma anche perchè avevo appena preso per i fondelli Rebekah. Non potevo non esserne contenta.


Ricordavo che Katerina aveva sempre desiderato uno dei miei braccialetti. Era l'unico decente che avevo nel portagioie e mia sorella lo aveva sempre trovato molto carino.

Non me lo aveva mai chiesto esplicitamente, perchè sapeva che non ne avevi molti di gioielli, proprio come lei. Almeno, fino a quando non giungemmo in Inghilterra.

C'era una piccola apertura all'interno del ciondolo e ci riuscì a far passare il ramoscello di verbena senza che lei o chiunque altro che cercasse di manipolarla potesse accorgersene.

Mi mossi nella stanza, stando attenta a non svegliare Katerina. Dopo la discussione della sera prima, pensavo che avesse intenzione di ignorarmi e non mi andava di affrontare una situazione simile dopo quello che avevo passato la notte prima.

Posai il bracciale sulla scrivania e mi avvicinai all'armadio, per assicurarmi che il foglio di papiro fosse ancora là.

E infatti era così. Avevo deciso di mostrarlo ad Elijah appena possibile, non volevo avere più segreti con lui. Avevamo rischiato davvero molto per via di ciò che ci tenevamo nascosto e non volevo più correre nessun pericolo che potesse coinvolgerlo.

E poi, lui ormai aveva la mia completa fiducia.

Irina?”

La voce assonnata di Katerina attirò la mia attenzione. Mi voltai verso di lei, mia sorella si stava massaggiando lentamente i ricci castano scuro e teneva lo sguardo rivolto verso di me.

Non mi sembrava affatto arrabbiata, o forse la luce solare che penetrava dalla finestra e sembrava dividerci creando una striscia bianca sul pavimento, mi impediva di vedere bene.

Dove sei stata stanotte?” mi domandò poi facendosi seria.

Rimasi immobile per un attimo, pensando al dà farsi. Non potevo dirle di essere stata nella camera di Elijah, senza rivelarle poi la verità.

Avrebbe pensato chissà cosa fosse successo.

Andai a sedermi sul letto accanto a lei, studiai il suo volto per cercare di scorgere i sentimenti che stava provando in quel momento. Ma non mi pareva affatto arrabbiata, in quel momento era semplicemente assonnata. Cercai di sviare il discorso, correndo a prendere il bracciale da sopra la superficie. Glielo misi al polso e lei mi lasciò fare con aria confusa.

Irina, ma perchè...”

Le feci diversi segni per dirle che mi dispiaceva, per quello che era successo la sera prima e per dirle che il mio comportamento era semplicemente la causa di un brutto sogno notturno. Era una scusa banale, ma non ero riuscita ad elaborarne altre.

Katerina si guardò il bracciale, le rendeva il polso più fine di quanto non fosse.

Mi stai regalando questo bracciale, perchè pensi che debba essere arrabbiata con te?” mi chiese.

Annuì, sperando che il suo orgoglio non venisse fuori proprio in quel momento e non mi ridesse il bracciale. Ma non lo fece, lo accarezzò con l'altra mano e sorrise.

Non posso accettarlo...” disse, ma si bloccò appena le feci segno che doveva accettarlo. Katerina mi guardò confusa, possibile che fosse già passata sopra la discussione della sera prima?

Ma perchè dovrei essere arrabbiata con te?” mi chiese confusa.

Katerina non era il tipo che dimenticava le liti che faceva: se le legava al dito, fino a quando non avesse poi risolto la cosa a modo suo. Con me era diverso, dopo una semplice chiacchierata potevamo chiarirci, ma in quel caso Katerina sembrava proprio essersi dimenticata della lite della sera prima. Era stata una delle peggiori che ricordassi, possibile che se lo fosse scordata? Il cuore sussultò nel petto, quando mi parve di capire cos'era successo.

Forse Katerina si era sfogata con Klaus, riguardo la nostra discussione e riguardo alla mia proposta di lasciare l'Inghilterra. E lui l'aveva ammaliata per tranquillizzarla e per farle scordare l'accaduto. Strinsi i pugni, ero stanca del modo in cui Klaus continuava a giocare con la mente di mia sorella.

Con la mia non ci riusciva, ma con quella di Kat purtroppo ci riusciva eccome. E ne stava abusando.

