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Autore: Medea00    27/02/2012    39 recensioni
"Headshot. Dritto in mezzo al petto. Un colpo di fulmine, a confronto, aveva l’intensità di una minuscola scossa elettrica."
Cheerio!Kurt/Nerd!Blaine. C'è bisogno di aggiungere altro?
Liberamente ispirata da un sacco di gifset che in questo periodo popolano Tumblr.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15

Zig&Zag

 

 

Wesley Montgomery era un ragazzo dalla grande pazienza. Perché, insomma, bisogna avere pazienza, se si vuole essere amici di gente come Nick, Jeff o Blaine. Da Master quale era spettava a lui ascoltare ogni intervento e risolvere ogni diatriba, trovando sempre delle parole sagge per tutti, senza mai essere troppo di parte. Insomma, era il capo perfetto, e nel momento in cui fondi una gilda ci vuole un buon capo, altrimenti va tutto a rotoli; ma c’era qualcosa, in Wes, che non lo rendeva esattamente il tipo di giocatore modello. Né il tipo di amico con cui sia il caso di litigare, quando ti senti particolarmente sotto pressione: Wes era permaloso; molto permaloso. L’ultima volta che Blaine aveva osato contestare una sua decisione – perché, insomma, mandarlo contro ad un drago con soltanto uno spadino e un’armatura di cuoio non era proprio il massimo, per una sessione di D&D- era finito morto. Letteralmente. Del tipo che il suo personaggio era misteriosamente saltato in aria colpito da una mina anti-uomo; una mina anti-uomo nel Medioevo? Sì. Wes aveva detto che era un congegno magico di un inventore pazzo, perchè era quello il bello di fare il master: il master può far piovere e nevicare, e se diceva che Nick e Jeff non dovevano andare a origliare la conversazione di Blaine e Kurt, allora non dovevano farlo, per nessuna ragione al mondo. Altrimenti Nick per ripicca avrebbe cominciato a strisciare sotto al tavolo imitando una missione di spionaggio industriale, e Jeff avrebbe detto “ma Wes, io faccio quello che mi pare”, e Greg avrebbe notato la carnagione del diretto interessato diventare velocemente viola, perché, insomma, anche Nick quando ci si metteva sapeva essere davvero snervante; così, il proprietario del Lan Party provò ad intromettersi nel battibecco, e come conseguenza avvenne esattamente ciò che aveva previsto: adesso c’era un gran vociare dei tre ragazzi seguito a ruota da commenti ed esclamazioni degli altri presenti, chi indispettito perché non riusciva a giocare, chi incuriosito perché le litigate degli Warbler erano sempre qualcosa di storico. Greg fece un grande respiro passando una mano trai suoi capelli folti e provò a dire che non era il caso di scaldarsi tanto, visto che Kurt e Blaine sicuramente avrebbero sentito tutto il trambusto e si sarebbero preoccupati. Non poteva sapere che, nel frattempo, i due ragazzi erano ad una spanna l’uno dall’altro completamente ignari del resto del mondo.

Wes aveva fatto l’ennesima lamentela sul comportamento infantile di Jeff e quest’ultimo, seccato, gli aveva sottratto il martelletto dalle mani facendo cenno di spezzarlo.

“Jeff, sei un idiota, lascia stare!” Urlò Nick correndogli contro e saltandogli addosso per fermarlo, il tutto di fronte a Wes che assomigliava ad un vulcano in eruzione e Greg che stava già immaginando l’ammontare dei danni: l’ultima volta avevano perso la maggior parte delle carte di un mazzo artefatto di magic, sparse e distrutte per tutta la stanza, sporcato il tavolo di marmo di vernice ad olio di Warhammer, rotto la gamba di una sedia e, non soddisfatti, si erano pure cancellati a vicenda gli account di WoW. Che, per un nerd, era roba da denuncia.

“Fai sempre così Wes – urlò Jeff – devi sempre rovinare la situazione, come quando volevo uccidere quella ragazza a D&D e tu non me l’hai permesso!”

