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Autore: Chris Hazard    29/01/2012    0 recensioni
Un' organizzazione segreta agisce contro i Vampiri i quali, minacciati anche dai Lycan, decidono di chiedere aiuto al loro più acerrimo rivale per recuperare una reliquia perduta. Intanto la corporazione segreta continua a portare avanti le sue ricerche su un progetto top secret, finendo per attirare l'attenzione di alcuni personaggi che in passato ne hanno sventato molte volte i piani e che adesso vengono chiamati nuovamente ad adempiere a tale compito. Un oscuro affresco ricco di risvolti imprevisti e scontri all'ultimo respiro. Tutto "in Nome del Sangue".
P.S. I fan del genere in questione ritroveranno alcuni tra i loro beniamini estrapolati dai rispettivi contesti e riuniti in un'unica storia. Per sapere di chi si tratta non vi resta che addentrarvi nella trama. Buona lettura!
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 11 - Il gioco sporco del Casato
CAPITOLO 11
L'AVVENTO DELLE FURIE


La sala da pranzo del Casato era gremita di Vampiri, i membri più illustri erano accorsi all'invito di Cain. Quella notte i festeggiamenti per la conquista del Vaso di Pandora, tenuto tanto a lungo lontano dai suoi legittimi proprietari, si erano protratti fino a tardi. Era quasi l'alba e nel cielo iniziavano ad attenuarsi le fosche tinte della notte schiarendosi in sfumature più lucenti e nitide.
Cain intratteneva i capannelli di ospiti dissipati per la stanza sostando dinanzi a ognuno per pochi minuti, giusto il tempo di assicurarsi che tutto procedeva nel migliore dei modi. Egli era impaziente di terminare quelle insulse formalità per procedere alla parte più interessante dell'evento, ma gli onori di casa erano indispensabili per permettere agli ospiti di sentirsi a proprio agio. Solo creando un'atmosfera distesa e conviviale si poteva dissipare la diffidenza degli astanti, intenti a crogiolarsi nella serenità di quell'ambiente mondano in cui tutto appariva perfettamente in ordine e intento a scorrere nella spensieratezza più assoluta. Poveri esseri insulsi, bastava così poco per farli felici: una riunione di famiglia in cui banchettare e bere, dove sfoggiare vestiti opulenti e vantarsi della propria superiorità su ogni altra creatura vivente.
La troppa sicurezza era la peggior difesa degli stolti, questo Cain lo sapeva ed era deciso a sfruttarlo a proprio vantaggio, a tempo debito. Nel mentre godeva nel contemplare il patetico teatrino nobiliare che si stava svolgendo intorno a lui, soppesando i modi affettati con cui ciascuno impersonava pateticamente il proprio ruolo di cortigiano. Il Signore del Casato agitò con movimenti circolari il calice appena riempitogli da un inserviente, annusando il denso contenuto scarlatto e inebriandosi del suo intenso aroma pungente.
Una mano gli si adagiò sulla spalla ma lui attese, senza voltarsi, che l'altro gli andasse davanti. Dal tocco aveva già capito di chi si trattava.
"Mio caro Cain, hai compiuto un'impresa degna della tua grandezza". Si complimentò una donna dai capelli ricci e scuri con riflessi purpurei, la cui voce lusinghiera corroborò la seducente intensità dei suoi occhi verdi.
Cain assaporò quella nota provocante che le lesse nello sguardo, lanciando una fugace occhiata all'ampia scollatura della Vampira che rivelava la floridità del suo seno dall'incarnato meno albino rispetto alla maggioranza dei succhiasangue. "Melania...", l'accolse con un bagliore compiaciuto negli occhi e al contempo accennò un sorriso scaltro. "Il tuo viaggio da Venezia deve essere stato molto lungo e stancante. Manco da tanto tempo dalla tua fantastica città, gli ultimi impegni mi hanno impedito di farti visita".
"Ho patito la tua mancanza in questi mesi, specialmente durante le fredde notti invernali quando il mio letto troppo grande mi ricordava che un'altra persona ne aveva colmato il vuoto più di una volta". Gli confidò con intensità miscelata ad una sottile malinconia.
