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Autore: Ariel Winchester    30/01/2012    6 recensioni
[Dal capitolo 19° "Frozen"]
Ma cosa avevo in mano per poterlo riportare indietro? Avevo usato il fuoco, il sangue e la violenza: tutto quello che lui conosceva meglio, ma non era servito.
Cosa avrebbe potuto risvegliarlo allora?
Me.
Quella voce giunse nella mia testa, alleviò la disperazione e assopì improvvisamente tutti i miei pensieri. Forse avevo sbagliato a cercare di svegliare Klaus facendo leva sulla sua forza, forse dovevo puntare su una debolezza. Lui aveva paura di restare solo, se gli avessi fatto capire che non lo era, forse sarebbe tornato.
Allungai la mia mano priva di guanto verso la sua, era fredda e rigida ma intrecciai le mie dita tra le sue, in modo che lui potesse sentirmi vicina a lui.
Non sei solo Klaus, io ci sono.
Quindi torna, ti prego.
Chissà quanto tempo era ancora passato: lui era immobile, io lo ero con lui, ma tutto intorno a noi andava avanti. Solo noi eravamo fermi nel tempo, mentre tutto là fuori continuava a muoversi.
Perché non si svegliava?
Singhiozzai, sentendomi inabilitata a trattenerli troppo a lungo e posai la testa sulla spalla di lui. La colpii con delle piccole testate, sperando che lui mi sentisse.
Ma rimase congelato, non si mosse e non ascoltò le parole che volevo trasmettergli attraverso le nostre mani congiunte. Strinsi più forte la presa, perché avevo ancora l'insano desiderio che lui potesse sentirmi.
Ma non fu così, lentamente il sonno vinse sul mio corpo.
Klaus.
Era finita, ero rimasta sola e probabilmente sarei morta assiderata quella notte. Gli occhi si chiusero sulle mie ultime lacrime, le lasciarono scorrere lungo la mia pelle, mentre lentamente lasciavo la realtà e raggiungevo i miei sogni.
La mia mano però non abbandonò mai quella di Klaus.
[Fic revisionata fino al 9° capitolo]
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Katherine Pierce, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Dance With The Devil-

Ero riuscita a trovare un punto abbastanza nascosto nel giardino, affinché potessi piantare i semi di verbena che Rose mi aveva fatto trovare all'interno del suo libro. Mi alzai molto presto, per quanto ne sapevo Klaus doveva essere già in giro a dispensare quei sorrisi spaventosi a chiunque gli capitasse a tiro, ma sperai vivamente di non incontrarlo. Se avesse scoperto che ero ancora in vena di creargli problemi, ora che sapeva che io sapevo, avrebbe potuto essere più intimidatorio di quanto non fosse già stato quando era convinto che non fossi a conoscenza di nulla. Poi dopo quello strano e inspiegabile bacio che mi aveva rubato, sentivo ancora di più la necessità di stargli il più lontano possibile. Non era significato nulla da entrambe le parti e solo Dio sapeva quali fossero i veri obiettivi di Klaus in quel momento, anche se mi ero fatta una lista di motivi plausibili, ma non tolleravo il modo in cui mi era stata portata via la possibilità di condividere una emozione simile, con qualcuno che io avrei scelto.

E, istintivamente, pensai ad una sola persona di cui mi vergognavo anche solo immaginare il suono del suo nome.

Ero forse esagerata, colpa della mia mentalità piuttosto antiquata con i tempi, ma non mi andava giù che il mio primo bacio fosse stato preso da una persona che mi detestava e che fino a due secondi prima mi stava minacciando. E pensare che riuscivo ancora a sentire l'odore della sua pelle, se mi concentravo abbastanza da riportare indietro la mente a quel momento.

Quello che sentivo ogni volta, era una lunga serie di brividi, ma non erano di piacere.

Di cosa fossero non lo sapevo, ma ero certa che non fossero brividi legati ad emozioni positive.

Pensai sempre a quella storia, mentre coltivavo la verbena e mentre attraversavo i corridoi per tornare in camera. Non volevo far preoccupare Katerina, già aveva chissà quali idee in testa e non volevo che si convincesse che avessi qualche relazione segreta.

Mi bastava Rebekah ad avere quei sospetti.

Quando aprì la porta della nostra camera, Katerina non c'era.

Il nostro letto era stato ricomposto e la finestra era stata lasciata aperta per lasciar uscire l'odore della notte dalla stanza. Quel giorno il tempo era più brutto del solito, dei nuvoloni neri ricoprivano il cielo e ogni tanto mandavano qualche goccia di pioggia per annunciare la tempesta che, prima o poi, sarebbe arrivata. Non trovare Katerina in camera mi provocò preoccupazione e sollievo, non riuscivo a guardarla negli occhi dopo quello che era successo con Klaus.

Come sempre, non volevo ferirla e preferivo non dirgli del giochetto a cui ero stata sottoposta. Perchè di giochetto si trattava, non poteva essere nient'altro, ma conoscendo Katerina e sapendo quanto considerava importante lo scambio di un bacio, preferì tacere.

Sapevo che non era la cosa giusta da fare probabilmente, anche se continuavo a ripetermi che alla fine non era nulla di importante, ma temevo per la reazione che Klaus avrebbe potuto avere se le avessi rivelato qualcosa. Di sicuro l'avrebbe ammaliata per mettermela contro, era così scontato nella sua malignità che non mi era difficile capire cosa sarebbe arrivato a fare.

Oppure, se avesse scoperto il bracciale, avrebbe potuto fare di peggio ad entrambe.

Mi stavo facendo tanti di quei pensieri, sul bacio e sulle mie solite paranoie, che risultavo noiosa persino a me stessa. Mi accorsi che ero rimasta a fissare il cielo scuro per tutto quel tempo di lunghi pensieri e un tuono mi riportò alla realtà, facendomi quasi sobbalzare.

Chissà perchè il tempo era sempre così brutto in quei giorni.

Mi grattai la fronte, avevo ancora i capelli raccolti in una treccia adagiata sopra i segni del morso di Joshua e il vestito era sporco di terriccio. Qualcosa sul comodino attirò la mia attenzione, era un foglietto di pergamena con una grande scritta sopra, abbastanza storta per via della velocità in cui era stata scritta. L'inchiostro macchiava alcuni lati del foglio, creando dei contorni, probabilmente involontari, alla bellissima scritta che giaceva nel mezzo.

Buon compleanno, sorellina!

Il mio compleanno.

Osservai quel foglio a lungo, mi ero dimenticata del mio stesso compleanno, ma non era dovuto a tutto quello che mi passava per la mente quella volta.

Io non avevo mai festeggiato nessun anniversario della mia nascita.

Cosa c'è da festeggiare? “ diceva sempre mio padre, quando mamma provava a dirgli che una carezza, un abbraccio o una parola che non fosse di odio sarebbe stato il regalo di compleanno migliore che avrebbe potuto farmi. Da allora, da quando lo sentì dire per la prima volta che non c'era nulla da festeggiare riguardo ad un problema ambulante come me, non considerai mai importante la data del mio compleanno. Gli anni passavano, io crescevo ma il tempo restava fermo, ghiacciato nella mia dolorosa monotonia di essere considerata solo un peso da tutti.

Era sempre Katerina quella che mi aveva ricordato che era il mio compleanno, mi portava nella foresta e giocavamo tutto il giorno come se non avessimo un padre che ci avrebbe sgridate in caso avessimo fatto tardi. Era sempre lei quella che si prendeva la colpa, ogni giorno di quell'anno, quando rincasavamo tardi e nostro padre dava di matto.

E io la ripagavo con una lunga serie di bugie. Non potei sentirmi più che in colpa.

Guardai quella scritta con un sorriso sulle labbra, ma adesso dov'era lei? Il fatto che non si fosse fatta trovare in camera, un po' mi preoccupava. Sperai che non avesse deciso di andare a farmi un regalo chiedendo i soldi a qualcuno. Sentì bussare alla porta, mi voltai di scatto e lasciai il foglio sulla superficie su cui lo avevo trovato.

Buon compleanno!” disse Elijah, appena spalancai la porta. Aveva un sorriso bellissimo sulle labbra, una cosa a cui i miei occhi dovevano ancora abituarsi dopo che la sincerità aveva rafforzato il nostro legame. Mi ritrovai ad arrossire come una ragazzina, malgrado quel giorno compievo ben sedici anni. Lo lasciai entrare: lui indossava, sempre con il suo solito portamento che faceva invidia alle statue greche, una completo dalla maglia blu e i pantaloni neri che mettevano in risalto i suoi muscoli. Teneva qualcosa dietro la schiena, qualcosa che nascondeva con un sorriso che divenne furbo man mano che entrava e mi impediva di vedere cosa tenesse dietro la schiena.

Katerina mi ha detto che sei nata sedici anni fa, alle ore sei, circa, del pomeriggio...ma se non ti dispiace, vorrei anticipare il regalo di qualche ora dalla tua nascita.” disse lui e mi porse un pacco rettangolare, di cui già adoravo l'involucro colorato. Lo presi titubante tra le mani, la voglia di buttargli le braccia al collo era tanta ed imbarazzante, ma riuscì a trattenermi in un sorriso che scoppiava di gioia. Ci sedemmo ai bordi del letto, non avevo mai ricevuto un regalo di compleanno e riceverlo da un uomo come Elijah, mi emozionava e non poco. Aprì la carta, sforzandomi di non essere troppo di fuga, e rimasi stupita quando mi ritrovai tra le mani quello che doveva essere un diario. La copertina era blu e soffice, all'interno c'erano diverse pagine bianche, lisce e che emanavano un odore di nuovo.

Era il regalo più bello che potessero farmi, dopo il libro che Elijah mi aveva dato tempo prima.

