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Autore: Emily27    10/03/2012    2 recensioni
Ian Doyle è tornato e vuole ciò che gli appartiene. Una sfida per la BAU, soprattutto per Emily Prentiss, che dovrà fare di nuovo i conti col suo passato.
(Spoiler sesta stagione)
E' la continuazione della oneshot "Un giorno, a Parigi..." che in questa FF è diventata il prologo.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Quinto capitolo

 

 

Chi vuole uccidere il suo nemico, consideri bene se proprio con ciò non lo renda, dentro di sé, eterno. (Friedrich Nietzsche)

 

Dov'è Will? Che cosa gli hai fatto?”
A quelle parole disperate tutti si voltarono verso JJ, capendo all'istante. Doyle aveva preso l'agente LaMontagne cogliendoli di sorpresa, troppo focalizzati a pensare di essere loro stessi il bersaglio del pericoloso irlandese non avevano considerato altre eventualità. Restarono sconvolti.
Dì alla tua amica di presentarsi allo stesso tavolino dell'altra volta fra due ore, alle quattordici e trenta in punto, da sola, e al tuo William non succederà niente.”
JJ ascoltava Doyle stringendo forte la mano intorno al cellulare e con un groppo in gola.
Hotch si voltò verso Garcia e al tecnico informatico bastò il suo sguardo, corse a tentare di localizzare la chiamata.
Lascialo andare, lui non centra nulla” fu l'accorata richiesta di JJ, ma a risponderle fu soltanto il silenzio. Il suo Will era nelle mani di Doyle, uno spietato assassino che non avrebbe esitato a fargli del male o addirittura ad ucciderlo. Avvertì la paura impadronirsi di lei in un brivido che le corse lungo la schiena.
Emily le si avvicinò, invasa dal senso di colpa per ciò che aveva temuto ed era veramente successo. A causa del suo passato qualcuno che le stava vicino doveva soffrire, era tremendamente ingiusto. Abbracciò l'amica e le disse: “Mi dispiace.”
Non è colpa tua” rispose JJ con sguardo sincero.
Garcia fece ritorno in sala riunioni scuotendo la testa sconsolata.
Non ci sono riuscita, aveva già spento il telefono.”
Dannazione” fece Hotch, anche se c'era da aspettarselo.
Quel bastardo...” disse Morgan con rabbia.
Che cosa ti ha detto?” domandò Emily a JJ.
“Vuole incontrarti fra due ore.”
Prentiss non ne fu sorpresa, lo aveva immaginato da subito, Doyle voleva farsi dire dove si trovava suo figlio, glielo aveva domandato anche all'ultimo quando lei si era trovata a terra ferita. C'era in gioco la vita di Will e non si sarebbe tirata indietro.
In quel momento Erin Strauss entrò in sala riunioni, restando perplessa nel vedere tutti in piedi e palesemente piuttosto agitati, rivolse a Clyde un'occhiata interrogativa mentre gli sguardi di tutti i presenti si posavano su di lei.
Emily, la quale le dava la schiena, si voltò verso la caposezione e la vide impallidire.

 
“Quando avrebbe avuto intenzione di mettermi al corrente Hotchner?”
Nel momento in cui aveva visto Emily Prentiss, Erin Strauss non era stata in grado di formulare alcun pensiero logico, era stata davanti ai suoi occhi ma non era riuscita a credere di vederla veramente. Più tardi nell'ufficio della donna Hotch le aveva spiegato tutto quanto riguardava la finta morte di Emily e ciò che ne era conseguito, fino al rapimento di Will da parte di Doyle. Era stato breve, assicurandole maggiori chiarimenti, perchè il tempo che aveva dato l'irlandese era poco e si doveva organizzare un piano.
“Ho ritenuto giusto e doveroso che i primi a sapere fossero i componenti della mia squadra, per l'affetto che li lega all'agente Prentiss e per quanto hanno sofferto credendola morta” rispose Hotch. “Non è stato per mancanza di rispetto nei suoi confronti, spero lo comprenda. L'avrei informata al più presto di ogni cosa.”
La Strauss comprese. Ormai aveva capito che i legami fra i membri della BAU erano molto profondi, andavano al di là dei semplici rapporti fra colleghi, ciononostante non volle lasciarsi andare ai sentimentalismi e si limitò ad annuire in segno di approvazione.
“Adesso che cosa avete intenzione di fare?”
“Dobbiamo decidere un piano d'azione. Clyde Easter sarà dei nostri.”
“Agisca nella maniera che ritiene più opportuna ma mi tenga informata. Faccia in modo che non accada nulla all'agente LaMontagne.”
Hotch fu grato alla caposezione per essersi dimostrata comprensiva, anche se in seguito avrebbe preteso le ulteriori spiegazioni che prima le aveva promesso, soprattutto dall'agente Prentiss. Quello però non era il momento, si doveva pensare a liberare Will e a prendere Doyle.
“Faremo tutto il possibile.”
Hotch si congedò e una volta che fu uscito Erin Strauss si levò gli occhiali lasciandosi andare ad un profondo sospiro.