Ma perchè desiderava così tanto che restassimo in Inghilterra? Possibile che fosse davvero innamorato di mia sorella? Mi chiesi quando sarebbe stato il giorno in cui avrei davvero potuto capire cosa passava per la mente di quel ragazzo. Le sue azione erano mosse sempre dai proprio bisogni, eppure c'era una parte di me che pensava bene di lui. Forse voleva semplicemente farmi far pace con Katerina? Chiusi le palpebre per un istante e mi lasciai andare ad un lungo respiro, non potevo permettermi di pensare così di lui.

Avevo risolto la cosa della mente di Katerina con il bracciale, non avevo più nulla di cui preoccuparmi.

Irina? C'è qualcosa che devi dirmi? Non capisco perchè pensi che sia arrabbiata con te...”

Non feci in tempo a risponderle che qualcuno bussò alla nostra porta. Mi voltai di scatto verso di essa, non poteva essere Rebekah perchè mi aveva appena torturata con le sue parole. Katerina non poteva andare alla porta in sottoveste, perciò andai ad aprire io.

Trattenni il respiro quando mi ritrovai di fronte Klaus. Lo osservai lasciando la porta aperta in un solo spiraglio, l'espressione del ragazzo era seria, ma allo stesso tempo aveva quel sorriso sulle labbra che mi faceva rabbrividire.

Buongiorno Irina.” mi salutò, la sua voce aveva qualcosa di diverso. Il sorriso non bastava a mascherare il fatto che fosse arrabbiato, o comunque vicino ad esserlo.

Pensai che volesse vedere Katerina, lei si era mesa dritta sulla schiena per tendere l'orecchio al suono della voce di Klaus. Provai a dirgli che doveva aspettare un po', dato che mia sorella non era pronta per uscire. Lui mi anticipò, alzando semplicemente la mano.

Veramente, sono qui per te.” mi disse. I suoi occhi grigi mi scrutarono a lungo, c'era qualcosa di diverso in lui che mi faceva rabbrividire.

Mi voltai verso Katerina che non parve affatto infastidita da quella proposta, anzi mi faceva segno di andare e di non preoccuparmi. Magari era stata soggiogata pure per accettare quella proposta. Guardai Klaus e capì che il rifiuto non era comunque acconsentito.

Annuì, mi voltai verso Katerina e la salutai con la mano. Lei mi rispose con un semplice sorriso.

Quando fui fuori dalla porta, Klaus fece un passo indietro per farmi passare.

Ti va di andare al lago?” mi chiese.


Katerina mi aveva raccontato di quel posto magico, Klaus ce la portava sempre durante le loro lunghe passeggiate.

Come darle torto riguardo alla bellezza di quel paesaggio da sogno? Il lago era circondato da alti alberi che si innalzavano verso il cielo, il vento era calato di nuovo, per fortuna della mia ferita, ma delle nuvole grigie avevano coperto l'azzurro e la luce del sole. Era un peccato, perchè l'acqua era così cristallina che ero sicura sarebbe stata stupenda, vista alla luce del sole.

Io e Klaus camminavamo fianco a fianco, ci separava una breve distanza a cui non avevo alcuna intenzione di controbattere. Anche se mi dicevo che temere Klaus era inutile, visto il modo in cui sembravamo quasi legati, non riuscivo proprio a trattenere la paura che mi faceva rabbrividire dentro. I nostri piedi calpestavano le foglie secche che ricoprivano il terreno, provocando così dei piccoli rumori simili a sussurri che volevano soffocare il silenzio attorno a noi.

Non capivo perchè Klaus non parlasse, sembrava così dannatamente serio che non avevo idea di cosa lo avesse spinto a portarmi là. Anche se i brividi sulla mia schiena mi dicevano che c'era qualcosa che non andava.

Lui si avvicinò a me mente camminavamo, me ne accorsi solo quando le nostre mani involontariamente si sfiorarono.

Ti piace questo posto? Katerina lo adora.” mi chiese.

Mi voltai verso di lui, avevo ritratto lentamente la mano quando avevo sentito la sua pelle fredda sulla mia. Lui se n'era accorto, ma non disse nulla al riguardo.

Feci un cenno con la testa e voltai lo sguardo verso la vasta distesa d'acqua accanto a noi. Klaus rimase di nuovo in silenzio, sentivo il suo sguardo attraversarmi il corpo.