Visto che non puoi...” Elijah si bloccò, si faceva problemi quasi ad usare la parola “parlare” con me, non sapendo che non mi avrebbe mai potuto ferire. Gli feci segno di continuare, ma lui lo stesso preferì non portare mai a termine la frase.

Un vampiro più sensibile di diecimila umani messi insieme.

So che ti piace scrivere anche se, ammettilo, hai ancora un po' di problemi con l'inglese...” mi disse, mi posò una mano sulla spalla e fece un occhiolino. Sentire il suo tocco così delicato sulla pelle, mi fece scoppiare il cuore in un ritmo esagerato. “Però qui potrai scrivere tutto ciò che ti passa per la testa senza farti problemi. È un diario segreto e nessuno lo leggerà...o almeno spero, visto che ho due spioni per fratelli.”

Mi venne da ridere, Elijah era riuscito a sdrammatizzare un problema rilevante come le indagini di Klaus e sorella e farmeli guardare da un'altra ottica: quella divertente, almeno il giorno del mio compleanno. Poi mi tornò in mente il bacio e mi sentì di nuovo svuotata di tutto, Elijah osservò la mia espressione tramutarsi in una maschera di preoccupazione e corrugò la fronte confuso.

Scusa, forse non dovrei scherzarci su. Hai ragione.” mi disse.

Ci misi un po' per rispondergli, lo guardai negli occhi e pensai che dovevo dirlo ,almeno a lui, del bacio.

Non che dovesse importargli qualcosa, perchè avrebbe dovuto interessargli se qualcuno mi baciava?

Ma siccome ci eravamo ripromessi di dirci tutto, non vedevo il motivo per cui tenerglielo nascosto. Una parte di me era forse così presuntuosa da credere che potesse dargli fastidio? Scossi la testa, per dirgli che non era quello ciò che mi aveva un attimo incupito, e lo ringraziai per il regalo con un abbraccio.

Non avevo mai abbracciato una persona in quel modo, sentendo davvero il bisogno di avvertire la forza delle sue braccia attorno ai miei fianchi. Mi ritrovai a contare le volte in cui ci eravamo abbracciati e quella era la terza volta, mi sentivo anche un po' in imbarazzo a dover sempre ricorrere a quel gesto forse troppo affettuoso nei confronti di una persona che-sì, mi voleva bene- ma aveva comunque un orgoglio e una compostezza che avrebbero potuto essere in qualche modo scalfiti dal mio abbraccio. Come uno scudo che veniva scheggiato da qualcosa a cui doveva opporsi con la sua resistenza.

Ma non volendo rispondere con il silenzio al bene che gli volevo, preferì colpire quello scudo, sperando che non gli dessi fastidio.

Prego, Irina.” rispose lui, mi cinse i fianchi delicatamente e posò il mento sulla mia spalla. Il momento in cui sentì che l'imbarazzo premeva per farmi separare, non arrivò mai. Sentivo il suo profumo, il suo respiro tra i capelli e desiderai restare così per sempre.

Poi pensai che lui poteva sentire il mio cuore impazzito battere nel petto, ma io non potevo sentire il suo. Ci separammo, continuai a tenere il diario in mano e ne osservai la copertina. Elijah mi fissò in silenzio, studiando il mio sorriso che giaceva in un espressione preoccupata.

Conosco quell'espressione...cos'è successo?” mi chiese.

Ci guardammo a lungo, delle volte mi faceva paura il modo in cui mi capiva con una sola semplice occhiata. Non potevo tenergli nascosto nulla, ormai mi conosceva meglio di chiunque altro.

Mi ricordai allora che volevo tenere fede alla promessa che ci eravamo fatti giorni prima, quella di dirci tutto quanto. Ma non gli dissi del bacio, c'era un'altra cosa ben più importante che dovevo condividere con lui e che il gesto di Klaus ,e la rabbia che questo mi aveva provocato, mi aveva fatto dimenticare.

Mi alzai in piedi e mi avvicinai all'armadio, Elijah balzò in piedi come per correre in mio aiuto, quando vide che ero intenzionata a spostare il mobile lungo la parete, ma si fermò quando ci riuscì da sola.

Restò in silenzio e notò che c'era qualcosa nascosto nel muro e presi il foglio di papiro.

Mi voltai verso di lui e glielo porsi, sempre tenendo il suo regalo stretto nell'altra mano come per paura che potesse scappare via. Lui prese ciò che gli stavo porgendo con titubanza, ovviamente si stava chiedendo chissà quali altre cose stessi nascondendo.

Che cos'è?” mi chiese, aprì il foglio e la sua espressione restò impassibile. O almeno, per qualcuno che non aveva imparato a studiare il movimento dei suoi zigomi e il socchiudersi dei suoi occhi: Elijah parve incredulo, spaventato e confuso di fronte alle immagini prive di senso che aveva di fronte a sé. Mi sedetti accanto a lui, incrociando le gambe e soffermandomi a guardare il suo viso che, stranamente, mi parve irriconoscibile.

Dove...dove lo hai trovato?” mi chiese, volse lo sguardo verso di me.

Gli mimai la parola corvo, avrei voluto dirgli molto altro a dir la verità: tipo che mi sembrava che quello che fosse rappresentato su quel foglio fosse una specie di rituale in onore del sole e della luna, o comunque una cosa che ci si avvicinava parecchio. Il sole e la luna in alto erano chiaramente riconoscibili. Solo che non capivo a cosa servissero i cerchi di fuoco sul terreno, in mezzo ci sarebbero dovute stare tre vittime sacrificali...ma di chi si trattava? Quel foglio misterioso mi confondeva parecchio, l'unica cosa di cui ero certa, era che si trattasse di qualcosa di diabolico.

Elijah tornò a fissare il foglio, ma non lo stava davvero guardando. I suoi occhi erano rivolti su di esso, ma la sua mente vagava tra pensieri che non sarei mai riuscita a cogliere purtroppo.

Sembrava tormentato e non capivo da cosa. Gli mossi il polso, quando mi accorsi che stava fissando troppo a lungo i disegni sul papiro. Allora volse di nuovo l'attenzione verso di me e serrò le labbra, mi sembrava addolorato e continuavo a non capire il perchè.

Gli chiesi se sapesse di cosa si trattava, magari era stato proprio quello a spegnere la luce che illuminava sempre il suo viso. Il suo sguardo rimase su di me, eppure ero certa che nemmeno in quel momento mi stava realmente guardando.

Non credo sia nulla di importante.” rispose, con un sorriso che però non m'ingannò. Era visibilmente forzato, lontano da ciò che realmente stava provando in quel momento.

Provai nuovamente la sensazione di sfiorargli la pelle e sentirla sotto le mie mani, per dirgli che poteva dirmi davvero qualsiasi cosa e che poteva fare affidamento su di me, come io facevo con lui. Ma ,come sempre, mi trattenni, avevo paura di risultare davvero troppo noiosa.

Lo osservai mentre tornava a fissare il foglio, in quel momento invece lo stava davvero studiando. Feci lo stesso e gli indicai una parola che era scritta tra il sole e la luna. Una parola che avevo sempre considerato essere la chiave del mistero che si nascondeva dietro il messaggio che Micah, o che Bell, voleva farmi recapitare. Ma era scritto in una lingua che non conoscevo e io sapevo leggere solo il bulgaro e l'inglese, quest'ultimo nemmeno tanto bene.

Elijah scosse lentamente la testa. “Non so cosa sia, Irina. Mi dispiace.” e mi sembrò che volesse chiudere lì la discussione. Lo guardai con la coda dell'occhio, perchè aveva cambiato così velocemente espressione del viso? Il pensiero, nocivo per la mia mente e per quello che mi batteva nel petto, che mi stesse nascondendo qualcosa s'impadronì di me. Ma Elijah era l'uomo migliore e più onorevole che avessi mai conosciuto, mi aveva promesso che mi avrebbe detto tutto e io gli credevo ciecamente. Dovevo smetterla di crearmi problemi che non esistevano.

Probabilmente, quelle immagini lo avevano semplicemente turbato.

In effetti, erano parecchio inquietanti.

Molto velocemente, Elijah sembrò riprendere il sorriso che tanto si addiceva alle sue labbra. “Solo per oggi, possiamo non occuparci di queste stranezze? È il tuo compleanno e sedici anni si compiono solo una volta nella vita!” disse. Detta da lui che doveva avere i suoi anni da chissà quante vite, mi fece sorridere. Strinsi il foglio di papiro tra le mani e lo guardai a lungo.

Che ne dici di andare a fare un giro?”


Sembrava che Elijah volesse tenermi il più lontano possibile dalla villa, non capivo il perchè ma sinceramente nemmeno mi importava. Stavo così bene accanto a lui, che il tempo scorreva velocemente. Anche troppo.

Non potei però fare a meno di notare che era parecchio distante, mi sorrideva di tanto in tanto, quando i miei occhi si posavano su di lui. Ma poi qualcosa si spegneva sul suo viso, potevo quasi percepire quei pensieri che occupavano la sua mente e lo allontanavano da me.

Pensai subito che fosse colpa del papiro, ma la convinzione che dovevo nutrire solo fiducia nei confronti di Elijah, mi faceva credere che mi stessi sbagliando di grosso. Non gli chiesi nemmeno dove mi stesse portando, restammo in silenzio l'uno accanto all'altra mentre il cielo ci ricordava, con i suoi tuoni, che sarebbe arrivato presto un bell'acquazzone.

Eccoci, siamo arrivati!” disse.

Ero stata così persa in tutti i miei pensieri, da non accorgermi che io avevo già percorso quel tragitto, avevo già guardato quel cielo attraverso le fronde di quegli alberi e avevo già visto quella distesa di acqua cristallina che si stagliava di fronte a noi.

