Il Colpo magico e lo Scudo scintillante
La luce della sera illuminava debolmente una piccola stanza da letto, creando
lunghe ombre sul pavimento,
Dumat era steso su di un comodo letto di legno, dallo
stile semplice. Tentò di sollevarsi per guardarsi attorno, ma un intenso dolore
al fianco lo obbligò a distendersi nuovamente tra i cuscini, si costrinse
allora a ragionare lucidamente. Da quella posizione riusciva solamente a vedere
un guardaroba a fianco al letto e una sedia rustica poco distante, qualunque
movimento del busto gli causava una grande sofferenza, ma riusciva a muovere
senza problema le braccia, così le tirò fuori dalle pesanti coperte che lo
coprivano per bussare sul legno e attirare l’attenzione di chiunque vi fosse in
quella casa sconosciuta.
Così facendo notò con orrore che le sue braccia erano nude, e, dopo un rapido
controllo sotto le coperte, appurò che lo era interamente.
Una donna dall’aria seria entrò nella stanza osservando con freddezza il
mezz’elfo, Dumat valutò che era una bellezza
particolare, con i capelli mossi biondo scuro, lunghi fino alle spalle, e gli
occhi nocciola, indossava un lungo camice bianco macchiato di sangue in più punti,
sangue che immaginò essere soprattutto il suo. Il cavaliere aveva visto un
camice simile solo indosso ad uno gnomo della gilda agricola, che aveva
interrogato a Palanthas qualche settimana prima, e si
chiedeva per quale motivo lo stesse indossando una ragazza umana.
‘Chi è lei?’ chiese incuriosito il giovane, la ragazza lo guardò sprezzante
dall’alto,
‘Sono un medico, e lei ora è un mio paziente! Ma non si prenda troppe libertà
con me, cavaliere di Neraka!
Dovrà restare fermo a letto almeno per altri quattro giorni, e dopo dovrà
evitare qualunque sforzo per due mesi, intanto però beva questa!’, si chinò su
di lui, sollevandogli un poco la testa col braccio, per accostargli un
bicchiere alle labbra.
Lo sguardo del cavaliere cadde sulla scollatura, che lasciava molto poco alla
fantasia sul piccolo seno della ragazza, e arrossì, realizzando che, se era
stata lei a medicarlo, lo aveva visto completamente nudo.
Dumat fu avvolto dall’odore speziato che proveniva
dalla donna e dall’infuso che le stava facendo bere, sentì i suoi sensi sopirsi.
. . il dolore al fianco sembrò subito diminuire, lei si rialzò subito e si
avviò verso la porta.
‘Capisco che non prova simpatia per i cavalieri di oscuri, ma almeno mi dia
l’onore di conoscere il suo nome, io sono Dumat Spellstriker!’
‘Mi chiamo Elloise Brightshield
cavaliere, onore mio . . .’, con queste parole chiuse la porta, lasciando il
giovane libero di immergersi nei suoi pensieri: Squall
che lo lasciava cadere, la ferita, e ora quella casa e quella donna misteriosi,
la sua mente resistette però poco, e dopo qualche minuto l’infuso ebbe la
meglio su di lui e si riaddormentò tra i morbidi cuscini.
Si risvegliò
la mattina dopo con una fame da drago, rimase qualche secondo in ascolto per
sentire se la guaritrice fosse in casa, ma non riuscì a sentire nient’altro, se
non il cinguettare allegro degli uccelli e il battito del suo cuore, provò poi
a chiamarla, ma sapeva già che non gli avrebbe risposto, così scese dal letto e
si avvolse una coperta addosso per coprire le sue nudità. Arrivò sino alla
porta, prima di accorgersi che la ferita al fianco non gli aveva impedito di
muoversi, anzi, ormai nemmeno gli faceva più male. Entrò nella stanza a fianco,
un piccolo salotto dove si trovava solamente un tavolino rotondo con due sedie
a fianco ed una piccola libreria, con un numero sovrabbondante di libri, per cui la maggior parte erano impilati
orizzontalmente sopra le file ordinate, e alcuni perfino erano appoggiati per
terra, sulla parete a fianco vi era un quadro a cui non prestò particolarmente
attenzione. Dumat però era alla disperata ricerca
della cucina, e così aprì subito
un’altra porta, ritrovandosi in una stanza da letto ancor più piccola di quella
che gli era stata assegnata, un’armatura scintillante risplendeva, illuminata
dai raggi del sole mattutino, in fondo alla stanza, i simboli sopra di essa
erano quelli dei cavalieri della Spada di Solamnia,
possibile che quella ragazza fosse un cavaliere? A Dumat
non sembrava possibile una cosa simile, visti il fisico asciutto e la giovane
età, ma non poteva negare l’evidenza che quell’armatura fosse modellata per una
donna della sua altezza.