Si fermò, lo capì da come i suoi passi smisero di intonare quella strana musichetta che si era creata attorno a noi. Mi arrestai anche io a pochi passi da lui e lo guardai con aria interrogativa.

Klaus sorrise, si grattò la guancia e guardò verso il cielo grigio.

Irina, ma mi hai preso per stupido per caso?”

Rabbrividì e sbarrai lo sguardo di fronte a quelle parole, mi sembrava di avere davanti la persona che con le labbra scarlatte, rideva della morte di Micah. Solo che in quell'occasione io ero stata spettatrice, ora ero invece l'antagonista dei suoi occhi.

Smettiamola di giocare. Io so che tu sai.” disse semplicemente. “E ne sono consapevole da un pezzo. Di rado mi faccio imbrogliare.”

Strinsi i pugni, desideravo scappare il più lontano possibile in quel momento ma qualcosa me lo impediva. Forse il suo sguardo tagliente o forse il fatto che avevo finalmente la possibilità di affrontare Klaus. Non avevo mai preso in considerazione il fatto che io desiderassi che quel momento giungesse.

Improvvisamente non ebbi più paura.

Io e Klaus eravamo l'una di fronte all'altra, solo il vento sembrava colmare l'enorme distanza che si era creata tra noi. Ma Klaus osò sfidare il vento e fece dei passi verso di me.

Non capisco perchè...tu stia cercando di scavare in profondità e farmi seriamente arrabbiare. Non volevo che tu scoprissi questo lato, ma quasi mi costringi.” disse, era ancora abbastanza calmo. Mi aspettavo che esplodesse da un momento all'altro in uno scatto d'ira, com'era solito fare quando qualcosa non andava secondo i suoi piani.

E i suoi piani per me erano sfumati da un pezzo. E anche quelli per Katerina rischiavano di saltare per causa mia.

Ecco perchè Klaus aveva deciso di smascherarsi di fronte a me. Fu così vicino, che sentivo quasi il suo respiro sulla pelle, i suoi occhi mi scrutarono a lungo, alla ricerca di quello per cui andava matto: la paura.

Ma non la trovava nel mio volto in quel momento, non provavo alcun tipo di terrore nei suoi confronti mentre osservavo quei suoi occhi penetranti.

Ho lasciato passare troppe cose, Irina. È ora di smetterla.” disse ancora. “Ho una pazienza anche io, sai? Saltiamo i convenevoli in cui io sono il vampiro cattivo e così via...ma parliamo di te!”

Lo guardai confusa, sentivo che la rabbia stava per prendere il sopravvento su di lui. Mi bastò come conferma il suo sorriso che si spense per lasciare spazio ad una espressione evidentemente irritata.

Chi sei davvero tu? E chi sono i tuoi nemici?” mi chiese con voce dura, non l'aveva mai usata con me, nemmeno quando era venuto in camera mia per intimidirmi dopo che avevo scoperto di una delle sue tresche. “Non esiste persona capace di sfuggire al controllo di un vampiro, un originale sopratutto. E io ho già troppi nemici per conto mio, non posso e non voglio nemmeno accollarmi i tuoi.”

Strinsi i pugni sopra la gonna, con una forza che quasi mi feci male. Klaus attese un mio cenno, sperava forse che negassi impaurita ma da me ricevette solo silenzio ed immobilità. Fece un altro passo verso di me e piegò la testa da un lato. Per un attimo temetti che avesse visto la ferita sul mio collo, ma i miei capelli giacevano ancora pesantemente su di essa.

Io non sono Elijah. Io non lasciò che certe cose prendano il sopravvento e non mi faccio ingannare da quegli occhioni azzurri...” disse, stavolta con un sorrisetto che gli attraversava le labbra. “Perciò dimmi subito se hai qualcosa da nascondere, altrimenti potrei diventare davvero, davvero cattivo.”

Presi un lungo respiro e strinsi fortemente le labbra tra loro. Non avrei mai pensato che le minacce di Klaus potessero importunarmi così tanto, odiavo vedere quegli occhi carichi di sospetto su di me, dopo tutte le prove a cui mi aveva sottoposto.

Ero stata ingenua a credere che forse, sotto sotto, Klaus fosse umano e che ci tenesse a Katerina e anche a me. A lui importava solo di sé stesso, mia sorella gli serviva solo per qualche scopo che ancora non riuscivo a cogliere.

E io ero solo un giocattolino nelle sue mani, con cui si era divertito per troppo tempo.

