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Autore: Alaire94    02/03/2012    3 recensioni
Ukrik è una creatura malvagia, formata da frammenti di anime altrettanto malvagie. Eppure, in fondo al suo spirito, c'è qualcosa di buono, qualcosa che riuscirà ad emergere soltanto grazie alle note della sua lira... (Quarta classificata al contest "Ready set go... il diabolico contest fantasy!")
Genere: Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note nelle tenebre

 

 

Il meteorite era arrivato dal cielo, veloce e fatale, aveva raso al suolo ogni cosa, reso la superficie terrestre una landa desolata coperta da sottile sterpaglia.

Nessuna razza accarezzava più il terreno, la luce del sole non sfiorava più gli occhi, ostacolata da uno strato di cenere.

Ogni razza era costretta a una vita di stenti, soggiogata dall’odio degli elfi oscuri in caverne dove la luce di una fiamma era un bene prezioso.

 

***

 

La Sala delle Udienze era spoglia, i rozzi graffiti sulle pareti rocciose osservavano chiunque si trovasse nella stanza. Le loro tozze figure e i grugni sui visi statici parevano una silenziosa minaccia per coloro che decidevano di sfidare la sorte incontrando la Matrona Madre.

Questa se ne stava seduta sul suo trono di ossa, le mani accarezzavano il teschio all’estremità del bracciolo. Aveva una bellezza fatale, con quei capelli color della luna che ricadevano sul petto prominente. La Matrona, però, non amava che le si rivolgessero attenzioni e faceva cavare gli occhi a chiunque la guardasse ammiccando.

Quel giorno erano le Sacerdotesse delle ultime casate ad aver domandato udienza, erano inginocchiate al cospetto della Matrona Madre, l’animo infuocato dall’ambizione.

La loro perfidia pervadeva l’aria come un tanfo, la si percepiva da quegli occhi rossi come tizzoni ardenti, dalla pelle scura. Erano esseri nati per il buio, preposti per il male e le loro parole risuonavano alle orecchie come stridii sinistri.

Presi da un discorso intricato, in cui ognuno tesseva astutamente la propria tela, nessuno considerava una piccola figura nell’angolo della Sala delle Udienze.

Ukrik osservava silenziosamente gli eventi, il cappuccio calato sugli occhi, occhi che erano una condanna.

Anche lui, in fondo, non era diverso da loro: la sua anima era nera come pece, il male era uno schifoso parassita insidiato in lui.

Un tintinnio di spade sguainate prese il posto del sibilante mormorio: il dialogo doveva essere arrivato al culmine, pronto per sfociare in uno scontro.

Le guardie si fecero avanti, le spade ben strette nelle mani e sguardi trepidanti. Il terrore si leggeva nelle espressioni degli ospiti, già consapevoli che il loro destino era ormai segnato.

Vennero scambiati fulmini e saette con gli sguardi pervasi d’odio, le lame si incontrarono furiosamente e il sangue macchiò ancora una volta le rocce scure della sala.

Ukrik abbassò lo sguardo, incapace di osservare. Non aveva mai avuto un cuore, al suo posto vi era un profondo vuoto che gli impediva di provare emozioni.

Soltanto una cosa colmava quel buco, facendo sì che il male non lo divorasse intero.

Con le mani ossute estrasse la lira da sotto il mantello e cominciò ad accarezzare lievemente le corde, lasciando che le note si spandessero nella stanza. Aveva da tempo una melodia nella mente e gli suggeriva una storia che non aveva mai recitato prima…

 

Verrà dal buio per portare la luce…

 

Quella profezia era filtrata fino al fondo dell’Abisso, lì dove un piccolo Bodak di nome Ukrik riposava fra le fiamme.

Le sue pene erano doppie in quel luogo; la frustrazione lo stava invadendo con forza e si stava trasformando in odio.

I ricordi dei pezzi di vita che accoglieva in sé lo perseguitavano e facevano diventare la sua anima ogni giorno sempre più nera, intrisa di un male assoluto.

Ce n’era uno in particolare che non lo abbandonava mai. Era un giovane e il gesto che lo aveva dannato per sempre: quando ancora il sole splendeva sulla Terra, costui aveva macchiato il terreno di sangue.

Un pugnale era affondato nel petto del padre e lui aveva goduto nel vedere il liquido scuro sgorgare a fiotti. - Io ti volevo bene - furono le ultime parole, pronunciate con sguardo compassionevole, ma il giovane era rimasto una statua di piombo, aveva affondato ancora di più il pugnale.

Quelle immagini ruotavano continuamente nella mente di Ukrik, lo facevano sprofondare ancora di più nell’Abisso.

Poi qualcosa lo afferrò e lo portò in alto.

 

Verrà dal buio per portare la luce…

Lui venne davvero. Riaprì gli occhi in un cunicolo buio, solo come non era mai stato.

Ogni tanto qualcuno passava e lo guardava inorridito, il loro odio gli faceva disprezzare ancora di più la sua forma di mostro smilzo e malefico.

Poi un giorno provò a sollevare gli occhi, a osservare un bambino curioso di passaggio col padre e sentì la sua giovane vita spezzarsi sotto il suo sguardo. Come il bambino si accasciò al suolo, inanimato come un burattino, Ukrik capì che i suoi occhi erano portatori di morte.

Le urla del padre rimbombarono nella grotta, ma Ukrik non sentì nulla: la sua natura gli suggeriva solo compiacimento.

L’uomo lo insultò, gli strappò gli stracci che aveva addosso e gli piantò un pugnale nel petto, ma il Bodak rimase indifferente in quanto non poteva morire.

