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Autore: Elanor89    21/02/2012    1 recensioni
Quando Andrea si sveglia con entrambi i polsi legati non ricorda neanche il proprio nome. La sua mente è una tabula rasa e ogni cosa le è estranea. Sarà Logan a raccontarle la sua storia, sarà Adam a rivelarle la verità. Ma è da sola che dovrà imparare ad accettare se stessa per andare avanti e non commettere di nuovo gli stessi errori.
Un intreccio di vite, sentimenti e bugie: "perché la bellezza nasce dagli ostacoli, sempre."
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo VI

 

 

 

La mattina precedente, svegliata di soprassalto dallo squillo del telefono dopo una notte trascorsa in bianco, non sapevo ancora che sollevando quella cornetta avrei inaugurato una tradizione molto meno piacevole della passeggiata serale fino al locale di Jessica. Una tradizione barbara e incivile che avrebbe messo a dura prova i miei neuroni, già stremati dall'amnesia e dal costante sforzo mnemonico praticato ad ogni ora del giorno.
Perciò non potei fare a meno di stupirmi per le difficoltà nel prendere sonno per la seconda notte consecutiva, né per la chiamata che mi aveva svegliata di soprassalto alle 5:14 del mattino seguente, dandomi il buongiorno più traumatico che potessi immaginare.
Afferrai il telefono, disposta a macchiare la mia fedina penale del sangue di chiunque fosse stato all'altro capo del filo.
- Pronto?- gracchiai minacciosa, accorgendomi di avere a malapena un filo di voce. Mi ero presa un bel raffreddore, avevo anche il naso chiuso.
- Sei sempre così adorabile, appena sveglia...- mi rispose Adam. La sua voce non era messa meglio della mia.

- Carter- mormorai, mettendomi a sedere. Se il pensiero che avesse assistito al bacio con Logan mi aveva tenuta sveglia tutta la notte, quella telefonata alle prime luci dell'alba mi toglieva ogni dubbio, mentre il panico si impossessava di me.
- Sono deluso, Lentiggini! Dopo la nostra
chiacchierata di ieri mi aspettavo un'accoglienza più calorosa...- rispose – Dubito abbia a che fare con l'amnesia, ho notato che le basi le ricordi benissimo: passi ancora da un Carter all'altro in meno di ventiquattr'ore...- mi accusò. Spalancai la bocca, esterrefatta. Mi stava dando della poco di buono, e senza nemmeno girarci attorno.
- Io...Come ti permetti?- risposi, punta nel vivo.
- Devo aver avuto il parabrezza molto appannato... ma mi è sembrato che ve ne andaste a spasso avvinghiati l'una all'altro come due adolescenti in preda a una tempesta ormonale...- infierì, caustico.
- Se hai chiamato per farmi sentire uno schifo, sappi che sei arrivato in ritardo. Mi sento
già uno schifo.- risposi, afona.
Rimasi in attesa di una battuta, di un'osservazione mordace, per qualche istante prima di realizzare che non avrei sentito ciò che mi aspettavo.
Per quanto ne sapevo di Adam, per quel poco che ricordassi di lui, non era il tipo da svelare facilmente le proprie emozioni. In genere nascondeva tutto dietro il sarcasmo e l'indifferenza e si spacciava per l'insensibile e superficiale dei Carter, calandosi tanto bene nella parte da recitarne le battute alla perfezione. L'episodio nella sua auto era un'eccezione alle regole della sua vita: negare l'evidenza, omettere la verità e ridicolizzare il prossimo. Eppure sapevo che non era il bastardo che si ostinava a far credere a tutti. Lo sapevo, ma dovevo averlo dimenticato, perché le sue parole mi trovarono impreparata, indifesa.

