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Autore: Ariel Winchester    05/02/2012    9 recensioni
[Dal capitolo 19° "Frozen"]
Ma cosa avevo in mano per poterlo riportare indietro? Avevo usato il fuoco, il sangue e la violenza: tutto quello che lui conosceva meglio, ma non era servito.
Cosa avrebbe potuto risvegliarlo allora?
Me.
Quella voce giunse nella mia testa, alleviò la disperazione e assopì improvvisamente tutti i miei pensieri. Forse avevo sbagliato a cercare di svegliare Klaus facendo leva sulla sua forza, forse dovevo puntare su una debolezza. Lui aveva paura di restare solo, se gli avessi fatto capire che non lo era, forse sarebbe tornato.
Allungai la mia mano priva di guanto verso la sua, era fredda e rigida ma intrecciai le mie dita tra le sue, in modo che lui potesse sentirmi vicina a lui.
Non sei solo Klaus, io ci sono.
Quindi torna, ti prego.
Chissà quanto tempo era ancora passato: lui era immobile, io lo ero con lui, ma tutto intorno a noi andava avanti. Solo noi eravamo fermi nel tempo, mentre tutto là fuori continuava a muoversi.
Perché non si svegliava?
Singhiozzai, sentendomi inabilitata a trattenerli troppo a lungo e posai la testa sulla spalla di lui. La colpii con delle piccole testate, sperando che lui mi sentisse.
Ma rimase congelato, non si mosse e non ascoltò le parole che volevo trasmettergli attraverso le nostre mani congiunte. Strinsi più forte la presa, perché avevo ancora l'insano desiderio che lui potesse sentirmi.
Ma non fu così, lentamente il sonno vinse sul mio corpo.
Klaus.
Era finita, ero rimasta sola e probabilmente sarei morta assiderata quella notte. Gli occhi si chiusero sulle mie ultime lacrime, le lasciarono scorrere lungo la mia pelle, mentre lentamente lasciavo la realtà e raggiungevo i miei sogni.
La mia mano però non abbandonò mai quella di Klaus.
[Fic revisionata fino al 9° capitolo]
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Katherine Pierce, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Salt In Our Wounds-

Love is insane and baby

we are too

It's our hearts little grave

and the salt in our wounds

(H.I.M- Salt In Our Wounds)

Solo allora mi fu chiaro perchè Elijah non avesse preso parte alla mia festa e perchè mi avesse chiesto di aspettare in salone il più possibile: la ragazza trovata cadavere sul nostro letto era scomparsa durante la festa ed Elijah l'aveva cercata per tutto il tempo.

Ma Mikael voleva che io e Katerina la trovassimo, per mostrarci che poteva colpire di nuovo e arrivare sempre più vicino a noi. Ma era stato Joshua il suo tramite fino ad allora, voleva dire che era stato lui a colpire quella volta?

In quel momento ci trovavamo sedute in sala, gli invitati avevano lasciato la festa ed eravamo così rimaste con i fratelli originali e Philippe. Nonostante Katerina fosse la più scossa tra noi due, mi teneva un braccio dietro le spalle e giocherellava con un ciuffo dei miei capelli.

Sentivo la sua spalla tremare contro la mia, era ancora sconvolta per quello che aveva visto quella sera. Di fronte a noi, su una sedia vicino al tavolo, sedeva Rebekah sulle gambe di Philippe.

Era così rilassata che, se non avessi saputo la verità riguardo quegli efferati omicidi, avrei potuto sospettare che ne fosse lei l'artefice.

Elijah stava in piedi accanto alle nostre sedie, il viso aveva un'espressione più dura rispetto alle altre volte. Non doveva sopportare l'idea che uno dei suoi incubi peggiori fosse così vicino alla sua famiglia e ai suoi cari. Per come lo conoscevo, potevo immaginare quanto il fatto che non potesse risolvere da solo quella situazione, lo stesse logorando.

Non è possibile che sia successa una cosa simile...” sussurrò mia sorella, le posai una mano sulle ginocchia e lanciai un'occhiata ad Elijah che, in quel momento, ci stava osservando entrambe.

Rebekah scoccò la lingua. “Qualcuno ha voluto lasciare un regalino a tua sorella a quanto pare...” disse e ci lanciò uno dei suoi peggiori sorrisetti.

Katerina non si era ancora abituata al modo di lanciare frecciatine di Rebekah, perciò sbarrò lo sguardo incredula quando si sentì dire una frase simile.

Bekah, taci per favore.” le ordinò Elijah, senza uscire dal suo essere educato ma deciso allo stesso tempo. La sorella non osò replicare, se le avesse rivolto Klaus una frase simile, ero certa che se lo sarebbe mangiato vivo. Quei due erano della stessa pasta.

Pensando al diavolo, Klaus tornò rapidamente da noi. Era scomparso da minuti e, sinceramente, non ne avevo nemmeno sentito la mancanza.

Dev'essere stato uno spettacolo terribile.” disse, fingendosi quasi dispiaciuto. Aveva in mano due bicchieri d'acqua, ne porse uno a mia sorella, poi si rivolse a me. “Mi dispiace sopratutto che sia stato rovinato il tuo compleanno, Iry.”

Mi lanciò un sorrisetto, lo guardai di sottecchi mentre mi porgeva uno dei due bicchieri. La tentazione di rovesciarglielo addosso era tanta, ma mi limitai a guardarlo più freddamente che potevo. Il compleanno era già stato rovinato da lui e dal suo caratteraccio, il cadavere sul nostro letto aveva solo completato l'opera. Presi il bicchiere, quando mi resi conto che lo stavo fissando troppo a lungo e con troppa rabbia.

Ma non lo ringraziai come aveva fatto Katerina.

Elijah restò immobile accanto a noi, ma il suo sguardo vigile era rivolto ai movimenti e alle azioni del fratello.

È impossibile che sia stata opera di un animale...” disse mia sorella, tremando come una foglia.

Quella frase mi spaventò, se mia sorella fosse arrivata alla conclusione che ci fosse una specie di assassino che ci voleva morte, sarebbe potuta anche arrivare alla verità sui vampiri.

Rimasi a fissarla così a lungo, stringendo il bicchiere tra le mani, che nemmeno mi accorsi che Klaus aveva preso una sedia e mi si era seduto accanto. Intanto, Katerina continuò a giocare con i miei capelli. “C'è qualcuno che fa del male a quelle ragazze, dev'esserci un essere umano dietro a tutto questo.”

Non è così Katerina...” disse Elijah, ma il suo non era un discorso che avesse un vero fondamento purtroppo. Era chiaro che non ci fossero motivazioni plausibili che potessero nascondere la verità, era troppo evidente ormai.

Mi accorsi che Katerina aveva entrambe le mani, attorno al bicchiere.

Allora chi era che giocherellava con i miei capelli? Mi voltai verso Klaus e lo vidi sorridermi, mentre intrecciava una ciocca dei miei ricci attorno alle proprie dita. Istintivamente gli diedi uno schiaffo sul braccio e attirai l'attenzione di tutti su di noi, possibile che nonostante la situazione lui continuasse a volersi divertire ad ogni costo?

Niklaus, la puoi smettere?” disse Elijah duramente. Katerina intanto si voltò verso di noi, fortunatamente non si era accorta di nulla e vide solo il mio corpo che dava le spalle a quello di Klaus. Con la cosa dell'occhio, notai che lui stava spalancando le braccia.

Sto solo cercando di essere d'aiuto, fratello.” disse. Non capivo perchè era così divertito con tutto quello che era successo quella notte, c'era qualcosa sotto il suo comportamento che non mi era chiaro. Come al solito.

Elijah lo guardò freddamente, ma non disse nient'altro. Katerina abbassò lo sguardo preoccupata e trattenni il fiato.

Quanto avrei voluto che dimenticasse.

Quel pensiero mi fece rabbrividire quando il mio sguardo cadde sul bracciale che portava al polso, perchè era una cosa che avrei davvero potuto permettere. Ma non mi andava di violare la mente di mia sorella, non dopo tutte le volte che Klaus si era preso il diritto di farlo.

Però, introdurre una persona innocente come mia sorella in quel mondo, mi sembrava un'ingiustizia.

Elijah, ti posso parlare in privato?”

Mi voltai verso Klaus, quando lo sentì pronunciare quella frase. I suoi occhi si posarono un attimo su di me e compresi che aveva messo in atto qualcosa che forse non mi sarebbe piaciuto. Quando mi sorrise, gli diedi di nuovo le spalle e guardai Elijah.

Sembrava combattuto nel volerlo seguire, ma alla fine non poteva fare altrimenti. La sedia di Klaus cigolò, segno che si era appena alzato e li seguì con lo sguardo mentre uscivano dalla sala.

Qualunque cosa avesse in mente Klaus, io la volevo sapere.

Morsa dalla curiosità, decisi di fare quello che tutti chiamavano origliare.

Se quel bastardo aveva in mente qualcosa, doveva per forza riguardare me e mia sorella. Il suo sguardo, l'unica cosa che non riusciva a coprire con quel suo sorriso beffardo, mi aveva lasciato intendere chiaramente che aveva preso una decisione delle sue.

Dove vai?” mi chiesero all'unisono Katerina e Rebekah, quando mi videro alzarmi in piedi. Kat mi prese per il polso, poiché non voleva che andassi da sola in giro per la villa, dopo quello che era capitato. Rebekah invece, pronunciò quella frase con durezza, per farmi capire che lo schiaffo che le avevo dato poteva rivoltarmisi contro, in caso avessi combinato qualche danno.

Era strano aver sentito le loro voci accavallarsi, perchè erano molto simili in fondo ma avevano una profondità ben diversa. Non risposi alla vampira, lanciai un'occhiata a mia sorella e le dissi che dovevo andare in bagno. Rebekah finse di crederci e si distese ancora di più sull'ampio petto di Philippe. Ma almeno con entrambi, Katerina era al sicuro: nessuno dei due avrebbe osato farle del male, sotto lo stesso tetto di Klaus.

Mi allontanai così rapidamente e raggiunsi il punto da cui sentivo provenire dei sussurri. Di due voci che si rincorrevano e che riportavano nell'aria diverse emozioni che non riuscì a cogliere.

Provenivano da un punto in fondo al corridoio, dove una porta era socchiusa e una debole luce si rifletteva sul pavimento in un piccolo spiraglio. Attraversai velocemente l'oscurità, sforzandomi di non produrre nessun rumore che potesse giungere all'orecchio di un vampiro.

Mi fermai accanto alla parete e tesi l'orecchio in ascolto: Klaus ed Elijah erano in biblioteca, riuscì a scorgerli mentre parlavano l'uno di fronte all'altra, ad una vicinanza che faceva quasi paura, vista la fiamma del cammino che bruciava dietro di loro e illuminava i loro corpi.

Avevi detto che questa cosa era stata risolta...e invece non è così, Elijah. Che sta succedendo?” stava dicendo Klaus, mi sembrò quasi umano in quel momento. Sembrava un uomo che si preoccupava per l'incolumità della propria casa e della propria famiglia. Ma il più umano dei due era sicuramente Elijah: lui era ancora fermamente convinto nel non voler far preoccupare il fratello.

Mikael era ancora una cosa astratta e non aveva prove che potesse provare che ci fosse davvero lui dietro a quella storia. Anche se era quasi evidente e dubitavo che Klaus non ci fosse arrivato.

C'è ancora qualcun altro che trama alle nostre spalle, ma lo troverò. Hai la mia parola.” rispose Elijah, ma il suo fare protettivo era oscurato da una rabbia percettibile. Sembrava quasi non vedesse l'ora di allontanarsi da Klaus, ma il fratello fece finta di nulla.

Appena vide che Elijah stava per allontanarsi, gli posò una mano sulla spalla. “Dobbiamo intanto cancellare la memoria di Katerina. Sa troppo.” disse. Deglutì, quando mi accorsi che io e Klaus avevamo avuto lo stesso pensiero. La cosa mi fece sentire molto sporca dentro, non volevo avere, oltre al mio passato, anche i miei pensieri accomunati ai suoi.

Elijah volse la testa verso di lui e il suo sguardo sembrò ghiaccio. “C'è un'altra persona a cui bisogna chiedere prima...” disse e captai subito il chiaro riferimento a me. Malgrado tutto, la cosa mi fece trovare la forza di sorridere.

Fu la risata di Klaus a spegnere tutto. “A chi ti riferisci? Alla ragazzina che sta origliando la nostra conversazione?” chiese. A quel punto tremai e trattenni il fiato, non avevo nemmeno più il coraggio di guardare dentro la stanza, nonostante fossi stata beccata in pieno.

Vieni fuori, little sweetheart. Sento il rumore del tuo respiro da qui!” mi chiamò Klaus, sempre con quella sua voce talmente profonda da farmi tremare dentro.

Chiusi gli occhi, avevo una gran voglia di tirarmi indietro e di correre via, anche se era troppo tardi.

Ma non volevo farla vincere di nuovo a Klaus. Mi feci forza e decisi di entrare nella stanza, quando Elijah mi vide apparire sulla soglia della porta, disse qualcosa a denti stretti che non riuscì a percepire. Ma Klaus lo interruppe prima di farlo finire, mi fece segno di avvicinarmi e io non potei che obbedire.

Ti dirò una cosa in due secondi veloci, Iry. Io voglio manipolare la mente di tua sorella, affinché dimentichi tutto e non te lo dico perchè voglio il tuo permesso..” Klaus fece dei passi verso di me, quando si accorse che mi ero improvvisamente fermata. “Te lo dico solo perchè non voglio che ti metta poi in testa qualcosa che potrebbe farmi seriamente perdere le staffe. Mocciosa avvisata, mezza salvata, non trovi?”

Pronunciò quelle parole quasi ringhiando, la cosa non mi spaventò ma mi procurò una rabbia incredibile. Avrei voluto colpirlo con tutta la forza che avevo in corpo, anche se non sarebbe servito a nulla. Vedendo che mi stavo mordendo le labbra e spaccando i pugni per restare calma, Klaus sorrise e fece un altro passo verso di me. Teneva le mani dietro la schiena, sapeva che non gli servivano per intimidirmi o per farmi andare fuori di testa: a lui bastava un sorriso per vincere.

Mi hai capito?” chiese, fece un altro passo verso di me e in quel momento Elijah si parò davanti a lui. Lo fece con una velocità unica, che sorprese persino il suo stesso fratello, osservai il volto di Klaus assumere un aspetto a dir poco infastidito, mentre osservava il volto di Elijah di fronte a sé.

Le sue spalle però, per poco mi impedivano di vedere completamente il volto di Klaus.

Io penso che tu debba smetterla di minacciarla. Mi sembra davvero poco galante, Niklaus.” Elijah parlò con una freddezza mista a calma che mi fece tremare.

