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Autore: alister_    26/01/2012    3 recensioni
L'avvento e la fine della Zaibatsu di Jin.
Genere: Dark, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Eddy Gordo, Jin Kazama, Nina Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The darkest side of Mishima Zaibatsu'
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N/A: Scritta per la prima settimana del COW-T #2, per il mio bellissimo team cavalleresco, i Mighty Knights, con prompt Guerra.

C'è un'alternanza di timeline da paragrafo a paragrafo, ma spero si capisca, e che la storia risulti scorrevole ugualmente :D





Il cielo, dietro gli alti profili dei grattacieli, comincia a scurirsi.

Nessun tramonto illumina quel pomeriggio di frenetiche compere pre-natalizie; le nuvole grigie, semplicemente, acquistano una tonalità più cupa che ben si accorda alle numerose insegne luminose, neanche fosse l'ennesima trovata dei negozianti per mettere in luce i proprio negozi.

Le vetrine ben allestite attirano, come una calamita, ogni passante che si trovi a confondersi nella folla affaccendata delle prime ore della sera.

Guarda che bello!”, dice entusiasta una ragazza indicando un vestito di taffetà rosso esposto in uno dei negozi più costosi della via. “Me lo compri?”

Certo” ribatte con un sorriso sfacciato il suo accompagnatore, cingendole le spalle con un braccio. “Tutto per te”.

Lei ride, divincolandosi senza molta convinzione.

Ma dai! Il solito cascamorto...”

Le sue parole si perdono nel brusio della massa, mentre la coppia avanza verso la prossima vetrina.

Ridacchiano, si stringono l'una all'altro in un perfetto equilibrio di frecciatine e sorrisi. Giovani, innocenti e innamorati.

Nina Williams si stringe nel suo cappotto nero.

All'orizzonte, quel giorno, c'è un grattacielo in meno.





Abbiamo una ribellione interna da sedare”.

L'annuncio di Nina è lapidario.

Impassibile, ferma davanti alla scrivania di Jin, riferisce l'ultimo, allarmante aggiornamento sulla situazione della Zaibatsu con la stessa nonchalance con cui si potrebbe parlare dell'ultima manicure fatta dall'estetista.

Non è nulla di inaspettato” prosegue, monotonale. “Ci sarebbe stato da stupirsi se la Tekken Force avesse accettato la presa di potere di un ragazzino senza insorgere. Senza offesa”, aggiunge, davanti al silenzio del suo superiore. “Sto solo esprimendo il punto di vista della maggioranza della Zaibatsu, che Eddy ha provveduto a raccogliere e a riferire”.

Eddy?”, le fa eco Jin, il mento posato sulla mano destra in un'espressione pensosa. Con quel completo elegante e quello sguardo cupo quasi sembra adattarsi all'ufficio che ha occupato da poco più di due settimane.

Esatto. Presso i sottoposti della Zaibatsu, è opinione comune che non ti sia fedele, e che anzi sia ben contento di sostenere il loro colpo di stato. Perciò è riuscito a guadagnarsi la loro fiducia senza alcuna difficoltà e a entrare in diretto contatto con i fomentatori di questa piccola ribellione. Sedarla sarà ancora più facile”.

Nina passa ad illustrare, con ordine metodico, i punti del piano per stanare e distruggere sul nascere quel focolaio di ribelli. Lui la ascolta in silenzio, senza riuscire a stabilire se la sua efficienza gli desti ammirazione o paura.

In fondo, si dice, è di gente come lei che ha bisogno se vuole riuscire a mettere in atto il suo piano. Gente spietata, fredda, calcolatrice. Gente che, con la sua vicinanza, riesca a far mettere da parte le emozioni anche a lui, ancora troppo ragazzino per riuscire a gestire quel potere che si è preso a metà tra la rabbia e la disperazione.

Credi che ci si possa fidare di Eddy?”, domanda, quando Nina finisce il suo discorso.

Sì. Cova del risentimento nei tuoi confronti, ma è leale al patto stretto. Non ti tradirà”.

Ogni parola che esce dalla sua bocca è intrisa di sicurezza. Nina ha tutte le risposte di cui ha bisogno, ed è l'unica a cui riesca a fare domande, perché, davanti al resto del mondo, è troppo impegnato ad indossare la nuova maschera da tiranno che ha rubato ad Heihachi per potersi concedere di far trapelare dubbi che lo assillano ogni minuto.

