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Autore: cannucciarosa    29/02/2012    1 recensioni
Sempre loro, Ira e Superbia, si lo so è assurdo. Può l'Ira amare? Può la Superbia amare qualcuno che non sia se stesso? Sinceramente non so ancora rispondere nonostante tutte le volte che li ho ruolati... cooomunque io sono Zacharias in grassetto, l'altra è la oramai citatissima Angie ( Account Efp: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=145297 )
Una piccola recensione è sempre gradita, anche solo per farmi sapere se vi sono piaciuti i personaggi, o se c'è qualcosa che posso cambiare, o modificare che non funziona :)
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Zacharias.
Da quando si era svegliato quella mattina non aveva fatto che trascinarsi per casa; dal momento in cui aveva aperto gli occhi l'orribile scena della sera prima gli tornava in mente e il senso di colpa che gli aveva attanagliato lo stomaco tutto il giorno era ancora lì, costantemente aggrappato a ricordargli che aveva sbagliato.

Eppure nonostante la consapevolezza di essere nell'errore non aveva fatto niente, l'orgoglio sapeva essere più forte e per lui risultava particolarmente difficile calpestarlo per qualcun altro.
Senza contare, che l'altro aveva chiaramente detto che non gli voleva bene.
Ignora questo dettaglio perchè è quello che gli fa più male di tutti e ricomincia con la lotta interiore.
Andare o non andare?
Salvare l'orgoglio o salvare... qualche cos'altro? 
Sospira e decide che vuole riprovarci, ma è insicuro.
Lui.
Insicuro.

Non gli piace, non gli piace non avere il controllo, sapere che le cose andranno esattamente come lui vuole, ma dopotutto lo sapeva, sapeva che sarebbe dovuto scendere a compromessi nel momento in cui accettava di condividere la sua vita con qualcun altro, no?
Sospira ed alza un pugno, due colpi secchi alla porta di Dmitryus e non resta che l'attesa.
E l'ignoto.




Dmitryus.
Dopo la litigata del giorno precedente era finito diritto all'inferno, nel vero senso della parola. 
Si era lasciato sbranare per circa un paio di ore da Cerbero, anche se con poca voglia di reagire, anche il cane si era stufato, lasciandolo lì mezzo morto, no, non gli pareva il caso di morire così velocemente, anche se l'aveva desiderato abbastanza intensamente per potersi convincere.
Esce dalla camera con il busto quasi completamente fasciato, indossando solo una maglia larga nera, a maniche corte, da cui si vedevano le striscie di stoffa bianca circondargli tutte e due le braccia.
Sentiva le bende stringergli sulla pelle e con alta probabilità nella carne quella bestiaccia ci aveva lasciato qualche dente.
Preferiva decisamente soffire in quel modo ed evitare di pensare al resto di quella merda di giornata che aveva trascorso il giorno precedente.
Apre e chiude diverse volte i pugni nel tentativo riprendere sensibilità alle braccia, con difficoltà quella sera si era trascinato a casa sporcando tutto il corridoio e il pavimento, no, non si era nemmeno preso la briga di pulire. 
Non era nei suoi piani essere ancora coscente per quella mattinata, purtroppo per lui sapeva ancora ragionare e muoversi, nemmeno quel maledetto diavolo era riuscito a farlo fuori.

"No, io non ti voglio bene."
Sotto, sotto era vero. 
Lui non gli voleva bene, lo amava, dannazione. 
"voler bene" era ancora una bassa definizione di ciò che provava e l'aveva capito esattamente nel momento in cui il cane stava quasi per sbranargli via il "cuore", forse era per questo che si sera scansato evitando di essere ammazzato sul serio.

Sente quella dannata porta, quei pugni sul legno, iniziano a dagli fastidio all'udito.
Si avvicina lentamente, aprendo il catenaccio poggiando una mano sulla parete per sostenersi, no cazzo, non era possibile che stesse perdendo i sensi. 
Prende dei forti sospiri, la vista inizia ad appannarsi e con la poca forza che gli rimane tira un calcio al portoncino socchiuso, spalancandolo, chiude gli occhi lasciando strisciare la schiena sulla parete della hall, aprendo a chi si trovava dall'altra parte uno spettacolo piuttosto raccapricciante di striscie insanguinate sul parquet.

