Ashes &Wine
Capitolo vent’uno: Let the rain come
down
and wash away my tears.
“I knew I'd
make it through
And the world thought I had it all
But I was waiting for you
Hush Now
I see a light in the sky
Oh, it's almost blinding me
I can't believe
I've been touched by an angel with love
Let the rain come down and wash away my
tears
Let it fill my soul and drown my fears”
(A new day has
come- Celine Dion).
Erano
passate due settimane da quando Stefan aveva portato
Bonnie dalla signora Flowers.
La
ragazza era scappata non appena aveva scoperto che quella
gentile vecchietta era una strega e che voleva iniziarla alle arti
magiche.
Ma
il giorno dopo aveva chiesto a Stefan di riaccompagnarla
là. Si era convinta che fosse la decisione migliore
Bonnie
si era scoperta curiosa di queste sue nuove capacità.
Era giunta alla conclusione che ormai quella era la sua nuova vita e
non
avrebbe più potuto lasciarsela alle spalle.
Se
voleva riacquistare un minimo di serenità, se voleva
davvero riprendere il controllo, doveva smetterla di piangersi addosso
e
mostrare di sapersi rialzare e tornare più forte di prima.
La
signora Flowers si era rivelata una fantastica
insegnante. Era una persona empatica, aveva capito subito lo stato
d’animo di
Bonnie e si era adeguata. Avevano passato la prima settimana a parlare,
soltanto a parlare. Bonnie aveva spiegato tutto ciò che le
era successo da
quando aveva lasciato l’Italia. La signora Flowers sosteneva
che solo in questo
modo la ragazza avrebbe potuto usufruire appieno dei suoi Poteri,
perché dirlo
ad alta voce costituiva sempre un fattore di accettazione,
indispensabile per
entrare in contatto con la propria magia.
Nei
giorni successivi, poi, l’anziana le aveva spiegato in
che cosa consisteva il suo Potere e Bonnie non credeva di aver mai
sentito
niente di più affascinante.
Se
fosse riuscita a sviluppare quel Potere che possedeva
solo lei, sarebbe stata al di sopra di qualsiasi forza, sarebbe stata
sempre al
sicuro; nessuno l’avrebbe più ferita. Controllare
la mente era una possibilità
molto allettante, ma allo stesso tempo le incuteva timore. Se tutto
ciò le avesse
dato alla testa? Se l’avesse trasformata in una donna tanto
superba da
ritenersi invincibile?
Aveva
più volte espresso le sue paure alla signora Flowers
che l’aveva sempre rassicurata. Una creatura pura di cuore
come Bonnie non
avrebbe mai potuto corrompersi e abusare della sua magia. Inoltre le
streghe
erano serve della natura, avevano un istinto innato nel riconoscere
ciò che era
sbagliato e ciò che era giusto. In passato erano esistite
streghe malvagie, ma
non era il caso di Bonnie; l’anziana lo poteva percepire.
Così
da due settimane a quella parte, Bonnie spendeva la
maggior parte del suo tempo tra compiti, scuola e esercizi per la
mente.
Avrebbe ancora dovuto aspettare un po’ per compiere i primi
incantesimi.
In
quei giorni, però, era successo ben altro. Christopher.
Era accaduto Christopher. E Bonnie si sentiva su di giri ogni volta che
pensava
a lui.
Soprattutto
dopo il loro primo bacio.
“Sei
sicura che i tuo zii
non si arrabbieranno?” le chiese il ragazzo “Voglio
dire … è piuttosto tardi”.
“Non
preoccuparti, non ho
il coprifuoco” gli assicurò Bonnie
“Almeno non più”.
“Più
che altro mi
spaventa Damon” ammise con un po’
d’imbarazzo lui “Non credo di piacergli”.
“Grazie
a Dio, non è a
lui che devi piacere” gli fece notare Bonnie con uno sguardo
eloquente
“Comunque vorrei sapere dove mi stai portando”.
“Suono
banale se ti dico
che è una sorpresa?”.
Bonnie
alzò le spalle “Me
l’aspettavo”. Appoggiò la testa al
finestrino e osservò il paesaggio passarle
davanti agli occhi troppo velocemente per riuscire a vedere veramente
qualche
cosa. La macchina procedette lungo dei tornanti in salita fino ad
arrivare
sulla sommità di una collina. Christopher
parcheggiò e scese dall’auto.
Bonnie
confusa lo imitò.
Si guardò un po’ in giro poi portò la
sua attenzione su Christopher “Dove
siamo?”.
“Questo
è il belvedere di
Fell’s Church”.
Bonnie
alzò le
sopracciglia “Mi hai portato dove vengo le coppiette a
divertirsi?!” domandò
incredula indicando con il dito l’area circostante.
“Sono
le due di notte,
Bonnie, le coppiette ora sono a nanna” scherzò lui
“Comunque no, ti ho portato
ad ammirare lo spettacolo più bello del paese”.
Bonnie
si avvicinò
all’orlo della collina e lanciò uno sguardo verso
il basso “Intendi la vista
della città di notte? Dimentichi che ho vissuto quattro anni
a Roma” non voleva
risultare scortese o ingrata. In realtà la sua intenzione
era solo fare una
battuta, ma non appena ebbe pronunciato quelle parole si accorso di
quanto
fosse stata arrogante.
Per
fortuna Christopher
non parve nemmeno farci caso. Si avvicinò a lei e con la
mano la obbligò ad
alzare il volto dritto davanti a lei “Riuscivi a vedere anche
questo a Roma?”
le chiese in un sussurro.
Bonnie
deglutì
meravigliata. Di fronte ai suoi occhi si presentava la stellata
più luminosa
che avesse mai visto. Fell’s Church era solamente una piccola
città e le sue
luci non potevano minimamente coprire quella delle stelle.
Ed
eccolo lì, al centro,
sull’orizzonte, il mezzo spicchio della luna. Bonnie
sollevò la mano e la
protese verso il cielo, perché appariva così
vicino da poterlo toccare.
“Certo,
con la luna piena
avrebbe fatto decisamente più effetto” disse Chris
“Ma non potevo aspettare
ancora così a lungo”.
“Tu
sì che sai come
stupire una ragazza di città” sorrise Bonnie.
“Quando
stavo nella mia
tenuta nel Galles, mi capitava spesso di vedere un panorama simile. Da
quanto
mi hai detto hai sempre vissuto in grandi città e ho
immaginato che tu non
abbia mai potuto godere di notti del genere”.
Normalità.
Ecco
cosa facevano i
ragazzi normali: portavano le ragazze a vedere le stelle e non a
trovare
strambe vecchiette con poteri magici.
“Hai
immaginato bene”
asserì lei “Credo che sia stato il gesto
più carino che abbia ricevuto in
questi due mesi”.
“Oh
beh, se Damon mi
staccherà la testa, almeno ne sarà valsa la
pena” si consolò Chris
ridacchiando.
Bonnie
non aspettò un
momento di più; gli posò le mani sul viso e si
alzò in punta di piedi,
posandogli un delicatissimo bacio sulle labbra.
Fu
una cosa velocissima,
di qualche secondo perché la giovane si ritrasse quasi
subito per paura di aver
fatto qualcosa di sbagliato.
Ma
Christopher non le
permise di allontanarsi troppo, anzi la ri-attirò in un
attimo a sé e la
coinvolse in un bacio decisamente meno timido.
Bonnie
si spinse più in
su sulle proprie punte dei piedi appoggiandosi completamente al corpo
del
ragazzo che l’accolse stringendola con una mano sulla schiena
e l’altra alla
base del collo.
Si
staccarono giusto per
riprendere fiato, ma sentirono all’istante la mancanza
l’uno dell’altra.
Le loro labbra si incontrarono di nuovo e poi
ancora e ancora.
Bonnie
pensò che
dopotutto Chris avesse perfettamente ragione. Non
si era mai goduta un’altra serata
come quella.
Bonnie
si passò una mano sulla bocca arrossendo al solo
pensiero del bacio. Continuò a pettinarsi davanti allo
specchio mentre altri
ricordi di quella notte si affollavano nella sua mente.
Era
tornata tardi; erano le tre passate quando si era
richiusa la porta di casa alle spalle. Non si aspettava di trovare
qualcuno in
piedi ma dopo pochi passi si era dovuta ricredere.
Il
camino era ancora acceso e il crepitio del fuoco l’aveva
costretta a girarsi verso il salone adiacente all’ingresso. E
lì, seduto sul
divano, di schiena, stava Damon. Non aveva dato segni di averla
sentita. Non si
era nemmeno voltato, aveva mantenuto la sua posizione con le spalle
ricurve,
probabilmente rigirandosi un bicchiere di liquore tra le mani; ma la
ragazza
non ci aveva fatto molto caso.
Era
andata dritta in camera sua non curandosi neppure di
essere stata beccata a rientrare così tardi.
Seppe
il giorno dopo che la cosa non era stata gradita al
vampiro, perché venne buttata giù dal letto dalla
musica, proveniente dalla
stanza di Damon, sparata a tutto volume. Alle
sei del mattino.
I
rapporti con lui non miglioravano né peggioravano. Non si
erano scambiati una parola per tutte le settimane, neanche in caso
strettamente
necessario. Per lo più s’ignoravano e se, per
disgrazia, si incontravano per il
Pensionato evitavano perfino di fare incrociare i propri occhi.