Da allora Ukrik tenne gli occhi bassi e attese, vivendo di residui trovati per caso, finché nel cunicolo non passò un carro. Il passaggio delle ruote robuste fece tremare il terreno e qualcosa cadde da sotto il telo che nascondeva la merce trasportata.

Ukrik raccolse l’oggetto titubante, curioso di scoprirne il funzionamento.

Era un archetto di legno scuro che teneva tirate delle sottili corde quasi invisibili agli occhi.

Ukrik l’osservò attentamente, facendo scivolare l’arco fra le dita. Era liscio e gli provocava una sensazione strana, che non aveva nulla a che vedere con la sua natura malefica.

Il legno aveva sottili venature che s’incrociavano e si sfioravano sulla superficie. Aveva qualche ricordo del legno dai suoi pezzi di vita, sapeva che proveniva dagli alberi quando ancora sulla Terra splendeva il sole, ma non conosceva i suoi usi né tantomeno quello dell’oggetto che aveva in mano.

Toccò lievemente le corde e da esse si sollevò un suono melodioso che lo spaventò. Lasciò cadere l’oggetto a terra e si ritrasse contro la parete rocciosa: sapeva che il mondo era pieno di magia e quello poteva avere qualche maledizione fra le fibre del legno.

L’oggetto però rimase lì dov’era caduto, senza mostrare alcun segno di incantesimo. Dopo qualche minuto Ukrik si decise a sollevarlo, questa volta con più sicurezza e se lo appoggiò fra le gambe smilze.

Ancora una volta sfiorò le corde più volte, il suono gli accarezzò le orecchie, sentì un calore attraversargli il corpo, qualcosa che non aveva mai sentito; gli parve quasi di essere umano.

Le sue dita scorrevano da sole fra le corde, come se avessero suonato mille volte quei pezzi, come se fossero fatte per questo.

Quella musica gli giunse alla mente e stimolò un ricordo nascosto nel fondo della sua anima. Era un ricordo che gli provocava dolore, che non faceva parte della sua natura, una macchia bianca nel nero della sua anima.

Voleva saperne di più. Quel ricordo era soltanto un frammento di qualcosa che lo faceva sentire diverso, che lo teneva a galla per non sprofondare negli abissi del male.

Fu così che Ukrik se ne andò da quel cunicolo in cui aveva aperto gli occhi, raggiunse i primi villaggi e vagabondò alla ricerca di quella parte di sé nascosta nel profondo.

Ovunque giungeva deliziava le orecchie di chi non si fermava alla superficie, incantava gli animi cantando i propri ricordi.

La musica faceva riaffiorare poco a poco la vita di un saggio elfo dei boschi, una vita semplice e pura, un animo forte che non voleva sottomettersi al male.

Anche Ukrik, proprio come quell’elfo chiuso in sé, non voleva lasciare che la sua natura lo vincesse e così suonava per sentire la vita quando in lui c’era solo morte.

La sua musica strappava sorrisi, allietava gli animi di chi viveva negli stenti e non vedeva più speranza.

Ukrik era venuto dal buio per portare un bagliore di luce lì dove le tenebre regnavano ormai in eterno.

Il ricordo lo portò fino al cuore del male, nella Sala delle Udienze, il centro del potere degli elfi oscuri.

Lavorava come servo, la lira nascosta fra le pieghe della veste, in attesa di portare luce anche lì.

 

La storia finì, ma Ukrik non smise di suonare: l’ultimo frammento di ricordo gli si presentò alla mente, riscaldandogli come sempre il corpo.

Era stato lì, davanti alla Matrona Madre, che l’elfo Aladril aveva pronunciato le sue ultime parole. I suoi occhi azzurri erano limpidi come un ruscello di montagna, la sua voce era sicura e anche in quel momento estremo suggeriva solo bontà e libertà.

- Salvati la vita! Rinnega il tuo credo! - aveva ruggito la Matrona Madre contro quell’uomo che le aveva dato tanta pena predicando la libertà nel suo regno.

- Non lo rinnegherò mai! Se per le mie idee mi aspetta la morte, così sia! Accetterò la punizione senza fiatare! - aveva affermato Aladril. Le mani erano legate dietro la schiena, il corpo deturpato da profonde ferite, ma la testa era sempre alta e lo sguardo fiero.

- La tua punizione sarà peggiore della morte! Sarai maledetto e giacerai per sempre nel corpo di un Bodak! - sentenziò la Matrona, sollevando le mani al cielo e pronunciando formule magiche. L’elfo sparì non appena la donna smise di parlare, fra urla di disperazione.

Ukrik smise di suonare, alzò la testa e mostrò gli occhi piccoli e neri come quelli di un corvo.

Gli sguardi delle elfe oscure resistettero. Le guardie e perfino la Matrona Madre si erano arrestati ad ascoltare.

Le ospiti, ferite alle braccia, fuggirono non appena si ripresero, senza dare il tempo alle guardie di fermarle. Fu così che Ukrik salvò loro la vita, per una volta nessuna vita era stata rubata in quella sala che aveva visto solo sangue e udito solo urla.

Il silenzio regnò per qualche minuto, Ukrik e la Matrona Madre si fissarono, lei severa e lui finalmente realizzato.

 

Verrà dal buio per portare la luce…

 

Ukrik aveva concluso il suo compito. Abbassò di nuovo lo sguardo, prese in mano la lira e lasciò che altra musica si liberasse nell’aria; le ultime note nelle tenebre prima che Ukrik sparisse nel nulla in una scia di musica.

Dal buio era venuto e nel buio ritornò, ma il male non poteva più corromperlo.

 

 

*** 

 

Questa breve storia ha partecipato al contest "Ready set go... il diabolico contest fantasy", raggiungendo la quarta posizione. 

Mi farebbe piacere che chi passasse qui mi lasciasse un piccolo parere :) 

   
 
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