L'unica cosa che cambiava, era la persona con cui mi trovavo là.

In quel momento ero con un angelo, giorni prima ci ero stata con il diavolo.

Il diavolo che proprio in quel punto mi aveva ricordato quanto potesse essere più forte di me e quanto potesse piegarmi al suo volere come farebbe il vento con un ramoscello. Mi ritrovai a stringere forte i pugni, talmente forte da non accorgermi nemmeno che stavo facendomi male.

Non capivo perchè Klaus riuscisse a scatenare quel qualcosa in me, nonostante fossero passati giorni. Elijah si accorse del modo in cui fissavo il lago, come se di fronte a me ci fosse un paesaggio infernale, piuttosto che quella bellezza naturale.

Una folata di vento ci investì e un altro tuono rimbombò in lontananza.

Qualcosa non va?” mi chiese preoccupato. Ci eravamo scambiati i ruoli, in quel momento toccava a me fare la parte di quella che si incupiva sempre di più.

Dovevo dirgli che Klaus sapeva di me? Il problema era ,non che volessi mantenere il segreto, ma che quel segreto riguardava una terza persona al di fuori di noi due.

Come se volessi salvaguardare Klaus da qualcosa. Ma da cosa? In fondo si trattava di Elijah e io non dovevo sentirmi in dovere di condividere qualcosa con Klaus. Perchè avrei dovuto farlo con qualcuno che si divertiva solo a minacciarmi? Era assurdo, il modo in cui Klaus mi faceva scoppiare la testa di domande stupide e che detestavo anche solo pormi nel silenzio della mia mente.

Prima che potessi rivolgergli anche un solo cenno con la testa, Elijah abbozzò un sorriso, guardò verso l'orizzonte dove dei nuvoloni neri facevano di tutto per riflettersi sull'acqua del lago.

Me n'ero dimenticato. Che cosa ha fatto?” mi chiese.

Quella domanda giunse inaspettata, mi voltai verso di lui e mi bastarono pochi secondi per capire che lui sapeva dell'allegra passeggiata che io e Klaus avevamo intrattenuto proprio là.

Ma probabilmente, non era a conoscenza di tutto, visto il modo in cui mi aveva posto la domanda. Distolsi lo sguardo, quando Elijah tornò a guardarmi.

Il vento gli scompigliava i lunghi capelli castani, trovai quasi oltraggioso vedere quella forza della natura che colpiva il viso di marmo di Elijah.

Non me la sentivo di parlare di quello che era successo, ma non perchè temessi di ferirlo, ma perchè non volevo causare qualche rottura tra di loro. Erano già di per sé così diversi, che ero sempre stata convinta che bastasse davvero poco per far chiudere ai due il loro legame.

Mi ha detto che ti ha portata qui...per socializzare con te. Si è accorto che lo temi molto, anche troppo.” Elijah voltò completamente il busto verso di me, tenne le mani incrociate dietro la schiena e continuava a sorridermi. Come se volesse dirmi che qualsiasi cosa avesse combinato Klaus, avrei potuto parlargliene senza problemi. Eppure qualcosa dentro mi bloccava, impedivo persino al torrente di ricordi che in quel momento mi attraversava la testa, di riportarmi a quel preciso momento in cui sentivo le labbra di Klaus sulle mie. “Io so che la paura che provi nei suoi confronti se l'è guadagnata con le sue forze....ma per un attimo ho creduto davvero che si fosse comportato bene con te. Sembrava così rilassato quando me ne ha parlato...”

Bastardo.

Pensai a quella parola nella mia testa, mentre incanalavo nella mente le parole di Elijah. Klaus era rilassato, mentre io mi rodevo il fegato per aver subito un'altra delle sue angherie. Si poteva essere così infimi? Cercai di reprimere la parte di me che ogni tanto prendeva il sopravvento e mi ricordava che ero troppo dura con una persona che aveva sofferto quanto, se non più, di me. Mi strinsi le braccia al petto e mi morsi le labbra per trattenere l'espressione di rabbia che stava per mascherare il mio viso. Elijah mi guardò, mentre volgevo la testa verso il cielo e tamburellavo nervosamente il piede sopra il terreno.

Devo dedurre che sono stato di nuovo uno stolto ad essermi fidato....” disse, appena tradusse l'espressione sul mio viso. “Che cosa ha fatto stavolta?”

Presi dei lunghi respiri, francamente non mi andava più di discutere di quella cosa, non con Elijah. Ma ormai ero in trappola e lui avrebbe indagato a fondo nella mia rabbia per capire cosa fosse successo. Presi altri lunghi respiri, prima di iniziare a spiegargli tutto.

Gli feci capire che lui sapeva e la cosa lo lasciò parecchio sconvolto, il modo in cui sbarrò o sguardo mi lasciò intendere che l'unica persona che temeva al mondo fosse proprio Klaus.

Probabilmente dopo Mikael.

Cercai di continuare a gesticolare e fargli capire in pochi e semplici gesti quale fosse il fulcro della questione, ma lui mi impedì di proseguire. Si avvicinò rapidamente a me e mi prese il viso tra le mani, studiò attentamente il mio collo, alla ricerca di lividi, segni o morsi.

Non ti ha fatto del male vero? Klaus non ama non avere il controllo della situazione...” disse preoccupato, mi studiò i polsi e le mani anche, con un attenzione e una cura che mi lasciarono sconvolta per la sorpresa. “Se ti ha fatto del male, Irina, devi dirmelo assolutamente. Sono passato sopra a secoli di suoi giochetti...non posso tollerare una cosa del genere però.”

Pronunciò le ultime parole a denti stretti, il modo in cui cercava sempre di difendermi, anche solo con le parole, mi provocava un'esplosione nel petto.

Ma in quel momento, mi sentì quasi in colpa, dubitavo che Elijah avrebbe potuto fare del male a Klaus in caso quest'ultimo ci fosse andato ancora più pesante con me: erano pur sempre fratelli e credevo che Klaus nutrisse qualche sentimento positivo solo per lui e per Rebekah. E per questo un po' mi spaventava il fatto che lui parlasse con tale rabbia nei confronti di Klaus per colpa mia.

Elijah notò che la mia espressione era parecchio combattuta, nonostante tutto mi ritrovavo a salvaguardare la figura di Klaus. Dopo tutto quello che mi aveva fatto, mi sentivo in colpa nel vedere suo fratello così arrabbiato con lui. Era un comportamento che non riuscivo a spiegarmi affatto. Scossi la testa, per dirgli che Klaus non mi aveva lasciato segni visibili sulla pelle e non mi aveva fatto del male.

E parlavo sempre del punto di vista fisico.

Elijah continuò a guardarmi. “Allora cosa ha fatto?” mi chiese, da come parlava l'idea del bacio rubato non lo sfiorava nemmeno. Conosceva meglio di me suo fratello e probabilmente sapeva che non sarebbe arrivato a certi gesti per incutere timore. Aveva altri metodi più efficaci, eppure con me doveva aver cambiato il suo stile.

Avevo preso forza per dirgli del bacio, ma in quel preciso istante diverse gocce di pioggia caddero su di noi. Ne sentì indistintamente una cadermi sulla nuca, la percepì infrangersi in una piccola pozzanghera d'acqua tra i miei capelli e a lei se ne unirono altre.

Elijah alzò lo sguardo verso lo spettacolo d'acqua che veniva dal cielo, erano proprio arrivate al momento più giusto per impedirmi di toccare quel tasto doloroso per la mia testa e il mio cuore. Lui mi prese per mano e mi condusse sotto un albero poco distante da noi. Lo raggiungemmo comunque inzuppati dalla testa ai piedi.

I capelli mi si appiccicarono al viso e li sentì pesanti sulla mia testa, Elijah mi lasciò poggiare sulla corteccia dell'albero, in modo che venissi riparata meglio delle foglie dell'albero sopra di noi. Lui restò di fronte a me, dove l'acqua lo raggiungeva lo stesso nonostante fosse anche lui coperto dall'albero.

Un altro dei suoi gesti cavallereschi, a cui mi ero tanto affezionata.

Nonostante il momento, mi ritrovai ad ammirarlo: aveva i capelli bagnati che gli circondavano il viso marmoreo. Un aria quasi divina si mescolava ad una aspetto di profonda umanità: mi dimenticai, come spesso mi accadeva, di avere di fronte un vampiro.

Ci ritrovammo a ridere davanti ai nostri volti bagnati, io dovevo sembrare un pulcino spennacchiato. Ma subito dopo l'espressione di Elijah tornò seria, studiò il mio volto a lungo e prese dei lunghi respiri.

Irina, la pioggia non ferma la mia voglia di capire.” disse in un sussurro.

E mi dimenticai subito di essere vicinissima a lui, di essere completamente zuppa dalla testa ai piedi e mi dimenticai di quanto il suo sorridere di poco prima mi avesse fatto battere il cuore a mille. E tornò l'immagine di Klaus, violenta e dolorosa proprio come lo era lui.

Mi fa piacere che non ti abbia fatto del male...” disse, anche se la cosa lo stupiva ancora. Si aspettava davvero di trovare almeno un morso sulla mia pelle. “Ma non capisco cosa abbia fatto per farti davvero arrabbiare. Perchè non ho mai visto quell'espressione sul tuo viso...”

Ero stanca di dover prendere lunghi respiri per trattenere l'uragano di rabbia che stava per abbattersi su di me, decisi una volta per tutte di togliermi quel peso, dato che ormai non potevo più nasconderlo. Gli indicai le mie labbra, per un attimo mi resi conto che il mio poteva significare un gesto audace. Quanto odiavo non poter parlare.