Si era spostato troppo, aveva perso troppo sangue. 




Ma quanto ci metteva ad aprire quella dannata porta?
Non gli viene da pensare male, no.
Non gli viene da pensare che possa aver fatto una sciocchezza, perchè dovrebbe nel suo mondo di eterna spensieratezza?
E quindi picchia più forte quella porta che non vuole aprirsi.
E' agitato, impaziente di scusarsi con lui anche se sente il dolore scavargli nel petto.
Non gli voleva bene.
Quell'amara consapevolezza gli faceva più male del previsto, ma ora aveva altro a cui pensare. 
Finalmente sente la porta aprirsi ma non riesce a vedere Dmitryus, non capisce, non immagina.. entra titubante accennando appena il suo nome per richiamarne l'attenzione, si guarda intorno notando il sangue.
Sangue dappertutto, l'odore gli riempie il naso e sente il suo gelarsi nelle vene, sangue sui muri, sul pavimento.
Paralizzato dov'è porta una mano alla bocca, gli occhi fissi sui muri imbrattati di fronte a sè; resta lì per attimi che gli sembrano secoli non sa che fare, non sa che pensare...
Dmitryus, Dmitryus che cosa hai fatto?
Preoccupato si guarda intorno e lo vede lì accasciato a terra proprio di fianco alla porta, se avesse prestato più attenzione avrebbe notato la scia di sangue che segnava il suo percorso. 
Lo raggiunge e si inginocchia al suo fianco, aveva un aspetto orribile, sembrava morto... non vuole neanche pensarlo.. gli afferra le spalle e lo scuote cercando di ignorare quel fastidioso groppo in gola.

"D-Dmitryus mi senti? Che cosa hai fatto?"





Tenta di riaprire gli occhi al suono della sua voce...

Sì, la sua voce, cazzo, gli era mancata, ma in quel momento gli pareva di risentire tutti morsi che aveva sul petto iniziare a pulsargli terribilmente, le ferite riaprirsi, sì, quelle del cuore.
Erano quelle a farlo soffrire terribilmente, era da quelle che lui voleva distrarsi, ma era inutile, tutte le sue sofferenze venivano a galla convergendo direttemente in quel punto preciso del petto, che quasi pareva stesse scoppiando, forse per l'estremo tentativo di portare quel poco di sangue che ancora aveva in corpo al cervello.
Non che gli serivsse a molto dopo quel gesto avventato, lo era stato decisamente troppo, troppo, troppo...
Deisderava tornare quello di prima, senza troppi sentimenti, anzi, senza sentimenti.
Quello che conosceva solo la rabbia.
Quello che conosceva solo la vendetta.
Quello che non conosceva il piacere di avere una persona accanto a sé.
Non sarebbe più riuscito a tornare indietro, nemmeno volendo.
Diviso tra due mondi.
Quello dell'obbligo e quello finto, ma piacevole che lo portava a credere in una piccola e pallida sfumatura di felicità.

Sente anche se debolmente Zacharias poggiare le mani sulle sue spalle e scrollarlo.
Riapre gli occhi di colpo, fissandolo, no, non poteva decisamente farsi vedere in quello stato, il suo fisico non aveva mai ceduto, MAI! Per nessun motivo.
Aveva già peso ettolitri di sangue eppure si reggeva ancora in piedi, debole, ma c'era.
Qualcosa non andava, non riusciva ad alzarsi, poi, quella domanda...

"Cos'hai fatto?" 

Non sapeva bene nemmeno lui se rispondere, la sua voce sarebbe stata fioca e strozzata. Non era mai stato vulnerabile; dei sette, sempre il più forte, adesso? Cosa diamine stava accadendo?
Socchiude lentamente le labbra, facendo un mezzo sorriso ironico, non si riconosceva nemmeno lui. -

"Mi sono fatto sbranare da Cerbero.
Non volevo perderti, solo dimenticare quello che ti ho detto ieri."