Scossi la testa, per fargli capire che io non sapevo nulla di quello che mi stava accadendo. Non avevo altro da aggiungere e volevo solo andarmene da quel luogo paradisiaco che Klaus aveva trasformato nell'entrata di un inferno.

Gli diedi le spalle, ma me lo ritrovai davanti. Mi fermai di colpo per non sfiorare il suo corpo. Alzai la testa per guardarlo in viso e notai che la sua espressione era ancora più dura.

Non so perchè ma non mi fido.” disse in un sussurro. Avanzò verso di me e io iniziai ad arretrare come se fossi la sua preda, non avevo paura ma non volevo essere lontanamente sfiorata da lui. “Ho fatto un po' di ricerche su Bell o su qualcuno che sia capace di sfuggire al soggiogamento...ma nulla. Siete entrambi estranei all'infinità di esistenze che ci sono in questo mondo.”

Vedendo che non davo cenni che potessero insospettirlo, si fermò e io feci lo stesso. Ero arretrata così tanto che per poco finì contro uno degli alberi alle mie spalle.

Non sai proprio nulla?” mi chiese di nuovo.

Rimasi immobile, lui sembrò trovare così la conferma a quella domanda nei miei occhi. Si passò una mano tra i capelli biondi e distolse lo sguardo.

Klaus rise, mi aveva messo in trappola con estrema facilità. Tornò improvvisamente la paura, subito dopo che mi raggiunse la consapevolezza che accettare una sfida con lui era da pazzi.

Ad un certo punto, l'espressione di Klaus quasi si addolcì. Ma durò così poco, che non me ne accorsi nemmeno.

Allora cambiamo argomento....perchè hai paura di me ma non di mio fratello?” mi chiese, la sua voce era forte e chiara, nonostante una forte folata di vento ci investì in quel momento. Non capivo cosa gli importava: a lui piaceva far paura, quello era il suo punto di forza.

Non che m'importi il vero motivo, ma sono curioso.” disse ancora.

Un suo passo avanti, uno mio indietro.

Sembrava quasi un ballo il nostro, a cui non avevamo spettatori se non solo i nostri occhi che si fissavano e la natura attorno a noi.

Mi sembra di averti dato mille motivi per fidarti di me. Ti ho trattata sempre bene, ti ho salvato la vita e ti ho dato pure forza, permettendoti di uccidere uno dei tuoi peggiori incubi. Dove saresti ora se non ci fossi stato io?” mi chiese, portandosi il conto sulle dita.

Era un altro dei suoi giochetti, non credevo che lui avesse fatto quelle cose per me, ma per il suo solito tornaconto. Se gli importava qualcosa di me, perchè minacciarmi in quel modo?

Che tu lo voglia o no, Iry....” ridacchiò Klaus. “Mi devi molto e pretendo più rispetto da parte tua. Sono pur sempre un originale.”

Mi morsi il labbro fino a farmi quasi male, mai come allora avrei voluto colpirlo con uno schiaffo. La sua risata non era reale, era solo la rappresentazione della sua mostruosità, ritratta su quelle labbra.

Ad un certo punto, mi spinse contro l'albero. Lo fece con una forza inaudita che mi lasciò a bocca aperta. Si parò davanti a me e precluse ogni possibile via di fuga posando le mani sulla corteccia su cui ero stata praticamente scaraventata.

Vuoi una dimostrazione di fiducia?” mi domandò.

Stava usando le stesse parole di Elijah, solo che sortivano un effetto diverso. Non capivo se aveva ascoltato la nostra conversazione prima della mia fuga o semplicemente Klaus pensava come il fratello ma agiva in maniera diversa.

Scossi la testa lentamente e con un espressione rabbiosa sul volto, da lui io non volevo niente.

Klaus però non volle sentir ragioni, si era messo in testa di farmi scoppiare il cuore di paura ed era ciò che avrebbe fatto. Avvicinò il viso al mio collo,mi bloccò i polsi prima che provassi a respingerlo e li spinse contro l'albero. Sentivo il suo respiro sul lato sano del collo, quello che non avevo coperto con i capelli per nascondere le cicatrici. Il suo respiro caldo soffiò sulla pelle, come se volesse divertirsi a farmi scorrere brividi di paura lungo di essa.

