[Ognuno
vive la propria vita
e paga il proprio prezzo per viverla.
Oscar
Wilde]
Mystic
Falls, Settembre 2010
Damon
si versò dello scotch e mosse qualche passo sicuro con
l'intento di dirigersi nella sua camera, ma una presenza lo
immobilizzò.
Centoquarantacinque anni di dolorosa attesa si
concentrarono in un brivido gelido che scosse la sua schiena, ma si
girò mostrandosi impassibile.
«Sei molto coraggiosa a
venire qui...» si voltò lentamente e poi mise a fuoco
l'immagine di quella donna tanto amata e tanto odiata.
«Volevo
dirti addio» la voce melodiosa e sicura di Katherine, seduta
sul divano, scatenò un'infinità di ricordi un tempo
felici; ma che ora non erano altro che prove di una presa in
giro.
«Te ne vai così presto?» ancora una
volta, cercò di simulare un tono di voce distaccato.
«So
capire quando non sono desiderata»
«Non fare il
broncio...non è attraente per una donna della tua età!»
«Ahi!»
la vampira accusò quel colpo basso sorprendendosi della sua
durezza e di quel tono di voce tracotante: non era più il
Damon che ricordava.
Il vampiro svuotò il contenuto del
bicchiere in un solo sorso e la ignorò dirigendosi verso le
scale, ma la vampira gli si parò davanti.
«Che c'è?
Niente bacio d'addio?»
«Perché invece non ti
uccido?»
Lei abbozzò una brevissima risata.
«Che
ci fai qui?» il vampiro la guardò con intensità;
come per scrutare i sui intenti. Sapeva che nel suo ritorno non c'era
nulla di improvvisato.
«Nostalgia, curiosità,
eccetera...»
«Sono molto più bravo io con le
battute enigmatiche. Cosa stai tramando, Katherine?»
«Credimi,
Damon. Quando starò tramando qualcosa, te ne accorgerai»
avanzò verso di lui «Forza. Baciami!...o uccidimi. Quale
delle due sceglierai, Damon? Sappiamo entrambi che sei in grado di
fare solo una di queste due cose...» sussurrò con
presuntuosa malizia, avvicinando le labbra a quelle del vampiro.
Lui
si scostò alla svelta, ma nuovamente lei gli si parò
davanti scaraventandolo a terra con una spinta.
La vampira si
adagiò sul suo corpo con sensualità «Mio dolce e
innocente Damon» sussurrò avvicinandosi al suo
volto.
Lui le afferrò il collo, e girandosi la catapultò
sul pavimento bloccandola con il proprio peso; ma Katherine subito
capì le intenzioni che si celavano dietro il suo sguardo, e un
sorriso diabolico mutò le sue labbra prima che queste
venissero baciate con passione.
«Così va meglio!»
l'eccitazione alterò la voce della vampira. Lo scaraventò
contro la parete e gli sbottonò frettolosamente la camicia;
poi accarezzò avidamente il suo petto prima di ribaciarlo con
foga.
Lui ricambiò quei gesti con un desiderio crescente,
e si scostò dalla sua bocca solo per passare le labbra su
tutta la lunghezza del suo collo.
«Ok, aspetta» il
vampiro, con voce ansante, smorzò l'enfasi, e si frenò
appellandosi ad ogni briciolo di autocontrollo.
Katherine fece una
smorfia contrariata. Adesso che problema aveva?
«Breve
pausa» continuò lui, con una sorta d'affanno.
La
vampira lo spintonò facendolo allontanare di qualche passo. Il
suo volto manifestava appieno il suo fastidio.
«Ho una
domanda. Rispondi e torneremo a fare fuochi d'artificio. Rispondi
bene... e dimenticherò gli ultimi 145 anni in cui mi sei
mancata. Dimenticherò quanto ti ho amata. Dimenticherò
tutto e potremo ricominciare daccapo» la sua voce iniziò
a tremare «Questo può essere il nostro momento decisivo,
perché abbiamo tempo. È il bello dell'eternità»
si avvicinò a lei «Ma, almeno per una volta, ho bisogno
della verità» le accarezzò i capelli con dolcezza
e disperazione, ma la vampira lo interruppe.
«Fermati»
sussurrò con un'espressione desolata.
Damon continuò
ad accarezzarla, e la guardò con gli occhi lucidi di chi ama
disperatamente.
«So già qual è la tua domanda.
E la risposta»
Il cuore del vampiro si fermò
aspettando quelle parole decisive.
Centoquarantacinque anni di
attesa e dolore racchiusi in un momento di vulnerabilità, in
cui un'anima può tornare alla luce o inabissarsi nelle
tenebre.