Con
Stefan le cose andavano meglio o per lo meno si
parlavano civilmente. Bonnie apprezzava l’impegno del vampiro
per ottenere il
suo perdono e riacquistare la sua fiducia. Non erano ancora tornati
amici o
confidenti e a volte pure Stefan doveva subire la freddezza di Bonnie,
ma la
tensione tra loro era meno soffocante.
Con
Elena, Caroline e Meredith non aveva fino allora
risolto; la situazione con loro era diversa; non aveva,
però, trovato il
coraggio di chiarire.
Mentre
raccoglieva i capelli in una coda bassa, Bonnie si
scrutò allo specchio e cercò di auto motivarsi
perché era giunta l’ora di
affrontarle.
E
lo avrebbe fatto quel giorno stesso a scuola.
Si
mise lo zaino sulle spalle e scese le scale. Da quando
aveva una macchina tutta sua, non doveva più aspettare che
Stefan la portasse a
scuola. Decise, perciò, di iniziare ad avviarsi. Se fosse
arrivata in largo
anticipo magari avrebbe potuto passare del tempo con Chris.
Il
suo buon umore venne subito rovinato da colui che aprì la
porta di casa fischiettando. Un Damon Salvatore stranamente allegro
fece la sua
comparsa lanciando la sua giacca di pelle sull’appendiabiti
nell’angolo.
“Buongiorno,
Bonnie!” esclamò.
La
ragazza tentò in tutti i modi di trattenere la sorpresa
per quell’atteggiamento così espansivo ( e molto
poco tipico di Damon) e senza
degnarlo di un’occhiata, uscì con lo sguardo
dritto davanti a sé.
“Anche
io sto bene! Grazie dell’interessamento!” le
urlò
dietro per nulla turbato da quell’indifferenza.
“Sei
posseduto?” gli chiese Stefan che scendeva in quel
momento dal piano superiore, completamente allibito.
“Un
vampiro centenario non può essere di buon umore?”.
Stefan
aggrottò la fronte “Hai avuto per caso notizie del
lupo mannaro che era con Tyler?”.
“Chi?
Quella che è riuscita a scappare dalla cantina di
Caroline prima che noi arrivassimo? Direi proprio di no”
rispose con
noncuranza.
“Allora
scusami ma non capisco tutto questo entusiasmo”.
“Non
lo senti, Stef?” domandò Damon come se fosse la
cosa
più ovvia al mondo “Sta arrivando la primavera, la
stagione degli amori. La
città è piena di adolescenti con gli ormoni
impazziti e il sangue è
delizioso!”.
“Dimmi
che non ti sei nutrito di nessuna ragazza” lo
pregò
Stefan.
“Sono
ancora tutte vive e in forze, se è questo che vuoi
sapere” lo tranquillizzò Damon “Ma non
è per questo che sono così contento”.
Stefan
lo invitò a proseguire.
“Stamattina
stavo tornando dalla mia fantastica serata,
passavo vicino all’Old Wood e mi è sembrato di
sentire qualcosa. Così ho
fermato l’auto e sono sceso per scandagliare la zona e
indovina cosa ho
trovato? Tracce di aura canina, evidentemente i lupi non sono riusciti
a
coprirla del tutto”.
“Pensi
che si stiano nascondendo nel bosco?”.
“Probabile”
disse Damon “Ma prima di buttarmi nella fossa
dei leoni, voglio parlare con quella ragazza. Magari non si sono
nemmeno
accorti che in città ci sono dei vampiri e non vedo
perché stuzzicarli. Abbiamo
già abbastanza problemi senza dover strigliare i
cani”.
“Ok,
ora sono davvero confuso” ammise Stefan “Tu che
rinunci
a una zuffa con i lupi mannari, tu che non marchi il territorio?! Hai
bevuto
del sangue avariato?”.
“Io
spero che tu prima o poi perda l’uso della parola”
lo
apostrofò Damon per tutte quelle domande così
cretine. Poi salì verso camera
sua saltando tre gradini alla volta lasciando uno Stefan assolutamente
sconcertato.
Il
mondo doveva essersi capovolto e lui non se n’era
accorto.
Caroline
era ferma da un buon dieci minuti sulla stessa riga
del nuovo capitolo di storia. Credeva che avere come insegnante il
fidanzato
della propria migliore amica sarebbe stato un vantaggio, invece si era
rivelato
ancora peggio. Alaric li caricava di compiti per non favorirli e non
accettava
scuse se per caso uno di loro si presentava impreparato. Nemmeno per
motivi particolarmente eccezionali.
Il
paragrafo trattava della seconda guerra mondiale,
l’attacco a Pearl Harbor. Aveva visto il film una volta,
bello! Ben Affleck da
schianto e un sacco di lacrime alla fine, ma aveva
l’impressione che non
avrebbe preso propriamente una A raccontando quelle cose durante
l’interrogazione.
Come
faceva a concentrarsi quando una ragazza lupo era
riuscita a scappare da casa sua e probabilmente stava aspettando la
prossima
luna piena per farla fuori? Senza contare la furia nera di Damon.
Aveva
cercato anche di chiamare Tyler, ma non le aveva mai
risposto e a scuola sembrava un fantasma. Invisibile.
La
stava forse evitando? Se sì, per cosa?
Caroline
sbuffò e tamburellò le dita sul tavolo annoiata.
Se
solo avesse potuto parlargli, magari l’avrebbe aiutata anche
con quella
ragazza.
Come
per esprimere i suoi desideri, Tyler passò proprio
dietro del vetrate della biblioteca. Caroline non perse tempo, chiuse
il libro
e lo infilò in borsa e uscì a schizzo
inseguendolo “Tyler!”.
Il
ragazzo non diede nemmeno segno di averla sentita, ma
Caroline sapeva che era impossibile dato che aveva urlato a
squarciagola come
una gallina!
Lo
raggiunse in un attimo e lo prese per un braccio
facendolo voltare “Tyler” ripeté
“Dove sei stato tutta la settimana? Ti ho
chiamato ma non mi hai risposto, a scuola mi eviti … ho
fatto qualcosa di
male?”.
Tyler
esibì un’espressione fintamente pensierosa
“Non so?
Forse rinchiudere la mia amica nella cantina di casa tua non
è stata proprio la
mossa migliore”.
Caroline
gelò sul posto “Lo sai?”.
“Sono
stato io a liberarla. Ti ho visto sparire nel bagno
del Grill con lei e nessuna delle due è più
uscita. Così ho aspettato che
tornassi alla tua macchina e poi ti ho seguita”.
Caroline
ora era basita “Sei entrato in casa mia di
nascosto? Hai commesso effrazione in casa dello sceriffo?!”.
“Parla
quella che ha sequestrato una ragazza in casa dello
sceriffo” le rinfacciò Tyler.
La
vampira arricciò le labbra “Cerca di
capire” lo pregò
“Volevamo solo farle delle domande! Con tutto quello che sta
succedendo, la
presenza dei lupi mannari ci è parsa sospetta; tra vampiri e
licantropi non c’è
molto feeling”.
“E
questo chi l’ha detto? Damon?” le chiese lui con
tono
pressante “Lei non sapeva nemmeno che qui ci fossero dei
vampiri. Era venuta
qui per me, per aiutarmi e io non le ho detto niente”.
“Come
ha fatto a sapere che hai scatenato la maledizione? La
conoscevi già?”.
“No”
negò Tyler “Deve essersi sparsa la voce
… non so come funzionano queste
cose. So
solo che tra quelli come noi esiste una regola: aiutare sempre i
novellini” le
spiegò “Ma dopo la tua fantastica idea di drogarla
e chiuderla nella tua
cantina, ha scoperto della vostra esistenza e non ne è stata
contenta”.
“Sa
che sono un vampiro?”domandò Caroline allarmata.
Tyler
annuì “Ha visto una tua foto mentre la portavo
fuori
da casa tua e ha collegato. Ora si sta nascondendo con la sua famiglia
da
qualche parte”.
“Con
la sua famiglia?” la ragazza spalancò gli occhi
“Non è
qui da sola?”.
“No,
i lupi mannari si spostano in branco”.
“Aspetta:
stiamo parlando di famiglia o di branco? Perché ho
il sospetto che un branco sia molto
più grande di una famiglia”.
“Non
so con precisione quanti siano, altri potrebbero
raggiungerli. Non le ho parlato molto durante questa settimana, visto
che pensa
che sono dalla vostra parte”.
“Certo
che sei dalla nostra parte” replicò Caroline
stringendo la tracolla della borsa “Noi siamo
amici!”.
“Sei
stata tu a sbagliare, Care”.
Lei
stentava a credere alle proprie orecchie “Stai dicendo
che sei contro di me?”.
“No,
certo che no!” obiettò Tyler con forza
“Dico solo che
loro non hanno fatto niente di male e che voi siete stati
prevenuti”.
“Devi
smettere di vederla, Tyler” gli ordinò Caroline
“Potrebbe essere qui per qualunque cosa, potrebbe averla
mandata Klaus, non ti
puoi fidare di lei, non la conosci
…”.
“Penso
che tu stia esagerando” replicò lui.
“Ok,
senti questa: per scatenare la maledizione bisogna
uccidere qualcuno, giusto? Ti sembra normale che una ragazza della
nostra abbia
già commesso una cosa del genere?”
argomentò Caroline con decisione.
“Io
l’ho fatto” controbatté Tyler
“E non stiamo parlando di
un omicidio volontario, ok? Basta essere responsabili per la morte di
qualcuno.