Non ero preparata ad una confessione. Lo sentii deglutire, preda di un turbamento difficile da nascondere, prima di parlare.
- Io... impazzisco all'idea che ti abbia messo anche solo un dito addosso, lo capisci?- ammise, mesto - Tu non sai... non puoi nemmeno immaginare cosa possa voler dire vivere con la consapevolezza di fare del male a un fratello come Logan... e nonostante tutto desiderarti...-
- Non possiamo, Adam...- risposi, sconcertata. Le mie labbra avevano proferito quelle parole prima che la mia mente fosse in grado di elaborare un diverso messaggio. Era stato tutto così automatico che mi ritrovai a domandarmi quante altre volte avessi dovuto dare quella stessa risposta. Era come se avessi trovato una tessera del puzzle della mia vita, ma pur sapendo dove incastrarla fossi costretta a trovarle un nuovo posto: un posto così sbagliato da deformare quella tessera fino a farle perdere forma, fino a snaturarla.
- Lo so...- mi rispose, solamente, la tensione evidente nella voce roca.
Anche lui soffriva quella situazione, ma se non fossimo stati dalla stessa parte, da quella stessa parte, per quanto sbagliata potesse apparire, avremmo perso tutto entrambi, e non potevamo permettercelo.
Avremmo perso Logan, entrambi, e quella non era una scelta accettabile.

- Andrea, non sono bravo in queste cose... So che non ti ho mai offerto comprensione, né un rapporto sereno...- disse – Ho sempre cercato di convincermi che non significassi nulla per me e ho fatto di tutto perché lo credessi anche tu... Non puoi immaginare quanto io rimpianga di non aver avuto il coraggio che tu mi hai chiesto di avere, di non averti saputa amare come avrei dovuto. Di averti fatto del male... Non ho il diritto di giudicarti per le cose che sono accadute...-

Non riuscii a trattenere un singhiozzo, mentre consapevolezza delle sue parole mi pungeva gli occhi causando altre lacrime.
Mi sentivo impotente, l'angoscia a invadermi i pensieri e il corpo, togliendomi il respiro.


 

