La storia partecipa all'OTP Tournament del
Collection of Starlight.
Ci tengo a precisare che Ginny potrebbe risultare un po' OOC, la cosa
mi serviva ai fini della storia.
Link a fondo pagina. Buona lettura.
He came back for her.
C'era
profumo di legno e resina nell'aria.
Sorvolando la Foresta Proibita, potevo sentire decine di odori
susseguirsi
senza sosta.
Niente mi era mai sembrato più emozionante del volo, niente
lo sarebbe mai
stato. Probabilmente ce l'avevo nel sangue o forse adoravo
semplicemente la
sensazione che provavo quando ero sulla scopa.
Ero comunque certa che Fred e George avessero contribuito a questa mia
passione.
D'altronde, da quando mi avevano insegnato a volare, avevo impiegato
tutte le mie
energie per il Quidditch.
Ero brava, mi sentivo particolarmente dotata, ma soprattutto mi faceva
stare
bene. Sentivo che era la mia strada.
Volevo diventare una giocatrice professionista, giocare nei Cannoni di
Chudley,
prendere il boccino, portare la squadra alla vittoria dei Mondiali.
Persa nei miei pensieri, sospirai e cominciai a perdere quota per
atterrare,
infine, dietro la capanna di Hagrid.
Quando il professore mi vide, non disse niente, si limitò a
sorridere e a farmi
un cenno con la grossa mano.
Tornai al Castello cercando di non farmi vedere e rientrai in Sala
Comune.
Hermione era seduta su uno dei divanetti, le mani
che riavvolgevano veloci
un lungo rotolo di pergamena, probabilmente la relazione di Aritmanzia
che io
non avevo ancora iniziato.
Frequentavamo lo stesso anno adesso che le nostre vite erano tornate
alla
normalità. Per me, almeno, quella era la
normalità: frequentavo le lezioni,
giocavo a Quidditch, avevo un ragazzo, una routine come quella di
qualsiasi
altra ragazza della mia età.
Hermione Granger, però, era una persona che, avendo sempre
vissuto l'avventura come la
sua normalità, trovava quella pace troppo
inconsueta: non era abituata a
trascorrere le giornate senza preoccuparsi di altro al di fuori dello
studio.
Mi aveva confessato che le mancavano le ore passate ad aiutare Harry
con i suoi
guai, sentiva di non essere completa senza di lui intorno, pronto a
combinare
qualcosa. Semplicemente le mancava Harry.
A quell'affermazione avevo annuito fingendo di capire. In
realtà non vedevo che
senso avesse quel suo pensiero: Harry era il suo migliore amico, non
era
naturale che lo volesse così tanto al suo fianco, o meglio,
non mi sembrava
normale che lei volesse essere sempre presente nella vita del
mio ragazzo.
Ai miei occhi la loro era un'amicizia morbosa, una forza pronta a
distruggere
qualsiasi cosa tentasse di sciogliere il loro legame.
Non ne avevo mai fatto parola con nessuno, mi sembrava un'osservazione
stupida
e totalmente fuori luogo, ma avevo il sospetto che chiunque li
osservasse la
pensasse come me. Era impossibile non vedere quell'alchimia, quegli
sguardi
fugaci che si scambiavano al posto delle parole.
Mi spaventava quell'idea, non avrei dovuto pensare una cosa simile e
non mi
sarei dovuta sentire minacciata dalla presenza di Hermione;
eppure sapere
che Harry sarebbe stato disposto a tutto per lei mi terrorizzava, mi
rendeva
insicura.
Mi sentivo fragile, avevo le mie debolezze, non potevo e non volevo
più
combattere per avere Harry.
Avevo deciso, tempo prima, che avrei lasciato che le cose facessero il
loro corso
ed ero decisa a mantenere fede a quella promessa.
Andai a sedermi di fianco a lei, sforzandomi di non sembrare turbata.
- Hai già finito un intero rotolo di pergamena? - le chiesi
con naturalezza.
- Sì, non avendo altro da fare, mi sono portata avanti con
lo studio. - mi guardò
con occhio critico e scosse la testa -Sei uscita di nuovo a volare,
Ginny?-
continuò, scrutandomi severamente.
- Hermione, la relazione è da consegnare tra due settimane e
per domani non
abbiamo niente in programma. Non vedo il motivo che avrebbe dovuto
impedirmi di
uscire a svagarmi un po'.
Lei sapeva perché mi comportavo in quel modo. Se ne era
accorta nonostante non
le avessi detto nulla.
- Harry non ti ha ancora scritto, vero? - mi chiese, poggiandomi una
mano sulla
spalla.