Gli incidenti capitano Care, soprattutto a quelli come noi”
chiarì “Ma se
proprio vuoi saperlo Layla mi ha detto che è stata legittima
difesa: un anno fa
un ragazzo ha cercato di rubarle la borsa, lei è riuscita a
spingerlo via e lui
è scivolato battendo la testa”.
Layla?
Caroline
si concentrò sul nome prima di
tutto Come la principessa di Guerre Stellari?
No, quella forse si chiamava Leila.
Poi
elaborò anche tutte le altre informazioni e rispose
“E
il padre? Anche lui ha il gene? Anche lui ha scatenato la
maledizione?”.
“Sì
anche suo padre” ma prima che la ragazza ribattesse con
qualche insinuazione velenosa, lui aggiunse “E’ un
poliziotto”.
“Quindi
è una famiglia a cui capita occasionalmente
di uccidere, per lavoro o per sfiga? Ne parli come
se le morti avvenissero da sole, per mano del destino.
Cos’è? Final
Destination? Adesso magari mi dirai che la mamma è un
chirurgo!”.
“Non
mi ha accennato della madre ma non credo abbia il gene
della licantropia” rispose Tyler con una strana calma
“Ora me ne vado perché la
conversazione sta prendendo una piega assurda. Se scopro
qualcos’altro, ti
avverto” dopodiché fece dietrofront e se ne
andò.
Caroline
batté un piede a terra irritata. Forse non aveva
portato le migliori argomentazioni per convincere Tyler che quella
ragazza
sarebbe stata solo una fonte di guai, ma lui avrebbe dovuto capirlo da
sé.
Come
poteva fidarsi della prima spuntata dal nulla a
reclamare il diritto di aiutarlo per le prossime lune piene.
Dov’era stata
durante la prima trasformazione?
Forse
Tyler ci era cascato, ma Caroline non era così stupida
da farsi incantare. Quelle cose potevano essere percepite solamente dal
sesto
senso femminile e lei aveva intenzione di andare in fondo a quella
faccenda.
“Ehi,
pensavo dovessimo trovarci in biblioteca” Matt le
diede un bacio sui capelli “Va tutto bene?”.
Caroline
scosse la testa “No, non va bene: Tyler ha scoperto
che sono stata io a rapire quella
là”
raccontò “E credo di aver fatto un bel casino
… potrei aver scatenato il loro
istinto di difesa/ vendetta”.
“Wow!”
esclamò Matt bombardato in un secondo da tutte quelle
notizie “E sei riuscita a fare tutto questo prima di
pranzo?” la buttò sul
ridere.
“Non
è uno scherzo!” strillò Care
“Io … ora devo andare,
Bonnie ci vuole parlare. Tu … puoi tenere d’occhio
Tyler? Sarebbe davvero
un’ottima cosa se riuscissimo a ritrovare quella ragazza. Non
so, cerca di
parargli. Devo sistemare le cose prima che scoppi una guerra per colpa
della
mia impulsività”.
“Vedrò
se riesco a convincerlo”.
“Grazie”
gli stampò un bacio sulle labbra e corso in mensa.
Meredith
ed Elena erano già sedute al loro solito tavolo;
Caroline le raggiunse e li aggiornò sui nuovi sviluppi
mentre aspettavano
Bonnie.
Quando
la ragazza arrivò, le tre avevano appena finito di
discutere di quel nuovo problema; decisero di rimandare ogni
preoccupazione
perché in quel momento Bonnie era più importante.
“Sono
davvero contenta del tuo messaggio” le sorrise Elena
“Siediti con noi!”.
Bonnie
parve visibilmente imbarazzata “Oh no … scusatemi
ma
ho promesso a Christopher di pranzare con lui. Però volevo
parlarvi prima”.
“Beh
non c’è problema!” sorvolò
Caroline “Ti sei trovata un
ragazzo da urlo e devi godertelo!” le suggerì con
entusiasmo.
Bonnie
non poté fare a meno di scoppiare a ridere; doveva
ammettere le era mancata la costante allegria di Caroline.
“Mi
dispiace di essermi nascosta fino adesso da voi …”.
“Non
sei tu che ti devi scusare, Bonnie” la interruppe
Meredith.
“No,
no, fatemi finire” le pregò lei “Ci tengo farvi sapere che non sono
arrabbiata con voi,
sul serio. Avete solo protetto un amico e un fidanzato e probabilmente
avrei
fatto lo stesso se fossi stata al vostro posto” prese un bel
respiro “Ma … beh,
il problema è che mi sono sentita ingannata, no …
mi sono sentita esclusa. Ho
cercato in tutti i modi di essere una di voi ma nel vostro gruppo vi
conoscete
tutti da molto tempo ed è ovvio che ci sarà
sempre qualcuno che arriverà prima
di me”.
“Bonnie
… non è così. Noi ti siamo molto
affezionati” le
assicurò Elena mortificata.
“Lo
so” disse la rossa accennando un sorriso “Siete
delle
brave ragazze e delle brave amiche e sono certa che un giorno anche io
mi
sentirò alla pari di tutte voi; solo che quel giorno non
è oggi” fece un altro
sospiro “Adesso ho bisogno di stare con qualcuno che mi metta
al primo posto.
Non sto dicendo queste cose perché ce l’ho con
voi, ma mi servirebbe davvero
starmene un po’ per conto mio, credo che mi farebbe bene, che
mi aiuterebbe a
essere un po’ più sicura di me”.
“Prenditi
tutto il tempo che vuoi, Bonnie, quando sarai
pronta a tornare, noi saremo qui ad aspettarti” la
rassicurò Meredith.
Bonnie
fu sollevata; aveva avuto paura che non la capissero,
e invece erano disposte ad accontentarla in ogni suo capriccio pur di
farsi
perdonare. Sapevano di aver sbagliato, lo ammettevano e volevano
sistemare le
cose.
Bonnie
fu confortata da quel gesto di amicizia perché
avevano compreso di doverla lasciare andare; ma nel frattempo sarebbero
state
lì in attesa e pronte ad aiutarla.
Mentre
elaborava tutti pensieri, si sentì rasserenata e
piena di energia. Proprio ciò che le serviva per la nuova
lezione con la
signora Flowers.
Aveva
mentito alle ragazze, non doveva vedersi con
Christopher ma con la sua insegnante di magia. Non aveva voluto dirlo
alle sue
amiche; era una cosa troppo personale e non era ancora il momento per
tornare a
quel tipo di confidenze.
Avrebbe
saltato anche le ore di scuola pomeridiane ma non le
importava. Era solamente eccitata all’idea che avrebbe
imparato finalmente
qualcosa di pratico.
“Perché
siamo qui?” chiese alla vecchia strega quando la
condusse fuori in giardino e la fece sedere sul prato.
“Oggi
t’insegnerò a percepire i diversi tipi di aura, a
partire
dalla tua” le spiegò “E’ la
prima volta che fai questo esercizio, quindi dovrai
prendere un po’ di Potere in prestito dalla natura. Metti le
mani con l’erba,
coraggio!” la incitò.
Bonnie
ubbidì.
“E
ora chiudi gli occhi e concentrati su te stessa”.
Bonnie
abbassò le palpebre e ascoltò attentamente tutto
ciò
che la signora Flowers le stava dicendo.
“Mi
hai raccontato che hai già usato i tuoi Poteri
inconsapevolmente”.
“Sì”
sussurrò Bonnie.
“Ricordi
cosa hai provato?”.
“Una
scarica di energia lungo le ossa che si è rigettata
tutta fuori; era come …” ma si bloccò
per paura di suonare ridicola.
“Va’
avanti” la incoraggiò la signora.
“Ok”
Bonnie si lasciò sfuggire una risata imbarazzata
“Mi
sentivo come un conduttore elettrico, come se fossi stata investita da
un’ondata di energia”.
“Devi
cercare di ricreare quella sensazione perché è
proprio
la tua aura. Tutte le streghe hanno bisogno di incanalare energia per
compiere
i loro incantesimi, ma tu sei speciale, tu riesci anche ad assorbirla.
È questa
la tua componente più forte ed è su questa che ti
devi focalizzare per
percepire la tua aura”.
Bonnie
strinse tra le dita i fili d’erba e si concentrò
tentando di visualizzare uno di quei momenti in cui la sua magia si era
manifestata.
Rivide
Katherine ad un centimetro dal suo volto e poi Bert,
li rivide sferzarla con la loro ipnosi, convinti di avere il controllo;
invece
era stata lei a batterli. Ricordava la sensazioni di Potere,
l’energia lungo il
suo corpo, la determinazione a salvarsi. Ed ecco che tutto
ritornò chiaro come
il sole, nella sua testa.
In
quel momento era soltanto una cosa mentale. Bonnie stava
facendo tutto in maniera consapevole e volontaria.
“La
senti?”.
Eccome
se la sentiva, anzi la vedeva. Bianchissima e
luminosissima, quasi accecante; la sua aura.
“Ora
prova con la mia” le disse la signora Flowers
prendendole le mani e stringendole.
Bonnie
si focalizzò sulla strega di fronte a lei e poté
scorgere anche la sua di aura: bianca ma un po’ meno
luminosa. Limpida e
benevola.
La
ragazza le lasciò le mani e aprì gli occhi
“Ce l’ho
fatta!” esultò alzando le braccia in segno di
vittoria.
“Non
dubitare mai delle tue capacità, Bonnie”
l’ammonì la
signora Flowers “E’ la fiducia in te stessa che ti
permetterà di sviluppare
appieno il tuo Potere. Ora torna a casa e prova a individuare le aure
dei due
Salvatore, sarà un ottimo esercizio” le
consigliò.
