Chiuse
gli occhi
James
aveva sentito il campanello suonare, più
forte della voce della moglie che cantava una ninna nanna al piano
superiore.
Aveva
appoggiato la Gazzetta del Profeta
sul tavolino e si era alzato lentamente, stiracchiandosi le braccia.
Quello
sbadato di Sirius aveva sicuramente
dimenticato qualcosa.
Corse
alla porta, e aprì senza nemmeno
pensare.
Ma
non c'era Sirius, ad aspettarlo sul
vialetto d’accesso.
James
si sentì morire.
-Lily!-
gridò cercando la bacchetta nella
tasca -Prendi Harry e scappa!
Ma
non ebbe tempo di fare nient'altro.
Un
lampo verde lo colpì in pieno petto,
senza dargli il tempo di sguainare quel fragile pezzetto di legno al
quale si
aggrappava con forza.
Fu
semplicemente colpito.
L'urlo
di sua moglie lo trapassò da parte a
parte, peggio della Maledizione, e sentii distintamente il pianto del
bambino.
James
non capiva... Peter li aveva traditi?
Stentava
a crederlo. Peter era sempre stato
il più leale, tra loro. Il più paziente, il
più serio, il più gentile.
Non
li avrebbe mai venduti a Voldemort.
Allora,
perché stava morendo?
A
James non passò davanti nessun filmino
della sua vita. Lui vide solamente i volti delle persone che amava
davanti agli
occhi.
Lily.
Lei, per prima e per sempre.
I
suoi occhi ridenti, le labbra aperte in
un sorriso dolce, i capelli rossi e mossi.
Bellissima.
E sua.
Poi
vide il volto di quel bambino che era
suo figlio.
Harry
James Potter.
I
suoi tratti da creatura giovanissima
erano ancora indefiniti, e non era certo a chi somigliasse. Sicuro era
che
aveva gli occhi della madre e i suoi capelli neri.
Un
momento.
James
stava morendo. Voleva dire che non
avrebbe visto crescere suo figlio? Non avrebbe potuto ascoltarlo mentre
parlava
di Quidditch, scuola, ragazze? Non avrebbe potuto consolarlo,
abbracciarlo,
insegnargli a giocare, prenderlo sulle spalle?
Tutto
gli stava venendo negato.
Mentre
i suoi occhi si spegnevano per
sempre, alle immagini di Lily e Harry si sovrapposero quelle di Remus,
Sirius e
Peter.
I
suoi amici.
James
non riusciva a detestare Sirius per
avergli consigliato di fidarsi di Peter, come non riusciva a odiare
Peter per
averli venduti.
Erano
come fratelli.
Li
perdonava.
Li
perdonava senza remore.
James
quasi sorrise. Aveva avuto una vita
breve ma felice.
La
morte è più dolce se accolta con un
sorriso.
Chiuse
gli occhi.
Il
signor Ramoso ci
tiene ad aggiungere che il professor Piton è un brutto
idiota.
Sirius
spalancò gli occhi, sconvolto.
Bellatrix
lo aveva appena colpito con una
Maledizione.
Era
la fine.
L’uomo
tentò di rimanere disperatamente in
piedi, di aggrapparsi a qualcosa, di continuare a lottare, ma
trovò solo un
velo freddo a coprirlo.
Lo
stava per inghiottire.
Sarebbe
scomparso in quel velo, per sempre.
Lanciò
uno sguardo disperato alla sala dove
stavano combattendo tutti gli altri.
Alcuni
ancora si lanciavano maledizioni
addosso. Non si erano accorti di lui.
Ma
l’urlo atroce e selvaggio che squarciò
l’aria lo fece ricredere.
Harry
stava gridando tutto il suo dolore
tra le braccia di Remus, che lo sosteneva e lo teneva fermo, per
impedirgli di
gettarsi nel velo e seguirlo.
Sirius
vide Harry e i suoi pensieri
volarono a James.
James
Potter. Il suo primo vero amico.
Il
giorno che aveva conosciuto quell’uomo
era stato il più bello della sua vita.
James
era proprio come lui, sulla stessa
lunghezza d’onda. Erano un po’ come i gemelli
Weasley. Sempre pronti a gettarsi
nei guai, nella mischia, a ridere, a divertirsi.