Mi aspettai di sentire di nuovo il dolore provocato dai suoi denti che affondavano la mia carne, ma non fu così. Chiusi gli occhi inutilmente, perchè Klaus aveva subito allontanato la testa dal mio collo. Quando li riaprì, mi ritrovai il suo viso sorridente di fronte a me.

Non riuscivo a decifrare quel suo sorriso.

Non so che farmene del tuo sangue...” disse, osservando i miei occhi, quasi trafiggendoli.

Mi ritrovai a non respirare, per quanto il suo viso era vicino, e mi morsi il labbro per la rabbia che fosse sempre lui a vincere. Sempre.

Il suo viso sembrò addolcirsi di nuovo, per un misero e veloce secondo. Poi tornò il sorriso, quel sorriso beffardo con cui tanto amava sfidarmi.

Mi importa che tu ti fidi di me, solo perchè causi un sacco di problemi.” disse in un sussurro. “Allora...eccoti la mia prova di fiducia.”

Successe tutto rapidamente che nemmeno mi resi conto di come Klaus posò violentemente le sue labbra sulle mie. Il tempo parve fermarsi, sentì il suo corpo premere contro il mio e allora mi resi conto di quello che stava accadendo.

Lui mi strinse il viso tra le mani per impedirmi di combatterlo e dischiuse le labbra in modo da stringere le mie tra le sue in una specie di abbraccio letale. Non era il primo bacio che volevo e nemmeno quello che mi aspettavo: Klaus si era preso le mie labbra con la forza e ci giocava come aveva sempre fatto con la mia mente.

Mi chiesi quale piano avesse messo in atto attraverso quel gesto che, di romantico, aveva ben poco.

Riuscì a spingerlo via, ma solo perchè lui sembrò distrarsi un attimo. Aveva riaperto gli occhi, come se stesse sperimentando i risultati del suo gioco perverso.

Osservò il mio viso sconvolto, prendendo lunghi respiri, e sorrise quando vide la mia mano salire alla mia bocca. Mi sembrava ancora di sentire il sapore delle sue labbra che si mischiavano a quelle delle mie.

Non potevo credere che mi avesse rubato anche quello dopo il suo comportamento.

Che significava minacciarmi e poi baciarmi? Che nesso c'era tra le due cose? In quel momento arrivai ad odiarlo: si era preso gioco di me e ora mi aveva anche strappato via la possibilità di condividere l'emozione di un primo bacio con la persona che volevo. Lo aveva fatto apposta, per farmi capire che avrebbe sempre vinto lui, sulla mia mente e ora anche sul mio corpo.

Aveva trasformato un gesto d'amore in uno dei suoi trucchetti di sfida.

Forse ero esagerata a prendermela così, ma non lo sopportavo.

Con chi credi che se la prenderà Katerina quando lo saprà?” mi chiese.

Restai inebetita dalla freddezza in cui parlava. Come al solito, aveva sempre lui il coltello dalla parte del manico, perchè sapeva a chi avrebbe dato retta mia sorella: lui poteva soggiogarla e metterla contro di me. Peccato che avevo rimediato anche a quello, ma la paura che lui fosse sempre più avanti a me, fece crollare quella mia sicurezza.

Avrebbe potuto dire a Katerina di tutto, avrebbe potuto dirgli di quel bacio anche senza metterlo davvero in atto. Allora perchè baciarmi sul serio?

Ero sicura che fosse per tutte le teorie che avevano invaso la mia testa poco prima: io ero solo un gioco, probabilmente il suo preferito. E ora che poteva davvero incutermi paura, visto il mio coinvolgimento ormai totale in tutta quella storia, ero certa che i suoi giochi sarebbero stati anche più fastidiosi.

Non volendo più sottostare al suo sguardo, lo superai rapidamente e mi allontanai a passo svelto. Mi arresi all'evidenza: Klaus non aveva umanità in sé e lo aveva appena dimostrato.

Eppure, qualcuno nella mia testa, mi diceva che dovevo ancora sprofondare ancora di più nella cattiveria di Klaus per trovare la sua umanità. Quella fastidiosa voce che mi ricordava che io e Klaus non eravamo tanto diversi. Ma a me non importava arrivare nel suo profondo, avevo già perso la speranza.


Se avessi avuto voce, probabilmente in quel momento avrei parlato da sola per tutto il tempo.