“Va
bene” acconsentì Bonnie “Ora devo
andare, ma ci vediamo,
giusto?”.
Poco
dopo, alla guida della sua macchina, la ragazza si
sentiva esaltata come non mai. Finalmente qualcosa nella sua vita stava
andando
per il verso giusto e non vedeva l’ora di continuare ad
esplorare quel lato di
se stessa.
Quando
si fermò al semaforo rosso, frugò nella borsa in
cerca del cellulare e controllò se qualcuno
l’avesse cercata. Trovò un
messaggio di Christopher che le chiedeva d’incontrarsi al
maneggio verso le tre
e mezza.
Bonnie
guardò l’ora: le quattro. Cavolo!!
Appena
scattò il verde, girò a destra su per una
stradina un
po’ in salita, sperando che il ragazzo fosse ancora
lì ad aspettarla.
Fortunatamente
Christopher non se n’era ancora andato.
Bonnie lo trovò, poco dopo aver parcheggiato
l’auto, nelle scuderie a finire di
sellare un cavallo.
Lo
abbracciò da dietro e nascose il volto nel suo collo
“Sono una pessima ragazza, vero?” gli disse in
segno di scuse “Ho il messaggio
solo poco fa”.
Lui
si girò e sorrise genuinamente portandole le mani alla
base del collo in una morbida carezza “Non preoccuparti, sono
abituato al
ritardo di voi ragazze”.
Bonnie
s’imbronciò “E questo cosa vorrebbe
dire?”.
“Vuol
dire che adoro quando fai la gelosa” le sussurrò
avvicinandosi mentre faceva sfiorare le punte dei loro nasi.
“Io
non sono gel-” non poté nemmeno controbattere che
le
labbra del ragazzo piombarono sulle sue in un bacio esigente e lei non
esitò ad
accontentarle.
Christopher
normalmente si comportava in modo impeccabile,
sempre dolce, sempre delicato, quasi avesse paura di offenderla;
sembrava un
ragazzo di altri tempi, molto attento a trattarla con il dovuto
rispetto. Per
ciò Bonnie impazziva quando lui si lasciava andare; diveniva
improvvisamente
più provocante e irresistibile. E lei si sentiva molto
più apprezzata.
Bonnie
sospirò nel momento in cui si separarono e subito
arrossì. Non era abituata a certi
suoni,
non era soprattutto abituata ad esserne l’artefice e temeva
ogni volta di
risultare un po’ troppo sfacciata. Ma d’altro canto
facevano parte della natura
umana, facevano parte della sua natura di donna e prima o poi avrebbe
dovuto
accettare che a certe sensazioni
seguivano certe reazioni.
“Perché
mi hai chiesto di venire qua?” gli domandò
sciogliendosi dall’abbraccio.
“Non
è ovvio?” rispose Christopher “Andiamo a
cavalcare” e
indicò il cavallo che aveva appena sellato e un altro
già pronto poco più in
là.
Bonnie
per un soffio non si mise a saltare di gioia. Da
troppo tempo non andava a cavallo, da troppo tempo non galoppava con
l’aria
fredda contro il viso, da troppo non si sentiva più
così libera.
“Io
prendo quello bianco!” esclamò correndo verso il
cavallo
prima che Christopher potesse replicare.
Aspettò
che il ragazzo finisse di preparare il suo, poi
insieme condussero fuori gli animali tirandoli per le briglie; poi
saltarono in
groppa e lentamente procedettero lungo il sentiero che li avrebbe
guidati verso
il bosco, uno a fianco all’altro.
Bonnie
si prese un po’ di tempo per guardarsi attorno; era
tutto così famigliare. Aveva passato in quel posto la
maggior parte della sua
infanzia a Fell’s Church. A sette anni era montata per la
prima volta su un
cavallo. Voleva essere come la principessa Sissi ed era andata da suo
fratello
pretendendo di prendere lezioni di equitazione. Zach non era stato
molto
d’accordo. I loro genitori erano morti da poco tempo e temeva
che la bambina
potesse farsi seriamente male. Bonnie aveva pianto, aveva fatto i
capricci,
aveva tenuto il muso ma suo fratello era stato irremovibile. Almeno
fino a
quando non era arrivato Damon e, fregandosene totalmente
dell’opinione di Zach,
l’aveva portata al maneggio.
Passarono
di fianco all’ultimo campo- pratica prima del bosco
e senza nemmeno accorgersene si ritrovò a sorridere
malinconicamente.
“Ma
è piccolo!” si
sorprese la piccola Bonnie quasi lamentandosi.
“E’
un pony”.
“Ma
la principessa Sissi
non andava sui pony” obiettò lei.
“Sì
invece” replicò Damon
scanzonato “Quando era una bambina come te”.
“Io
voglio un cavallo!”
dichiarò lei stringendo i pugnetti lungo i fianchi e
battendo un piedino a
terra.
“Di’
un po’ scricciolo:
quanto credi di essere alta?!” la prese in giro abbassandosi
alla sua altezza.
“Non
lo so” ammise Bonnie
apparendo un po’ confusa “Perché? Anche
qui è come al Luna Park? Che non posso
salire sulle giostre per i grandi perché sono
piccola?”.
Damon
colse la palla al
balzo “Sì, esatto!” confermò
“Non puoi salire su un cavallo fino a che non
diventi alta così” le disse mettendo la sua mano
un buon dieci centimetri sopra
la testa di Bonnie.
“Uffa”
sbuffò lei “Essere
bambini fa schifo, non posso fare niente”
s’intristì incrociando le braccia al
petto “Devo andare a dormire presto, non posso mangiare i
dolci e di notte ci
sono sempre i mostri sotto al mio letto.
Perché i mostri non
vengono anche da voi adulti?”.
Alcuni
di noi sono già mostri, pensò
Damon con un po’ di amarezza.
“I
mostri sono solo degli
esaltati” chiarì il vampiro “Tu
ignorali, prima o poi si stuferanno”.
“Forse
non mi dispiace
che stanno in camera mia” ci ripensò Bonnie.
Damon
non si curò nemmeno
di correggerla, voleva vedere dove sarebbe andata a parare
“Perché?”.
“Perché
quando loro vengo
da me, io posso dormire nel tuo letto, che è mooooolto
più grosso del mio”
aggiunse molte “O” per enfatizzare “E poi
posso stare sotto le coperte con te e
tu mi difendi, come un cane da guardia”.
Damon
tralasciò l’ultimo
paragone, davvero poco poetico, e si concentrò su tutto il
bene che Bonnie gli
dimostrava ogni volta. Quella bambina non perdeva occasione per
ricordargli di
avere un bisogno disperato della sua presenza.
Damon
non era abituato a
essere così bel voluto; nessuno l’aveva mai fatto
sentire indispensabile;
nessuno eccetto Bonnie.
“E’
il tuo giorno
fortunato, piccola pulce rossa” le comunicò
“Perché si dà il caso che io possa
salire su un cavallo vero e posso portarti con me”.
Bonnie
allargò gli occhi
“Davvero?”.
“Sì”
asserì Damon “Ma non
dirlo a tuo fratello. Non ho proprio voglia di subirmi le sue urla da
ragazzina”.
Avevano
fatto un piccolo giro intorno al maneggio e Damon le
aveva fatto anche tenere le redini. La volta dopo Bonnie era salita sul
pony
senza fare storie.
“Sei
ancora tra noi?”.
La
voce di Christopher la riportò bruscamente alla
realtà.
La ragazza sbatté le ciglia e lo fissò
“Sì, sì” balbettò
“Hai detto qualcosa?”.
“In
realtà ti ho appena invitata alla fiera di
venerdì sera
e ammetto che il tuo silenzio è stato abbastanza
imbarazzante” scherzò facendo
aumentare al cavallo l’andatura.
Bonnie
lo seguì “Fiera? C’è una
fiera?”.
“Ne
deduco che tu non abbia ancora risolto con le tue
amiche” ghignò Christopher
“C’è la fiera di primavera. Sai le
solite cose:
bancarelle, giochi a premi, dolci … ruota
panoramica” aggiunse esibendo
un’espressione da furbetto.
“Uh,
ammetto che sembra tutto molto …”
cominciò Bonnie.
“Cliché?”.
“Romantico”
specificò Bonnie “E’ il nostro primo
appuntamento ufficiale” arrossì mentre pronunciava
quella frase, ma doveva
ammettere di essere abbastanza agitata per quell’invito. Non
aveva mai avuto un
vero e proprio appuntamento. Certo le era capitato di frequentare
qualche
ragazzo, ma niente di speciale. Nessuno era mai riuscito a conquistarla
e lei
per prima non era il tipo da far breccia nel cuore dei ragazzi. Con
Christopher
era diverso, era giusto e perfetto.
“Quindi
è un sì? Ci andremo insieme come
coppia?” domandò in
conferma lui.
“Mi
piacerebbe molto” Bonnie si aprì in un sorrisone a
trentadue denti.
“Bene!”
esclamò Christopher “Ma c’è
un’altra cosa che ti
voglio chiedere” le rivelò lui “Spero
che non ti sembri troppo affrettato e
credimi, non ti voglio fare pressioni, è solo che
… l’altro giorno potrei avere
accennato ai miei genitori di avere una ragazza e loro vorrebbero tanto
conoscerti”.