“Perché era una vittima sacrificale, Jeff, e dovevi salvarla. Non ucciderla!” Provò a spiegare il master, sfiancato.

“Beh, io faccio quello che mi pare, mio caro Wes-I’m-the-best, e tu non puoi fare niente per impedirmelo!”

“Certo, infatti, quando l’hai uccisa hai evocato un demone e siete rimasti bloccati per tre sessioni. Davvero una mossa geniale.”

“Ragazzi vi prego basta!”

E in quello stesso momento la porta del Lan Party si aprì, mostrando in tutta la sua interezza un Blaine abbastanza serio che teneva lo sguardo assorto e puntato verso terra. Il locale, all’improvviso, si era zittito di colpo: le ragazze avevano abbassato i fumetti e i giocatori avevano tolto audio e cuffie. Blaine si guardò intorno, rimanendo un po’ perplesso nel trovare i suoi tre amici in mezzo alla stanza, Jeff sopra ad un mobile con il martelletto in mano, Wes sotto di lui e placcato da Greg, mentre Nick se ne stava in disparte, con il poster gigante di Ezio Auditore a fargli da scudo.

Il suo piccolo ed innocente “che è successo?” fu subito scavalcato da un miliardo di domande impellenti e confuse, tutte rivolte verso di lui, assieme a qualche centinaio di occhi spalancati ed ansiosi.

Alla fine, con grande autorità, Greg fece cenno di fare silenzio, andò alle spalle di Blaine controllando dalla finestra che Kurt se ne fosse realmente andato e soltanto dopo si voltò verso il ragazzo, prendendolo per le spalle, fissandolo con un’intensità degna di un re nel momento in cui investiva il suo cavaliere.

“Blaine Anderson –esordì, con voce profonda e solenne- tu, poco prima, di fronte alla dimora del Lan Party, hai finalmente congiunto le tue labbra con quelle del nobile Kurt Hummel?”

Blaine per poco non scoppiò a ridere, ma si limitò a mostrare un sorriso divertito e sincero, prima di dire “no”; così, con semplicità. Come se non avesse infranto i cuori di mezzo Lan Party, dicendolo. Cominciò seriamente a chiedersi che razza di gente frequentasse, perché in quel momento le facce della maggior parte dei presenti erano a metà tra l’avvilito e il seccato.

E no, non avrebbe mai pensato di vedere Greg scuoterlo come un frullatore ed urlare: “MA LO BACI O TE LO BUTTO IO SULLA BOCCA?!”

“Non…non dovevo – mormorò, una volta fermo e in grado di parlare – Kurt è confuso e…deve essere libero di scegliere con la calma più assoluta.”

Nick si scostò dal poster di Assassin’s Creed quanto bastava per dichiarare: “Se c’è una cosa che Star Wars ci ha insegnato è: Soltanto un Sith vive di assoluti. Ergo, hai perso la tua occasione”, detto quello ritornò nel suo cantuccio di carta e plastica.

E forse era vero. Forse, Blaine aveva davvero commesso un errore, nel dichiararsi in quel momento, prima che Kurt avesse ricevuto i risultati del compito; oppure, forse, avrebbe dovuto agire, proprio perché era ancora in tempo. Non lo sapeva: sapeva soltanto quello che gli era sembrato giusto fare, perché non aveva nessun’altra certezza al di fuori dei suoi sentimenti.

 

 

Kurt non si ricordava una notte più terribile. Suo padre gli aveva rifilato le solite domande di commissione per poi lasciarlo ai suoi pensieri fitti, una volta resosi conto che quei monosillabi erano le risposte più eloquenti che potesse ottenere, visto che sì, stava bene e che no, non era traumatizzato per qualcosa di grave. O almeno, non grave come la intendeva lui. Perché Blaine gli aveva appena fatto la dichiarazione più bella di tutta la sua vita e beh, il suo cervello era un po’ in black out. E il suo cuore stava per scoppiare, ma insomma, niente di grave.

