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Autore: Ginny85    09/10/2006    13 recensioni
"Ora, ascolta, Elizabeth..." sibilò Jack Sparrow.
Le prese la mano nella sua con delicatezza sbalorditiva, e lei notò che, a differenza di tutto il resto, era calda e morbida. Il pirata gliela fece poggiare sul suo torace, leggermente verso sinistra, lì dove avrebbe dovuto esserci il cuore pulsante "Ascolta...cosa senti?"
Nulla.
Vuoto e silenzio.
Elizabeth ritrasse la mano con uno scatto, i suoi occhi scuri guizzarono intimoriti in ogni direzione, cercando nel suo viso una risposta.
"Jack, tu..."
"Esatto, tesoro. Come hai potuto appurare tu stessa, non ho perso solamente la Perla quel maledetto giorno..."
Genere: Romantico, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Untitled

Note dell'autrice: Ecco, l'ho fatto. Dopo aver visto per la seconda volta "Dead Man's Chest" ed essermi straziata, per la seconda volta, nel rivedere un finale imprevisto e stupefacente...non ho saputo resistere all'impulso di mettere nero su bianco, o meglio, su schermo, la tempesta di emozioni e sensazioni che questo secondo film ha avuto il potere di scatenare nella sottoscritta...mi sono detta: "Perché no?" e considerato che in questa sezione ci sono degli autori molto più bravi e carismatici di me medesima, ho pensato che ricevere un paio di consigli nonché la loro personale opinione su questa umile one-shot non potesse che farmi bene. Eccomi qua, dunque! Che aspettate a leggere e commentare, per mille casse di rum?!

Ginny85 (evasa in via del tutto occasionale dal magico mondo di Harry Potter per intraprendere una breve quanto emozionante vita da vera pirata...potenza della fantasia!^^).

Disclaimer: I personaggi di seguito rappresentati appartengono ai rispettivi autori e produttori (Disney Copyright), e anche il testo della canzone usata è proprietà dell'autore. Si tratta di un'opera di fantasia, senza alcuno scopo di lucro.



Lady of the Sea (My Freedom is You)
Di Ginny85



Out of the moonlight in the month of May,
This ship would take her last breath.
Her full mast it was draping,
Like a mermaid she was dressed.

Her lonely heart is setting free,
All her cares they went sailing out to sea.

All those people gathered round,
Flocked to view that lovely sight.
All young maidens came to town,
They waved her out into the night.

She tried to clear the rocks with swelling
sails,
The ocean beat her everytime,
And with a crack her body failed.
Sea engulfed and filled our eyes.

When the news returned to the town,
Every maid sat on the pier,
With lovers lost and fathers never found,
For now that mermaid`s dressed in tears.

Her lonely heart has set us free,
As all our prayers they went sailing out to
sea.
You can hear her calling,
Now that mermaid's dressed in tears


Lady of the sea - Seth Lakeman.


***

La figlia del governatore Swann fissò negli occhi il capitano della Perla Nera. E lui fissò lei negli occhi, pochi centimetri a dividere i loro visi, i loro respiri intrecciati e fusi l'uno nell'altro dopo la sconvolgente onda di passione che li aveva travolti inaspettatamente, rischiando di mandarli alla deriva.
Col vento salino che le pettinava i lunghi capelli sciolti, Elizabeth si passò in un gesto del tutto istintivo, involontario, la lingua sulle labbra recanti ancora il suo sapore. Il sapore di un pirata.
Il pirata se ne accorse, e sorrise come suo solito. Malizioso, ma con un pizzico di sarcasmo.
"Vuole te, Jack, non la nave...nè noi. Era l'unico modo. E non mi pento" sussurrò la ragazza mutando espressione. La voce, nonché i lineamenti duri del viso, tentavano disperatamente di mostrarsi freddi, insensibili e spietati, diversamente dal dolore estenuante che i suoi occhi marrone caldo emanavano. I suoi occhi non mentivano mai. Erano troppo sinceri, e luminosi, e stupendi, per osare tanto.
Il bel capitano lo sapeva. Lui lo aveva capito, sempre, poiché non vi era segreto rinchiuso nel cuore della donna, non vi era tratto nascosto e ambiguo della sua personalità che da che si conoscevano era potuto rimanere a lungo celato al suo intuito di uomo.
Le sue labbra che sapevano di mare e di rum si apersero in un sorriso beffardo, in un certo modo quasi schernitore, ma non certo nei suoi confronti. Che ironia. Lui, che aveva sempre preso in giro tutto e tutti.
"Piratessa..." la definì in un bisbiglio, e lei sentì un brivido doloroso attraversarle la schiena. Una stilettata diritta al cuore, che da subito prese a sanguinare, macchiando di gocce scarlatte la superficie del suo animo.
Strinse gli occhi e serrò le labbra rosee, voltando leggermente di lato la testa, come se stesse tentando, facendo appello alle poche energie rimastele in corpo, di non singhiozzare di fronte a lui.
Doveva essere forte. Doveva mostrarsi egoista e crudele come lui stesso le aveva consigliato una volta. Era lui che l'aveva voluto, lui e nessun'altro.
"Elizabeth! Jack! Il kraken sta per tornare, sbrigatevi!"
Will...
Bastò ascoltare la sua voce, e il pensiero di lui che la rincorse un attimo dopo, per riportarla bruscamente alla realtà. Elizabeth aprì gli occhi e si ritrovò di nuovo di fronte lo sguardo sensuale e torturatore del predatore diventato in un momento preda, di Jack Sparrow.
"Corri da lui" disse quest'ultimo, senza smettere di sorridere con fare sfuggente, misterioso.
Lei esitò un secondo di troppo, confusa. Per diversi interminabili secondi, ricercò disperatamente con gli occhi dentro i suoi scuri come il fondo dell'oceano una traccia, un dannato indizio, una guida che le permettesse di capire cosa doveva fare. Dopotutto era questo che da sempre ricercava, no? Il motivo per cui aveva scelto di scavare nella sua anima nera, di avvicinarsi pericolosamente al punto di non ritorno, di giocare infine coi suoi sentimenti, benché più volte palesati. Affinché le mostrasse la via. E lui gliel'aveva mostrata: era la via del pirata. Cadendo nella tela che egli stesso aveva tessuto per lei.
Addio...Jack...
E mentre si voltava e correva verso la scialuppa, verso la salvezza, lasciandolo incatenato con le sue manette all'albero maestro della Perla, non poté non sentirsi per tutto il tempo il suo sguardo ardente e soddisfatto puntato contro.
Una vera piratessa...
"Finalmente!" esclamò il signor Gibbs, tirando un sospiro di sollievo quando vide Elizabeth calarsi sulla scialuppa troppo piccola per tutti "Ma...dov'è Jack?"
La donna alzò gli occhi, larghi e ricolmi di lacrime come un lago d'acqua dolce, ed immediatamente incontrò quelli comprensivi e consapevoli di William Turner.
"Ha deciso di rimanere sulla nave..." rispose Elizabeth rivolta a Gibbs, ma senza cessare di fissare negli occhi nocciola il suo fidanzato, il suo sposo promesso "...per darci una possibilità di salvezza"
A quel punto, gli eventi si avvicendarono tutti in un singolo attimo.
Si udì un rombare inquietante risalire attraverso il mare cupo in perenne movimento, quindi un lungo e prolungato muggito provenire da quei pericolosi abissi, unito al gorgogliare di spuma che aggredì i lati della nave, la quale iniziò ad oscillare pericolosamente.
Era la bestia mitologica, che tornava crudelmente all'attacco dopo essere stata temporaneamente domata.
Tutti i presenti trattennero il fiato, osservando da lontano, consapevoli della propria impotenza e per questo colpevoli, il profilo stagliato nel vento della Perla Nera ormai ridotta alla stregua di un puntino scuro all'orizzonte, mentre il battagliero kraken la ghermiva da ogni parte coi suoi tentacoli mortali, facendola sua, trascinandola rapidamente con sé nel profondo blu del mare caraibico.
Quando tutto fu finito e il mare placato la sua furia vendicativa, William Turner osservò il profilo della sua Elizabeth. Lei non staccava gli occhi dal punto dove la nave si era appena inabissata, stringeva le dita sul bordo della scialuppa con una tale forza da farsi diventare bianche le nocche. E piangeva.
Il giovane fabbro distolse rapidamente la sua attenzione da quella visione che feriva.
Lì dove una volta vi era la Perla Nera, ora rimaneva solo un vortice scuro e rumoreggiante, memore della gloriosa fine di una grande nave e di un grande capitano.
Elizabeth chinò, distrutta, il capo e si sentì soffocare dai singulti. Non era più in grado di trattenere le lacrime, ora. Né volle farlo.
Si nascose il viso tra le mani.
Perdonami...Jack...