“E
così sono già la tua ragazza?”
ripeté Bonnie senza
trattenere un moto di soddisfazione “Comunque mi farebbe
piacere incontrarli.
Ho voglia di conoscere la tua famiglia. È un modo per
conoscere meglio anche
te”.
“Suppongo
di sì” concordò Christopher
“Se t’invitassi a cena
a casa mia stasera?”.
“Mi
presenterei alle otto”.
“Che
fortuna! Noi mangiamo proprio a quell’ora” le disse
“Allora Bonnie, che ne dici di una gara?”.
La
ragazza non capì subito che cosa intendesse, fino a che
non lanciò il cavallo al galoppo per il campo in mezzo al
bosco. Lei rimase un
attimo a fissarlo mentre scompariva in lontananza e colpì i
fianchi
dell’animale con il tallone cominciando ad inseguirlo.
“Spiegami
ancora che cosa ci facciamo qui?” chiese Alaric
per la terza volta mentre Damon parcheggiava la Mustang al limitare del
bosco “E
perché hai voluto che portassi i miei fucili alla
verbena?”
Damon
non rispose, si limitò ad aprire la portiera e a
scendere. L’altro uomo lo imitò e lo
osservò scaricare le armi dal baule.
“Questi
funzionano a fiale, giusto?” si accertò Damon.
Alaric annuì.
“Bene!
Allora si va a caccia!” esclamò il vampiro
lanciando
un paio di boccette contenenti un liquido giallino all’amico
“Sostituisci la
verbena con queste”.
“Che
roba è?” appena posta la domanda Alaric
capì di cosa si
trattava “Strozza- lupo?. Vuoi andare a caccia di lupi
mannari?!”.
“Cento
punti al professore di storia; ti sarà spedito un
premio a casa”.
“Damon”
lo ammonì Alaric.
“Andiamo!”
lo incitò l’altro “Sono qui, da qualche
parte nel
bosco. L’altro giorno ho sentito una traccia della loro aura,
potrei percepirla
anche oggi”.
“E
cosa hai intenzione di fare se li troviamo? Offrirgli da
bere e chiacchierare civilmente?” ironizzò Alaric.
“Pensavo
di stordirli con la strozza- lupo e obbligarli a
dirci perché sono a Fell’s Church, ma anche il tuo
piano non è male”.
Alaric
si trattenne dallo sparagli con il fucile ancora
carico di verbena. Ogni volta Damon riusciva a coinvolgerlo nei suoi
folli
progetti che comportavano come minimo il pericolo da farsi molto male.
Quando
era accaduto? Cos’era cambiato? Perché Alaric
Saltzam
si era trasformato da un semplice insegnante di storia con il pallino
per il
soprannaturale in un cacciatore dei misteri, unico amico di un vampiro
di
cinquecento anni incazzato con il mondo?
E
soprattutto perché ogni sacrosanta volta si faceva
incastrare in situazioni ingestibili? All’inizio temeva che
Damon, ad un suo
rifiuto, potesse reagire in modo sconsiderato, magari mettendo in
pericolo
proprio Meredith, ma poi cos’era cambiato?
Alaric
poteva dire con un buon grado di certezza di aver
capito l’animo complesso che si celava dietro la maschera di
freddezza di Damon
e forse era proprio per questo che continuava ad accettare le sue
proposte
fuori dal mondo.
Damon
aveva bisogno di un amico, un amico umano che gli
ricordasse ogni tanto la differenza tra vampiri e persone normali.
Alaric
rappresentava per Damon un punto di vista lontano dal
suo modo di concepire la vita e questo lo aiutava a rapportarsi meglio
con
tutti gli altri.
Inoltre
il vampiro era solo e lo avrebbe capito anche un
imbecille. Damon vagava nella solitudine e per quanto fingesse di
esserne
contento e di non aver bisogno di nessuno, la verità era ben
altra.
La
verità era che Damon apprezzava molto il suo rapporto con
Alaric, aveva un certo valore quell’assurda amicizia. Dopo
una giornata passata
a proteggere l’una o l’altra ragazza, a combattere
contro qualche vampiro
spaccone, era davvero piacevole poter trovarsi al bar con un amico e
ubriacarsi
come due adolescenti.
La
loro era un’amicizia strana, ma era il legame più
autentico che Damon avesse da secoli. Tra loro non c’erano
segreti,
s’intendevano piuttosto bene e soprattutto si fidavano
l’uno dell’altro. In
aggiunta Alaric era l’unico che riuscisse a psicoanalizzarlo
senza dargli sui nervi.
“Damon,
non possiamo controllare tutto l’Old Wood. Per
quanto ne sai, quella traccia potrebbe essere arrivata da molto
lontano” gli
fece notare Alaric dopo quasi un’ora che vagavano per il
bosco senza una meta,
in circolo.
“Non
stai parlando con un novellino” lo freddò Damon
“So
riconoscere una traccia e so anche localizzarla. Quella che ho
percepito
stamattina era solo un residuo, per questo non sono riuscito a
rintracciarla.
Prima o poi dovranno abbassare di nuovo la guardia”.
“E
ti aspetti che succeda di recente?” chiese l’uomo
“Perché, sai, io avrei anche una vita, una ragazza
e mi piacerebbe vederla un
giorno di questi, ma per un motivo o per l’altro sono sempre
bloccato con te da
qualche parte”.
“Sono
certo che Miss Inquietudine possa fare a meno di te
per un altro paio d’ore”.
Alaric
roteò gli occhi rinunciando ad insistere perché
sarebbe stata una causa persa in partenza. Cambiò, dunque,
argomento “Come sta
Bonnie? Meredith mi ha detto che non si parlando molto
ultimamente”.
“E’
una tua alunna non mia, dovresti saperlo meglio di me”
rispose il vampiro con voce apparentemente neutra, in realtà
sussultò in
maniera impercettibile al nome della rossa.
“Vive
in casa tua, non mia” replicò Alaric.
Damon
sbuffò decidendosi ad accontentarlo “Non la vedo
molto
in realtà. Ma da quello che ho capito si sta riprendendo.
È sempre in giro con
quel tipo, credo che la cosa la faccia contenta”.
“Contenta?”.
“Contenta”.
“Credi
sia contenta?”.
Damon
si fermò e si voltò per guardarlo dritto negli
occhi
“Non dovrebbe?”.
“Non
è contenta” affermò Alaric sicuro
“Non può esserlo. Ha
perso troppi affetti in poco tempo e ha solo diciott’anni.
Forse non lo dà a
vedere, ma è tutto fuorché contenta”.
“E’
solo una ragazza, è giovane. Presto le passerà
tutto e
dimenticherà. Gli umani superano facilmente il
dolore”.
“Non
dopo poche settimane. Bonnie non è
un’insensibile”.
“La
sottovaluti, Alaric. Tutti voi la sottovalutate. La
ragazzina è più forte di quanto sembri, sa
gestire se stessa” gli promise il
vampiro.
“Continua
a ripetertelo se ti fa stare meglio” lo provocò
Alaric “Bonnie non sta bene, perché è
stata ferita da chi le voleva più bene”.
“Sì
lo so” disse Damon con fare annoiato “Stefan ha
tradito
la sua fiducia mentendole. Bonnie ci passerà sopra prima o
poi, non è così grave”.
“Mi
riferivo a te” gli svelò l’amico con uno
sguardo
tremendamente serio “Adesso Bonnie è in fase di
negazione. Ti conviene starle
vicino perché non durerà per sempre: prima o poi
esploderà e non vorrei che
fosse troppo tardi”.
Damon
venne colpito da quelle parole ma non ebbe il tempo di
elaborarle perché entrambi si girarono verso dei cespugli
con i fucili
puntanti. Avevano sentito dei rumori, ma mentre Alaric non riusciva a
capire
che cosa li provocasse, Damon aveva semplicemente reagito
d’istinto imitando le
mosse dell’altro. Era il rumore di zoccoli sul terreno;
evidentemente qualcuno
si stava facendo una cavalcata.
Abbassò
l’arma e proseguì fino a superare i cespugli:
davanti a lui si apriva un prato molto esteso, lungo cui due cavalli
correvano
al galoppo in lontananza.
Damon
riconobbe all’istante le due figure: Bonnie e il
biondino.
Li
osservò fermasi e smontare da cavallo. Christopher stava
indicando qualcosa a terra, probabilmente un riccio o un altro
animaletto.
Un
moto di gelosia invase il vampiro. I cavalli erano una
cosa sua e di Bonnie e di nessun altro. Era stato lui a portarla per la
prima
volta al maneggio, lui le aveva insegnato a tenere le redini, lui
l’aveva
medicata ogni volta che era caduta da cavallo e sempre lui
l’aveva rimessa in sella
nell’istante successivo.
Da
quando la ragazza era tornata a Fell’s Church non avevano
avuto tempo di fare una passeggiata con i cavalli; anzi la quando lei
glielo
aveva proposto, lui aveva rifiutato senza pensarci più di
tanto. Non aveva dato
molto peso alla cosa, non si era mai reso conto di quanto fosse
speciale per
entrambi. Cavalcare era il loro modo per passare del tempo insieme, era
metaforicamente
il loro rifugio segreto e in quel momento Christopher aveva preso il
suo posto.
Chi
era quel ragazzino per arrogarsi un tale diritto? Chi
gli aveva dato il permesso di portarla a cavallo? Chi era per violare
così
sfacciatamente il suo spazio?
