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Autore: formerly_known_as_A    08/10/2006    3 recensioni
Dopo aver letto "sunshine in winter", mi è venuta in mente la trama per questa fanfction...
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Vincent Valentine, Yuffie Kisaragi
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Home sweet home

Home sweet home

 

Un altro gemito.

Stava facendo un incubo, di nuovo...

La spaventava, a volte... Il più delle volte, ad essere sinceri.

 

All’inizio riusciva a calmarlo, non sapeva ancora per quale miracolo divino, almeno un pò...

Con il tempo aveva perso quel potere. O, forse, i suoi incubi erano peggiori dei precedenti...

 

Non poteva far altro che stringergli una mano ed aspettare.

Che si risvegliasse di scatto, cercando aria come se stesse soffocando e, a volte, sussurrando il suo nome.

Come un bambino.

 

Era l’unico momento in cui riusciva ad avere il coraggio di sfiorarlo...

 

 

 

Sollevò lo sguardo dal libro su cui stava cercando inutilmente di studiare e controllò per l’ennesima volta che cosa stesse facendo.

 

Guardava semplicemente il soffitto, immerso nei propri pensieri.

Non era né migliorato né peggiorato.

 

Era sempre muto, apatico, privo di volontà.

 

Lei, al contrario, era terrorizzata. Non voleva lasciarlo solo. Non poteva.

Anche il dottore le aveva detto che avrebbe potuto avere delle ricadute.

Aveva detto che il cervello è un meccanismo complesso, pieno d’ingranaggi che, per funzionare bene, non devono assolutamente subire ripetuti urti o altri shock.

Spesso la persona subiva questi “urti” ma continuava a comportarsi normalmente.

A volte, però, un ingranaggio saltava e si poteva arrivare a tentare il suicidio.

E riuscirci, quasi sempre.

 

Ammettere che era qualcosa di sbagliato, pensare di porre fine alla propria vita, era necessario per avviarsi verso una guarigione più o meno completa, ma quasi mai definitiva.

E, per prima cosa, bisognava parlare.

 

Ciò che era più frustrante, per lei, era che Vincent parlava con lo psichiatra. Ma non apriva bocca a casa.

 

Le avevano ripetuto che era molto fortunato. Perché era sopravvissuto.

Ma lo era?

L’unica cosa che desiderava era morire e lei gliel’aveva impedito. L’aveva fatto diventare un’automa. Un sacco vuoto.

Solo perché voleva vederlo vivo.

 

Era sicura che i suoi pensieri oscuri lo stessero tormentando molto più di prima.

Che si sentisse ancora più solo.

Che volesse morire, più di prima.

 

Tornò a fissare, senza però vederle realmente, le lettere ordinatamente allineate sul suo libro.

 

Le era impossibile riuscire a concentrarsi.

Si massaggiò le tempie, accorgendosi che il suo cellulare stava lampeggiando.

Si chiese se fosse giusto rispondere al posto suo...

Era Shelke, dopotutto.

Tra lui e la ragazza c’era un buon rapporto e non se la sentiva d’insinuare in lei qualunque dubbio sulla sua fedeltà...

 

Sempre che stessero veramente insieme...

Erano usciti insieme parecchie volte e Vincent sembrava così felice... Come se le ombre del suo passato non riuscissero più a raggiungerlo.

 

Il telefono smise di lampeggiare.

Cinque chiamate senza risposta.

 

Un pò la invidiava... Le riusciva semplice farlo felice...

Per lei era così difficile...

Non avrebbe saputo da dove iniziare.

Al contrario, tutto ciò che faceva per il suo bene sembrava agire in modo inverso.

 

Un flash la riportò nuovamente alla realtà.

Un nuovo messaggio.

 

Shelke.

 

Osservò la figura immobile dell’ex Turk e, sospirando, lo lesse.

 

Ciao. Se non sentirmi, dimmelo, non c’è bisogno di evitarmi in questo modo, non mi sembra di averti fatto nulla di male. Dove sei sparito durante questo mese? Ho provato ad andare a casa tua ma le luci erano spente. Hai cambiato casa? Ti prego, Vivi, rispondimi...

 

Vivi... Che ironia...

 

-Vincent, c’è Shelke che cerca di chiamarti da un’ora, vuoi almeno rispondere al suo messaggio? E’ preoccupata per te.- annunciò, stizzita, mostrandogli inutilmente il cellulare, con una gran voglia di tirarglielo in faccia.