La gola mi bruciava, le mie membra si contorcevano per i postumi della mutazione.
Il siero non aveva bloccato la trasformazione, almeno non del tutto. Mi aveva trattenuta dall'esplodere in un corpo mostruoso, dal ricoprirmi di pelliccia, ma mi aveva confinata in una prigione di incoscienza da cui il dolore per quella luna piena mi aveva costretta a evadere, anche a costo della mia stessa incolumità.
Il dolore era ovunque, sentivo il mio corpo annegare in ondate di sofferenza che mi avvolgevano carne e ossa, fino in profondità. E avevo freddo, stavo gelando. Aprire gli occhi fu un'impresa, la reazione del mio corpo fu immediata. La nausea mi invase, coprendo qualsiasi altra sensazione, e senza sapere cos'altro fare, svuotai il mio stomaco accanto a me, torturando gli altri organi interni tremanti per il freddo e lo sforzo compiuto quella notte.
Passi, passi di uomo a calpestare schegge di vetro rimbombavano alle mie orecchie, assordandomi con il loro stridio concitato. Se avessi parlato avrei vomitato di nuovo. Se avessi aperto gli occhi la luce mi avrebbe colpito come l'ennesima palla di cannone.
Persino respirare si stava facendo insopportabile.
Sentii una mano scostarmi i capelli dal viso, il suo odore penetrarmi i polmoni, insieme al dolore lancinante alla gabbia toracica e alla spalla destra.
Qualcosa di bagnato mi ripulì le labbra e la clavicola sinistra, dandomi un lieve sollievo.
Qualcosa di caldo mi avvolse il corpo, il poco peso troppo opprimente perché potessi sopportarlo senza sentire ogni muscolo pulsare della mia agonia.
Provai a riaprire gli occhi, usando maggiore cautela, mentre l'uomo tratteneva il respiro, prima di prendere la parola.
Adam era in piedi accanto al mio corpo, il viso graffiato e pieno di tagli. La sua espressione era tesa, ma cercava di sorridermi. Aveva una mano protesa verso di me, quasi a volermi toccare, ma lo supplicai con lo sguardo di non farlo. Mi avrebbe uccisa.
- Hai una frattura all'omero e credo di averti rotto alcune costole nel tentativo di trattenerti...- sussurrò. Gliene fui molto grata – Abbiamo dovuto sedarti... ma dovremmo metterti a posto il braccio prima che cominci a calcificarsi in questa posizione...-
Non afferravo il senso delle sue parole.
- Logan.- dissi, afona.
- È uscito a prendere altra morfina. La mutazione ti rende immune ad alcuni componenti e devi assumerne più del previsto perché faccia effetto...-
Chiusi gli occhi, la nausea ad annebbiarmi la mente.
Non ricordavo nulla di quella notte, non riuscivo a ricostruire nulla di quanto mi aveva detto, ma le ferite sul suo volto parlavano chiaro e le schegge sul pavimento palesavano la violenza cui avevo sottoposto me stessa e non solo. Il senso di colpa acuì la nausea, costringendomi a vuotare nuovamente lo stomaco.
Le sue mani mi ripulirono delicate, mentre riaprivo gli occhi.
- Mi dispiace.- dissi solo. I suoi occhi si illuminarono di sorpresa, mentre le sue dita mi sfioravano leggere la mano sinistra.
- Shh- mi ammonì – Non parlare. Hai bisogno solo di quella morfina e di riposare. Starai bene, Evans, te lo prometto...- mormorò. Gli strinsi le dita, provai.
- Non mi lasciare.-
- Non ti lascio.- mi rassicurò.
L'ago della siringa mi bucò la pelle e il torpore dato dalla morfina si diffuse lentamente in tutto il mio corpo, rilassandolo dagli spasmi. Avevo perso la percezione delle mie lesioni, ma sentivo sotto le dita la sua pelle calda, la sua stretta rassicurante.
- Adesso devi tenerla saldamente per le spalle mentre io tento di ricollocare l'omero al suo posto...- disse Logan, in un sussurro agitato. Quando era arrivato? Non lo sapevo.
Non ebbe nessuna risposta, sentii solo la mano di Adam che lasciava la mia per spostarsi sulla mia spalla destra. Il dolore tornò vivo mentre la sua presa si faceva solida.
- Al mio tre...- Logan mi strinse la mano destra - Uno, due... tre!-
Un urlo mi lacerò la gola, i timpani e il petto. Sentivo i polmoni pungere a contatto con le costole spezzate, il braccio avvolto da una vampata di calore che bruciava la morfina e mi restituiva il dolore più intenso e acuto che mai. Sentii le lacrime bagnarmi il viso mentre le dita di Logan mi disinfettavano la ferita prima di chiuderla. Non sentii i punti di sutura. Non sentii neanche le bende fasciarmi la spalla. Dita calde strinsero la mia mano sinistra e con l'ennesima dose di morfina in circolo persi coscienza.