Tornato a casa salutò con voce fredda e meccanica Finn e Carole, augurò la buona notte a tutti e si diresse come un automa in camera sua, eseguendo tutti quei rituali che in quel momento faceva per inerzia, e non perché il cervello glielo imponesse davvero: si infilò pigiama e calzini per la notte, applicò le creme idratanti e si infilò sotto alle coperte non rabbrividendo nemmeno a contatto con le lenzuola fredde e rigide. E per un tempo incalcolabile rimase così, immobile, con gli occhi aperti a fissare il soffitto. Ogni tanto, non si sa per quale miracolo, riusciva a prendere sonno e otteneva qualche ora di relax, ma quando si rese conto di non aver pace nemmeno nei suoi sogni, optò per fare la notte in bianco, afferrare il pc portatile e trovare qualsiasi cosa che lo distraesse. Perché se la dichiarazione di Blaine era stata tanto inaspettata quanto emozionante, sognarlo nel bel mezzo di un teatro vuoto che lo teneva stretto a sé e lo riempiva di morbidi baci non lo aiutava proprio per niente. Annientava la sua mente e faceva impazzire il suo cuore, e gli servivano entrambi, se voleva arrivare vivo al giorno successivo.

La mattina dopo la sveglia suonò alle sette in punto, ma lui era già in piedi da tre ore. Scese in cucina con cappotto e cartella, ignorando lo sguardo sconvolto di Burt che beveva il suo caffè quotidiano prima di andare al lavoro; non rispose quando gli venne chiesto “ragazzo, ti sei svegliato con una molla sotto ai piedi?”. Si limitò a mugugnare qualcosa e ad aspettare Finn in salotto assieme ad un muffin caldo. Almeno il correttore aveva funzionato bene, visto che suo padre non aveva notato le profonde occhiaie e i suoi occhi arrossati dalla stanchezza. Il viaggio verso scuola fu silenzioso, fatta eccezione per il fratellastro che continuava a blaterare di compiti in classe, football e Rachel; l’immagine di lui coperto di granita riaffiorò nella sua mente, fredda ed affilata, e dovette impiegare tutte quelle poche forze che aveva per mandarla via.

La classe era ancora semi vuota, essendo arrivato in largo anticipo rispetto ai suoi standard; con sua grande sfortuna non trovò Mercedes, ma Santana. E no, sentire qualche suo commento piccante su eventuali amanti superdotati non era davvero confortante. Passò qualche minuto ignorando bonariamente le Cheerios esaltate che gli chiedevano quale tipo di marca indossasse oggi, così da poterlo emulare meglio, e tentò anche di non dare ascolto alle battute infelici di qualche giocatore di hockey che lo stava osservando.

Hei, Hummel – lo avevano chiamato, già ridendo sotto ai baffi – ti facevo gay, ma non ti facevo un tipo da incesti.”

E no, quello era troppo. Si voltò di scatto verso quei ragazzi facendo appello a tutto il suo buon senso per non mandarli a quel paese seduta stante. Invece, si limitò a fissarli, con quegli occhi color ghiaccio che li fecero zittire per qualche secondo, prima che uno dei due dicesse: “Sappiamo che ieri ti sei chiuso in bagno con il tuo fratellone adorato. Avevate qualche conto in sospeso da saldare?” Proferì, con voce melliflua e diabolica, e subito dopo diede un cinque ad un altro ragazzo divertito. A Kurt non faceva ridere per niente. Perché quegli idioti sapevano benissimo che Finn si era preso una granita in pieno viso, e non si dovevano permettere nemmeno con il cervello di prendere in giro lui, sé stesso o chiunque altro lo riguardasse. Avrebbe potuto rispondere in tanti modi: avrebbe potuto dire ad alta voce di come non fosse riuscito a fare sesso con Cindy per ansia da prestazione, oppure, più meschinamente, perché magari quella donna, la donna in generale, non era il suo tipo, e avrebbe potuto aggiungere qualche commento poco veritiero su come lo avesse fissato durante gli allenamenti delle cheerleader. Ma non era quel tipo di persona. No, con sua grande sorpresa si trovò a correggersi da solo pensando che non era più quel tipo di persona. Poco tempo fa non si sarebbe fatto problemi nel rispondere a tono a quei tizi; poco tempo fa era fiero e superiore al resto del mondo, si sentiva intoccabile. Adesso, invece, mentre provava in tutti i modi a trovare una frase altrettanto tagliente, ma non offensiva, si rese conto di essere cambiato, di aver perso gran parte della sua maschera; non si sentiva più fiero e superiore, ma vulnerabile. Si rese conto di assomigliare tremendamente al Kurt che era solito mostrarsi con Blaine, quando non c’era nessun altro a interferire.

