“ABOUT LOVE”
È
Dicembre.
Un
Dicembre splendido, per dirla tutta.
Hogwarts
con la neve sembra magica.
Lo
so, è un paradosso, perché Hogwarts è magica, ma vestita di bianco
assume un nonsochè di candido e fiabesco.
Mi
piace passare del tempo seduta sul davanzale della grande finestra di fianco al
mio letto, nel dormitorio, e guardare i fiocchi psicadelici cadere vellutati su
una già spessa coltre sfumata di colori tenui, a seconda della luce intorno.
Mi
piacerebbe esserci anche adesso. Nessuno può immaginare quanto.
E
invece eccomi qui, io, Lily Evans, strizzata in un vestito piuttosto corto,
azzurro, semplice, l’unico sul mercato magico che non preveda fiocchetti,
nastrini e altre sciocchezze imbarazzanti. Dico “strizzata” non perché il
vestito sia di quattro taglie in meno, ma semplicemente perché ho indosso una
trentotto modello aderente. Non volgare, ma che di certo non nasconde il fatto
che io sia magra e che abbia un fisico abbastanza bello. Sento gli occhi di
alcuni presenti maschi che mi seguono mentre cerco di dileguarmi e disertare
l’annuale ballo di Natale.
Avete
mai dato buca al ballo natalizio?
Io
sì.
Due
volte.
Ma
avevo dodici anni la prima volta e tredici la seconda; adesso invece ne ho
sedici e temo di diventare lo zimbello della scuola se me la filo proprio mentre
i “cavalieri” chiedono alle “dame” di ballare.
La
vita sociale può essere dura per una sedicenne: se ogni singolo dettaglio non
è approvato dal G.U.F., Giudizio Universale Femminile, si rischia
l’ammutinamento. Non è uno scherzo, a me è capitato quando ho affermato
pubblicamente che il Quidditch, oltre ad essere inutile, è anche piuttosto
ridicolo; ho dovuto aspettare tre settimane prima che le mie compagne di
Grifondoro mi rivolgessero ancora la parola, e più di un mese per riuscire a
camminare nei corridoi senza essere additata.
Dirigendomi
verso il ricco buffet allestito per l’occasione, incrocio due ragazze di
Corvonero del mio anno che, dall’alto dei loro otto centimetri di tacco, mi
salutano con la mano e con un sorriso che mostra la dentatura smagliante. Mi
avvicino.
“Lily!
Ma che piacere, sei un incanto!” dice la prima con un arietta compiaciuta che
sa di convenevole.
“Grazie,
Kay, state benissimo anche voi due!” rispondo guardando l’una e l’altra;
sono entrambe davvero ben acconciate (o “conciate”, dipende dai punti di
vista) e luccicano nei loro vestitini rosa e rosso. Ecco, loro sono
assolutamente perfette per questo tipo di circostanza: sanno atteggiarsi,
camminare con quell’andatura molle e ondeggiante che proprio a me non riesce,
e sanno perfino guardarsi attorno come a dire “sono la reginetta della
festa”. Se quelle parole dovessero un giorno, per chissà quale motivo,
trasparire dai miei occhi, sarebbero senz’altro seguite da un sincero “e mi
faccio schifo”.
Finalmente
intravedo un volto che riaccende le mie speranze di sopravvivere alla serata:
Sirius.
Lo
vedo entrare nella Sala Grande, da solo e nello stesso tempo accompagnato da
mille sguardi femminili, più o meno sognanti, più o meno innocenti.
Gentilmente
mi congedo dalle due Corvonero tirate a lucido, e faccio un cenno a Sirius
affinché capisca che ho un urgente bisogno di lui. Spero possa rimandare di
almeno mezz’ora la concretizzazione del suo successo con le ammiratrici.
“Come
siamo splendide, miss Evans” sorride, lui che condivide appieno la mia
allergia per quel tipo di eventi mondani.
“Grazie,
Mr.Black, lei è incredibilemente galante” rispondo stando al gioco.
Poi,
sottovoce: “Sei uno spettacolo tutto impinguinato!”
Ride
e mi passa una bottiglia di burrobirra analcolica. Chissà perché i migliori
amici maschi hanno questa fissazione riguardo al tenerti sobria.
Io
bevo un sorso e cerco con lo sguardo qualcuno tra la folla.
Ma
non lo trovo. Non c’è.
Non
so dire se sia un sollievo sapere che non mi veda vestita così o se preferirei
che mi notasse.
Infondo,
gli sguardi di gran parte della componente maschile di Hogwarts sembrano
apprezzare.
Ho
i capelli pettinati semplicemente, lisci, che coprono un po’ le spalle e ogni
tanto si posano sulla scollatura del vestito, coprendo quella porzione di pelle
lasciata libera di mostrare la mia carnagione diafana, di cui sono molto
orgogliosa.
L’azzurro
del mio vestito è delicato, ma abbinato al rosso dei miei capelli ribelli, mi
conferisce un’aria allegra e solare. Proprio come sono io. Ok, magari proprio
solare solare no, ma allegra sicuramente sì. Sono queste circostanze che mi
mettono a disagio, un disagio che non si prende nemmeno la briga di motivarsi.