Cain resse allo sguardo penetrante di lei, osando protendersi verso il suo viso che a sua volta si dispose ad accogliere quella vicinanza, schiudendo lievemente le labbra carnose. "Venezia mi è rimasta sempre nel cuore, così come la tua splendida casa tra i placidi canali". Ricordò lui, poi abbassò la voce rendendola un suadente sussurro. "Ovviamente la tua compagnia era l'ingrediente speciale che rendeva i miei soggiorni indimenticabili".
Melania chiuse gli occhi e accostò le labbra all'angolo della bocca di Cain, lasciandosi sfuggire un ansito. Quel tenue contatto riaccese in entrambi il calore di ardenti esperienze carnali, il cui ricordo riaffiorò prepotentemente nelle loro menti facendo ribollire il sangue che esigeva uno sfogo per quell'ondata di passione che iniziava a prendere il sopravvento. Cain si scostò a fatica, affogando il proprio istinto nella fredda razionalità.
"Prima il dovere, dolce diavolo tentatore". Si giustificò il Signore del Casato.
"Sei sempre così sfuggente, ma saprò aspettare". Si rassegnò a malincuore la Vampira distogliendo lo sguardo. Cain però le prese il mento tra il pollice e l'indice, costringendola a guardarlo.
"Adesso assisterai ad uno spettacolo unico Melania. Il frutto del mio lavoro si paleserà tra queste mura e capirai il perché di tanta mia impazienza al riguardo. Successivamente io e te festeggeremo in privato, te lo prometto".
Melania non rispose, si limitò a ricambiare l'ottimismo che leggeva nello sguardo febbrile di Cain con un cenno di assenso.

Tutti gli invitati vennero fatti radunare in una stanza sotterranea della tenuta, raggiungibile unicamente tramite un lungo corridoio di pietra grezza punteggiato da fiaccole ardenti, assiepate su appositi sostegni di ferro battuto inchiodati lungo le pareti. Nell'attraversare quel posto a Melania parve di tornare indietro nel tempo, intorno al XV secolo per l'esattezza. Fu allora che venne morsa per la prima volta accedendo così ad un mondo ignoto che credeva esistesse solo nelle storie dell'orrore. Esseri immortali che bevevano sangue umano non erano invenzioni dalle balie per mantenere buoni i bambini, ma si trattava di creature in carne e ossa che si aggiravano tra gli Umani occupando anche cariche prestigiose, all'insaputa di tutti. L'Inquisizione perseguiva le streghe tacciandole di patti malefici con i diavoli, ma i demoni stessi camminavano tra gli uomini.
Col tempo la ragazza si ambientò nel suo nuovo status. La paura si tramutò in convinzione di supremazia derivante da un potere effettivamente unico, in grado di catapultarla sul podio più alto della catena evolutiva.
A quel tempo Melania ebbe accesso agli ambienti nobiliari della sua città e scoprì che erano infestati da Vampiri. Venezia era la città italiana prediletta dai Notturni. Quei canali dalle acque torbide celavano sul fondo centinaia di cadaveri esangui, come bottiglie svuotate ormai inutilizzabili.
Al suono della voce di Cain la donna ritornò alla realtà, notando l'ampia camera in cui si era raccolto il corteo. Arcate cieche sporgevano dalle mura di nuda pietra andando a congiungersi nel centro del soffitto, dando vita ad una volta a crociera che ospitava nel mezzo un medaglione di bronzo su cui era inciso in rilievo il volto della mitologica Medusa. Oltre alle consuete fiaccole infisse nei muri, l'ambiente era illuminato da quattro grandi candelabri che pendevano dal soffitto e da una serie di torcie che ardevano in alti sostegni di ferro che spuntavano dal pavimento. La luce era notevole e la Vampira distingueva nitidamente la figura di Cain in piedi su un palco di marmo nero dai fregi dorati, raggiungibile grazie a due brevi scale poste ai lati della piattaforma. Sullo sfondo campeggiava un sipario viola, stinto dal tempo.
"Eccoci giunti al momento topico della festa!". Proclamò Cain, senza tuttavia scomporsi in gesti teatrali. Bastava la sua voce carismatica a dare enfasi al discorso. "Ci troviamo a condividere un evento epocale a cui tutti voi avrete il privilegio di assistere. Oggi la nostra stirpe si riscatterà dinanzi al mondo intero e anche i pochi che ci reputano solo un mito letterario dovranno ricredersi e stupirsi al cospetto della stupefacente realtà con cui si troveranno a fare i conti.