I giocatori di hockey lo guardarono, come guardavano qualche ragazzo che avrebbero gettato nel cassonetto dopo le lezioni. E poi, uno dei due diede una gomitata all’altro e sussurrò “lascia stare”.

Perché era il capitano dei Cheerios; perché la Sylvester gli avrebbe fatto passare un brutto, bruttissimo quarto d’ora se avrebbero osato toccare la sua punta di diamante, e loro non potevano permettersi di venire espulsi a tre mesi dal diploma.

Quando finalmente vide la sua migliore amica non le fece nemmeno varcare la soglia: scattò dalla sedia, corse verso di lei e la trascinò nell’angolo più isolato possibile mentre lei continuava a chiedergli che gli fosse preso e perché assomigliava ad un vampiro che non si cibava da giorni.

“Sul serio, hai dormito?” Esclamò tra un respiro e l’altro, cercando di star dietro al suo passo lungo ed agile. Lui tagliò corto e disse “no, forse ho dormito tre ore in totale”, e Mercedes in tutta risposta stava per cominciare un lungo monologo su quanto il sonno fosse importante e su come non dovesse sciuparsi, quando tutto ad un tratto lo vide finalmente arrestarsi in mezzo al corridoio vuoto. Le lezioni erano cominciate da qualche minuto, ma nessuno avrebbe criticato un paio di Cheerios fuori, visto che spesso venivano chiamati in ufficio dalla Sylvester. Kurt si voltò di scatto e guardandola con serietà prima di parlare. In verità, non ci fu bisogno di dire niente: la ragazza cominciò a tartassarlo di domande sul compito e su quanto avesse preso, ma non era quello il punto in questione.

“ ’Cedes... –balbettò Kurt, dopo qualche vano tentativo - prima due ragazzi mi hanno sfottuto, e io non sono riuscito a dire niente.”

Lo disse come se fosse la cosa più incredibile del mondo; lo pensò anche Mercedes, dal momento che fece una faccia alquanto sconvolta.

“Niente di niente? – Domandò – Nessuna frecciatina, nessuna risposta acida?”

“Non ci sono riuscito.”

E la frase aveva un continuo, situata nella sua mente, celata tra le pareti del suo cuore. Era un nome. Era la certezza di essere completamente, incondizionatamente, legato a quella persona.

“E’ per via di Blaine.”

Non ci fu nemmeno il bisogno di porre quella frase come domanda: Mercedes aveva capito, capiva sempre.

“Vi siete baciati?”

Cercò di contenere la sua delusione non appena vide l’amico scuotere la testa.

“E allora…che è successo?”

“Mi ha detto che spetta a me scegliere. Che dipende da me.”

E Mercedes comprese. Perché il volto di Kurt si rabbuiò, e lei lo avvolse subito in un abbraccio confortante. Perché sentì il suo cuore battere all’impazzata, e sapeva benissimo che era una fusione di molte emozioni tutte insieme. Troppe, forse, da addossare ad un ragazzino con tante sicurezze, ma altrettante paure.

“Non so cosa fare.”

Quella piccola ammissione avvenne tramite un sussurro, che percepì come un brivido.

