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Autore: anastasia in love    07/03/2012    11 recensioni
Il Tredicesimo Apostolo:Piccola fanfiction basata sulla storia d'amore tra Claudia e Gabriel!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Scomparse le nubi grigie all’orizzonte,scomparse le foglie secche agli angoli delle strade,scomparso il vento freddo e la pioggia incessante.
Ora Roma odorava di mimose e gelsomini,sapeva di caramelle e aspettava le fragole,era in marzo ma già sembrava aprile.
E Claudia si godeva il primo sole di primavera mentre passeggiava lentamente tra le vie del centro. In mano un sacchetto con un biberon,e davanti a lei un pancione di appena cinque mesi. Era il primo regalo che faceva al suo bambino. Lo aveva scelto attentamente tra decine e decine di biberon,lasciandosi guidare più dall’istinto che dai consigli della commessa.
Quello che aveva comprato aveva un piccolo disegno di un aquilone blu,e Claudia lo aveva scelto proprio per quel particolare: l’aquilone vola alto nel cielo,e chi guarda il cielo è un sognatore.

Era facile adesso,tra l’odore dei fiori d’arancio e il calore del sole sulla pelle, credere che fosse stato sempre così. Così semplice,così lineare,così incredibilmente giusto. Ma no,non era stato sempre così. C’erano state le nausee,i crampi allo stomaco,le notti insonni,le lacrime ubriache e le sigarette sul comodino.
C’era stata la solitudine,il vuoto,il dolore lancinante e l’apatia,e poi c’era stato quel bigliettino da visita fissato sullo sportello del frigo,proprio dove prima teneva la foto di loro due. Una clinica privata,un dottore gentile e sorridente, e un intervento che sarebbe durato al massimo mezz’ora. E allora addio lacrime,addio sofferenza e addio bambino.
Ci aveva pensato sul serio in quei mesi,ma alla fine le era sempre mancato il coraggio. E ci aveva pensato soprattutto la mattina,quando alle sette in punto si ritrovava inginocchiata in bagno,intenta a vomitare qualsiasi cosa avesse ingerito la sera prima. E dopo il vomito piangeva sempre,desiderando più di ogni altra cosa non solo smettere di vomitare,ma soprattutto avere lui accanto che le tenesse la testa o che le sciacquasse la bocca amara e il viso sudato.
Così correva in cucina e rimaneva a fissare quel bigliettino per ore,non decidendosi mai prendere in mano quel maledetto telefono.

Durante il primo mese non era mai andata allo studio. Ogni mattina aveva una scusa diversa e sempre meno convincente,ma la verità era che non riusciva ad andare al di là del bagno o della camera da letto. Fumava tutto il giorno,e se non fumava piangeva,ma accadeva anche che fumasse e piangesse nello stesso momento.
A volte malediceva Gabriel,a volte sentiva di odiare quel bambino con tutta se stessa,e altre volte semplicemente non pensava a niente se non a come arrivare a fine giornata.
Poi un giorno era successo qualcosa. Si era ritrovata in mano la prima ecografia del suo bambino. Era quasi invisibile,solo un ammasso di cellule privo di una memoria e di una coscienza,ma Claudia aveva sentito di amare quell’esserino senza forma e senza sostanza in una maniera del tutto nuova e inaspettata. Così era corsa a casa e aveva strappato quell’odioso biglietto da visita,e al suo posto,sul frigorifero,aveva messo quella stessa ecografia.
E via le sigarette,via le bottiglie di vino,via qualsiasi cosa che non si addicesse ad una donna incinta. Certo,ogni mattina alle sette in punto continuava a vomitare e ogni sera prima di andare a letto piangeva così forte da sentirsi morire,ma pian piano quella tristezza,quel senso di vuoto e quell’apatia avevano lasciato spazio ad una nuova consapevolezza.
Aspettava un bambino,e ora il suo unico desiderio era quello di essere una madre migliore della sua. Già,sua madre. Claudia era andata a trovarla e aveva pianto per tutto il pomeriggio stretta a lei,che non una volta le aveva chiesto chi fosse il padre del bambino. L’aveva semplicemente cullata come non aveva mai fatto quando era piccola,e le aveva sussurrato che una donna forte come lei sarebbe stata di sicuro un’ottima madre.

