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Autore: BloodyRose00    24/02/2012    2 recensioni
Sette adolescenti in una clinica psichiatrica. Hanno un'estate per cercare di ricominciare a vivere.
"Non voglio che la gente sappia che sono pazzo. Nessuno di noi lo vuole."
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Chapter Eight


"Damien!" chiamò Cecily vedendolo uscire dallo studio della Carthwright. "Mi stavo chiedendo se tu potessi aiutarmi".
"Spara" rispose lui, cercando di nascondere tutto quello che gli stava passando per la testa. Lei cercò di esporgli il suo piano il più brevemente possibile.
“Non sarà affatto facile, ti avverto” cominciò Damien. Era contento, però. Non solo perchè la ragazza più carina e dolce che avesse visto negli ultimi anni gli aveva praticamente proposto di passare del tempo insieme, ma anche perchè in quel modo avrebbe avuto qualcosa da fare, qualcosa per tenersi la mente occupata e non ricadere nello stato catatonico in cui aveva trascorso un incredibile numero di mesi.
Oltretutto, il piano comprendeva l'uso di un computer. Ok, nell'ultimo periodo aveva sviluppato una vera e propria dipendenza per la realtà virtuale, – dopotutto, la depressione l'aveva costretto a frequentare il liceo online – ma non aveva alcuna intezione di uscirne.
“Vieni” disse a Cecily. Ebbe cura di non toccarla, per quanto la mancanza di contatti umani per tanto tempo lo avesse reso avido della sensazione della pelle altrui contro la sua. Si limitò a scortarla da vicino, senza nemmeno sfiorarla: voleva davvero guadagnarsi la sua fiducia.
“Che diavolo state combinando, voi due?” Merda. Jenny camminava con passo minaccioso verso di loro. “Non dovreste essere da qualche parte a fare qualcosa di produttivo?”
“Noi... uhm, stavamo giusto...” Cecily guardò il ragazzo cercando aiuto con gli occhi.
“Stavamo giusto cercando lei” completò Damian. “Sa dirci a che ora è l'incontro di gruppo con la dottoressa?” Salvi per un soffio. “Tra dieci minuti, nella stanza 13. E vedete di non fare niente che la vostra o la mia coscienza non approverebbero” disse Jenny, pur mantenendo uno sguardo severo fisso sui ragazzi. “Forza, è da quella parte”.
Damien guardò Cecily con aria allo stesso tempo comica e disperata e le mimò un stasera con le labbra. Non era del tutto sicura del perchè, ma sapere di avere quell'appuntamento le fece affrontare il resto della giornata con una speranza e una sensazione di euforia addosso che non provava da decisamente troppo tempo.
Effettivamente, da così tanto tempo che non riusciva nemmeno a ricordare quando fosse stata l'ultima volta che si era sentita così. Forse perchè non era mai accaduto.


Quando tutti e sette furono riuniti nella stanza – cosa che non accadeva dall'alquanto disastroso obbligo o verità di qualche sera prima – si venne a formare un silenzio che si sarebbe quasi potuto definire imbarazzante, se quella fosse stata una circostanza normale. Ma che diavolo, quella era terapia di gruppo, tutt'altro che uan situazione normale.
Ad ogni modo, il silenzio sembrò addirittura farsi più intenso nel momento in cui una figura alta e slanciata fece il suo ingresso dalla porta principale.
Era un uomo decisamente di bell'aspetto, con una perfetta carnagione olivastra, che non poteva avere più di trentacinque anni.
Chris si ritrovò ad osservarlo con la bocca semiaperta, che si affrettò a chiudere, cercando di darsi un contegno. Quando il nuovo venuto sorrise, mise a nudo trentadue denti bianchissimi e perfettamente allineati.
Savannah fischiò.
“Hey, questo non è appropriato!” disse lui, senza perdere il sorriso smagliante. Tecnicamente, era lui a non essere appropriato a quel luogo. I muri grigi e spogli, i volti stanchi e sconfitti dei ragazzi, l'alone di tristezza che albergava nelle stanze – tutto si discostava estremamente da quell'uomo che pareva uscito da una festa ad Hollywood.
Poi, improvvisamente, ogni traccia di quel sorriso scomparve dal suo volto.

“Non sono qui per perdermi in convenevoli inutili. Sono qui per raccontarvi una storia”.

Ogni bisbiglìo che fino ad allora era corso tra i ragazzi si spense.

“Mi chiamo Charles Green. Sono nato e cresciuto nella California del sud. Ho trentadue anni. Ho frequentato Princeton dal 2001 al 2004."

Fece una pausa. La tensione nell'aria era palpabile: la storia non poteva di certo essere finita così.