“Mi piace così tanto Mercedes, non so cosa fare.”

Avvolse ancora di più le braccia intorno a lei, e inspirò forte il suo profumo: Mercedes era l’unica ragazza che lo conosceva per come era davvero, e sarebbe stata la sua migliore amica, qualunque fosse stata la sua decisione. Per questo il suo profumo era molto buono. Ma non quanto quello di Blaine.

 

 

Incredibile come una giornata possa trascorrere così velocemente, quando a riempirla ci sono tanti e complicati pensieri.

Kurt si chiuse la porta di casa alle spalle, e fu come aver chiuso un po’ del resto del mondo dalla sua vita: non c’erano più campanelle e fischi assordanti della coach, ma un silenzio confortante e la certezza di essere finalmente da solo; così, per la prima volta dopo tanto tempo, concesse ai suoi pensieri di scorrere liberi e numerosi, di attraversarlo completamente, di riempirlo di emozioni mai provate disorientandolo talmente tanto che fu costretto a sedersi da qualche parte, cercando di riacquistare l’equilibro.

Suo padre gli aveva sempre insegnato una cosa, che non andava dimenticata mai: analizzare tutte le opzioni e non farsi prendere dal panico.

Quindi, l’opzione numero uno era: aver passato il compito, rimanere nei Cheerios e continuare quegli ultimi tre mesi di scuola con la consapevolezza che non gli sarebbe successo niente.

Era una bella visione; tuttavia, assaporandola gli sembrò molto amara. Sapeva di inconsistenza, di solitudine, di codardia e di rassegnazione.

E poi, con un grande respiro, si trovò a contemplare l’opzione numero due: non aver passato il compito e, di conseguenza, essere sbattuto fuori dai Cheerios.

Sarebbe stato un inferno. Sarebbe stato tutto ciò che aveva sempre temuto; ma sarebbe stato con Blaine.

Quando Finn entrò in casa, con il borsone degli allenamenti e l’aria soddisfatta, salutò velocemente suo fratello e non appena lo vide meglio tornò indietro: teneva le gambe strette al petto e il viso posato sulle ginocchia, con la schiena che ondeggiava piano mossa da dei respiri lunghi e calcolati. Gli chiese se stesse bene, e a quella domanda lo vide annuire con un breve cenno della testa, senza fare altro.

Si strinse nelle spalle: sapeva che c’erano dei momenti in cui Kurt non voleva essere disturbato, e a quanto pareva era in uno di quelli. Burt e Carole sarebbero tornati per cena, così andò a farsi una doccia e ad infilare i vestiti dell’allenamento nella lavatrice lasciandolo alle sue riflessioni; troppe. Gli faceva male la testa, era stanco e spossato, non ne poteva più di tutta quella situazione e si ritrovò a maledire il suo cuore, che lo aveva portato ad una situazione simile. Se non ci fosse stato lui sarebbe stato tutto più semplice, pensò; ma poi, si ritrovò a ringraziarlo. Perché era proprio merito suo se adesso il solo pensare a due paia di occhi nocciola gli fece scaturire un minuscolo sorriso, tenero, pieno di adorazione.

Ed era troppo triste pensare di dover ritornare a fare le cose che faceva prima di conoscerlo, perché, semplicemente, non poteva: dopo un mese intenso, strano, emozionante, bellissimo, passato insieme a Blaine, Kurt si rese conto di volerne di più.

Finn attraversò il salotto con il suo accappatoio blu e le sue pantofole giganti a forma di elefante – regalo di Natale della zia - canticchiando una qualche canzone dei Journey; con la coda dell’occhio lo seguì, all’inizio, perché spinto dalla curiosità di sentirlo cantare. Cambiò totalmente espressione non appena lo vide aprire il frigo della cucina tirando fuori una barretta di cioccolato bianco ancora incartato ed immacolato.

“Non la mangiare!”