Era di nuovo uscito il suo lato da vampiro, quello che io non avevo ancora ben sperimentato, ma che non avrebbe tardato ad uscire a quanto pareva. Era strano, come invece di Klaus avessi conosciuto solo il lato mostruoso e mai quello umano. Sempre se quest'ultimo esisteva ancora, disperso nell'oscurità che sembrava averlo completamente divorato dall'interno.

Klaus sorrise, rivolse lo sguardo verso di me piegando la testa e ridusse gli occhi a due fessure. “Hai fatto la spia riguardo al nostro piccolo segreto, vero?” mi chiese, Elijah cercò ancora di coprirmi con le sue spalle. Intanto presi dei lunghi respiri per restare calma.

Klaus scosse la testa. “Adesso sì che ho davvero voglia di dirlo a tua sorella.” ridacchiò. “Voi Petrova siete davvero brave a rovinare rapporti fraterni...stavolta voglio avere io questo ruolo.”

Feci un passo verso di lui, con la stupida ma ferma convinzione di volerlo sfidare. Fu Elijah a fermarmi, prendendomi i polsi prima che potessi anche solo provare a colpire Klaus.

Non voleva difendere il fratello, voleva solo difendere me.

Purtroppo, era chiaro a tutti e tre che la più debole ero io e che sarei stata io quella a subire la sconfitta da parte di Klaus. “Irina, lascia stare.” mi sussurrò Elijah, mentre Klaus alle sue spalle rideva della mia espressione furiosa. Ci godeva sul serio, come un bambino che giocava e si divertiva in un parco fatto di paura e rabbia. Perchè Klaus sembrava conoscere solo quei due sentimenti.

Sei davvero così patetica?” mi chiese. Il termine patetica mi si addiceva davvero in quel momento, ma sentirlo uscire dalla sua bocca mi mandava fuori di testa.

Irina, lascialo perdere.” rimarcò Elijah, allora posai finalmente lo sguardo su di lui. Dai suoi occhi scuri, capì che lui si stava seriamente trattenendo, mi sembrava di scorgere quella luce di rabbia che si accendeva e spegneva dentro di lui. Ma Klaus era suo fratello ed era pericoloso, era logico che volesse trattenersi nel miglior modo possibile.

Klaus smise di ridere, il suo sguardo si posò sulle spalle di Elijah. Divenne freddo, di un freddezza che ghiacciava così tanto le sue emozioni da non lasciar trapelare nulla.

Mi calmai e mi strinsi le braccia al petto sforzandomi di non guardare più Klaus, Elijah mi restò di fronte probabilmente perchè nemmeno lui voleva guardarlo.

Facciamo un patto, Iry.” esordì improvvisamente Klaus, affiancò il fratello in modo che non venissi più nascosta dal suo corpo. Una cosa che provocò l'accendersi di un'altra luce negli occhi di Elijah. “Io cancellerò il ricordo di quel cadavere dalla mente di Katerina e ti prometto che non abuserò più di questo mio potere.”

Lo studiai a lungo per capire se fosse sincero o meno, ma che forma aveva la sincerità sul viso di qualcuno che non sapeva cos'era fare del bene? Smise di sorridere e assunse un'espressione quasi umana, che ogni volta mi faceva dimenticare quanto lo detestassi.

Odiavo me stessa in quei momenti, come al solito.

Però...tu devi smetterla di tramare alle mie spalle, perchè è una cosa che non sopporto.” disse poi, storcendo la bocca in una smorfia quasi da bestia.

Sei tu che l'hai spinta a tramare alle tue spalle, Klaus. Tutti i tuoi rapporti si basano sulla rabbia e la paura, anche se li instauri con chi non vuole farti del male!” gli ricordò Elijah, usando più o meno le stesse parole che avrei usato io in quel momento.

Klaus lo ignorò, come se le sue parole fossero vento. “Vuoi fare questo patto con me o no?” mi chiese ancora. Elijah ci guardò, non capì perchè ma avvertì un barlume di fiducia dentro di me, mentre osservavo lo sguardo di Klaus. Forse quella poteva essere la volta buona in cui avrebbe dimostrato che c'era qualcosa in lui. Chiusi gli occhi, quando mi accorsi che ci stavamo guardano a lungo, come se cercassimo qualche prova l'uno nell'altra.

Annuì, sperando che il mio sesto senso non si sbagliasse. Elijah rimase visibilmente sorpreso dal modo in cui abbassai le difese così facilmente. Klaus sorrise. “Va bene allora, il bracciale tornerà al suo posto appena finito.” disse, mi superò dandomi quasi una spallata.

Non mi voltai per guardarlo andare via, rimasi a guardare Elijah e sentì la porta chiudersi alle mie spalle. Mi sembrò di essere finalmente tornata a respirare e mi morsi il labbro.

Elijah mi stava guardando, ma la sua espressione lasciò trasparire quello che mi sembrava fastidio.

Perchè ti sei fidata di lui così prontamente?” mi chiese Elijah, mi guardò profondamente ed ebbi la conferma che la mia stupida decisione lo aveva parecchio stupito e irritato.

Anche perchè si trattava di Katerina, ma non volevo più vederla spaventata in quel modo.

Poi, Klaus sembrava volerla comunque al sicuro, anche se il motivo non mi era ancora ben chiaro. Abbassai gli occhi e mi grattai la fronte, qualcosa dentro il mio petto sobbalzò, ricordandomi che si parlava di Niklaus, il mio più grande incubo dopo Bell e Mikael.

Elijah fece un passo verso di me e mi posò una mano sulla spalla. Sospirò e sembrò voler cambiare discorso. “Mi dispiace che il tuo compleanno sia stato rovinato in questo modo..” disse.

Ci guardammo a lungo, la sua mano poi raggiunse i miei capelli vicino all'orecchio e iniziò ad accarezzarli dolcemente. Come sempre, mi sentì esplodere il petto per via di tutte quelle emozioni che il suo tocco mi procurava. Eppure, sembrava che qualcosa lo turbasse in quel momento: la sua dolcezza, la sua premura erano lontane da quelle che avevo conosciuto fino ad allora. “Lo fermerò, non gli permetterò più di avvicinarsi a te e a tua sorella. Te lo giuro sulla mia vita.” disse ancora. Il suo pollice sfiorò la mia guancia, ma i suoi occhi non incontrarono più i miei. Cercò di allontanarsi, dandomi così la conferma che avevo sbagliato qualcosa e non mi chiesi cosa. Già lo sapevo. Lo fermai, prendendogli la mano.

Lui non si voltò subito, studiò a lungo un punto di fronte a sé e poi decise di guardarmi. Capì subito che volevo sapere cosa lo aveva indisposto in quel momento, ma sembrava titubante nel volermi rivelare ciò che aveva dentro di sé.

Io non voglio che tu ti fidi di Klaus.” disse, con voce dura pochi secondi dopo, guardando qualcosa alle mie spalle che doveva interessargli di più di me in quel momento.

Gli lasciai la mano e distolsi lo sguardo da lui. “Sei la tipica persona che non sa odiare e posso immaginare come sia facile per Klaus giocare con te e guadagnarsi falsamente la tua stima. Ma io non voglio permetterlo, perciò cerca di non dare una mano alla sua follia.”

Ci guardammo di nuovo, ma più a lungo. Poi qualcosa non gli permise più di sostenere il mio sguardo e si allontanò rapidamente.

Presi un lungo respiro, ma non bastò per sopprimere quello che avevo dentro in quel momento. Mi sentivo distrutta e avevo timore di aver sbagliato tutto. Per la prima volta mi accorsi che era stato Elijah a farmi sentire così. Non perchè mi avesse fatto del male, ma perchè aveva messo in evidenza un altro mio lato debole che non conoscevo. Anche Klaus metteva sempre in mostra i miei punti deboli, ma Elijah lo aveva fatto per il mio bene, per proteggermi come al solito.

Lasciai così la stanza anche io, accompagnata unicamente dal vuoto che provavo dentro di me.


Klaus ci affidò due camere separate, la cosa mi fece pensare parecchio ma mi sforzavo di credere che non fosse per forza un piano per controllarci meglio entrambe. Dalla sera prima, non le parlai più e la trovai addormentata nel suo letto. La paura era scomparsa dal suo viso, mentre la osservavo dormire beatamente sotto le coperte. Decisi di restare con lei quella notte, a dormire sulla sedia per non lasciarla sola.

Non mi andava di restare sola e non mi andava nemmeno di lasciare sola lei, dopo quello che era successo e dopo quello che le avevo fatto. Dormicchiai a momenti, mi svegliavo di soprassalto ogni tanto e mi sentivo il cuore in gola quando rivedevo l'immagine di quel cadavere sopra il nostro letto. I suoi occhi vitrei e le sue labbra aperte in un ultimo e soffocato grido.

E la prossima poteva essere Katerina, non potevo permetterlo.

Avrei preferito morire io al suo posto.

Per combattere il sonno, decisi di pensare nuovamente al foglio di papiro che ero riuscita a prendere prima che i nostri effetti personali cambiassero stanza, lo avevo nascosto in un altro posto che speravo fosse sicuro quanto il precedente. Ripensai alla parola posta tra il sole e la luna e mi convinsi che dietro di essa c'era un'altra verità a cui dovevo arrivare.

Guardai il sole sorgere fuori dalla finestra, lo avevo atteso così a lungo quella notte che fu un sollievo per i miei occhi incontrare i suoi raggi.

Un rumore mi fece sobbalzare, mi voltai verso la porta della camera di Kat e vidi Elijah apparire sulla soglia. Rivederlo dopo le sue parole della notte prima, mi fece dimenticare orrore, paura e senso di colpa che in quel momento mi stavano uccidendo. Mi fece segno di non far rumore e di raggiungerlo fuori, cosa che feci prontamente lanciando un'ultima occhiata a mia sorella.

Vieni con me.” si limitò a dire lui, quando fui al suo fianco. Non mi diede altre spiegazioni e obbedì, il sole stava sorgendo sotto un mare di nuvole, faceva fresco quella mattina.

Più del solito.

Elijah mi condusse nel mezzo della foresta, dove gli alberi erano più alti e i rumori della natura erano più forti e profondi. Il vento ci investì, con una forza inaudita e qualche foglia ci circondò, mentre si faceva trasportare da esso. Mi chiesi perchè mi avesse portato là e non lo capì nemmeno quando si fermò a pochi passi da me, dandomi le spalle.

Lo vidi solo togliersi la giacca che portava sulle spalle e restare così con una maglia senza maniche, che metteva in risalto i muscoli delle sue braccia. Rimasi immobile, come al solito non potei fare a meno di tracciare con lo sguardo le linee del suo corpo. Si voltò verso di me e mi guardò deciso, per la prima volta paragonai il suo sguardo a quello di Klaus.

Enigmatico e difficile da tradurre.

Hai ancora il pugnale con te?” mi chiese, avvicinandosi di qualche passo a me.

Si fermò a pochi centimetri e il modo in cui il suo viso mostrava una ostentata durezza, mi destabilizzava parecchio. Cosa aveva in mente di fare? Annuì e mi piegai per prenderlo sotto la gonna, ma lui mi fermò con la mano. “No, non prenderlo. Volevo solo assicurarmi che lo avessi ancora su di te.” disse.

Un rumore ruppe il silenzio, fu il volo di un uccello che veniva ostacolato dai rami degli alberi ad averlo provocato. Avevo alzato lo sguardo spaventata, colpa probabilmente della nottataccia che avevo passato e della strana sensazione che mi stava pervadendo in quel momento. Mi accorsi che, per tutto il tempo in cui il mio sguardo era rivolto verso il cielo, Elijah aveva distolto lo sguardo da me e aveva preso qualcosa che nascondeva nella cintura.

Un paletto di legno, molto spesso e dalla punta parecchio appuntita.

Osservai l'arma, con il sangue che mi si gelava nelle vene. Mi fu per un attimo chiaro cosa avesse in mente di fare, ma sperai vivamente di sbagliarmi perchè conoscevo i miei limiti.

Prendilo.” mi ordinò Elijah, lasciandomi intendere che non avevo alternative.

Eppure non mi mossi, fu costretto lui a prendermi la mano e a cingerla attorno al legno del paletto. Le sue dita chiusero le mie sopra quell'arma, alzai lo sguardo su di lui mentre teneva gli occhi fissi sulle nostre mani vicine sopra il paletto.

E ora colpisci al cuore.”

Lo guardai sconvolta, le sue mani tirarono le mie, fino a portare la punta del paletto nella zona del suo petto, dove secoli prima aveva battuto il suo cuore, ora immobile ma pur sempre vivo secondo me. Scossi la testa, non mi serviva che lui mi dicesse che quell'arma non gli avrebbe mai fatto nulla, non riuscivo nemmeno ad immaginare il pensiero di poterlo colpire.

Era più forte di me.

Irina, mi farai solo un po' male, ma non mi ucciderai.” disse lui, piuttosto duramente.

Vedendo la mia ostinazione nel non volerlo colpire, strinse un po' di più la presa sulla mia mano. La punta del paletto premette ancora di più sul suo petto.

Purtroppo non posso insegnarti a difenderti da Mikael, lui è troppo forte e spero vivamente che non osi mai arrivare a colpirti davvero.” disse, a denti stretti. “Ma c'è ancora qualcuno di cui si serve, qualcuno che avrebbe potuto ucciderti ieri notte, al posto di quella ragazza. E io non c'ero.”

Allora mi fu chiaro quanto lo turbasse il fatto che non era riuscito a prendere il colpevole di quell'efferato omicidio. Da bravo uomo d'onore quale era, non sopportava non aver risolto la situazione.

Voglio evitare che succeda di nuovo, voglio che tu sia pronta a mettere da parte la tua paura, la tua umanità e che impari a difenderti senza aver paura di fare del male.” continuò Elijah. “Con Joshua lo hai fatto, ma solo perchè dovevi scegliere tra me e lui. Tra te e il nemico, saresti capace di redimere il tuo nemico.”

Non capì subito il discorso di Elijah e ci misi un po' per collegarlo a quello che era successo la sera prima con Klaus.

Klaus era il mio nemico e io avevo abbassato la guardia, lasciando che nutrissi della fiducia per lui. Gli avevo permesso di portare la paura che dovevo nutrire per la sua figura in un angolo nascosto del mio cuore e della mia mente, dove non poteva più raggiungermi. Ma lo avevo fatto solo perchè, almeno così pensavo, Klaus voleva il bene o almeno la serenità di Katerina.

Per questo mi ero fidata, lo avevo fatto per lei. Anche se ero certa di aver sbagliato.

Ma era un discorso ben diverso quello tra la storia di Joshua e quella di Klaus: nel primo caso io lo avevo ucciso per difendere Elijah, nel secondo caso io mi ero fidata per proteggere Katerina.

Perciò poteva essere seriamente quella la cosa che aveva fatto scattare quel meccanismo in Elijah? Forse voleva solo farmi capire, che perdonare e fidarsi erano due decisioni che non dovevo prendere con estrema facilità. Come avevo fatto con Klaus.