Feci di nuovo quel gesto e allora lui trattenne il fiato, doveva aver capito da un pezzo quello che stavo cercando di trasmettergli, ma doveva averlo sorpreso così tanto che ci mise un po' per avere una giusta reazione.

Ti ha... baciata?” mi chiese, calcando l'ultima parola.

Non riuscì a tradurre la sua faccia in quel momento, ci vedevo così tante emozioni che non potei coglierne nemmeno una. Di sicuro c'era la sorpresa, una sorpresa che qualcuno non si sarebbe mai aspettato riguardo un fratello che conosceva da più vite.

Il senso di colpa si impadronì di me. Annuì, ma gli feci capire che il suo non era per niente un bacio romantico o dolce. Cosa che lui aveva capito senza che glielo dicessi.

Restò in silenzio, distolse lo sguardo da me e lo posò sul lago al nostro fianco. Intanto, altre goccioline di pioggia ci raggiunsero e bagnarono ulteriormente i nostri visi. Il vento le trasportò da noi, come se volesse farci capire che non ci saremmo potuti nascondere dalla sua forza.

Dopo Klaus, anche la natura mi stava ricordando quanto fossi piccola e debole.

Elijah continuò a non parlare, intanto il suo viso cambiava aspetto a seconda del pensiero che passava per la sua testa. Era la prima volta che non riuscì a dare un significato alla sua espressione.

Era un giochetto il nostro, che era iniziato da quella mattina, quando gli avevo mostrato il papiro.

Lo osservai mentre si passava le mani agli angoli della bocca, il suo sguardo continuava ad evitarmi e lo teneva rivolto verso l'infinito del cielo. “Maledetto...” sussurrò. “Perchè ha fatto una cosa simile? Non è da lui!”

E invece era da lui, lo aveva fatto per rubarmi il primo bacio e farmi capire che sarebbe stato sempre lui a vincere. Per non parlare del fatto, che avrebbe potuto rigirare la cosa a suo favore con Katerina, se non fossi corsa ai ripari. Abbassai gli occhi, Elijah in quel momento sospirò.

E tu? Come lo hai respinto?” mi chiese, visibilmente preoccupato per il modo in cui l'avevo scampata a quel gesto letale. Gli feci capire che lo avevo spinto via e rabbrividì, appena mi resi conto che non sarebbe stato possibile se Klaus non si fosse distratto in quel misero secondo.

Elijah serrò le labbra, in quel momento mi sembrava davvero un vampiro.

Trovo che abbia sperimentato questo suo nuovo modo di torturare la gente con la persona sbagliata...” concluse, con una durezza nella voce che mi lasciò di stucco.

Lo guardai e non riconobbi il suo viso, sembrava trattenersi per la rabbia ma allo stesso tempo non voleva farlo. Voleva sfogarsi e ebbi paura che volesse farlo su Klaus.

Non avevo capito che il silenzio di poco prima, era solo un modo per placare quel qualcosa che stava scoppiando dentro di lui.

La certezza di aver combinato un bel disastro si fece largo tra i miei pensieri.

Restai a guardarlo, avevo un nome per definire quello che stavo guardando sul volto di Elijah ma una parte di me era certa che mi stessi sbagliando. Perchè avrebbe dovuto ingelosirsi?

No, doveva essere il modo in cui Klaus agiva che lo faceva andare su tutte le furie e nient'altro.

Perchè eravamo amici e lui non sopportava che suo fratello si comportasse in quel modo.

Accettai quella opzione, senza crearmi troppe fantasie che mi avrebbero fatto solo male.

Provai a sfiorargli il braccio, ma lui si scansò. Non perchè non volesse che lo toccassi, ma perchè stava già faticosamente trattenendo la sua rabbia. Mi diede le spalle e continuò a tenersi la mano sul mento. “Irina, perdona la mia domanda.” disse, scusandosi in anticipo di quello che stava per dirmi. “Ma ho bisogno di...sapere.”

Si voltò verso di me e la sua espressione mi lasciò alquanto basita, annuì e attesi che mi ponesse la sua domanda. Lo vidi spalancare le braccia. “Hai provato solo paura in quel momento?” mi chiese. “Niente di positivo?”

Dovetti assumere un espressione particolarmente imbarazzante in quel momento, ma quel genere di domanda non me la sarei mai aspettata. Era la prima volta in cui pensai che Elijah non mi comprendesse.

Parlava come se avessi provato qualcosa per Klaus, nonostante la violenza del suo gesto. Era una domanda priva di fondamento secondo me, ma Elijah ci tenne a darmi le sue motivazioni prima che rispondessi.

Il fatto è che...voi due siete molto simili.” mi fece segno di farlo finire, appena vide che avevo spalancato la bocca come se volessi protestare. “Per certi versi.”

E non potevo negarlo, visto che per certi punti di vista lo eravamo veramente. Ma non riuscivo ad accettarlo. Distolsi lo sguardo e strinsi i pugni. Elijah sospirò di nuovo, era la prima volta che lo vedevo in seria difficoltà mentre cercava di mandare avanti un discorso.

E questo vostro legame, anche se saldato con la malignità di Klaus, mi fa pensare. Anche troppo.” continuò lui. “Che senso ha giocare con te, Irina? Non sei tu quella che...”

Lo guardai interrogativa, Elijah riprese a parlare subito, come se si fosse reso conto di aver detto qualcosa che non mi era chiaro. “Non prendertela se te lo dico, ma è la prima volta che Klaus...mette il cuore nel male che fa.” continuò e la sua espressione era parecchio infastidita.

Non mi era chiaro dove volesse davvero arrivare, io trovavo che Klaus il cuore non lo avesse e non lo usasse nemmeno quando godeva nel fare del male agli altri. Da come parlava Elijah, sembrava che suo fratello mi trattasse ancora più male perchè mi trovava affine a lui.

Cosa che dubitavo fortemente, mi stavo convincendo che Klaus, molto semplicemente, mi odiava.

Ed è una cosa che non sopporto: sentirti più vicina a lui...” si bloccò di nuovo. Si passò una mano tra i capelli e chiuse un attimo gli occhi, io invece non sopportavo che trovasse me e Klaus così vicini dopo quello che mi aveva fatto passare con i suoi giochetti.

L'unica somiglianza che io e Klaus avevamo, era nel aver sofferto per un padre orribile.

Altre somiglianze non le vedevo. Elijah sembrò non riuscire a dire più nulla riguardo a quella storia, mi diede le spalle e tirò di nuovo un sospiro.

Non prendermi per insensibile o per uno che non ti capisce. Ma io so per certo che le cose che ci fanno paura sono spesso quelle che ci coinvolgono di più..” continuò a dire. “Anche io ho paura, Irina, di una cosa in particolare che è diventata troppo importante per me.”

Sembrò non volermi dire quale fosse quella cosa e impedì anche a me di pensarci su.

E tu Klaus lo temi da quando lo hai incontrato..”

Non risposi, distolsi lo sguardo e cercai di dare un senso alle parole di Elijah: era evidente che il suo era un modo per bloccare la rabbia che stava crescendo dentro di lui. Perchè lui era davvero arrabbiato. Il silenzio terminò presto, come se Elijah volesse porre fine a quello che lo stava deteriorando in quel momento.

Ma, resta il fatto, che io non voglio che lui ti faccia del male. Anche se tu dovessi nutrire dei sentimenti positivi nei suoi confronti...” Mi guardò negli occhi e trattenni a lungo il fiato, ma non lo sapeva che io non avrei mai potuto nutrire nulla di positivo nei confronti di Klaus? Eppure, lui sembrava pensare quasi il contrario, solo perchè io e Klaus eravamo legati da un profondo dolore. Peccato che quello non bastava.

Vado a vedere se la carrozza è pronta. Aspettami qui.” disse, si allontanò senza nemmeno guardarmi più in faccia. Guardai la sua composta figura che camminava via e mi ritrovai a stringere i pugni sopra la gonna. Non riuscivo a credere che quelle parole su Klaus mi avrebbero confuso in quel modo e la cosa non mi andava giù.

Sembrava quasi che Elijah desse credito a quella vocina nella mia testa che mi diceva: Tu non odierai mai a fondo Klaus.

Ma avrei sempre desiderato a fondo qualcos'altro.

Arrestai subito i miei pensieri, quando giunse qualcosa alla mia mente che era troppo forte da sostenere: una affermazione messa in atto dal mio cuore e che rifiutavo ancora di accettare, nonostante fosse evidente. Distolsi lo sguardo da Elijah, come se fosse lui la sorgente di quei miei pensieri, e allora notai una figura in lontananza.

Il bellissimo lupo dal pelo bianco mi stava osservando nascosto tra i cespugli, fece diversi passi e si ritrovò sotto la pioggia che cadeva incessantemente su di noi. Come la volta prima, ci guardammo a lungo. Decisi allora di toccarlo finalmente, ma appena uscì dal riparo in cui mi trovavo, il lupo si ritrasse e corse via, dalla parte opposta alla mia.

Rimasi così di nuovo sola, con la pioggia che mi investiva e una domanda che si aggiungeva alle mille che mi occupavano già la testa.


Andai in camera e Katerina non era ancora tornata. Elijah mi disse di farmi un bel bagno caldo e di mettermi un abito, Klaus doveva aver organizzato una delle sue solite cene in cui arrivava in ritardo per farsi ammirare. Ci misi un paio di ore per prepararmi, cercando di non pensare a dove potesse trovarsi Katerina e alle parole di Elijah che rimbombavano nella mia mente.

Mi avevano lasciata parecchio perplessa, possibile che lui mi vedesse così tanto legata a Klaus? Io avevo paura da morire di quel ragazzo, niente di lui mi confortava come faceva invece Elijah.