James,
sto
arrivando
pensò Sirius, mentre le sue dita perdevano la presa sul velo.
Remus
era ancora lì, concentrato
nell’impedire a Harry di fare sciocchezze, ma Sirius lo vedeva. Era sempre stato in grado di
leggergli dentro.
Remus
era distrutto. Almeno quanto Harry.
Sirius
era l’ultimo, che gli era rimasto.
C’era anche Peter, certo, ma Peter aveva perso la loro
amicizia tanti anni
prima.
Lunastorta
aveva aspettato per anni il
ritorno di Felpato.
E
Felpato stava andando via di nuovo.
Sirius
non poté non sentirsi amato, mentre
sprofondava nell’oblio. C’era ancora qualcuno al
mondo che piangeva per lui,
per la sua morte, dopotutto.
E
stava per rivedere i suoi fratelli.
James, ma soprattutto quel ragazzino coraggioso che aveva voltato le
spalle al
Signore Oscuro. Quel cercatore che nessuno aveva capito fino alla fine.
Sirius
stava per rincontrare Regulus.
E,
onestamente, non vedeva l’ora. Sorrise.
La
morte è più dolce se accolta con un
sorriso.
Chiuse
gli occhi.
Il
signor Felpato
vorrebbe sottolineare il suo stupore per il fatto che un tale imbecille
sia
diventato professore.
-Mi
vuoi uccidere, Codaliscia?- rantolò il
ragazzo.
Nei
suoi occhi verdi e brillanti dilagava
la paura.
Peter
si sentiva un verme. Lo era sempre
stato ma in quel momento, in quel maledettissimo momento, si sentiva
davvero
come tale.
Non
aveva mai fatto niente di buono nella
sua vita. I suoi genitori non lo avevano mai capito, non aveva mai
avuto amici,
fratelli, niente.
Poi
erano arrivati loro.
James,
Sirius, Remus.
E
avevano cambiato tutto.
La
sua vita non era più stata vuota e
triste. Aveva passato belle giornate, un po' in disparte, in quello
strano
gruppo di amici. Si erano divertiti a prendere in giro Piton, a
guardare le
partite di Quidditch con la sciarpa dei Grifondoro stretta al collo, a
scappare
nelle notti di luna piena, a bere burrobirre ai "Tre manici di
scopa".
E
cos'era rimasto? Solo rimpianti ed
errori.
James
era morto. Non era stato lui a
colpirlo con la Maledizione ma a Peter sembrava quasi di sì.
Sirius
era morto, ma prima aveva passato
anni e anni ad Azkaban, per colpa sua.
Remus
era da qualche parte, disperso in
quel mondo di paura. Lottava ancora, sforzandosi di tenere insieme quel
poco
che gli era rimasto da difendere.
Perché
lui non era stato in grado di lottare
per quello a cui teneva?
E
ora quel ragazzino così simile al vecchio
amico vedeva la sua vita appesa a un filo, e quel filo era lui.
Nei
suoi occhi Peter rivide Lily, nei suoi
capelli rivide James.
Poteva
uccidere il figlio del suo più
grande amico?
Lasciò
lentamente la presa e vide gli occhi
del ragazzo riempirsi di sollievo e sorpresa.
Rimasero
in piedi a guardarsi per alcuni
interminabili secondi.
Poi
la sua mano argentata iniziò a muoversi
verso il suo collo. Inesorabilmente.
Codaliscia
sentii il panico montare dentro
di lui e cercò di fermare la sua mano con tutte le sue forze.
Non
poteva fare niente.
Le
dita si strinsero intorno alla sua gola.
Forte.
-No!
Il
grido di quel ragazzo gli aveva
perforato i timpani. E il cuore.
Non
voleva che morisse. Che lui, il traditore,
morisse.
Harry
Potter si accanì alla mano di Peter,
cercando di staccarla dal suo collo, ma fu tutto inutile.
Gli
occhi dell'uomo si riempirono di
lacrime.
Non
lo avrebbe mai ammesso, ma non erano
lacrime di paura.
Erano
lacrime di gioia, quelle che gli
scorrevano sulle guance.