Avrei dovuto combattere, più per me stessa in quel caso, e lasciare che la mia umanità venisse sostituita da una specie di spirito di sopravvivenza. Dovevo sempre riconoscere il mio nemico e saperlo combattere anche se dovevo solo difendere me stessa.

Ecco cosa voleva dire Elijah.

Lui strinse più saldamente la mia presa attorno al paletto e mi tirò a sé, sentì il suo respiro sul viso, mentre la punta dell'arma quasi perforava il centro del suo petto. Avrei voluto ritrarmi, ma lui me lo impediva con la sua mano. “Colpisci, ora e con tutta la forza che hai in corpo.”

Non volevo farlo e lui non poteva obbligarmi.

Guardai il suo viso con decisione e lui piegò la testa da un lato.

Non lo faresti mai, eh?” mi chiese, alzando la bocca verso destra, come se lo divertissi in qualche modo. Abbassai lo sguardo, era quel “mi farà solo un po' male” che mi bloccava, ma anche il fatto che non avessi alcuna intenzione di colpire in pieno petto Elijah.

Va bene.” disse, lasciò la mia mano e nemmeno mi accorsi che era scomparso.

In un baleno, come un lampo che illumina la notte più buia per un un solo, breve istante, prima di lasciar tornare l'oscurità. Mi guardai attorno, ma non lo trovai da nessuna parte.

Rimasi immobile, sentivo solo il verso di un uccello che gracchiava su uno dei tanti rami sopra la mia testa e il mio cuore che batteva a mille nel petto.

Trovarmi da sola, nella foresta, dopo che la presenza di Elijah mi aveva accompagnato fino a pochi secondi fa, mi fece stare male. Mi sentivo come se avessero strappato una parte del mio corpo, mi sentì debole e persa come non lo ero mai stata.

Feci qualche passo, continuando a cercare disperatamente Elijah, ma lui sembrava scomparso.

Mi fermai di colpo, quando sentì dei rapidi passi dietro di me. Girandomi però non vidi nient'altro che il centro di quel cerchio di alberi che sembravano circondarmi.

Avrei voluto gridare il nome di Elijah, per implorarlo di tornare subito.

Non mi piaceva rimanere da sola, non ci avevo realmente fatto caso fino ad allora.

Sussultai, quando sentì due mani adagiarsi sul mio collo. Non strinsero la presa, restarono solo sopra la mia pelle fredda, come per dimostrarmi che avrebbero potuto stringersi da un momento all'altro. Un respiro che conoscevo bene soffiò sui miei capelli, un respiro che inconsapevolmente fece in modo che stringessi con meno forza il paletto che avevo in mano.

Un vampiro potrebbe staccarti la testa dal collo in questo stesso istante.” disse la voce profonda di Elijah. Deglutì e rimasi immobile, con la coda dell'occhio cercai di avvicinarmi sempre di più all'immagine di Elijah alle mie spalle. “Potrebbe chinare la testa in questo preciso momento e prendere il tuo sangue. E tu, da sola, non ti sei mostrata forte come lo sei vicino a qualcuno che vuoi bene. Capisci quello che sto cercando di dimostrarti?”

La voce di Elijah era durissima e profonda, ogni parola mi provocava dei brividi lungo la schiena che non riuscivo a controllare. Le sue dita si intrecciarono sotto il mio mento. “Tu sei forte, Irina. Ma lo sei solo quando senti di dover difendere qualcuno: Katerina, me...persino Klaus. Ma da sola non riesci a trovare la forza per difenderti e questo non posso consentirtelo.”

Trattenni il fiato, mentre le sue parole si connettevano nella mia mente fino ad avere un senso logico, che anche io potessi cogliere: Elijah voleva che fossi forte anche per proteggere me stessa, perchè lui non avrebbe potuto esserci sempre. Come la sera prima, in cui mi ero quasi sentita persa quando non lo trovavo tra la folla. O quando Katerina si era allontanata dopo il nostro litigio. Non mi ero mai resa conto di quanto a fondo Elijah mi stesse facendo scoprire me stessa.

Non che credessi davvero di essere forte, ma non avevo mai fatto a quanto fossi debole da sola.

Quando non avevo altri da difendere se non me stessa.

Elijah lasciò il mio collo, permettendomi così di voltarmi verso di lui. La sua espressione era ancora dura, ma soddisfatta di avermi fatto aprire gli occhi su una realtà che non volevo conoscere. “Devi combattere anche per te stessa.” mi disse ancora. “Perchè se ti dovesse capitare qualcosa, le persone che vogliono proteggerti ne soffrirebbero.”

Lo guardai negli occhi, quegli occhi in cui ero capace di perdermi per un infinità di tempo, anche se passava un solo secondo. “E potrebbero non perdonarselo.” continuò lui, abbozzando un sorriso che, in quel momento, non sorressi. “Perciò, usa la forza che impieghi nell'amare gli altri, anche per amare te stessa. Combatti anche per salvare la tua di vita, perchè come ti ho già detto per molte persone è importante.”

Mi superò, sentì le nostre spalle quasi sfiorarsi e un enorme senso di gratitudine nei suoi confronti mi pervase. Mi aveva insegnato più di quanto avessi pensato in tutto quel tempo, ero cambiata grazie a lui, ma solo allora me ne accorsi: mi aveva insegnato a come sconfiggere una mia debolezza che non credevo nemmeno esistente, mi aveva insegnato una lezione di lotta e umanità che non avrei mai imparato se non ci fosse stato lui.

Amarsi e combattere anche per sé stessi, una unione che anche lui doveva aver imparato nel corso dei secoli in cui aveva vissuto. Si voltò verso di me per un attimo e mi sorrise, il vento gli scompigliò i lunghi capelli castani e li portò sui suoi occhi.

Sai a chi ho detto parole simili a queste, tempo fa?” mi chiese.

Scossi la testa, mi sembrava ancora di sentirmi astratta e portata via dal vento, come se fossi una fogliolina. Elijah alzò gli occhi verso il cielo e mi parve di vedere della nostalgia nel suo sguardo.

Ad una persona che, come te, combatteva per coloro che amava ma non per sé stesso.”

Tornai in me e capì subito a chi si riferiva, non era difficile da cogliere il paragone.

Klaus.

Elijah tornò a guardarmi e qualcosa si spense di nuovo nel suo viso. “Ma quella persona è morta da secoli ormai.” disse. La nostalgia era scomparsa dal suo volto, lasciando posto ad una amarezza che doveva tormentarlo da secoli. “Né io, né nessun'altra delle persone che gli stavano attorno, è riuscito a salvarlo dall'oscurità in cui lentamente e nel tempo stava precipitando sempre di più....per questo, non voglio che tu abbassi così facilmente la guardia con Klaus.”

Lo osservavo attentamente, mentre sul suo viso la lotta interiore tra l'affetto che provava per suo fratello e quello che provava per me, sembrava riflettersi nei suoi occhi. Ero certa che Elijah volesse comunque bene a Klaus, anche se non lo dimostrava con gesti troppo affettuosi che non erano da lui, ma riconosceva al tempo stesso che suo fratello non era una persona di cui ci si poteva fidare.

Ritorceva tutto quello che gli davi, in qualcosa che poteva servirgli.

E io avevo abbassato la guardia troppo facilmente con lui, quando avevo deciso di provare a difendere Katerina. Ma c'era sempre quella parte dentro di me, che mi diceva che se andavo a fondo del suo animo, avrei potuto trovare una luce. Ed era quello che mi aveva spinto ad annuire e a provare a fidarmi.

Lui avrebbe potuto colpirti in quel momento. Non intendo...fisicamente, ma avrebbe potuto ferirti e tradire la fiducia che gli hai riposto.” continuò Elijah, fece un altro passo verso di me e restò poi immobile a guardarmi. Era calato il silenzio, rotto solo dal vento che aveva ripreso a soffiare incessantemente su di noi. I discorsi che Elijah faceva riguardo Klaus mi innervosivano, perchè voleva tenermi lontana da lui, ma allo stesso tempo voleva che non lo odiassi.

Mi dispiace dirlo, ma sono l'unico vampiro di cui tu possa realmente fidarti.” Elijah scosse la testa mentre pronunciava quelle parole. “Tu lo sai che non ti farei mai del male e ti proteggerò a qualsiasi costo.”

A quelle parole abbassai lo sguardo e sentì una vampata di calore che mi investì il viso, non sopportavo il modo in cui mi comportavo ogni volta che Elijah mi rivolgeva quel genere di parole. Ma non lo potevo trattenere, era una cosa che mi faceva scoppiare il petto in mille emozioni.

Quindi, usa la forza che hai dentro di te, anche se devi solo difendere te stessa.” concluse lui, mi riservò un sorriso e mi diede le spalle. Restai immobile nel punto in cui fino ad allora ero rimasta a fissare gli occhi di Elijah e ad ascoltare le sue parole.

Non avevo mai pensato che gli dovevo davvero tanto.

Era grazie a lui se era uscita fuori quella mia forza, che ancora non riconoscevo in realtà, ed era anche grazie a lui se ero andata avanti fino ad allora, malgrado volessi buttarmi giù per qualsiasi cosa. Una cosa come Bell o come Klaus.

Lo raggiunsi di corsa e mi parai di fronte a lui, Elijah si arrestò di colpo e mi osservò mentre gli mimavo parole di profonda riconoscenza. Lo feci con una velocità e con un imbarazzo che probabilmente mi avevano resa incomprensibile. Lui però sorrise divertito e volse lo sguardo verso gli alberi al nostro fianco. “Dovrei ringraziarti anche io.” disse, cogliendomi di sorpresa.

Perchè io non avevo fatto proprio nulla per ottenere parole di ringraziamento da lui.

Io avevo perso molte, troppe speranze dopo secoli. Tutti noi abbiamo perso la speranza di sperimentare di nuovo le bellezze dell'umanità....ma da quando sei arrivata qui, per la prima volta dopo secoli, mi sono di nuovo sentito umano, mortale.”

Per un attimo pensai che fosse in negativo, perchè essere mortali, temere che la propria vita o quella di coloro che si ama potesse finire improvvisamente e da un momento all'altro, non lo consideravo particolarmente una cosa bella. Anche essere umani aveva i suoi problemi.

Si soffriva più intensamente. Ma si amava con altrettanta intensità.

Elijah tornò a guardarmi. “So cosa stai pensando, che essere mortali non è una bella cosa.” disse.

Ma per me lo è stato. Non è gradevole essere un corpo freddo, Irina. Essere umani, mortali e potersi concedere di vivere ogni singola emozione, bella o brutta che sia, sentendo i richiami del proprio cuore nel petto, era una cosa bellissima. E a noi...ci è stata portata via questa bellezza.”

Non avevo mai pensato che Elijah soffrisse così tanto per il suo essere vampiro, avevo capito che non era una cosa che lo rendeva felice, ma nemmeno che lo uccideva in quel modo. Scacciò la tristezza dal suo viso, con un altro sorriso che portò anche le mie labbra ad allargarsi sul mio volto.

Poi sei arrivata tu e...non lo so. Ho iniziato a ricredermi in molte cose.” disse divertito. Sorrideva in una maniera che trovavo dolcissima. Anche se il suo volto era sempre stato di marmo, mi resi conto che avevo sempre trovato dell'umanità in lui. Sia quando non sapevo che era un vampiro, sia quando la verità era diventata chiara ed evidente.

Lui era umano, anche se il suo cuore non batteva più da secoli. E io così lo vedevo.

Perciò...credo che ti debba anche io un grazie, non trovi?” concluse Elijah. “Hai appena sedici anni e hai insegnato più tu quanto tu stessa conosca ad un vampiro vecchio di secoli.”

Sorrisi, anche se dubitavo di aver davvero insegnato qualcosa ad un uomo come Elijah. Pensai che lui aveva solo represso la parola affetto, ma che il suo concetto era sempre rimasto assopito in un angolo del suo cuore, in attesa di essere risvegliato. Io non avevo fatto nulla di che, era lui ad essere parecchio umano. In quel momento, un pensiero mi attraversò la mente, una frase dettata da una voce lontana ma che conoscevo bene, mi stava facendo notare un particolare di cui ero a conoscenza, ma che continuavo ad ignorare per paura di soffrire.

Quella voce proveniva da un punto dentro di me, pochi centimetri più in basso al mio viso e nel centro di quello che era il mio petto. Istintivamente mi portai la mano sopra quel punto e premetti, qualcosa là dentro stava battendo all'impazzata. Elijah osservò l'espressione improvvisamente seria sul mio viso. “Che hai?” mi domandò.

Alzai lo sguardo su di lui e presi un lungo respiro, mai come allora avrei voluto avere voce per poter lasciar parlare quella voce che avevo nascosta dentro di me.

Ma c'era sempre qualcuno che doveva darmi del filo da torcere. E se non era Klaus, si trattava della sua degna copia al femminile. “Per la miseria, guarda come ti fissa i muscoli, fratello!” disse la voce di Rebekah, non mi voltai verso di lei, ma solo perchè la vedevo con la coda dell'occhio, mentre se ne stava con la schiena sulla corteccia di un albero, le braccia strette al petto e lo sguardo rivolto verso di noi. Elijah la guardò, ma non disse nulla.

Le Petrova sono anche delle depravate, su questo non ci piove.” disse, sentì i suoi passi avvicinarsi a noi e allora la guardai. Indossava un abito verde smeraldo e portava i capelli legati in una coda di cavallo che gli ricadeva sulla spalla sinistra. Un ciuffo di capelli era raccolto da un lato con un fermaglio a forma di fiore. “Che ci fai qui, Bekah?” le chiese Elijah, socchiudendo un attimo gli occhi infastidito. Rebekah fece finta di nulla, alzò le spalle e mi lanciò un'occhiata.

Quando ricambiai, mi ricordai del ceffone che le avevo dato alla festa e del fatto che non avessi nulla di rotto dopo averlo fatto, perciò dovevo aspettarmi da un momento all'altro che la bionda si vendicasse. “Non preoccuparti, non sono venuta ad interrompere la tua opera di carità.” disse. “Ma solo a farti vedere che l'ho ritrovato!”

Mise un mostra un sorriso che mi parve sincero, mentre mostrava al fratello il bellissimo ciondolo che aveva al collo. Aveva un pendente ovale, con delle piccole pietre verdi incastonate all'interno. Era simile a quello che avevo io al collo e che, istintivamente, strinsi nella mano.

Notai che lo sguardo di Elijah si fece di nuovo nostalgico. “Klaus te l'ha ridata?” le chiese.

Veramente gliel'ho rubata.” precisò Rebekah, come una bambina che ammetteva di aver commesso una marachella che l'aveva divertita. “Nostra madre ha sempre voluto che la tenessi io, no? Anche perchè ero l'unica figlia femmina!”

Rebekah si era dimenticata della mia presenza e solo per quel motivo nominò la madre davanti ai miei occhi. Non sapeva che ero a conoscenza del modo in cui l'avevano persa ed ero certa che, se lo avesse saputo, si sarebbe parecchio arrabbiata. Sia lei che Elijah mi lanciarono un'occhiata, rimasi comunque a pochi passi da loro e non osai accorciare quella distanza.

