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Autore: VooJDee    30/01/2012    3 recensioni
In una corsa contro il tempo, Gibbs si trova costretto ad affrontare il suo passato.
[...]La voce di Gibbs alle sue spalle non la sorprese: “Ho una regola, a riguardo.”
Daisy si voltò, il viso ancora bagnato dalle lacrime: “Una regola che dice ai padri di non lasciare i figli?”
Lui sorrise appena: “No. Regola 51: a volte si sbaglia.”
Lei passò la mano sui suoi occhi, cercando di cancellare il pianto: “A volte si sbaglia?”[...]
Genere: Avventura, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Seduto alla sua scrivania, Tony si guardò intorno più volte. Rivolse il suo sguardo alla finestra, a McGee, alla scrivania di Ziva, all’ascensore e poi ancora a McGee.
Questo, ad un certo punto, infastidito, batté una mano sulla scrivania: “Insomma, Tony, vuoi smetterla di fissarmi? Che c’è?”
Lui guardò l’orologio: “Ziva.”
“Sì, è in ritardo, lo vedo. Gibbs s’infurierà.” Rispose, tornando a rivolgersi al monitor.
Tony scosse la testa: “Ma non è da lei.”
McGee lo guardò di sottecchi: “Sì, ma un imprevisto capita a tutti, no?”
In quel momento l’ascensore si aprì, e Ziva entrò nell’open space con un borsone in mano e l’aria trafelata. Si guardò intorno, e poi affannata si lasciò cadere sulla scrivania.
Tony la scrutò: “Come mai in ritardo, Ziva?”
Lei assottigliò gli occhi: “Devono disinfestare il mio condominio, di nuovo. Stamattina hanno bussato alla mia porta, dicendomi che fino a domani pomeriggio nessuno potrà entrare nel palazzo, così ho fatto tardi perché mi sono fermata a prendere un po’ di roba. Gibbs?” fece, rivolgendosi verso McGee.
“E dove starai?” domandò Tony, mettendosi le mani sotto il viso.
“In albergo.”
McGee guardò l’orologio: “Gibbs è in ospedale, oggi dimettono Rachel. Tra poco dovrebbero essere qui.”
Ziva annuì, mentre accendeva il computer.
L’agente si alzò in piedi: “Ragazzi, io vado un secondo da Abby.”
Appena McGee fu sparito, Tony andò e si sedette sulla scrivania di Ziva: “Così.. starai in albergo?”
“Sì.” Disse lei, senza alzare lo sguardo dal monitor.
Tony sbuffò: “Non è una buona idea.”
“Ne hai di migliori?”
“Vieni a stare a casa mia.”
Ziva tenne gli occhi fissi sul monitor, stringendo forte il mouse con la mano: “A casa tua?”
Tony annuì brevemente: “Sì. E’ più comoda e gratis.”
Forse per una volta va bene lasciarsi andare.
Sorrise, più a se stessa che al collega e piegò la testa: “Grazie.”


.. “Allora, Rachel, sei sicura di stare bene?”
Lei annuì, fissando la donna che dolcemente la accarezzava i capelli: “Sto benissimo.”
L’infermiera si chinò, lasciandole un bacio sulla fronte: “Buona fortuna per tutto, piccola.”
Rachel le sorrise, poi si avvicinò a Gibbs che l’aspettava sulla porta.
Si avviarono per il corridoio, e Rachel dondolò su se stessa: “Ma cosa farò io oggi, Jethro?”
Lui scrollò le spalle: “Verrai a lavoro con me, ma starai giù da Abby.”
La bambina annuì e continuarono a camminare per il corridoio.

 
“Non ti sembra strano che Gibbs abbia voluto ospitare Rachel a casa sua?” disse ad un certo punto Tony, rivolgendosi a Ziva.
Lei alzò lo sguardo: “No. Gibbs è sempre andato d’accordo con i bambini. E poi, piuttosto che lasciarla ai servizi sociali farebbe di tutto..”
L’uomo scrollò le spalle, sorridendo divertito: “La verità è un’altra.”
“E quale?”
“Che il grande capo ha infranto una delle sue regole.”
“Regola numero dieci!” continuò lei.
“Eh già.”
Il dlin dell’ascensore fece sobbalzare l’agente, che rivolse lo sguardo al computer mentre Gibbs entrava in ufficio a passo svelto, con affianco Rachel.
Lei, salutò i due agenti, rivolgendo loro un grande sorriso, poi si avvicinò a Ziva per abbracciarla.
Gibbs, dopo aver lasciato la pistola dentro il cassetto si rivolse alla donna: “Ehi, Ziva.”
“Dimmi, Gibbs.”
“Puoi accompagnarla da Abby?”
Lei annuì, e l’uomo si diresse verso le scale che salì velocemente.
 