"Esiste un Dio superiore? Esistono più dèi?". Scosse con frenesia la testa prima di proclamare: "Esistiamo noi! Le nostre capacità eguagliano poteri ritenuti divini e dopo questo evento nessuno potrà confutare la nostra superiorità. Sarà il giorno del giudizio per il mondo. I meritevoli, ovvero coloro che ci hanno servito fedelmente o che si schiereranno dalla nostra parte, andranno a rimpinguare le fila dei Notturni. Tutti quelli che ci hanno combattuto, ottenendo finora misere vittorie di cui vantarsi, cadranno ai nostri piedi piagati dalle sferzate del nostro potere.
"Gioite fratelli e sorelle, perché la notte da questo momento godrà dell'eterna giovinezza e noi saremo i suoi messaggeri. Mirate il vero potere dei Vampiri, tornato a rendere giustizia contro tutti coloro che invano hanno tentato di ostacolarci. Da ora e per sempre...IN NOMINE SANGUINIS!".
L'empia voce si spense dopo il tonante finale, ma le ultime parole aleggiarono per la stanza perpetuandosi in un eco evanescente. La sacralità dell'evento indusse tutti a tacere, mentre il proclama rimbombava nelle loro teste come le parole di uno spirito ultraterreno disceso tra loro per una prodigiosa annunciazione. Poi un rumore cigolante prese corpo nel silenzio surreale, indicando che il sipario veniva ritirato sebbene non disvelasse altro che l'oscurità retrostante.
Melania fu percorsa da un brivido mentre fissava le ombre dietro Cain, aspettandosi che da esse comparissero esseri arcani noti solo nei miti dei Vampiri. Realmente le Furie sarebbero state partorite da quell'alcova di tenebra?
Ad un tratto si udì un suono secco, come se un piatto fosse caduto per terra. Poi giunse una brezza incredibilmente calda che in breve si intensificò in un vento dirompente pervaso da un lezzo di zolfo. Le candele e le torce vibrarono violentemente prima di spegnersi e la stanza sprofondò nel buio più totale.
Il cuore di Melania prese a battere all'impazzata, consapevole che qualcosa di inaudito stava per compiersi. Un ruggito dirompente le bloccò il respiro facendola sobbalzare. Non riusciva a vedere nulla e aveva paura che qualunque cosa avesse prodotto quel verso le piombasse addosso. L'unica presenza tangibile era la paura che pervadeva gli astanti, dei quali nessuno osava muovere un muscolo, irrigiditi da quanto udirono. Un secondo ruggito, un terzo a cui ne seguirono altri due. Ci furono dei tonfi, come dei passi appesantiti da una mole apparentemente fuori dall'ordinario.
Melania strinse le palpebre incapace di arrestare il tremore che la scuoteva. Il cuore le martellava nel petto rischiando di provocarle un infarto. Improvvisamente la luce tornò a inondare la stanza, dal nulla tutti i supporti tornarono ad accogliere la fiamma danzante di cui erano stati privati dal vento, adesso calmatosi del tutto.
La Vampira schiuse lentamente gli occhi e lo sconcerto per quello che si palesò alla sua vista la lasciò senza fiato. Sul palco non c'era più Cain ma cinque esseri infernali alti quasi tre metri dalle sembianze umanoidi. Agli avambracci nerboruti erano annodati dei serpenti che si contorcevano snudando le zanne intrise di veleno, le mani artigliate stringevano lunghe fruste nere e dalla schiena si dispiegavano delle ali membranose come quelle dei pipistrelli. I volti delle creature erano atteggiati in una perenne smorfia di malefica follia, accentuata dagli occhi dilatati in cui campeggiavano iridi scarlatte e dalla bocca spalancata da cui faceva capolino una dentatura aguzza. I capelli neri erano un groviglio incolto paragonabile a secchi cespugli nodosi. Il corpo delle Furie ricordava nelle fattezze quello di una donna, con tanto di seni prosperosi in bella mostra, ed era interamente nudo ad accezione di un panno di pelle nera che ricadeva tra le cosce fino al ginocchio.
