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Autore: ambra83    08/10/2006    1 recensioni
Ho riscritto la mia fic in html, così sarà più chiara da leggere!!!!!E' una AU un pò diversa, Kaori la paziente e Ryo l'infermiere...come si evolverà il loro rapporto?
Genere: Romantico, Commedia, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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cap6/ 3

Cap. 6 Perché?

 

10:36

 

Erano quasi due giorni che non lo vedeva.

Aveva voglia di guardarlo negli occhi.

Aveva voglia di sfiorare la sua mano.

Aveva voglia di ascoltare la sua voce roca e profonda.

Stava male senza di lui, sentiva la necessità fisica di averlo vicino.

Aveva passato le ultime ore ad analizzare nel dettaglio la loro conversazione avvenuta nella sala tv.

Lei era tornata lì ogni pomeriggio, riflettendo su tutto quello che lui le aveva rivelato in quell’intima confessione.

Avrebbe voluto consolarlo ancora e ancora…come lo sentiva simile a lei!

Kaori guardò fuori dalla finestra, pensando a cosa gli avrebbe detto quando finalmente quel pomeriggio sarebbe ritornato.

Doveva far finta di niente?

Doveva scusarsi…ma per cosa?

Doveva forse ringraziarlo per averle fatto compagnia?

O così lui avrebbe frainteso?

La ragazza appoggiò la testa sulle mani, con lo sguardo perso sul cortile dell’ospedale.

Gente che correva.

Infermieri nella pausa sigaretta.

Inservienti con ceste della biancheria sporca o pulita.

Dottori nei loro camici immacolati e svolazzanti, impossibili da non vedere.

Fu proprio uno di loro che in quel momento interruppe i suoi pensieri.

 

10:44

 

“Signorina Makimura, può seguirci un attimo?”

Il primario del reparto di neurologia, nel quale era ricoverata da quasi 2 settimane, era di fronte a lei, con accanto Fujico. La donna teneva gli occhi bassi, mentre l’uomo la fissava con aria grave.

“Si…subito.” Rispose Kaori con un filo di voce.

Perché non le parlavano lì?

Dove volevano portarla?

Si mise la vestaglia e le pantofole e seguì i due, che senza nemmeno aspettarla si erano già diretti proprio nella sala tv.

La fecero sedere sullo stesso divano sul quale aveva passato la mezz’ora più intensa ed emozionante della sua vita, senza immaginare che anche quel momento non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo.

“Bene Makimura…sono giunti stamattina i risultati degli esami ai quali è stata sottoposta la scorsa settimana. Dunque, abbiamo modo di pensare che lei sia nella fase iniziale della SM, e la nevralgia al trigemino ed i disturbi motori da lei descritti sono proprio due dei sintomi tipici, anche se in realtà non molto diffusi…Dobbiamo però ancora verificare la tipologia, solo dopo potremo definire con esattezza le cure, le riabilitazioni, una prospettiva delle ricadute e delle crisi…Dovrà quindi stare qui ancora una settimana circa per ulteriori aggiornamenti, così da poterle dare maggiori informazioni sulle sue condizioni reali e attuali. Verrà sottoposta ad una tac cranica…”

Il primo pensiero di Kaori fu che avrebbe trascorso il suo ventesimo compleanno lì dentro.

Poi rifletté sulle parole quasi incomprensibili del medico.

Altre analisi?

Crisi? Riabilitazione? Ricadute? E per cosa?

Probabilmente la sua faccia esprimeva tutti questi dubbi, perché ad un certo punto il primario smise di parlare e le chiese: “Makimura, è tutto chiaro?”

Kaori scosse lentamente la testa.

Sapeva che doveva preoccuparsi, che aveva qualcosa probabilmente di non troppo bello…ma di certo quei paroloni e giri di parole non l’avevano aiutata molto!

“Sinceramente non ho capito…nevralgia?”

