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Autore: BloodyRose00    21/02/2012    2 recensioni
Sette adolescenti in una clinica psichiatrica. Hanno un'estate per cercare di ricominciare a vivere.
"Non voglio che la gente sappia che sono pazzo. Nessuno di noi lo vuole."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter Seven


"Non voglio che la gente sappia che sono pazzo. Nessuno di noi lo vuole. Non voglio che la gente si fermi a fissarmi per strada. Non voglio domande scomode a cui non saprei cosa rispondere. Ma non voglio dover passare la mia vita a nascondere me e le mie cicatrici. Non voglio vivere con questi segreti. Voglio che la gente si accorga che non ce la faccio più. Voglio essere libero di stare in mezzo alla gente senza impazzire."

Frank chiuse il quaderno su cui stava scrivendo. Aveva sempre amato farlo, specie quando era particolarmente triste, arrabbiato o agitato.
Beh, scrivere e affettarsi, ma l'uno non escludeva l'altro. Aveva bisogno di vedere sangue - il proprio, ovviamente - per calmarsi dopo un suo attacco di panico o una crisi d'ansia.
O per punire se stesso quando i bulli che lo perseguitavano gli giocavano qualcuno dei loro scherzetti. Ricordava quella volta in cui, dopo essere stato picchiato da Tate Reinolds e i suoi scagnozzi, si era ritrovato ad affondarsi la lama di un taglierino nella carne del braccio, proprio dove la stretta d'acciaio di Reinolds gli aveva lasciato un grosso livido violaceo.
Poteva controllare meglio il dolore, se era lui stesso ad infliggerselo. E una delle tante volte in cui la sua famiglia gli aveva detto senza mezzi termini di non essere abbastanza per loro, aveva smontato un temperino e si era fatto a pezzi una coscia.
Aveva già provato a chiedere aiuto, ma non aveva avuto successo.: i suoi genitori non credevano che lui potesse avere dei problemi e lui non aveva amici a cui rivolgersi.
Però poi qualcuno si era accorto. Qualcuno che, tra tutti, non avrebbe mai dovuto saperlo. Da quel momento, era cominciato l'inferno vero e proprio. Vennero a saperlo tutti. E quel tutti comprendeva anche i suoi genitori, che questa volta non potevano negare l'evidenza di un centinaio di cicatrici sottili sparse sul corpo del loro adorato figlioletto.
Era quasi come se avessero avuto paura di lui. I genitori e la sua piuccheperfetta sorella maggiore non gli rivolgevano più la parola, evitavano perfino il suo sguardo.
Dopo due giorni di questo trattamento, sua madre bussò alla porta della sua stanza e gli chiese di scendere in soggiorno.
Lì, era riunita l'intera famiglia.
"Frank, tesoro, io e tuo padre ne abbiamo parlato tanto e abbiamo deciso che sarebbe meglio per tutti se tu... andassi via per un po'. In un luogo dove possono prendersi cura di te".
"Tipo... un manicomio?" chiese Frank perplesso.
"Vedi, c'è questa clinica, in città, che offre un programma di due mesi gratuito. Come sai, non possiamo permetterci di pagare, quindi è una grande occasione. Loro possono aiutarti. Ci andrai domani".
Due mesi. Due mesi è tutta l'estate. "Non ho intenzione di passare l'estate dei miei diciassette anni rinchiuso in un manicomio!" sbottò Frank.
"Dovevi pensarci prima di metterti a fare queste stupidaggini" intervenne il padre, severo.
Frank non ci poteva credere. Quelli erano tutti pazzi ed era LUI quello che veniva ficcato in una clinica psichiatrica? Però l'idea di farsi aiutare non gli dispiaceva per nulla.
Il problema, riflettè, era la sua famiglia, nonchè la gente della scuola, quindi andare in un posto dove nessuno poteva raggiungerlo era una buona cosa.

Ed ecco com'era finito lì, insieme a quei sei ragazzi che sembravano persino più incasinati di lui. Gli avevano dato delle medicine per l'ansia. Le cose cominciavano ad andare meglio, ma, nonostante tutte le distrazioni che aveva, la necessità di sentire una lama incidere la sua pelle restava. Stava facendo del suo meglio per guarire.
E poi c'era lei. Savannah. Di lei gli piaceva tutto. Più la guardava, e meno difetti riusciva a trovarle. Poteva stare anche per ore a pensare a lei e a quell'aura di mistero che le aleggiava intorno. Peccato che lei fosse sorda ai suoi sguardi e che lui non avesse abbastanza autostima per dichiararsi a lei.
Oh, e poi c'era anche un altro problema: verso la fine della prima settimana di degenza, Lenore gli si era parata davanti mentre lui camminava tranquillamente verso il bagno.
"Non pensarci nemmeno" gli aveva intimato. Allo sguardo interrogativo di lui, aveva continuato: "Lo sai di cosa sto parlando. Di chi. Savannah. Ho visto come la guardi. È mia, intesi?"
Frank non aveva parole. "T-tu... A-a te p-piacciono le... le..."
Lenore proruppe in una risata amara. "Stai chiedendo se sono lesbica, Matthews? Tu cosa ne dici?" e, senza dire altro, accelerò per superarlo e sparì dietro l'angolo del corridoio.
Questa era bella. Perchè succedevano tutte a lui? Non aveva intenzione di lasciar perdere Savannah solo perchè una lesbica isterica gli aveva detto di farlo.


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Scusate se vi ho fatto aspettare una quantità spropositata di tempo, ma questo capitolo non mi convinceva - e non mi convince tuttora. A voi come sembra?

Un ringraziamento a Saeko_chan, floravik e _Velvet_, le vostre recensioni mi fanno sempre un enorme piacere! Nel prossimo capitolo avremo qualche new entry, perciò tenetevi pronti! A presto, spero
   
 
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