Le Erinni osservavano i presenti in silenzio, fino a quando qualcuno non si portò sotto di loro così da divenire il centro del loro interesse. Melania temette che Cain potesse venire ucciso se solo una di quelle bestie primordiali avesse deciso di muovere un dito. Con suo stupore appurò invece che il Signore del Casato le accarezzava amorevolmente, mentre quelle distorsero le bocche abbozzando un grottesco sorriso di apprezzamento.
Dall'oscura alcova retrostante emerse per ultimo Cairus il saggio con un ghigno stampato sul volto trionfante. Era stato lui infatti a scoperchiare il Vaso constatò Melania. Adesso l'anziano discese dal palco per arrestarsi ai piedi della scalinata. Intrecciò le mani dietro la schiena e si godette la scena.
"Ecco a voi le Figlie della Notte!". Le presentò Cain. "Non temetele, ma godete della loro compagnia e dei servigi che ci offriranno. I fasti del passato tornano a risplendere di nuova gloria e noi saremo coloro che ne beneficeranno".

Melania si era ritirata con Cain nella sua camera da letto. Entrambi giacevano distesi sotto le coperte con la donna che adagiò il capo sul nudo petto di lui.
"Quanto ho desiderato questo momento". Gli confessò la Vampira con il respiro ancora affannato per via dell'amplesso appena consumato.
"Parli della comparsa delle Erinni o della mia prestazione sessuale?". Ironizzò Cain sicuro della risposta.
Lei sorrise colpendolo sul braccio con uno schiaffetto. "Mi riferisco alla compagnia del potente signore che giace con me adesso".
"Questa è la degna conclusione di una giornata gloriosa. Sei sempre stata la mia amante preferita, con te ogni attimo di passione rappresenta un gradino verso la vetta del godimento".
"Il romanticismo non è mai stato il tuo forte". Commentò Melania. "Ma non c'è mai stato un momento in cui mi hai considerata qualcosa di più di una semplice amante?".
Cain le scostò il capo dal proprio petto e si girò di fianco in modo da darle le spalle. "Non ho mai voluto legami nella mia vita. Ritieniti fortunata per il complimento che ti ho fatto poco fa perché non lo ha meritato mai nessuna prima di te. Con questo chiudiamo l'argomento".
Melania sorrise dentro di sé accogliendo il titolo di 'amante preferita' quasi come una dichiarazione, conoscendo il carattere poco incline ai sentimentalismi dell'altro. Alla fine cambiò discorso, tanto per stemperare l'atmosfera. "Un dubbio mi è balenato in testa".
"Sentiamo". Le rispose Cain con tono inespressivo.
"Terrai le Erinni in quel sotterraneo come cani in gabbia? Sei sicuro che non faranno qualche disastro?".
"Certo che no, obbediscono solo alla volontà del loro salvatore".
"Inoltre sapevo che le Furie erano in sei, mentre ne sono apparse solo cinque quest'oggi. Mi sbaglio?".
"Niente affatto". La voce di Cain si colorò di una sfumatura divertita. Si girò verso la Vampira infilandosi un braccio dietro la testa. "Mentre eravamo tutti nella sala da pranzo a banchettare Cairus ne aveva già liberato una e l'ha fatta uscire da un corridoio segreto che dai sotterranei sbuca nel giardino".
Melania scattò a sedere puntellandosi sui gomiti. La sua espressione traboccava stupore. "Hai già sguinzagliato un mostro per la città?". 
"Ho mandato una Furia a trovare una persona. Diciamo che si tratta di una visita di cortesia".

"Dottor Bane il DNA della cavia numero 102 rigetta i globuli rossi del Vampiro. Anche questo innesto è da archiviare in negativo". Constatò un uomo col camice bianco su cui era cucito l'ottagono dell'Umbrella, impegnato ad analizzare il responso dell'analisi cellulare mediante un microscopio. Il laboratorio in cui si trovavano lui e il responsabile del progetto, Ronald Bane, era colmo di provette contenenti campioni di sangue prelevati da svariati Vampiri, tutte rigorosamente catalogate e riportavano una X rossa sull'etichetta, ad indicarne l'inservibilità nell'esperimento.
Bane, un uomo magro e alto dai capelli crespi striati di grigio minati dalla calvizia che li aveva diradati visibilmente sulla sommità del capo, si accostò all'assistente per gettare un'occhiata attraverso il microscopio.