Non seppi cosa risponderle. Era decisamente umiliante il fatto che il
mio
ragazzo non mi spedisse nemmeno due righe da almeno dieci giorni ed era
ancora
peggio vedere negli occhi della mia migliore amica
quell'espressione.
Gli occhi di Hermione mi facevano sentire così piccola che
non avrei saputo
distinguere la ragazzina impacciata e un po' timida che ero stata anni
prima da quella che
ero in quel momento.
Mi sorpresi di pensare una cosa simile: non era da me.
- Vedrai che non è niente, sarà stato impegnato e
avrà dimenticato di rispondere
ai tuoi messaggi.
Distolsi l'attenzione da lei e cercai di recuperare un po' di orgoglio.
- Sicuramente è così. Ci sarà stato
qualcosa che l'ha tenuto occupato in questi
giorni. - dissi, drizzando la schiena, mentre mi sforzavo di sorridere.
Un gufo beccò una delle finestre proprio in quel momento e
Hermione si alzò per
aprirgli prima che io riuscissi anche solo a concretizzare la
cosa.
Sembrava che stesse aspettando quel momento da una vita.
Mi diedi della sciocca, stavo lasciando andare la fantasia a briglie
sciolte.
Staccò il biglietto dalla zampetta dell'animale e, dopo
averlo accarezzato con
gratitudine, lo lasciò volare via.
La vidi sorridere e arrossire appena.
-E' di Ron?- le domandai leggermente curiosa.
-No, non è sua. E'...- sollevò lo sguardo verso
di me e pensai che
quell'espressione fosse quasi colpevole.
-E' di Harry.
-Finalmente! Deve essere per me allora.- riacquistai un po' di brio nel
sentire
quelle parole; mi sembrò che il peso che sentivo sul petto
si sciogliesse
d'improvviso.
-Veramente è per me.
La fissai senza capire. Perché il mio ragazzo, dopo dieci
giorni di silenzio,
invece di mandarmi una lettera con delle scuse ne mandava una a lei?
Non riuscivo a capire, mi sforzavo di comprendere quell'evento, ma
davvero non
riuscivo a venirne a capo.
Mi alzai dal divano e corsi fuori dalla Sala Comune, ignorando del
tutto la
voce di Hermione che continuava a chiedermi di tornare indietro.
Quando mi sentii abbastanza stanca, atterrai sul prato del campo di
Quidditch.
Avevo volato per ore con il cuore in gola e una rabbia che non avevo
mai
provato prima. Ero riuscita a spedire tutte le Pluffe nei cerchi, una
dopo
l'altra, con foga, volando a riprenderle a velocità
impressionante. Non credevo
di poter essere così rapida come cacciatrice, ma
evidentemente il sentirmi così
arrabbiata aveva i suoi benefici.
Mi ero sfogata, ma non credevo di essere ancora pronta per rientrare al
Castello: non volevo sentire, non volevo che Hermione mi dicesse cosa
c'era
scritto nel biglietto di Harry.
Cercai di tornare lucida e mi dissi che era inutile rimanere
lì al freddo.
Sarei tornata in dormitorio, avrei chiesto spiegazioni e poi mi sarei
scusata per
il mio comportamento infantile.
Ero sicura che Hermione mi avrebbe capita.
Orgogliosa di quel pensiero così maturo, tornai sul sentiero
che conduceva alla
Scuola e, dopo pochi minuti, arrivai alla Torre con il fiatone e i
capelli in
disordine.
Quando però mi fermai sulla soglia della Sala
Comune, gelata da ciò che
stavo ascoltando, cercai di non fare rumore.
Harry era lì, stava ridendo con Hermione.
Sbirciai oltre la fessura tra il ritratto della Signora Grassa e il
muro e non
riuscii a muovere un passo.
- Questo non si fa, Harry! - Hermione si stava asciugando il viso
dall'acqua che
lui le aveva appena spruzzato addosso.
La vidi chinarsi su di lui e passargli un panno umido sulla
nuca con
gentilezza, una premura negli occhi a cui non avevo mai fatto caso.
- Tieni, prendi questa, è una pozione veloce e indolore che
ti farà passare
quella nausea.
- Grazie Hermione, non so come farei senza di te. - Harry le rivolse
uno sguardo
complice, affettuoso, le strinse la mano e si lasciò andare
sullo schienale
della poltrona.
- E dire che dovresti essere abituato alle Passaporte ormai.
Continuarono a chiacchierare, senza accorgersi della mia presenza
dietro il
ritratto semiaperto.