«La verità è che...non ti ho mai
amato» pronunciò con teatrale costernazione «È
sempre stato Stefan...» Katherine prese le sue mani e le scostò
dal viso fingendosi dispiaciuta, poi si allontanò lasciandolo
solo.
Damon si sentì mancare l'aria: la sua speranza di
ricominciare, di non essere più solo, di sentirsi finalmente
amato, era stata fatta a pezzi; e la sua anima avrebbe nuovamente
assorbito il colore delle tenebre in cui era sprofondata...
***
18 Dicembre ***
Bassa
Normandia, Francia
«Mi
perdoni Padre, perché ho peccato...» bisbigliò
Klaus in un confessionale di mogano scuro situato in una delle chiese
più antiche di quel piccolo paesino sul mare a nord della
Francia.
I risultati delle ricerche araldiche erano finalmente
giunti. La salma di Caroline Galler, divenuta Caroline Leroy in
seguito al suo matrimonio con un nobile francese, che all'epoca era
il proprietario di quelle terre, era stata custodita nella cripta
della chiesa del luogo: il tipico trattamento riservato
esclusivamente alle famiglie nobili.
Klaus, insieme a Bree e
Stefan, quel pomeriggio si era recato lì per cercare il
Grimorio all'interno della tomba della strega.
Aveva ordinato a
Stefan e Bree di restare fuori; il vampiro aveva ubbidito all'ordine,
mentre Bree si era addentrata nella chiesa spinta dalla sua solita
curiosità amplificata dal vivace senso di ribellione.
Aveva
visto Klaus addentrarsi nel confessionale e si era nascosta dietro
una colonna portante per ascoltare ciò che sicuramente sarebbe
stata un'assurda conversazione; ma lei lo conosceva bene: confessarsi
prima di uccidere un Prete era uno dei suoi giochetti
preferiti.
«Quali sono i tuoi peccati, figliolo?» la
voce del Prete era leggermente tremante, e dalle piccole fessure a
forma di rombo del pannello che li separava, Klaus poté
scorgere la capigliatura bianca dell'uomo.
«Non ho peccati
da raccontare, Padre. Con le azioni si misurano gli uomini: delle
creature con cui non posso paragonarmi. Io non commetto peccati,
Padre. Io sono il peccato. Io non opero il male. Io sono
il male. Le tenebre indirizzano le mie azioni proprio come la luce
guida le sue. È la vita, Padre. Il destino ci assegna dei
ruoli, ed il mio è quello di essere portatore di morte, perché
la morte è ciò che sono» lo sguardo del
vampiro era fisso di fronte a sé, e bisbigliava quelle parole
senza essere presente a sé stesso: era un'estraneazione voluta
quanto inconsapevole.
Il Prete era sconcertato, ma, nei suoi
quarant'anni da confessore, aveva sentito i più assurdi e
svariati deliri. Non stava a lui giudicare, doveva solo cercare di
capire cosa tormentasse l'anima di quel ragazzo dall'accento
straniero.
«Perché parli così di te stesso,
figliolo?»
«Perché è quello che sono,
Padre. Sono l'opposto di quello in cui lei crede»
«Tu
non credi in Dio, figliolo?»
«Oh, sì, Padre. Ci
credo. E credo anche che abbia fatto un ottimo lavoro: un mondo pieno
di fedeli servitori che lo amano ciecamente. Davvero ammirevole: Dio
è un vero talento»
«Le persone amano Dio perché
Lui ama loro. E ama anche te, figliolo»
«E mi dica,
Padre, è professando assurdità di questo genere che Dio
si è assicurato il suo devoto esercito?... Lui non sa neanche
cosa farsene di voi. Figuriamoci se vi ama. Probabilmente, per lui
non siete altro che un vano tentativo di colmare il vuoto della
solitudine... e su questo non posso biasimarlo...»
«Dio
ci insegna ciò che è alla base delle relazioni umane,
figliolo. Se non vuoi sentirti solo, devi avere intorno delle persone
che ti amino, ma per far sì che ciò avvenga...devi
necessariamente amare»
Klaus si prese un lungo istante di
silenzio. Sempre l'amore: quel dannato amore di cui tutti parlano.
Quel maledetto amore che riesce a dare un senso alla vita delle più
inutili creature. Quell'odioso sentimento che non aveva mai provato.
Sembrava il centro dell'universo, e questo era irritante. Il suo
sguardo si riaccese di coscienza.