Sono felice che tu l'abbia ritrovata...” Elijah preferì tagliare corto, forse perchè non voleva parlare di quella cosa che visibilmente procurava dolore ad entrambi, e in particolar modo anche a Rebekah, di fronte a me. Rebekah mi lanciò di nuovo un'occhiata, ma in quell'occasione non trasmise alcun sentimento di odio. Mi guardava, ma non mi vedeva: i suoi occhi blu mi attraversarono come se fossi aria invisibile di fronte a lei.

Mi parve quasi umana, nel ricordo di quel terribile dolore che nemmeno secoli aveva potuto soffocare. “Lo sono anche io.” rispose e ci diede le spalle.

Stava allontanandosi, mi parve strano che non accennasse a nulla dello schiaffo. In effetti, mi aveva stupito il modo in cui mi aveva guardato subito dopo che le avevo inferto il colpo.

Avrebbe risposto subito, ma non lo aveva fatto. Il perchè non mi era chiaro.

Elijah mi fece segno di seguirlo, per tornare a casa, seguendo i passi di Rebekah. Appena feci un passo, vidi la bionda irrigidirsi. Anche se ci dava le spalle, notai indistintamente che alzò la testa e prese un lungo respiro.

Avevo di nuovo abbassato la guardia, troppo facilmente.

Me ne accorsi solamente quando la vidi scattare improvvisamente verso di me e colpirmi con uno schiaffo. Il mio, in confronto, doveva essere stato vento per lei.

Il suo fu come riceve un macigno in pieno viso. Caddi a terra e mi portai la mano sulla guancia, intanto Elijah aveva gridato qualcosa e si era scagliato su Rebekah per allontanarla da me. Rimasi tra le foglie sul terreno, mentre con la mano premevo sulla pelle.

Mi voltai a guardare Rebekah ed Elijah, erano lontani da me e lui teneva la sorella contro un albero per impedirle di muoversi. Ma lo sguardo della bionda era fisso su di me, i suoi occhi erano iniettati di sangue e avevano perso il colore blu che li caratterizzava. Erano neri, come l'oscurità più profonda in cui avrebbe tanto voluto inghiottirmi in quel momento.

Come per Klaus, anche lei aveva solo lievi sbalzi di umanità, seguiti poi da una rabbia inaudita.

Occhio per occhio, dente per dente, Petrova!” disse, quasi divertita. Cercò di divincolarsi dalla presa del fratello, ma Elijah la tenne stretta, cingendole le spalle saldamente ma allo stesso tempo con delicatezza. Non voleva farle del male, ma voleva impedirle di farlo a me.

Cosa per cui lei e Klaus ci avevano preso gusto sembrava. Mi alzai in piedi e in quel momento Elijah mi affiancò, come se volesse sorreggermi in caso fossi di nuovo caduta.

Rebekah non mi avrebbe attaccato nuovamente, le parole di Elijah l'avevano in qualche modo placata. “Non farlo mai più, Rebekah.” le intimò lui, posandomi una mano sulla schiena.

Mi faceva male la guancia, mi sforzai di non guardare Rebekah, solo perchè avevo ancora l'immagine di lei che, poco prima, sorrideva come una bambina al ricordo della madre.

Non riuscivo a detestarla per avermi colpito, io avevo fatto lo stesso alla festa e dovevo aver toccato un tasto dolente.

Ha iniziato lei, mi ha dato uno schiaffo alla festa!” esclamò Rebekah, puntandomi il dito contro. In quel momento invece, sembrava una bambina capricciosa che voleva discolparsi.

Dubito fortemente che la cosa ti abbia ferita, sei un vampiro.”

A proposito di questo, perchè lei sa tutto? Com'è possibile che ricordi tutto?” cambiò discorso Rebekah. “L'ho capito da un po', non sono la stupida che voi credete, fratello! Nessuno si chiede perchè sia immune al nostro potere?”

Smettila, Bekah.” disse ancora Elijah, ma con più durezza. Abbassai lo sguardo, i due parlavano come se fossi invisibile ma ero io la causa dei loro dissapori in quel momento.

E Rebekah aveva maledettamente ragione su tutto, il fatto che lei avesse intuito tutto non mi stupiva. Mi stupiva più il fatto che fosse l'unica che mi guardava come una sottospecie di fenomeno da baraccone, la cui mente era immune al potere dei vampiri.

Elijah sembrava volerci essere passato su, perchè non gli interessava cosa fossi.

Io avevo paura ad andare a fondo alla cosa e Klaus era troppo divertito dall'idea di torturarmi per domandarselo.

Restava solo Rebekah a porsi domande.

No che non la smetto! Non esistono persone capaci di sfuggire a quel genere di controllo, Elijah! Chi è realmente questa ragazza? Da quando è arrivata qui, è successo il finimondo te ne rendi conto o no?!” insistette Rebekah, fece dei passi verso di me e continuò a puntarmi la mano contro, la sua voce si era fatta più stridula man mano che parlava. Elijah si parò tra di noi, come per paura che la sorella potesse di nuovo colpirmi.

Basta Rebekah, sono stanco delle tue sceneggiate.” disse Elijah.

Sei cieco, fratello.” Rebekah lo guardò, alzò lo sguardo per guardarlo negli occhi e mi parve seriamente addolorata. “Non vedi quello che sta succedendo, solo perchè la mocciosa ha saputo riaccendere quella fiamma.

Doveva riferirsi al concetto di umanità, che tanto sembrava spaventarla. Perchè doveva essere una cosa troppo difficile da sostenere per chi si era spento da secoli.

Non avresti dovuto permetterlo e tu lo sai.” continuò Rebekah, Elijah non disse nulla e rimase a fissare la sorella nei suoi occhi blu. La bionda scosse la testa, per un attimo pensai che volesse scoppiare in lacrime, ma poi la sua espressione assunse un aspetto rabbioso.

E si rivolse a me. “Io scoprirò chi sei, Irina. E se ti rivelerai un pericolo per la mia famiglia, non esiterò ad ucciderti.” disse, il suo sguardo non mi fece venire i brividi come al solito.

Celavano un dolore e un amore che Rebekah esternava nei confronti della sua famiglia, solo perchè sentiva di doverla proteggere. Era una vampira che amava in fondo, ma lo faceva con troppa violenza, perchè aveva dimenticato cosa significasse essere umani.

Elijah fece un passo verso di lei, per un attimo temetti che volesse colpirla ma ero certa che non avrebbe toccato una donna nemmeno con un dito. Figuriamoci la sorella.“Quello che hai appena detto...è ciò che potrebbe farti perdere il mio affetto, sorella.” disse.

Rebekah sbarrò lo sguardo per un attimo, rimase immobile quando vide Elijah farmi di nuovo segno di seguirlo, cosa che feci con una lentezza inaudita. Passai accanto a Rebekah e la guardai, lei stava per scoppiare seriamente in lacrime e la cosa mi provocò un dispiacere immenso.

Irina?” mi chiamò Elijah. Restò immobile, mentre io e Rebekah ci guardavamo.

Mi dispiace.” le mimai a fior di labbra, lei seguì il loro movimento e ne parve per un attimo stupita. Di nuovo quel lampo di umanità, che però durò davvero troppo poco.

Vattene via.” disse, marcando entrambe le parole e stringendo i denti.

Annuì, mi avvicinai ad Elijah e ci allontanammo. Mi voltai un'ultima volta per guardare Rebekah e lei era ancora immobile nel mezzo della foresta, con le spalle rivolte verso di noi.

Mi parve di sentire il rumore delle sue lacrime.


Per lenire il senso di colpa che provavo, avevo bisogno di affrontarne un altro.

Quello che provavo nei confronti di Katerina, per essermi affidata inconsciamente a Klaus per farla stare meglio. Anche se, dentro di me, sentivo forse di aver fatto la cosa giusta.

Forse, però.

Trovai Katerina seduta sul davanzale della finestra, con lo sguardo rivolto verso il cielo e le ginocchia strette al petto. Sembrava pensierosa, oppure stava semplicemente fantasticando come ci piaceva tanto fare. Il braccialetto era al suo polso, fu la prima cosa che vidi, dopo i suoi ricci capelli rivolti verso di me. La nuova camera di Katerina era vicino alla mia, era spaziosa ma non quanto quella che avevamo precedentemente. La finestra era più stretta e affacciava verso un lato della foresta che non avevamo mai osservato da quel punto di vista.

Mi chiusi la porta alle spalle e sorrisi, ma Katerina non volse lo sguardo verso di me. Rimasi immobile, era impossibile che non avesse sentito la porta aprirsi per poi chiudersi.

Doveva aver percepito i miei passi, eppure non si era voltata verso di me.

Pensai che forse mi sbagliavo, probabilmente stavo permettendo troppo alla mia mente di abusare delle mie preoccupazioni. Per una volta, dovevo essermi sbagliata.

Mi avvicinai rapidamente a lei e le posai una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione, Katerina si voltò parecchi istanti dopo. Aveva uno sguardo corrucciato, che mi lasciò intendere che doveva essere arrabbiata, delusa e ferita. Per me non era difficile da capire mia sorella e mi fu chiaro che era a causa mia che provava quei sentimenti.

Le chiesi cosa avesse, sperando che mi stessi sbagliando. Ma oramai i miei sensi erano bravi a cogliere i sentimenti che mi circondavano, sopratutto se erano negativi. Katerina non mi rispose subito, abbassò lo sguardo e prese un lungo respiro.

Non ho nulla.” disse.

Possibile che ricordasse? No, Klaus non ci guadagnava nulla nell'avere una Katerina nervosa e spaventata, qualsiasi fosse stato il motivo del suo interesse. Tornò a guardare il cielo, ma dubitavo che ne stesse ammirando la limpidezza di quella mattina.

Voleva solo evitare di guardare me.

Premetti di nuovo la mano sulla sua spalla e le chiesi se avevo fatto qualcosa che non andava. Cosa che lei confermò prontamente, con una sola semplice occhiata.

Che hai fatto? Dimmelo tu...” disse quasi sfidandomi.

Corrugai la fronte, mentre lei scattava in piedi e si parava di fronte a me. Più che arrabbiata, mi parve che quelle piccole rughe sulla sua espressione fossero il risultato di una delusione che dovevo averle procurato. Ma ero così stanca dalla sera prima, che non capì che cosa avevo fatto.

Adesso so perchè non riuscivi a guardarmi in faccia. So qual'è il segreto che mi stai nascondendo...” disse, stringendo quasi i denti. Mi parve che stesse per scoppiare in lacrime, cosa che le impedì stringendole le spalle. Ma lei si scansò violentemente. “Non toccarmi, bugiarda!”

Il modo in cui non mi guardava non mi piaceva, era come se mi odiasse in quel momento.

Perchè lo hai baciato? Non potevi solo dirmi quello che provavi per lui e basta?”

Sgranai lo sguardo e trattenni il respiro.

Come avevo potuto non capirlo subito? Klaus mi aveva di nuovo colpita, mi aveva sottomessa di nuovo e io non me n'ero nemmeno accorta. Mi aveva di nuovo fatto capire, che tra me e lui, avrebbe vinto sempre e solo lui. E io, come una stupida, avevo davvero pensato che avrebbe potuto compiere una buona azione, senza avere un suo tornaconto.

Mi ero fidata del diavolo, e quello era il risultato.

E il fatto che mia sorella mi stesse guardando in quel modo, faceva male quasi quanto il pensiero che Klaus mi aveva pugnalato alle spalle quando io credevo che avrei potuto fidarmi. Mi sembrava di sentire due lame che mi perforavano il petto.

Come avrei potuto convincere mia sorella che non era vero? Klaus le aveva impresso quei pensieri nella mente quando le aveva fatto dimenticare del cadavere sul nostro letto e lo sguardo di mia sorella era carico di un odio che non le apparteneva. Avevo perso mia sorella, per colpa sua, proprio come mi aveva promesso di fare.

Come hai potuto mentirmi così? Perchè dovevi tradirmi in questo modo?” ripeté mia sorella, quasi ringhiando. Provai a spiegarle che non era così, ma quei pochi gesti e la rabbia di mia sorella sembravano non incontrarsi. Mi veniva da piangere per la rabbia, immaginai il sorriso beffardo di Klaus mentre pensava a come rovinare il rapporto con mia sorella per pensare solo a poche parole.

Lo odiavo come non avevo mai odiato nessuno prima .

Non riuscì a tacere quella voce, mi gridava dentro la testa e dentro il cuore, rimbombando tra le pareti del mio corpo. Non sapevo che sarebbe stato così facile ammettere di odiare qualcuno.

A me non importa che tu lo abbia baciato.” Il viso di mia sorella si addolcì, ma solo perchè si stava per sciogliere in un mare di lacrime. Ed era solo colpa mia, nonostante non avessi fatto nulla di male in quel caso. “Mi ferisce più il fatto che tu me l'abbia tenuto nascosto in questo modo, agendo alle mie spalle.”

Mi morsi le labbra, non sapevo davvero che cosa fare per risolvere la situazione. Stavo perdendo Katerina e non c'erano vie di uscita, Klaus aveva vinto di nuovo. Calò il silenzio, Katerina si asciugò una lacrima, prima che scendesse lungo il suo viso.

Io non l'avrei mai tradita, ma lei non poteva saperlo visto che, sempre per colpa mia, era stata soggiogata da quello che ormai consideravo il diavolo. Perchè avevo abbassato così la guardia?

Vattene.” Katerina mi indicò la porta, fendendo l'aria con l'indice. Provai di nuovo a farle capire che non era così, che si sbagliava ma l'evidenza nella sua mente era ben chiara.

Non voglio più vederti, mi hai mentito e non lo avevi mai fatto prima.” disse lei, rimarcando quel concetto a denti stretti. “Non so più chi sei, non so più dov'è la sorellina che non mi avrebbe mai tradita per nessuna ragione al mondo...perciò, vattene via.”

Era inutile insistere, non mi trovavo di fronte a mia sorella ma ad un involucro ricolmo della malvagità di Klaus. In quel momento Katerina non c'era, c'era solo la voce di Klaus che mi sussurrava all'orecchio quanto fossi stupida e ingenua.

Mi voltai lentamente verso la porta, stavo per scoppiare in lacrime ma mi era rimasto ancora un po' di orgoglio per cercare di non crollare. Klaus non poteva comunque vedermi, ma nel mio intimo non volevo dargli una soddisfazione del genere lo stesso.

Perchè lui era presente in quel momento, non fisicamente, ma nella mente e negli occhi di Katerina. Mi aveva portato via una delle pietre miliari del mio essere, la mia forza.

Lo aveva fatto, perchè io mi ero fidata.

Aveva buttato sale su ferite che lui stesso mi aveva procurato.

