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Autore: Carly_31    08/02/2012    0 recensioni
Celia, una bambina orfana della madre lasciata ad un padre che dirige un circo, ma non uno qualunque; Prospero L'Incantatore è il direttore del Cirque des Reves.
Crescere fra i circensi, sotto a tendoni bianchi e neri può non essere facile, ma se fai parte del circo dei sogni allora la tua vita sarà sicuramente piena di magia, mistero e sogno.
Celia è cresciuta fra i circensi ed è subito entrata a far parte della famiglia; diventata adulta ripensa a ciò che è stato e a cosa davvero significhi il Cirque des Reves.
Genere: Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il circo della mezzanotte MEMORIE DAL CIRCO





Sono passati tanti anni ormai, da quando sono entrata a far parte del Cirque des Reves.
Ma nonostante il tempo mi ricordo come se fosse accaduto ieri, il primo incontro con mio padre e la prima volta che misi piede dentro ad un tendone circense. E da allora la mia vita è cambiata, sono diventata un'altra persona, non quella che mia madre aveva sempre desiderato, non ho fatto nulla di quello che lei sperava per me; ma forse la colpa è anche la sua. Se non avesse deciso di lasciarmi, preferendo scegliere la via più semplice invece di affrontare i problemi di petto oggi non mi ritroverei a far parte di questo dannato circo, non sarei l'asso nella manica del grande Prospero l'Incantatore, il suo più grande successo.
Quando mia madre si suicidò fui consegnata come un pacco nelle mani di quello che per la legge era mio padre, ma Prospero non è mai stato nulla più di un padrone per me. L'ho capito fin da subito che per lui ero un peso: nonostante avvessi solo 6 anni avevo già capito che non avrei mai ricevuto amore da lui, non avrei mai ritrovato una famiglia quel giorno del 1873.
Si era trovato per le mani una bambina da allevare ma lui non poteva esserne capace, perchè lui non era più Hector Bowen l'uomo che aveva sedotto e messo incinta mia madre; no, lui era Prospero l'Incantatore, il re del Cirque des Reves. Quindi non avrebbe potuto crescermi come un padre e si limitò a fare ciò per cui era famoso: insegnarmi l'arte circense.
Ma non posso lamentarmi perchè è grazie ai suoi insegnamenti che oggi sono la stella, è grazie a lui che ho abiti pieni di lustrini, ammiratori in tutti gli angoli dello stato e foto sui giornali; ed è stato lui a darmi il nome con cui tutti mi conoscono: Miranda.
I primi tempi si limitò ad usarmi come sua assistente per alcuni numeri di magia o come spalla per i clown; poi, una sera, forse per il troppo gin o forse a causa di un vero lampo di genio chiamò a raccolta tutti i membri di questa grande famiglia e ci espose il suo nuovo progetto: un numero completamente inedito, che tenesse il pubblico col fiato sospeso e che lo meravigliasse a tal punto da non poter fare a meno di tornare anche la sera seguente per osservarlo ancora. E naturalmente quella mirabolante esibizione avrebbe avuto me come protagonista.
Estremamente geloso dei sui trucchi, o del suo dono come è solito chiamarlo, Prospero non volle l'aiuto di nessuno per studiare e mettere a punto quel numero; perciò passai molto tempo da sola con lui, giornate intere a fare esercizi e a preparare il numero prefetto che avrebbe consegnato per sempre il circo dei sogni alla gloria dell'empireo. Ma nonostante tutte le ore a stretto contatto non mi chiese mai della mia vita precedente, di quando mamma era viva, di come ce la cavassimo col suo misero stipendio da ballerina di night club; insomma non si interessò mai alla vita di sua figlia e della donna che, seppur per poche ore, aveva amato.
Per quanto riguarda le  sue eccezionali doti, non capii mai se fosse davvero dotato di poteri magici o se i suoi fossero solamente invisibili trucchi, e come me nessuno seppe mai la verità; anche perchè all'interno della famiglia era un argomento superato: Prospero aveva reclutato personalmente ogni acrobata, ogni giocoliere e ogni artista per formare il suo circo, li aveva raccolti dalla strada o da locali di quart'ordine, era come un padre per tutti, un maestro, e nessuno si era posto il problema di interrogarsi sulle sue capacità.