Deglutisce leggermente, non ancora lucido, però voleva dirglielo, era deciso, certo, di ciò che stava per dire.

"Zach.
Io non ti voglio bene, ti amo."

Sì, così andava decisamente meglio, così sarebbe tornato ad essere forte, ma sincero, odiava essere debole. 
Cerca di rialzarsi, tirndosi su con le braccia, ripendendo stabilità. 




Le palpebre ancora chiuse degli occhi si muovono impercettibilmente.
Dunque era ancora vivo.
Quasi sviene dal sollievo e smette di scuoterlo, preoccupandosi solo adesso di non fargli altro male, abbandona le sue spalle per poggiare le mani sul suo viso, lo accarezza piano; un semplice contatto per dirgli che lui è lì ed è lì non per se stesso ma per qualcun altro. 
Forse sembra una cosa comune, ma credetemi, per lui non lo è.
Trattiene l'impulso di stringerlo fra le braccia, ha paura di sfiorarlo figuriamoci stringerlo e poi ancora non capisce, non capisce perchè l'ha fatto, non capisce cosa ha fatto.

Quando eccola, a cavallo di una voce flebile sputata fuori da un accenno di sorriso, arriva la spiegazione.
Si era fatto sbranare da cerbero.

E poi loro, quelle parole.
Lo colpiscono al petto come un proiettile.
Lo amava, lo amava.
Se lo ripete confuso, aveva passato l'ultima giornata a convincersi di non contare niente per l'altro, scusate eh se un pò di confusione ce l'ha visto che ora proprio Dmitryus professa il contrario.
Ma la confusione è un'amica breve eccola infatti che svanisce lasciando posto a sentimenti ben più piacevoli, li sente arrivare, scorrere sotto la pelle e scuoterlo, lasciando via scie di brividi.
Era dunque quella ciò che chiamavano felicità?
Era dunque felicità ciò che stava alimentando proprio ora un sorriso largo e splendente sul volto di Zacharias?
Respira più in fretta cercando di star dietro a quella tempesta che lo stava stravolgendo dentro e si avvicina di più al moro, si aggrappa quasi a lui, come se fosse lui il più debole ora o quello in fin di vita.-

Non dovevi farlo, sei un pazzo..

-Scorre le mani sulle sue bende insanguinate e la felicità di quel momento fa a pugni con il dispiacere di vederlo ridotto in quello stato. 
Senza contare l'altro grosso problema.
Lui. Lui era innamorato?
Non lo sapeva, non sapeva neanche cosa rispondersi era ancora troppo pesto per lui, associava ancora troppo Zacharias a quella parola.
E non doveva essere così.
Doveva mentire allora? O dire la verità? 
Intreccia una mano alla sua e ci posa lo sguardo.-

Io..io non so che dire..




Lo sente sfiorargli il viso, dolcemente, fra tutti quei dolori che sentiva sul suo corpo quello era l'unico che veramente gli importava, l'unico che riusciva a sentire veramente.
Era felice, sì.
Lo era davvero e lo faceva sentire "realizzato" lo faceva sentire una persona vera, una persona reale, un essere diverso dai soliti quattro demoni che giravano.
Lui aveva imparato ad amare qualcuno, anche se in un modo un po' poco ortodosso. 
Lo rendeva completo.

Lo sente aggrapparsi a lui e con un gesto lento alza le braccia, stringendolo, come gli era mancato, come gli era mancato quel maledetto contatto, troppo.
Decisamente troppo. Come sempre.-

"Cercavo il modo più facile per non soffire, per non farmi sentire questi dannati sentimenti, stavo così male che non ho avuto nemmeno la forza di reagire, anche cerbero ad un certo punto si è stufato, lasciandomi lì.
Ah... So che non mi puoi amare, però non posso fare a meno di dirti la verità.
Almeno a te."