 
Aaron tornò in sala riunioni dove tutti lo aspettavano seduti intorno al tavolo, compreso Easter. JJ era profondamente in pena per Will, ma stava cercando di dominare l'ansia e acquistare la lucidità necessaria ad affrontare la situazione. Doveva farlo per il suo compagno. Era stata avvisata che avevano ritrovato l'auto di Will in un parcheggio nei pressi del tribunale, dove l'uomo non si era presentato a testimoniare, Doyle l'aveva rapito prima che potesse recarvisi. JJ aveva poi chiamato i suoceri per metterli al corrente dell'accaduto ed era stato terribile dover dare loro quella notizia che li aveva angosciati. Si era assicurata che Henry stesse bene e aveva promesso loro che Will sarebbe stato messo in salvo. Aveva bisogno lei stessa di crederci.
Aaron si sedette tra Derek ed Emily.
“Con la Strauss è tutto a posto, almeno per ora” informò i membri del team, decisi a restare uniti in quel momento difficile mettendo da parte le tensioni venute a galla poco prima, consapevoli però che in seguito sarebbero inevitabilmente riaffiorate. “Troviamo Doyle e portiamo in salvo Will.”
“Si sarà servito di un mezzo per rapirlo, abbastanza grande da poterlo nascondere e tenere prigioniero, forse il suo intento è di portarlo all'appuntamento con Emily” considerò Morgan.
“Un furgone o un suv, ma conoscendolo non lo ha rubato, se lo sarà procurato in un altro modo, per lui è facile trovare un contatto” disse Clyde, quindi fu Reid a prendere la parola.
“E se avesse deciso di tenerlo prigioniero da qualche parte e presentarsi da solo all'appuntamento? Sarebbe l'unico a sapere in quale luogo avesse nascosto Will, costituirebbe comunque una garanzia per lui.”
“Vecchi magazzini, edifici abbandonati, luoghi isolati...” elencò Rossi.
“Potrei provare a fare una ricerca” suggerì Garcia volendo rendersi utile, in ansia per l'intera situazione.
“Sarà difficile trovare qualcosa, ma si può tentare, potremmo riuscire a catturare Doyle senza che Prentiss vada all'appuntamento” disse Hotch, dopodichè intervenne Emily.
“Abbiamo troppo poco tempo e in ogni caso sarebbe rischioso per Will agire in questo modo, se non stiamo ai suoi patti gli farà del male. Vuole me e io lo incontrerò.”
Nessuno potè negare che quella fosse l'unica soluzione. Doyle aveva fatto bene i suoi conti prendendo Will in ostaggio, rappresentava il suo scudo, la sua garanzia, finchè l'agente fosse stato nelle sue mani avrebbe avuto il coltello dalla parte del manico.
“Da sola” specificò Emily in modo deciso.
“Non se ne parla” replicò prontamente Derek. “Questa volta non te lo lasceremo fare.”
“Se qualcuno venisse con me andrebbe a finire male.”
“Non andrai da sola” intervenne JJ. Anche se c'era in gioco la vita dell'uomo che amava non poteva permettere che l'amica ne facesse le spese, così come nessun altro, non doveva essere Doyle a vincere. Tutti gli altri la pensavano esattamente come lei. Emily era di nuovo tra loro e non potevano immaginare di perderla nuovamente, per sempre.
Clyde si era aspettato che Emily volesse incontrare Doyle, non era certo il tipo che si tirava indietro davanti al pericolo quando necessario, però non l'avrebbe lasciata andare da sola.
“Va bene Emily, ma noi ti copriremo le spalle.”
Hotch annuì, era d'accordo.
“Faremo appostare agenti in borghese nei pressi del luogo dell'incontro e noi staremo nascosti pronti ad intervenire” decise il capo della BAU.
“Sarà meglio anche posizionare tiratori scelti sui palazzi vicini, dovremo averlo costantemente sotto tiro” aggiunse Rossi.
“C'è da sperare che si presenti da solo, se portasse Will con sé le cose si complicherebbero” si preoccupò Reid, ma Morgan fece la sua considerazione.
“Abbiamo i cecchini, non ci faremo alcuno scrupolo con quel bastardo” disse in maniera dura ripensando a ciò che Doyle aveva fatto ad Emily, non avrebbe mai potuto cancellare dalla sua mente il momento in cui l'aveva trovata a terra ferita con quel paletto conficcato nell'addome.
“Lui non se ne farà” affermò Emily.
“Il suo obiettivo è quello di conoscere il luogo in cui si trova suo figlio, ma non lo saprà mai, non farà neanche in tempo a domandartelo che sarà già nelle nostre mani” fece Clyde con estrema risolutezza.
“Lo terrò impegnato in una conversazione, così che voi avrete modo di coordinarvi.”
“Bene. Il tempo stringe, dobbiamo prepararci” disse Hotch alzandosi in piedi seguito dagli altri. “Garcia, stai pronta alla tua postazione, potremmo avere bisogno di te.”
“Certo. Fate attenzione... e tornate sani e salvi” si raccomandò Penelope già in preda all'ansia.
“Tranquilla piccola, consideraci già qui” la rassicurò Derek dandole un buffetto su una guancia, per poi accodarsi agli altri che stavano uscendo dalla stanza.
“Emily” chiamò Garcia prima che l'amica fosse fuori. “Non voglio perderti un'altra volta...”
Prentiss le sorrise con dolcezza, comprendeva il suo timore.
“Non mi perderai.”
“E' una promessa?”
“Lo è.”
A Penelope non restò altro che affacciarsi fuori dalla porta della sala riunioni e guardarla andare via insieme agli altri, decisi a combattere fino in fondo quella battaglia.

