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Autore: kymyit    09/02/2012    3 recensioni
Questa fic ha partecipato al Digi Contest indetto da Roe.
Yamato è morto e Takeru ritrova una sua lettera.
Una lettera con una confessione sconvolgente.
Perché Yamato si è suicidato, no?
-Dovresti mettere un po’ in ordine in questa stanza, fratellone…- disse con lo sguardo chino e ancora la biancheria del fratello fra le mani –Che dirà la tua ragazza quando entrerà in questo porcile?- sorrise, mordendosi le labbra e trattenendo a stento le lacrime.
–La farai… fuggire… ahah… a gambe… la farai fuggire a gambe levate…-
Le lacrime gli sfuggirono e Takeru crollò con le mani sulla scrivania.
-C’erano tante cose che avrei voluto conoscere di te… Avrei voluto capire come ti sentivi al centro dell’attenzione di tutti.- emise un sospiro strozzato, posando a malincuore il reliquiario sull’altare allestito appositamente nella camera di Yamato.
–Avrei voluto capire cosa provavi a stare solo qui a casa.-
Le lacrime sgorgavano lungo il suo viso, senza sosta.
Takeru non respirava, piangeva, rantolava, s’infuriò sbattendo le mani sulla scrivania, urlò il suo dolore a quella foto di Yamato che sorrideva come se tutto nella sua vita andasse bene.
-CHE COSA TI FACEVA SOFFRIRE COSI’ TANTO DA SUICIDARTI?!-
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Takeru Takaishi/TK, Yamato Ishida/Matt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Perché?!


Un pennacchio nero di fumo imbrattava il cielo e il fetido lezzo di carne bruciata aleggiava tutt’intorno, penetrando le narici col suo acre sentore. Avrebbe voluto gridare di fermare la cremazione, che ci doveva essere un enorme sbaglio, che suo fratello era vivo dentro la cassa e che lo stavano uccidendo, ma non era così.
Sapeva benissimo che non lo era.
Takeru non aveva mai considerato l’idea che potesse accadere.
No, Yamato non era il tipo…
Allora perché aveva fatto una cosa così stupida?
Non poteva essersi suicidato davvero, eppure, sembrava proprio così e il fatto che nessuno gliene ne parlasse in tali termini, era solo un’ulteriore conferma di quella realtà. I suoi genitori avevano dato una versione totalmente differente dei fatti agli estranei, per riscattare il suo onore.
Un incidente, un dannato incidente di moto, ecco cos’avevano inventato.
Ma a chi volevano darlo a bere?
Lui li aveva sentiti leggere quell’ultimo messaggio di taciuto e straziante dolore, e tuttavia non disse nulla, perché non meritavano di soffrire maggiormente nel vederlo tormentarsi ancora di più.
Era un controsenso, perché quel segreto lo stava uccidendo dentro ogni secondo che passava, ma sarebbe davvero servito parlane?

Quando anche l’ultimo sbuffo scuro si diradò nell’azzurro del cielo, un uomo si fece avanti per rendere loro ciò che restava di suo fratello e il digiprescelto della Speranza strinse saldamente tra le mani quell’urna che bruciava fra le sue dita, come se fosse stata viva e pulsante. Abbracciandola sentiva ancora il suo calore, la sua voce, il suo respiro che si smorzava ogni volta che lo abbracciava.
Perché poi Yamato sussultava al suo tocco da un po’ di tempo a quella parte?
Takeru avrebbe voluto chiedergli tante di quelle cose…

Metà delle ceneri andò a lui e Natsuko, l’altra metà a Hiroaki.
Suo padre era ricurvo su se stesso, ormai l’ombra dell’uomo tarchiato e forte che conosceva. Una parte di lui era morta con suo fratello, in pochi attimi. Il tempo di una mesta telefonata dall’ospedale e Hiroaki Ishida non esisteva più. Non ci voleva uno strizzacervelli per capire che non si sarebbe mai più ripreso: dopotutto, la mamma aveva lui, il papà era solo.
Tutto ciò che gli rimaneva, era il suo lavoro, ma se anche avesse retto al dolore, si sarebbe ammazzato fatica e impegni pur di non fermarsi a pensare, pur di non tornare in quella casa ormai vuota.

