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Autore: vul95    02/03/2012    3 recensioni
-Oh, dai, è solo per passare un po’ il tempo! Vai giù, spaventi qualcuno, e torni su! Sai che ci vuole!- borbottò Atsuya, alzando gli occhi al cielo.
-Ok, vado.- lo interrupe Hiroto, battendo un piede a terra.
L’altro sgranò gli occhi -… Eh?-
-Vado giù ho detto!- ribadì l’amico, cominciando a camminare –Ti dimostrerò il mio coraggio!- esclamò convinto, accelerando il passo.
Atsuya allungò una mano –No. Aspetta. Ehi, Hiroto, non vorrai mica...- ma non fece in tempo a dire altro, perché il rosso, dopo avergli fatto una gran bella linguaccia e aver incrociato le braccia al petto, sparì, accompagnato da un sonoro “POFF”.
-Ok, sono morto. Morirò.- si disse tra sé e sé il piccolo con i capelli rosati, quasi incredulo, prevedendo già la sua punizione –... Di nuovo.- aggiunse, e si schiaffò una manata in fronte.

*
Cosa potrebbe mai accadere se, lassù, qualche spiritello annoiato dalla solita routine, decidesse di scendere tra i vivi per divertirsi un po'?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Xavier/Hiroto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-Un fantasma

Queste Inaspettate Apparizioni

 

Il Piccolo Spirito Dai Capelli Rossi

 

Poltergeist 2

Ovvero: Un vero uomo non teme i portapenne!

 

-Un fantasma.- il volto di Atsuya si tramutò in una maschera imperscrutabile. Guardò il padre ed aggrottò le sopracciglia, perplesso -… Ma non lo è già?- si grattò a guancia –Insomma, è mor…-

-No.- con un lento sospiro nervoso, troncando la frase del figlio, l’uomo di fronte a lui si passò una mano sul volto –Non lo è. Qui siamo semplici anime.- spiegò, gesticolando –Anime che non hanno nulla a che vedere con il mondo dei vivi.- indicò il terreno sotto i suoi piedi, immobile.
Il più piccolo socchiuse gli occhi, sforzandosi di capire.

-Quando un’anima scende giù…- sembrò cercare le parole più adatte, sistemandosi per l’ennesima volta gli occhiali sul naso –Lo fa per un motivo. Sempre. Che sia per rivedere persone a lui care, per spaventare qualcuno o per semplice divertimento.- aveva abbassato la voce, e per un attimo Atsuya potè giurare di aver visto i suoi occhi velarsi appena.
Il più grande si riprese ingoiando a vuoto, e andò avanti –Qualsiasi sia il motivo che spinge un’anima a scendere giù, una volta fatto non le è possibile risalire finchè non riesce a portare a termine ciò che si era prefissata di fare.-
Notando lo sguardo assente del figlio, che con la bocca semiaperta lo fissava come fosse un alieno, scosse la testa –Quindi. Se un’anima scende per divertirsi, finchè non si diverte non può tornare. Così come se un’anima scende per rivedere persone a lei care, rimane bloccata tra i vivi finchè non le vede, e così via.- terminò, tornando a puntare gli occhi su Atsuya.

-…-

-…-

-Papà, credo di non…-

-Hai presente Casper?- esasperato, l’uomo si portò le mani ai capelli: che figlio cocciuto!

-Casper?- il bambino sbattè le palpebre.
Era irritante sentirlo rispondere a domande con altre domande.

-Si, Casper.- cercando di non perdere il controllo, l’uomo rallentò la parlata, scandendo per bene ogni parola, gesticolando con le mani –Casper è un fantasma perché ha “qualcosa in sospeso” da fare, qualcosa che non ha potuto risolvere in vita.- si fissò le mani che aveva fermato alla fine della frase, imbarazzato.

L’altro però, a quell’esempio, parve illuminarsi –E quindi finchè non risolve la sua “roba in sospeso”- disegnò delle virgolette in aria con le dita -non può morire davvero!- e si battè il pugno sul palmo, ovvio.
Il padre sospirò di sollievo –Il principio per noi anime è molto simile. Dunque se scendiamo, fino a che non portiamo a termine il nostro obiettivo, non possiamo tornare su.- ribadì concludendo, e rilassò le spalle.

Atsuya, annuendo, si sporse in avanti, increspando le labbra –Quindi Hiroto…- si morse il labbro, distogliendo lo sguardo.