Non gli importava il fatto che non potesse o non riuscisse a ricambiare, conosceva la superbia e cosa comportava, con il tempo se n'era fatto una ragione, il suo bene gli bastava, non gli sarebbe servito altro, ma lo voleva però tutto per sé.
La sua gelosia aumentava sempre di più di giorno in giorno...
Ormai Zach era nella sua vita e non poteva più farne a meno, odiava l'amore, ma alla fine anche lui era finito nel suo dannato tranello, nel tranello di qualcuno che nemmeno si sarebbe aspettato, nel tranello di qualcuno che aveva vinto per l'ennesima volta la scommessa, finendoci dentro lui stesso, non credeva che effettivamente potesse fregargliene qualcosa, oltre il fatto di essere fratelli nulla li legava.

Continuava a stringerlo con intensità crescente, man mano riusciva a riprendere forza nelle mani, riusciva a riprendersi velocemente, si sarebbe obbligato a farlo, non poteva rimanere privo di sensi, non poteva lasciarlo lì da solo dopo il casino che aveva combinato.
Sapeva quanto l'altro odiasse il sangue, il suo odore, il colore...
Già lui si sentiva male, non poteva far ricadere questo sulla persona che amava. -

"Sono un pazzo... Ma dopotutto mi conosci, no?..."



Gli sta ancora accarezzando il viso, sfiorandolo appena con la punta delle dita quando sente il suo abbraccio, lo ricambia subito senza pensarci, circondandogli i fianchi con le braccia e stringendoselo al petto; irrigidisce appena la mascella all'odore del sangue, ma è una cosa sopportabile, non avrebbe rinunciato a quella stretta per nulla al mondo in quel momento. 
Neanche per guardarsi allo specchio.
Poggia la guancia alla sua inclinando appena la testa per poter baciare la sua spalla.-

"Non dovevi farlo, non dovevi... non si fugge ai sentimenti, lo sto imparando anche io, con te."

Parla in sussurri, muovendo appena le labbra e lasciando piccoli baci fra una parola e l'altra, vorrebbe stringerlo più forte ma cerca di limitare il suo desiderio, si forse Dmitryus sa rimaginare le ferite in fretta, forse sa essere indistruttibile, ma questo non esclude il fatto che possa sentirlo, il dolore, e lui avrebbe fatto di tutto per risparmiargliene il più possibile.
Ma stiamo parlando dell'Ira, il dolore è un effetto collaterale troppo caratteristico di quest'ultimo, chissà perchè Zacharias continua a farsene così tanto cruccio, quanto sarebbe più facile l'accettazione o la rassegnazione?
Quanto è da stupidi pensare o ancor peggio arrivare al punto di sperare che arriverà un giorno in cui la sofferenza, intesa in tutti i suoi aspetti, non farà più parte della vita di Dmitryus?

Beh, Zacharias è quello stupido.
E se solo sapesse leggersi dentro e se solo potesse essere più esperto in materia di sentimenti capirebbe che questo lo avvicina all'amore più di quello che crede, ma ehi, dategli tempo e abbiate fiducia, lo capirà.-

"Forse non sono ancora in grado di amarti come dovrei, sono ancora troppo io.. ma quello che ti ho detto non cambia, ti voglio bene, non ho mai voluto bene a nessuno oltre che a me quindi apprezzalo lo stesso ti prego...."

Tradisce la sua pelle per mordicchiarsi il labbro inferiore e ora chiude gli occhi, piegandosi un pò al peso di queste emozioni che per la prima volta gli facevano pesare il cuore.
Non si sentiva all'altezza, non si sentiva abbastanza, in colpa per non essere in grado di corrispondere quel sentimento, in colpa per essere lui, in colpa per essersene andato via la sera prima, in colpa di non aver capito e di non aver impedito quel dolore inutile che Dmitryus si era fatto infliggere...in colpa...in colpa.. in colpa..

"...anche se non è niente in confronto a ciò che tu provi per me. Niente."

Conclude a fatica e oramai le ultime parole soffiano fuori in un sussurro appena udibile, un sussurro che comunque non sarebbe sfuggito all'altro perchè era lì, ad un respiro dal suo orecchio e a qualche respiro in più dal suo cuore.

  
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