Takeru si guardò intorno.
C’era ancora il suo odore, il casino che lasciava, le stoviglie nel lavello da chissà quanti giorni. Come se non se ne fosse mai andato, insomma. Quasi si aspettava di vederlo comparire sulla porta.
“Ehi, che fai!” avrebbe esclamato strappandogli di mano i boxer che teneva fra le dita.“Sei un ospite qui, quante volte te lo devo dire?!”
E giù a discutere su come quella fosse anche casa sua.
-Dovresti mettere un po’ in ordine in questa stanza, fratellone…- disse con lo sguardo chino e ancora la biancheria del fratello fra le mani –Che dirà la tua ragazza quando entrerà in questo porcile?- sorrise, mordendosi le labbra e trattenendo a stento le lacrime.
–La farai… fuggire… ahah… a gambe… la farai fuggire a gambe levate…-
Le lacrime gli sfuggirono e Takeru crollò con le mani sulla scrivania.
-C’erano tante cose che avrei voluto conoscere di te… Avrei voluto capire come ti sentivi al centro dell’attenzione di tutti.- emise un sospiro strozzato, posando a malincuore il reliquiario sull’altare allestito appositamente nella camera di Yamato.
–Avrei voluto capire cosa provavi a stare solo qui a casa.-
Le lacrime sgorgavano lungo il suo viso, senza sosta.
Takeru non respirava, piangeva, rantolava, s’infuriò sbattendo le mani sulla scrivania, urlò il suo dolore a quella foto di Yamato che sorrideva come se tutto nella sua vita andasse bene.
-CHE COSA TI FACEVA SOFFRIRE COSI’ TANTO DA SUICIDARTI?!- gridò travolgendo i libri d’astronomia e le riviste accatastate alla rifusa. Dalle pagine consunte di un vecchio volume si sfilò una lettera immacolata. Decisamente troppo nuova per essere un cimelio del vecchio proprietario di quel tomo degli anni che furono. S’adagiò al suolo, la missiva, e fu allora che ne lesse i katakana: “PER TAKERU”, recitava, e lui, il diretto interessato, incuriosito la raccolse.
L’aprì con le mani tremanti e spiegò il foglio.

“Caro Takeru” iniziava.
Era di Yamato.
Dovette sedersi, il fratello minore, per proseguire la lettura.
“Hai presente quando i genitori si preoccupano perché i figli maschi giocano con le bambole invece con le macchinine?
Tutte boiate dettate dai pregiudizi. Ho sempre giocato con i miei camioncini quand’ero piccolo, ma la verità, Takeru, è che mi sono innamorato.
Ti avevo promesso che ti avrei detto chi era la fortunata, ebbene, è giunto il momento, ma forse non ne sarai felice. Quando leggerai questa lettera, io sarò lontano e non ci vedremo per un po’ di tempo.
Ho trovato una buona università, in Francia. Avevo già preso accordi con la nonna e con mamma e papà, e si era deciso che sarei partito l’anno prossimo, per cui te ne avrei parlato in questi giorni, ma durante quest’anno sono successe tante di quelle cose che ho deciso di anticipare la partenza, perché non ce la faccio davvero a starti vicino.
No, non è colpa tua, se me ne vado, sono io che sono tutto sbagliato.
Così sbagliato che ho pensato anche al suicidio e spero ti scappi da ridere nel leggere che poi vi ho rinunciato perché non avevo un motivo serio per porre fine alla mia vita e sono rimasto imbambolato sul terrazzo a chiedermi se fosse davvero il caso di sporcare il marciapiede quando potevo risolverla in un altro modo, decisamente più indolore. Così ho cestinato quello stupido messaggio che ho scritto dopo che sei venuto a casa e abbiamo fatto il bagno insieme e ora esco a prendere una boccata d’aria, per pensare a come affrontare il discorso con voi.
Sai, non mi sono mai sentito così di troppo come quel giorno del bagno perché io…”

A quel punto s’interruppe, la lettera, per poi riprendere poche righe vuote più sotto, come se ciò che aveva scritto, Yamato lo reputasse un errore o facesse una lunga pausa, un lungo sospiro prima di proseguire.
E in quei pochi attimi in cui gli occhi scorsero in quello spazio bianco, la mente del più giovane s’interrogò con sadica ferocia, senza tregua, sferzando il suo cuore con domande crudeli per la loro sbigottita banalità.
Voleva suicidarsi ma non l’aveva fatto?
Università in Francia anticipata?
Si sentiva sbagliato?
Takeru si sentiva sbagliato e tardo, perché proprio non riusciva ad afferrare completamente il nocciolo della questione, nonostante ne percepisse l’importanza.
Riprese allora la lettura, sospirando tristemente, con le lacrime a rigargli le guancie arrossate e il corpo tremante d’ansia e tristezza.