-Esatto. Non tornerà su fino a che non avrà fatto ciò per cui è sceso.-

 

***

 

-Come. Faccio. A. Spaventare. Qualcuno. Se. Non. Riesco. A. Toccare. Niente.- a ritmo dei propri gesti, un esasperato fantasmino continuava a muovere a casaccio le mani, nel tentativo di afferrare un portapenne –Ci. Passo. Attraver… OOH!!- incrociò le braccia al petto, gonfiando le guance e fissando quel dannato portapenne come avesse voluto farlo esplodere.

Il ragazzo affianco a lui inarcò un sopracciglio -… Forse dovresti concentrarti di più e non andare a fortuna.- gli suggerì, beccandosi un’occhiataccia languida.

Erano passati già due giorni da quando il piccolo Hirocchan era arrivato al Sun Garden, e Hiroto-kun aveva dovuto ammettere che non era stato poi così male, averlo attorno.

Forse perché per tutte e quarantotto le ore era stato concentrato sul portapenne e sul cercare di prenderlo e non si era né visto né sentito.

In ogni caso, nei pochi momenti di confronto con il bambino, il più grande aveva potuto constatare quanto fosse educato e silenzioso. Aveva dimostrato poca pazienza e spesso se ne era uscito con urla di disperazione, è vero, ma era pur sempre colpa del portapenne.

… Avrebbe dovuto buttarlo, quel portapenne. Non gli era mai piaciuto.

Non aveva affrontato il discorso sulle sue origini (quelle di Hirocchan, non del portapenne), non gli aveva chiesto chi fosse stato e com’era il posto da dove proveniva. Si era limitato a qualche osservazione sui suoi tentativi col portapenne e a discutere del più e del meno: i litigi di Haruya e Fuusuke, le stramberie di Maki, di quanto fossero favolosamente morbidi e lucenti i capelli di Midorikawa e di quanto Reina riuscisse ad estraniarsi dal mondo attorno a lei quando leggeva un libro.

Così facendo, al piccolo Hirocchan era venuta ancora più voglia di incontrare gli amici di Hiroto-kun. Li aveva osservati spesso, quando era su.

Mollando al suo destino il portapenne bastardo, si voltò verso il più grande, che nel frattempo si era buttato sul letto con una rivista in mano –Hiroto-kun,- chiamò, sbattendo le palpebre e guardandolo negli occhi –posso venire a lezione con te, domani?-

 

Hiroto-kun si rimangiò tutto.

Quel ragazzino non era educato. Né tanto meno silenzioso.

Battè la fronte sul banco all’ennesimo “Uooh, e questo come si risolve?”, ignorando il seguente “Ragazzo-tulipano, ho sempre sognato di vederti da vicino!”.

Reina, di fianco a lui, inarcò un sopracciglio –Tutto bene?- chiese, chinandosi per guardarlo in faccia.

Esasperato, quello alzò una mano –Meravigliosamente.- accennò ad un sorriso tirato, mentre un “Hiroto-kun! Questa ha due ventilatori in testa!” lo faceva voltare e storcere le labbra.

Il fantasmino volteggiava euforico tra i banchi, osservando i suoi compagni di classe uno ad uno. Pareva conoscerli tutti, e si soffermava su ognuno con gli occhi verdi che brillavano. Ma non si azzardava a toccarli nemmeno con un dito, anche se, ed Hiroto-kun potè vederlo da come il piccolo fissava i capelli di Nagumo, moriva dalla voglia di afferrare e tirare il tulipano che il rosso si ritrovava in testa.

-Kiyama, ti vedo assente oggi.- sibilò la loro responsabile, che faceva loro anche da insegnante, picchiettando le dita sulla cattedra –Dai, smettila di fissare il vuoto e vieni a risolvere l’espressione.- e, increspando le labbra, indicò la lavagna.

Il ragazzo sospirò e si alzò come gli era stato detto.
Non fece in tempo a prendere il gesso che Hirocchan gli apparve davanti –Fammi vedere come si fa!- trillò, battendo le manine. Il più grande sobbalzò ed indietreggiò sotto lo sguardo perplesso della classe. Si guardò attorno, si aprì in un sorriso di circostanza e si grattò il capo, voltandosi alla lavagna per risolvere l’espressione scritta.

-Non fare tutto questo baccano!- ammonì l’altro, che continuava a levitare, abbassando la voce per non farsi sentire.