Le cose che ci fanno paura sono spesso quelle che ci coinvolgono di più.

Rabbrividì, mentre sceglievo il vestito da mettermi per quella sera. Perchè aveva detto una frase simile? Ripensai alla sua espressione e, nonostante avessi scelto la teoria più razionale per spiegarla, l'associai a quella che si chiamava gelosia. Annullai di nuovo quel pensiero, era impossibile che Elijah provasse una cosa del genere nei miei confronti.

Ci teneva a me, era vero, ma non da quel punto di vista.

Ero pur sempre una ragazzina con secoli meno di lui e migliaia di problemi.

Mi guardai allo specchio, lasciai i ricci neri mossi sulle spalle e ricoprì il mio viso del poco trucco necessario che potesse coprire quell'espressione pallida che avevo.

Sospirai e mi trovai orrenda. Non mi era mai importato nulla del mio aspetto fisico e non capivo perchè ci pensassi in quel momento, dopo che il pensiero della possibile gelosia di Elijah mi aveva sfiorato. Katerina mi diceva sempre che ero molto bella, ma che il mio carattere chiuso non la metteva in risalto.

Ma lei non faceva testo, era mia sorella e non poteva dirmi che ero un mostriciattolo orrendo.

Ada forse era più sincera.

Chiusi gli occhi e mi portai la mano sulla fronte, ma che problemi mi ponevo? Ero circondata da vampiri, uno di loro poi mi spaventava a morte con un semplice sorriso, e avevo qualcuno là fuori che voleva rapirmi per chissà quale strano motivo. E io cosa andavo a fare? Crearmi altri problemi inutili e stupidi, solo perchè non mi trovavo bella.

E tutto questo, perchè mi chiesi cosa pensasse Elijah di me.

Mi ero dimenticata cosa significava essere una ragazza con problemi normali.

Ormai consideravo la normalità come qualcosa che non mi apparteneva più.

Elijah mi aveva detto di raggiungerlo in salone, mi avrebbe atteso lì e il pensiero di stare al suo fianco, mentre Klaus sedeva dall'altra parte della stanza, mi tranquillizzava abbastanza. Ormai non avrei più preso parte alle feste di Klaus con la solita armonia con cui lo facevo ai primi tempi. Mi fermai di colpo, quando raggiunsi l'entrata della sala e notai che era tutto troppo silenzioso e spento. Non lo presi come un bel segno, dato che l'ultima volta che ero stata in un posto buio, per poco ci avevo lasciato le penne.

Fissai per un attimo e con esitazione la porta socchiusa, mi guardai attorno ma lì fuori non c'era nessuno. Mi feci coraggio, magari non era ancora arrivato nessuno e per questo era tutto così silenzioso. Aprì lentamente la porta e rimasi dove la debole luce delle torce affisse alle pareti sterne potessero illuminarmi. L'interno era buio e soffocato dal silenzio, eppure mi parve di udire qualche lieve respiro.

Delle urla mi fecero sobbalzare. Ma non erano urla di paura, ma di gioia.

Auguri!” esclamarono delle voci all'unisono.

La stanza venne lentamente illuminata dalle fiamme delle torce affisse alle pareti e notai di fronte a me, sotto la scalinata, diversi visi sorridenti che mi applaudivano. Dal soffitto cadevano dei festoni blu e le tavole erano state imbandite con tovaglie e posate dello stesso colore.

Il mio preferito.

Quelle persone, non conoscevo nessuna di loro, continuavano a battere le mani e a regalarmi i loro splendidi sorrisi. Ci misi un po' per riprendermi dalla sorpresa e collegare tutto: Katerina non si era fatta trovare in camera perchè era stata per tutto il tempo impegnata a preparare la mia festa ed Elijah aveva il compito di tenermi lontana per tutto il tempo necessario.

Li trovai entrambi, i miei due angeli, in piedi in cima alla scalinata di cui io sembravo la protagonista. Applaudivano entrambi e i loro sorrisi furono i più belli della sala, Katerina si avvicinò a me e mi prese le mani tra le sue. “Buon compleanno, Irina.” disse, osservando ancora la mia espressione stupita sul viso. Ci misi un attimo anche per lasciarmi andare all'emozione, era la prima volta che festeggiavo un compleanno e non sentivo di meritare tutta quella gioia.

Anche se non conoscevo nessuno in quella sala, non potei che sentirmi commossa da quel gesto.

Come una stupida, per poco scoppiai a piangere e Katerina me lo impedì stringendomi a sé.

No, non piangere!” ridacchiò, come se le facessi tenerezza. In quel momento si avvicinò anche Elijah, lo guardai da sopra la spalla di mia sorella e gli sorrisi.

Lui fece lo stesso, ma qualcosa di invisibile gli impediva di avvicinarsi ulteriormente a noi.

Non ci misi molto a capire il motivo: quando io e Katerina ci separammo, finì con la schiena contro qualcuno che era giunto alle mie spalle.

Qualcuno il cui profumo era inconfondibile purtroppo.

Mi voltai lentamente verso Klaus, lui continuava a battere le mani e mi sorrideva in quel modo che mi faceva solo tremare come una foglia mossa del vento. I suoi occhi però trasmettevano un'altra emozione, che non aveva nulla a che fare con quel sorriso che aveva stampato sulle labbra. “Tanti auguri, Iry.” disse in un sussurro. Mi morsi le labbra, il mio sguardo gli disse tutto in quel momento e lui piegò la testa da un lato.

Anche il diavolo era venuto al mio compleanno, ne ero quasi onorata.

Mi voltai verso Katerina ed Elijah, solo il secondo si era accorto del mio improvviso disagio e guardava con fermezza suo fratello.

Klaus non apprezzò il modo in cui spostai la mia attenzione da lui, il solito egocentrico.

Questa festa è tutta per te, spero che ti piaccia. Io e Katerina ci abbiamo messo molto per organizzarla.” disse. Il messaggio in codice di quelle parole era: non darmi filo da torcere, perchè ho sprecato una giornata della mia eternità per poterti organizzare questa festa e farti stare buona. Credeva davvero che bastasse così poco per mettermi in un angolo? Anche se, dovevo ammetterlo, il bacio rubato mi era alquanto bastato. Katerina non capì il messaggio di Klaus, non conoscendo davvero il tipo di cui si era invaghita. “Vieni, andiamo ad aprire i regali!” esclamò gioiosamente e mi trascinò nella folla. Intanto l'attenzione si era spostata da noi, la folla cominciò a espandersi lungo la sala, per avvicinarsi ai tavoli o ai diversi pacchi che avevo visto adagiati su una parete. Mi voltai a guardare Elijah, non potei fare a meno di notare lo sguardo glaciale che stava lanciando al fratello, prima di scendere la scalinata dietro di noi.

E provai un profondo senso di colpa che detestavo.


Ricevetti una miriade di regali, tanto che pensai Klaus avesse ammaliato tutti i presenti per farmeli fare. Ovviamente, per uno scopo oscuro che solo lui conosceva.

L'unica che non mi fece un regalo fu Rebekah, disse che la sua presenza era il miglior regalo che potesse farmi. Poi passò tutto il tempo al fianco di Philippe, come se la festa fosse la sua.

La lasciai perdere, le sue parole e i suoi gesti erano nulla in confronto a quello che poteva fare suo fratello. Rimasi seduta in un angolo della sala, intanto diversi occhi erano rivolti verso di me e i regali che stavo scartando.

Katerina mi era rimasta accanto per tutto il tempo,ma poi le avevo detto che doveva andare a divertirsi e la spinsi ad andare da Trevor. Meglio lui che qualcun altro.

Intanto mi accorsi che Elijah era sparito nella folla. Mi guardai attorno preoccupata, mentre scartavo il regalo di una ragazza che non avevo mai visto prima, ma incrociai solo la presenza di Klaus che, dall'altra parte del tavolo, rideva con un gruppo di uomini. Era incredibile come stessi attenta ad ogni movimento che faceva, come se avessi quasi la certezza che potesse attaccarmi in mezzo a tutta quella gente.

Non penseranno davvero che tu possa metterti quell'affare al collo?”

Alzai lo sguardo e rimasi stupita nel ritrovarmi di fronte Rose, mi sorrideva e in mano teneva un pacco semplice, fatto probabilmente con le sue stesse mani. Entrambe tornammo a guardare la sciarpa nera e color argento che mi era stata regalata. Era molto vistosa, dubitavo che l'avrei mai indossata, ma non potei fare a meno comunque di ringraziare la ragazza che me l'aveva regalata.

Mi alzai in piedi e mi avvicinai a Rose, il fatto che fosse lì nonostante detestasse Klaus e la sua abitazione, significava che ci teneva davvero a me. Oppure era stata soggiogata per venire, ma ne dubitavo visto che lo stesso Klaus le aveva provate tutte per tenerla lontana.

Buon compleanno!” disse lei e allungò la scatola verso di me, la presi con un sorriso sulle labbra. “Da parte mia e di Trevor.”

Quando l'aprì, all'interno trovai diversi contenitori di semi pronti da piantare e un altro libro sull'erboristeria. Era un regalo semplicissimo, proprio come quello di Elijah, ma erano entrambi i più belli che avessi mai ricevuto in vita mia. Ringraziai Rose con un sorriso e tenni stretta la scatola al mio petto con gioia, non avevo mai passato un compleanno così bello.

Peccato che ogni tanto il mio sguardo vagava nella stanza alla ricerca di Elijah, ma non lo trovava. Dove poteva essere andato? Ogni volta mi pentivo di compiere quel gesto con la testa, perchè ovunque mi girassi, mi soffermavo a guardare Klaus e i suoi gesti.

In quel momento, stava parlando con due donne visibilmente affascinate dal suo sorriso.