E le nausee ad un certo punto erano scomparse del tutto. Claudia aveva imparato a mangiare la frutta,prendeva regolarmente le sue vitamine e non saltava neanche una visita dal medico,il quale ogni mese le stringeva la mano dicendole che la gravidanza procedeva perfettamente. E poi aveva cominciato ad ingrassare,aveva i piedi gonfi e la schiena a pezzi,e soprattutto aveva riscoperto un’insana passione per il gelato che spesso mangiava seduta su una panchina del parco,intenta ad osservare giovani mamme con i loro bambini.

Spesso parlava con il suo piccolo,accarezzandosi il ventre ogni giorno più gonfio. A volte gli raccontava delle favole,altre volte gli cantava una canzone,ma quasi sempre gli parlava del suo papà e del loro amore. E allora si scusava con quel figlio non ancora nato,perché il suo papà non avrebbe mai saputo della sua esistenza.

E ora,sotto il sole malato di marzo,Claudia passeggiava lenta e serena. Non felice,ma tranquilla. E quella sorta di quiete che sentiva dentro la doveva in parte alla presenza di Giulia,l’unica che capisse davvero il suo stato d’animo,l’unica che sentisse come lei tutto il peso e l’angoscia di crescere un figlio da sola. Ma lei se la cavava bene,riuscendo chissà come a coniugare gli studi al suo essere madre. Era forte lei,decisa e caparbia,e Claudia la ammirava per la tenacia che dimostrava giorno dopo giorno.
In fondo erano così simili loro due: entrambe avevano perso il loro uomo,perché per Claudia Gabriel era morto,seppellito sotto un cumulo di ricordi che non aveva il coraggio di rivangare per paura di rivivere ancora quel dolore che stavolta l’avrebbe schiacciata per sempre.
E così continuava a passeggiare verso il parco dove aveva un appuntamento proprio con lei. Faceva pratica di bambini,lei che di bambini ne sapeva davvero poco.
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Marzo è il mese della pazzia,ma non ricordava quale scrittore lo avesse detto. A questo pensava Gabriel mentre il treno entrava lentamente in stazione annunciando il proprio arrivo con un fischio sordo e strozzato. Accanto a lui diverse persone cominciarono ad alzarsi radunando i propri bagagli.
E anche Gabriel si alzò,mentre dal finestrino impolverato aveva riconosciuto il viso di Alonso che lo aspettava sorridente sulla banchina.
Appena si incontrarono i due si scambiarono un forte abbraccio,ma subito dopo il vecchio si soffermò a squadrare con sguardo contrariato il giovane che aveva davanti a sè. In quei mesi Gabriel era dimagrito visibilmente,profonde occhiaie marcavano i suoi occhi stanchi e disperati,la barba era incolta e pungeva,e persino i suoi movimenti sembravano più lenti e trascinati.

-“Gabriel,finalmente!Raccontami tutto,ragazzo mio.”-aveva detto Alonso,incamminandosi con lui verso l’uscita.
-“Dall’ultima volta non ci sono grosse novità. “-aveva risposto Gabriel con lo sguardo perso nel vuoto. In quei mesi aveva trascorso molto tempo in solitudine,perciò il chiasso della stazione lo aveva per un attimo sorpreso e infastidito.
-“Isaia è rientrato già da qualche settimana. Tu perché sei rimasto?”
-“Ma non capisci,Alonso?Era lì,lo abbiamo combattuto,e poi è scomparso di nuovo. Non riesco ancora a crederci di essermelo lasciato sfuggire ancora una volta.”
Nel tono della sua voce c’era un filo di rabbia e frustrazione. Gabriel sembrava stanco e sfinito ma non tanto nel fisico,quanto nell’anima.
-“Gabriel, non puoi continuare così! Guardati,sembri malato. Questa storia ti sta uccidendo,e io non voglio perderti!”
E allora Gabriel aveva sorriso,rassicurandolo per tutto il tragitto che lo aveva riportato a casa.

Strano rivedere il suo appartamento dopo tanto tempo. Era tutto familiare,ma in un certo qual modo anche sconosciuto. Era la sua casa,eppure non la sentiva più sua. Era stato davvero lui a comprare quella lampada?Era stato davvero lui a scegliere la stoffa del divano? Gabriel sentiva di essere cambiato,come se quei mesi lontani da Roma lo avessero  trasformato irrimediabilmente. Si sentiva stanco dentro,deluso,sconfitto. Sentiva che la battaglia con Serventi gli aveva prosciugato tutte le energie,perciò tutto ciò di cui aveva bisogno era una lunga doccia e qualche ora di riposo ,prima di riprendere con il normale corso della sua esistenza.

