La voce del Padrone
(Jean Sibelius, Valzer Triste, Op. 44)
Ha il malinconico sorriso della luna
negli occhi
la Gatta Nera
solitaria creatura sbocciata da misteriosi steli
ombrosi.
Fissava
rapita
acquatici abissi
interminati
le cui profondità parevano specchiarsi
in quei misteriosi occhi
cangianti
avidi di ogni luce.
Rimase lì
per un tempo infinito
sospeso
immobile
come solo le fredde rocce marittime.
"Chissà
cosà avrà da meditare
tanto intensamente..."
pensò il notturno,
poeta
dagli occhi di onice.
Nessuno, ora e mai, lo saprà:
le gatte nere non parlano mai.
Se non per gridare
lacrime aride
dilanianti suppliche di passionali
amanti
che invocano
la voce del Padrone.
(Jean Sibelius, Valzer Triste, Op. 44)
Ha il malinconico sorriso della luna
negli occhi
la Gatta Nera
solitaria creatura sbocciata da misteriosi steli
ombrosi.
Fissava
rapita
acquatici abissi
interminati
le cui profondità parevano specchiarsi
in quei misteriosi occhi
cangianti
avidi di ogni luce.
Rimase lì
per un tempo infinito
sospeso
immobile
come solo le fredde rocce marittime.
"Chissà
cosà avrà da meditare
tanto intensamente..."
pensò il notturno,
poeta
dagli occhi di onice.
Nessuno, ora e mai, lo saprà:
le gatte nere non parlano mai.
Se non per gridare
lacrime aride
dilanianti suppliche di passionali
amanti
che invocano
la voce del Padrone.