"Hai ragione Joseph, anche questo tentativo è da accantonare". Concordò Ronald, con gli occhi premuti sulle lenti del microscopio mentre con due dita reggeva gli occhiali sopra la fronte. "Spero che Baltasar riesca a procurarmi quella Vampira, Selene. Forse con il suo sangue riusciremo ad ottenere qualche risultato positivo".
"Prima aveva accennato ad un'imboscata alla fabbrica abbandonata di Morrow Hill". S'incuriosì Joseph, che nel frattempo etichettava quell'ennesima provetta infruttuosa.
"Esatto. E' stato un piano di Baltasar, ma considerando i suoi recenti insuccessi ho deciso di mandargli in aiuto una squadra di Kerberos. Una tale superiorità di uomini sul nemico dovrebbe risultare schiacciante. Sono stanco di procedere a tentonin ella mia ricerca. Ho impiegato tutte le risorse a mia disposizione, ma sembra che l'unica possibilità di riuscita siano i globuli di quella Selene, rinforzati dal genoma di Alexander Corvinus. La sua rarità potrebbe essere la chiave di svolta nel progetto".
Terminato il lavoro Joseph controllò l'orologio al polso, erano le diciassette in punto e il suo turno lavorativo era terminato. "Dottor Bane io per oggi ho finito. Le consiglio di prendersi una giornata libera, la vedo abbastanza spossato. Di questo passo ne risentirà anche la sua salute".
"Le scoperte scientifiche sono questione di tempistica!". Esclamò con enfasi Ronald mentre inseriva un gettone nel distributore di caffè. "Pensi che il mondo oggi si troverebbe a questo stadio evolutivo se tutti i grandi scienziati e premi Nobel avessero indugiato sulle loro ricerche?". Non udendo risposta concluse con il proprio motto. "Chi ha tempo non aspetti tempo, ma colga l'attimo". Prelevò il caffè per poi voltarsi a sondare l'espressione del suo assistente, il quale stava scuotendo la testa mentre raccoglieva alcuni fogli stringendoli sotto il braccio.
"Allora buon carpe diem dottore. Io vado a perdere un po' del mio tempo con la famiglia". Strizzò l'occhio al suo interlocutore e uscì dal laboratorio.
Bane prese posto dietro la scrivania scrutando sul monitor del computer una particella molecolare realizzata tridimensionalmente, essa raffigurava il fine ultimo del suo esperimento, l'esatta combinazione genetica risultante dall'esperimento perfetto, ciò che lui stava inseguendo da tempo.
Un luce rossa iniziò a lampeggiare emettendo un trillo continuato. Ronald scattò dalla sedia e sollevò la cornetta del telefono per mettersi in contatto con l'ufficio di sorveglianza. Attese alcuni secondi. Nessuna risposta. Corse dunque fuori dalla stanza arrestandosi sulla soglia. Un collega stava correndo a perdifiato per il corridoio.
"Aspetta...", iniziò Bane protendendo una mano per fermarlo.
"Si chiuda dentro dottore. E' scattato l'allarme di livello 10, l'allerta è massima". Comunicò tra gli affanni il tipo, agitato come non mai. "Alcune guardie sono disperse e le videocamere nei loro settori di competenza sono fuori uso. Qualcuno afferma di aver visto una sagoma enorme oscurarne l'obiettivo, prima di perdere il segnale video. Le ripeto, si chiuda dentro e attenda istruzioni per fare qualunque cosa. La sua vita qui vale molto di più di molte altre, se lo ricordi". Poi continuò a correre svoltando un angolo e sparendo dalla vista di Bane, che si affrettò a trincerarsi dentro il laboratorio attivando la combinazione di sicurezza della porta scorrevole, bloccandola ermeticamente.
Degli spari proruppero in lontananza, a giudicare dall'intensità del frastuono provenivano dal piano di sotto. Qualcuno stava salendo fino al suo piano, pensò Bane addossandosi con le spalle al muro più lontano dall'ingresso. Le gambe iniziarono a tremargli freneticamente e fu costretto ad accasciarsi a terra dove rimase seduto con la fronte premuta sulle ginocchia, pregando sommessamente.