«Beh, Padre, a differenza
di Dio, una volta ottenuto ciò che mi occorre non avrò
bisogno di inscenare simili buffonate per avere il mio esercito. A
differenza di Dio...» si alzò con lentezza «Non ho
bisogno di ricevere amore» poi con velocità lasciò
la sua postazione per raggiungere quella del Prete. Lo afferrò
per il collo sollevandolo da terra e rivelandogli il suo vero
aspetto: quello del mostro che era.
«L'amore è per i
deboli! Il vostro Dio lo sa, ed è per questo che si nasconde in cielo!»
la pelle intorno ai suoi occhi si riempì di venature scure.
Il
cuore anziano del Prete galoppò all'impazzata in preda allo
spavento.
«Che razza di demonio sei?» sibilò
con voce soffocata; ma poco dopo l'ibrido abbandonò in malo
modo la presa lasciandolo accasciare sul suo sgabello rivestito di
velluto.
«Dio non si nasconde. Lui agisce per opera dei
puri di cuore» balbettò tremante tenendosi il collo
dolorante con la mano. Qualche anno prima, un uomo accompagnato da
due giovani ragazze, aveva fatto visita alla sua cappella, dicendo
strane assurdità sulla possibile visita di un mostro. Aveva trovato uno strano libro in una delle tombe della cripta; e per portalo con sé all'Università di Boston fece una generosissima offerta di denaro. Gli era
sembrata una brava persona, e gli regalò anche un bellissimo
crocifisso che da quel giorno aveva sempre portato con sé.
Ora, quelle che aveva ritenuto strane farneticazioni, avevano
finalmente acquisito un senso. Mai si sarebbe aspettato nella vita di
vedere il diavolo in persona!
«Beh, Padre, i puri di
cuore...» gli afferrò la mascella col pollice e l'indice
«hanno il collo fragile!» stava per spezzarglielo, ma le
parole tremanti del Prete lo frenarono in tempo.
«Mi avevano
avvisato del tuo arrivo. Uccidimi pure. Non ho paura di morire, mi
aspetta un senso di pace che un demonio come te non potrà mai
provare!»
Klaus s'immobilizzò. L'avevano avvisato del
suo arrivo? Chi? Chi era stato in quella chiesa prima di lui? Un
atroce dubbio lo pervase, ed usò quella stessa presa sul volto
del Prete per rimetterlo in piedi.
«Chi? Chi ti ha avvertito
del mio arrivo?!» chiese, soggiogandolo con voce irata.
«Non
ha importanza. Tanto non troverai quello che stai cercando!» quei racconti, quel libro: ormai era tutto chiaro.
Klaus lo guardò con sospetto. Cosa
voleva dire? Cosa ne poteva sapere lui del Grimorio?
L'uomo non
aveva risposto alla sua domanda: era chiaro che fosse sotto l'effetto
della verbena.
Lo vide tremare e stringere forte il suo
crocifisso.
«Staremo a vedere» lo sfidò a
denti stretti, e con un gesto rapido gli strappò la catenina
dal collo.
«Conducimi alla cripta» scandì
facendo l'ennesimo tentativo e, quando il Prete smise di tremare e si
mosse per uscire dal confessionale, capì che la sua intuizione
era stata giusta: la verbena si trovava nel crocifisso.
Il prete
lo condusse nei sotterranei della chiesa e, facendo attenzione a non
farsi scoprire, Bree continuò ad assistere a quegli
avvenimenti.
La cripta era scavata nel terreno, e dei materiali da
costruzione situati negli angoli lasciarono intendere al vampiro che
quel macabro ambiente era in fase si ristrutturazione, forse per una
successiva apertura al pubblico. Vari archi conducevano in ambienti
diversi; e il tutto era illuminato da poche e flebili lampadine dalla
luce rossastra, che a malapena riuscivano a rischiarare lo spazio in
cui erano collocate.
Il prete si fermò: il suo obbligo di
condurre Klaus nella cripta era stato assolto.
«Bene. Ed ora
mostrami la tomba di Caroline Leroy»
Assimilato il nuovo
ordine, l'anziano si mosse nuovamente, e lo condusse in un ambiente
più separato, dove due tombe di pietra troneggiavano al centro
della stanza: quelle di Gustav e Caroline Leroy.
Kluas sorrise
diabolicamente e lesse le incisioni sulla pietra con
soddisfazione.
Con una sola mano spostò il pesante
coperchio; e le ossa ingiallite di Caroline lo fecero sorridere per
un secondo, ma, dopo un'occhiata più attenta, quel sorriso
scomparve lasciando spazio solo alla contrarietà e all'ira. Il
vecchio aveva ragione: lì dentro c'erano solo ossa, ma del
Grimorio non vi era traccia.
Si avvicinò al Prete con
rapidità, e nuovamente gli afferrò il collo
sollevandolo da terra.