***

Si destò, sudata e ansimante, nella cabina che le era stata affidata, cullata dal moto ondoso e altalenante delle onde notturne.
Ci mise poco a rammentare che meno di una settimana prima erano a largo poco lontano dal punto dove veleggiavano ora, e che lei aveva compiuto quel gesto così abominevole, crudele nella sua natura intrinseca e cosciente. Aveva ucciso un amico. Jack Sparrow. Colui che le aveva salvato la vita una volta, per quanto ciò concernesse i suoi interessi, ma che comunque lo aveva fatto.
Lei lo aveva baciato con passione, prima. E poi lo aveva ucciso. A tradimento.
Si tastò con sospetto le guance e scoprì, nient'affatto sorpresa, che aveva pianto, sognando di nuovo la morte della Perla e del suo capitano.
Non ce la faccio a sopportarlo...è stata tutta colpa mia...
Singhiozzando, si raddrizzò sul suo letto improvvisato lasciando che il lenzuolo le scendesse all'altezza del seno celato da una veste da notte fin troppo aderente e trasparente. Quella Tia Dalma - che alla fine aveva insistito per accompagnarli ai 'confini del mondo' alla ricerca della Perla Nera - era alquanto strana, e inintelligibile nei gusti, per ciò che la riguardava.
A cominciare dal modo in cui scrutava il suo fidanzato quando lei non gli era vicino.
Will...
Lo sguardo di Elizabeth, nel rievocare il suo nome, si tinse di tristezza e rimorso.
Non le aveva più rivolto la parola da quando era successo, seppur lei sapesse quanto vederla tra le braccia di un altro doveva averlo straziato. Povero Will... Non poteva lasciarlo così sospeso nell'indecisione, nell'atrocità del dubbio. Doveva spiegarsi. E non poteva rimandare. Anche perché, forse, in questo modo sarebbe riuscita anche a districare i suoi sentimenti confusi.
Jack...