Rose si guardò attorno. “È...andato tutto bene con le proprietà della camomilla?” mi chiese in un sussurro, nonostante stesse parlando in codice per impedire a qualche vampiro nei dintorni di carpirne il vero significato. La guardai per un attimo immobile, lei alzò le sue sopracciglia sottili e chiare, per farmi capire che anche lei stava attenta ai movimenti di Klaus.

Annuì con un sorriso, lanciai di nuovo un'occhiata a Klaus e notai che lui, anche se per un solo istante, mentre sorrideva a quelle due donne, aveva rivolto lo sguardo verso di noi. Istintivamente, distolsi lo sguardo e gli voltai le spalle. Rose si accorse del mio evidente nervosismo e se lo aveva notato lei, ero sicura che lo avesse notato anche lui.

Il mio sguardo vagò di nuovo tra la folla, sperai di scorgere Elijah da un momento all'altro ma tra quella moltitudine di teste non riconobbi nessuno. Se non Katerina che stava ballando con Trevor, visibilmente in attesa che Klaus la raggiungesse.

È successo qualcosa?” chiese lei, allungando lo sguardo verso il suo amico. Storse il naso, Katerina non le stava ancora molto simpatica e non si preoccupava di nasconderlo. Le doveva dare parecchio fastidio che ballasse con il suo amico, nonostante fosse invaghita di un altro.

Scossi la testa. Malgrado avessi una grande voglia di sparlare di Klaus in quel momento, cosa che oltretutto non mi era nemmeno consentita, non mi andava di pubblicizzare quello che era successo. Era già tanto che l'avessi detto ad Elijah.

Spero che tu abbia preso la camomilla...” disse Rose preoccupata, volse la testa verso di me e mi lanciò un'altra occhiata significativa.

Peccato che sembravo essere una pianta di verbena vivente, eppure quello non serviva a rendermi immune dalla bastardaggine di Lord Niklaus.

Irina?”

Sentì una mano posarsi sulla mia spalla, anche in quel caso non mi servì voltarmi per riconoscere quella voce profonda e quel profumo avvolgente. Mi girai verso Elijah, emettendo un sospiro di sollievo, ma il suo volto era talmente preoccupato e rigido, che mi spaventò.

Rose, al mio fianco, si pietrificò: per lei Elijah e Klaus erano la stessa cosa, la spaventavano entrambi. Se avesse davvero conosciuto Elijah però, si sarebbe accorta che con Klaus aveva in comune solo il sangue che gli scorreva nelle vene.

Lei fece un mezzo inchino, a cui Elijah rispose educatamente. Ma in maniera parecchio fugace.

Rose, potreste lasciarmi un attimo solo con Irina, se non vi dispiace?” le chiese.

Rose mi lanciò un'occhiata, le rivolsi un sorriso sghembo per farle capire che non avevo paura a restare sola con lui. Allora lei si decise. “Certo, tanto stavo per andarmene. Ci vediamo, Irina.” disse,fece un altro mezzo inchino e si diresse nella folla per poter raggiungere più velocemente l'uscita. Doveva essere così difficile per lei, trovarsi troppo a lungo in un posto che detestava.

Il fatto che fosse passata solo per lasciarmi il regalo, non mi offese. Anzi.

Quando tornai a concentrarmi su Elijah, lui mi prese saldamente per il polso e mi condusse in un punto lontano e nascosto alla folla, vicino alla tavola imbandita di spezie e cibarie varie che erano giunte al termine. Lo guardai con aria interrogativa, mentre lui continuava a cingermi il polso e si guardava attorno con fare circospetto. Come se volesse assicurarsi che nessuno lo stesse ascoltando.

Devi restare qui in sala e non uscire per alcun motivo.” mi disse, deciso come mai lo era stato.

Non capì, ma non mi piacque l'idea che lui parlava come se fosse costretto a lasciare la festa da un momento all'altro. Ma doveva essere successo davvero qualcosa di grave per farlo parlare in quel modo. Gli chiesi cosa fosse accaduto, ma lui sembrava intenzionato a non dirmelo.

Probabilmente per non rovinarmi il compleanno, non per nascondere il segreto.

Tu pensa a divertirti. È un problema che risolverò io, non preoccuparti.”

Ogni mia insistenza fu inutile. Quando lui provò ad allontanarsi, lo presi per il polso con entrambe le mani e lo trattenni per qualche secondo. L'ultima volta era stato quasi ammazzato da Joshua, se era successo qualcosa di grave o di pericoloso, io sarei andata con lui.

Elijah mi guardò a lungo, si sforzava di mostrarsi duro ma qualcosa in me glielo impediva. Non ero mai stata così decisa nel difendere qualcuno fino ad allora.

Irina...resta qui e limitati a farlo. Te ne prego.” disse, con fare deciso.

Vedendo però che non mi rassegnavo a lasciarlo andare, senza almeno sapere cosa stava accadendo, lui sospirò e mi tirò a sé. Chiusi gli occhi, quando sentì le sue labbra posarsi sulla mia fronte, in quello che doveva essere un gesto per far soccombere ogni mio tentativo di ribellione.

E ci riuscì, era quella la cosa che mi diede parecchio fastidio.

Quando le sue labbra si separarono dalla mia pelle, mi parve che la mia testa fosse tornata ad essere il macigno pieno di domande ,ma di poche risposte, che era sempre stata. Elijah lasciò la guancia sopra i miei capelli e sentì il soffio del suo respiro sulla nuca.

Andrà tutto bene.” disse, per confortarmi ulteriormente. Intanto liberò il suo polso dalla mia presa, che dopo quel bacio si era allentata parecchio. “Tu stai attenta a qualcun altro però.”

E capì subito a chi si riferiva.

Si allontanò rapidamente, lo osservai sparire nella folla di persone che ballavano e voltarsi un'ultima volta per lanciarmi l'ultimo sguardo prima di lasciare la sala. Presi un lungo respiro, mi pentì di aver desistito dal mio intento di capire cosa turbasse Elijah per colpa del suo bacio.

Mi portai la mano alla fronte e mi resi conto che la pelle era diventata fuoco.

Un bacio sulle labbra, uno sulla fronte...ho altri fratelli, vogliamo vedere dove ti baciano loro, little sweetheart?” disse una voce alle mie spalle, una voce che mi faceva rivoltare lo stomaco al solo suono.

Strinsi i pugni e rimasi immobile, poi decisi di camminare spedita e fingere di non aver sentito quella frase. Ma Klaus mi si parò davanti, come al solito mi arrestai di colpo per non scontrarmi con il suo corpo. In mano aveva un calice di vino, che era solo uno dei tanti che gli avevo visto bere quella sera, e mi sorrideva con sfida.

Avevo perso il conto di quante volte avessi cercato di sfuggire da lui, senza farmi beccare.

Ma avevo ben in testa il conto delle volte in cui ci ero riuscita: zero.

Klaus piegò la testa da un lato. “Mi stupisce che tu non abbia detto a Katerina del nostro bacio.” disse, sempre con un'espressione divertita sul viso. Stavo per precisare che il bacio era stato solo suo, io non avevo avuto voce in capitolo. “Ma credo che ti convenga alla fine, no? Perdere la fiducia di una sorella non è una cosa bella....”

Si portò il calice alle labbra e bevve un sorso, poi si guardò attorno come se si compiacesse che molte donne lo stavano guardando. Se si fosse tolto quella maschera di bellezza angelica dalla faccia, dubitavo che qualcuna lo avrebbe guardato ancora in quel modo. Tornò a fissarmi e mi sorrise, la mia espressione doveva essere dura come la roccia in quel momento.

Lo vidi allungare la mano verso di me e io feci un passo indietro. “Mi sono appena accorto che non ho mai ballato con te. Vuoi avere questo onore, oggi che compi sedici anni?” disse, un altro modo per tenermi sotto controllo. Ma ormai lui sapeva la verità, io pure, che senso aveva sottostare al suo giochetto? Non avevo alcuna voglia di ballare con il diavolo e non ci avrei perso nulla se avessi rifiutato. Mi irritava solo il fatto che, se avessi accettato o no, lui ne sarebbe comunque uscito vincitore: se ballavo con lui, voleva dire che mi sottomettevo alla sua forza. Se non lo facevo, gli davo prova che lo temevo così tanto, da non volerlo nemmeno toccare.

Preferì comunque la seconda opzione, gli diedi lentamente le spalle e mi diressi verso un punto lontano da lui.

Quando sentì la sua mano prendermi per il polso e bloccarmi.

Katerina ha perso questo.” disse, quando i nostri occhi si incrociarono. Il cuore mi scoppiò nel petto, quando vidi cosa stringeva la sua mano libera: il bracciale di mia sorella.

Lo teneva per un'estremità, in modo che non toccasse il ramoscello di verbena che usciva dai lati di esso.

Qualsiasi fossero le miriadi di sensazione che provavo in quel momento, tutte annesse alla paura e al terrore, di sicuro lui le notò. Le sue labbra si allargarono in un sorriso, un sorriso spaventoso che mi lasciò intendere sarebbe stato seguito da una esplosione di rabbia.

Sono sicuro che le dispiacerebbe molto se perdesse il regalo della sua adorabile sorellina.” disse poi, facendomi capire che lui avrebbe potuto toglierle quel bracciale da un momento all'altro.

Non costituiva una minaccia per lui e io ero stata di nuovo messa con le spalle al muro.

Con la mano che stringeva il mio polso, mi fece aprire il palmo e lasciò cadere il gioiello su di esso. Fissavo il bracciale in silenzio, sforzandomi di regolare il respiro che mi faceva abbassare e alzare il petto in una maniera troppo evidente.