«Chi ha preso il Grimorio?»
ancora una volta la sua voce irata fu accompagnata dalla
soggiogazione.
«Un uomo di nome Philiph Harris»
Klaus
grugni dalla rabbia: non aveva la più pallida idea di chi
fosse.
In un impeto di rabbia accecante prese una pala
dall'angolo alla sua destra e colpì l'anziano prete sulla
tempia così forte da ucciderlo sul colpo e da renderlo
irriconoscibile.
Urlò ancora, e la pala insanguinata venne
sbattuta sulla pietra della tomba spezzandosi una volta scontrato il
margine.
Un altro urlo, e poi dei respiri affannosi sbollirono
quell'attimo di tormento.
Si avvicinò ancora alla tomba e
guardò quelle ossa con odio, poi qualcosa catturò la
sua attenzione: era un fogliettino di carta incastrato tra i denti
del teschio. L'ibrido lo prese e lo aprì: “Sei arrivato
tardi” quella scritta lo sbeffeggiò ancora, e la firma
di quel biglietto lo fece nuovamente infuriare “Philip Harris”.
Chi diavolo era? Come aveva osato mettergli i bastoni tra le ruote?
Come aveva osato prenderlo in giro?!
Accartocciò quella
carta e poi la mise nervosamente in tasca. Il nome di quell'uomo era
l'unico appiglio per poter ritrovare il suo prezioso Grimorio.
L'intuizione di Bree era stata corretta: l'aveva preso Caroline,
ma erano arrivati tardi; ancora una volta la ruota del destino aveva
girato in suo sfavore facendolo tremare di collera.
Bree
assistette alla scena sapendo che, in un simile impeto di rabbia, se
Klaus l'avesse vista l'avrebbe uccisa.
Velocemente scappò
verso l'esterno della chiesa, e appena incontrò lo sguardo di
Stefan, che era rimasto fuori, piegò gli angoli della bocca
all'ingiù lasciandogli intuire l'ennesimo fallimento
dell'ibrido.
«Se ci tieni alla pelle non fargli domande»
gli suggerì affiancandosi a lui e voltandosi verso l'entrata
dell'edificio con un moto di nervosismo misto a paura.
Stefan
restò impassibile, e qualche secondo dopo Klaus uscì
dalla chiesa con un'espressione folle e torva.
L'ibrido non disse
nulla. Si limitò a raggiungere la macchina, e gli altri due lo
seguirono in religioso silenzio.
***
***
Damon
si svegliò e, quando notò l'altra piazza del materasso
vuota, una smorfia comparve sul suo volto: come sempre, Summer aveva
preferito ritornare nella sua stanza.
Stette nel letto per qualche
minuto, poi la voce allegra della ragazza lo incuriosì
facendolo alzare.
Damon sentì la sua voce provenire dalla
cucina; stava canticchiando come al suo solito.
La vide dietro i
fornelli con un'espressione solare e vestita di una sola vestaglia di
raso, corta e di un verde petrolio lucido che esaltava la sua
carnagione colorita.
Lei lo vide e gli sorrise; a prima mattina,
con indosso i soli boxer e con i capelli scompigliati e l'aria un po'
assonnata era anche più bello del solito.
«Ho
preparato i pancakes alla banana» spense il fornello e sistemò
l'ultimo pancakes sopra ad un piatto dove ce n'erano altri messi a
pila.
Il vampiro le si avvicinò e l'abbracciò da
dietro cingendole le spalle, e poi le lasciò qualche piccolo
bacio sul collo che costrinsero Summer a piegalo di lato per dargli
maggiore spazio per agire.
«...E questo spiega il motivetto irritante di Banana
Pancakes. Ma... come mai così di buon umore?» chiese, tra
un bacio e un altro.
Summer sorrise: era lui la ragione del suo
buon umore.
«Nessun motivo...» fece con
indifferenza.
«Sicura?» bisbigliò al suo
orecchio con una sensualità che la fece rabbrividire «Non
c'entra niente il fatto che stanotte hai goduto più del
solito, ansimando come non avevi mai fatto?» la sua mano
scivolò al cento del petto e dell'addome insinuandosi tra la
stoffa della cintura per scioglierla con lentezza. Le loro notti di
passione diventavano sempre più intense e travolgenti, e come
al solito Damon se ne assumeva il pieno merito.
Il respiro di
Summer si fece subito più affannato e, nel momento in cui il
vampiro, accarezzandole le spalle, fece scivolare a terra la sua
vestaglia lasciandola nuda, deglutì visibilmente.
«Ti
faccio impazzire di piacere...ammettilo» sussurrò con la
solita tracotanza, mentre le posizionava una mano sul ventre e con
l'altra le accarezzava il seno con la delicatezza che si dedica a un
fiore.
