Storie originali > Romantico
Segui la storia  |      
Autore: misslittlesun95    11/03/2012    1 recensioni
Questa è la storia di Rocco, che lascia la sua amata Puglia per Torino e una prestigiosa scuola di scrittura.
Ma anche di Sofia, che invece per la città della Mole abbandona Roma.
E Martina, che la prova di ammissione l'aveva fatta con la sua migliore amica Angela, che però è stata portata via da un ubriaco, lasciando a Martina un vuoto nel cuore e il posto alla scuola, come se fosse un segno del destino.
Ci sono anche Francesco e Samantha, che non sognano la scrittura ma se la cavano.
In fine c'è Julian, adottato a dieci anni che si è innamorato tanto della lingua Italiana che vuole farne un mestiere.
Questa è la storia di tutti loro, e di quelle persone che ogni giorno non fanno solo la strada per la scuola o il lavoro, ma percorrono la strada della vita.
Genere: Commedia, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

I ragazzi
 

 

- Piacere, Sofia.- L'accento romano era forte, quasi fastidioso. Gli occhi azzurri e i capelli biondo grano stupirono terribilmente Rocco. Dov'erano i colori scuri delle ragazze della sua San Cataldo, provincia di Lecce, estremo sud?
- Sono Rocco.- Rispose più per cortesia che per altro.
- Di dove sei? Non hai un accento molto nordico.-
- Provincia di Lecce, Puglia. - Dire il nome del paesino sarebbe stato inutile, non lo conosceva di certo.
- Ah, terrone. - Rocco guardò male la ragazza.
- E tu sei polentona? -
- No, io sono Romana. Né terrona né padana, solo Italiana.-
- E scusa perché non posso essere solo Italiano anche io? -
- Perché sei pugliese e quindi terrone.- La ragazza scoppiò a ridere. - Oh, guarda che scherzo eh?! È ovvio che sei Italiano anche tu... Roberto?-
- Rocco, Rocco Infante. Tu sei Sofia? -
- Di Monaco. - La giovane sorrise dicendogli il cognome. Era carina. Si ricordava di averla vista durante le prove di ammissione ma non le aveva mai rivolto la parola, probabilmente non c'era stato il tempo. O forse non gli era parsa abbastanza interessante.
Siccome però, per puro caso, si erano trovati a vivere sotto lo stesso tetto era necessario cominciare a conoscersi e andare d'accordo.
- Insomma hanno preso anche te! - Disse Sofia.
- Si, prendono anche i terroni.- Rispose Rocco facendo il finto offeso. Voleva vedere che tipo fosse la sua coinquilina.
- Eddaje, scherzavo! Mamma mia quanto sei permaloso!- Strana. Di sicuro era strana.
- Questa volta scherzavo io, non te ne sei accorta? Comunque siccome dobbiamo vivere insieme possiamo parlare d'altro. Ci sono due stanze, quale vuoi? - Rocco provò a fare il cavaliere, ma Sofia non se ne accorse neanche.
- Tu hai detto di fare di cognome Infante, giusto? -
- Si.- Ma che c'entrava il cognome con la camera?
- Allora io prendo la prima entrando dalla porta di casa, in ordine alfabetico vengo prima di te.- Logica ferrea.
- Prendo la seconda, quindi.- Logica lapalissiana.
- Complimenti, sai contare fino a due. Benvenuti a Torino a noi.- Era andata. La prima prova della grande città era andata.

****

 


Martina continuava a guardare la foto della sua Angela. Perché? Perché la gente beve e si mette in macchina? Perché non vedono che è rosso? Perché ammazzano?
Era successo ormai da un mese, Angela era uscita una sera con il suo ragazzo Alberto e non era tornata a casa. Una settimana dopo erano uscite le graduatorie del test di ammissione alla scuola di scrittura che avevano deciso di frequentare. Angela era passata, Martina no.
Poi, siccome era morta, Angela era stata eliminata dall'elenco e Martina era entrata, salendo nella graduatoria.
Inizialmente voleva lasciare perdere, che senso aveva inseguire il loro sogno da sola? Poi Enrico, il suo fidanzato, le aveva fatto capire che in quel modo avrebbe tradito le aspettative di Angela. Doveva continuare a sognare, a farlo per tutte e due.
Così si era decisa e, due giorni dopo, avrebbe cominciato quella grande avventura.
Si era da poco laureata in biologia, complice un padre scienziato, ma la letteratura e la scrittura erano sempre state le sue grandi passioni. Era così che aveva conosciuto Angela, a quattordici anni, quando passava i suoi pomeriggi alla biblioteca comunale al parco sul Po. Erano diventate subito grandi amiche e, col passare degli anni, erano rimaste tali.
Poi quella macchina maledetta.
Martina mise via la foto, il passato era pieno di bei ricordi, perché dannarsi l'anima pensando al dolore che provava da un mese a quella parte?
Prese la sua solita giacchetta di jeans e uscì di casa.
Agosto stava finendo ma il caldo pareva voler rimanere ancora a lungo nella città piemontese.
Torino, quando il sole splendeva e l'orologio in piazza San Carlo segnava più di venti gradi, era una meraviglia.
Quando era arrivata, a undici anni, dalla Sicilia, Martina aveva cominciato ad avere freddo anche a luglio. A tratti era vero, ma in gran parte fingeva nella speranza che i suoi genitori, vedendola stare male, l'avrebbero riportata a casa.
Ovviamente ciò non era per nulla possibile.
Col tempo però si era abituata a Torino, al freddo e tutto il resto. Addirittura c'erano anni in cui, quando tornava in Sicilia per le vacanze estive, non vedeva poi l'ora di rifare le valige e ripartire per Torino.
E adesso a Torino ci sarebbe rimasta altri due anni, per coronare il sogno suo e di Angela.
Poi si sarebbe visto.