Perchè non vai a ridarglielo?” mi chiese, con sfida. Alzai lo sguardo su di lui, continuava a sorridermi ma lo faceva solo perchè sapeva che, in quel modo, accresceva la mia paura. Mi voltai lentamente e mi allontanai. Avevo bisogno di aria.


Appena raggiunsi la balconata, posai le mani saldamente sulla superficie in pietra e lasciai che il vento freddo mi sfiorasse il viso. Mi sembrava di non respirare, i miei occhi si bagnarono di lacrime di rabbia, malgrado stessi sforzandomi di impedirlo. Ma non ci riuscì, strinsi il pugno che teneva il bracciale e l'altro che invece teneva un vuoto immenso.

Quel pugno poi me lo portai al viso, quando mi accorsi che le lacrime scendevano lungo il mio viso ad una velocità impressionante.

Non volevo piangere, non per Klaus.

Ma non sopportavo il modo in cui si divertiva a torturarmi, il modo in cui mi ricordava sempre che non potevo nulla contro una persona forte e intelligente come lui e come molte altre che esistevano al mondo e, sopratutto, non sopportavo il modo in cui mi faceva stare male.

Non avevo mai pianto di rabbia prima di allora, nemmeno con Ada e mio padre. Ma lui sembrava riuscire a tirare fuori il peggio di me, sapeva come far uscire la mia debolezza e metterla su un piatto d'argento.

Abbassai il pugno e guardai il cielo nero sopra la mia testa, si sarebbe rimesso a piovere da un momento all'altro. Ma qualcosa sembrava costringere le nuvole a trattenersi.

Il diavolo.

Non mi accorsi della sua presenza, fino a quando non sentì le sue mani posarsi con violenza sopra le mie, che giacevano ancora sulla pietra della balconata, impedendomi di compiere qualsiasi movimento. Sentì il suo petto sopra la mia schiena e il suo respiro tagliente che attraversava i miei capelli.

L'esplosione di rabbia era appena arrivata.

Provai a combatterlo, ma lui mi stringeva talmente forte da rendermi inabilitata a qualsiasi gesto.

Hai superato il limite, Irina.” sussurrò al mio orecchio, quasi sibilando. Strinse con forza le mie mani, quando si accorse che continuavo ancora a combatterlo nonostante tutto.

Non riuscivo a vedere il suo viso, sentivo solo le sue labbra che sfioravano il mio orecchio, ricordandomi quanto fosse vicino. Vicino al poter succhiare via il mio sangue, semplicemente chinando la testa. “Sono stanco di stare ai tuoi giochetti, qui l'unico che può farli sono io. E tu devi restare al tuo posto.”

Smisi di combattere e fissai un punto lontano tra gli alberi sotto di noi, Klaus strinse ancora le mie mani ma con meno forza, quando si accorse che mi ero oramai arresa.

Hai di nuovo vinto tu, Klaus.

Lo sentì ridere, ma era una risata di pura e violenta rabbia che mi fece tremare ancora di più.

Continui a prendermi per uno stupido? Quando capirai che vincerò sempre io su di te, ragazzina?” mi chiese. “Non ti chiedo di fidarti di me, ma almeno di mostrarmi un po' di riconoscenza dopo quello che ho fatto per te. Se continui così, potrei diventare davvero cattivo sai?”

Tirai su con il naso, le lacrime continuarono a scendere lungo il mio viso e mi odiai per non poterle trattenere. Lui non le vedeva, era solo troppo impegnato a divertirsi ad usare il suo respiro e le sue labbra per torturami i pensieri. Le sue parole attraversavano le mie orecchie, come se fossero spifferi gelidi e taglienti. Mi facevano male, ero inerme di fronte ad essi.

Ti ripeto, io non sono Elijah. A me non interessa renderti felice, a me interessa solo che non mi crei ulteriori problemi” disse ancora e le sue labbra si accostarono ancora di più al mio orecchio. Mi sentì tremare per la paura di avvertire il suo respiro soffiarmi sulla pelle. “Certe emozioni rendono solo più deboli e tu e la tua patetica esistenza state indebolendo mio fratello. Credi che non sappia che ti abbia rivelato la nostra natura? So tutto, Iry, solo che faccio finta di non vedere, perchè mi sembra troppo cattivo, persino per uno come me, infierire su una persona come te.”

Mi morsi il labbro, osservai le sue mani grandi che avvolgevano le mie. Una prova in più di quanto fossi debole e stupida. Calò il silenzio, notai che Klaus stava cercando di guardarmi in viso ma il modo in cui tenevo la testa glielo impediva. Voleva vincere di nuovo, anche sulla mia ferma decisione di nascondermi da lui.

Guardami....” disse e lo fece quasi con dolcezza.

Lo ignorai, presi un lungo respiro e mi sforzai di resistere alla paura che mi spingeva ad eseguire i suoi ordini.

Guardami!” ripeté lui, calcando quella parola con una bestialità unica. Vedendo che continuavo ad oppormi, allungò la mano lungo il mio mento e si prese quello che voleva: il mio volto solcato dalle lacrime di rabbia. Respiravo profondamente, mentre guardavo i suoi occhi grigi che attraversavano il mio viso. Aveva capito che non piangevo perchè lui mi aveva spaventato, piangevo per la rabbia di non poterlo sconfiggere in nessuno modo.

Qualcosa in lui mutò, come al solito durò un misero secondo affinché potesse davvero soffocare la rabbia che provavo per lui. Ma ogni volta, in quel singolo momento, non arrivavo ad odiarlo come al solito. Era incredibile quanto mi detestavo in quel frangente.

Come se fossi disposta a perdonarlo.

Klaus sorrise di nuovo. “Le lacrime sono debolezza, Irina. E tu ne hai davvero troppe negli occhi, te ne rendi conto?” mi chiese. Lo ignorai, non mi sforzai nemmeno di asciugare quelle gocce dal mio viso e tornai a guardare verso l'orizzonte buio lontano da noi, appena Klaus allontanò la mano dal mio mento.

Aveva vinto, ora poteva pure andarsene e lasciarmi con la mia solitudine.

Grazie per avermi rovinato l'unico compleanno che abbia mai festeggiato.

Quello avrei tanto voluto dirgli ma non potevo.

Sentì i suoi passi allontanarsi.

Per poi fermarsi a lungo e tornare ad avvicinarsi. In quel momento non ebbi paura, il suo andamento nella camminata era lento e tranquillo, come se non avesse voglia di minacciarmi.

Magari voleva solo giocare più tranquillamente a rovinarmi la vita.

Buon compleanno.”

Quando sentì quelle parole, mi parve di non credere alle mie orecchie. Continuai a non guardare Klaus, ma sentì che se ne stava al mio fianco destro e allungava il braccio sinistro per tendere una scatolina nera di fronte al mio sguardo. La presi inconsciamente tra le mani e lo sentì allontanarsi da me. Avrei voluto voltarmi per guardare la sua espressione ma ne avevo paura.

E comunque, quel pensiero mi raggiunse troppo tardi.

Aprì il fiocco rosso che chiudeva la scatolina, molto lentamente, e guardai all'interno: c'era un fermaglio luccicante a forma di farfalla, posto in un letto di petali che erano stati inseriti nella scatola insieme al regalo. Osservai quel fermaglio sbalordita, senza sapere cosa pensare.

La volta precedente mi aveva minacciata e poi aveva trasformato un gesto romantico come un bacio, in una sua arma. Quella sera era successa la stessa cosa, ma non capivo che arma si nascondesse dietro quel prezioso regalo. Ma non lo avrei mai indossato, lo avrei fatto solo se, forse, avesse mostrato un po' di umanità.

Altrimenti, non avrei mai portato su di me qualcosa del diavolo.


Rientrai in sala quando il mio viso tornò ad assumere un aspetto decisamente normale.

Sperai che Elijah fosse tornato, avevo bisogno di una certezza positiva in quel momento e solo lui avrebbe potuto donarmela.

Dove sei stata?” mi chiese Katerina con un sorriso, mi raggiunse senza che me ne accorgessi. Era così felice che quasi mi sentì in colpa nell'essere così adirata. Le indicai il balcone, per dirle che avevo bisogno di un po' di aria, ma lei non se la bevve.

Vedeva che qualcosa non andava in me e da brava sorella maggiore qual'era, avrebbe indagato fino in fondo alla questione. Ma potevo dirle del bastardo di cui si era innamorata? Purtroppo no, almeno se volevo evitare che Klaus facesse del male ad entrambe. Cosa di cui era davvero capace.

Tutto bene? Non hai la faccia di una che sta festeggiando il proprio compleanno!” esclamò e il suo sorriso di circostanza non resistette. Non le risposi subito, lasciai vagare il mio sguardo sulla folla e cercai Elijah.

Ma lui sembrava ancora assente e la preoccupazione si unì a quello che già mi stava facendo scoppiare il petto.

Intanto, lei si accorse che avevo il suo bracciale. “Oh l'hai trovato?” mi disse felice. “Temevo di averlo perso.” Lo riprese senza che me ne accorgessi, tanto purtroppo non serviva a nulla e si era rivelato solo uno dei miei tanti errori.

Il suo sguardo cadde poi sulla scatolina che tenevo saldamente in mano e la osservò con curiosità. Forse sperava che ciò che ci fosse all'interno, potesse riportare la serenità sul mio volto.

Fammi vedere!” esclamò, mettendo in atto quella sua speranza. Gliela porsi distrattamente, lei l'aprì e ne ammirò il contenuto mentre io continuavo a cercare la figura di Elijah tra la folla di persone che mi circondava.

Ma è bellissima! Da parte di Klaus, vero?” mi chiese. Pensai amaramente che era tipico di lui, pavoneggiarsi con quelle grandezze prive di significato, ma cercai di trattenere la mia cattiveria.