Fu così che in poco tempo il circo dei sogni ebbe un nuovo numero, con una ricciuta bambina di 7 anni come protagonista.
La magnificenza di quell'esibizione fu tale che dopo un paio di settimane era sulla bocca di tutti; giravamo il paese in lungo e in largo e ogni sera era un successo, accorrevano sempre numerosi per vedere ciò che l'incantatore era in grado di fare con quella piccolina e i biglietti per lo spettacolo andavano letteralmente a ruba.
Avevo fatto la fortuna del circo e grazie a me la nostra famiglia entrò nel periodo d'oro, proprio all'apice del successo.
Però gli anni passarono e io crebbi, ma a Prospero questo non piacque mai; si lementava sempre che crescevo troppo in fretta ed era costretto a cambiare esibizioni, perchè ciò che era appropriato per una bambina non poteva più andare bene per una ragazzina e per una giovane donna poi. Però devo riconoscerlo, Prospero aveva l'incredibile dono di creare sempre un nuovo numero che lasciasse tutti a bocca aperta e che diventasse il pezzo forte del circo; dopo quella miracolosa sera in cui ebbe l'idea geniale che mi rese l'attrazione principale del circo ne vennero altre, tutte fruttuose per le nostre finanze e tutte degne dell'enorme fama di cui la nostra compagnia godeva. Non importava quanti anni avessi, e quanto il mio corpo cambiasse, quello che mi faceva fare era sempre il fulcro dello spettacolo e il motivo per cui la gente si riversava numerosa tutte le sere dentro al nostro tendone.
Poi però diventai una donna e la mia bellezza esplose con gli anni, affascinando gli uomini in ogni contea; e questo all'incantatore non piaceva.
Non riuscivo a capire se fosse geloso di me come qualunque padre, se gli dessero fastidio gli sguardi di cupidigia che gli uomini mi riservavano o se avesse paura che un bel giorno io accettassi la corte di un ricco scapolo newyorkese e fuggissi con lui abbandonando il circo. Tante volte provai a parlargli, a chiedergli quale fosse il motivo della sua scontrosità, perchè mi rimproverasse sempre riguardo alla mia bellezza, ma non ebbi mai una risposta.
Perciò un bel giorno, semplicemente, ci rinunciai.

Il giorno del mio ventunesimo compleanno i miei amici circensi organizzarono per me una festa, proprio in quel tendone bianco e nero che ogni sera vedeva la mia esibizione: avevano fatto le cose in grande invitando un pò di amici che avevamo conosciuto nei nostri soggiorni in paese, alcuni giornalisti e i miei ammiratori più affezionati.
Ma la presenza più chiacherata era quella di un nobile inglese, che Prospero aveva invitato proprio per l'occasione e di cui nessuno sapeva niente, nemmeno il nome, ma che tutti chiamavano il Conte.
Mi stavo intrattenendo con alcuni gentiluomini che per l'occasione avevano portato in regalo mazzi enormi di rose e orchidee, gioielli, cappelli di seta e organza e portagioie di madreperla adulandomi e riempinedomi di elogi come se fossi la regina Vittoria quando sopraggiunse prospero che mi portò via per farmi conoscere il suo illustre ospite, il famigerato Conte.
Era un uomo sulla sesantina, distinto, dal portamento elegante, i modi posati e diciamo la verità, anche la tipica puzza sotto al naso che caratterizza i nobili inglesi. Volle sapere tutto sulla mia vita, da quanto tempo facevo parte del circo, le esibizioni che avevamo messo in scena nel corso degli anni, cosa ne pensassi del mondo circense, cosa ne pensassi di quella vita e, a sorpresa, dei miei sentimenti per mio padre.
Io cercai di essere sempre gentile e accondiscendente nei confronti del Conte, poichè avevo capito che era una persona importante e che Prospero lo guardava con un'aura di rispetto e riverenza, ma quando dovetti parlare di Prospero non potei fare a meno di usare una punta di  odio nei suoi confronti, se non altro per non avermi dato tutto l'affetto di cui avevo bisogno quando non ero altro che una bambina.
Quando la festa fu finita, a tarda notte (una delle poche in cui il Cirque des Reves non aveva aperto i suoi cancelli al pubblico) tutti gli invitati se ne andarono e così com'era venuto, anche il Conte se ne andò nel suo alone di mistero.

Passarono gli anni e passò anche la moda per il circo; nacque il cinematografo, ci si avvicinava alla fine del secolo, l'imperialismo era sempre più forte e la gente non si meravigliava più di niente, non rimaneva affascinata dalle incredibili acrobazie dei circensi. Il nostro fu uno dei pochi circhi che riuscì a tirare avanti nonostante tutto ma molti di noi preferirono cercare un lavoro più producente e sicuro, perciò la grandezza del Circo dei Sogni andò piano piano scemando. E anche la grandezza di Prospero l'Incantatore, colui che aveva consegnato all'immortalità la sua creazione invecchiò inesorabilmente, perse parte dei suoi strabilianti poteri, i suoi trucchi sempre più banali.
Arrivò anche il momento in cui passò lo scettro del potere per ritirarsi a vita privata; ma era inconcepibile per tutti che il grande Prospero abbandonasse il circo per dedicarsi a una vita da pensionato, in una piccola casetta di periferia, a bere caffè lungo con l'unica compagnia di un cane meticcio, sciancato come lui.
E infatti il giorno in cui ci lasciò, smettendo i panni dell'Incantatore tornando ad essere Hector Bowen, dopo aver passato di mano le consegne, essersi congedato dai compagni di una vita e aver salutato me per la prima volta come sua figlia, abbracciandomi e stringendomi a sè, andò via senza portarsi dietro nulla. Semplicemente si incamminò lungo la via, senza voltarsi indietro, per poi sparire. Per sempre.