 

 

**

 

Aprì gli occhi a fatica, le palpebre ancora pesanti, e la prima cosa che percepì fu un forte dolore localizzato sulla nuca. Tutto intorno era in penombra e regnava il silenzio, Will riuscì a mettere a fuoco l'unico contenuto di quell'angusto stanzino odorante di muffa, alcuni vecchi scatoloni addossati alla parete alla sua sinistra. Sollevò la testa a guardare la piccola finestrella in alto vicino al soffitto, dal cui vetro sporco e contornato da ragnatele filtrava la poca luce che rischiarava l'ambiente. Una fitta lancinante gli fece riabbassare la testa e salire la nausea.
Si trovava seduto a terra in quello che doveva essere parte di un seminterrato, appoggiato dove le pareti facevano angolo con le mani legate dietro la schiena, talmente strette che i polsi gli dolevano, così come le caviglie, congiunte da una spessa corda. Non aveva nulla sulla bocca che gli impedisse di chiamare aiuto e questo stava a significare una sola cosa: nessuno l'avrebbe udito.
La sua mente si fece meno annebbiata e Will ricordò di avere parcheggiato l'auto per recarsi in tribunale, ne era sceso e l'aveva chiusa, poi qualcosa l'aveva colpito violentemente sulla nuca facendogli perdere i sensi. Il senso di torpore e gli occhi pesanti che ancora sentiva gli suggerirono che successivamente doveva essere stato sedato.
Si domandò da quanto tempo si trovasse lì, a giudicare dalla luce proveniente dalla finestrella fuori era ancora giorno. Era certo che fosse stato Doyle a rapirlo, al fine di tenerlo come ostaggio per arrivare ad Emily. JJ la sera prima gli aveva raccontato tutto, era incredibile che fosse viva e ne era stato felice, ma aveva anche provato preoccupazione per la sicurezza della compagna e del figlio. Invece Doyle aveva preso lui e da un lato ne era sollevato, l'irlandese non aveva preso di mira i suoi cari.
Will provò a considerare possibili vie di fuga. La porta, direttamente di fronte a lui, sembrava pesante ed era probabilmente in ferro, difficile da abbattere, la finestra era decisamente troppo stretta perchè potesse passarvi attraverso. Tentò comunque di liberarsi, ma tutti i suoi sforzi gli provocarono soltanto maggior dolore ai polsi e alle caviglie, le corde non si allentarono di un centimetro.
“Maledizione!” imprecò.
Era nelle mani di quell'assassino.
Udì dei passi poi il rumore metallico di una chiave che girava nella toppa, la porta si aprì e comparve un uomo alto con i capelli corti, indossava dei jeans neri e un giubbotto dello stesso colore sopra ad una camicia bianca, lo riconobbe ricordando una foto che JJ gli aveva mostrato. Era Ian Doyle.
“Vedo che ti sei svegliato agente LaMontagne” disse l'irlandese in tono tranquillo.
“Che cosa vuoi?” gli domandò Will rabbioso.
“Da te nulla. Se Emily Prentiss si comporterà bene uscirai di qui, altrimenti... incomincia a pregare” rispose Doyle con un sorrisetto ironico, dopodichè richiuse la porta con doppia mandata e salì un scala buia che lo portò al piano terra del fatiscente edificio situato in un luogo decisamente isolato.
Presto ci rincontreremo Emily, abbiamo un discorso in sospeso io e te, c'è qualcosa che devi ancora dirmi. Il tuo stupido giochetto non ha funzionato, credevi veramente che avrei abboccato alla storia della tua morte e mi sarei fatto prendere da te e dai tuoi amici dell'Interpol... Pensavo che mi conoscessi abbastanza bene da non crederlo, che mi conoscessi quanto io conosco te.
Doyle uscì su di uno spiazzo erboso e salì si di un furgone nero, rilassato e sicuro di sé.
E' giunto il momento. Non vedo l'ora di incontrarti, Emily.

 

 

 

  
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