Aprì la porta e me la chiusi di scatto alle spalle, corsi poi lungo il corridoio quando mi resi conto che non ce l'avrei fatta a non crollare.


Mi sedetti su una panchina di fronte al giardino, con la testa tra le mani e i gomiti sopra le ginocchia. Non avevo mai fatto caso a quanto odiare potesse pesare nell'animo e nel petto di una persona, sentivo quel macigno insostenibile che premeva sul mio petto e che mi faceva venire voglia di distruggere tutto quello che avevo intorno a me.

Se mi fossi ritrovata davanti Klaus poi, ero certa che non mi sarei trattenuta.

Ma quella che dovevo odiare ero io.

Io che avevo permesso che una cosa simile capitasse.

Io che ero stata così ingenua da sperare che Klaus potesse davvero fare del bene, per Katerina e per me. Dovevo per forza arrendermi all'evidenza, non dovevo più cadere in errori simili e accettare il fatto che non ci si poteva fidare di un mostro.

I suoi lampi di improvvisa umanità, quelli che mi disorientavano e mi confondevano per un solo secondo, erano solo un'illusione. Quell'umanità non esisteva, esisteva solo un odio capace di ferirmi profondamente.

Ed era questo che faceva più male.

Rimasi sola, seduta su quella panchina e con il viso tra le mani per molto, troppo tempo. Nascosi i miei occhi alla luce del sole, nascosi il mio volto al soffio del vento e lasciai solo che tutto di me vagasse nell'oscurità. Accettai il fatto che ero io la più debole, ero io l'umana che si faceva sempre male in quel gioco, non lui.

Alzai lo sguardo, quando sentì un respiro soffiare tra i miei capelli. Come se qualcuno di fronte a me, mi stesse osservando, tenendo la sua bocca troppo vicina alla mia testa.

Sobbalzai, quando mi ritrovai ad un palmo dal naso, il lupo dal pelo bianco che tante volte avevo visto apparirmi di fronte, come la fugace apparizione di un sogno nel bel mezzo del giorno.

Mi ritrovai a trattenere il fiato, mentre osservavo quegli occhi di ghiaccio che mi fissavano intensamente. Era insolito che un animale selvatico si avvicinasse così tanto ad un essere umano.

Sopratutto in un giardino, ero lontana dal punto in cui iniziava la foresta ed era strano che l'animale fosse giunto fino là, solo ed esclusivamente per osservarmi in quel modo.

Il lupo fece un verso, alzò la testa e per poco mi sfiorò il mento con il suo muso. Sembrava che volesse dirmi qualcosa oppure farmi fare qualcosa, avvicinò il muso alle mie ginocchia e lo posò sopra, strofinando il pelo del suo manto contro la mia gonna. Come un cucciolo che cercava di farsi accarezzare.

Ma lui era un lupo.

Presi un lungo respiro, la tentazione di toccare quel manto bianco come la neve mi aveva da sempre sfiorato, dalla prima volta che lo avevo visto di fronte a me. Svuotai lentamente la mente da ogni pensiero, dimenticai la lite con mia sorella, la rabbia che provavo per Klaus e tutto il resto, e abbassai la mano sul suo capo. Per un attimo la ritrassi, quando vidi che il lupo aveva mosso le orecchie.

Ma fu solo questione di pochissimi attimi.

Ripresi a sfiorargli il delicato manto, lasciai scorrere la mano sopra di esso. Sorrisi, quando mi resi conto di quanto fosse soffice e vellutato. Mi procurò una sensazione di calma e serenità, mentre le mie dita iniziarono a sfiorargli le orecchie, poi il muso.

Ma come al solito, tutto si rivelò una illusione.

Il lupo improvvisamente ringhiò, affilò i suoi bellissimi occhi e mi mostrò i denti. Prima che potessi compiere qualsiasi movimento, mi morse sul braccio. Aprì la bocca in un grido, quando avvertì indistintamente i suoi denti affondarmi nella carne e il sangue fuoriuscire dai segni del suo morso. Mi portai il braccio al petto, il lupo si ritrasse subito ma rimase ad osservarmi.

Sembrava che non volesse infierire su di me, ma solo guardarmi mentre cercavo di bloccare la fuoriuscita del sangue con l'altra mano. Gli occhi mi si gonfiarono di lacrime per il dolore, ma mi accorsi che qualcos'altro stava accadendo sulla mia pelle.

Qualcosa che mi stava procurando un dolore immenso, come se qualcuno mi stesse tagliando la carne con la punta di un coltello. Il lupo restò ad osservare la mia agonia, mentre mi feci forza per osservare ciò che stava accadendo sul mio braccio: il sangue stava marcando la mia pelle, come se una mano invisibile stesse cercando di lasciare un segno. Riconobbi delle lettere, delle lettere marcate sulla mia pelle come profonde cicatrici che dubitavo sarebbero andate via.

Caddi giù dalla panchina, continuando a tenermi il braccio contro il petto sperando che quel dolore lacerante, prima o poi, terminasse. Il lupo continuava a guardarmi, restava immobile sulle quattro zampe e mi osservava, mugugnando ogni tanto qualche verso. Il dolore si arrestò improvvisamente, come se quella mano invisibile avesse deciso di segnare un punto di fine a quella pena.

Doppelganger.

Una singola parola, marcata sulla mia pelle con il sangue, parve offuscata dai miei occhi bagnati. Occupava quasi tutto l'interno del braccio, i segni dei denti del lupo segnavano l'inizio di quello scritto rosso. Rilessi la parola più volte, non l'avevo mai sentita prima e non avevo idea di cosa potesse significare. Il lupo mugugnò di nuovo, lo guardai e successe qualcosa, qualcosa che mi fece capire che quella parola era qualcosa che cercavo da tempo.

La parola sul foglio di papiro che Micah mi aveva fatto trovare.

La serie di brividi che segnano la fine di un dolore fisico terminarono improvvisamente, alzai la mano dalla mia pelle e notai che non c'era più sangue e nemmeno più cicatrici.

Come se fosse stato tutto un sogno.

Guardai verso il lupo, anche lui era scomparso proprio come tutto il resto. Temetti di essere diventata pazza, che tutto quello che mi era capitato in quella giornata mi avesse fatto perdere la testa. Ma ricordavo indistintamente la sensazione che avevo provato mentre la mia mano accarezzava il suo pelo e non era ciò che lasciava una illusione.

Quello era un chiaro messaggio per spingermi sempre di più verso una verità, una verità che dubitavo di voler davvero conoscere ma di cui avevo bisogno.

Misi da parte di nuovo tutta me stessa, la paura e tutto ciò che quella giornata mi stava portando via, e corsi verso la mia camera.


Ero così di fretta che spalancai la porta ma non la richiusi.

Avevo nascosto il foglio di papiro in uno dei miei vestiti. Avevo rinunciato al letto dopo che Rebekah mi aveva privato del libro e, siccome la nostra camera era diventata la tomba di una povera ragazza, avevo deciso di non lasciarlo in quel buco sul muro.

Vista la gente che mi girava attorno, non lo vedevo come una cosa rassicurante.

Spalancai il baule dei vestiti, ricordavo di averlo nascosto sotto la gonna di uno dei vestiti che mi ero portata dalla Bulgaria. Uno di quelli che non avevo più indossato da quando le bugie di Klaus avevano riempito l'armadio mio e di mia sorella, per poi svuotarmi di tutto il resto.

Ma non avevo tempo di maledirlo, il foglio non era più ripiegato nel fondo del baule. Non mi feci prendere dal panico, forse ero così di fuga che non mi ricordavo di averlo nascosto da qualche altra parte probabilmente.

Improvvisamente, sentì la porta chiudersi alle mie spalle.

Un rumore che mi fece sobbalzare, una presenza che mi fece rabbrividire nel più profondo.

Klaus era stato lì dentro con me per tutto il tempo,nascosto dietro la porta che poi aveva chiuso con la mano. I suoi occhi trasmettevano esplicitamente una rabbia disumana, non aveva una maschera in quel momento.

Era nudo in tutta la sua mostruosità.

Cercavi questo?” mi chiese duramente, mi mostrò il foglio di papiro. Vederlo stretto nella sua mano mi provocò una morsa al cuore, deglutì e alzai di nuovo lo sguardo su Klaus.

Perchè era così furioso? Mi ero dimenticata di come Micah, e chiunque lo avesse guidato, da me avesse cercato di mettermi in guardia da lui e dalla sua famiglia.

Quel papiro, quel termine doppelganger...dovevano essere qualcosa legato a Klaus, alla sua esistenza fatta di paura e terrore. Se avessi saputo cosa significasse quella maledetta parola, forse avrei potuto avere realmente un vantaggio su Klaus.

Ma io ero sempre dieci passi indietro.

Lo vidi storcere la bocca, di nuovo quel segno che stava per esplodere di rabbia. Fece dei passi verso di me e io ne feci diversi indietro, odiavo il fatto che non avrei mai potuto combattere la paura che provavo per lui. Piegò la testa da un lato, proprio come un predatore.

Irina, stai ficcando il naso in cose che sono più grandi di te e in cui potresti farti seriamente male.” disse ringhiando, sobbalzai quando lo vidi avvicinare il papiro al camino e buttarlo dentro la fiamma accesa. Guardai il foglio bruciare lentamente, ardere fino quasi a ridursi ad un misero ricordo della verità che stavo ancora cercando di trovare. Klaus mi si parò di fronte ad una velocità impressionante a cui mi dovevo ancora abituare. Trattenni il fiato, mentre i suoi occhi si fissavano penetranti nei miei, non avevo mai avuto così tanta paura di lui fino ad allora.

In tutte le volte in cui mi aveva sfidato, in tutte le volte che aveva vinto su di me, avevo avvertito come se indossasse una specie di maschera di fronte: lui faceva il mostro perchè era quello che sentiva che gli riusciva meglio. Ma, in realtà, il suo modo di comportarsi con me era sempre il richiamo di qualcos'altro che lui non sapeva dimostrare.

Ancora non mi ero chiaro cosa, ma temetti che anche in quel caso fossi stata vittima di un illusione. Ricordai il bacio, le minacce, la lite con mia sorella e dimenticai il regalo e gli altri lampi di umanità che nel profondo avevo sperato di cogliere.

Avevo di fronte l'artefice di tutte le mie ferite più profonde e non indossava affatto una maschera. Era lì proprio per ferirmi.

Adesso sì che hai superato il limite.” disse, quasi digrignando i denti. “Non posso permetterti di mandare a monte tutto, non te lo permetto.”

Mi chiesi cosa volesse fare, uccidermi? Arretrai ancora di più, quando lui fece un altro passo verso di me. Mi ritrovai così contro i piedi del letto alle mie spalle, ero di nuovo in trappola.

Non distolsi mai lo sguardo dai suoi occhi, sembravano sprizzare fiamme pronte a ricadere su di me. Eravamo ad un palmo di distanza, un solo gesto veloce di Klaus e avrebbe potuto uccidermi in quell'istante. Ma non lo fece, rimase a trafiggermi con i suoi occhi e si morse il labbro.

Non volevo arrivare a farti del male, ma sembra che tu voglia farci apposta a tirare fuori il peggio di me.” disse, quasi sussurrando. Ma cosa aveva quel foglio di così importante da farlo arrabbiare in quel modo? Che altri scheletri nascondeva nell'armadio, quel demonio? Mi prese saldamente per il braccio, facendomi male, cercai di divincolarmi e opposi resistenza.

Stava per esplodere qualcosa dentro di me.

Che cosa devo fare con te...per farti smettere di sfidarmi in tutti i modi?” mi chiese, dandomi solo un unico scossone. Ci guardammo negli occhi e mi dimenticai cosa significasse avere paura di lui, avevo solo una cosa che mi faceva battere il petto in quel momento e non era il terrore.

Sai che ti dico? Farò leva sulla tua vera paura: restare sola.” disse, a denti stretti. Pronunciò la parola “sola” quasi con scherno, sapeva che quelle due sillabe potevano ferirmi più di qualsiasi altra cosa. “Ti rispedirò in Bulgaria, dove eri solamente una ragazzina sola, debole ed insicura. Sposerai quel contadinello che quel bastardo di tuo padre ti ha trovato e manderai avanti la tua vita, lontana da noi.”

Anche il modo in cui aveva pronunciato la parola bastardo, riferendosi a mio padre, mi colpì particolarmente. Fu l'unica cosa che stonava nella sua minaccia, come se con quella parola avesse voluto in realtà proteggermi dalla figura di mio padre. Dovevo smetterla di vedere però cose che non esistevano. Klaus mi avrebbe davvero portato via da tutto, mi avrebbe portato via quell'immagine di sogno che avevo scoperto in Inghilterra, mi avrebbe separato da mia sorella e mi avrebbe portata via dall'unica persona che, in sedici anni di vita, mi aveva insegnato più di quanto avessero fatto i miei genitori. Solo allora, probabilmente, mi resi conto quanto fosse importante la mia vita là, nonostante tutto.

Nonostante la presenza di Klaus.

Dovevo combattere per me stessa.

Quando sei arrivata qui, non pensavo che avresti causato questi problemi, altrimenti ti avrei fatta rimanere dov'eri.” ripeté ancora Klaus, serrando le labbra e guardandomi negli occhi. Sentivo il suo respiro sul viso, mentre mi parlava in quel modo. “Magari lo avessi fatto, mi sarei solo risparmiato un sacco di grane!”

Provai a respingerlo, ma come al solito fu tutto inutile. Non mi arresi però, volevo che lui mi lasciasse e in un modo o nell'altro avrei fatto in modo che così fosse stato. Allora lo guardai negli occhi, come si ferisce una persona che non prova sentimenti? Come si ferisce qualcuno che vive di paura, terrore e che non sa che cosa sia tenere a qualcuno se non a sé stesso? Non c'era modo in cui potessi colpirlo, lui era tutto quello che mi faceva più paura e tutto quello che non avrei mai voluto essere.

Un corpo freddo che non conosce altro che l'odio.

Intanto qualcosa cresceva in me, lo sentivo bruciare sempre di più fino a diventare insostenibile da trattenere. Continuai a guardarlo negli occhi, malgrado sapesse che era lui il responsabile di quello che stava succedendo dentro di me. Qualcosa che non volevo conoscere, qualcosa che detestavo avere dentro.

Klaus abbozzò un sorriso, la sua mano continuava a stringermi il braccio e piegò la testa da un lato. “Presumo che dopo lo scherzetto che ho combinato a tua sorella...tu sia d'accordo con me nel dovertene andare!” esclamò. Mi morsi le labbra, ma ormai era troppo tardi per non poter lasciare divampare quella fiamma.

Io ti odio.”

Lo avevo detto, anche se non si era sentito, anche se avevo portato solo altro silenzio attorno a noi, Klaus aveva udito le mie parole. Osservò le mie labbra muoversi lentamente, mentre pronunciavo quelle parole in modo che lui le comprendesse, che le sentisse.