Non
aveva mai capito perché il Cappello
Parlante lo avesse assegnato a Grifondoro. Lui non era coraggioso,
né audace.
Si era sempre sentito più un Serpeverde, codardo e
interessato solo al suo
interesse.
Ma
in quel momento, in quel dannatissimo
momento in cui tutto stava per finire, si sentì finalmente
un meraviglioso
Grifondoro.
Mentre
Harry Potter cercava di aiutarlo,
pregò.
Pregò
che i suoi peccati fossero perdonati,
e che gli fosse permesso di incontrare di nuovo James e Sirius. Voleva
chiedere
scusa, piangere con loro, magari abbracciarli.
Il
mondo si faceva scuro e ovattato e
l'ultima cosa che Peter vide fu il viso impaurito e spaventato di Harry
Potter.
Sperò
con tutto il cuore che quel
ragazzino, il figlio di James, vincesse quella stupida guerra. Quella
guerra
che aveva messo amico contro amico, fratello contro fratello,
Grifondoro contro
Grifondoro.
La
morte è più dolce se accolta con un
sorriso.
Chiuse
gli occhi.
Il
signor
Codaliscia augura buona giornata al professor Piton, e gli da un
consiglio:
lavati i capelli sporcaccione!
Remus
scagliò uno schiantesimo dritto
davanti a se'. Lo sentì piacevolmente andare a segno.
Ninfadora
aveva la schiena contro la sua.
Avevano sempre lottato così: guardandosi le spalle. Insieme.
Lucius
Malfoy sbucò dal nulla e passò
davanti alla coppia.
Remus
levò la bacchetta per colpirlo ma
qualcosa lo trattenne.
L'uomo
teneva l'arma magica molle nella
mano sinistra, senza puntarla contro nessuno. I suoi occhi glaciali
vagavano
sulla sala, cercando qualcosa. Qualcuno.
Remus
si abbassò per schivare una
Maledizione e scagliò un Diffindo al Mangiamorte che lo
aveva attaccato.
Poi,
dall'altra parte della sala vide il
ragazzo Malfoy. Draco, si chiamava.
Era
completamente spaesato. Si aggrappava
alla bacchetta magica come un bambino al braccio della madre, e la
puntava
dritta davanti a se'.
I
suoi occhi, identici a quelli del padre,
erano pieni di terrore e angoscia. Remus notò che era solo,
e non attaccava
nessuno. Non sapeva chi attaccare.
Era
un Mangiamorte, sì, ma non aveva mai
voluto diventarlo. E in quel momento aveva solo bisogno di scappare via
da
quella mischia, magari stringersi con la madre in un abbraccio, e
piangere.
Si,
quel ragazzino aveva bisogno di
piangere.
-Malfoy!-
gridò improvvisamente Remus.
Lucius
si girò di scatto, levando la
bacchetta, ma non attaccò. Rimase in attesa.
Remus
indicò con un cenno del capo il
ragazzino dall'altra parte della Sala Grande.
Non
dissero niente. Lucius annuì solamente
e corse verso il figlio.
Il
volto di Draco si illuminò quando i suoi
occhi distinsero la figura del padre.
Lucius
lo prese per un braccio e iniziò a
condurlo via da lì. Quella guerra non era roba da ragazzini.
E
allora perché Remus vedeva bambini
cadere come soldati, spezzati
dalle maledizioni, senza difesa, senza capire?
Bambini
che combattevano con semplici
incantesimi di disarmo o tagliuzzanti in mancanza di conoscenze.
Bambini che
speravano con tutto il cuore di venire salvati.
Remus
sorrise. Era contento che Lucius
avesse portato via suo figlio. La famiglia era sempre la cosa
più importante,
sempre. Anche in guerra.
Un
grido lo fece girare di scatto, e il
sorriso sparì dal suo volto segnato.
Portò
le braccia in avanti appena in tempo
per afferrare Ninfadora che cadeva come un fantoccio senza vita.
Accompagnò
la caduta della moglie
lentamente, e la fece distendere sul pavimento freddo della Sala.
Gli
occhi della moglie erano laghi di paura
e dolore, ma nascondevano anche qualcosa di più profondo.