Il fratello si voltò di scatto, stravolto: dal tono di Kurt sembrava dovesse evitare di compiere un omicidio.

“Non la mangiare”, ripeté lui, come una supplica, abbassando lo sguardo a terra e completamente imbarazzato.

Finn, con ancora la mano a mezz’aria, osservò quel cibo così misterioso continuando a rimanere incredulo: “Eddai Kurt! Ho fatto tre ore di allenamenti, posso permettermi un po’ di cioccolata!”

“Non è per quello.” Dio, a volte odiava la non-perspicacia di suo fratello. “E’…è mia.”

Ovviamente, la reazione allibita di Finn, se possibile, esagerò ancora di più.

“Ma che dici? Hai sempre odiato la cioccolata bianca. Hai sempre detto che è la versione albina del fondente, che è inutile, che non la puoi sopportare, che-“

“Ho cambiato idea.”

Sperò almeno che le sue guance non fossero rosso ciliegia, ma quanto meno un rosso porpora un po’ sbiadito. Il commento eloquente del fratello fu un semplice “ah”, ma dopo aver riflettuto per qualche secondo aggiunse: “E perché non la mangi?”

“Perché non mi piace.”

“Ma scusa –replicò Finn, sventolando la cioccolata in aria - allora perché la conservi?”

“Perché… mi piace.”

Ci fu una piccola pausa; il fratello abbassò le braccia, sconfitto. Distante com’era, non riuscì a udire la voce di Kurt sussurrare: “Mi piace lui.” Si limitò a mettere la barretta al suo posto, in un cassetto piccolo situato su un lato e riservato a tutti i tipi di merendine e dolci. Dopotutto, per lui quello era solo un pezzo di cioccolata.

 

 

“Blaine lo sai che oggi sei particolarmente sexy e splendido e quello che ti pare?”

L’interpellato sollevò lo sguardo dal vassoio della mensa soltanto per lanciarne uno scettico a Brandon, il capo del club di informatica del McKinley. Lo aveva riconosciuto non appena udita la sua voce alta e raschiata, senza bisogno di soffermarsi sui suoi capelli color carota e le lentiggini sparse un po’ per tutto il viso: era il classico ragazzo che non aveva bisogno di presentazioni, non si faceva scrupoli ad essere indiscreto, soprattutto se il soggetto era Blaine; forse era anche vero che quei jeans nuovi, assieme al viso libero dagli occhiali ed una polo scura gli donassero un’aria alquanto affascinante, ma il suo esordio con tanto di sorriso a trentadue denti poteva significare solo una cosa: “Formattazione o riparazione?”

A giudicare dal suo silenzio, intuì la seconda. Posò il vassoio con un grande sospiro e si diresse nell’aula del club di informatica, dove in pratica era diventato un membro onorario: ogni qual volta uno di quei computer vecchi e arrugginiti si bloccavano, sapevano benissimo che potevano contare sull’aiuto di Blaine Anderson, che in quel campo era semplicemente il migliore; lui, dal canto suo, era troppo buono per dire di no: anche perché gli regalavano sempre delle armature buonissime a WoW e si sentiva più che ripagato.

Si sedette alla sua postazione, strofinandosi un paio di volte gli occhi chiari perché la luce dello schermo lo infastidiva, essendo in contrapposizione con la penombra della stanza: non avrebbe mai capito perché quei ragazzi si rifiutavano di accendere le luci, o aprire le finestre; con tutti quei fili invisibili sparsi per terra si chiese anche come diavolo facessero a non inciampare.

Brandon con l’ennesimo complimento nemmeno tanto velato lo esortò a cominciare, e così Blaine si sfregò le mani e prese ad armeggiare con la tastiera, conscio che sarebbe rimasto in quel posto per minimo mezz’ora.