Summer si lasciò sfuggire un flebile ansimo. Non
poteva dargli torto: la faceva impazzire, e ora che finalmente si era
accorta di amarlo le sensazioni si erano amplificate donandole
emozioni che non aveva mai provato.
«Non sei altro che il
solito presuntuoso, Damon. E mi dispiace, ma ti stai
sopravvalutando...» Summer si girò per non sentirsi più
preda del suo tocco; poi mise le braccia intorno al suo collo con
giocosa dolcezza.
Damon la guardò intensamente e con un
velato alone di sfida.
Le afferrò i glutei e la sollevò
leggermente per adagiarla sul mobile della cucina; poi le mani salirono
sulla schiena, e una delle due continuò il percorso fino alla
nuca fermandosi tra i capelli. Sul suo sguardo famelico si dipinse un
sorriso demoniaco, e quella carezza si trasformò in una presa
di capelli prepotente ma innocua, che la costrinse a piegare il collo
all'indietro.
Avvicinò le labbra a quelle di Summer, e lei
poté sentire il suo respiro che dolcemente le solleticò
la bocca.
«Mi sa che devo rinfrescarti la memoria...»
sibilò diabolico mentre, senza lasciare la presa sui suoi
capelli, afferrava lo sciroppo d'acero posto accanto al piatto da lei
preparato.
Summer restò piacevolmente impietrita e, quando
sentì lo sciroppo scivolarle sul collo, sul seno e sull'addome
un altro gemito sfuggì al suo controllo.
***
***
Klaus
non aveva proferito parola per tutto il lungo viaggio di
ritorno.
Quella sera si chiuse nella sua camera e stette parecchio
tempo davanti alla porta finestra a fissare la neve che ricopriva le
strade e le case. I fischi del vento ne lasciavano intuire la forza,
e l'ibrido era assorto in quel momento con uno sguardo perso. La
stanza era illuminata dalle immagini della televisione privata
dell'audio, e sui muri si riflettevano delle luci bluastre
intermittenti.
Bree bussò piano alla sua porta
interrompendo quell'attimo d'introspezione.
«Entra...»
La
vampira aprì la porta per poi chiuderla lentamente alle
spalle.
Si avvicinò a lui tenendo in bella mostra una
bottiglia di Bourbon.
«Se non ricordo male, è il tuo
preferito» gli mostrò quella bottiglia di Ballantine's
invecchiato trent'anni e l'ibrido annuì
impercettibilmente.
Sì, era il suo preferito: lo conosceva
bene.
Aprì la bottiglia e ne versò il contenuto nel
bicchiere, poi glielo passò.
L'ibrido lo prese continuando
a guardare il paesaggio, poi abbassò lo sguardo per fissare
l'alcool.
Bree restò in silenzio, e anche lei si perse in
quello scenario di vento e neve.
«E così...credi di
amarmi» Klaus portò di nuovo lo sguardo di fronte a sé.
Qualche sera prima, aveva visto Bree entrare nella stanza di Stefan.
Ne era stato incuriosito, e l'impeto di ascoltare lo aveva sentito quasi
come un obbligo. Aveva sentito Bree blaterare delle vere e proprie
assurdità: lo amava, e aveva paragonato quell'amore a quel
sentimento sublime che ti lega all'arte e alla musica. L'aveva sempre
sospettato, ma non si era mai soffermato a pensarci. Non provava
nulla per lei. Ma i suoi sentimenti l'avevano incuriosito: l'amore
lo incuriosiva, e lo faceva nella stessa misura in cui lo
irritava.
Bree lo fissò sentendosi smarrita. Non avrebbe
mai pensato di doversi trovare ad affrontare un simile discorso con
lui. Aveva sempre pensato che i suoi sentimenti sarebbero sempre
stati un tabù inconfessabile, perché Klaus non
concedeva spiragli a simili discorsi. Erano impensabili. Non sapeva
cosa fare. Non sapeva cosa dire. Era totalmente impreparata.
«Il
verbo credere lascia spazio all'incertezza» disse, sperando che
quella risposta per lui fosse abbastanza esaustiva.
Klaus bevve
un sorso di bourbon e continuò a non concederle neanche il più
fugace occhiata.
«Se è così...allora dillo»
il suo sguardo era assente, e quel tono di voce non trasmetteva
nessun calore. La sua richiesta sembrava dettata più da una
sorta di interesse scientifico, che da un bisogno d'emozione.
Bree
si sentiva a disagio. Perché le stava facendo questo? Che
senso aveva estirparle quelle parole? Cosa poteva mai farsene?