Ma da un paio di mesi dormire era diventato impossibile,perché in sogno si mescolava la figura spaventosa di Serventi con il viso di Claudia,il fantasma di suo padre con la scena del tradimento di sua madre,la dura battaglia che aveva combattuto  e la vita che avrebbe potuto avere se fosse rimasto al suo fianco.
E come sempre,Gabriel si era svegliato urlando,rosso in viso e madido di sudore,ma soprattutto ancora più stanco e sfinito di prima. Così si era alzato ed era andato in cucina dove aveva bevuto un lungo sorso di acqua fredda direttamente dal rubinetto. Poi aveva afferrato il cellulare e aveva telefonato a Giulia,scusandosi con lei per non essersi fatto vivo in tutti quei mesi. E aveva notato il tono sorpreso e pensieroso di lei quando lo aveva invitato a raggiungerla al parco.

-“Venga professore,la prego,così vedrà il piccolo Pietro. Mi dica che verrà,è importante! Se lo ricorda il parco?E’ proprio dietro casa mia!””-aveva detto,ansiosa,ripetendogli più volte quanto fosse felice che lui fosse tornato in città. Gabriel non aveva voglia di uscire,ma il tono della ragazza era diventato quasi supplichevole così,più per cortesia che per vero piacere,le aveva promesso che sarebbe andato da  lei.

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 Il sole era alto nel cielo quando Gabriel aveva varcato il piccolo cancelletto in legno che delimitava il parco, denso a quell’ora del chiacchiericcio fitto dei bambini. Poco più in là un papà spingeva il suo bambino che oscillava divertito e impaurito su un’altalena,mentre in lontananza scorse un gruppo di ragazzini che giocavano a pallone. La primavera era arrivata anche lì,giocosa e sensuale come sempre,e aveva ricoperto il prato di margherite bianche e le staccionate di edera fresca e profumata.

Gabriel avanzò lentamente verso il centro del parco,respirando a pieni polmoni l’aria dolce e deliziosa e guardando incantato e divertito un gruppo di bambine che gettava molliche di pane nello stagno accanto a lui. Quando le anatre si avvicinavano a beccare il pane loro si ritiravano quasi impaurite,ma poi ritornavano ai bordi dell’acqua per osservare meglio la scena.
Allora Gabriel si era fermato lì vicino,godendosi il torpore del sole sul viso e guardando di sfuggita l’orologio,ma alzando lo sguardo una figura aveva catturato la sua attenzione. Era successo tutto molto velocemente,per cui poteva essersi ingannato,ma la sua testa ora gli urlava di alzare gli occhi e guardare lontano,al di là delle giostre,perché lei era proprio lì.
Ma non poteva essere Claudia,non poteva essere lei. Era stato tutto  frutto della sua immaginazione malata,della sua mente contorta,del suo cervello perverso. Claudia non era in quel maledetto parco,Claudia non era vicino a quella dannata panchina,Claudia non era al di là delle giostre.
Ma alza lo sguardo,diceva una voce dentro di lui,alza lo sguardo e non aver paura di ciò che vedrai. Così lui aveva alzato gli occhi e l’aveva vista per davvero.
Non si era ingannato,non si era sbagliato,perché Claudia era esattamente lì ,in quel parco,al di là delle giostre,vicino ad una panchina.
Era lei,eppure non era lei: gli occhi erano sempre grandi e castani,ma non li ricordava così vivi e luminosi,la pelle sempre candida e perfetta,ma mai così lucida e chiara. E poi il suo corpo era sempre alto e slanciato,ma in alcuni punti era come appesantito e deforme.

Gabriel era troppo distante da lei,e in più i bambini che oscillavano sui cavalli a dondolo non gli permettevano di guardarla che fino al suo petto,ma c’era qualcosa di strano in Claudia,qualcosa di diverso, anche se non avrebbe saputo dire esattamente cosa. Era sempre bellissima,ma la sua bellezza aveva un non so che di dolce ed incredibilmente femminile che non aveva mai avuto.
Ad un tratto il suo cuore cominciò a battere forte,mentre sentiva crescere l’impulso di correre da lei e abbracciarla,di correre da lei e scoprire quale folle e insensato incantesimo avesse fatto di Claudia una donna così bella da essere addirittura più bella di Claudia stessa.
Ma Gabriel la guardava indeciso,emozionato e sofferente allo stesso tempo. Che ci faceva lì? Anche lei stava aspettando Giulia?
Lui non  lo sapeva,ma intanto continuava a fissarla,estasiato. Poi ad un tratto Claudia si era voltata verso di lui e lo aveva visto. Doveva essere così,perché all’improvviso lei aveva abbassato le braccia come per coprire qualcosa,e ora lo fissava a bocca aperta,attonita,immobile,bellissima.