Si avvicinò per controllarla meglio, e notò subito le riprese e i punti di
discontinuità su alcuni punti dell’armatura, segno che doveva essere stata
riadattata ad una persona meno robusta rispetto a quella per cui era stata
costruita in origine. A fianco a questa vi era poi un magnifico scudo di forma
romboide, alto quasi un metro, e raffinatamente lavorato, incastonato con
pietre scintillanti, Dumat sentiva provenirvi una
potente energia magica.
La pancia del cavaliere brontolò offesa, come si permetteva di ignorare le sue
sofferenze per osservare un’armatura.
Si voltò per uscire dalla stanza, ma un’esile figura bloccava la porta, Elloise lo guardava con evidente astio,
‘Cosa ci fai fuori dal tuo letto?’ ringhiò,
‘Scusa, ma sta mattina mi sentivo bene e avevo una fame terribile . . . stavo
cercando la dispensa . . .’ Dumat esibì la sua
espressione colpevole,
‘Non è possibile che tu stia già bene,
nessuna persona normale potrebbe guarire così velocemente!’ Elloise
ignorò volontariamente il tentativo del cavaliere di razziarle le scorte di
cibo,
‘Beh, in effetti mi sento un po’ debole, ma il dolore al fianco è quasi
completamente sparito’, ammise lui,
‘Dai, presto, torna nella tua stanza, voglio controllare la ferita, e non
azzardarti più a gironzolare così liberamente per casa mia!’, la ragazza si
scostò per farlo passare,
‘Agli ordini!’, il mezz’elfo le passò a fianco sorridendole.
Dumat fu
costretto a rimanere a letto tutto il giorno, anche se la guaritrice aveva
ammesso che in effetti la ferita si stava rimarginando ad una velocità
sorprendente, per cui si annoiò steso a letto tutto il giorno, mentre la
ragazza si trovava nella stanza a fianco seduta a leggere, senza fare nulla per
spezzare la noia del suo paziente.
Dopo qualche ora il cavaliere aveva già sviluppato un rapporto conflittuale con
il pensiero di Elloise, la odiava per quella specie
di reclusione a cui lo stava sottoponendo e per il tono rabbioso con cui
rispondeva ad ogni sua domanda, quando gli rispondeva, ma le era grato per
averlo salvato, e attendeva con ansia i momenti in cui veniva a controllare il
suo stato, soprattutto poiché erano gli unici momenti in cui Dumat facesse qualcosa che non fosse guardare il soffitto.
Verso sera, quando venne per controllarlo l’ultima volta, lo scoprì fino all’inguine
per controllare lo stato della sutura che aveva praticato,
‘Se vai avanti a guarire così velocemente entro tre giorni ti potrò già rimuovere
i punti.’, commentò in tono asciutto,
‘Devo rimanere qui ancora tre giorni? Ma morirò di noia, non potrebbe per caso
prestarmi uno dei suoi libri? Almeno avrei qualcosa da fare!’
‘Certamente!’ rispose Elloise con un tono all’improvviso
inquietantemente più dolce, ‘Cosa le interessa?’,
‘Mum, di solito non leggo molto . . . non saprei,
forse leggerei volentieri qualche racconto epico, magari con delle grandi
battaglie’ in effetti non si poteva proprio definire un grande lettore, quei
pochi libri in elfico che aveva letto da piccolo gli erano sempre sembrati
troppo smielati e irreali per la sua mente pragmatica,
‘Che ne dici del canto di Huma?’ chiese la guaritrice,
mentre si recava nell’altra stanza per cercare nella sua libreria,
‘Va benissimo, ho sempre apprezzato Huma nei canti,
ma non ho mai avuto modo di leggere il poema intero’
Elloise tornò da lui con un tomo di oltre duecento
pagine e Dumat dubitò che sarebbe riuscito a finirlo
in due giorni, ma magari, tornato a Palanthas avrebbe
fatto un salto alla biblioteca per leggerne la conclusione, che, almeno nelle
leggende che cantavano i bardi, era la parte che preferiva.
Il cavaliere la ringraziò sorridendo dopodiché
lei uscì dalla stanza borbottando qualcosa come, ‘E questo dovrebbe essere un
cavaliere delle tenebre?’