Eppure, dopo settecento anni, era inutile esitare. Le si era
presentata l'occasione per liberarsi e non poteva sprecarla. Il gelo
della situazione era il prezzo da pagare per essersi innamorata di
Klaus.
«Ti amo» liberò con calore, e poté
scorgere sul volto dell'ibrido un piccolo e indecifrabile mutamento
d'espressione.
Klaus voltò finalmente lo sguardo verso di
lei, e Bree, in quel semplice gesto, vide qualcosa di rassicurante
che le diede la forza di continuare.
Gli afferrò la mano
con dolcezza, e l'ibrido posò uno sguardo confuso sul quella
sorta di carezza.
«Non sei solo, Klaus. Permettimi di starti
accanto» sussurrò con occhi lucidi.
Klaus la fissò
attentamente.
Sciolse quelle presa e portò quella stessa
mano sul volto della donna per accarezzarlo.
«Hai
ascoltato...» bisbigliò, capendo che si era intrufolata
nella chiesa origliando il suo discorso.
Bree annuì con
nervosismo. Paura e piacere si alternavo nel giro di brevi istanti, e
il suo corpo era in balia del volere dell'ibrido.
«Non avrei
dovuto farlo. Lo so»
Klaus le si avvicinò. Baciò
le sue labbra e, quando la passione di lei crebbe, si allontanò
di qualche centimetro lasciandola ansante di desiderio.
«No.
Non avresti dovuto» sussurrò con un velo di dispiacere.
Continuò ad accarezzarle il volto; l'altra mano, invece,
perforò velocemente il suo torace raggiungendo il suo cuore.
Come sempre, l'impulsività e l'orgoglio dettavano le sue
azioni più rapide, punendolo con un fugace istante di
pentimento e angoscia.
Due copiose lacrime nacquero agli angoli
esterni dei grandi occhi verdi della vampira e Klaus stette immobile
per qualche secondo ad osservarla; il tempo di lasciar scivolare
quelle gocce fino al mento, poi, con rapidità, la privò
del suo cuore ritrovandosi a stringerlo fino a deformarlo.
Il
corpo privo di vita di Bree cadde al suolo, ma sul suo volto, oltre
alle lacrime, c'era anche un impercettibile sorriso; perché
nell'attimo un cui Klaus le aveva attraversato il petto, nonostante
la crudeltà di quell'azione, nei suoi occhi lucidi la vampira
aveva intravisto un breve ma intenso attimo di umanità.
L'ibrido restò a lungo a fissare il corpo esanime di
Bree.
Sentirsi amato dalla vampira non gli aveva fornito nessun
elemento per comprendere quel sentimento a lui così estraneo.
Quella dichiarazione non aveva generato in lui nessuna particolare
emozione; eppure ammise a sé stesso che, per un breve istante,
quelle parole avevano ridimensionato lo spazio di desolazione in cui
orbitava la sua esistenza, permettendogli di scorgere, in lontananza,
la figura sbiadita di qualcuno; ma era troppo poco: il gioco non
valeva la candela.
Il corpo privo di vita di Bree accentuava la
sua unica convinzione a riguardo: l'amore è una debolezza, e
le persone deboli sono le prime a morire.
***
***
«Che
tristezza. Mormorò Dorian Gray, con gli occhi ancora fissi sul
suo ritratto. Che tristezza! Diventerò vecchio, orribile,
spaventoso, mentre questo ritratto rimarrà giovane per sempre.
[…] Se soltanto potesse accadere il contrario! Se soltanto
fossi io a rimanere giovane e fosse il ritratto ad invecchiare! Per
questo...per questo, darei qualsiasi cosa! […] Sì,
darei anche l'anima...» Summer, seduta accanto al camino
tra le gambe di Damon, con la schiena poggiata al suo petto e
ricoperta fino al seno da un caldo piumone, leggeva il secondo
capitolo del libro che avevano deciso di leggere insieme; ma, a
quelle parole, la cacciatrice si fermò ad osservare lo
scoppiettio del legno lasciando che le fiamme rapissero i suoi
pensieri
Damon notò quella lunga pausa e la guardò
incuriosito.
«Tutto ok?» le cingeva la vita con
entrambe le braccia, e in quel momento la strinse leggermente più
forte.
Summer si ridestò «Sì, certo», e
poi gettò rapidamente gli occhi sul libro per ritrovare il
punto in cui si era fermata.
«A me non sembra» Damon
prese il libro dalle sue mani e lo allontanò.