***

Il ragazzo scrutava con occhi tinti dell'azzurro cobalto dell'oceano l'orizzonte nebuloso che si prospettava dinanzi a lui. Il soffio quieto del vento lambiva gentilmente la frangia castana danzante sulla sua fronte alta e increspata da rughe di riflessione. E di tormento.
Non riusciva a dormire, come accadeva ormai da molte notti, tante da aver perso il conto da tempo.
Il motivo era comprensibile, solo, avrebbe voluto non pensarci, cancellare quella scena dalla sua mente divorata dai dubbi come gli scogli dall'acqua salmastra.
Elizabeth...
Perché?
Solo questo voleva sapere.
Perché lo hai fatto, Elizabeth?
"Lo ha fatto per salvarci tutti"
, fu la risposta del suo io interiore che rincorse quella domanda subito dopo.
Ma c'erano altri modi.
"No, quello era l'unico, per Jack. E tu lo sapevi. Pensaci, Will. Quante volte lo hai sorpreso a guardarla di nascosto? Percorrere la sua figura voltata di spalle con sguardo lascivo, quante volte? Quante volte lo hai visto, e preferito tacere per il bene di tutti...e far finta di nulla, William?"
Era vero. Jack aveva sempre avuto un debole per Elizabeth, e lo aveva dimostrato. Ma fino a che punto il suo atteggiamento solamente bizzarro e un po' strampalato si era mutato in puro interesse nei confronti della sua futura moglie, questo non era riuscito a comprenderlo. Forse non aveva voluto farlo, fino all'ultimo aveva voluto negare l'evidenza per non rovinare il rapporto di amicizia che dopotutto alfine si era instaurato tra loro, a dispetto di ogni apparenza.
Finché non li aveva visti, avvinghiati in un abbraccio appassionato sul ponte dell'agonizzante Perla Nera, a condividere un bacio pieno dell'ardore che troppo spesso aveva fantasticato di ricevere lui, William Turner, dalle labbra rosse e sensuali di Elizabeth Swann, che quando voleva sapeva annebbiare i sensi anche dell'uomo più razionale e marmoreo del mondo. Lui, e non qualcun'altro. Non capitan Jack Sparrow.
Dannazione, strinse i pugni sul ponte il giovane Turner.
Per colpa sua, di quel briccone di corsaro della peggior specie, non riusciva nemmeno a sfogare il dolore che era certo di serbare dentro di sé per via della morte tragica e inaspettata di un uomo che, dopotutto, era diventato suo compagno di avventure.
Si sentiva come un pirata a cui avevano strappato il suo più prezioso tesoro.
Non tutti i tesori sono d'oro e d'argento, era stato un vecchio amico traditore ad insegnarglielo, una volta. E lui - proprio lui, dannazione! - gliel'aveva portato via, quel tesoro d'inestimabile valore. Di fronte ai suoi occhi.
E non importava se adesso era morto, inabissato insieme al suo, di tesoro.
Con rabbia, il giovane Turner afferrò un sasso pescato da un barile pieno di cianfrusaglie abbandonato nelle vicinanze chissà da chi, chissà quando, e lo lanciò lontano, con rabbia, oltre il parapetto di legno intarsiato del ponte di prua, mettendoci in quel gesto tutta la frustrazione e l'inadeguatezza che quella situazione di stallo gli causava dentro, corrodendolo senza fretta e per questo in maniera ancor più penosa.
"Will..."
Una figura si era avvicinata intanto di soppiatto alle sue spalle. Con uno scatto, il ragazzo si voltò e lo afferrò per la collottola, deciso a non farsi prendere di sorpresa dallo scocciatore. Quando, attraverso la luce arancione e sfumata dell'unica lanterna presente sul ponte vide di chi si trattava, e lesse la sua espressione sinceramente spaurita, la lasciò subito andare con un sussulto scioccato.
"Oh, accidenti! Scusami, n-non volevo..." mormorò, indietreggiando di un passo mentre l'altra persona si massaggiava scossa il collo.
"N-Non è nulla..." rispose la giovane Swann, ma si vedeva che si era presa un bello spavento.
"Perdonami" disse William, in tono neutro, senza sbilanciarsi troppo nelle scuse. Vederla gli aveva causato una scarica d'adrenalina dentro, nient'affatto sgradita. Da quanto non gli stava così vicino? "Non avevo visto che eri tu. Credevo fosse quel farabutto di Barbossa..."
Elizabeth riuscì miracolosamente ad emettere una breve risata, non troppo ilare "Non ti fidi proprio di lui, eh?"
Il giovane William scosse il capo, cupo "Affatto. E come potrei, del resto? Lui ha..." avrebbe voluto dire "ha tentato di usarti come vittima sacrificale, una volta", tuttavia si bloccò a metà frase, indietreggiando ancora e sgranando gli occhi color nocciola, come rendendosi conto di cosa stava facendo.
Elizabeth si accorse del suo mutamento di espressione e di atteggiamento e abbassò le braccia lungo i fianchi magri fasciati da una squisita vestaglia di seta tinta d'avorio - a quanto sembrava, almeno un capo d'abbigliamento decente lo possedeva, quella Tia Dalma - visibilmente dispiaciuta.
"Stai bene?" gli domandò, con aria sinceramente apprensiva.
Il giovane annuì, in silenzio.
No, che non stai bene, pensò la giovane donna, contrita. Glielo leggeva negli occhi quanto lo stava facendo soffrire quel suo silenzio indotto. Quel pensiero la spinse a sorridere tra sé e sé, nonostante tutto. Il suo William era cresciuto ed era maturato parecchio durante le pericolose avventure per i sette mari che si erano ritrovati ad affrontare negli ultimi mesi, ma i suoi occhi...restavano pur sempre gli occhi sinceri e incolpevoli dell'umile fabbro che aveva conosciuto e di cui si era innamorata sin dal primo giorno, sul ponte di quella nave inglese allorché erano ancora bambini. La sua anima pura e trasparente come le rive baciate dal mar dei Caraibi non era stata intaccata, sporcata, dall'ostentato sadismo e dal sangue innocente versato da pirati maledetti come Barbossa e Davy Jones...era la stessa che aveva imparato ad adorare.
Ben diversa dalla sua anima nera. Ma che, accidenti, continuava a richiamarla irresistibilmente, anche adesso che il mare lo aveva reclamato come sua ennesima vittima, attirandola a sé esattamente come facevano le fiamme traditrici del fuoco con la falena incauta, che ha deciso di rinunciare per sempre alle sue ali.
Con un sospiro stanco, scrollò leggermente la testa per allontanare da sé quell'ultima constatazione, e il ricordo di lui che l'aveva sorpresa, facendo danzare per un po' i boccoli dorati sul suo viso magro e delicato.
William si era spostato da dinanzi a lei adesso, e si era messo a scrutare di nuovo il mare, apparentemente concentrato. Elizabeth lo imitò. E per molto tempo fu silenzio tra loro.
"Per quanto ancora dovremo andare avanti, Will?" mormorò all'improvviso lei, tenendo gli occhi bassi puntati sulle mani che stringevano il legno ruvido e nodoso del ponte.
Sentì che lui alzava con uno scatto la testa, osservandola, evidentemente turbato dal suo tono di sordo rimprovero.
Elizabeth da parte sua fece viaggiare lo sguardo cupo come il cielo verso il basso, arrestandolo per osservare il mare sotto di loro, il moto ondoso e rilassante dell'acqua liscia e nera come il petrolio che carezzava vellutatamene i lati della nave.
William seguì con gli occhi quel movimento, scuro in volto. Non rispose.
Dopo un attimo, Elizabeth tornò all'arrembaggio, per usare un termine prettamente piratesco.
"Pensi forse di essere l'unico a sentirti male per quello che è successo?" domandò, adesso con un accenno di stizza "A me non ci pensi?"
Lui ci mise un po' a capire di cosa stesse parlando, se della scomparsa di Sparrow o di quell'altra questione. E tuttavia, era così palese che quasi se ne meravigliò.
"Io non sto affatto male" si mise quindi sulla difensiva, incrociando le braccia sul petto in un chiaro atteggiamento di chiusura.
"Ah, no?" replicò Elizabeth, accigliando le folte sopracciglia nel voltarsi stavolta del tutto verso di lui "E vogliamo parlare dei tuoi inspiegabili silenzi, allora? Sono giorni interi che non mi rivolgi la parola, cosa dovrei pensare secondo te?"
William serrò la mascella, il profilo tremolante e regolare del suo viso scolpito nella fiamma arancione della lanterna accesa sopra le loro teste. Infine si risolse a guardarla davvero, perché era stanco di mentire a se stesso e a lei; voleva che la sua amata vedesse, che percepisse, la sua sofferenza. E lui, naturalmente, voleva sapere la verità.
Quel maledetto bacio ha cambiato qualcosa tra noi, Elizabeth Swann?
"Non lo sai ancora?" sussurrò William, fissandola direttamente negli occhi con i suoi apertamente adirati, di una collera sorda. E consapevoli.
Elizabeth trasalì lievemente, quando se ne rese conto. Non che già non ne fosse al corrente, ma leggerglielo così, in faccia, senza veli...dio, era qualcosa di terribile. Straziante.
Non fissarmi così, per favore...
Non riusciva a sostenere oltre la sua muta accusa. Ma non voleva certo darlo a vedere. Lei doveva essere forte. Dibattendosi nell'incertezza solo per pochissimi istanti, finì con lo stringere le labbra pallide in un moto di chiaro sdegno, e gli si rivolse quasi animosamente, mentre lui, stupito, la fissava incapace di reagire:
"Will, adesso non comportarti come un bambino. Hai visto cos'è successo sulla Perla, e di certo non sei stato l'unico. Potrebbe sembrare che mi sia comportata in maniera biasimevole nei tuoi riguardi, ma non è così...voglio che tu sappia che se ho fatto quello che ho fatto è stato...perché..." inciampò nelle ultime parole quasi stupidamente, tornando ad annaspare. L'azione disonesta che aveva compiuto quel fatidico giorno le si ripresentò di fronte agli occhi, crudele e torturatrice. Elizabeth dovette distoglierli in fretta dalla persona che aveva davanti, perché non voleva che lui vedesse, che capisse "...è stato perché...Jack..."
Lui la interruppe freddamente.
"Non dirlo. Non pronunciare il suo nome in mia presenza. Non serve, ormai"
E poi, ferendola più con quell'ultimo gesto che con le sue crude parole, William le diede le spalle e si allontanò dal ponte di prua, dirigendosi sottocoperta.
Dannazione, Will...perché non mi permetti di spiegarti?
Elizabeth strinse le labbra, i pugni chiusi frementi d'indignazione mal repressa. Incrociò i gomiti sulla striscia legnosa e si piegò su se stessa appoggiando, esausta, la fronte sulla superficie umida e fredda. Sospirò a fondo. E pianse, sciogliendosi in singhiozzi brevi e silenziosi, in modo che nessuno su quella nave si accorgesse del loro piccolo grande dramma che li avrebbe consumati in eterno.

