Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Denki Garl    06/02/2012    1 recensioni
«E cos'è che ti ferma dal farmi diventare una volta per tutte un ricordo da dimenticare?»
«Assolutamente niente.»
«Sai che non è così. Le altre volte avevi paura, perché sei una piccola malfidente che non crede in se stessa né agli altri quando le dicono che non ha alcun motivo per non farlo; perché sei una testarda e, a volte, una stupida di prim'ordine, ed eri convinta di essere troppo debole per farcela senza di me. Invece questa volta, ti dico io, è la paura del rimpianto.»
Genere: Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


It takes all my strength.







In the mourning, all my worries


And it takes all my strength not to dig you up from the ground in which you lay
The biggest part of me, you were the greatest thing
And now you're just a memory to let go of

In the mourning, I'll rise
In the mourning, I'll let you die
In the mourning, all my sorries







Rayley sedeva su quella sedia sconquassata, corredata all'altrettanto malandata scrivania, da circa dieci minuti. Teneva le gambe accavallate mollemente, i gomiti posati sulla struttura lignea, tra le piccole mani stringeva un libro che continuava a leggere più per una sua orgogliosa ostinazione, che non per reale interesse o voglia. Se proprio volete saperlo, a dirla tutta aveva iniziato a leggerlo il giugno passato, il che equivale a dire circa otto mesi prima del momento che mi appresto a descrivere. Buona parte l'aveva divorata nel giro di una, forse due settimane, ma poi l'aveva lasciato lì e se n'era dimenticata. Accadde poi che, qualche mattina prima di questa, si trovò alla ricerca di una lettura da fare nel tragitto casa-scuola o nei momenti di intervallo in cui, non volendo avere nulla a che fare con i suoi compagni, si isolava, e allora si costrinse a terminare una volta per tutte quel libro che, altrimenti, sarebbe stato destinato a salvaguardare dalla polvere quell'angolo di scrivania. In ogni caso, mi mancava di dire che l'espressione creata dai suoi lineamenti denotava un forzato tentativo di apparire insofferente. Se all'ambiente che la circondava o alla situazione che stava attraversando, tuttavia, devo ancora appurarlo.
«Ehi, come va?» si sentì domandare d'improvviso. La voce, ben conosciuta, proveniva dalla sua sinistra, pareva appartenere al ragazzo che ora occupava quella stessa sedia che, fino a qualche secondo prima, era stata libera. Rayley non aveva degnato la figura nemmeno dell'intenzione di lanciarle una fugace occhiata sbieca, conosceva così bene quel timbro vocale che nemmeno le venne la curiosità di vedere se, il ragazzo, era effettivamente Zooey. Proseguì con la sua lettura, senza veramente proseguire, mantenendo quella stupida - permettetemi di dire - aria sostenuta.
«Che fai, mi ignori, adesso?» riprovò allora lui, sembrava stranamente divertito da quell'atteggiamento che, se fosse stato tenuto da una qualunque altra persona, l'avrebbe alquanto irritato. «Come se fosse possibile.» pronunciò lei, fredda e distaccata, mentre ancora non lo degnava di uno sguardo. Zooey notò un accenno di pungente sarcasmo nella sua intonazione, ma, purtroppo per Rayley, l'unico effetto che con questa ottenne fu quello solitamente suscitato dal solletico.
«Cosa leggi d'interessante?» chiese, quindi, il ragazzo, che non sembrava intenzionato a mollare, sebbene già potesse constatare coi suoi occhi quale fosse il titolo, dato che la copertina del libro stava proprio a pochi centimetri dal suo naso. Alla ragazza, naturalmente, non sfuggì questo dettaglio, che, anzi, fu preso come un pretesto in più per tacere. Non le andava di sprecare il suo fiato, tanto meno con lui, tanto meno in quel momento. Così restarono in silenzio per un po', ma né all'una, né all'altro, questo fatto gravò più di tanto addosso. Zooey ne approfittò per studiare un po' l'ambiente, e ad ogni nuovo dettaglio che ne coglieva, poteva capire sempre meglio tutte le volte che, negli ultimi due mesi, Rayley se n'era lamentata e aveva proclamato di odiare quel posto con tutta se stessa. Prima di tutto, era dannatamente freddo. Nonostante i caloriferi fossero, in quel fortuito mattino, più