Il bimbo si rotolò su sé stesso –Ma tanto non mi sentono, no?- sorrise ovvio.

Hiroto-kun scosse la testa scoraggiato “Ma io ti sento. Forte e chiaro.” E riprese a scrivere con il gesso.

La classe rimaneva in silenzio, e la professoressa osservava attentamente il lavoro del rosso, annuendo di tanto in tanto.
Era arrivato a metà espressione, quando si accorse che c’era anche fin troppo silenzio.

Fece appena in tempo a voltarsi e a notare lo sguardo concentratissimo di Hirocchan che, gli occhi socchiusi, allungava la mano verso il ciuffo-tulipano di Haruya.

Un brivido freddo gli attraversò la spina dorsale, e fece un passo in avanti, uscendosene con un –No!- convinto.

Ma il resto della classe non ebbe nemmeno il tempo di guardarlo male e porsi qualche domanda: Nagumo, lo sguardo impassibile, si irrigidì per un secondo sulla sedia.

-…-

Passarono istanti interminabili durante i quali il suo ciuffo parve a tutti tirato in aria da una forza invisibile.

-LA MIA FIAMMA!!- sbottò poi il rosso, le lacrime agli occhi, alzando le mani ai capelli.

 

-Hiroto-kun.-

-Hiroto-kun.-

-Hiroto-kun, sei arrabbiato con me?-

-Hiroto-kuuun!-

-Ti prego, ti prego, basta!-sbottò il ragazzo, le mani alle orecchie, mentre camminava avanti e indietro per la propria stanza.

Il bimbo davanti a lui mise il broncio (un tenero, piccolo broncio) ed abbassò lo sguardo, lasciando perdere il portapenne che aveva ricominciato a tentare di afferrare da quando era rientrato in camera.

Lo sguardo del più grande si addolcì, e Hiroto-kun si avvicinò di un passo -No, non sono arrabbiato.- disse, per poi socchiudere gli occhi verdi –Però era meglio evitare. Gli hai quasi strappato il ciuffo dai capelli.-

-Ma era un così bel tulipano!- piagnucolò il bimbo, agitando i pugnetti, al che l’altro ridacchiò. Ma si ricompose subito e, una mano al fianco e il dito indice dell’altra puntato verso il fantasma, replicò con un –Gli hai fatto male. E’ entrato in uno stato di shock e non sappiamo quando ne uscirà.-

Dopo “l’incidente”, infatti, il povero Nagumo, le mani ancora tra i capelli, aveva perso completamente coscienza di sé stesso. Pareva quasi che, avendogli tirato il tulipano, gli avessero staccato la spina. In quel momento era in camera sua a dondolarsi all’angolino, con un poco paziente Suzuno che gli sbraitava contro di smetterla di fare il cretino.

-E poi, come hai fatto?- aggiunse Hiroto-kun, perplesso. Ammiccò al portapenne –Quello ancora non sei riuscito a prenderlo, e…-

-Non lo so, ma è stato fantastico! Hiroto-kun, ho sentito i capelli tra le dita, sono riuscito a toccarli!- il più piccolo si riprese in quattro e quattr’otto, prendendo a saltellare per aria –Non so nemmeno io come ho fatto, ma è stata una vera forza!- rimase in silenzio per un paio di secondi, durante i quali parve perdere un po’ del suo entusiasmo –Non toccavo qualcuno da un sacco di tempo.- mormorò, distogliendo lo sguardo.

Hiroto-kun fissò le labbra strette di Hirocchan, e si sentì stringere il cuore.

Già, quel bambino era un fantasma.

Quel bambino non aveva contatti con le persone da chissà quanto tempo. Dentro di sé lo sapeva, lo sapeva perfettamente quanto fosse quel tempo. Ma ignorò quel sentore, quel presentimento che aveva avuto dalla prima volta che aveva visto il piccolo.

Alzò lo sguardo verde, nascondendo con un sorriso le proprie preoccupazioni e tentando di dissolvere quelle dell’altro –Dopo andrai a chiedergli scusa.- concluse indurendo scherzoso un poco il tono, arrossendo.

Non gli era mai capitato di comportarsi a quel modo, come un fratello maggiore. Era sempre stato tra i più piccoli, e con i suoi coetanei non aveva mai preso le parti di “quello responsabile”. Non troppo, almeno

Si accorse che la cosa gli provocava una sensazione stranamente piacevole, ma lo tenne per sé.