Senza neanche rendersene conto Gabriel aveva cominciato a camminare lentamente verso di lei,chiedendosi che cosa mai le avrebbe detto una volta che le sarebbe stato di fronte. Lei lo odiava perché l’aveva lasciata,lo disprezzava ,o almeno era quello che credeva.

Non avvicinarti Gabriel,non voglio che tu veda la mia pancia ingrossata. Vattene ,perché adesso ho imparato a vivere senza di te,vattene perché se mi guardi così io dovrò ricominciare tutto daccapo. Ti prego, non avvicinarti. Altri pochi passi e te ne accorgerai. Non serve a niente coprirsi con le braccia,perché tra poco lo vedrai  e io non voglio leggere nel tuo sguardo lo stupore nel vedermi incinta. Vattene,Gabriel.

Ecco cos’era cambiato. Ci aveva pensato a lungo mentre camminava,mentre superava le giostre che li separavano,mentre si avvicinava a lei con occhio vigile e imbarazzato. E quando se ne accorse,quando finalmente vide quel particolare che gli era sfuggito,ad un tratto si era fermato,lontano da lei solo di qualche metro,come colpito da uno schiaffo.
Chi ti ha fatto questo? Chi ti ha messo dentro quel bambino mentre io non c’ero?

Ecco perché era così bella,ecco perché i suoi occhi erano così luminosi,ecco perché la sua pelle era più lucida,ecco perché il suo corpo era così appesantito. Claudia aspettava un bambino,e quel bambino non  era suo.
Di chi è,Claudia? Con chi sei andata a letto? Dimmi che è stato solo sesso,perché tu l’amore lo facevi solo con me.

Qualcun altro aveva baciato quelle labbra,qualcun altro le aveva morso il collo e le spalle,qualcun altro aveva conosciuto ogni più piccolo particolare del suo corpo perfetto. Qualcun altro era stato dentro di lei mentre lui ,solo ,combatteva per la salvezza di entrambi.

Non guardarmi così,come se non lo sapessi. Come se non sapessi che questo figlio è tuo,come se non sapessi che lui è carne della tua carne e sangue del tuo sangue. A cosa stai pensando? Non sono andata a letto con nessuno,maledizione! Come puoi guardarmi e non capire che è tuo il bambino che porto in grembo?

-“Ciao!”-aveva detto lei,spezzando un silenzio diventato ormai insostenibile.
Gabriel l’aveva fissata a lungo,poi aveva abbassato lo sguardo,certo di non riuscire a guardarla negli occhi. Non aveva la fede al dito,e di questo si era sorpreso a sospirare di sollievo.
-“Ciao!”
-“Come mai sei qui? Aspetti Giulia anche tu?”
Ma cosa stiamo facendo? Parliamo di convenevoli? Tra un minuto mi dirai che è una bella giornata e che ti ha fatto piacere rincontrarmi? Lo sappiamo tutti e due che quel pancione che tenti ancora di coprire è la causa dei nostri sguardi indagatori.

-“Si,sto aspettando Giulia. Come … come stai?”
Claudia aveva portato una mano sulla pancia come per proteggerla,un gesto che faceva spesso ogni volta che si sentiva minacciata,ogni volta che si sentiva a disagio.
Sei cambiato. La barba incolta,lo sguardo triste,i movimenti lenti. Dove sei stato? Sembra che tu abbia combattuto una battaglia troppo dura da sopportare. E poi  perché mi sfuggi con lo sguardo? Qui dentro c’è tuo figlio,e quando ti ho visto ho sentito un calcio,forte e chiaro dentro di me. Lui ti ha riconosciuto, tu no.

-“Sto bene,grazie!”-aveva mormorato lei,a disagio. Poi aveva abbassato gli occhi,strofinandosi i piedi imbarazzata. Tra di loro,ancora il silenzio.
Farei l’amore con te anche qui,adesso,con quella pancia rotonda e perfetta che ti rende bellissima. Non ho mai smesso di amarti in questi mesi,te lo giuro. E ora che ti vedo così,incinta di un altro,mi chiedo se ne sia valsa la pena. Ma poi ti guardo e ti trovo ancora più bella. Faresti l’amore con me? Claudia, dimmi di si. Claudia,dimmi che non mi hai dimenticato.