***

Sei una stupida, Elizabeth Swann!
William Turner chiuse con gesto esasperato la porta della sua cabina, sbattendola e causando un sordo fragore che fece tintinnare i vetri già incrinati degli oblò. Si lasciò sprofondare nel letto cigolante, affondando con uno sbuffo il viso nel cuscino.
Io non ti riconosco più...
"Forse, sta semplicemente diventando quello che più temi..."
gli fece eco la solita, odiosa voce "Una pirata"
Sbuffò di nuovo, ma era un sospiro intriso di indecisione quello, mentre si voltava di schiena e incrociando le braccia dietro la nuca prendeva a contemplare il soffitto marrone e in perenne movimento della minuscola cabina.
Doveva ammettere però, che se ancora si trovavano in quello stato in parte era dovuto a lui. Non era stato del tutto sincero con Elizabeth, sul ponte. Non che non lo volesse. Sospirò. Dio solo sapeva quanto avrebbe voluto riappacificarsi con lei, chiarire una volta per tutte i tanti dubbi per poi abbracciarla, crogiolarsi nel suo profumo così stuzzicante e femminile, baciarla magari, e dopo...peccato non averlo fatto quando se ne era presentata la possibilità.
Perché...
Era troppo difficile a spiegarsi, e il solo pensarlo lo faceva sentire esattamente come si sentiva ora: senza via d'uscita. Senza speranza.
E tutto per uno stupido bacio...

***

Quando si fu calmata, una decina di minuti dopo, Elizabeth decise che era ora di rientrare sottocoperta. L'atmosfera all'esterno cominciava a farsi pesante, per non dire inquietante. Forse, ciò era dovuto al rapido aumentare del vento e al precipitoso abbassarsi della temperatura, o piuttosto, all'arrivo improvviso di un banco di grigia nebbia che in pochi minuti aveva conquistato il ponte, dilagando rapidamente lungo tutto il perimetro della nave come fumo evaso dal suo contenitore di vetro andato in pezzi.
Elizabeth volse lo sguardo all'orizzonte e strinse gli occhi, ascoltando solo il rumore del suo lieve respiro e lo sciabordio della spuma marina. La foschia non le permetteva di scorgere cosa ci fosse ad un metro da lei. L'oceano era stato completamente risucchiato da quella nebbia innaturale, che serbava dentro di sé un pericolo certo. Quest'ultima, risalendo dal pavimento di legno poroso del ponte, pareva nascere da esso stesso, attorcigliandosi come dita scheletriche attorno alle sue caviglie nude, risalendo lungo il suo corpo esile come un fuscello e sfiorandone la pelle scoperta delle spalle magre. Si sentì assalire da fremiti di gelo, mentre sbarrava gli occhi in preda allo smarrimento. Quella nebbia era bagnata e fredda come...come i tentacoli del kraken. Rabbrividendo a quella reminescenza che l'aveva colta d'improvviso, lasciandola senza fiato al sol ricordo, indietreggiò, respirando affannosamente.
Che sta succedendo qui?
"Elizabeth..."

Si voltò con uno scatto convulso, decisa a non gridare. Nell'oscurità perlacea che gremiva il ponte si guardò intorno ma non scorse nessuno, sebbene avesse sentito chiaramente qualcuno sibilare nella brezza grondante salsedine il suo nome, giusto un istante prima. Eppure, era completamente sola. Lei e i battiti affannosi del suo cuore.
William...dove sei?
D'improvviso, un'inconsueta morsa di timore le agguantò il petto. Decisa a ritornarsene nel tepore umido della sua confortevole cabina, la giovane Swann si girò, dando le spalle all'orizzonte lontano, nascosto da quella bruma irreale.
Ritornare nella cabina, al coperto, fu certo un sollievo per lei. Elizabeth richiuse la porta, girando la chiave nella toppa arrugginita e poggiandovisi stancamente per un attimo, la mano premuta all'altezza del cuore, tentando per un po' di regolarizzare il proprio respiro che sembrava aver intrapreso una corsa folle verso l'ignoto.
Stranamente, non riusciva a placare il nervosismo.
Aveva sentito quella voce chiamarla, prima, sul ponte, una voce terribilmente familiare...non le era piaciuto affatto.
Per diversi minuti preferì lasciarsi lambire dal silenzio pesante che empiva l'angusta cabina. Lo strano e aromatico odore che vigeva al suo interno e il moto cullante delle onde rendeva tutto più rilassante, lenitivo, un effetto piacevolmente narcotizzante...Elizabeth chiuse gli occhi, sentendosi avvolgere da un gradevole torpore e da una stanchezza improvvisa che per un attimo le fece dimenticare persino i suoi timori e le sue preoccupazioni...
Il suono secco di qualcosa che precipitava sul pavimento andando in frantumi la fece sobbalzare di spavento, ridestandola bruscamente.
"Chi c'è?" esclamò compiendo d'istinto un passo in avanti, mentre la paura tornava a riproporsi sulla soglia della sua coscienza, scacciando via il breve stralcio di serenità che aveva sperimentato poco prima.
"Sono solo io, tesoro" rispose una voce maschile e scanzonata, proveniente dall'angolo più buio e nascosto della cabina. Una voce suadente e un po' disinteressata, quasi...una voce conosciuta.
Non può essere vero...
La giovane donna si mosse piano, lentamente, tremando senza che riuscisse a smettere. Voleva fuggire da lì, ma nello stesso tempo, anelava andare avanti. Scoprire cosa fosse. C'era qualcuno nella cabina insieme a lei. Ne sentiva nitidamente il respiro, lento e regolare, e ora riusciva quasi a scorgerne il profilo alto e snello nella penombra, contornato dalla soffusa luce color acciaio della luna che penetrava attraverso le sottili fenditure del vetro rigato dell'oblò.
Si bloccò ad un paio di metri dalla sconosciuta presenza, il sangue che confluiva dalle sue vene in un unico punto del suo petto, il cuore che sembrava coro di cembali.
"Chi sei?"
Lo sconosciuto sorrise, nell'ombra.
"Ma come?" replicò ostentando un tono fintamente mortificato, cantilenante "Non ti ricordi più di me..."
E venne allo scoperto, facendole quasi emettere uno strillo acuto, dettato dal panico.
Nel leggere il pallore che aveva aggredito il suo bel viso perfetto, il capitano della Perla Nera non si impedì un sorrisetto contorto sull'affascinante volto abbronzato.
"...miss Swann?"
Elizabeth spalancò occhi e bocca, incredula e sconvolta.
"Jack?!"