Io
e Sirius ci sediamo ad un tavolo poco distante dal palco su cui le Sorelle
Stravagarie sembrano in preda ad un furore canoro, con la conseguenza che ci
ritroviamo storditi e un po’ spaesati dopo neanche dieci minuti.
Noto
Remus che si avvicina a noi e così, prima che ci raggiunga, afferro il coraggio
a due mani, e chiedo: “James?”.
Sirius
mi guarda, ha uno strano sorriso sul volto. La mia domanda non è proprio
casuale. Io so che lui lo sa. E credo che lui sappia che io lo so, ma rispetta
la mia volontà, quindi non ne parla.
“James
è rimasto in dormitorio, non se la sentiva di farsi aggredire dallo stuolo di
adoratrici”.
“James
è più furbo di tutti noi” rispondo, rincuorata da quello che avevo sentito.
Nel
frattempo arriva Remus, che ci saluta e da il via ad un’assurda conversazione
con Sirius riguardo un tiro mancino giocato al signor Gazza.
Il
discorso-rimprovero del prefetto di Grifondoro non dura a lungo, interrotto su
due piedi da una ragazza alta e bionda che ci sottrae un Sirius soddisfatto e
impaziente.
Poco
dopo, un ragazzo di Grifondoro del settimo anno allunga la sua mano chiedendo,
con un sorriso piuttosto accattivante, la mia. Non so come, né perché, ma mi
alzo dalla sedia di velluto e lo seguo sulla pista da ballo. La musica ritmata e
altisonante delle Stravagarie è stata sostituita da un bellissimo lento
composto da accordi di piano e note soffuse. Sento la presa del ragazzo farsi più
forte intorno ai miei fianchi e in pochi secondi siamo completamente
abbracciati. Ci muoviamo lentamente, con movimenti che suggeriscono la movenza
lieve delle onde. È un ottimo ballerino.
Ad
un tratto alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi.
Azzurri.
No.
C’è
qualcosa che non va.
La
pesante delusione che mi attraversa è inoffuscabile.
Non
è lui che voglio, non è lui che sogno di stringere ballando.
Sto
cercando un ripiego, una soluzione veloce, un accomodamento.
E
non voglio.
Non
è da me. Non fa per me.
Mi
stacco, con gli occhi velati, mormoro un appena percettibile “scusa” e
scappo via.
Mentre
corro fuori dalla Sala Grande, sento tutti gli occhi puntati addosso, ma
soprattutto sento il peso della consapevolezza di aver ferito una persona
inutilmente.
Ma
ci sono sensazioni nella vita contro le quali si è del tutto impotenti.
Continuo
a correre per i corridoi, finché non scorgo una figura appena fuori dalla torre
di Grifondoro.
Mi
avvicino, ne distinguo i contorni.
James.
Smetto
di correre.
Adesso
so che è lui il ragazzo che voglio accanto, con cui voglio stare.
O
almeno questo è quello che mi dice il mio cuore.
Sorrido
all’idea che sia il mio cuore a parlarmi. Di lui mi posso fidare senza
esitazione.
Ancora
qualche passo ed eccoci qui, uno di fronte all’altro, in un istante brevissimo
in cui i nostri occhi si incrociano e si rassicurano a vicenda, suggerendo due
semplici parole: “Sei Tu”.
Sento
una spinta attrattiva inesorabile che mi spinge prima fra le sue braccia, poi
verso le sue labbra.
Prima
di baciarlo, però, mi assicuro che i suoi occhi siano inequivocabilmente color
nocciola.
Affermativo,
capo.
Sorrido.
Lui
non capisce questo mio gesto, ma non gli importa, al momento è impegnato ad
avvicinare sempre di più i nostri visi.
E
con quel dolce, profondo, magico tocco delle nostre labbra vedo realizzato uno
dei miei desideri.
Sono
particolarmente fortunata questa sera, perché questo desiderio dura a lungo.
“Ti
amo”.
Lo
vedo sorridere.
“Era
ora, Lily”.
Sorrido
anch’io. Ha ragione, ce ne ho messo di tempo, ma dopotutto, ne è valsa la
pena.
Tenendomi
stretta quasi avesse paura che svanissi, James mi conduce nella Sala Comune, poi
nel dormitorio maschile.
Con
un semplice tocco di bacchetta, una canzone dolce inizia a disperdersi
nell’atmosfera.
La
melodia e le parole mi arrivano al cuore. Non scorderemo mai questo momento.
Senza
bisogno di nessun invito, cominciamo a ballare. La mia fronte fa conoscenza con
il suo mento, e le mie labbra incontrano ancora le sue.
Questa
volta non sento alcuna somiglianza con la movenza delle onde, che
all’improvviso mi sembrano così piccole e insignificanti.
Forse
perché questa volta siamo molti metri più in alto del mare.
Questa
volta ci siamo completamente persi; persi nel lento ma inestinguibile moto della
nostra stella comune, che adesso brilla nel cielo come simbolo della nostra
unione.
Può
darsi che non esistano le storie d’amore infinite, io non lo so.
Ma
nel profondo di me vi è una consapevolezza inestirpabile.
Saremo
Lily e James.
Per
sempre.