Neppure tre anni prima, Nina Williams aveva l'obiettivo di ucciderlo.

I suoi occhi freddi, che lo scrutavano con la freddezza che usa il cacciatore per scegliere il modo migliore di ammazzare la sua preda, gli aveva gelato la spina dorsale. Davanti a quella donna alta venti centimetri meno di lui, aveva provato più paura che al cospetto di Ogre, per il semplice fatto che nessuna rabbia e nessun desiderio di vendetta potevano vincere i brividi che gli provocava quello sguardo. Sapeva solo di non poter abbassare la guardia neppure un istante, perché un proiettile avrebbe potuto trapassargli il cranio non appena avesse posato la testa sul cuscino, pronto ad abbandonarsi alle dolci rievocazioni di un passato ormai remoto.

Nina non giocava pulito. Nina era un'assassina, e lo è anche adesso che ha riacquistato la memoria ed il libero arbitrio.

Continua a spaventarlo: per questo ha accettato senza indugi la sua proposta di fargli da guardia del corpo.

Non ha chiesto perché – sapeva che una risposta soddisfacente non gli sarebbe mai arrivata. Ha solo detto e le ha consegnato le chiavi dell'ufficio di fronte al suo.

Nonostante ci siano un milioni di buoni motivi per non fidarsi di lei, Jin lo fa.

E le affida la sua vita.





Un caffè”, ordina, asciutta, prima ancora che il cameriere apra bocca.

Posa il cappotto sulla sedia di fronte alla sua, e sospira, sfregando tra loro le mani intirizzite dal freddo.

Dall'angolo silenzioso del piccolo caffè che si è scelta, osserva il resto della clientela chiacchierare animatamente davanti ad una tazza di cioccolata calda, o di caffè latte.

Sembrano tutti felici, spensierati.

Nina allunga la mano verso il quotidiano posato sul tavolino attiguo.

La guerra è finita”, titola.





Bisogna dare un segnale forte”, ribatte Nina, con una freddezza che cozza ferocemente con la foga del suo interlocutore.

Segnale forte? Lasciali marcire in cella, questo è un segnale forte!”

Eddy gesticola, le si fa più vicino nella furia della discussione, sovrastandola con la sua altezza.

Lei non arretra, con alza la voce.

Metterli in cella è una punizione da bambini. Tra una settimana saremo punto e a capo, con un altro manipolo di soldati scontenti che attenterà alla vita di Jin”.

La maggior parte della Tekken Force ha accettato la nuova leadership. Non ci saranno altre ribellioni!”

Una soluzione drastica è l'unico modo di comunicare il giusto messaggio a tutti i sottoposti della Zaibatsu: mettendosi contro il nuovo capo, firmano la loro condanna a morte”.

Non puoi ammazzare la gente solo per comunicare un messaggio!”, sbotta Eddy. “Non puoi disporre della loro vita come se fossi Dio!”

No, non posso”, gli accorda lei, senza scomporsi. “Ma Jin, in quanto capo della Zaibatsu, sì”.

Solo in quel momento Eddy sembra ricordarsi della sua presenza, e si volta verso la scrivania.

E' con sguardo supplicante che lo fissa, con gli occhi di chi spera di trovare, nel giovane uomo che gli sta davanti, l'umanità che ha imparato a conoscere nel ragazzo di diciannove anni che aspettava il suo match sempre in disparte, e si allontanava in silenzio dal ring non appena l'arbitro decretava il k.o. dell'avversario, e che l'ha convinto – più delle promesse di curare il suo maestro – ad accettare quel patto con il diavolo.

Jin...”, supplica a mezza voce, in un mormorio che fa molta più presa delle urla che hanno riempito lo studio fino a pochi istanti prima.

Non si vince una guerra senza spargere del sangue”.

Nina professa questa verità intaccabile senza guardarlo, appoggiata alla parete in fondo all'ufficio.

Le ragioni del cuore contro la logica inoppugnabile di chi un cuore non ce l'ha.

Jin vorrebbe avere scelta, ma sa di aver perso la facoltà di decidere nel momento in cui ha usurpato il trono di suo nonno.

Per raggiungere il suo obiettivo, la strada da seguire è una sola.

Date l'ordine di procedere con la fucilazione”.





Una figura si avvicina al suo tavolino, gettando un'ombra imponente sulle pagine del quotidiano che sta sfogliando.

Non sei il cameriere, e non porti il mio caffé”, dice Nina, senza alzare lo sguardo dal giornale.