***

Probabilmente sarebbe svenuta, ne era certa, se non si fosse portata avanti con un letterale balzo e per la sorpresa non si fosse aggrappata con tutte le sue forze a lui, al suo corpo forte e statuario, affondando dopo un attimo il volto nel suo petto ampio. In questo modo Elizabeth notò, oltre al fatto che non si trattava di una visione dovuta al caldo, che lui aveva i vestiti grondanti acqua di mare, e i capelli lunghi e intrecciati di perline e ninnoli appiccicati al viso e al collo. Ma il suo odore era lo stesso di sempre, impossibile sbagliarsi: l'aroma pungente di rum mischiato al profumo accattivante della libertà. Un brivido d'eccitazione le attraversò la schiena tesa. Era reale.
"Jack..." ansimò, non riuscendo a capacitarsi di quello che stava vedendo, non riuscendo a trovare un filo di logica in tutto questo "Oh Jack, non...non può essere...io...io sto sognando...tu..."
"E' probabile" rispose il pirata, senza smettere di fissarla, annuendo in una parvenza di serietà. Le posò con fare volutamente distratto una mano tiepida sulla guancia, facendola trasalire. Quello era il suo tocco, lo avrebbe riconosciuto tra mille...ma il suo sguardo...c'era qualcosa di strano in quegli occhi pesantemente contornati di kajal nero, il che avrebbe arrecato un effetto bizzarro su chiunque altro, ma di certo non su di lui. Elizabeth non riuscì a carpirlo appieno, e tuttavia...la metteva a disagio.
"Calmati, gioia...stai tremando. Sono così peggiorato dall'ultima volta che ci siamo visti?" la schernì Jack Sparrow, col solito atteggiamento di morbida perfidia.
Le labbra bianche di Elizabeth guizzarono verso l'alto più in un accenno di autentico nervosismo che per manifestare l'ombra di un sorriso.
"M-Ma no, non è questo...è solo che...tu..." parlò a prezzo di un'enorme fatica, la voce tremolante e flebile "Tu eri morto...la Perla...il kraken...l'abbiamo visto tutti...dio, Jack...eri morto..." distolse gli occhi improvvisamente lucidi da lui, mentre un lieve singhiozzo le mandava via la voce ed una nuova pugnalata al petto riapriva una ferita mai cicatrizzata. Sono stata io ad ucciderti...
"Così sembrerebbe" confermò Jack Sparrow, annuendo col consueto ghigno saccente e denigratorio nei confronti del mondo intero. Voltò rapido la testa verso di lei, e fissandola negli occhi aggiunse con una naturalezza che quasi la sconcertò "Sei consapevole di averne tu la colpa, vero?"
"Io..." Elizabeth si sentì sprofondare, al pensiero che il capitano poteva essere in collera con lei per quanto accaduto. Non seppe cosa rispondere. Le sue dita si chiusero a pugno contro il suo petto freddo e immobile. Era tutto così assurdo, per certi versi...quasi fiabesco. E come poteva esser sicura che non stava sognando tutto di nuovo?
Ma lui è qui. Non ti basta questo, poterlo rivedere, anche se solo per la durata di un sogno?
Ma ecco che un'altra voce, più autoritaria della precedente, parlò sopra quel suo pensiero:
E a William, non ci pensi? Non vorrai tradire di nuovo l'uomo a cui sei stata promessa...
Jack continuava a scandagliarla con attenzione, quegli occhi scuri, eppure privi della solita luce ambrata come il fondo del rum che da sempre li caratterizzava, sembravano arpionare con abile destrezza e soppesata crudeltà le emozioni nascoste nel suo sguardo spaventato e adesso, fin troppo consapevole dei propri sbagli. E colpevole.
"Mi dispiace..." mormorò Elizabeth, mordendosi forte le labbra e accogliendo senza lamentarsi il sapore ferroso del sangue sulla lingua. Era parte della ricompensa per il suo peccato "Oh Jack, non sai quanto mi dispiace..." ripeté, afferrandolo supplichevole per la stoffa bianchiccia e sgualcita della camicia, all'altezza delle maniche "Ma tu devi capire perché l'ho fatto! L'ho fatto per salvarci, io..."
Lui si distolse con fermezza dalla sua presa, indietreggiando di un passo mentre lei lo fissava sbalordita e addolorata "No, Lizzy" usò il vezzeggiativo per chiamarla, come aveva fatto una sola volta ancora nella sua vita "Tu l'hai fatto per salvarti. Mi hai legato a quell'albero per redimere te e il tuo amore...tecnicamente dovrei ucciderti" Elizabeth osservò, raggelata, la mano del pirata sfiorare l'impugnatura della fedele spada, appena sotto la cintura in pelle. Jack sorrise del suo spavento. "...ma non sono mai stato propenso a maltrattare le signore, per cui tranquillizati, ma chérie..." rise, una risata agre come il liquore "Avrei dovuto aspettarmelo, in effetti...è dagli onesti che devi guardarti, perché non sai mai come potranno agire"
Elizabeth sgranò gli occhi, impallidendo ulteriormente "Ma tu...tu sei..."
"Morto, sì" rispose con naturalezza Jack, inclinando di qualche grado la testa e guardandosi braccia e mani bagnate come a volersene appurare con i suoi occhi, per sicurezza "O meglio, non vivo del tutto. Con tutta l'eternità davanti, il che incute sempre una certa trepidazione, ne sovvieni? Come avrai capito, nel momento cruciale in cui avrei dovuto soccombere alle grinfie di quel mostro e alle fauci dei cavalloni, mi sono rifiutato di farlo, ho lottato con tutte le mie forze, e tuttavia, alla fine ho dovuto sottostare, volente o nolente, al patto che sancii con quel simpaticone di Davy Jones tredici anni or sono...certo, la mia libertà non è più assoluta come prima..." s'interruppe, rivolgendo gli occhi davanti a sé come se volesse pensarci su un attimo "...ma sempre meglio di niente, comprendi?" concluse infine con un gesto svagato e un sorriso sbilenco.
"Oh, no..." Elizabeth scosse il capo, sconvolta "No, non è possibile..."
"Oh, è possibilissimo invece, tesoro. Non lo sai che un'azione spregiudicata finisce inevitabilmente per attirarne un'altra simile?"
Jack smise improvvisamente di sorridere, o meglio, concluse la frase stringendo i denti, ma senza tralasciare di tener curvate e aperte le labbra, dando in questo modo sfoggio di un aperto ghigno ben poco raccomandabile. Con una strana ombra che aleggiava sul suo giovane viso venne verso di lei, utilizzando un'andatura barcollante e in qualche modo decisamente somigliante a quella sinuosa di un felino; la ragazza, paralizzata dall'orrore della scoperta, non riuscì a spostarsi di un passo e un attimo dopo si ritrovò schiacciata tra la parete fredda della cabina e il suo petto ancor più freddo, le braccia di lui innalzate a sbarrarle la strada e poggiate a meno di un centimetro dalla sua testa. Il suo fiato sapeva di rum e acqua di mare, e gli occhi di lei si soffermarono, non potendo proprio farne a meno, sulle labbra che aveva avuto l'emozione di assaggiare solo una volta in vita sua, pochissime ore prima.
"Ora, ascolta, Elizabeth..." sibilò Jack Sparrow. Le prese la mano nella sua con delicatezza sbalorditiva, e lei notò che, a differenza di tutto il resto, era calda e morbida. Il pirata gliela fece poggiare sul suo torace, leggermente verso sinistra, lì dove avrebbe dovuto esserci il cuore pulsante "Ascolta...cosa senti?"
Nulla.
Vuoto e silenzio.
Elizabeth ritrasse la mano con uno scatto, i suoi occhi scuri guizzarono intimoriti in ogni direzione, cercando nel suo viso una risposta.
"Jack, tu..."
"Esatto, tesoro. Come hai potuto appurare tu stessa, non ho perso solamente la Perla quel maledetto giorno..."
Aleggiava una sorta di malinconica rassegnazione, di taciuto rammarico, in quella confessione. Adesso si spiegava il perché di quello sguardo. Elizabeth era senza parole.
"Sicchè adesso, immagino ti starai chiedendo come mai sono qui" biascicò Jack sempre investigandola con quell'aria distratta, un po' sghemba come se fosse perennemente ubriaco, ma egualmente magnetica, tanto lo sguardo di lei non riusciva a staccarsene neanche per un secondo, sentendosi come accalappiata in ceppi immaginari "Non riesci ad intuirlo, miss Swann?"
La ragazza scosse con un gesto breve e secco la testa. Al che il pirata si accostò ulteriormente a lei, con decisione, tanto ch'ella trasalì intimamente, trattenendo il fiato quando il suo petto scolpito premette, piano, contro il suo serrandole corpo e spirito in una bruciante morsa di metallo.
"Sono tornato per riprendermi il mio tesoro..." un sussurro bollente a fior di labbra, vicino al suo orecchio "Sono tornato per te..."
Un fremito le vezzeggiò la colonna vertebrale, lento, appagante.
Eccitazione.
Una parte di Elizabeth, della bellicosa ed orgogliosa Elizabeth Swann, esultò sentendo quelle parole. E le successive, pronunciate con esaltazione e uno sguardo ardente come il fuoco:
"Vieni via con me, Elizabeth. Sei l'unica che può liberarmi da questa maledizione. Vieni via con capitan Jack Sparrow e avrai tutto quello che hai sempre desiderato...saresti una pirata perfetta, la Regina dei Sette Mari...saresti libera di fare quello che vuoi..."
Tentazione.
E un istante dopo, quando le labbra del pirata manifestarono l'intenzione di posarsi sulle sue con innata passione e coinvolgimento, non riuscì a non rispondervi con trasporto, appoggiandogli una mano sulla spalla mentre l'altra viaggiava lungo la sua ampia schiena. Le dita di Jack scivolarono elegantemente sulla sua nuca, intimandola con grazia mista a premura ad inclinare la testa all'indietro in modo da accoglier meglio quel bacio cocente, desiderato, che in entrambi bruciava di brama repressa.
Ma a quel punto, qualcosa scattò in Elizabeth. Un volto attraente, un sorriso gentile e uno sguardo dolce e premuroso, si figurarono nella sua mente annebbiata e confusa. Un nome.
William...
Un nome rassicurante, e il ricordo mai dimenticato di una promessa, pronunciata tempo addietro tra sospiri e un bacio non privo di speranza attraverso le fredde sbarre di un prigione buia.
"Tornerò...ti libererò e finalmente ci sposeremo...se tu ancora mi vorrai..."
Dolcezza.