Dora stava accettando
di morire.
Ma
prima che potesse dire qualcosa una
Maledizione colpì anche lui.
Cadde
come al rallentatore, stordito e
sorpreso.
Si
ritrovò lungo al lato della moglie, la
mano ancora stretta nella sua.
Era
strano morire così. Senza nemmeno il
tempo di rendersene conto.
La
vita gli stava scivolando via dalle dita
come sabbia.
In
fretta. Così dannatamente in fretta.
C’erano
così tante cose che Remus avrebbe
voluto fare, tante parole da dire al figlio, alla moglie, a Harry.
Ma
il tempo era arrivato.
Remus
e Ninfadora stavano morendo. Insieme,
come sempre.
Avrebbe
voluto stringere la donna che amava
in un abbraccio, accarezzarle la guancia, sussurrarle che andava tutto
bene e
che presto si sarebbero rivisti.
Ma
non poteva perché non aveva più forze.
Strinse
appena le dita di Ninfadora, e lei
ricambiò la stretta.
Era
tutto quello che potevano fare per
dichiararsi amore l’ultima volta.
Remus
pensò al figlio nato da poco. Non
avrebbe avuto un padre, come non lo aveva avuto Harry. Era stato
contento di
averlo designato come padrino.
Remus
sentì la mano di Dora diventare molle
dentro la sua.
Improvvisamente
ebbe fretta di
raggiungerla. Non poteva restare lì se lei non
c’era.
Ma
c’era ancora un secondo da vivere, un
secondo di ricordi.
James,
Sirius, Peter. Fra poco avrebbe
rivisto anche loro.
Aspettatemi,
ragazzi pensò
Remus, e sorrise.
La
morte è più dolce se accolta con un
sorriso.
Chiuse
gli occhi.
Il
signor
Lunastorta porge i suoi ossequi al professor Piton e lo prega di tenere
il suo
naso mostruosamente lungo lontano dagli affari altrui.
Severus
cercò di respirare a fondo, ma
l’aria non entrava.
Era
arrivato anche lui al capolinea.
Quanta
gente aveva visto morire, quanta
gente aveva ucciso.
Era
giunto anche il suo turno, alla fine.
Finalmente.
Severus
era quasi felice.
Sentiva
un dolore tremendo e sconvolgente,
ma era felice.
Presto
avrebbe rivisto la sua Lily.
Erano
finiti i giorni di tristezza, di
autocommiserazione. Quei giorni in cui metteva in punizione Harry solo
per
avere un po’ di tempo per guardare i suoi occhi.
I
suoi
occhi.
Aveva
fatto un mucchio di cose stupide,
nella sua vita, Severus.
Era
stato dalla parte sbagliata per quasi
tutto il tempo, aveva permesso che lei fosse uccisa, aveva cercato di
salvarne
almeno il figlio ma si era fatto fregare da un vecchio.
In
quel momento però, poteva ancora
aggiustare le cose.
Iniziò
a liberare tutti i suoi ricordi più
importanti e significativi. Il ragazzo doveva sapere. Doveva capire.
Doveva
vincere quella guerra.
Harry
Potter prese i ricordi del suo
professore e li chiuse in una bottiglia.
Poi
rimase al suo fianco, aspettando che
morisse.
Severus
sperava che lo avrebbe perdonato,
prima o poi. Che avrebbe capito.
Somigliava
così tanto alla sua Lily. Piton
morì guardando di nuovo gli occhi della persona che amava.
La
morte è più dolce se accolta con un
sorriso.
Chiuse
gli occhi.
Lily?
Dopo tutto
questo tempo?
Sempre.
Mio
Dio. Ho scritto davvero qualcosa di
così deprimente?
Ho
pianto come una fontanella, mentre
scrivevo. La storia dei Malandrini mi ha sempre colpita tantissimo, e
scrivere
della loro morte mi ha commossa all’inverosimile.
Perché
nel loro caso la morte non li ha
divisi ulteriormente. Li ha finalmente uniti di nuovo.
Spero
vi sia piaciuta.
Lasciate
una recensione per farmi sapere se
sono riuscita a commuovere anche voi!
Tita