Nel dormiveglia a Dumat pareva di aver udito un ‘Io
esco, vado a fare un salto in paese’, per questo una parte del suo cervello non
collegò subito l’urlo che udì qualche ora dopo ad Elloise,
ma d’altra parte, il suo lato guerriero, pochi secondi dopo, era già completamente
sveglio e stava correndo verso il cortile da cui era provenuto il grido.
Quattro orrende creature bipedi rettili formi avevano bloccato Elloise terra e le avevano strappato la camicetta,
‘Maledetti draconici!’ gridò, attirando la loro attenzione, dopodiché iniziò a
pronunciare le parole di un incantesimo.
Due delle orrende creature, aberrazioni
dei nobili draghi d’ottone, lo
caricarono senza pensarci due volte, sguainando le loro scimitarre, ma il
giovane stregone li schivò con facilità, scaricando contro di loro un potente
fulmine magico che li carbonizzò sul posto.
Il terzo era però rapidamente giunto alle sue spalle e Dumat
si spostò all’ultimo per evitare di essere tagliato in due dalla sua lama, era
però troppo vicino a lui per poter avere il tempo di concentrarsi su di un
incantesimo, così lo colpì sul muso, imprimendo nel pugno tutta la forza che
aveva in corpo.
Il mostro vacillò un istante e il cavaliere ne approfittò per afferrare con
forza la sua spada e disarmarlo, dopodiché, con un rapido movimento, affondò l’arma
nei suoi visceri, e subito tentò di riestrarla, ma fu
troppo lento, e così rimase bloccata nella creatura, trasformatasi in un
istante in pietra.
Stava già recitando un altro incantesimo, per affrontare l’ultimo draconico
rimasto, quando si accorse che non ve ne era alcun bisogno, una statua di
pietra stava ora bloccando Elloise a terra.
Il mezz’elfo si precipitò a levargliela di dosso, prima che la soffocasse, e
notò che il manico di un piccolo coltellino spuntava da sotto lo sterno della
statua draconica, doveva avergli tagliato in due il cuore in un colpo.
‘Era il mio bisturi migliore, uff!’ si lamentò la
ragazza, mentre si rialzava, stringendosi al petto le vesti strappate, ‘Grazie
mille Nerak . . .ehm, cavaliere . . . ti devo la
vita!’
‘Te la saresti cavata anche da sola secondo me! Ho visto come hai ridotto
quello lì, un colpo precisissimo,complimenti!’
‘Ehm . . . grazie . . . mio padre mi insegnò le basi del combattimento quando
ero piccola, ma morì troppo presto . . .’
‘Ah, ora capisco, tuo padre era un cavaliere di Solamnia,
quell’armatura era sua, e tu te la sei fatta riadattare!’, Dumat
iniziava a capire il perché di tutto quell’astio nei suoi confronti.
‘Esatto . . . comunque rientriamo, quei draconici fanno parte di una grande
banda che sta terrorizzando la regione, potrebbero essercene degli altri nelle
vicinanze, e io non me la sento di affrontarli così, e immagino anche tu!’, Elloise gli fece notare che stava indossando solo un paio
di braghe, oltretutto da donna, che le aveva prestato.
Il ragazzo arrossì vistosamente e si affrettò a rientrare nella piccola casa
seguito dalla giovane donna, dopo essersi fermata a recuperare il suo
coltellino tra i resti ormai divenuti polvere del draconico.
‘Ti va un tè?’ chiese lei, mentre andava in camera a cambiare i vestiti laceri,
‘Certamente!’ Dumat si sedette su una delle sedie
della saletta, attendendo che finisse di cambiarsi, e sforzandosi di non
guardare nella direzione della sua stanza, dalla cui porta aperta poteva vedere
il bianco profilo della sua schiena nuda.
Decise allora di focalizzarsi su qualcos’altro e il suo sguardo finì sull’unico
dipinto della casa, raffigurava un mago dalle cupe vesti nere, ma circondato da
una fievole aura luminosa, che stringeva in mano un bastone sormontato dall’artiglio
di un drago d’ottone, da sotto il cappuccio, che ne nascondeva il volto erano
visibili solamente due luminose pupille, la cui forma ricordava quella di una
clessidra.
Il mezz’elfo non impiegò molto tempo per riconoscere il soggetto raffigurato,
ma per quale motivo la figlia di un cavaliere di Solamnia
aveva in casa un dipinto di Raistlin Majere.