Nemmeno
Damon sapeva da dove provenisse tutto quel fastidio;
se Bonnie avesse frequentato Matt, non si sarebbe sentito
così irritato. Certo
avrebbe pensato che la ragazza avrebbe potuto scegliersi qualcuno di
migliore,
ma niente di più. Con Christopher, invece, c’era
qualcosa che non andava. Damon
non si fidava di lui, per un migliaio di ragioni che potevano essere
riassunte
in una sola: era troppo attaccato a Bonnie.
E
quando lo vide prendere la ragazza per le mani e baciarla,
prima di risalire in groppa, fu certo di una sola cosa: Justin
Bieber doveva morire.
Quando
Damon la sentì rientrare in casa quella sera,
all’inizio
non ci fece nemmeno molto caso. Era troppo preso dal problema lupi
mannari per
poter accorgersi che in Bonnie c’era qualcosa di diverso.
La
ricerca nei boschi era stata un totale fallimento; il
sole era tramontato e i due aveva deciso di abbandonare il piano. Quei
lupi si
erano nascosti chissà dove e a Damon non era rimasta altra
scelta che sperare
in Caroline. Forse la vampira sarebbe stata capace di scoprire qualche
novità.
In che modo avrebbe ottenuto nuove informazioni, a lui non importava.
Che circuisse
Tyler, che si spogliasse davanti a lui, che lo facesse ubriacare fino
alla
nausea … un metodo valeva l’altro.
L’importante era ritrovare quella dannata
ragazzina e il suo branco.
Damon,
steso sul divano, di fronte al camino, ripensò poi
alla conversazione avuta con Alaric riguardo Bonnie. Il suo amico di
sicuro
aveva ragione; d’altronde era quello che continuava a
ripetergli anche Stefan.
Doveva trovare il modo di farsi perdonare. Più facile a
dirsi che a farsi.
Avrebbe
potuto partire da delle semplici e umili scuse, ma
rivalutandola bene, quell’ipotesi era fuori discussione. Era
serio quando aveva
confessato a Stefan di non provare pentimento per l’omicidio
di Zach e la cosa
dal suo punto di vista risultava pure normale. L’equazione
era semplice: “vampiro+morte=
niente rimpianti per il suddetto”.
Non
avrebbe mentito a Bonnie solo per entrare nella sue
grazie, non l’avrebbe presa in giro simulando un finto
dispiacere per la morte
del fratello.
Dal
punto di vista umano era un gesto inconcepibile, dal
punto di vista di un vampiro era la normalità. Damon non
poteva rinnegare se
stesso; non l’avrebbe mai fatto per nessuno, nemmeno per
Elena.
Stava
cambiando, stava migliorando, ma ciò non significava
che avrebbe cancellato tutto il male che aveva causato in passato.
E
comunque Bonnie stava cento volte meglio senza di lui e lo
poteva capire perfettamente dall’ euforia che
l’aura della ragazza irradiava
dalla sua camera.
Damon
si tirò su a sedere. Un momento: aura? Da quando in
qua riusciva a percepire l’aura di Bonnie? La ragazzina non
aveva una specie di
meccanismo automatico per nasconderla? Come diamine aveva fatto a
sprigionarla?
E
poi da dove arrivava tutta quell’entusiasmo? La cosa
cominciò ad assumere contorni veramente strani nel momento
in cui Bonnie scese
nuovamente verso l’ingresso, vestita elegantemente e prese le
chiavi della
macchina pronta ad uscire.
Damon
guardò l’ora: le otto meno un quarto. Non era
tardi,
non era affatto tardi. Aveva fatto orari peggiori, tipo quella volte
quando era
tornata alle tre; ma il vampiro s’insospettì lo
stesso.
In
un secondo si parò davanti alla porta di casa impedendole
di uscire “Dove stai andando?”.
Bonnie
ci rimase di sasso, attendendosi di tutto tranne
quella scena. Si guardò intorno in cerca di una via di fuga
da quella
situazione così imbarazzante. Non voleva parlare con Damon,
ma d’altra parte
doveva uscire di casa. Christopher e i suoi genitori la stavano
aspettando e
lei non poteva mancare. Che figura avrebbe fatto a disdire
all’ultimo?
“Devo
uscire” rispose brevemente sperando che bastasse.
“Per
andare dove?” incalzò Damon.
“Devo
vedermi con le mie amiche a cena”.
Damon
piegò un angolo della bocca all’insù e
si piegò
lentamente verso la ragazza “A chi vuoi darla a bere? So che
non vi parlate
ancora”. Ringraziò mentalmente Alaric per
averglielo riferito solo qualche ora
prima “Ti vedi con quel tipo, vero?”.
“Non
sono affari tuoi. Ora mi fai passare?” chiese irritata
cercando di aggirarlo.
Damon
si appoggiò alla porta impedendole ogni tentativo
“Credo che invece siano proprio affari miei,
perché qualunque cosa tu stia
combinando con quel tipo, fa brillare la tua aura come un lampione e
sarà solo
questione di tempo prima che tutti i vampiri della zona piombino qui
per
cercare di assaggiarti”.
Bonnie
spalancò gli occhi e impallidì. Era talmente
contenta
dell’invito di Christopher e della lezione con la signora
Flowers che aveva
lasciato libera la sua aura di esprimersi senza pensare di nasconderla
una
volta rientrata in casa.
“Ora
mi piacerebbe tanto sapere come diamine è possibile che
tu sia riuscita a sbloccarla?” continuò Damon
fingendosi pensieroso.
Bonnie
intuì di essere con le spalle al muro. Avrebbe
preferito tenere le sue lezioni con la signora Flowers private, ma era
sicura
che il vampiro non avrebbe mollato finché non gli avesse
detto la verità.
“Qualcuno mi sta aiutando”.
Damon
non fece una piega, forse perché non gli importava o
forse perché non voleva mostrare il suo turbamento
“Dovrebbero aiutarti a
tenerla sotto controllo, non a esibirla come un trofeo”.
“Mi
è sfuggita, ok? Pensavo ad altro, ma non
succederà più.
Tranquillo, non verrà nessuno a disturbare la tua pace. Ora
se non ti dispiace,
sono già in ritardo …”.
“Cosa
devi fare?”.
“Sono
stata invitata a cena a casa di Christopher, va
bene?!” scoppiò Bonnie.
“Ti
presenta già i suoi genitori? Non vede proprio
l’ora di
arrivare in casa base”
commentò Damon
acidamente “Chiamali e disdici la cena”
ordinò.
“Cosa?!
Nemmeno per sogno! Chi ti credi di essere per dirmi
cosa fare?!”.
“Quel
tipo non mi piace”.
“Beh,
non mi sembra di aver mai chiesto il tuo parere”.
“Sei
sempre con lui; non ti vedi con nessun altro. Ti sembra
normale?” le fece notare Damon.
“Christopher è
normale” replicò Bonnie “Lui non mi fa
pressioni, mi lascia fare quello che
ritengo giusto e soprattutto non ha segreti”.
“Certo
perché tu lo conosci così bene”
sbottò Damon “Non ti
fa pressioni perché non ha la minima idea di cosa tu stia
passando; è un umano,
Bonnie, non s’immagina neanche cosa c’è
davvero lì fuori! Tu non appartieni al
suo mondo, non appartieni a lui” sottolineò
con enfasi.
“Non
appartengo nemmeno al tuo di mondo” controbatté
Bonnie
“E sto bene con lui proprio perché non ha niente a
che fare con tutte le
assurdità che tu e Stefan avete portato nella mia
vita”.
“Ha
qualcosa di strano” continuò Damon come se non
l’avesse
neanche ascoltata.
“Mi
fido di lui”.
“Il
tuo radar della fiducia allora si deve essere guastato”.
“Su
questo non c’è dubbio: mi sono fidata di
te” lo gelò.
“Me
lo merito” Damon accettò di buon grado quella
frecciatina
“Ma non è necessario che tu esca con quel tipo
solo per farmela pagare”.
Bonnie
scoppiò a ridere “Pensi che il mondo giri attorno
a
te!”.
“Ascoltami
…”.
“No”
lo interruppe “No, Damon! Cosa vuoi da me? Quando sono
tornata qui dall’Italia mi ha trattato come il peggiore degli
zerbini, volevi
mandarmi via perché avevi paura che scoprissi cosa avevi
fatto, mi hai tenuto
sotto una campana
di vetro, non mi hai
mai dato fiducia; poi tutta la verità è venuta a
galla e io non ho fatto
niente. Non sono andata dallo sceriffo. Ti ho semplicemente ignorato,
quindi
dimmi Damon, cosa diavolo vuoi dalla mia vita? Perché non
puoi lasciarmi in
pace?”.
“Prova
a dirlo agli altri! Sono settimane che mi dicono di
fare il contrario”.
“E’
per questo che ti stai inventando questa storia di
Christopher? Perché volevi che la smettessero di starti
addosso?!” lo accusò
Bonnie sempre più inviperita.
“Non
mi sto inventando niente, sono serissimo” la corresse
lui “E qui non si tratta né di me né
degli altri, si tratta di te che ti sei
fatta raggirare dal primo pirla che ti è passato sotto al
naso”.
Bonnie
ricorse a tutta la sua pazienza per non tiragli uno
schiaffo ben assestato in faccia “Io non sono un vampiro, non
sono capace di
spegnere le emozioni. Non posso andare avanti come se niente fosse
successo.
Christopher mi ha aiutato molto e tu … non sei nemmeno la
metà dell’uomo che è
lui”.