 

 

*****
-Oh, siamo passati.- La voce di Samantha era felice. Francesco rispose con un sorriso. - Che bello, adesso per i prossimi due anni nessuno ci romperà il cazzo dicendoci che non facciamo niente dalla mattina alla sera.- Ufficiosamente era quello il motivo per cui avevano tentato il test di ammissione in quella prestigiosa scuola, si erano stancati di sentirsi dire che non facevano niente e che erano dei buoni a nulla.
Se erano passati almeno sapevano scrivere, oppure gli altri candidati erano messi peggio. Il che non era una bella cosa.
- E tra due anni che facciamo? - L'idea di fare l'esame era stata di Francesco, Samantha non era ancora convinta del tutto.
- Possiamo almeno farli passare questi due anni? Magari ne esce qualcosa di buono e non abbiamo neanche bisogno di pensare a fare l'università.- Già. L'università. Per ultimo era arrivato quel ministro o sottosegretario del governo nuovo, non ricordavano il nome, che aveva detto che chi non era laureato a ventotto anni era uno sfigato. Che poi cosa ne sapeva?
Comunque era stato l'ultimo, l'ultimo di tanta gente che aveva sempre visto come cattivi ragazzi quelli che di andare a Palazzo Nuovo non ne avevano nessuna voglia. Samantha e Francesco non venivano da famiglie di dottori, i genitori di lei avevano un banco al mercato, quelli di lui un negozio in un centro commerciale abbastanza lontano dal centro città.
Eppure intorno a loro non si sentiva parlare di niente che non fosse studi superiori, lauree, master all'estero.
Tanto il lavoro in Italia non c'era. Il lavoro in Italia non c'è. Laureati o diplomati che siano, i ragazzi che cercano un'occupazione non la trovano. Non ora. Non adesso. Forse tra tre-quattro anni. Ma ora no.
Era per quello, forse questa volta avevano trovato la vera motivazione, che avevano fatto la prova di ammissione. Era come prendersi due anni di pausa, anche se non era una vera e proprio pausa, per scegliere poi cosa fare della loro vita.
E per scegliere cosa fare del loro rapporto.

 

 

*****

- Julian, è pronto.-
- Arrivo mamma.- In realtà lei non era sua madre, non quella che l'aveva portato in grembo per nove mesi, almeno. Julian era stato adottato a soli dieci anni da Annamaria e suo marito Ferdinando, una coppia sposatasi troppo tardi per avere bambini suoi.
Così erano riusciti, dopo anni, ad adottare questo bellissimo bambino brasiliano che altrimenti sarebbe rimasto a crescere nell'orfanotrofio più grande di Rio per poi tornare alla favelas dove sua madre l'aveva partorito.
Invece per fortuna era arrivato a Torino con la sua nuova famiglia. Ed era stato così felice di questo che appena imparato un po' di Italiano aveva cominciato a chiamare i genitori “mamma e papà” e non per nome come invece facevano molti ragazzi adottati.
Il ragazzo scese a cena come promesso rapidamente.
Suo padre era già seduto al suo posto, mentre la donna stava servendo il cibo nei piatti.
- Va bene che hai passato il test di ammissione alla scuola di scrittura, ma se poi parli in portoghese come facevi oggi al telefono con Jeorge non ti serve a molto.- Disse la madre sedendosi a tavola con il resto della famiglia.
- E dai, per una volta non è che dimentico dieci anni di Italiano. E poi non avrei mai fatto il test di ammissione se non avessi amato questa lingua.- Era stato indeciso sul fatto di dire mia o vostra, per questo alla fine aveva optato per un meno impegnativo questa.
Dentro di se Julian si sentiva Italiano Doc. Anche sulla carta d'identità la sua cittadinanza era la stessa dei genitori adottivi, però non poteva negare che qualcosa ancora lo legava al suo paese natio, a quel Brasile che un po' a volte gli mancava anche.
- Ma si lo so, era solo per dire. Sono contenta ti abbiano preso.-
- E lo sono anche io, ovviamente.- Continuò il padre che fino a quel momento era stato zitto.
Un altro motivo per cui Julian adorava i suoi genitori era che, in dieci anni, non avevano mai ostacolato una sua scelta o una sua idea. Lo avevano sempre appoggiato, anche quando sapevano che sarebbe stato meglio dissuaderlo dal fare qualcosa.
Il segreto accordo era che sarebbe sempre dovuto essere consapevole e responsabile delle sue azioni e delle eventuali conseguenze.
E anche quella volta, quando si era iscritto alla scuola, Julian aveva dato prova di essere un ragazzo con obbiettivi da raggiungere e, cosa ancora più importante, consapevole di se, dei suoi limiti e delle sue possibilità.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: misslittlesun95