“Insomma, se ti starò lontano, forse sarà sufficiente per far tornare tutto come prima.
Un giorno forse riderò di questo, che magari è solo un clamoroso, assurdo, scherzo del mio cervello…
Perché, ogni volta che sei con me, il cuore mi scoppia nel petto e mi sento morire.

Ed è peccato, Takeru.

Se osassi sfiorarti l’inferno m’inghiottirebbe per il male che ti farei.
Ma mi concedano gli angeli di dirtelo, almeno.
Perdonami, non odiarmi se puoi…

Ti amo fratellino.
Ti amo più di quanto un fratello dovrebbe amare e ancora di più di quanto un amante farebbe.
Ti amo.


Yamato.”


Ti amo.
Ti amo.
Ti amo…


-Uaaaaaaaaah!-
Takeru gridò con quanto fiato aveva in gola, soffocando a mala pena le grida fra le lenzuola. Urlò per un tempo indefinito, ignaro di quanto accadeva intorno a sé, finché la gola non gli si seccò e le lacrime gli s’appiccicarono salate sul viso arrossato.
-Io non ti amavo…- rantolava contorcendosi per la sofferenza interiore che lo straziava – Ma ti… ti volevo bene… perché…. Perché? Perché sei morto?!-

Non avrebbe mai ricevuto risposta, non da lui almeno.
Per quanto invocasse per riceverne anche una minima, per quanto gridasse che lui non era “sbagliato” che tutto si sarebbe aggiustato, le cose rimasero in quello stesso identico stato e non sarebbe stato certo il suo pianto isterico ed affranto a riportarlo in vita. Non sarebbero stati i suoi genitori ad asciugargli le lacrime e a consolare il suo cuore a pezzi. E questo per il semplice fatto che l’essersi resi conto di non aver compreso nulla del loro figlio maggiore li distrusse completamente.
Non fu il conoscere i veri sentimenti di suo fratello ad annientare e dilaniare tutti loro per l’immenso dolore. Takeru per primo avrebbe dato ogni cosa pur di riaverlo. Sarebbe stato disposto anche ad amarlo carnalmente, se ciò sarebbe servito a strapparlo alla morte che se l’era preso grazie ad maledetto, terribile, crudele incidente.


Note:  Lo ammetto, a me non piaciono come coppia questi due, ma era l'occasione buona per fare un pochino di angst e massacrare Yamachan per l'ennesima volta. E lo so che sono cattiva, perdonatemiiii!! Ok, passiamo alle cose serie:

Questa fic ha partecipato al Digi Contest indetto da Roe, classificandosi prima.
Prima O_O sono ancora un po' sconvolta, in realtà, vistò che è abbastanza raro che arrivi prima O_O

Comunque, ecco il giudizio e i premi speciali vinti (non è che li ho vinti tutti io, eh, anzi, molti li abbiamo vinti più o meno tutti i partecipanti). Ah prima di tutto: complimenti alle altre tre partecipanti, non vedo l'ora di leggere tutte le vostre fic **

Prima classificata

Grammatica e ortografia: 10/10
Stile e lessico: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10
Originalità: 10/10
Gradimento personale: 5/5
Punti bonus: 2
Totale: 47/48

Non so che dire. La tua fic mi ha lasciato veramente scossa, forse perché non era quello che mi aspettavo ma era bella lo stesso. Hai fatto un ottimo lavoro in tutti in campi, non sono riuscita a scorgere nessun errore, peccato solo che non sei riuscita a prendere il punto bonus che ti mancava per il totale pieno. Vabbè, sarà per la prossima volta, complimenti comunque! Penso non ci sia bisogno di dire che hai preso il massimo in tutti i campi perché non ho trovato nessuna ragione per sottrarti punti, no? Grazie di aver partecipato! :3


• Premio Grammatica e ortografia: Hikarygaoka, Hiko e Kymyit
• Premio Stile e lessico: Hiko, Airo-pearl, Kymyit
• Premio Caratterizzazione dei personaggi: Hiko, Hikarygaoka, Kymyit e Hiko
• Premio Originalità: Hikarygaoka, Airo-pearl, Kymyit
• Premio Gradimento personale: Kymyit
• Premio miglior Shonenai/Yaoi: Kymyit

Inoltre, la fic partecipa anche alla challenge: Chi, con chi, che cosa facevano, con il prompt:  Mi dispiace, (9) Yamato, ma ti tocca morire. Dead-Fic!

Baciiii!


   
 
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