-“Forse è meglio che vada! Dì a Giulia che la chiamo più tardi.”
Un ultimo sguardo. Triste,strano,intenso,arrabbiato,indifeso. Poi si era voltata e si era incamminata lentamente verso l’uscita,lasciando Gabriel solo e ferito.
Avanti,chiedimi di restare. Afferrami un braccio,corrimi dietro,ma chiedimi di restare. E chiedimi chi è il padre del bambino. E’ tuo Gabriel,e spero che tu non abbia pensato neanche per un momento che potrebbe essere di un altro uomo. Sto per andare via,il cancello è davanti a me. Avanti,chiedimi di restare.
Ma lui era rimasto in silenzio,e lei era scomparsa come il sole,mentre nel parco si accendevano i primi pallidi lampioni.
 
-“Professore!”
Gabriel si era voltato e aveva visto Giulia che correva verso di lui con uno strano sorriso eccitato. Non la vedeva da mesi,eppure era sempre la stessa.
La gravidanza non le aveva lasciato nessun segno evidente,anzi sembrava ancora più magra di prima.
-“Giulia,ma dove sei stata?”-aveva detto lui,mentre le andava incontro. Ma Giulia aveva continuato a sorridere,guardandosi intorno mentre si fermava ansimando davanti a lui,cercando di riprendere fiato.
-“Dov’è Claudia?”-disse,ignorando la sua domanda. Sembrava delusa di non averla trovata lì.
-“Claudia è andata via. “-rispose semplicemente.
-“Ma non vi siete parlati? Ma non glielo ha detto?Ho organizzato tutto questo per…”
Ancora ansimava per la lunga corsa.
-“Giulia,che cosa doveva dirmi? E’incinta,e questo l’ho visto anche da solo. Non dovevi farci incontrare,perché tra me e Claudia…”
Ma lei lo aveva interrotto afferrandogli le spalle,un gesto che non le aveva mai visto fare prima.
-“Professore si svegli,il bambino di Claudia è suo!Claudia aspetta suo figlio,non lo ha ancora capito?”

Gli ci volle qualche minuto per riorganizzare quella frase nel suo cervello. Prima doveva capire il significato delle singole parole,e poi il modo in cui quelle stesse parole avevano organizzato quelle frasi.
E solo quando il significato gli fu chiaro,solo quando ebbe letto negli occhi stanchi di Giulia la più sincera e spassionata verità,Gabriel sentì una fitta dritta dritta al cuore,e per un attimo il respirò gli morì in gola.
Ma certo era così,perché poteva essere solo così,perché non c’era altra spiegazione per quel ventre ingrossato. Claudia lo amava,perciò quel bambino era suo. Come poteva essere altrimenti? Gabriel conosceva il dolore di Claudia perché era anche il suo dolore,conosceva i pensieri di Claudia perché erano anche i suoi pensieri,e perciò come aveva potuto dubitare del suo amore? Perché l’amore di Claudia era anche il suo amore.

-“Ma dove era finito? Sono mesi che la cerco,ma al cellulare non rispondeva e alla Congregazione non hanno voluto dirmi niente. Corri da lei professore,e lo faccia adesso!”
 Gabriel si era voltato di scatto verso l’uscita e in un attimo aveva cominciato a correre,lasciando Giulia sotto la luce dei lampioni di un parco ora deserto. Una Giulia sorridente che si incamminava lentamente verso casa per raggiungere suo figlio.



 Premetto che questo capitolo non mi piace,ma la mia mente non  ha partorito nulla di convincente,perciò posto quello che ho scritto sperando nella vostra benevolenza!
Ringrazio ancora tutte coloro che hanno letto e recensito il precedente capitolo(siete uniche!)e vi invito a scrivermi tutte:sono aperta a qualsiasi critica,perciò fatevi pure avanti!
Vi lascio con questo che è il mio penultimo capitolo,perciò con il prossimo si conclude questa mia FF(stavolta sul serio!),ma prima di salutarvi vi invito a guardare su internet(dovrebbe essere sul sito della Rai) la puntata di Cinematografo del tre marzo dove è stato ospite Claudio Gioè: non so cosa ne pensate voi,ma lì era di un bono pazzesco!

PS.E’ lunghissimo lo so,ma ormai ho perso le speranze di scrivere qualcosa di meno lungo e prolisso!
 
 
  
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