Aveva promesso, aveva rischiato la vita, tutto quello che aveva, per lei, solo per lei...
Amore.
...perché la amava, e perché voleva vederla libera...ma non certo così.
"NO!"
Elizabeth Swann urlò, interrompendo il contatto, quindi premette le mani contro il petto del pirata e lo allontanò senza incontrare alcuna resistenza da sé, fissandolo sconvolta.
"No, Jack, non posso farlo...tu devi capire, non posso venire con te...perché...io ho fatto una promessa...e sono innamorata di Will...sì, io amo Will..." ripeté, spalancando gli occhi, finalmente conscia del motivo.
Il motivo di tanti angosciosi dubbi e di quel disordine nei suoi pensieri e sentimenti.
Il motivo per cui quella maledetta bussola che 'non puntava a nord' continuava ad indicargli lui, su quella spiaggia, anziché il forziere.
In una parola.
Curiosità.
Jack Sparrow era l'avventura che non avrebbe mai vissuto, era il desiderio sopito di un sogno che non si sarebbe mai realizzato, non in questa vita, una fantasia mai esaudita che sarebbe rimasta, seppellita per sempre, nel profondo oceano segreto del suo cuore. Per sua scelta. Perché così era giusto.
E anche lo spettro del pirata sembrava averlo compreso, stando al sorriso vago che lievitava sulle sue labbra carnose. Elizabeth non se ne avvide subito, eppure la sua immagine d'improvviso aveva iniziato a tremolare come una fiammella sottoposta alle correnti marine, minacciando di svanire. Il suo sorriso stava diventando via via più pallido, sottile e inconsistente.
"Hai deciso, dunque..." scandì con insolita tranquillità Jack Sparrow "Di nuovo..."
Elizabeth strinse con le dita il suo petto nel punto dove avrebbe dovuto esserci il cuore, cuore che lei stessa aveva finito per strappargli via, alla fine, mantenendo i caldi occhi nocciola abbassati, sulle labbra ancora il suo respiro, parlando quasi fosse sola nella cabina.
"Mi dispiace tanto...non volevo che accadesse. Avevo sempre creduto di essere forte, di poter resistere alla tentazione di sapere cosa si prova...ad essere una pirata. Credevo di poter tradire solo me stessa....ma la verità è che, nel momento in cui ti ho baciato, venendo meno a tutte le mie buone intenzioni e alla promessa che avevo fatto, ho tradito anche te. Forse ti ho amato davvero, Jack Sparrow, per un labile istante di libertà...ma non potrei continuare a farlo, non ora che ho capito - che ho sempre saputo - che il mio sentimento per William è più forte anche del richiamo del mare e delle avventure...lui è la mia libertà, lo è sempre stato..."
Fece una pausa, frenando volontariamente il proprio respiro, sentendosi curiosamente più leggera, come se un gravoso fardello le fosse stato appena spostato dal cuore. Si sentiva gli occhi caldi e vibranti del pirata addosso, poteva percepire il suo fiato lambirle pacato le gote, il suo sorriso storto nei pressi dell'orecchio, mentre lei s'incaponiva a mantenere vergognosamente lo sguardo lontano dal suo, il viso lievemente inclinato da una parte, le labbra strette con sforzo tra i denti.
"Anche in questo..." rise sommessamente Jack "...l'ho sempre saputo che sei una piratessa...volubile e crudele come il mare, aveva detto..."
"Perdonami, Jack" singhiozzò Elizabeth Swann, mentre le prime vere lacrime versate per lui solcavano lentamente il suo viso arrossato "Perdonami, se puoi..."
Fu in quel momento che la porta della cabina si spalancò con un tonfo fragoroso, e la luce fredda del sole si fece spazio bruscamente all'interno dell'angusta stanza, fendendo come un pugnale la polvere sospesa nell'aria e rifulgendo sulla mobilia e sulle pareti scure, accecandola. Elizabeth, ritrovandosi di colpo sola e inerme, gridò spaventata, senza riuscire a capire cosa potesse essere successo nel frattempo. All'improvviso, una fortissima folata di vento mischiato a nebbia aggredì il piccolo ambiente, roteandole intorno come un ululante turbine marino di alghe e sabbia, impedendole di vedere qualsiasi altra cosa.
Si sentì annegare. Gridò ancora, terrorizzata, e dopo perse rapidamente i sensi, accorgendosi solo vagamente della voce maschile che pronunciava con foga il suo nome.