Damon
strinse le labbra con stizza “Sei convinta che
rimarrà
con te per sempre? Svegliati, ragazzina, sei soltanto la prima
abbastanza
carina con cui ci ha provato e che ci è stata. Ti
mollerà appena ne troverà
un’altra e tu rimarrai sola perché sei stata
troppo orgogliosa per fare pace
con le tue amiche”.
Bonnie
trattenne il respiro al suono di quelle parole.
Sentiva un groppo in gola, sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi e
abbassò la
testa per non farsi vedere “Grazie, Damon, grazie per avermi
ricordato ancora
una volta che ci sarà sempre qualcuno migliore di
me” lo scostò dalla porta.
Damon
ammorbidì immediatamente lo sguardo e maledì il
suo cattivo
temperamento. Perché non riusciva a tenere chiusa quella
maledetta boccaccia?
Come faceva a rovinare sempre tutto?
“Bonnie
… non era quello che intendevo”. Si
spostò
accondiscendente al tocco delle sue mani sul suo braccio. La sua voce
la fermò
prima che oltrepassasse la porta “Non permetterò
che ti faccia il cuore a
pezzi”.
Bonnie
rimase di spalle, con la mano sulla maniglia della
porta. Si girò leggermente senza però guardarlo
in faccia “Non ti preoccupare,
ci hai già pensato tu” e chiuse la porta con un
botto.
Damon
sussultò. Si era sbagliato. Si era dannatamente
sbagliato: Bonnie non stava affatto bene e prima o poi sarebbe esplosa.
Sì,
ma quando?
Come
si permetteva? Dopo tutto quello che le aveva fatto
passare, come si permetteva d’intromettersi ancora nella sua
vita?
Era
un tale bambino! Si arrampicava sugli specchi solo per
non essere rilegato nello sfondo. Era altezzoso, adorava stare al
centro
dell’attenzione, nel bene o nel male, e non poteva sopportare
di essere
ignorato; soprattutto non da lei che fino a qualche settimana prima
pendeva
dalle sue labbra.
Bonnie
non sapeva più cosa pensare. Forse Damon desiderava
trattenerla con forza nella depressione, forse preferiva vederla sola e
infelice. Aveva continuato a ripeterle che il mondo degli umani non era
più il
suo, che avrebbe dovuto abituarsi alla sua nuova vita, che nella sua
realtà non
c’era spazio
per uno come Christopher.
In
un altro momento, in altre circostanze Bonnie avrebbe
apprezzato i consigli di Damon e magari li avrebbe anche presi in
considerazione; un tempo avrebbe pensato che il vampiro si stava
solamente
occupando del suo bene; e preso dal punto di vista logico quel
ragionamento non
faceva una piega: non era una buona idea coinvolgere Christopher in
quel casino
che era diventata la sua vita, perché non avrebbe potuto
capire, non ci avrebbe
neppure creduto. Ma Bonnie non voleva lasciarlo andare. Era un atto
egoistico e
da viziata, ne era consapevole. Non avrebbe potuto comportarsi
altrimenti: quel
ragazzo era l’unica cosa normale che le era rimasta,
ciò che condividevano era
genuino e rassicurante e la faceva stare bene. Non ci avrebbe mai
rinunciato.
Damon non poteva mettersi tra di loro.
E
poi perché doveva essere sempre così cattivo?
Perché
è
cattivo.
Doveva
immaginarselo: Damon era un vampiro centenario,
abituato a studiare l’avversario e a trovare le sue
debolezze; sapeva che tasti
toccare anche con lei.
Bonnie
soffriva molto il fatto di essere l’ultima arrivata.
Aveva passato quasi otto anni della sua vita a sentirsi insignificante.
Quando
Zach l’aveva mandata in Italia, lei aveva solo undici anni e
non ne aveva
capito la ragione. Credeva di aver fatto qualcosa di male, credeva
fosse una
specie di punizione per aver fatto infuriare suo fratello per qualche
motivo
sconosciuto. Damon e Stefan erano scomparsi, non aveva mai ricevuto una
visita
o una chiamata; e lo stesso Zach era andato a trovarla davvero poche
volte.
Bonnie era giunta alla conclusione di non essere sufficientemente
importante;
non del tutto irrilevante, solo non era
abbastanza.
Tutto
ciò aveva fatto nascere in lei un complesso
dell’abbandono/ inferiorità che non era ancora
riuscita a scrollarsi di dosso.
Damon conosceva il suo lato debole e lo usava contro di lei per farla
crollare.
Ma
quella volta non gli avrebbe dato ascolto, non si sarebbe
fatta influenzare. Damon non avrebbe rovinato la sua relazione con
Christopher;
non gli avrebbe permesso di metterle in testa certe idee.
Chris
era migliore
degli altri, era migliore di Damon e forse era proprio per quello che
il
vampiro non poteva sopportarlo.
“Bonnie,
ti senti bene? Sei stata strana per tutta la sera”
le fece notare Chris.
La
cena non era andata benissimo, per colpa sua. Era stata
taciturna per quasi tutta la sera, troppo nervosa per il suo scontro
con Damon.
I
genitori di Christopher erano stata carinissimi e molto
ospitali. L’avevano accolta gentilmente e avevano fatto finta
di non accorgersi
del malumore della ragazza. Avevano colmato i silenzi imbarazzanti con
domande
o battute divertenti, la maggior parte sull’infanzia del loro
ragazzo.
Il
signore e la signora Rydell erano molto attraenti, alti e
ben educati e Bonnie non stentava a credere che Christopher fosse
figlio loro.
Apparivano come la famiglia perfetta e lei era terribilmente
mortificata di essere
stata una tale musona.
Dopo
la cena, Christopher le aveva fatto fare un giro della
casa e infine l’aveva portata in camera sua. Bonnie si era
seduta sul letto e
il giovane aveva iniziato a raccontare la storia di un trofeo posato
sul
comodino accanto a letto; quando si rese conto che lei non lo stava
ascoltando,
le rivolse quella domanda.
Bonnie
sbatté le ciglia come scossa da un sogno “O mio
Dio!
Sono una persona orribile” si lamentò “I
tuoi mi avranno presa per pazza. Mi
dispiace così tanto di aver rovinato tutto”.
“Non
hai rovinato niente, Bonnie” la tranquillizzò lui
“I
miei genitori non sono tipi da formalizzarsi su certe cose. Hanno
capito che
c’era qualcosa che ti turbava. Sai che puoi sfogarti con me,
vero?”.
Bonnie
annuì lentamente e posò il capo sulla spalla del
ragazzo “Soliti problemi in famiglia”.
“Damon?”.
“Sì.
Mi ha detto delle cose che … beh, sa come farmi
male”.
“Non
credo che siano quelle le sue intenzioni” lo difese
Christopher mentre faceva passare un braccio intorno alla vita di
Bonnie e la
faceva stendere accanto a lui sul letto “Vuole fare il meglio
per te”.
“Non
sa che cos’è meglio per me; non lo ha mai
saputo”
dichiarò lei con un moto di ostinazione “Vorrei
solo che sparisse dalla mia
vita, almeno per un po’ ”.
“Ok,
ora cominci a preoccuparmi” si allarmò Christopher
“Perché ce l’hai a morte con lui? Ti ha
fatto qualcosa?”.
“Niente
di serio” Bonnie fu costretta a sminuire anche se
moriva dalla voglia di raccontargli tutto “Vuole solo
controllarmi, ma non è
mio fratello e non ne ha nessuno diritto”.
“Sei
così arrabbiata che sprigioni energia negativa per
tutta la stanza” scherzò lui “Vediamo se
riesco a distrarti” e in un attimo le
fu sopra.
Bonnie
trattenne il respiro sentendo le sue mani
accarezzarle i fianchi. Il ragazzo scese sulla sua bocca e
iniziò a
massaggiarle lentamente con le proprio labbra.
In
un istante tutte le preoccupazioni di Bonnie svanirono e
tutto ciò che le importava era il corpo del giovane premuto
contro il suo e le
sue dita che erano scivolate appena sotto la maglietta a sfiorarle la
pancia.
Brividi
cominciarono a correrle lungo la pelle elettrizzata
da quei tocchi provocanti.
“Ci
sono riuscito?” domandò Christopher in un sussurro.
“Direi
di sì” gli sorrise lei “Chi è
il ragazzo nella foto?”
domandò di gettò non appena vide una cornice
appesa alla parete proprio di
fronte a loro. Christopher si girò leggermente a guardarla
“Oh … è … mio
fratello, ora è al college”.
“Non
mi hai detto di avere un fratello”.
“Ci
sono un sacco di cose che non sai di me” la prese in
giro lui, stampandole un bacio sulla bocca “Ad esempio a
quest’ora scendo
sempre a guardare la pagina sportiva con mio padre. Ti vuoi
unire?”.
“Grazie,
ma passo” declinò lei “Credo che
aiuterò tua mamma
a sparecchiare, così magari mi farò
perdonare”.
Entrambi
scesero nel soggiorno e Bonnie raggiunse subito la
signora Rydell in cucina, che stava sciacquando i piatti prima di
metterli in
lavastoviglie.
“Posso
darle una mano?”.
“Non
preoccuparti, cara, ho quasi finito” le sorrise
dolcemente la donna.
“Mi
dispiace di essere stata così intrattabile a cena.
È che
ho litigato con mio zio prima di venire qua ed ero ancora un
po’ scossa”.