che bollenti - e, per la cronaca, si trovavano proprio dietro a lui -, Zooey si sentiva sempre più prossimo a diventare un cubetto di ghiaccio. E poi era un posto vecchio, antiquato. Certo, essendo a conoscenza che quell'edificio risaliva all'epoca della Seconda Guerra Mondiale e, forse, anche a qualche anno prima, non avrebbe dovuto stupirsene. Ma ciò che proprio lo lasciava senza parole, era la totale assenza di una qualunque traccia che facesse intendere che il tempo non solo era trascorso all'interno della struttura, ma che l'aveva pure modificata in un qualche modo di cui solo esso può vantarne la disposizione. Eppure, se avesse dovuto essere sincero al riguardo, non è che gli dispiacesse poi così tanto. C'era qualcosa, qualcosa di molto debole, evanescente, che gli faceva apprezzare quell'istituto. E, d'altro canto, ricordava che lei, quando aveva appena iniziato a frequentarlo, diceva di sentirsi a casa.
In uno sprazzo improvviso, Zooey si protese in avanti fino ad arrivare ad appoggiare i gomiti al tavolo, adagiando il mento all'estremità dei palmi delle mani, le dita chiuse vennero in contatto con le sue guance, creando un contrasto di temperature che, tuttavia, non gli dispiaceva molto. Sorrideva con fare spensierato e fissava Rayley, che, ancora, faceva finta di leggere. Lei, vedendolo farsi così vicino, portò le iridi a controllare quale diavolo di intenzione gli fosse mai saltata in mente, senza però muovere un sol muscolo, sperando, in ogni caso, che lui non se ne accorgesse. Ovviamente il ragazzo lo notò, e proprio non gli riuscì di trattanere un risolino divertito. Il fatto è che trovava buffo e, sotto un certo punto di vista, pure dolce, questo astio che, da qualche giorno, la ragazza ostentava nei suoi confronti. Sapeva che non sarebbe durato, ma la cosa che riteneva in assoluto la migliore di quella faccenda, era che Rayley per prima sosteneva che prima o poi avrebbe ceduto e tutto sarebbe tornato com'era prima. Ora, mi rendo perfettamente conto che, ai vostri occhi, tutto ciò non deve avere molto senso, ed ecco perché mi accingo a fare una precisazione. Capitava, ogni tanto, che Rayley si sentisse distante da Zooey. Per essere più precisi, capitava che non riuscisse a provare nulla per lui, come se i suoi sentimenti fossero stati sedati. E questo la distruggeva parecchio, perché sapeva quanto lui fosse importante ed indispensabile per lei, e non voleva abbandonarlo. Così si ritrovava a stringere ancora di più la metaforica presa su di lui, finendo inevitabilmente per stare anche peggio. Ma questa volta era andata diversamente, ancora non capiva bene il perché. Si era stancata, e aveva deciso che, se non sentiva il bisogno di aggrapparsi a lui, quello diventava solo un inutile spreco di forze. Aveva mollato, ecco. E non ne voleva sapere più nulla di lui, per il momento. Non era arrabbiata o cosa, non stava nemmeno fuggendo come era solita fare. Andava avanti senza di lui, semplicemente, per la prima volta in tre anni. E a lui non importava molto, in un certo qual modo rispettava quel suo, chiamiamolo così, seppur incorrettamente, stato d'animo. Non gliene faceva una colpa. Forse il fatto è che non la prendeva seriamente, questo non lo saprei dire. Probabilmente, però, era così, sì.
«Com'è che non sei in classe, comunque?»
Rayley sospirò rumorosamente, mostrandosi infastidita da tanta insistenza. Desiderava solo che se ne andasse e che la lasciasse in pace, si chiedeva perché mai avesse preso a mostrare tanto interesse nei suoi confronti proprio ora. «Ho fatto tardi e non m'hanno fatta entrare.» rispose infine, misurando le parole col contagocce, come si suol dire. Non le andava di parlare con lui, né le andava di fingere simpatia nei suoi confronti.
«Capito.» fece allora lui, giungendo alla conclusione che in quella maniera non sarebbe riuscito a catturare la sua attenzione nel modo in cui voleva. «Non vuoi sapere perché sono qua?» aggiunse, ottenendo in risposta uno sbuffo ancor più infastidito del precedente. «Vorrei sapere perché non te ne vai, piuttosto.» pronunciò lei, abbassando il libro. Piegò l'angolo della pagina dov'era arrivata e lo chiuse, rivolgendosi finalmente a lui, in attesa di una spiegazione.