Mi stavo immaginando tutto, quella scena non era reale. Harry non era
veramente
lì con la mia migliore amica, non aveva quell'espressione
rilassata mentre lei
continuava a inumidirgli il collo, non teneva la mano di lei saldamente
stretta
tra le sue, non sembrava incurante del fatto che io non fossi
lì.
Percepii un vuoto all'altezza del cuore.
- Allora, ti piace l'idea? - le chiese, girandosi a guardarla.
- Non potrei esserne più felice, sapevo che avresti fatto la
scelta giusta.
- Non che tu non me l'abbia suggerita da un pezzo.- rispose lui,
continuando a
bere la sua pozione.
Mi sentii morire, dovevo essere fuori strada: quei due non stavano
insieme, non
sarebbe mai successo.
Se Harry mi avesse lasciata di nuovo...
Non riuscivo a formulare alcun pensiero.
L'avevo capito la prima volta che era successo, avevo compreso le sue
ragioni.
Voleva proteggermi, ma avevo lottato per lui e gli ero stata vicina il
più
possibile. Finita la guerra aveva detto di amarmi, voleva tornare con
me.
Non poteva lasciarmi adesso che tutto era tornato alla
normalità.
-L'hai detto a Ginny?
-No, sono riuscita solo a dirle che il biglietto era tuo, poi
è scappata. Ti è
passata la nausea?
Hermione gli passò una mano tra i capelli scomposti e lui le
sorrise annuendo.
Era sempre pronta a soccorrerlo in ogni momento, si preoccupava anche
per una
stupida e insignificante nausea da Passaporta.
Lei ci sarebbe sempre stata per lui, non lo avrebbe mai lasciato, non
gli
avrebbe mai fatto del male, avrebbe sempre saputo consigliarlo nel modo
migliore.
Mi sentii una stupida per non aver mai dato ragione a Ron: lui non li
aveva mai
visti di buon occhio. Aveva sempre sospettato che ci fosse qualcosa di
strano
in quel loro rapporto.
Harry mi avrebbe messa di nuovo al secondo posto.
Hermione sarebbe stata sempre più importante di me, sempre
un gradino più in
alto.
Era sempre stato così, me ne rendevo conto solo in quel
momento.
Pensavo che prima fosse il desiderio di sconfiggere Lord Voldemort a
tenerli
insieme. Si conoscevano da sempre, era normale che volessero rimanere
insieme,
affrontare i problemi sapendo di poter contare l'uno sull'altro.
Avevo capito anche dopo la fine della Guerra, avevo cercato di capire
che
volessero rimettere insieme i pezzi delle loro vite. Non avevo fatto
storie
nemmeno quando Harry l'aveva accompagnata a cercare i suoi genitori.
Erano partiti da soli perché Ronald era stato costretto a
rimanere a casa ad aiutare
la famiglia.
Avevo capito tutto, avevo giustificato tutto.
E, in fondo, non avevo capito niente.
C'era dell'altro, era il bisogno fisico di sentire l'altro vicino,
presente.
Non erano fratello e sorella, non erano nemmeno amici.
Forse non se ne rendevano conto nemmeno loro, ma a me era chiaro.
Non riuscii a resistere, entrai spalancando il ritratto come una furia.
-Cosa devi dirmi?- sibilai, piazzandomi di fronte a lui.
-Ginny! Da quanto sei lì dietro?- mi chiese, spalancando gli
occhi per lo
stupore.
-Abbastanza da godermi la scena. Cosa devi dirmi, Harry?
Stavolta l'avrei affatturato, ne ero più che certa. E se non
avesse aperto
bocca, se non avesse trovato le parole per spiegarmi quanto era
meschino a
tradirmi con la mia migliore amica, l'avrei affatturato comunque.
Mi guardò, non afferrando il senso delle mie parole.
-Torno a Hogwarts, Gin.- mi sorrise, seduto sulla
sua poltrona.
Non capivo cosa stesse succedendo.
Solo dopo pochi istanti realizzai l'accaduto e mi rilassai appena.
Hermione gli poggiò una mano su una spalla e lui
l'abbracciò.
-Ancora non riesco a crederci, tornerai qui!- disse lei con la voce che
le
tremava per l'emozione.
Ripresi a respirare.
Harry tornava a casa.
Harry finalmente tornava a Hogwarts.
Eppure qualcosa continuava a non tornare, sentivo che c'era ancora un
blocco
che mi impediva di gioire per quella notizia.
Lui lo aveva detto prima a lei, era corso da lei,
non era venuto a
cercare me e quando non mi aveva vista in Sala Comune non si era
preoccupato.
Era rimasto lì, con lei.
Capii solo in quel momento e una lacrima, che Harry confuse per
felicità, mi
rigò il viso.
Era tornato per lei.
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