***

Il signor Gibbs e il resto della ciurma osservarono piuttosto perplessi l'atipica scena: la ragazza svenuta stesa sul ponte battuto dal sole giallo del tardo mattino, e il giovane uomo zuppo da capo a piedi che tentava di farla riavere scrollandola per le spalle con una sorta di malcelata ansia nei gesti e nella voce:
"Elizabeth! Elizabeth, cosa ti è successo? Ti prego, guardami! Apri gli occhi!"
William Turner digrignò i denti, preoccupato. Dannazione, perché non si riprendeva? I suoi ondulati capelli castani si dipanavano in tante ciocche bagnate e gocciolanti sul seno e sulle spalle. Il petto si alzava e si abbassava soavemente, traccia di un respiro impalpabile e tuttavia esistente. Il viso tempestato di cristalli d'acqua marina era estremamente pallido, e tuttavia rilassato, come se dormisse serenamente, e non sembrava che avesse appena rischiato l'affogamento. Fortuna che lui se n'era accorto in tempo. Non avendola più trovata né sul ponte né in qualsiasi altro punto della nave una volta uscito a cercarla, si era insospettito e...non aveva esitato a gettarsi in acqua per salvarla.
"Elizabeth!" esalò, ricolmo di sollievo, quando lei si mosse, sbatté le palpebre un paio di volte e aprì gli occhi, tossendo e sputando fuori l'acqua di mare ingerita.
Le sue iridi incontrarono immediatamente quelle marroni e vitree del giovane, che riavutosi dall'enorme spavento non si sapeva se era sul punto di scoppiare a ridere o a piangere.
"Willl..." un sussurro con voce roca, gli occhi lucidi e sinceramente dispiaciuti "Volevo chiederti scusa...scusami per tutto quello che ti ho fatto...mi sono comportata in maniera deplorevole e crudele, con te..."
"Oh, Liz, non devi neanche pensarlo, adesso" lui scosse la testa lasciando che dubbi e rabbia fluissero via dal suo cuore, come il mare che si ritira dalla spiaggia esausta all'accorrere della bassa marea. La strinse con vigore a sé, sollevandola di pochi centimetri dall'umido pavimento del ponte di prua e accogliendola tra le sue forti braccia, mentre il resto della ciurma decideva di disperdersi per l'intera nave ad un cenno eloquente di Gibbs.
Il corpo infreddolito di Elizabeth si rilassò nei successivi istanti che si ritrovò a contatto con quello bagnato, sì, eppure bollente del giovane uomo, nonostante profondi brividi dovuti all'acqua gelida continuassero ad attraversarla come onde irrefrenabili, facendola tremare al pari di una foglia nel vento.
"Calmati, piccola...è tutto a posto" Will le dispensava tante piccole e rilassanti carezze lungo la schiena, non riuscendo a capacitarsi del fatto che aveva rischiato di perderla per l'ennesima volta "Sei al sicuro ora...sono qui..."
"Sì..." sorrise rassicurata la ragazza, affondando il viso nel suo collo e respirando il suo profumo. William non sapeva certo di rum o di acqua di mare. Sapeva di...William. Era il suo profumo, apparteneva solo a lui. E lei lo amava, così come amava tutto ciò che riguardava da vicino l'uomo che aveva scelto di sposare. Per un attimo lo aveva dimenticato forse, scegliendo di compiacersi, anziché affrontare le proprie responsabilità e paure, nel forte quanto passeggero sentimento di attrazione per un uomo che, al di là del suo fascino, era stato per entrambi ciò che più si avvicinava ad un confidente, ed un buon amico.
Jack...
Istintivamente si toccò le labbra con la punta delle dita, e fu quasi con sollievo che scoprì che erano salate e umide, e tuttavia, non riportavano traccia alcuna di quel secondo bacio. Adesso era quasi sicura di averlo soltanto sognato, la notte appena trascorsa. Ma quel sogno travestito da incubo era servito ad aprirle gli occhi. Per quanto, probabilmente, il suo sentimento fosse stato ricambiato dall'orgoglioso capitano della Perla Nera una volta, lei sapeva che non avrebbe mai potuto tradire il suo cuore. La strada che aveva scelto da donna libera.
"Ho avuto un sogno terribile..." spiegò, con voce ancora provata dallo spavento subito, ma inconsciamente più sollevata "Credo di essermi addormentata sul ponte..."
"Hai quasi rischiato di annegare, ma per fortuna Cotton ti ha visto dall'albero maestro e ha dato l'allarme" sorrise William Turner, premendo un momento dopo le labbra calde sulla sua fronte, in un atto che stillava tenerezza e affetto.
"Sei tutto bagnato, Will..."
"Non importa, mi asciugherò. Io devo chiederti perdono, Elizabeth. Non sono stato sincero con te quando avrei dovuto. La verità è che, da quando ti ho vista con il capitano, prima dell'inabissamento della Perla, mi sono sentito prendere dalla gelosia e non ho voluto capire. Non potrei mai sopportare di vederti assieme ad un altro uomo, anche se si tratta di un amico come Jack. Il sol pensarlo ha rischiato di farmi perdere tutta la fiducia nei tuoi confronti, per questo non riuscivo ancora a parlartene sinceramente. Temevo che, una volta ritrovati Jack e la Perla alla fine di questo viaggio, avresti comunque scelto di tornare da lui, e di lasciare me. Era la forza dei miei sentimenti, che mi spaventava... Era questo che volevi ti dicessi l'altra notte sul ponte, immagino..." con un sospiro che sottolineava quanto quelle parole dovessero essergli costate fatica, William la guardò imbarazzato.
Elizabeth sorrise intenerita, passandogli il dorso della mano sulla guancia ruvida.
"E' per questo che ho scelto te, amor mio" replicò, dolce e amara come il mare "Ma per un attimo, lo avevo dimenticato. E' stato mentre eravamo sul ponte della Perla. Non sono stata io, è stato Jack a permetterci di salvarci, e lo ha fatto rinunciando al suo tesoro, alla sua nave. Credo che in fondo sapesse che non avrei mai cambiato idea riguardo a noi due, e non si è fatto illusioni..."
"Magari lo sperava" ribatté William incupendosi appena, ma bastò uno sguardo luminoso di Elizabeth a fargli tornare il buon'umore "Ma forse hai ragione tu...forse capitan Jack Sparrow sapeva benissimo a cosa stava andando incontro, e lo ha accettato, proprio come ogni vero pirata farebbe...per darci una possibilità di salvezza"
William Turner si sollevò in piedi, trascinando Elizabeth con sé e cingendole la vita sottile con le mani.
"Hai quasi rischiato di farmi impazzire, lo sai?" le sussurrò all'orecchio, baciandola subito dopo, con estrema dolcezza, sulle labbra rosate e sul collo niveo. La fissò a lungo negli occhi "E allora, adesso che abbiamo finalmente chiarito che siete innamorata di me e non di quel pirata fascinoso e ammaliante...non appena tutto questo sarà finito, mi sposate o no, miss Swann?"
"Mh..." la ragazza fece finta di pensarci su un attimo, risvegliando in lui l'ansia "Sapete, signor Turner, temo dovrei rifletterci ancora a lungo, prima di darvi una risposta definitiva...anche se, in fondo..." ammiccando furbescamente, Elizabeth si sollevò in punta di piedi e gli circondò il collo con le braccia, lo sguardo scintillante di malizia mentre si accingeva a baciarlo di nuovo, sulle labbra.
"...anche tu sei un pirata, William Turner...seppur per metà"