“Non
ti devi scusare, non sei stata affatto intrattabile” la
calmò “Comunque ti capisco, non deve essere facile
convivere con due ragazzi
così giovani. Dovrebbero occuparsi di te e probabilmente non
sono nemmeno in
grado di occuparsi di se stessi” scherzò.
Bonnie
ridacchiò “Lei ne deve sapere qualcosa. Voglio
dire
ha cresciuto due figli”.
L’espressione
della donna si fece d’un tratto confusa “Che
vuoi dire?”.
“Ho
visto la foto del fratello di Chris di sopra. Deve
essere stato difficile gestire due maschi, no?”.
“Tesoro,
ti devi essere confusa. Christopher è figlio
unico”.
Bonnie
ci rimase di sasso. Strinse gli occhi sconcertata e
si guardò intorno smarrita senza comprendere che cosa stava
accadendo.
“Mi
scusi tanto, ma devo proprio andare. Si è fatto
tardi”
balbettò prima di andare in salotto, agguantare la sua
giacca e la sua borsa e
volare fuori dalla quella casa alla velocità della luce.
“Ehi!
Miss Inquietudine”.
Vedere
Damon in giro di mattina presto era un evento
inusuale; vedere Damon in giro di mattina presto nei pressi della
scuola era un
evento più unico che raro; vedere Damon in giro di mattina
presto nei pressi
della scuola e in cerca di Meredith Sulez era un evento epico.
Per
questo gli occhi sospettosi della ragazza non lo
abbandonarono un secondo mentre le si avvicinava con fare guardingo.
“Non
ho tempo, Damon”.
“Mi
servono solo cinque minuti” le chiese lui “Mi devi
fare
un favore”.
Meredith
inarcò le sopracciglia “Di che cosa si
tratta?”.
“Di
Bonnie e Christopher”
spiegò Damon “Ieri sera Bonnie è andata
a casa sua ed è tornata sconvolta.
C’è qualcosa che non va nel loro
rapporto. Vorrei che li tenessi d’occhio e che mi avvertissi
se notassi
qualcosa di strano”.
“Perché
lo stai chiedendo a me?”.
“Perché
Caroline e Elena si farebbero prendere dal panico e
farebbero solo dei gran danni”.
“Scusami
Salvatore ma non sono la tua spia” si rifiutò e
gli
diede le spalle iniziando a camminare.
“Andiamo
Meredith” la seguì lui insistente
“Bonnie è in un
momento delicato, è facilmente plagiabile, darebbe piena a
fiducia a chiunque
non sia del nostro gruppo. Non dirmi che tutto questo ti sembra
normale. Sei
una ragazza intelligente e credo che ti sia accorta che Christopher
è un po’
troppo interessato a Bonnie”.
Meredith
si fermò “Ti ascolto”.
“Correggimi
se sbaglio, ma Bonnie ultimamente esce solo con
lui – Meredith annuì e il vampiro
proseguì nel suo discorso- chiunque le
avrebbe consigliato di cercare di sistemare il rapporto con voi e
invece quello
che fa? Non la molla un secondo e sembra quasi contento che lei non
abbia più
amici”.
“Mi
trovo d’accordo con te” confessò
Meredith “E’ da un po’
che li osservo qui a scuola e sai … non è tanto
il comportamento di Bonnie che
mi stupisce ma quello di Christopher. Voglio dire tra di noi ci sono
state
delle incomprensioni, è normale che lei preferisca starsene
un po’ lontana, ma
lui? Non l’ho mai visto con nessuno. A parte qualche parola
scambiata in
classe, Christopher non ha nessun amico”
“Stai
dicendo che mi aiuterai?”.
“Forse
ti sembrerò paranoica e un po’ possessiva, ma
credo
che quando delle amiche litighino, si debba far di tutto per sistemare
le cose.
Bonnie per il momento non è disposta a farlo e non penso
siano tutte sue idee.
Non dico che Christopher l’abbia di proposito messa contro di
noi, ma forse è
così felice di averla tutta per sé che vuole
tenersela stretta”.
“Bene”
asserì Damon “Tienimi aggiornato”.
Meredith
rispose con un cenno di assenso e proseguì verso la
scuola mischiandosi tra i suoi compagni.
Damon
ritornò alla macchina, sollevato di aver trovato
finalmente qualcuno che condividesse la sua idea. Meredith era sveglia
e
sarebbe stata un’alleata perfetta.
“Saranno
vent’anni che non ti vedo, Salvatore”.
La
mano di Damon si bloccò sulla maniglia della portiera. Si
voltò piuttosto scocciato, chiedendosi chi osasse
importunarlo. Appena
riconobbe la figura davanti a lui, agghiacciò fiutando guai
all’orizzonte.
“Ho
sentito che mi stavi cercando”.
Merda.
“Then I saw,
what it was, that I had done
And last night we fell apart,
and broke to
pieces
Our love was in the hall, all packed in boxes
And I saw, what it was, that I had done to you
I was wrong, I
was wrong
I was wrong, I was wrong”
(I was wrong-
Sleeperstar).
Il mio
spazio:
Buon
venerdì sera a tutteee!
Ho
aggiornato con un capitolo un po’ più lungo del
solito. Ho sentito che era il momento di dare un po’
più spazio anche ad altri
personaggi e forse mi sono lasciata un po’ prendere la mano,
ma spero di aver
scritto qualcosa ugualmente interessante. Sapete che ho sempre paura di
cadere
nel noioso =D
Cominciamo
dall’inizio:
-
Bonnie
inizia finalmente a
riprendersi e il merito è quasi tutto di Christopher. Ho
letto dai commenti che
una parte di voi è pro- Christopher e l’altra
è contro. Sono contenta che nel
bene o nel male abbiate sviluppato un certo interesse per questo
personaggio.
Bonnie, forse non sta ancora bene (come sostiene Alaric e come comincia
a
credere Damon), ma di certo con Chris si sente bene e per ora
è tutto ciò che
le importa. Lui non sa quanto gravi siano i veri problemi di Bonnie e
per
questo non le pressioni, le parla s’altro, la fa divertire e
soprattutto la fa
sentire come l’unica ragazza sulla terra. Invito ufficiale
alla fiera di
primavera, presentazione ai genitori che sembrano perfetti tanto quanto
il
figlio; insomma un sogno d’amore in piena a regola, ma
qualcosa arriva a
rovinare tutto. Il fratello di Christopher esiste o no? E se non
esiste, perché
lui le ha mentito?
Non
preoccupatevi, nel prossimo
capitolo tutti i nodi verranno al pettine e verrà data una
spiegazione più che
logica.
-
Tyler
e Caroline iniziano ad avere
delle divergenze su come affrontare la questione dei lupi mannari.
Prima di
tutto vi ricordo ancora (probabilmente non mi sopporterete
più) che non sto
ripercorrendo la secondo stagione di TVD. Ho preso ispirazioni sia dal
libri
sia dalla serie; la base di partenza può essere la stessa ma
porterà a
risultati molto diversi, per cui in questa storia non vedrete mai Tyler
versione lobotomizzato che se ne sta a guardare mentre Caroline viene
spalmata
contro una roulotte con una pistola puntata alla testa ( vedi 2x13).
Qui
nessuno zio Mason è stato ucciso e Caroline è
stata sincera fin dall’inizio,
perciò Tyler non ha motivo di non fidarsi di lei. Questo non
toglie che i due
abbiano idee diverse.
-
Damon
ha due problemi: il primo
riguarda i lupi mannari, il secondo Bonnie.
Ho
voluto esplorare un po’ la sua
amicizia con Alaric perché credo che sia l’unico
che possa infilargli un po’ di
senno in testa ed è l’unico cui Damon dia retta.
Alaric gli fa notare che
Bonnie non sta così bene come tutti pensano e che forse
sarebbe meglio starle
vicino perché potrebbe esplodere e arrabbiarsi sul serio
senza via di ritorno.
Poi
c’è la questione Christopher. Credete
che Damon sia solo molto possessivo e anche un po’ geloso o
che abbia ragione? Potrebbe
essere entrambe le cose; sta di fatto che Damon inizia a capire quanto
gli
manchi non essere più il punto di riferimento di Bonnie;
ovviamente non sto
ancora parlando in senso romantico, ma servirà per fare
passi avanti. Damon non
aveva valutato di tenere così tanto alla ragazzina e magari
capirà di dover
lottare di più per tenersela stretta, perché da
un momento all’altro potrebbe arrivare
un qualunque Justin Bieber a portargliela via.
Infine
stringe una strana alleanza
con Meredith, l’unica ad avere notato il comportamento
ambiguo di Christopher.
E
poi chi è l’ultimo personaggio che
è entrato in scena? Damon non sembra molto felice di vederlo
e nel prossimo
capitolo scoprirete che ne ha tutte le ragioni.
Ho
postato a fine capitolo le foto delle tre
macchina che ho immaginato per Bonnie, Damon e Stefan. AriaSolis me
l’aveva
chiesto nella recensione e ho pensato che anche a qualcun altro avrebbe
fatto
piacere.
Potrei
fare la stessa cosa con i personaggi della
mia storia. Potrei caricare le foto dei protagonisti dal prossimo
capitolo, se
vi va. Fatemi sapere che ne pensate.
Ringrazio
moltissimo tutti voi che recensite,
leggete e seguite questa storia. Mi date il giusto entusiasmo per
andare avanti
=)
Ci
vediamo tra due settimane,
Fran
;)
Bonnie
Damon