Stupidamente domandò l’unica parola che in realtà conosceva, sperando che poi le spiegassero meglio anche tutto il resto.

L’uomo quasi infastidito ricominciò il discorso, come se stesse facendo la predica ad una bambina che ha appena combinato una marachella.

“Si, la nevralgia è uno dei sintomi più rari tra i giovani, ma espliciti ed essenziali della Sclerosi, quindi le fitte che ha sentito ed il dolore inequivocabile…”

“Sclerosi???” urlò Kaori, improvvisamente impallidita.

L’uomo la guardò come se fosse scema, credendo probabilmente che lei o fosse davvero stupida, o che non aveva ascoltato nulla.

Fu in quel momento che Fujico intervenne, mentre il primario si alzava per andare a rispondere al suo cellulare.

“Kaori, mi spiace moltissimo, ma le abbiamo diagnosticato la Sclerosi Multipla. Abbiamo rifatto gli esami due volte proprio per evitare ambiguità ed errori, ma i risultati purtroppo hanno dato esito positivo in  entrambi i casi.”

Kaori osservò l’espressione rammaricata e triste, ma estremamente professionale sul volto della dottoressa.

“Ma…ma, non può essere! Io avevo solo mal di denti!! Perché? Non può esserci stato un errore??” gridò Kaori, balzando in piedi ed infastidendo chiaramente il primario, ancora al cellulare.

“No, Kaori, mi spiace ma non ci sono stati sbagli. Lei ha la SM.”

Kaori sentì un’ondata di freddo invaderla. Non capiva più nulla. La testa le girava.

Sclerosi Multipla? Ma non si moriva con una cosa del genere?

Ma allora….stava per morire?

Quell’improvvisa consapevolezza sembrò trapanarle il cervello.

Di scatto e correndo uscì dalla stanza, per correre in bagno.

Dove rigettò tutta la colazione, e la cena della sera prima.

 

15:20

 

Kaori era rimasta tutto il tempo chiusa in bagno.

Non era uscita nemmeno quando Maki e Saeko erano andati da lei, verso le 11, dopo essere stati chiamati urgentemente dal caporeparto.

Maki era in lacrime, e Kaori non aveva avuto il coraggio di farsi vedere.

Suo fratello era distrutto, poteva capirlo dalla sua voce…E anche Saeko sembrava sconvolta. Avevano parlato per un po’, ma lei si era rifiutata di uscire.

Non voleva vedere nessuno.

Era tutta colpa sua se loro stavano soffrendo così.

Aveva rovinato la loro vita.

Alla fine i due poliziotti se ne erano andati, ma solo dopo che Kaori aveva promesso di uscire di lì almeno per cena, quando sarebbero ripassati a salutarla.

Loro sapevano, e capivano la reazione della ragazza.

Quello che non riuscivano a spiegarsi era come una persona giovane, forte, senza mai una tonsillite per vent’anni, potesse scoprire così improvvisamente di avere una malattia così grave. 

 

Kaori non piangeva, non aveva versato una lacrima.

Era come se i suoi processi mentali, cognitivi ed affettivi si fossero bloccati in stand-by.

Continuava a riflettere sui sintomi che l’avevano portata al ricovero.

Aveva male ai denti, ma in realtà non aveva l’ombra di una carie.

Spesso le punte delle dita si informicolivano, e anche i piedi…Ma credeva che la colpa fosse della stanchezza, del troppo studio per gli esami imminenti…

Era come se ragionasse sui problemi di un’altra persona, non dei suoi.

Dopo aver vomitato si era seduta sul water, con le gambe rannicchiate, ed in quella posizione fetale aveva trascorso le ore a ricordare cosa sapeva lei della Sclerosi…Era brava in scienze al liceo, e le era piaciuto moltissimo studiare le malattie più diffuse e quelle più stravaganti…

Sapeva che la SM era una sindrome degenerativa…Non l’avrebbe uccisa rapidamente come un cancro, ma l’avrebbe comunque accompagnata per il resto dei suoi giorni.