 

Non la degnò di uno sguardo.

 

Credeva che avrebbe reagito, sentendo il nome dell’amata...

Non gl’importava neppure di lei.

 

Come poteva essere tanto egoista?!

Come poteva solo pensare che a nessuno potesse importare se viveva o moriva?!

 

Il suo pensiero fisso era Lucrecia...

...Andare da lei.

...Morire.

 

Afferrò la propria borsa ed uscì sul terrazzino della cucina, accendendosi una sigaretta e componendo il numero di Shelke.

Che rispose quasi immediatamente.

 

-Vivi?!-

 

Sospirò:-Shelke, sono Yuffie, devo dirti una cosa...-

 

L’altra scoppiò improvvisamente a piangere. Rimase a bocca aperta.

Ma non era una mocciosetta idiota che chiamava la gente per nome e cognome e se ne fregava altamente di tutto e di tutti?

 

-Ho capito, non c’è bisogno che aggiunga niente. Sì felice con lui.- rispose, tra i singhiozzi.

 

@_@

Che razza di paranoica...

Credeva veramente che potessero stare insieme?

 

-Shelke, non hai capito niente, aspetta!- la fermò prima che riattaccasse. –Vincent non mi parla nemmeno, come vuoi che sia possibile una relazione tra noi?!-

 

Silenzio.

 

-Non state insieme?-

 

-No... E’ successo qualcosa di grave, è per questo che non ha potuto risponderti personalmente... Ecco... Vedi... Vincent ha...- si schiarì la voce ed aspirò profondamente il fumo della sua sigaretta.

 

Sentì il cellulare scivolarele dalle mani.

 

-Ciao Shelke. Sì, scusa, sono stato occupato. No, niente, sai com’è fatta... No, no, certo... Ok... Senti, avrò da fare anche questo mese, quindi non potrò chiamarti. Ti chiamo io. Sì...-

 

La voce di Vincent...

Alzò lo sguardo.

Stava meglio?

 

Lo osservò sedersi su una sedia, in cucina e discutere tranquillamente con la ragazzina.

 

Finì la sigaretta, la spense sul proprio palmo e andò a sedersi dall’altra parte del tavolo.

 

-Ti amo anche io...- lo sentì sussurrare, con la solita voce monotona.

 

Ti amo anche io...

Quanto c’era di vero in quella frase tanto falsa?

E, poi, perché aveva tanta voglia di finirsi il pacchetto di sigarette seduta stante?

 

Si sentiva triste.

Per Shelke, principalmente. Ci credeva veramente?

 

Lo sentì alzarsi.

E poi avvertì un bruciore intenso alla guancia.

Le aveva tirato uno schiaffo.

 

-Perché?!- esclamò, alzandosi a sua volta. –Perchè ho detto la verità? Perchè non faccio finta come te? Quel ti amo era davvero patetico, lo sai?-

 

La ignorò e tornò in camera.

 

Prendersela con lui non ne valeva la pena, anche se l’avrebbe volentieri preso a pugni.

Soprattutto perchè non aveva pensato a dosare la sua forza sovrumana, dandole quello schiaffo. Le aveva fatto dannatamente male.

 

Voleva piangere.

Sedersi in un angolino buio e piangere.

 

Ma non poteva. Se avesse pianto, sarebbe saltata tutta la terapia...

E lo psichiatra l’avrebbe ammazzata di sicuro.

 

-Egoista bastardo. Egoista bastardo. - sibilò.

 

 

***Note***

 

Grazie molte per i vostri commenti... Come avrete notato, non è una One shot.

Non so se riuscirò a finirla, perché non è semplice, per me, scrivere su questo tema. Ma ci proverò, se v’interessa sapere come finisce.

Assistere una persona che ha tentato il suicidio non è molto semplice... E la ninja purtroppo non è iron woman...

Credo che noterete un progressivo crollo della salute mentale di Yuffie... Anche in questo capitolo, quando si spegne la sigaretta sulla mano... (cosa che, per me, è diventata un’abitudine... Per fortuna ho smesso! ^_^)

In realtà non so bene dove voglio arrivare, se avrà un lieto fine o meno...

Quindi, ho bisogno dei vostri commenti!

 

Comunque, non scriverò dal punto di vista di Vincent, mi dispiace... Ciò che pensa rimarrà un mistero... Almeno per un pò!

Sto cercando di mettermi nei panni di Yuchan!

   
 
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