«Ho
detto che va tutto bene»
«No, non è vero. Dimmi
cosa c'è che non va» avevano passato insieme una domenica
spensierata e tranquilla, e l'aveva vista felice e sorridente per
tutto il tempo; quell'attimo di tristezza era stato visibile e fin
troppo chiaro per lui che ormai conosceva ogni sua espressione alla
perfezione.
Summer stette in silenzio per qualche secondo con un
viso contrariato: i soliti modi di Damon! Ma poi capì che
forse era il caso parlare con lui di quell'argomento che ultimamente
la tormentava.
«Ok...»
fece con una sorta di rassegnazione, per poi prendersi un secondo di
pausa «Com'è? L'immortalità, intendo,
com'è?»
«Beh, l'hai sentito Dorian! Non
invecchi, non avvizzisci. Chi non lo vorrebbe!?» asserì
scherzoso per poi darle un bacio sulla spalla.
«Lascia
perdere Dorian! Voglio un resoconto specifico da chi è
veramente immortale...» Summer rispose con altrettanta
giocosità, e quando lui abbassò il capo per baciarle la
spalla, lei accostò la fronte alla sua per un attimo sentito
da entrambi con la stessa dolce intensità.
«Beh...perdi
il senso del tempo. E più vivi e più ti allontani dalle
cose che ti premevano da mortale. Scopri di poter fare tutto quello
che vuoi. Il mondo intero è fatto per esaudire i tuoi
desideri, tanto che ad un certo punto non sai più cosa
desiderare. E per quanto riguarda “l'anima al diavolo”...beh...
l'immortalità ti fa sentire superiore. Ti senti sul gradino
più alto...e quando è così, non hai problemi a
schiacciare tutti quelli che si trovano sotto di te» si sentiva
libero di parlare: sapeva che lei non lo giudicava.
«Perché
me lo chiedi? Ci stai pensando? Vuoi che ti trasformi?» le
propose con un dolce sorriso. Gli sarebbe piaciuto: l'avrebbe sentita
sua.
«Una cacciatrice non può diventare un vampiro.
Il vostro sangue non ha alcun effetto su di noi. Non può
neanche guarirci...anche se...a detta di Lily... il sangue di Klaus
potrebbe essere diverso»
Damon assimilò quelle
informazioni con interesse: erano cose che non sapeva.
«Beh,
a me ne è rimasto. Vogliamo fare un esperimento?»
«E
rischiare di morire? No, grazie!» Summer rispose con lo stesso
livello d'ironia del vampiro: era un azzardo troppo grande per
poterlo prendere seriamente in considerazione.
«E se ne
avessi la certezza? Lo faresti?» Damon si fece improvvisamente
serio, e lei, prima di rispondere, ci ragionò per qualche
istante.
«No... Non lo farei. Avrei paura di perdere di
vista quelle piccole cose che mi rendono felice. Avere il fiato della
morte sul collo mi ha insegnato ad apprezzare ogni cosa, dalla più
banale, come godersi una cena in veranda, alla più importante...come i veri amici. Mi ha insegnato che non bisogna
dare nulla per scontato...e come immaginavo e come tu mi hai confermato...è la percezione del tempo a dare valore alle cose...»
«Beh ma, sbaglio, oppure
ti libereresti di questa seccatura di essere una
cacciatrice?...potresti essere libera. E non è detto che ciò
che ti fa felice adesso non possa farti felice anche da vampiro. Non
è detto che tu debba perdere il...metro del giudizio! Potresti
essere un vampiro equilibrato. Non ho la minima idea di come lo si
diventi, ma credo che sia possibile!» concluse con autoironia
facendola ridere. Damon sapeva cosa stava facendo: stava cercando di
convincerla; e mentre lo faceva si chiedeva perché per lui
fosse così importante. Conosceva bene i tormenti di quel
genere di esistenza, eppure, stando con Summer, li aveva quasi
dimenticati, tanto da rendere quel tentativo di corruzione un gesto
fatto con le migliori intenzioni.
«Questo è vero. Ma
c'è anche dell'altro. La verità è che...essere una
cacciatrice, mi ha dato tanto, anzi: mi ha dato tutto; non avevo
niente prima di questo. Nel momento in cui lo sono diventata le
difficoltà sono aumentate, è ovvio; e il rischio di
morire ogni volta non è certamente piacevole, però... è
grazie a quello che sono che ho vissuto i momenti più
significativi della mia vita. E mi riferisco a tutte le persone che
ho incontrato e che per me sono diventate importanti: come il signor
Harris, Lily...Kendra...» Summer si fermò, ma sentiva il
bisogno di dirglielo, nonostante l'imbarazzo e il disagio «...Come
te, Damon...» bisbigliò, sentendo il cuore fermarsi dall'agitazione.