Rimasi in silenzio, consapevole che eravamo per l'ennesima volta ad un'impasse. Mi asciugai velocemente le lacrime, cancellandone i segni dal viso.
- Pensavo avessi chiamato per dirmi di stare alla larga da Logan...- dissi, cercando una sua reazione. Lui sospirò.
- È vero... Non avrei mai dovuto telefonare...- ammise.
- Sei ancora qui fuori?- domandai.
- Si, ma sto per andare a casa. Fra tre ore ho una riunione e non ho nemmeno letto l'ordine del giorno. Mi spiace di averti svegliata...-
- Buona riunione, allora.-
La delusione era così evidente nella mia voce che lo sentii sospirare un'altra volta prima di riattaccare. Forse mi ero lasciata condizionare dalla tenerezza suscitata da quel ricordo inaspettato, forse i suoi modi mi avevano destabilizzato. Riagganciai dopo qualche secondo e mi alzai in piedi, senza sapere da dove cominciare.
Avevo bisogno di riprendermi. Se Logan mi avesse vista in quello stato non avrebbe mai accettato una scusa come spiegazione. Dovevamo parlare di quanto era successo poche ore prima e non potevo presentarmi già in lacrime. Avrebbe frainteso e non volevo.
La mia sveglia segnava le 6:15 perciò decisi di fare una doccia e di dedicarmi qualche cura extra per spendere il tempo che mi separava dalla consueta ora della colazione.
Mi asciugai con cura i capelli, contravvenendo alla mia usuale avversione per il phon e distesi le ciocche in morbide onde rosso scuro. Mi piaceva il modo in cui ricadevano sul mio viso, rendendo i miei tratti più femminili. Prendermi cura di me stessa mi fece sentire in pace per qualche minuto, come se avessi tutto sotto controllo, persino il mio
piccolo problema peloso.
Quel pensiero mi attraversò la mente, suscitandomi un sorriso di tenerezza: Logan era davvero un ragazzo speciale, ma non potevo ripetere i miei stessi errori un'altra volta. Se c'era una possibilità di fare le cose per bene avrei lottato per essa con tutte le mie forze.
Mi vestii decisa a preparare la colazione per entrambi: una torta al cioccolato avrebbe addolcito la notizia che stavo per dargli, o almeno lo speravo.
Indossai il grembiule da cucina sopra il maglione a collo alto e mi arrotolai le maniche mentre disponevo gli ingredienti per l'impasto sul tavolo. Per qualche minuto mi immersi tanto nella ricetta da svuotare la mente da tutti i miei problemi, ma quando la teglia fu nel forno e le mie mani impegnate in occupazioni molto meno impegnative il mio cervello ricominciò a muoversi a tempo di marcia, facendomi pulsare le tempie.
Apparecchiai per due, disponendo tutto l'occorrente per la colazione sulla penisola e mi appoggiai ad uno sgabello ad ammirare il giorno farsi largo tra la neve di quel giorno.
Tanta serenità stonava con il caos nella mia testa, ma riuscì a rilassarmi un po', il necessario perché Logan non mi trovasse troppo tesa o nervosa al suo arrivo. Sfornai il dolce e mi presi un paio di minuti per spolverarlo di zucchero a velo: avevo lo stomaco chiuso.
Due braccia mi avvolsero in un abbraccio caldo, sorprendendomi.
- Svegliarmi con questo profumino è un meraviglioso modo per iniziare la giornata...- mi disse all'orecchio, prima di sfiorarmi la guancia con un bacio.
- Hai dormito bene?- gli chiesi, riavendomi.
- Molto bene, grazie... Anche se qualche ora fa credo di aver sentito squillare il telefono...-
Il mio stentato buonumore precipitò ai minimi storici, facendomi tremare le mani.
- Devo aver sognato...- concluse lui, con un sorriso.
Portai velocemente la torta a tavola, versando il latte nelle tazze e impegnandomi occhi e mente in qualsiasi occupazione possibile. Se non mi fossi data una calmata avrebbe capito subito che qualcosa non andava.
Come previsto, infatti, mi afferrò un polso e mi trattenne.
- Andy, stai bene?- mi domandò. Sollevai gli occhi nei suoi, per la prima volta dal nostro bacio della sera precedente.
- Si, certo.- risposi. Dovevo essere diretta e sincera, senza ferirlo. E senza mettere in pericolo la mia vita o la sperimentazione del siero – Sono solo un po' in imbarazzo per quello che è successo ieri sera...-
Lui rimase spiazzato da quella confessione immediata, glielo lessi negli occhi, ma si riprese immediatamente e mi sorrise, con quel suo sorriso rassicurante e caldo che sapeva di casa.
- Mi dispiace, non avrei dovuto affrettare così le cose, soprattutto dopo la tua amnesia...- disse, calmo. Doveva averci pensato anche lui.
- Vorrei solo non complicare troppo le cose, ameno fino a quando non avrò recuperato del tutto la memoria...- aggiunsi.
- Capisco benissimo, e non sono sorpreso... Anzi, temo di doverti delle scuse. Ieri sera ho perso il controllo della situazione...- rispose – Non essere in imbarazzo con me... Non succederà più, Andy, a meno che non sia tu a volerlo...- rispose, sorridendo.
- Non sono pronta a gestire anche una cosa del genere, in questo momento...- dissi, sollevata.
- Lo immagino... non preoccuparti...-
Si tagliò una fetta di torta e la assaggiò, chiudendo gli occhi per un attimo.
- Uhm... è buonissima!- esclamò, spargendo briciole scure sulla tovaglietta davanti a lui.
- Ho pensato di farmi perdonare in qualche modo...-