“Se allora mi aveste chiesto dove mi vedevo nel giro di otto anni, la risposta non sarebbe esattamente stata a raccontare la mia storia ad adolescenti disturbati.
Lasciate che vi dica cosa avevo in mente. Mi immaginavo un avvocato di successo.
Avrei aperto la mia attività e guadagnato un mucchio di soldi, in modo da garantire ai miei genitori la vita agiata che non avevano avuto.
Avrei senza dubbio avuto una famiglia.
Sognavo di sposare una brava ragazza, con i capelli lunghi e gli occhi grandi.
Avremmo avuto dei figli, che sarebbero cresciuti sereni e amati.
Progettavo la nostra casa, una villetta vittoriana alla periferia di qualche città, con il camino e libri ovunque.
La domenica saremmo andati tutti a mangiare fuori, e poi al cinema, o a vedere una partita.
Li avremmo guardati crescere e saremmo invecchiati l'uno al fianco dell'altra”.

Sospirò.

“Tutto perfetto, non trovate? Peccato che il destino avesse in mente qualcosa di diverso per me.
L'estate prima del mio ultimo anno al college conobbi la ragazza più bella che avevo mai visto.
Non aveva i capelli lunghi né gli occhi grandi, ma pochi giorni dopo il nostro incontro capii che era lei la persona con cui volevo trascorrere la mia vita.
Claire, si chiamava. Così meravigliosa e al tempo stesso così triste.
Vedete, anche nei momenti in cui sembrava al settimo cielo, c'era sempre un'ombra in fondo ai suoi occhi. Non sono mai riuscito a capire cosa fosse a perseguitarla, ma non l'abbandonava mai”.

Gli occhi di Charles erano fissi nel vuoto davanti a sé, senza dare segno di provare alcuna emozione. Eppure, ai ragazzi sembrava di riuscire a vedere il suo cuore infrangersi per la milionesima volta mentre ricordava. A volte ricordare è la cosa che fa più male. Continuò, dopo una breve pausa.

“L'estate giunse inevitabilmente alla fine, così come arrivò il momento in cui sarei dovuto tornare all'università. Claire sarebbe rimasta in California, a prendersi un anno sabbatico dopo la fine delle superiori. La notte prima della mia partenza dormimmo all'aperto. Guarda le stelle. Quando non ci sarò, guarda le stelle e ricordati di me, le sussurrai.
Claire si voltò su un fianco, reggendosi la testa con una mano. Mi guardò fisso, con una serietà che stonava davvero su una ragazza così giovane, e mi disse “Non partire”.
Sarò qui il mese prossimo.
“No, ho bisogno di te adesso”.
Pensai che fosse semplicemente nostalgia. Dispiacere al pensiero di non vedermi per un po'.
“Resta, per favore”.
Non l'ascoltai. La mattina dopo presi il mio volo”.


Cheyenne trattenne il fiato. Sapeva perfettamente cosa stava per arrivare.
“Due giorni dopo, suonò il telefono. Ancora prima di alzare la cornetta, sapevo che qualcosa non andava. Nessuno telefonerebbe ad un alloggio per studenti alle tre del mattino di una domenica.
Penso che possiate immaginare come finisce questa storia. Claire si era buttata dall'ottavo piano di un palazzo. Morta. Nel biglietto che aveva lasciato, c'era scritto A nessuno importava abbastanza per restare”.

“Ma è terribile” mormorò Chris. “Come riesce a vivere giorno dopo giorno dopo quello che è successo?”
“Facendo quello che sto facendo ora. Cercando di evitare che altre persone facciano quello che ha fatto Claire.
Sapete, ho lasciato il college. Non sono mai diventato un avvocato. Ho deciso di dedicare la mia vita ad impedire che ragazzi come voi restino da soli. Ad un prezzo terribile, ho imparato ad ascoltare”.

Non c'erano parole per commentare il discorso di Charles.
Era incredibile pensare che dopo quello che gli era successo – accidenti, aveva il peso della morte della persona che amava di più al mondo sulla coscienza – riusciva ancora a sorridere e ad avere speranza.
Tutti loro avrebbero fatto meglio a prendere esempio da lui.
“Perchè vi ho raccontato tutto questo? Perchè sappiate che quello che fate con le vostre vite ha delle conseguenze su coloro che vi stanno intorno.
Perchè ricordiate che non importa quale problema abbiate, c'è sempre qualcuno disposto ad ascoltarvi.
E perchè, a vostra volta, non ignoriate i segnali che vi arrivano”.
Non c'era dubbio, tutti sarebbero rimasti segnati da quell'incontro.
Da dietro la porta, la dottoressa Carthwright sorrideva. Finalmente aveva trovato un modo efficace per dare una scossa a quei ragazzini.



________________________________________________________________________________________ Aggiornamento a tempo di record, oserei dire!
Questo capitolo non era affatto programmato. Charles non era affatto programmato. Che dire, aggiunge altro dramma inutile alla storia xD
Al solito, grazie a floravik e Saeko_chan, non so cosa farei senza di voi! Grazie anche alle 15 persone che hanno la storia tra preferite, seguite o ricordate.

A presto
   
 
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