Gli occhi le diventarono lucidi e si sentì
immobilizzata dalla tensione che si venne a creare. Lo amava ed era
diventata una delle persone più importanti della sua vita: era
giusto che lo sapesse. Probabilmente era tutto ciò che avrebbe
mai potuto confessargli a riguardo. Un “ti amo” avrebbe
solo generato un silenzio che avrebbe significato “io amo
un'altra” e Summer non poteva permettersi un simile dolore. Ce
n'erano stati fin troppi nella sua vita: questo non lo avrebbe
sopportato. Così azzardò quella frase che non
necessitava di una risposta, lasciandole una sorta di beneficio del
dubbio, anche se di dubbi lei non ne aveva. Damon amava Elena. Lo
sapeva fin troppo bene.
Il vampiro si sentì investito dalle
sue parole e prese un respiro così profondo da perfezionare la
sua postura. La guardò sentendosi spiazzato, fin troppo. Quelle parole gli erano entrate nella carne, accendendolo di un desiderio
che era nato nel basso ventre, ma che poi era improvvisamente morto
nello stomaco, lasciandogli una strana sensazione di scompiglio.
«E con questo voglio dire... che mi
sentirei un'ingrata e una codarda a voltare le spalle al mio destino.
Tutto qui» Summer concluse velocemente il suo discorso per
affievolire la tensione, e per spezzare l'incantesimo che la
imprigionava in un mondo azzurro cielo; poi sentì la mano di
Damon sulla guancia che la indirizzava delicatamente verso le sue
labbra.
Il vampiro la baciò con un trasporto momentaneamente privo di
passione, ma pieno di molto altro. La baciò perché desiderava le sue labbra, e
perché era tutto ciò che il suo corpo gli suggeriva di
fare. Non riusciva a decifrare le sensazioni che provava, ma in quel
momento lo avevano riempito facendolo stare incredibilmente
bene.
Forse, se avesse realizzato di essere innamorato di lei,
avrebbe capito che quel surplus di emozioni con cui la stava baciando
non era altro che la gioia di un sentimento ricambiato.
Angolino
di NaNa***
Eccomi
qui :D
Sono riuscita a trovare un po' di tempo per aggiornare, ma
il prossimo capitolo è davvero un'incognita. Non ho proprio
idea di quando potrò ri-permettermi un po' di tempo per
scrivere :( Sorry.
Allora, parlando del capitolo:
- La
scena iniziale è quella della 2x01. Voglio precisare che tutte
le scene riportate hanno un loro fine specifico in questa storia
(nulla è messo a caso, e anche il fatto che i capitoli abbiano
una data ha il suo perché^^)
- Il libro che Summer sta
leggendo, ovviamente, è “Il ritratto di Dorian Gray”
di Oscar Wilde; ed anche la frase a inizio capitolo è presa da
quel libro
- Spero di non aver urtato la sensibilità
religiosa di nessuno (essendo atea, ho scritto cercando di starne
fuori il più possibile. Non è mia intenzione entrare
nel merito di queste cose; ho solo riportato un dialogo, così
come me lo sono immaginato^^)
- Spero che i personaggi non siano
risultati ooc
- Come sempre, prima li creo e poi li distruggo xD
(Bree, Blair, Kendra...Faccio stragi!!!xD) Chi sarà il
prossimo? xD
- Riconosco che questo capitolo è un vero e
proprio azzardo, ma a me piace e spero che a qualcuno sia piaciuto
altrettanto.
- Ultima cosa: Klaus a volte mi arrapa più di
Damon (non so quanto vi possa interessare, ma è così
xD)
Ho aperto un account facebook - nanabianca
efp – e se qualcuno vuole può aggiungermi. A me non
può fare altro che piacere^^
Come sempre, spero che il
capitolo non vi abbia deluso, annoiato o fatto letteralmente schifo
xD
Come vi ho già detto, il
prossimo capitolo si farà attendere quanto questo se non di
più :( Sono
davvero dispiaciuta ma non posso fare altrimenti – come se
fregasse a qualcuno della mia assenza xD – comunque, tengo a
scusarmi lo stesso.
Ringrazio:
Le persone che
mi lasciano il loro parere – vi
adoro *.* -
Tutte
le persone che hanno aggiunto la fic nelle
Preferite/Ricordate/Seguite
E tutti i lettori anonimi.
Prima
di salutarvi, vorrei consigliarvi una fic su Klaus “Shattered
- Take me Home To my Love” della bravissima EleanorMair.
E' solo
all'inizio ma è una fic davvero intrigante (nonché
scritta benissimo)^^
Adesso è davvero tutto^^ quindi
vi saluto. Un grosso bacione!!!