Gli spari si erano fatti più vicini e qualcos'altro giunse al suo orecchio: un ruggito bestiale. Bane intensificò le sue invocazioni rivolgendole a tutti i Santi che ricordava, ma il male lo scovò ugualmente. La porta del laboratorio esplose verso l'interno insieme a metà parete. Un verso mostruoso accompagnò lo schianto e Bane non osò sollevare la testa per paura di morire di crepacuore. Ad un certo punto una mano lo afferrò per i capelli costringendolo a rimettersi in piedi, ma il dottore continuò a tenere gli occhi chiusi recitando ad alta voce un Padre Nostro con le mani giunte che tremavano vistosamente.
"Nessuno ti libererà dal male dottore". Lo apostrofò una voce rude, riprendendo un verso della preghiera appena udito. "Quindi ti conviene smetterla di gemere come una femminuccia e collaborare. Ti basterà esaudire una piccola richiesta e la tua anima sarà salva".
Bane aprì gli occhi traboccanti di lacrime lentamente, sgranandoli sulla figura che lo costringeva al muro ma soprattutto su quella ben più grande che sostava vicino la porta. Alternò freneticamente lo sguardo sui due sconosciuti, un Vampiro alto dalla testa rasata i cui tratti del volto erano scolpiti in un cipiglio minaccioso e una creatura dalla pelle grigiastra che ricordava un demone infernale.
"Ti decidi a rispondere o no?". Lo scosse violentemente il Notturno digrignando i denti.
"C-cos-sa v-vol-let-te d-da me?". Balbettò Ronald che ancora non riusciva a capacitarsi dell'assurdità in cui si trovava coinvolto. I Vampiri avevano trovato il laboratorio dell'Umbrella e avevano risvegliato le Figlie della Notte. L'incubo era divenuto realtà.
"Mi chiamo Raist. Il mio signore Cain mi manda per concludere un accordo". Rispose con tono minaccioso il Notturno. "Il Casato non ha più intenzione di patire le scorrerie dei Kerberos, la vostra Task Force. Adesso anche noi abbiamo un'unità combattiva di tutto rispetto, come puoi ben vedere". Strinse tra i palmi delle mani il capo del dottore indirizzandolo rudemente verso la Furia. "Guardala e dimmi cosa te ne pare. Sappi che siamo provvisti di altri cinque esemplari e uno solo di loro basta a radere al suolo una base come la vostra, non potresti lontanamente immaginare di cosa sarebbe capace il sestetto al completo".
Ronald si costrinse a guardare quel mostro che lo fissava con occhi spiritati iniettati di furia omicida. Tuttavia non resse a lungo e rinserrò le palpebre assalito dal terrore. "Ti prego, farò quello che vuole il tuo signore ma non permettere a quel mostro di toccarmi". Piagnucolò.
"Allora d'ora in avanti rinnegherai il patto stipulato con i Lycan e proseguirai la tua ricerca sotto la supervisione del Casato, apportando qualche modifica alle armi che l'Umbrella ha prodotto poiché non dovranno più nuocere ai Vampiri, bensì a quei luridi figli di cagna".
"Si, va bene. Ma ti prego lasciami andare". Si arrese immediatamente Bane, che sembrava un bambino messo in punizione.
Raist sottolineò quell'atteggiamento riprovevole con un'espressione disgustata, per poi liberare la vittima dalla sua presa mediante una vigorosa spinta. "L'Umbrella avrà i suoi vantaggi nel lavorare per il Casato. Da adesso la tua azienda sottostarà alle sue direttive".
Detto ciò il Vampiro e la Furia se ne andarono camminando con tranquillità, come se avessero tutto il tempo del mondo, a dispetto del caos che li circondava. Ronald si massaggiò il collo poi prelevò il cellulare dal taschino del camice ed effettuò una chiamata con urgenza. "Gli ordini sono cambiati". Comunicò con voce tremante, ancora scosso da quanto gli era capitato. "L'unità Kerberos inviata alla fabbrica di Morrow Hill dovrà sterminare tutti i Lycan presenti, compreso il loro capo Baltasar. Da adesso i Vampiri sono i nostri nuovi alleati".
Con gesti tremolanti chiuse la chiamata e si lasciò cadere su una sedia, tra lo sfacelo del laboratorio mezzo demolito. Si coprì gli occhi con il palmo della mano abbandonandosi ad un singhiozzante pianto.









  
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