-Ma, Hiroto-kun, il ragazzo-tulipano non può vedermi!- rispose il bimbo, guardandolo stupito.

-E’ una questione di principio. Oggi pomeriggio andrò a vedere come sta. Verrai con me e gli chiederai scus…- non riuscì a terminare la frase, che si sentì gelare in tutto il corpo, com’era successo appena due giorni prima: Hirocchan gli era piombato addosso, intrecciando le braccia attorno al suo corpo come a volerlo abbracciare, ma era riuscito solo a passargli attraverso.

 

-Hiroto, sei un portento!- le urla di un bambino, che euforico addita un pallone da calcio –Sei un grande!- ribadisce, mentre un piccoletto con i capelli rossi ridacchia lusingato e si strofina il naso con un dito.

-Ma no, dai, non ho fatto nien…-

-Hiroto, hai rubato la palla a Balam!- si aggiunge una bambina con i codini biondi, pestando un piede a terra, indicando un quarto bimbo che singhiozza all’angolino –Sei veramente un antipatico!-

-Ma io non ho fatto niente!!- ribatte quello, gonfiando le guance.

-Hirochan.- un’ultima figura, una ragazza giovane, con lunghi capelli scuri, li raggiunge. Si abbassa e, aggrottando le sopracciglia, rimprovera gentilmente il piccolino con i capelli rossi –Hirochan, non sta bene far piangere le persone, che sia fatto apposta o meno. Vai a chiedere scusa a Balam.- lo esorta con un sorriso dolce.
Quello arrossisce ed increspa le labbra. Unisce i piedi e annuisce convinto –Si, hai ragione!- ammette, stringendo i pugni –Vado subito.- e fa per andare.
Si volta a metà strada.
-Grazie,
Hitomiko Nee-san.-

 

Inizialmente non si accorse che il più piccolo l’aveva lasciato mascherando una smorfietta di fastidio.

Non si rese conto di avere gli occhi sgranati.

Quando tornò alla realtà, vide solo Hirocchan svolazzargli attorno preoccupato –Hiroto-kun, Hiroto-kun, tutto ok?- chiedeva.

Il più grande spostò lo sguardo vacuo su di lui. Rimase in silenzio un paio di secondi. Poi ridacchiò nervoso, piano, grattandosi il capo –T-Tutto a posto.- mormorò.

-S-Scusami.- balbettò l’altro, arrossendo –N-Non volevo spaventarti, e…-

-Ma no. Davvero, non è niente.- si riprese del tutto, e piegò il capo di lato, regalandogli un piccolo sorriso –Ma… A te non ha dato fastidio, vero?-chiese. In fondo, il bimbo gliel’aveva detto che toccare un essere umano non era piacevole.

-Un po’.- spiegò quello, ritrovando il sorriso –Ma non importa! Prima o poi riuscirò ad abbracciarti veramente, come ho fatto con i capelli del ragazzo-tulipano!- promise, annuendo convinto. Pareva entusiasta, e l’altro non riusciva a spiegarsi il perché.

Hiroto-kun lo guardò negli occhi.

Il sorriso gli si incrinò.

-Si.- bisbigliò, per poi riallargarlo, nascondendo in un angolino del proprio cuore quella visione che gli aveva attraversato la mente, come se non fosse mai esistita.

 

-Com’è stato?

-… ?-

- Abbracciarmi, intendo.-

-… Freddo. E caldo insieme, Hiroto-kun.-

 

*

 

Et voilà!

Eccomi qui con il secondo capitolo!

E’ troppo lungo?

I nomi Hiroto-kun e Hirocchan vi confondono?

Spero di no, che sia tutto comprensibile *inchino* e che il capitolo vi sia piaciuto, perché mi ha divertita molto scriverlo. Non che succeda questo granchè, ma immaginarmi Nagumo in quello stato mi ha fatto ridere da sola come un’idiota xD

L’ultima parte specialmente mi è piaciuto molto scriverla. Nei prossimi capitolo il rapporto tra Hiroto-kun e Hirocchan si farà più intenso, e si scopriranno cose che nemmeno loro pensavano di conoscere riguardo loro stessi.

Ma non vi anticipo nient’altro u.u

Ringrazio tutti coloro che hanno letto, recensito, messo tra le preferite/ ricordate/ seguite questa fic, mi rendete sempre più contenta, davvero!! *sparge fiori e regala cioccolatini* çAç

Detto questo, mi dileguo!

Al prossimo capitolo!!

Greta.

  
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