No”, ribatte una voce maschile, piena e roca, che conosce molto bene. “Direi di no”.

Siediti, forza”, gli intima. “Mi copri la luce”.

Ci hai preso gusto a dare ordini, eh?”, commenta, amaro e sardonico, lui, ma esegue il comando, scostando il cappotto di lei per poter sederlesi di fronte.

Nina lo ignora deliberatamente a favore dell'articolo che ha riempito la sua attesa.

Il cameriere, nel frattempo, le posa davanti la tazzina con il suo caffè, senza aprire bocca – evidentemente quella donna di poche parole lo intimidisce – e prende scrupolosamente l'ordinazione di Eddy.

Piuttosto scortese da parte tua ignorarmi, dato che sei stata tu ad invitarmi”, dice, quando restano di nuovi soli.

Sono sorpresa che tu abbia accettato”, ribatte, da dietro le pagine del quotidiano.

E io che tu mi abbia chiamato. Credevo che, finita quella follia, non ti avrei più rivista”.

Quella follia.

Così Eddy riassume il lungo periodo trascorso tra le mura della Zaibatsu.

Il resto del mondo – compreso l'autore di quell'articolo – usa grosso modo le stesse parole per descrivere l'impero di Jin Kazama.





La statica immobilità che precede la morte lo lacera in ogni secondo di assordante silenzio.

Si trincera in una maschera di impassibilità, deglutisce piano e tiene lo sguardo fisso sulla schiera di uomini che, ordinatamente in fila davanti a lui, attende la fine giungere a un suo cenno della mano.

Non indossano il casco d'ordinanza, i ribelli. Non sono soldati senza volto reclutati da suo nonno, ma uomini con gli occhi pieni di paura. In alcuni riesce a leggere la rassegnazione disincantata di chi sa di pagare l'inevitabile conseguenza delle proprie azioni, mentre in altri non vede altro che la disperazione più profonda di ragazzi troppo attaccati alla vita per accettare di morire.

Automaticamente, Jin abbassa lo sguardo.

Chissà cosa direbbe sua madre, se lo vedesse in questo momento, pronto a macchiarsi le mani del sangue di un centinaio di uomini.

Una mano gli sfiora la spalla, facendolo sussultare.

Nina accosta le labbra al suo orecchio, il suo respiro caldo smorza la fredda aria invernale.

Devi guardare, o non servirà a nulla”, sussurra.

Jin annuisce appena, e rialza a fatica il capo.

Nina ha ragione. Nina, con la sua logica inoppugnabile, con le sue razionali strategie di guerra, ha sempre ragione, su questo non ha dubbi.

L'intera Tekken Force è riunita attorno al perimetro del campo di addestramento, i reparti a lui fedeli pronti a venir ammoniti dall'esempio di chi, invece, ha scelto di ribellarsi al quel tiranno dal viso troppo giovane. I traditori sono schierati sul fondo del campo, tenuti sotto tiro dai fucili dei fedelissimi.

Nina gli batte la mano su una spalla, due colpetti in rapida successione quasi ad incoraggiarlo, poi si allontana a passo svelto, una falcata sicura dopo l'altra, fino a posizionarsi di fianco alla linea di tiro.

E' lei ad aprire le danze.

Avanza di un paio di metri, estrae la semiautomatica senza neppure fermarsi, spara senza alcun bisogno di prendere la mira.

Il proiettile si conficca dritto in fronte del primo ribelle in fila, e il cadavere stramazza al suolo, scomposto.

Qualcuno, dall'estremità opposta della schiera, caccia un urlo, che copre il cupo rimbombo dello sparo.

Qualcun altro stringe le gambe, se la fa sotto.

Nina arretra, abbassa l'arma ancora calda.

Stende il braccio disarmato, dà il segnale al piccolo plotone di esecuzione di continuare a sparare.

Per i dieci minuti seguenti, nell'ampia proprietà della Zaibatsu risuonano solo spari e tonfi di cadaveri che cadono a terra, l'uno dopo l'altro.

Ucciderli uno per uno è un modo più incisivo di comunicare il messaggio: questo ha sostenuto Nina, e a questo Jin non si è opposto.

In silenzio, guarda la morte.

Non può concedersi di distogliere lo sguardo.





Dunque, di cosa volevi parlare?”, domanda Eddy, da sopra il suo drink.