Il suono del campanello interruppe la sua risposta sul nascere.
- Aspetti qualcuno?- mi chiese, ridendo. Scossi la testa, con un sorriso e pregai con tutta me stessa che non fosse Adam.
Sentii la voce di una donna risuonare all'ingresso e avvicinarsi alla cucina, cinguettando.
Il suo fu un ingresso trionfale: scosse la lunga chioma bruna e mi guardò dall'alto del suo metro e settanta e più con un paio di scurissimi occhi castani, tanto penetranti quanto truccati. Il sorriso tiepido che mi rivolse mi fece presagire che non fossimo proprio amiche o che, ottimisticamente, non ci fossimo mai incontrate.
- Andrea, lei è Monica, la mia segretaria. Monica, Andrea Evans.- disse velocemente Logan – Ho invitato Monica a mangiare una fetta di dolce insieme a noi mentre do un'occhiata ad alcuni fascicoli...- spiegò poi.
- Si, certo, accomodati!- dissi, indicandole il posto davanti al mio. Lei ancheggiò sui tacchi fino allo sgabello, spogliandosi del cappotto e adagiandolo alla spalliera. Scoprì una leggera camicia, lo scollo ampio svolazzante, di un elegante beige, infilata in una gonna a vita molto alta grigio fumo e lunga appena fin sopra al ginocchio. Accavallò le gambe, quel tanto che il lungo spacco sul retro le permetteva, e mi guardò in attesa, con un sorrisino che non mi piacque per niente.
- Ecco...- le dissi, porgendole una fetta di torta sufficiente a farla ingrassare di un paio di chili a boccone. Lei ne portò una briciola alla bocca.
- Molto calorica, ma buona...- commentò.
- In questa casa non abbiamo problemi di linea!- disse Logan di sfuggita, sfogliando un plico di carte.
- È da molto che lavori come segretaria per Logan?- chiesi.
- Uhm... da meno di un anno. Otto mesi circa...- rispose lei, mangiando un'altra briciola di torta – Anche se conosco Adam da più tempo- aggiunse.
Pronunciò l'ultima frase con l'aria di chi la sa lunga e mi chiesi quanto bene conoscesse Adam per rivolgermi uno sguardo così sfrontato. Sentii il fastidio per quella presenza di fronte a me montarmi dentro come un maremoto e mi chiesi cosa avrei provato ad incontrarla per caso, in un vicolo buio, in una notte di luna piena...
- Ti ringrazio molto per essere passata, ti firmo subito la mia delega così puoi andare...- esclamò Logan interrompendo i miei macabri piani.
- Ma figurati, ero di strada per lo studio!- si schernì lei, rivestendosi – Devo dire qualcosa a
lo squalo?- chiese, ridacchiando.
- No, ti ringrazio. Lo chiamerò al cellulare in caso di necessità.- rispose lui, aiutandola a indossare il cappotto e accompagnandola alla porta.
- Arrivederci, Andrea.- mi salutò, tirata.
- Salve, Monique.- risposi.
- Monica.- mi corresse lei, incapace di trattenere il disappunto.
- Si, certo!- dissi, fingendo indifferenza, per poi immergermi nella mia tazza di caffè.
Sentii i suoi tacchi percorrere il parquet dell'ingresso poi un'altra risatina e finalmente il silenzio. 



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