Si, ma quanti giorni? Quanto avrebbe potuto vivere? E come sarebbe stata la sua esistenza?

Kaori a queste domande non riusciva a rispondere…

Ma non riusciva a piangere. No.

La sua mente era come anestetizzata.

 

Fu in quella posizione che passò anche la prima parte del pomeriggio.

Quando sentì dei passi avvicinarsi.

Quei passi.

Kaori si era completamente scordata che quel pomeriggio lui sarebbe tornato.

E quindi se era lì era solo per lavoro.

Tale consapevolezza aumentò il suo nervosismo.

“E’ permesso?” domandò lui gentilmente, bussando alla porta.

“Vattene, tanto non esco.” replicò lei, con voce rauca e cattiva.

Ryo si stupì…non sembrava nemmeno il tono di Kaori…della sua piccola e dolce paziente.

“Posso parlare?”

Nessuna risposta.

Ryo interpretò quel silenzio per un si, e fu così che prese una sedia dal corridoio, la sistemò di fronte alla porta del bagno in cui era chiusa la ragazza e aprì sulle ginocchia il manuale che si era portato a dietro prestatogli da Fujico.

 

16:45

 

“E quando si capirà?”

“Non so…qui non lo dice…aspetta che vado a vedere se trovo qualcosa nell’indice…”

“Cavolo, ma perché sei così lento? Muoviti!”

“Un attimo!!Dannazione testa rossa…sei una vera rompiballe quando vuoi, lo sai?”

“Si, ma tu sei una lumaca.”

“Piantala, e taci! Non riesco a cercare se continui a parlare…”

Ryo era sudato, le maniche della camicia arrotolate fino ai gomiti, una matita dietro all’orecchio, il manuale tenuto febbrilmente sulle gambe. Ciocche di capelli erano incollate sulla fronte bagnata, impedendogli di veder esattamente le minuscole parole del libro.

Kaori era seduta per terra, la schiena appoggiata alla porta, ancora chiusa nel bagno.

Avevano passato l’ultima ora sul manuale di Sclerosi Multipla che Ryo si era fatto prestare dalla sua ragazza.

Lei chiedeva e domandava.

Lui cercava, sfogliava e sfogliava, fino a quando non trovava la risposta ai dubbi di lei.Credeva che in un momento come quello sarebbe stato stupido e inutile consolare Kaori…Usare le solite frasi stereotipate e standardizzate che rivolgeva ai malati più gravi ad una come Kaori…sarebbe stato come rivolgersi ad un muro.

Ryo sapeva per esperienza professionale che dopo aver scoperto di soffrire di una malattia grave il paziente, prima di disperarsi, viene subissato da interrogativi inquietanti sul suo futuro e sulle condizioni di vita, su cosa sarebbe cambiato e cosa invece sarebbe rimasto uguale.

E tale ragionamento l’infermiere credeva valesse ancora di più con una ragazza di vent’anni.

E specialmente con Kaori.

Le aveva così letto i paragrafi riguardanti i sintomi della SM, le cure più diffuse ed efficaci, le analisi ed i controlli necessari…tutto ciò che aveva più riscontro pratico e che quindi le premeva sapere in quel momento.

Ryo sapeva che Kaori avrebbe avuto tutto il tempo per elaborare ed accettare il fatto di essere malata, tempo per piangere e disperarsi.

Ora lui doveva aiutarla a capire, a conoscere cosa sarebbe successo al suo fisico, al suo sistema nervoso e motorio.

Si sentiva un po’ a disagio, perché in realtà avrebbe voluto abbracciarla e cullarla come una bambina piccola…ma non era certo il caso, né il posto adatto.

E poi…

Non voleva rispondere alla sua ultima domanda.

Quella che lui temeva di più.

“Potrò avere figli?”

 

  
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