Doveva essere abituato a sentirsi dire quella frase, mi aspettai di vederlo ridere da un momento all'altro e di ricordarmi quanto fossi assurda e patetica nel volerlo ferire con tre semplici parole che non lo toccavano nemmeno.

Ma non successe, lui non rise mai. Anzi, il suo sguardo rimase fisso sulle mie labbra immobili da secondi ormai e qualcosa mutò sul suo viso. Qualcosa che durò più a lungo degli altri momenti, ma che non cambiò l'odio che provavo per lui in quel momento.

Klaus scosse la testa lentamente, attesi che dicesse qualcosa con cui avrebbe pensato di ferirmi. Peccato che non ci sarebbe riuscito, per una volta eravamo in parità.

La sua espressione mutò improvvisamente, mi spinse violentemente contro il letto e mi premette i polsi contro il letto. Avvicinò il viso al mio, lo guardai con una rabbia che solo lui era capace di far nascere in me. Guardai i suoi occhi iniettati di sangue, le vene che circondavano le fessure del suo sguardo e i canini che fuoriuscivano dalle sue labbra.

Allora ebbi di nuovo paura. “Tu mi ferisci, io ferisco te.” disse, facendo uno scatto con la testa verso sinistra. E mi morse sul collo, avvertì indistintamente i suoi denti che penetravano nella mia carne, la sua presa che premeva i miei polsi contro il materasso, le sue ginocchia che stringevano le mie per impedirmi di muovermi. Gettai la testa all'indietro, cercando di trovare un centimetro almeno del mio corpo che potesse servirmi per scrollarmi di dosso quella bestia.

Mi morsi le labbra, per trattenere le lacrime di rabbia che già mi stavano bagnando gli occhi.

L'unica cosa che mi dava la forza per trattenerle, era che io avevo ferito Klaus.

Non capivo come, non capivo perchè, ma ero certa che lo avevo ferito in qualche modo. Vedere le mie labbra muoversi nel pronunciare silenziosamente quelle tre parole, doveva aver fatto scattare qualcosa in lui. Ma perchè? Prima che potessi rispondere da sola alle mie stesse domande, lui alzò la testa lentamente. Mi sfiorò la guancia con le labbra e sentì il sangue macchiarmi la pelle, poi parò il suo volto di fronte al mio.

Le sue labbra erano colorate del colore denso del mio sangue, le vidi allargarsi in un sorriso che durò troppo poco. Lui in quella circostanza non riusciva nemmeno a voler sorridere.

Ti odio anche io Irina.” disse, sperò di scatenare qualcosa in me ma non ci riuscì, io sapevo che lui mi odiava e non me ne importava, perchè un sentimento è più forte se è reciproco.

Così come l'amore, anche l'odio. E noi ci odiavamo entrambi.

Considerala una vittoria, perchè io non mi spendo in sentimenti del genere. Anche l'odio indebolisce e io ti odio con tutto me stesso. Odio la tua misera vita da umana, odio la tua misera bontà e odio ogni miserabile aspetto di te perchè mi fa ricordare tutto.”

Corrugai la fronte, Klaus sembrava ancora una bestia in quel momento, mentre mi guardava con quella sua espressione corrucciata e mentre il suo respiro sfiorava le mie labbra. Le sue parole non mi fecero male, come non ci riuscivano nemmeno le sue labbra sporche del mio sangue, ma sentì una specie di meccanismo scattare in me.

Klaus mi lasciò i polsi, ma rimase disteso sopra di me. Non aveva ancora finito la sua opera di pura malvagità. “Tu mi odi.” disse, osservandomi ancora in viso. “Ma dovresti anche odiare di più te stessa allora perchè non sei così tanto diversa da me in fondo.”

Avvicinò il viso al mio, per un attimo pensai che volesse di nuovo baciarmi, ma non lo fece. Restò a pochi millimetri da me, sfidandomi solamente con i suoi occhi e con le sue labbra rosse di me.

Sei stata felice prima, quando hai cercato di ferirmi eh?” mi chiese e un sorriso mi schernì, rendendolo così vittorioso ai miei occhi. “Lo sono sempre anche io quando ferisco le persone. Perciò...che cosa ti rende così diversa da me? Che cosa ti fa odiare il mio essere, ma non il tuo?”

Tutti gli umani odiano.

Purtroppo era una cosa inevitabile, era il lato marcio dell'umanità, ma io non avevo mai odiato nessuno prima di lui. Avevo forse mal sopportato, avevo forse disprezzato ma odiato con quella intensità qualcuno come stavo odiando Klaus, mai.

E avrei voluto ridere quando gli avevo pronunciato quelle tre parole. Questo mi rendeva come lui? No, mi rendeva solo umana. Ma se anche Klaus mi odiava, allora voleva dire che non era così diverso da tutti gli umani che disprezzava.

Però mi fece odiare me stessa, io dubitavo di avergli fatto odiare anche solo una piccola parte della sua essenza. Restammo a guardarci in silenzio, lui alzò le sopracciglia , come per segnare la fine della sfida a cui ci eravamo sottoposti entrambi. Solo che nessuno dei due sembrava aver davvero vinto in quel caso. Mi sfiorò la guancia con una mano, fino a scendere sul collo dove riuscivo a scorgere il sangue sulla mia ferita. La toccò delicatamente, facendomi rabbrividire per il lieve dolore che mi procurò.

Buttò di nuovo sale sulle mie ferite.

Fece uno scatto in avanti, non sapevo che cosa volesse fare, ma vidi solo il suo viso avvicinarsi al mio. Lui si arrestò quando sentì qualcosa premere contro il suo petto. Abbassò lo sguardo sulle mie mani che stringevano il pugnale di Joshua, la punta nera dell'arma era rivolta contro il suo petto e serravo le dita attorno al manico. Klaus rise divertito, alzò lo sguardo dall'arma e lo posò di nuovo su di me.

Hai un nuovo giocattolo eh?” chiese divertito, poi la sua espressione si indurì rapidamente. Era incredibile come le sue reazioni mutassero in un solo baleno, passando da un estremo all'altro senza darmi nemmeno il tempo di studiarle. “Vuoi farmi di nuovo male?”

Presi dei lunghi respiri, quando mi accorsi che non riuscivo a colpirlo. Le mie mani iniziarono a tremare, sembrava che le volessi muovere ma qualcosa me lo impediva. Quella maledetta cosa che bloccava il mio odio. Klaus abbassò le mani, avvolse le mie nelle sue e mi sfidò, avvicinandosi l'arma al ventre.

Colpisci...forza.” sussurrò. Nonostante avrei tanto voluto farlo, nonostante stessi godendo già dell'immagine di vedere quell'arma trafiggere la carne di Klaus, non riuscì a fare proprio nulla. Se non piangere perchè non riuscivo.

Klaus piegò la testa da un lato e sorrise di nuovo. “Non riesci, vero?” mi chiese, con una finta dolcezza che mi fece solo più male. Si abbassò di nuovo su di me, avvicinò le labbra al mio orecchio e io ritrassi la testa per non sentire la sua pelle vicino alla mia. “È che non odi abbastanza. È questo il tuo vero limite, umana.”

Mi morsi il labbro per non piangere, intanto la presa attorno all'arma si allentò fino a diventare nulla. Perchè non riuscivo a fargli del male come lui lo faceva a me?

Avrei voluto pugnalarlo, ma non ci riuscivo. Era più forte di me.

Lui mi accarezzò i capelli con la mano, voleva di nuovo che lo guardassi affinché potesse godersi la sua, di nuovo, conquistata vittoria. Volsi la testa verso di lui, solo quando sentì la sua mano sotto il mio mento.

E i nostri occhi si incontrarono di nuovo. Lui sorrise.

Non è vero che mi odi così tanto allora?” sussurrò.

Sì che lo odiavo. Lo odiavo come non avevo mai odiato nessuno prima, eppure non riuscivo nemmeno a provare a fargli del male. E non sopportavo non sapere il perchè di quello che mi stava succedendo.

Improvvisamente, tutto cambiò. Klaus scomparve rapidamente dalla mia visuale, sentì un grido e il rumore di un corpo che cadeva a terra. Mi misi a sedere, quando vidi le spalle di Elijah rivolte verso il letto. Klaus era disteso sul pavimento di fronte a lui.

Mi portai la mano al collo ed osservai la scena, Elijah continuava a darmi le spalle e ad avvicinarsi al fratello. “Ora hai osato troppo...” gli disse, non mi parve nemmeno la sua voce. Era un sussurro che cresceva sempre di più, fino ad assomigliare al verso di un animale.

Klaus si fece forza sulla mani per alzarsi, lanciò un'occhiata verso di me e poi tornò a guardare il fratello. “Non ho mai osato come stai osando tu in questo momento..” disse.

Elijah non rispose, prima che potessi rendermene conto spinse il fratello contro la parete e lo guardò con rabbia. Fu la primissima volta che scorsi la sua espressione in una situazione simile, aveva la fronte corrugata e le labbra che si sforzavano di restare chiuse, nonostante sembrava che lui volesse gridare contro il fratello. Mi alzai lentamente in piedi, ma barcollai: Klaus non aveva infierito sul mio collo con violenza, ma lo aveva fatto con una lentezza letale che mi causò quel forte stordimento lo stesso. Volevo fermare Elijah, lui non doveva avere quell'espressione sul viso. Ma la risata di Klaus mi bloccò.

Rise in faccia al fratello, senza mostrare un briciolo di paura di fronte al suo viso. Ero sicura che avrebbe spaventato chiunque, ma la parola chiunque era riduttiva per uno come Klaus.

Se lui aveva paura, l'aveva solo per sé stesso. E non potevo biasimarlo.

Non pensavo che ti avrei mai trovato ridicolo, fratello.” disse Klaus, continuando a ridere in quella maniera provocatoria e fastidiosa. Rideva solo per sfidare Elijah, non lo faceva perchè gli veniva naturale.

Mi portai la mano sul collo bagnato del mio stesso sangue e mi sedetti ai piedi del letto. Non ce la facevo a stare in piedi, non mi ero resa conto di quanto in profondità fossero giunti i denti di Klaus. Mi sembrava di sentire la pelle bruciare e la testa girarmi così forte da vedere tutto offuscato. Elijah mi lanciò un'occhiata preoccupata, premette il braccio contro il collo del fratello e lo trattenne contro il muro. Tornò subito a guardarlo, come se la mia vista avesse fatto accrescere la rabbia che già provava in quel momento.

Sei un vigliacco, Niklaus. Lei non ha nulla a che vedere con la tua follia, devi lasciarla stare.” disse Elijah a denti stretti, Klaus continuò a guardarlo divertito. “Te ne ho fatte passare troppe in tutti questi anni, ma questo proprio non te lo permetto.”

Perchè?” Klaus lo sfidò di nuovo. Malgrado Elijah gli stesse premendo sul collo, lui parlava con chiarezza e tranquillità. Non lo avrebbe mai piegato nessuno ed era una cosa che mi mandava in bestia. Lo odiai di nuovo, con più intensità rispetto a prima e desiderai che morisse in quel momento. Come se avesse percepito il mio odio, Klaus mi lanciò un'occhiata che mi trafisse e non fece che fomentare quella fiamma che lui solo riusciva a far scoppiare.

Perchè non mi permetti questo, Elijah?” disse poi tornando a guardare il fratello, la sua espressione smise di essere beffarda e assunse un aspetto serio e rabbioso. “Io mostro la mia vera faccia, fratello, a differenza tua che giochi a fare il finto umano con la piccola Petrova.”

Tu non la devi più toccare!” esclamò Elijah premendo più forte sul collo del fratello, cercai di nuovo di alzarmi in piedi ma le forze mi abbandonarono subito. Mi portai il viso tra le mani e cercai di ridare colore al buio che mi aveva offuscato la vista durante quel gesto.

Sentì due occhi preoccupati posarsi di nuovo su di me.

Se provi di nuovo a farle del male, io ti assicuro che te la faccio pagare molto cara. E lo sai che sono un uomo di parola...” ringhiò ancora Elijah, la sua voce mi parve irriconoscibile: era immateriale, ma sembrava ferire come se fosse un'arma.

Un'arma che però non toccava minimamente Klaus. Sentì solo il silenzio, nessuna risata o nessuna parola di sfida, ma dubitavo che lui si fosse spaventato riguardo le parole del fratello.

Era calato il silenzio, solo perchè Klaus stava tramando qualcosa.

Alzai di nuovo lo sguardo su di loro, Elijah si era voltato verso di me e il suo viso aveva perso ogni traccia della rabbia di poco prima. Lo vidi avvicinarsi a me molto velocemente, Klaus assistette alla scena, restando con la schiena contro il muro.

Vieni, ti porto via di qui.” Elijah si chinò su di me e mi accarezzò i capelli con una mano, il suo sguardo era fisso sul sangue vivo che macchiava la mia pelle e il mio vestito. Non era tentato dal berlo, o forse si tratteneva parecchio bene, ma odiava vedere quel colore su di me.

Quando alzò gli occhi su di me, il suo sguardo mi rassicurò e mi diede forza. Ma non so come, il mio slittò verso Klaus e mi accorsi che ci stava guardando in una maniera che non riuscì a decifrare, era difficile capire se lo stessero attraversando troppe emozioni oppure nessuna. Doveva essere la seconda opzione, tanto il nulla prova solo il nulla.

La sua risata confermò la mia teoria, scosse la testa e si morse il labbro inferiore per cercare di trattenersi. Elijah non lo guardò, rimase con il viso rivolto verso di me e lo sguardo basso per non avvicinare a me la rabbia che stava provando al suono della risata del fratello.

Elijah, io ti conosco bene.” disse, sempre con quell'aria di sfida che tanto gli piaceva usare. “Tu sceglierai sempre la famiglia. Qualsiasi cosa accada, tu starai sempre accanto alla tua famiglia.”

Guardai Elijah, i suoi occhi, nonostante fossero bassi, rispecchiavano un senso di colpa che non mi era nuovo: l'avevo già notato, quando aveva visto quel foglio di papiro,lo avevo visto quando mi aveva detto che c'erano segreti che non poteva rivelarmi. Ma quali? Cosa poteva logorare così tanto una persona? Guardai Klaus, volevo che stesse zitto per una volta tanto, ma lui doveva infierire ancora sul fratello.

Non sono l'unico vampiro cattivo qui.” disse, ma il suo sguardo si posò per un attimo su di me, mentre continuava a parlare con il fratello. “Non sono l'unico essere bugiardo e spregevole e tu lo sai, Elijah. Lo sai meglio di me.”

Calò il silenzio, come al solito Klaus aveva parlato con termini scelti appositamente per confondermi. Ma mi sembrò che Elijah fosse particolarmente toccato da quelle frasi, perchè sapeva di cosa stava parlando il fratello. Non poteva davvero credere di essere minimamente paragonabile a Klaus: lui gli parlava in quel modo, solo perchè era consapevole di quanto Elijah fosse migliore di lui. Allora perchè dare importanza alle parole del nulla?