Lì seduti l'uno di fronte all'altra, a chiacchierare sotto la luce soffusa e accogliente del caffè, sembrano quasi due ex-colleghi che si ritrovano dopo aver preso strade diverse. Non è poi troppo lontano dalla realtà, in fondo.

Nina rimesta con la linguetta di plastica lo zucchero nel caffè, elegante nella sua compostezza.

Volevo sapere come te la cavi, se sei riuscito a riprendere in mano la tua vita...” dice, vaga.

Sono tornato in Brasile”. Prende un sorso dal suo aperitivo, forse per temporeggiare. “Il primo posto che ho visitato è stato il cimitero. Ho trovato Christie piangere sulla lapide di suo nonno: è morto, alla fine. E' stato tutto inutile”.

Sorride, amaro. Per Eddy il tempo speso alla Zaibatsu non è mai stato altro che una discesa nell'inferno, un susseguirsi di atrocità che a stento sopportava solo per amore del suo maestro.

Jin se ne è andato senza riuscire a rispettare la sua parte del patto, e per questo ai suoi occhi ora deve apparire ancora più mostruoso di quanto non gli sembrasse prima.

E' sempre stato all'oscuro di tutto, Eddy.

Con la sua onestà, non avrebbe mai capito. Riparlarne, ora che Jin è morto, non servirebbe a nulla.





Agli occhi di Eddy sono un mostro”.

Quella di Jin è una constatazione rassegnata, come rassegnato è lo sguardo che si riflette nella vetrata del suo grande ufficio; sotto di lui, ancora stanno ripulendo il cortile dai cadaveri.

Nina si avvicina a passi misurati alla scrivania. Sfiora distratta le carte che la ingombrano, posa gli occhi sull'unica foto che vi troneggia, un'immagine dai colori vivaci che immortala lo sguardo puro di Jun Kazama.

Con la coda dell'occhio, Jin segue la direzione del suo sguardo, e le è grato per il silenzio che riserva a quella scoperta. Con una foto di sua madre sulla scrivania, non può andare lontano nei suoi efferati piani, lo sa bene; eppure, non trova la forza di mettere da parte quell'ultima traccia di lei.

Agli occhi del mondo sarai un mostro”, replica Nina. Non lo dice con cattiveria, né per provocazione; ancora una volta, dalle sue labbra non esce che la cruda verità.

Se credi di non poterlo sopportare”, prosegue, “devi tirarti indietro ora, prima che sia troppo tardi”.

Gli si accosta, chinando il capo come lui verso il macabro via vai sottostante, la sua spalla magra che sfiora il profilo tonico del suo braccio.

Jin fissa l'ennesimo corpo malamente trascinato via; anche se la notte ne confonde la figura, i tratti di ogni vittima di quel pomeriggio di punizioni esemplari li è rimasto impresso a fuoco nella mente.

E' troppo tardi per tirarsi indietro. La guerra è cominciata”.





Eddy insiste per accompagnarla alla macchina, ma lei l'ha lasciata nel parcheggio dell'albergo, e preferisce camminare, da sola.

Alla fine, riesce a spuntarla sul suo impeccabile galateo, e quella disputa quasi le strappa un sorriso: neppure la ricorda, l'ultima volta in cui un uomo l'ha accompagnata alla macchina.

Si congedano con una stretta di mano, di nuovo inglobati in una strana imitazione della normalità.

Nina si incammina verso l'hotel perplessa e vagamente stranita da quell'incontro, dall'atmosfera che sembra avvolgere la città – anzi no, il mondo intero.

Ogni singolo componente della folla in cui si è mischiata per tutto il giorno, e in cui continua a mischiarsi anche in quel momento, pare aver ritrovato una serenità smarrita da tempo, e da ogni angolo provengono sorrisi e risate.

E' l'unica che, in quell'esuberanza collettiva, mantiene l'indifferenza di sempre, l'indifferenza di prima.

La guerra è finita, la normalità è tornata.

Rientrata in albergo, controllerà la posta elettronica, la casella vocale, sceglierà quale incarico accettare per segnare il suo ritorno alla sua consueta attività lavorativa.

Nel chiudersi in una nuova stanza d'albergo sconosciuta, nel nascondere caricatori sotto i vestiti e prenotare un aereo con un omicidio per destinazione, per lei non c'è proprio nulla di entusiasmante.

Solo lei, alla normalità, preferiva la guerra.

Forse perché solo lei conosceva le ragioni dell'uomo del grattacielo caduto.











Word Count: 2442 (FDP)


   
 
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