 
Vance non si sorprese di sentire la porta aprirsi all’improvviso.
Rivolse il suo sguardo all’agente che era appena entrato nella stanza, fermandosi di fronte alla sua scrivania.
Lo scrutò: “Il caso Parker è chiuso?”
L’agente annuì: “E’ stato Cooper, il padre. Ha ucciso la madre e i nonni delle bambine e le ha rapite.”
“Ed è morto, cercando di ucciderle.” Finì Vance.
Gibbs abbassò lo sguardo: “Sì. Ci occuperemo noi dei funerali della famiglia?”
“Certo. Cooper?”
L’uomo scrollò le spalle: “Lo seppelliremo con il resto della famiglia, credo sia meglio per Rachel.”
Il direttore annuì: “Bene.”
Gibbs si voltò e andò verso la porta, e mentre la chiudeva la voce di Vance arrivò fino a lui limpida mentre diceva: “E comunque, portare bambini a lavoro è vietato.”
 
 
“Credi davvero che non le darò fastidio?”
Ziva le accarezzò i capelli: “Certo che non le darai fastidio.”
Rachel strinse più forte il bicchiere che teneva in mano e le due continuarono per il corridoio.
Entrarono nella stanza dove la scienziata si muoveva tra i macchinari, scuotendo appena la testa a ritmo di musica, e Ziva la chiamò: “Abby?”
Quella alzò la testa e si avvicinò a loro, sorridendo a Rachel: “Ciao!”
La bambina allungò le braccia, porgendole un bicchierone di Caf-Pow: “Questo è per te.”
Ad Abby brillarono gli occhi, quindi pose il bicchierone sul tavolo metallico e la strinse forte. Ziva sorrise: “Credeva che ti avrebbe dato fastidio.”
“Fastidio? No, assolutamente. Chiunque è benvenuto nel mondo di Abby! No, beh, non chiunque perché ci sono certe persone che..”
Ziva fece roteare gli occhi, divertita: “Abby.”
La donna si bloccò, poi sorrise a Rachel e le porse la mano: “Vieni, ti devo presentare Bert.”
“Bert?”
“Sì. Il mio ippopotamo.”
La bambina sgranò gli occhi: “Hai un ippopotamo?”
“Beh..”
 
 
 
Si erano fatte le sette, quando Tony si alzò per stiracchiarsi. L’ufficio era immerso nella penombra e tutti stavano facendo ritorno a casa.
McGee, finito di riordinare la scrivania spense il computer e afferrò il suo cappotto: “A domani, ragazzi.”
Sparì nell’ascensore e Tony si avvicinò alla scrivania di Ziva: “Ordiniamo una pizza per cena?”
“Pizza?”
“Pizza e film. Ma quello non dobbiamo ordinarlo, a casa ne ho centinaia.”
Lei scoppiò a ridere e annuì appena, tornando ad abbassare lo sguardo sul computer: “Va bene, almeno non rischio un’intossicazione alimentare.”
Tony assottigliò gli occhi: “Io sono di origini italiane e tu mi stai dicendo che non so cucinare?”
“Essere di origine italiana non significa saper cucinare.”
Lui abbassò il capo: “Va bene, ti dimostrerò che io so cucinare.”
 
 
Gibbs entrò nel laboratorio, dove Rachel dormiva sul divano. Si avvicinò a lei: “Ehi..”
Lei aprì gli occhi: “Mh?”
“Andiamo a casa.”
Si mosse appena, per strofinarsi gli occhi, poi si mise seduta.
Gibbs andò da Abby: “Si è stancata parecchio, poverina. Quindi l’ho fatta dormire sul divano.”
“Capisco.” Fece lui: “Grazie per averla tenuta.”
Lei sorrise: “Non è un problema, è un amore di bambina.”
L’uomo si voltò verso la bimba che stava camminando verso di loro, trascinando i piedi.
Le prese la mano e uscirono dal laboratorio.
 
Arrivarono a casa di Gibbs in poco tempo, per via dell’assenza di traffico. Lui aprì la porta, e le fece strada fino al soggiorno: “Bene.. quella è la cucina e queste scale portano al seminterrato. Ora ti mostro il piano di su, dove dormirai tu.”
“E dove dormo? In camera tua?”
Lui scosse la testa, avviandosi su per le scale: “No, in camera di mia figlia.”
“Oh, quasi dimenticavo.. ancora non mi hai detto dov’è.”
“Chi?” chiese Gibbs, girandosi a guardarla.
“Tua figlia. Non mi hai ancora detto dov’è tua figlia.”
 
 
 
 
Spazio autrice:
 
Ok. Avete capito? AVETE CAPITO?
Riferimenti puramente (non) casuali al capitolo 8 :)
Fatemi sapere.
VooJDee
   
 
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