***

Il vascello procedeva a vele spiegate, gonfiato dal soffio generoso della brezza e lanciato sull'onda di nuove pericolose avventure, verso un orizzonte screziato di nuvole bianche e azzurre che giocavano a rincorrersi tra loro come bambini vocianti. Ma a parte il sapore dell'ignoto che spirava nell'aria salmastra, tutto sembrava in un certo modo andare per il verso giusto, adesso. Compreso il vento.
Capitan Barbossa si avvicinò di spalle alla fattucchiera indigena che sostava sul ponte principale, i capelli neri e crespi fluttuanti al vento e lo sguardo indecifrabile puntato verso l'oceano.
"Dimmi che non lo hai fatto di nuovo" parlò in tono quasi annoiato, sfiorando con una mano la testolina della fedele scimmia appollaiata sulla sua spalla.
"Fatto cosa?" chiese lei, voltandosi e rivolgendogli un'espressione ambigua, una sorta di mezzo sorriso a fior di labbra.
"Lo sai benissimo" replicò il capitano, ironico "Non eri tu quella che dicevi che la mano del destino si poggia su chi dice lei, e che nessuno può interferire, mai, per nessun motivo?"
Tia Dalma rise, divertita, e lanciando al corsaro un altro dei suoi soliti sguardi tornò a contemplare il mare spumoso con occhi vispi e speranzosi.
"E' proprio così. Ma la mano del destino, ogni tanto, necessita di una piccola spinta..."


Her lonely heart has set us free,
As all our prayers they went sailing out to
sea
You can hear her calling,
Now that mermaid's dressed in tears


Fine...?


Nda: Okay, ve lo concedo, magari la canzone usata non era proprio adattissima, considerato il grado di romanticismo usato nella storia. Ma poiché parla di mare, di navi e di libertà...insomma, mi piaceva l'idea^^. Lo so, si tratta del solito caso di "stessa storia, diverse versioni", e quindi non è nemmeno molto originale come idea, tuttavia, lo spunto che mi frullava in testa da un po' era proprio quello sviluppato nella one-shot, e cioè che il nostro caro Jack in seguito all'increscioso 'incidente' sulla Perla non ha perso solo la libertà, ma anche il cuore per colpa di Liz (il che indica che un sentimento per lei lo deve pur provare) ed è su questo accadimento che lei farà un sogno che riesce a toglierle tutti i dubbi (sono sempre più convinta che alla fine la ragazza, ahimè, sceglierà il buon vecchio, soporifero Will...^^) Come forse avrete capito, il finale lascia volutamente aperte delle domande, del tipo... ma sarà stato solo un sogno? Non so, per ora non ci sarebbe nulla di prestabilito, ma forse, in un prossimo futuro potrei pensare ad un seguito a più capitoli...me lo fate sapere se ne varrebbe la pena? COMMENTATE! E se avete qualche domanda, suggerimento, critica (ssigg ç__ç) e/o consigli da darmi, sarò lieta di rispondervi qui sotto, appena dopo queste poche righe conclusive.



10/10/06 ore 14:23:
O__O Wow! Non posso credere che in meno di 24 ore ho ricevuto tante recensioni, più o meno, positive…beh, un po’ dovete capirmi, è la prima volta che scrivo in questa sezione!^^’’’ Cmq intendo migliorare…grazie a tutti quelli che si sono presi la briga di leggere e commentare la shotty! Grazie soprattutto a Lady Sparrow: il tuo commento sul personaggio di Jack me lo aspettavo, tuttavia non dimenticare che Jack compare in un ‘sogno’ di Elizabeth, tutto quindi è visto dal suo personale e un po’ sfocato punto di vista. Cmq grazie per la notifica, ci lavorerò su in futuro!^^ Mentre per il commento di Maxie, m’inginocchio sentitamente chiedendo venia per l’orribile orrore di trascrizione della lingua francese @__@ Ti dirò, conosco più l’inglese che il francese, e l’errore l’ho fatto proprio basandomi sui mon chérie della Ferrero…che ignoranti! Vabbè…si scrive per migliorare! Un beso a tutti e grazie per l’incoraggiamento a continuare la ff, ci sto veramente facendo un pensierino!!^___^

A questo punto prendo armi e bagagli (gufo compreso), e me ne torno a Hogwarts...con gran sollievo di tutti, nevvero?! (decisamente! ndJack Sparrow) ^__-
Un saluto!

Ginny85.



  
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