Qualche tempo dopo arrivò a farci visita il Conte: era venuto apposta per parlare con me dopo aver saputo che Prospero se n'era andato.
Mio padre gli aveva scritto una lettera, proprio come aveva fatto tanti anni fa, senza il nome e l'idirizzo del destinatario ma era giunta lo stesso alla persona giusta.
Nonostante fossero passati anni dall'ultima volta che lo avevo visto, dal mio ventunesimo compleanno, quello strano personaggio non era cambiato nemmeno di una virgola, come se fosse passato solo un mese; io invece ero una donna fatta.
Parlammo a lungo e di molte cose, del fatto che ora ero io l'erede di Prospero e che dovevo mandare avanti la tradizione di famiglia, delle innovazioni che sarebbero state necessarie per sopravvivere al mutare degli animi e dei tempi e di come il Conte fosse il vero proprietario del Cirque des Reves. Questa notizia mi lasciò non poco sorpresa: sapevo che il nostro era uno dei circhi più antichi e da quando ne facevo parte avevo sempre avuto l'impressione che ci fosse qualcuno in alto, più in alto dello stesso Prospero a tirare i fili e a manovrare ogni cosa; ora ne avevo la certezza. Ogni cosa veniva gestita nella lontana Inghilterra dal Conte, che si teneva in contatto epistolario con mio padre e al quale dava gli ordini più importanti.
E ora che la conduzione del circo passava nelle mie mani ero io a dover scrivere al gentiluomo inglese; gli chiesi l'indirizzo al quale avrei dovuto spedire le lettere, ma il Conte non me lo diede, non era necessario, rispose solo che nel momento in cui ci fosse stato bisogno di comunicare mi sarebbe bastato scrivere e imbustare la lettera, e quella sarebbe arrivata a destinazione senza errori o ritardi.
Non riuscivo a capire il senso delle sue parole: finchè ero una bambina pensavo che fosse un trucco di Prospero quello di inviare lettere senza un destinatario e di riceverne uguali, poi crescendo perdi l'interesse e non mi occupavo di certe faccende, ero più impegnata a non cedere alla corte del primo che passava e a farmi bella per i miei spettatori. Ora però era giunto il momento che me ne occupassi seriamente; i meccanismi me li aveva detti il Conte, non mi serviva sapere altro.
Non so se fu quello strano sguardo del nostro illustre padrone, il suo lieve sorriso o le ultime parole che mi rivolse prima di andarsene a convincermi, ma dopo tanti anni capii che il Cirque des Reves era veramente magico.
"Cara Celia, tutto il mondo circense si basa su trucchi, inganni e un pizzico di magia magistralmente mescolati per creare qualcosa che affascini la mente e il cuore dello spettatore. E il Cirque des Reves ancora più di tutti gli altri è intriso di magia. Ma non èsolo magia, oh no, noi siamo fatti anche di sogno. Non a caso apriamo al crepuscolo e chiudiamo all'alba."

Ho visto tanti inverni ormai, assieme alla compagnia del circo abbiamo viaggiato in lungo e in largo portando in ogni città o paese di campagna un pizzico di magia e mistero.
Ma ora per me è giunto il momento di lasciare il comando ai giovani; adesso ci penseranno i miei due splendidi figli a portare avanti la tradizione del Cirque des Reves e a continuare a riscuotere successo, nonostante i tempi moderni abbiano visto la fine della maggior parte delle compagnie circensi;
proprio l'altro giorno è venuto a farci visita il Conte, uguale al nostro primo incontro il giorno del mio ventunesimo compleanno, e ha finalmente conosciuto Rosy e Gabriel, i miei figli. Come da tradizione, passò a loro le consegne riguardo alla gestione del nostro circo e fece anche a loro lo stesso discorso che tanti anni prima riservò a me, sulla magia e il mistero che ci circondava, ma a differenza della fine di Prospero, io rimasi con loro; non lavoravo più come artista e non ideavo numeri perchè ormai Miranda aveva fatto il suo tempo ma ogni sera Celia si sedeva fra le panche in mezzo alle persone che ancora avevano voglia di passare una serata diversa e dal sapore antico, ammirando ciò che davvero significasse il Cirque des Reves, come una spettatrice qualunque.

I nostri tendoni bianchi e neri sopravvivono, non hanno paura del passare del tempo o del mutare dei gusti del pubblico, delle guerre e della politica di stato; ad ogni crepuscolo i nostri cancelli si aprono per incantare i bambini e affascinare gli adulti, e ad ogni levare del sole si richiudono aspettando la notte seguente, proprio come un sogno.



  
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