Perchè non te la metti?” mi chiese. Scossi la testa, quando la vidi avvicinare il fermaglio ai miei capelli, per quanto fosse bello non avevo la minima intenzione di indossarlo, visto da chi proveniva.

Il mio rifiuto la lasciò basita, lei abbassò lo sguardo sulla farfalla di diamanti poi tornò a fissarmi mentre mi guardavo attorno. Dovevo sembrare una pazza in quel momento.

Katerina sbuffò. “Credi che non lo sappia?” mi chiese.

Quella domanda mi fece tremare, mi voltai verso di lei e la guardai con occhi sbarrati. La sua espressione era seria e decisa, possibile che fosse venuta a conoscenza della verità?

So cosa ti preoccupa e credo che dobbiamo parlarne.” disse ancora mia sorella.

No, lei non poteva sapere cosa realmente mi preoccupava. Doveva avere frainteso, per il suo bene sperai che fosse così.

Katerina prese un lungo respiro, si preparò a parlare come se stesse per dire qualcosa di terribile.

Mi prese una mano e mi fissò negli occhi.

Il...” si bloccò come se stava per dire una bestemmia. “Il sesso è una cosa importante.”

Quella frase mi fece sospirare di sollievo, non che fossi felice che mia sorella fosse arrivata ad una tale conclusione, ma meglio di ciò che si celava dietro la verità, lo era sicuramente. Il sollievo lasciò spazio subito all'imbarazzo. “Non che io sia un'esperta, nonostante quello che è successo... ma devi starci molto attenta. Anche se Elijah è un bell'uomo...cedere a tali emozioni può portare a conseguenze drastiche. Tu lo sai di che parlo.”

Quel discorso faceva del male a tutte e due, mi portai una mano sulla fronte mentre mia sorella non riusciva ad andare avanti senza diventare più rossa ad ogni parola. Come poteva pensare che io ed Elijah fossimo arrivati a tal punto? Non che potessi darle torto, ero sparita per un intera notte giorni prima, ma come poteva credere davvero che io ed Elijah passassimo il tempo in quel modo.?

Non avevo nemmeno dato il primo bacio, mi sforzavo di mantenere vivo quel concetto anche se non era più possibile per colpa di qualcuno, figuriamoci se avevo il coraggio di passare subito oltre. Con un uomo perfetto come Elijah poi.

Mi venne da nascondermi, al solo pensiero delle immagini che Katerina doveva aver visto nella sua testolina più contorta della mia. Le spiegai che non era così, ma non feci che insospettirla ancora di più.

Purtroppo non potevo confermare una teoria simile, avrei messo nei guai anche l'onore di Elijah se Katerina avesse davvero creduto una cosa simile.

Lei sbuffò. “Ma perchè non me lo dici e basta? Insomma, sono tua sorella e non ti giudicherei mai!” esclamò. Ribadì di nuovo il concetto, ma le feci capire così che nascondevo qualcosa. E l'espressione ferita sul suo viso, non fece che farmi sentire in colpa ancora di più.

Allora com'è? Dimmelo! Perchè io ti sento allontanarti sempre di più e non capisco perchè. Cosa mi nascondi, Irina?” mi chiese.

Non sapevo cosa rispondere, perchè ogni bugia sarebbe parsa troppo piccola o troppo grande in confronto a quello che le stavo nascondendo. Katerina capì subito che non le avrei rivelato nulla che sarebbe stato almeno lontanamente vicino ai miei segreti. Scosse la testa delusa.

Non mi aspettavo che ,in tutta questa bellezza, avrei perso la cosa più bella che avessi mai avuto.” disse.

Quella frase sembrò uccidermi.

Si allontanò, lasciando cadere le mie mani nel vuoto e la osservai sparire tra la folla, trattenendo il respiro.

Che compleanno avevo appena festeggiato! Avevo perso la dignità con Klaus e la fiducia di mia sorella nel giro di mezz'ora. Ma non poteva essere finito tutto così.

Mancava la ciliegina sulla torta.

Il discorsetto sul sesso è stato entusiasmante! Ma davvero quella poveretta pensa che uno come Elijah si sporcherebbe con te?” disse una voce alle mie spalle.

Strinsi le labbra e mi voltai verso Rebekah: se ne stava in piedi, vicino alla scalinata che portava al balcone, con le braccia strette al petto e mi osservava con la sua solita aria di sfida.

Almeno riconosce che sei una sgualdrina come lei, l'obiettività delle Petrova è forse l'unica cosa che apprezzo...” continuò.

Dentro di me, sperai che continuasse ad inveire.

Almeno avrei avuto un buon motivo per fare quello che stavo facendo.

Rebekah alzò le spalle. “Sinceramente, mi fate pietà tutte e due. Vi affannate per avere due cose che vi sono troppo lontane. Tu poi, mi sembra quasi che voglia ben due cose...”

Mi avvicinai a lei, non sapevo nemmeno che lo stavo facendo, e la raggiunsi mentre lei continuava a parlare da sola e usando la sua cattiveria per sorridere da sola.

Non mi accorsi nemmeno di aver alzato la mano e di averla colpita con uno schiaffo alla guancia. Il tempo parve fermarsi, sentì alcuni occhi su di noi e osservai la sorpresa che apparve sul viso della bionda.

Non le avevo fatto male fisicamente, ma non era quello che mi importava: era un altro punto che volevo colpire.

Mi ero presa la rivincita su tutto, su Klaus e su ciò che mi stava allontanando da Katerina, senza che fossi realmente connessa con il corpo e con la mente. Guardai Rebekah che si massaggiava la guancia incredula e che poi rialzava lo sguardo su di me.

Qualcosa nelle mia espressione le impedì di difendere il proprio orgoglio, non capivo cosa ma la vidi trattenersi dal ricambiare il mio gesto. Attorno a noi, continuavano a guardarci.

Approfittai di quella situazione e mi allontanai a passo svelto, prima che un altro originale sfogasse la propria rabbia su di me. Le uniche persone con cui volevo festeggiare il mio compleanno non c'erano, perciò potevo anche lasciarmi tutto alle spalle.

E lo feci in fretta.


Andai subito a cercare Katerina, armata di candela e velocità nel camminare.

Se Elijah mi aveva chiesto di rimanere in sala, lo stesso principio doveva valere per mia sorella. Non ci avevo pensato, per colpa della rabbia che Rebekah e Klaus mi avevano procurato.

La trovai nell'oscurità del corridoio, di fronte alla porta della nostra camera.

Quando mi vide arrivare armata di candela, la vidi roteare gli occhi e io accelerai il passo verso di lei.

Torna alla festa, Irina. Almeno per rispetto a Klaus, fingi che ti stia simpatico. L'ha organizzata lui.” mi disse. Ma la ignorai, a Klaus non dovevo proprio un bel niente e non mi importava che ci restasse male per il mio abbandono, cosa che non gli sarebbe di certo successa.

Lei aprì la porta e la seguì dentro la stanza, Katerina sbuffò stancamente e cercai di dirle che dovevamo parlare. O meglio, dovevo fare in modo che lei si bevesse una delle mie bugie.

Non ne avevo in mente nemmeno una però.

No, ora voglio solo dormire.” Si voltò verso di me e mi tolse la candela dalle mani, avvicinandosi al letto. “Mi dirai altre bugie domani...”

Si bloccò e lanciò un grido di puro terrore quando la luce della candela illuminò il nostro letto. Istintivamente, nonostante i miei occhi trovarono orripilante quello spettacolo, presi Katerina verso di me e la feci voltare. Tornai ad osservare il nostro letto, divenuto la tomba del cadavere di una ragazza con indosso un abito da festa e dalla gola squarciata. I suoi occhi vitrei erano rivolti verso di noi e il suo sangue macchiava le nostre lenzuola candide.

Deglutì per la paura e il disgusto.

Come per Micah, anche Joshua aveva lasciato vivo il fantasma dei suoi crimini.

E aveva segnato l'inizio del vero incubo chiamato probabilmente Mikael.


Buon pomeriggio a tutti! :)

Ultimamente mi sto rendendo conto di scrivere capitoli talmente lunghi da farvi quasi invecchiare davanti allo schermo, perciò mi auguro che siate arrivati fin qui senza capelli bianchi. Dalla prossima volta, cercherò di contenermi un po' di più!

Tornando al capitolo, spero che vi sia piaciuto. Come al solito, ho sempre paura di uscire dal personaggio di Klaus. Il fatto è che sto cercando di creare un vero rapporto (che fino ad adesso non c'è stato in realtà)tra lui ed Irina: Klaus si è visto come qualcuno che ha saldato la stragrande maggioranza delle sue relazioni con la paura e la rabbia. Perciò sto cercando di attenermi a queste sue caratteristiche, anche se ho paura di non riuscirci perchè il mio intento è di far uscire, in parte, anche quella sua umanità che indubbiamente lui possiede. Attendo il lancio delle uova, in caso non ci fossi riuscita e mi scuso!

Per quanto riguarda Elijah, spero che la sua reazione di fronte alle situazioni trattate in questo capitolo, non vi abbia deluso: in realtà ho dovuto un po' trattenerlo per diverse ragioni...però, è pur sempre l'Elijah che strappa cuori dal petto, perciò non temete perchè anche lui “esploderà”...

Detto questo, mi auguro di nuovo che questo capitolo sia stato di vostro gradimento (questi ultimi io li ho trovati un po' un disastro a dir la verità) e ringrazio tutti coloro che leggono, chi recensisce e chi legge in silenzio!

E non mi stancherò mai di ringraziare coloro che hanno inserito questa storia tra le preferite, seguite e ricordate.

Grazie ancora a tutti!

Ciao!





















  
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