Qualsiasi fosse stato il segreto, qualsiasi cosa stesse nascondendo Elijah, lo aveva fatto solo per difendere la propria famiglia. E Klaus stava usando questa sua debolezza, anche se la consideravo più forza in realtà, per colpire le ferite che per secoli doveva avere impresso sul corpo del fratello. Non potevo dare la colpa ad Elijah per mantenere un segreto in difesa del fratello, avevo fatto la stessa cosa io per difendere Katerina.

L'unica cosa che mi spaventata, era che questo segreto sembrava essere terribile. E legato al foglio che avevo perso per mano di Klaus.

Rimasi a bocca aperta per la sorpresa, quando vidi Elijah afferrare rapidamente il pugnale che era rimasto adagiato sul letto e gettarsi su Klaus: lui lanciò un grido, quando la punta dell'arma venne conficcata nel suo costato. Elijah osservò la sua espressione dolorante, con una impassibilità che avrebbe fatto rabbrividire anche lo stesso Klaus, se in quel momento avesse aperto gli occhi. Lui infatti teneva gli occhi chiusi e si morse le labbra, come per trattenere un altro grido di dolore. Elijah non proferì parola, nemmeno quando il fratello tornò a guardarlo.

Sembrava come se fosse tormentato in quel momento, come se le parole che Klaus aveva pronunciato prima fossero tornate, veloci e invisibili, a bruciare sulle sue ferite aperte.

Estrasse il pugnale dalla carne del fratello, che restò contro il muro con la mano sopra la macchia di sangue che si era espansa sulla sua maglia. Prese lunghi respiri, ma non smise di gemere di dolore. Elijah tornò velocemente da me, mi prese tra le braccia per non farmi camminare e mi condusse rapidamente fuori dalla porta.

Quando passai accanto a Klaus, i nostri occhi si incrociarono: non ero l'unica ad essere uscita con cicatrici dal nostro scontro, anche se le sue cicatrici erano state procurate da qualcuno che non ero io. Avevamo tutti e due il nostro sangue a macchiarci la pelle, eravamo stati tutti e due sconfitti. L'unico vero vincitore era stato, probabilmente, Elijah.


Guardai il pugnale sporco del sangue di Klaus.

Cercai di pulirlo con un panno, mentre tenevo la testa piegata da un lato in modo che Elijah mi medicasse la ferita sul collo. Avevo di nuovo rifiutato il suo sangue, ma dubitavo che al terzo morso avrei potuto oppormi a quell'offerta o mi sarei davvero ritrovata senza più un collo. Nessuno dei due parlò: eravamo in camera sua, seduti ai piedi del letto e sentivo le mani calde di Elijah sfiorarmi con delicatezza la ferita. Fuori il sole si era spento, lasciando che l'oscurità oscurasse il cielo e persino le poche stelle che ogni tanto lo illuminavano.

Intanto io tenevo gli occhi fissi sull'arma, stavo odiando me stessa per non averla infilata io stessa nella carne di Klaus. Ripensai al momento in cui il mio odio si tramutò in qualcosa che mi stava indebolendo, quando Klaus strinse le mani attorno alle mie e mi sfidò a colpirlo.

Non ce l'avevo fatta e non capivo perchè.

Guardai Elijah allora, dire che era tormentato era poco. Il suo viso era una maschera di pensieri che affollavano tutti insieme la sua mente e lo tenevano lontano dalla realtà in cui ci trovavamo.

Avrei voluto compiere qualche gesto, per poter fare in modo che i suoi occhi mi guardassero.

Perchè non l'hai ferito?” chiese lui improvvisamente, lo guardai di nuovo e i suoi occhi si alzarono su di me. La fiamma del camino illuminava il suo viso marmoreo e si rifletteva nelle sue iridi scure. La sua mano restò adagiata sulla ferita, trasmettendomi dei brividi lungo la schiena.

Bella domanda, pensai. Era proprio quella che mi stavo ponendo da quando mi aveva portato in camera per medicarmi. Abbassai gli occhi sul pugnale e me lo rigirai tra le mani.

Potevo capire se ti fossi trattenuta prima che lui ti facesse quello che ha fatto...anzi, non lo avrei nemmeno capito in quel caso.” disse Elijah, era arrabbiato con me perchè non capiva cosa mi avesse trattenuto. Lo ero pure io con me stessa, perciò non potei che comprenderlo.

Ma dopo....mentre ti guardava con le labbra sporche del tuo sangue, tu non hai voluto lo stesso colpirlo? Come puoi essere stata così stupida?”

Sentirmi dare della stupida da lui mi fece scoppiare il petto. Lo guardai incredula e non trovai più l'Elijah che conoscevo io, quello che mi sorrideva sempre e che era sempre al mio fianco.

Era il vampiro, quello che Klaus gli ricordava sempre di essere.

Strinsi i pugni e rimasi a fissarlo. Lui non disse nulla, vedendo che la ferita era stata medicata accuratamente, si alzò in piedi e si allontanò da me. Seguì con lo sguardo i suoi passi che camminavano davanti al camino e mi morsi le labbra.

Stava per succedere qualcosa, lo sentivo chiaramente nei passi che lui stava compiendo per allontanarsi da me. Stava per accadere qualcosa che avrebbe posto fine a tutte le mie speranze.

Devi tornare in Bulgaria.” disse semplicemente, quando giunse davanti alla finestre che affacciava verso il cielo notturno. Alzai lo sguardo di scatto, erano le stesse parole che aveva pronunciato Klaus, ma non avrei mai creduto che le avrei mai sentite uscire dalle labbra dell'unica persona che mi stava dando sogni, speranze e gioie in quel nuovo mondo che mi ero ritrovata a sperimentare per pura casualità.

Elijah mi stava ferendo, era una cosa che aveva avuto inizio quando gli rivelai del bacio di Klaus.

Era da lì che era iniziato tutto. Da Klaus.

E sembrava che con lui sarebbe finito tutto.

Scattai in piedi, malgrado mi sentissi debole e stordita. Lui dovette avvertire il movimento del mio corpo e si girò lentamente verso di me, i suoi occhi erano privi di qualsiasi emozione. Osservò il mio volto, non sapevo se trasmettevo rabbia, delusione o tristezza in quel momento, ma doveva essere un miscuglio di tutti e tre quei sentimenti distruttivi.

Klaus merita di non avere più la testa sul collo dopo quello che ti ha fatto...ma su una cosa aveva ragione: tu devi tornare a casa.” disse, continuando a ferirmi come non aveva mai fatto prima. Iniziai a prendere lunghi respiri, mentre sentivo le lacrime salirmi agli occhi. Lui riprese a infierire, senza nemmeno darmi il tempo di abituarmi al dolore che si stava espandendo dentro di me. “Qui sei solo in pericolo, qui soffri solo. Sono stanco di vederti piangere per colpa sua e sono stanco di vederti sorridermi quando io sono colpevole quanto lui di tutto!”

Una lacrima mi scese lungo la guancia: Elijah mi stava ferendo per proteggermi, ma non capiva che quella ormai era la mia casa e lo era grazie a lui? Non c'era lacrima versata per Klaus che poteva competere con la gioia che provavo ogni volta che ero al suo fianco.

Ma era il senso di colpa a parlare per lui, una colpa che io non conoscevo e che potevo solo non affidargli: perchè io sapevo chi era Elijah e qualsiasi fosse stato il suo segreto, sapevo che lo stava mantenendo per una buona causa.

Lui continuò a parlare, cercò di nuovo di ferirmi ma ormai, vista la verità che aveva tirato fuori nella frase di poco prima, dubitavo che ci sarebbe di nuovo riuscito.

Quello che è successo prima in quella stanza, avrei potuto non evitarlo. Ma tu sì.”disse, indicando un punto accanto a sé che simboleggiasse la tomba della mia forza su Klaus. “Ma sei troppo buona e pura per poter ferire davvero qualcuno. Non puoi sopravvivere così nel nostro mondo. Perciò è meglio che tu torni in Bulgaria. Almeno eri viva e fuori da pericoli di questo genere...”

Viva? Feci un passo verso di lui: io non ero viva là, ero sempre stata un cadavere privo di esistenza che camminava tra gli sguardi delle persone che mi odiavano. Se avevo cominciato a vivere, era stato quando avevo messo piede in Inghilterra, quando avevo visto mia sorella sorridere e quando Elijah mi aveva baciato il palmo della mano, appena ci eravamo incontrati.

Il pensiero che lui riuscisse ad immaginarmi lontana da lui, mentre a me mancava il respiro invece, mi fece stare male. A lui sembrò non importare nulla del mio sguardo, voleva proteggermi e lo sentivo, ma lo voleva fare strappandomi il cuore via dal petto.

Avrei voluto dire tante cose in quel momento, tutte frasi che non avevo mai realmente pensato fino a quando lui non avesse pronunciato quelle parole di un forzato addio. Il sentimento che tenevo nascosto dentro di me, quello che non volevo e non potevo riconoscere, iniziò a delinearsi prima nel mio cuore, per poi essere tradotto nella mia mente.

Klaus ormai ti ha portato via tutto...meglio porre fine qui alla tua sofferenza, giusto?” concluse lui, ponendo un punto alla sua opera di tortura.

Intanto quel sentimento continuò a delinearsi dentro di me, fino ad assumere una forma ben precisa. Le frasi che volevo dire erano troppe, forti e irruenti: mi fecero sentire forte e debole allo stesso tempo.

Non abbandonarmi.

Quella fu la prima che si fece largo tra la mia mente, scossi la testa per dirgli che io sarei rimasta in Inghilterra anche se il diavolo stesso mi avrebbe strappato il cuore dal petto. Elijah serrò le labbra. “No cosa, Irina? Sei circondata da mostri da cui non puoi difenderti. E io sono uno di questi, non sai il male che potrei farti...per non parlare di Klaus,Mikael e Bell! Sono parte dei tuoi incubi da quando sei arrivata qui in Inghilterra, te ne rendi conto o no?”

Scossi di nuovo la testa, non m'importava nulla di loro. Io non volevo andarmene, non volevo perdere quello che avevo trovato in Inghilterra.

Una persona, un nome....mi bastava per tenere vivo il sogno che pensavo di aver iniziato in quella terra. Come avrei potuto vivere perdendo tutto quello che avevo trovato là? Non avrei più vissuto, sarei tornata il corpo privo di vita che ero stata fino a poco tempo prima.

Ho bisogno di te.

Quella seconda frase s'insinuò più prepotentemente nella mia mente. Feci un altro passo verso di lui, la linea che delineava il mio sentimento nascosto stava per chiudere i contorni della sua essenza. Elijah ne fece uno indietro, mi guardò infastidito mentre continuavo a scuotere la testa.

Di Bell me ne sto occupando io. Lo troverò, gli farò pentire di essere nato e tu vivrai la tua vita in Bulgaria. Basta che rimani il più lontano possibile da qui, da me e da tutto quello che mi circonda.” insistette, ma vedendo che io non desistevo e che continuavo anzi ad avanzare verso di lui, si portò una mano sulla fronte. Riconobbi l'espressione di esplosione di rabbia che conoscevo bene nei suoi fratelli. “Perchè ti devi ostinare così? “ gridò. “Non hai niente qui per cui vale la pena combattere, se non tua sorella! E Klaus te la porterà via come ha fatto oggi...e io con lui.”

Mia sorella era un altro dei motivi per cui volevo restare. Ma non era lei quella che mi stava chiedendo di abbandonare quella vita, per tornare nell'oscurità.

Era lui, l'altra ragione che mi spingeva a combattere per restare.

Stavo combattendo per me stessa, come mi aveva insegnato lui.

Ero stupida, folle, ingenua ma non m'importava. Io volevo restare là e non mi sarei mossa.

Mi feriva più il fatto che Elijah non si fosse accorto di quella cosa. Ma non me n'ero realmente accorta nemmeno io fino a quel momento, perciò la mia era solo una ferita lieve.

Che cosa hai qui, Irina, se non terrore e lacrime?” ripeté lui, con più freddezza.

Istintivamente, mi avvicinai velocemente a lui. Elijah restò parecchio stupito dal mio gesto, perchè aveva imparato a conoscermi e sapeva che non sarei mai arrivata così vicina al suo viso.

I suoi occhi di fronte ai miei non mi aiutarono a trattenere le lacrime, avrei voluto avere così tanto la possibilità di dirgli quello che la mia mente mi stava dicendo in quel momento.

Anche lei, come me, non aveva avuto voce ma in quel momento stava gridando dentro di me tutto quello che aveva taciuto per tutto quel tempo. Elijah restò ancora immobile, gli toccai il viso con la mano e lui chiuse gli occhi, come se il mio tocco gli facesse male.

Ho te.

Due semplici parole che avrei tanto voluto gridare in quel momento, ma dubitavo che sarei riuscita a pronunciarle anche se avessi avuto voce per farlo. C'erano altre cinque parole che avrei voluto pronunciare, ma né il silenzio e nemmeno il suono della propria voce potevano davvero valere molto di fronte al loro significato. Ma io probabilmente le avrei dette lo stesso, solo per sentirle uscire dalla mia labbra mentre fissavo quegli occhi scuri e mentre sentivo il mio cuore battere all'impazzata nel petto.

Ma prima dovevo dirle a me stessa, la prima persona che doveva avere il coraggio di ascoltare quelle parole ero io.

Mi sono innamorata di te. Non capivo perchè, ma quelle parole mi riempivano di gioia, paura e tristezza. Non avevo mai saputo cosa significasse amare una persona e forse quello che provavo per Elijah dalla prima volta che lo avevo visto non era ancora quella forza devastante che veniva chiamata amore.

Ma sentivo che ci si avvicinava parecchio, altrimenti il mio cuore non avrebbe reagito così nel sentire quelle semplici parole che stavo rivolgendo silenziosamente ad Elijah.

La sua espressione si addolcì, mentre la mia mano scendeva lungo la sua guancia. Abbassò lo sguardo sulle mie labbra, quando mi vide avvicinare il viso al suo lentamente.

Era l'unico modo per dirgli quello che provavo, le parole e il silenzio alla fine non era nulla in confronto ad un gesto come quello. Lui rimase immobile, mentre le nostre labbra si avvicinavano sempre di più, le sentì sfiorarsi, cercarsi e i nostri respiri si incontrarono fino a congiungersi quasi. Avevo paura che lui non provasse lo stesso per me, che la nostra era davvero una semplice amicizia e che mi stavo solo illudendo di nuovo di vedere e percepire cose che in realtà non esistevano.

Ma lui era lì e le nostre labbra si stavano sfiorando, un attimo prima di congiungersi completamente in un bacio.

Poi Elijah improvvisamente si ritrasse, scattò indietro come una molla e tenne la testa bassa, per evitare il mio sguardo. Il modo in cui la magia terminò, violentemente e troppo veloce, mi disorientò un attimo.