 

Kurt camminava per i corridoi spinto da chissà quale forza misteriosa; di sicuro non erano le sue gambe, in quanto gli allenamenti dei Cheerios lo avevano sfiancato fisicamente e psicologicamente. La sera prima era riuscito a dormire grazie a mezzo litro di camomilla, ma rimaneva comunque quella sensazione di spossatezza e nervosismo che non lo faceva calmare. Mercedes si avvicinò al suo armadietto mentre era impegnato ad aggiustarsi i capelli in modo da non sembrare un cadavere ambulante.

Stava per dire qualcosa, ma poi Santana l’anticipò dando una leggera gomitata sul fianco di Kurt e facendolo voltare: “Sei stato dalla va-da-sé?”

Quella domanda era più rischiosa di quanto non sembrasse. Perché se gliel’aveva fatta, voleva dire che…

“Esatto Hummel – affermò la ragazza – ha corretto i compiti.”

In meno di un minuto, Kurt si trovava davanti alla porta della professoressa, con il fiato corto e tremante. La donna gli rivolse soltanto un piccolo sguardo d’intesa, prima di estrarre un foglio da un plico fermato con dell’elastico e offrendoglielo con un’espressione indecifrabile.

Kurt prese quell’insieme di numeri e formule con il cuore che non accennava a smettere di agitarsi, la gola secca e disidratata mentre gli occhi limpidi e grandi trovarono finalmente il risultato del voto cerchiato in rosso.

 
 

Blaine stava quasi per perdere la pazienza e abbandonare completamente quel computer, specie ora che non c’era più nessuno a “sorvegliarlo”: gli altri erano andati a mangiare, oppure, in classe, e lui era rimasto solo con i suoi cd e programmi. Prima o poi avrebbe buttato quei computer dalla finestra, così almeno la scuola aveva una buona scusa per comprarne di nuovi.

Ancora immerso nei suoi pensieri omicida sentì la tasca dei pantaloni vibrare in modo frenetico. Ma no, non era Rachel come aveva sospettato, era Kurt: “Dove sei?”

Gli rispose velocemente, incuriosito e anche un po’ emozionato. Si alzò in piedi e per poco non cadde a terra intrecciandosi con i fili che stavano sul pavimento: perde l’equilibrio, si aggrappò allo schermo del computer e ci impiegò diversi minuti a districarsi tra tutti quei fili e in mezzo a quella sottospecie di buio.

Nel frattempo, si sentiva un rumore di passi farsi sempre più vicino e, subito dopo, la porta della stanza fu aperta e richiusa. E Kurt era lì, ad un metro da lui, con un foglio in mano e un’espressione indecifrabile in volto.

Un sussurro: “Ce l’ho fatta.”

Il momento dopo, aveva scavalcato computer e fili per finire esattamente tra le sue braccia.

“Ho preso B- Blaine.” Continuava a ripetere in modo sconnesso ed incoerente, con il ragazzo che lo stringeva a sé e scoppiava in una tenera risata.

“Beh – appurò Kurt – c’è quel meno un po’ fastidioso, ma è pur sempre una B, no?”

“Certo che è una B – rispose lui, entusiasta – è una perfetta B! Oh Kurt, sono così felice per te.”

E lo era sul serio; per questo rimase un po’ confuso nel sentire il corpo dell’altro irrigidirsi di colpo, per poi sciogliere l’abbraccio ed allontanarsi di un passo. Riusciva a malapena a vederlo nella penombra di quella stanza, ma i suoi occhi erano chiari, limpidi, sembravano godere di luce propria mentre si incatenavano ai suoi.
Era stato troppo preso dall’euforia del momento per rendersi conto delle conseguenze di quel voto: “Resti nei Cheerios.”

Provò a dirlo in modo sereno. Provò ad essere soddisfatto per lui, ma non lo era. Il punto era che Kurt lo stava fissando e sembrava supplicargli di fare qualcosa; perché non ce la faceva a scegliere da solo, non ce la faceva ad abbracciarlo senza sentirsi bene e completo.

Blaine abbozzò un piccolo sorriso.

“Ci sono ancora i caffè della scommessa.”