Ero in collera con Klaus, mi sembrava ancora di rivivere il momento in cui le sue labbra si prendevano le mie con quella violenza. Ancora non riuscivo bene a capire il gioco a cui stava giocando, ma come al solito non mi piaceva. Quel gesto mi aveva ferita parecchio e dentro di me crebbe la consapevolezza che quello era solo l'inizio della vera sfida con Klaus.

E lui avrebbe sempre vinto, non potevo farci proprio nulla.

Continuai a camminare lungo il prato, dirigendomi verso la villa per poi fiondare in camera mia e sfogarmi, affondando la testa nel cuscino e lasciandomi andare a grida silenziose. Intanto le mie dita erano ancora posate sulle labbra, come se volessi impedire che qualcos'altro le sfiorasse.

In quel momento pensai subito a Katerina, con cui mi sentivo già in colpa, e con Elijah. Con quest'ultimo non capivo bene il perchè.

Un rumore alle mie spalle mi bloccò, mi voltai di scatto mentre all'orizzonte appariva la facciata della villa di Klaus. Non notai nulla tra gli alberi, né un'ombra e nemmeno più un rumore.

Forse me l'ero immaginata, o forse ero così arrabbiata da non voler indagare oltre.

Tornai a guardare di fronte a me, le nuvole in cielo si erano fatte più scure e il vento si era di nuovo alzato, freddo e tagliente. Scorsi una figura di fronte a me, che mi lasciò di stucco.

Un lupo stupendo, dal manto bianco e gli occhi di un azzurro cristallino, sedeva sull'erba con lo sguardo rivolto verso di me. Se ne stava immobile a guardarmi, come mai avrebbe fatto un lupo selvatico. Ma non provai paura di fronte al suo cospetto, era così bello che non riuscivo a smettere di guardarlo.

E lui guardava me, con una luce negli occhi che mi parve innaturale per un animale che, di natura, dovrebbe essere aggressivo. Lui si avvicinò a me e restai immobile, le sue zampe così eleganti si muovevano sopra l'erba, causando un lieve rumore che superò la forza del vento.

Abbassai lo sguardo, quando il suo muso si alzò sui miei occhi.

Da vicino era ancora più bello e maestoso, non ne avevo mai visto uno così meraviglioso. Fui tentata dall'accarezzargli la testa, alzai lentamente la mano e provai a sfiorargli quel pelo così morbido e candido.

Ma lui me lo impedì, lo vidi ritrarre la testa velocemente e scappare via. Scomparve tra gli alberi alle mie spalle e non voltarsi più indietro verso di me. Solo allora, quando la sua bellezza divenne solo un ricordo lontano, mi accorsi che c'era qualcosa di davvero insolito di un lupo che si avvicinava tranquillamente ad un umano. Come al solito, nonostante fossi abituata al fatto che le mie paranoie avessero sempre e comunque un fondo di verità, proseguì il cammino e cercai di non pensarci. Ignorai quel qualcosa che mi diceva di preoccuparmi più di quella bestia stupenda, che delle ripicche di Klaus.


Buon pomeriggio! :)

Come al solito, spero vivamente che questo capitolo vi sia piaciuto!

Non ci sono state molte scene di azione e nemmeno particolari colpi di scena, me ne rendo conto, ma in questo capitolo ho preferito concentrarmi di più sulle emozioni dei vari personaggi (di Irina ed Elijah in particolare).

E mi auguro di essere riuscita a trasmetterle abbastanza bene.

Allora, in questo capitolo spunta finalmente fuori il nome di Mikael, e ha fatto il suo ritorno Rose che è uno dei personaggi “andati” che ho adorato di più nel telefilm e per questo cercherò di introdurla in quasi tutti i capitoli. Ci tenevo a fare una precisazione su di lei: Rose è ancora umana, anche se nel telefilm non lo era più da molto prima che Katerina giungesse in Inghilterra, e mi scuso per il fatto che cambierò un po' la sua storia in questa fanfic.

Riguardo alla “dimostrazione di fiducia”, il mio intento era quello di mettere a confronto il modo in cui Klaus ed Elijah cercavano di ottenerla. Anche se la scena tra Irina e l'ibrido, mi lascia un po' perplessa, perchè ho un po' paura di essere un pò “uscita” dal personaggio di Klaus...spero di non aver sortito questo effetto!

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, preferite e ricordate e ringrazio di nuovo tutti coloro che recensiscono e coloro che leggono in silenzio!

Ciao a tutti! :)







































  
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