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Autore: Daisy Pearl    27/01/2012    5 recensioni
Biondo, occhi azzurri, capelli mossi. Uno schianto. E in quel momento era mio. COMPLETAMENTE MIO!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                                                 SAPORE DI LAGO, SAPORE DI TE
 
Quando varcai la soglia della scuola quel giorno io non mi trovavo veramente li. Con la testa intendo dire. Le risate, i saluti, i commenti e tutto quel tipico brusio di amici e conoscenti non mi apparteneva più. Sentivo tutto soffuso come se si trattasse di un sogno e io non fossi sveglia davvero. Mentre mi muovevo come un automa passando vicino a quelli che probabilmente erano i miei amici e che si chiedevano se stessi bene, vivevo nel ricordo del giorno prima, il più bel giorno della mia vita. Quello in cui la mia esistenza aveva finalmente raggiunto la perfezione che speravo sarebbe stata eterna. Avevo un mucchio di amici simpaticissimi che mi venivano sempre a cercare e che erano capaci di annullare una festa se io non potevo andarci, avevo una migliore amica con cui condividere tutte le esperienze che un adolescente può fare, una famiglia ricca che mi riempiva di oggetti inutili che però facevano parte della mia felicità e dal giorno prima avevo anche un ragazzo. E non era un ragazzo qualsiasi, ma IL ragazzo, Marco. Quello che mi piaceva da tre anni. Che ogni volta che mi rivolgeva la parola aveva il potere di staccare tutti i cavi del mio cervello. Quello per il quale metà del popolo femminile (e qualche individuo di quello maschile) della “don piero pointinger” avrebbero fatto pazzie. Insomma il ragazzo perfetto. Biondo, occhi azzurri, capelli mossi. Uno schianto. E in quel momento era mio.
Rivedevo con estrema chiarezza quando mi propose di sederci su una panchina che dava sul lago di lecco. Il sole era alto nel cielo e l’acqua ai suoi piedi sfavillava. Sull’altra sponda si potevano intravedere una schiera di casette tutte di colore diverso e qualche piccola pineta solitaria. Uno spettacolo bello da togliere il fiato. Certo non era il tramonto rossastro che mi sarei aspettata, ma come non poteva andarmi bene? Ero con LUI!!
“Sono felice di essere qui”  disse. Distolsi lo sguardo dal panorama e lo guardai notando che di profilo sembrava bello come uno di quegli dei greci di cui si parlava nelle leggende.
“con te” aggiunse guardandomi negli occhi con un’intensità tale che mi sarei potuta sciogliere li.  Inizia a sfregarmi le mani appoggiate in grembo che però erano diventate improvvisamente scivolose per via del sudore. Il processo di liquefazione era iniziato. Per evitare che avesse come ricordo di me un pozzanghera nella quale erano immersi i miei vestiti distolsi lo sguardo dai suoi occhi e  decisi di fissarmi le mani. Sorrisi in risposta a ciò che mi aveva detto, non volevo che scambiasse il fatto che non lo guardavo più per un segno di indifferenza.
“anch’io sono felice” risposi guardandolo con la coda dell’occhio. Sorrise.
“sei strana oggi Grace” disse separando le mie mani dal groviglio di dita che le teneva unite.
Rimanemmo quel qualche secondo così. Io con lo sguardo basso e con le mie mani nelle sue, finchè mi decisi a parlare. “Perché mi trovi strana?”. alzai la testa ed incontrai i suoi occhi. Ok pessima idea. Tornai a fissare il lago.
“Non parli” disse ridacchiando. “E’ la prima volta che non ti sento parlare per cinque minuti di fila” . lo guardai scettica come se non fosse possibile.
“Non sarà perché….” Sorrise maliziosamente. “sei qui con me…”.
“Ma cosa dici” dissi mentre le guance prendevano fuoco. “E’ che pensavo” aggiunsi, per rendere più credibile la mia bugia.
“A cosa?”.
“Bè…”
Iniziai un monologo in cui parlavo delle papere e di come erano stupide. Gli indicavo quelle del lago e gli facevo notare i loro comportamenti. Poi il soliloquio continuò trattando della bellezza dei cigni e con domande del tipo “sarà vera la storia del brutto anatroccolo?” si inalberò fino alla trattazione dei rituali di accoppiamento dei piccioni. Stavo proprio per dire quanto fossero buffi col movimento del loro collo quando una fragorosa risata mi interruppe. Solo allora mi resi conto che per tutto il mio discorso Marco aveva a stento trattenuto le risate e che era appena esploso. Arrossii di vergogna. Che figura!
Mentre stavo decidendo se scappare via alla velocità della luce oppure sotterrarmi lì mi mise un braccio sulle spalle e mi attirò a se. Sentii il mio stomaco iniziare ad aggrovigliarsi. Il suo respiro era sul mio collo, vicino, troppo vicino. E le sue labbra erano lì, e avrei potuto sfiorarle con le mie se solo mi fossi mossa di qualche centimetro. Ma non osavo muovermi. Ero diventata di pietra.
“ Sai” sussurrò avvicinando il suo viso al mio. Potevo ora sentire il suo respiro sulla mia bocca.
“ Prima pensavo a un modo per farti stare zitta…”
Improvvisamente presi fuoco, in senso figurativo intendo dire. Mi sembrava che la temperatura esterna si fosse improvvisamente alzata di un’ottantina di gradi e stavo cominciando davvero a sciogliermi, ma per il sudore. Inoltre tutti i miei neuroni erano stati completamente bruciati e temetti di aver perso l’uso della parola per sempre. Rendendomi conto della figuraccia che stavo per fare mi sforzai di riconnettere i cavi al mio cervello per sussurrare timidamente “e sarebbe?”.
Sorrise. Come se fosse questa la domanda che si aspettava che facessi come se fosse l’unica cosa che aspettava.
“ Sai… è un metodo ancora da collaudare…”
Avrei voluto dirgli di collaudarlo, anzi no, avrei voluto supplicarlo di collaudarlo, ma non ero abbastanza audace per questo.
Come se mi avesse letto nel pensiero, coprì quei pochi millimetri che ci separavano e mi baciò. Finalmente. Lo stomaco mi si contorse completamente, come quando sei straziato dal dolore per qualcosa che ti rende terribilmente triste, insomma la sensazione era la stessa solo che non era provocata da un sentimento cattivo, ma da un’emozione forte come il contatto delle sue bellissime e morbide labbra con le mie. Mentre ci pensavo per i corridoi della scuola ancora mi sembrava di provare quella sensazione. Era come avere le vertigini. In altre parole, era come volare e ti riempiva di felicità.
Si staccò dopo quelle che potevano essere ore o solo pochi minuti. Mi guardò con quel bellissimo sguardo intenso e io mi persi nei suoi occhi azzurri. Mi resi conto che erano più belli del panorama, che al loro confronto sfigurava in una maniera vergognosa.
Aprì la bocca per parlare e io ero sicura che stesse per dirmi qualcosa di incredibilmente romantico.
“Aspettavo da tanto questo momento..”
Sospirai.

Andammo avanti per tutto il resto del pomeriggio, lì su quella panchina in riva al lago, e ben presto mi dimenticai di tutto ciò che mi circondava. Contavamo solo io e lui al mondo in quel momento. Il resto poteva attendere.





Ps:
Grace la ritroverete in Glaces Game con un ruolo marginale, e dopo aver termito quest'ultima dedicherò una storia tutta a lei... si intitiolerà 'Maledettamente verde' e ritroveremo anche Marco anche se solo nei primi capitoli... Intanto se volete leggere Glances, bè mi farebe un enorme piacere!!





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