Kurt non disse niente, così continuò: “ci saranno miliardi di compiti in classe da qui alla fine dell’anno, e noi due potremmo…beh, potremmo fare ancora qualche altra ripetizione.”

Non è giusto. Era ciò che gli stava comunicando Kurt con i suoi occhi. Sembrava urlarlo, in verità. Non è giusto, non è giusto, non è giusto.

Perché Kurt voleva Blaine; perché chiamò il suo nome, e lo disse in modo quasi disperato, come bisognoso di qualcosa che non sapeva se fosse in grado di fare. Blaine si ammutolì di colpo. Provò a dire qualcosa, ma non ci riuscì; emise qualche sussurrò, tra un fremito e l'altro, ma la voce sembrava essere completamente sparita dal suo corpo. Voleva sentirglielo dire. Voleva avere la conferma che non fosse un sogno, no, e che quella espressione era completamente dedicata a lui. E Kurt voleva farlo, così tanto, che non riusciva a muoversi dall'emozione.

Entrambi, in quel preciso istante, capirono di volere una cosa sola.

E sapevano benissimo che non potevano, perché avrebbe solamente peggiorato le cose; perchè era inutile, doloroso, da veri e propri masochisti. Perché Kurt sorrise, e quando le sue labbra morbide si incurvarono dolcemente all’insù, il cuore di Blaine perse qualche battito. Perché lo vide avvicinarsi e con mani tremanti sfiorare ed intrecciarsi alle sue; perché pensò di non aver mai visto qualcosa di più bello, e con quella consapevolezza impressa nella mente sentì le sue labbra morbide e fresche adagiarsi sulle sue, e poi tutto il resto del mondo perse di atmosfera.

Perché anche nel buio di quella piccola stanza di informatica, i loro cuori brillavano, di una luce che non può essere descritta con semplici parole.

E le loro bocche si trovavano con lentezza, si assaporavano dolcemente: era strano, era nuovo per entrambi, eppure, completamente familiare. Era Kurt a baciare Blaine, ed era buono, dolce e carico di emozione; ma quando quest’ultimo ricambiò le loro lingue si intrecciarono con passione e le loro mani si strinsero con più decisione, mentre i loro corpi eliminavano qualsiasi distanza aggrappandosi l’uno all’altro.

Si staccarono. Che cosa crudele dover respirare, fu come tornare alla realtà fatta di aria e sospiri.

E Blaine, ancora incredulo, euforico, dolce e perfetto, posando la fronte sulla sua commentò: “quando penso che tu faccia zig, ecco che fai zag.”

Risero, erano completamente a loro agio l’uno con l’altro: erano sempre loro due.

“Grazie, –disse Kurt, esitando un poco - per…tutto.”

Il sorriso di Blaine si fece più luminoso mentre si avvicinava al suo rispondendo: “prego, è stato un piacere.”

Un altro bacio.

“Un immenso piacere” sussurrò, prima di baciarlo ancora, e subito dopo le mani di Kurt erano sulle spalle di Blaine, quelle di Blaine sulla sua schiena, e decisero che qualsiasi altro discorso potesse aspettare.

 

**

Angolo di Fra

 

Fatemi le congratulazioni per questo bellissimo parto! Il travaglio è stato lungo e complicato…ma ce l’ho fatta. Sono fiera di me. Per chi non avesse afferrato il titolo e la frase del zig e dello zag, è quella che dice Blaine a Kurt nella 3x03: "you always zig when I think you're about to zag". Non sapevo come tradurla in altri modi, purtroppo, so che in inglese rende molto meglio.
Bene, ora mi siedo, tranquilla tranquilla, vi passo un po' di cioccolata bianca e di tè verde così parliamo un po' di questo capitolo. Vi va? E' il più importante di questa storia, quindi sono davvero ansiosa di sapere i vostri pareri. Per precauzione vado a fare compagnia a Nick nascondendomi dietro al cartonato di Assassin’s Creed.
Un bacione immenso a tutti!.

 

 

   
 
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