«Sei tu che non me lo permetti, Rays.»
«No, io non aspetto altro che vederti sbiadire col tempo.»
Il ragazzo ridacchiò, abbassando lo sguardo sulle sue mani congiunte sul tavolo. «Davvero, Zooey. Smettila di ridere.»
«Non posso farci niente, Rays, mi spiace.» si giustificò, mantenendo, però, il sorriso sulle labbra. «Puoi smetterla di sfottere e andartene, come no.»
«Non è questo che intendevo, lo sai.» si fece serio d'un colpo. «Lo so.» si affrettò a dire la ragazza, «Lo so.» ripeté. «Ma così non mi aiuti.»
«Mh?»
«Ce la sto mettendo tutta, Zooey.»
«E cos'è che ti ferma dal farmi diventare una volta per tutte un ricordo da dimenticare?»
«Assolutamente niente.»
«Sai che non è così. Le altre volte avevi paura, perché sei una piccola malfidente che non crede in se stessa né agli altri quando le dicono che non ha alcun motivo per non farlo; perché sei una testarda e, a volte, una stupida di prim'ordine, ed eri convinta di essere troppo debole per farcela senza di me. Invece questa volta, ti dico io, è la paura del rimpianto.»
«Perché mai dovrei temere di rimpiangere... Cosa, poi? Cosa diavolo dovrei rimpiangere, Zooey?!»
«Questo non lo so, anzi, me lo chiedo anche io.»
«Ma smettila...» intimò seccata, sbuffando per l'ennesima volta, facendo schioccare le labbra e roteare gli occhi. «Più che altro, Rays, lo sai che io ci sarò sempre. Quindi se anche vorrai tornare, io ti starò aspettando.»
«Non mi interessa di come ti diverte perdere il tuo tempo.»
«E allora vai per la tua cavolo di strada da sola, ma voltati, dammi le spalle, porca puttana! Non star lì a fissarmi mentre muovi i passi indietro. Diamine, Rayley, perché devi fare così?!»
Tacquero entrambi per qualche secondo. Lui attendeva una risposta, lei rifletteva su ciò che le era appena stato detto. Forse, alla fine aveva ragione lui a dire che aveva paura di rimpiangere quella sua scelta. La verità è che lo sapeva, sapeva che se mai avesse cambiato idea e avesse voluto tornare ad appoggiarsi a lui, l'avrebbe trovato ad aspettarla, ma c'era una vocina nella sua testa che le diceva che quello non era un comportamento giusto da tenere. Nonostante il suo innato opportunismo, non riusciva a sfruttarlo senza preoccuparsi dei suoi sentimenti.
«Ce la sto mettendo tutta.» disse nuovamente, piegando in giù il capo, quasi avesse bisogno di convincersi che più di così non poteva fare. «A far cosa, mh? A relegarmi in un angolo della tua memoria e farmi sparire dalla tua vita? Non ti viene in mente che, se ti costa tanta fatica, significa che forse non è il momento giusto, che ancora hai bisogno di me e che stai solo sprecando le tue forze?»
«No, non è di questo che si tratta.» sussurrò, quasi, mantenendo la testa bassa. «E cosa, allora?»
«La parte difficile, ora, è non rivangare il passato.» confessò. Ciò che con queste parole Rayley intendeva, è che quando guardava all'angolino in cui l'aveva costretto, le veniva da avvicinarsi e levargli da dosso il sottile strato di polvere che si era velocemente accumulato, ma si tratteneva. Seppur a fatica, riusciva a starne lontana. Ma Zooey l'aveva capito.
«E così non ti aiuto...» concluse con un tono così malinconico da risultare, a tratti, sconsolato. «Vuoi che me ne vada?»
«Voglio che tutti questi problemi finiscano.»
Il ragazzo, allora, si alzò. Chiuse il cappotto, sistemò la sciarpa ed infilò i guanti, sperando che lei lo fermasse, sapendo che di certo non l'avrebbe fatto, anche se fosse stata la cosa che più desiderava al mondo. Senza dire una parola, fece un giro di novanta gradi su se stesso, dandole così le spalle.
«Tu credi che così finiranno?» si sentì domandare, sfidare quasi, e nonostante avesse colto quella nota di supplica finalizzata a fermarlo, l'ignorò per farla felice.

«No, ma lo credi tu

















DE's:

Queste non servono, davvero. Delle note, ora, sarebbero quanto di più superfluo ci sia al mondo, quindi non mi dilungo. Necessito di questo spazio solo per i credits, perché lissù c'è un pezzo di "In the mourning", dei Paramore. Che Dio li benedica, quei tre.

Un'opinione, ovviamente, è sempre ben accetta.
Grazie, e ciao.

Read ya!

_badspider.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Denki Garl