Fui costretta a sbattere più volte le palpebre per tornare in me, guardai Elijah che si passava una mano sulle labbra e prendeva dei lunghi respiri, come se volesse anche lui riprendersi da quello che stava per succedere. “Io non provo questo per te, Irina. E nemmeno tu.” disse, alzò lo sguardo su di me ma non riuscì a guardarmi per più di pochi secondi. Quello fu il suo modo peggiore per ferirmi.

Non volevo essere presuntuosa, non volevo pensare di essere certa di conoscere ciò che Elijah provava per me, ma io sapevo riconoscere una bugia quando lui la pronunciava.

E quella era una bugia, più grande di me e lui messi insieme.

Io sono un vampiro, un'originale, la mia vita è eterna e maledetta. Tu sei una giovanissima donna mortale e troppo umana per essere coinvolta nell'inferno che è la mia vita. Cosa credi che possa esserci tra noi? Te lo dico io: nulla, se non sofferenza e paura.”

Per la prima volta in tutte le discussioni che avevo affrontato con Elijah, mi parve di essere io la più forte dei due. Lui stava solo trovando delle scusanti riguardo un nostro ipotetico futuro, non stava negando di provare qualcosa per me. Forse non mi ero illusa, non era a senso unico.

Forse lui lo doveva solo scoprire come lo avevo scoperto io in quel momento.

Stai mentendo.” gli dissi, cercando di muovere il più velocemente possibile le mie mani.

Elijah scosse la testa, si passò una mano sul mento e distolse lo sguardo dal mio viso. Sembrava che gli costava parecchio dovermi guardare negli occhi, ma doveva farlo.

Smettila...” disse, quasi come se mi stesse supplicando. Mi avvicinai di nuovo a lui, volevo che mi guardasse in faccia e mi dicesse la verità.

Io pensavo di conoscerla, ma lui aveva voce e poteva confermarla.

Cercai di nuovo di toccarlo, lui però anticipò il mio gesto, prendendomi per le spalle e stringendole con forza.

Alzò lo sguardo su di me, i suoi occhi erano diventati scurissimi e sulle sue labbra comparvero dei canini sporgenti. Tremai di fronte al lato vampiro di Elijah, non lo avevo mai conosciuto davvero e sinceramente ero arrivata anche ad ignorarne l'esistenza, per come avevo imparato a conoscere Elijah. Lui mi avvicinò a sé, quasi strattonandomi, in un gesto violento che non avrebbe mai compiuto prima.

Questo è ciò che sono.” disse in un ringhio, mi sforzai di guardarlo in quegli occhi iniettati di sangue ma mi risultava difficile. Era così vicino che mi risultava impossibile da sostenere.

Questo è il vero me. Non sono quello che ti sorride per rincuorarti, non sono quello che ti sta vicino per non farti sentire sola e non sono nemmeno quello che ricambia il tuo abbraccio per sentirti più vicina.” mentre pronunciava quelle parole, con quella rabbia più rivolta a sé stesso che a me, mi parve di rivivere diverse immagini: il suo sorriso, le sue parole che mi raggiungevano quando sentivo di non farcela, quelle tre bellissime volte in cui avevo sentito le sue braccia attorno a me...le rivissi tutte in quel momento.

Ma volevo arrestarle, perchè se si rivive una parte della propria vita con la mente, vuol dire che tutto sta per finire. E io sentivo che per me stava finendo l'immagine di un sogno.

Era come la morte, che arriva subito dopo che hai vissuto i tuoi ultimi attimi di vita a ricordare il passato. Elijah mi avvicinò di più a sé, mi sforzai di non piangere ma mi risultava difficile.

Questo sono io. Il vampiro che non resiste all'odore del tuo sangue, il vampiro che uccide per sfamarsi, il vampiro che odia per non odiare sé stesso. Non c'è amore nella nostra vita, Irina, noi siamo morti.

Tremai, il suo viso assunse ancora di più una espressione disumana mentre pronunciava l'epilogo della mia illusione. Ero stata ferita per la seconda volta quel giorno, come mi ero illusa che Klaus avesse un'umanità, mi ero anche illusa che Elijah provasse qualcosa per me.

Ero solo una stupida a pensare che la mia vita sarebbe davvero cambiata.

Nemmeno tu provi nulla per me, perchè non hai mai conosciuto il vero me.” continuò Elijah, la sua presa sulle mie spalle si allentò sempre di più e il suo viso iniziò a rilassarsi, tornando alla sua forma umana. Quella di cui mi ero innamorata.

Intanto piangevo come una fontana, le lacrime mi rigavano sul viso senza che potessi far nulla per fermarle, non volevo nemmeno asciugarle e le lasciai sulla mia pelle per ricordare a me stessa quanto fossi debole.

Altro sale sulle ferite, dubitavo che avrei potuto resistere ancora.

Se tu sapessi cosa realmente sono, cosa realmente sta accadendo...dubito che mi ameresti.” disse, in un sussurro così flebile ma freddo che mi parve irriconoscibile. Era una voce che non avevo mai sentito prima, quella di un Elijah che voleva ferirmi. “La tua era solo una illusione, adesso sai che cosa sono veramente. Le mie maschere ormai hanno perso il loro valore...”

Tirai su con il naso, Elijah si allontanò da me e mi diede le spalle. Non credevo possibile che volesse chiudere la cosa lì, dopo avermi detto tutte quelle cose.

Non poteva aver mentito per tutto quel tempo, la vera menzogna risiedeva nelle ultime parole che mi aveva rivolto. Mi portai una mano sulla bocca, mi sentivo completamente ridicola nell'avere tutto quel mare di sentimenti dentro di me: ero come uno scoglio investito dalle onde, che non poteva far altro che restare immobile a farsi colpire dal mare in tempesta.

Farò in modo che tu torni in Bulgaria il prima possibile.” disse Elijah, prendendo lui per me quella decisione. Scossi la testa, quanto avrei tanto voluto gridargli di smetterla e invece dovevo rimanere ad ascoltarlo in silenzio.

Io non volevo andarmene.

Spero che la tua vita prosegua nel migliore dei modi.” concluse poi.

Quella frase era il vero epilogo del mio sogno. Mi convinsi che forse aveva ragione lui, la mia era solo stata una illusione in cui credevo di conoscere Elijah ma non era così.

Quella sera avevo conosciuto l'altra parte di lui che fingevo di ignorare. Quella parte era sempre stata presente, solo che lui l'aveva tenuta nascosta per non ferirmi.

Ma se non voleva ferirmi, qualcosa di umano, come credevo io, c'era davvero in lui.

Fuggì di nuovo, cosa che ero convinta non avrei mai più fatto, ma che mi uscì spontanea.

Spalancai la porta e la lasciai aperta mentre i miei piedi percorrevano i corridoi bui della villa.

In quel momento mi fu davvero tutto chiaro, era tutto finito.


Spalancò la porta quando bussai per la seconda volta.

Rose rimase stupita nel trovarmi là, di notte e con il volto visibilmente solcato dalle lacrime, illuminate dalla luce della luna. Ero rimasta in camera mia per pochi minuti, ma le lenzuola sporche di sangue mi ricordarono tutto quello che era successo e non ce la feci a restare.

Non volevo vedere nemmeno Katerina, perchè anche lei mi ricordava ciò che era tutto finito.

Ma non volevo restare sola con me stessa, ero la peggior persona che mi potesse fare compagnia in quel momento. Perciò decisi di andare da lei, dall'unica persona che conoscevo al di fuori di quella villa.

Irina?” mi chiese preoccupata. “Cos'è successo?”

Singhiozzai, le buttai le braccia al collo senza rendermene conto e lei ricambiò il mio abbraccio. Mi posò una mano sui capelli e li accarezzò dolcemente come per tranquillizzarmi, mi sembrava di essere tornata la bambina che piangeva per ogni cosa e che pensavo fosse scomparsa con il mio arrivo in Inghilterra. E invece era tornata, certi lati del proprio essere non muoiono mai.

Un'altra cosa che mi aveva insegnato Elijah in quella giornata.

Rose mi fece entrare, mi fece sedere e mi porse una tazza di the, nonostante l'orario indecente. Mi chiese cosa fosse successo, ma mi limitai solo a farle capire pochi semplici gesti da cui lei dedusse che avevo litigato con tutti praticamente e che dovevo tornare in Bulgaria.

Ma in Bulgaria non ci sarei tornata, nemmeno ora che Elijah mi aveva detto di farlo.

Nemmeno ora che lui mi aveva mostrato il suo lato oscuro, quello che aveva mascherato per tutto quel tempo. Ma che io ancora credevo che fosse una bugia.

Passerà tutto.” mi disse Rose, sorridendomi calorosamente mentre si sedeva di fronte a me e teneva una tazza tra le mani. La stanzetta era illuminata dalla luce del camino, per un attimo calò solo un profondo silenzio rotto dalla legna che ardeva nelle fiamme. “Anche i vampiri lasciano correre, pensa se se le legano al dito per l'eternità!”

Sorrisi solo per un secondo poi abbassai lo sguardo, non mi bastava più un sorriso per sentirmi meglio ormai. Ero stata svuotata di tutto senza che me ne accorgessi.

Rose sospirò, vidi la sua mano allungarsi sul tavolo verso di me e sfiorare la mia. Piegò la testa da un lato e studiò il mio viso nascosto sopra una mano e il mio sguardo perso nel vuoto.

Sai perchè odio i vampiri?” mi chiese, attirando così la mia attenzione su di sé. “Perchè mi hanno fatta diventare più vecchia di Trevor. Ero io la più giovane dei due e ora non è più così!”

Risi di nuovo, per un attimo solo mi sentì meglio ma solo perchè fu lei a ridere con me. La vidi farsi seria, un ciuffo di capelli che teneva legati in una crocchia le ricadde sul viso e il suo sguardo si posò su di me. “In realtà, li odio perchè mi fanno paura. Non hanno un cuore, un'anima e non hanno sogni sopratutto.” disse. Quel discorso mi fece venire di nuovo voglia di piangere, ma mi trattenni: ripensare ad Elijah era una tortura a cui non volevo sottopormi più.

Trevor è mio amico e io non l'ho abbandonato però...ammetto che ho paura anche di lui.”

Tirai su con il naso, la mano di Rose era ancora posata sulla mia e le sue dita tamburellavano lentamente sulle mie. Gli occhi si bagnarono di nuovo e li asciugai prima che mettessero in risalto la mia debolezza.

Però c'è un'altra cosa che devo ammettere....” Rose parlò in un lieve sussurro, come se quello un pensiero insolito le avesse attraversato la mente e lei avesse trovato il coraggio di dargli voce. Alzai lo sguardo su di lei e la vidi distogliere lo sguardo. “Mi sono ricreduta sui vampiri solo una volta: alla festa del tuo compleanno.”

Corrugai la fronte, mi rizzai sulla schiena e continuai a guardarla interrogativa. Non capivo di cosa stesse parlando, lei al mio compleanno era rimasta pochi minuti ed era scappata via prima che potesse restare troppo a lungo con Klaus ed Elijah. Prese un lungo respiro, essere dalla parte dei vampiri, anche se solo per un attimo, le risultava davvero difficile.

Ho visto Elijah, il modo in cui ti guardava e ti sfiorava...sembrava..umano, capisci?” mi chiese, si chinò più verso di me. Credevo di capire: Elijah, Klaus e persino Rebekah avevano comunque un'aria quasi divina.

La prima volta che li avevo visti, avevo pensato subito che fossero degli angeli, così lontani da dei normali esseri umani. Io avevo scoperto l'umanità di Elijah perchè stavo sempre con lui, ma per una come Rose che li vedeva di sfuggita per poi scappare via, doveva essere una cosa che saltava prontamente agli occhi. “Lui non ti farebbe mai del male, se non per proteggerti. Quello sguardo si riconosce subito.” continuò Rose.

Forse lo stava facendo per consolarmi, abbassai di nuovo lo sguardo e mi portai una mano sotto il mento. Rose mi strinse le dita. “Ma non è questo che mi ha stupito veramente..” disse, cogliendo di nuovo tutta la mia attenzione.

Ci guardammo di nuovo, quello che stava per dirmi doveva risultare ancora più difficile rispetto all'aver trovato un barlume di 'umanità in Elijah. Rabbrividì e distolse lo sguardo.

Quello che mi ha stupito maggiormente...è che c'era un'altra persona che mi ha fatto ricredere in quella sala..”

Calò di nuovo il silenzio, io e Rose ci guardammo a lungo ma quando trovai la forza di trovare un senso alla parole della ragazza, qualcuno bussò alla porta. Sobbalzammo entrambe, Rose andò ad aprire dopo un attimo di smarrimento e la seguì.

Restammo entrambe stupite nel vedere Philippe sulla porta. Era paonazzo e ci guardava con aria preoccupata, quando notò la mia presenza, tirò un sospiro di sollievo.

Irina, è successa una cosa terribile a tua sorella!” disse.

Quelle parole mi fecero andare il cuore in gola, mi avvicinai a lui e gli chiesi cosa fosse successo. Rose rimase immobile sulla porta, notai che guardava il ragazzo con aria insospettita.

Intanto io cercai di mantenere la calma necessaria per capire cosa stesse accadendo, Philippe prese dei lunghi respiri. “È stata attaccata, è venuta a cercarti e un animale l'ha attaccata! Ti stanno cercando tutti!” esclamò, con il suo fortissimo accento francese.

Katerina era stata attaccata per colpa mia. Stavo per sentirmi male, andai fuori dalla porta senza nemmeno accorgermene e lo affiancai, doveva portarmi da lei il prima possibile.

Irina no!” gridò Rose, come se avesse percepito un pericolo prima di me.

Ma io ero ormai fuori.

Prima che me ne accorgessi, Philippe mi fece voltare: mi cinse il collo con il braccio e premette il suo petto contro la mia schiena. Mi tolse il respiro per quanto era forte, mi divincolai con forza, mentre lui teneva lo sguardo fisso su una Rose terrorizzata.

Lo sentì ridere, di fronte allo sguardo della ragazza che si sforzava di restare accanto alla porta.

Allora, Rose.” ridacchiò Philippe, impedendomi di continuare a divincolarmi. “Invitami ad entrare in casa o ammazzo la piccola Petrova.”


Ciao a tutti!! :)

Perdonate il capitolo chilometrico, ma sono stata un po' costretta per “preparare” il prossimo che sarà decisamente più corto.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso, mi spiace che non ci siano stati parecchi colpi di scena ma mi sono concentrata per lo più sulle due consapevolezze riconosciute da Irina in questo capitolo: la consapevolezza di odiare e quella di amare. Come sempre, spero di esserci riuscita abbastanza bene.

Ci tengo a ringraziare anche in questo capitolo tutti coloro che leggono, chi lo fa in silenzio e chi recensisce, facendomi così sorridere con le loro belle parole. Ringrazio anche coloro che hanno inserito questa storia tra le seguite, ricordate e preferite, non la smetterò mai di dirvi grazie in ogni singolo capitolo.

Buona domenica a tutti voi!

  
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