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Autore: Elanor_    15/03/2012    0 recensioni
Samuel, goffo e romantico quattordicenne, ha appena cominciato il lungo cammino delle superiori.
Perennemente innamorato di Martyna, comincerà un tortuoso percorso per far breccia nel suo cuore, aiutato dalla sua storica amica Sarah e dal suo animo di sognatore in erba.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4-Se ti rassegni, finisci in un cassonetto. 

 
«Sa quando ci sono quei periodi molto sfortunati, quelli in cui succede di tutto a te e non sai mai che fare? Ecco, io ci sono in mezzo, ma non so come uscirne.» la vecchia rugosa seduta accanto a me raschiò la gola.

«Nel senso, lo so che non dovrei autocommiserarmi, ma non so proprio come fare. Mi vergogno persino ad uscire di casa.» mi guardai le scarpe impantanate di fango.

La vecchia intanto si era alzata, portandosi dietro le tonnellate di posteriore prorompente e i peli di gatto che la ricoprivano da capo a piedi. Mi chiesi se in un futuro sarei stato come lei, solo e con tanti gatti per casa. Sì, probabilmente sarei diventato animalista e avrei combattuto per i diritti dei gatti randagi. La cosa che mi turbava, in quel momento, era di essere solo e seduto su un muretto, dato che l'unico sfogo che avevo si era dileguato per non sentire le assurdità di un quattordicenne sfigato. Un gatto nero mi passò davanti, girò la testa e miagolò.

«Ehi, amico, sei anche tu da solo? Fammi compagnia.» dissi al felino. Questo voltò di nuovo la testa ed emise un verso eccitato in direzione di tre gatti randagi e malconci che stavano qualche metro più in là. Fantastico!, pensai.

Tutto ha un suo omonimo, un suo simile, tranne me. Come noi siamo divisi in due parti pressoché simmetriche, allora un individuo dovrebbe avere una sua anima gemella per cui non essere più un unico soggetto, ma la parte di un tutto.

Preso da malinconia, gettai la testa all'indietro e guardai il cielo: stava per arrivare la primavera e due rondini sormontavano il cielo insieme, forse verso il loro nido.

Io forse avrei dovuto smetterla di sognare un futuro con Martyna. Forse.

In lontananza, un gruppo di rumorosi ragazzi passeggiavano sul marciapiede nella mia direzione. Strabuzzai gli occhi per capire chi fossero, e mano a mano che si avvicinavano, i loro visi si facevano più nitidi e familiari. In testa c'era Andrea, il capitano della squadra di rugby e al suo cospetto il novero dei suoi amici, che più che amici erano tanti idioti cui massa cerebrale messa insieme non superava nemmeno quella di una mosca intontita dal freddo.

Camminavano gobbi gobbi e con le gambe che facevano quel movimento che rendeva possibile la riuscita di quella nobile arte detta del ''cammellare''. Tamarri, ecco cos'erano.

Era più interessante la cacca appiccicata alle mie scarpe che quella massa di solti.

Mi passarono avanti senza vedermi – cosa che mi fece piacere – e Andrea continuava imperterrito a raccontare della sua nottata di fuoco con una certa Camilla.

Ad uno dei suoi valletti cadde l'accendino dalla tasca, a qualche centimetro dai miei piedi, ma lui non se ne accorse e continuò a cammellare. Quella camminata mi faceva venire il vomito da tanto era cadenzata.

Fissai intensamente l'accendino, indeciso sul da farsi: lo lascio lì o glielo do?

La mia mano si mosse da sola. Avevo preso l'accendino, l'avevo chiamato, ed ora era davanti a me che mi osservava con sufficienza.

«T-ti è caduto l'accendino!» allungai la mano verso di lui.

«Andrea, ma questo gnomo non è mica il ragazzino che ha versato la zuppa in testa a Martyna?»

Andrea si fece largo tra il numeroso gruppo e si piazzò davanti a me. Cominciò a fissarmi con interesse. Forse i suoi neuroni si erano messi in moto, dato che aprì la bocca e disse: «Ficchiamolo nel cassonetto della spazzatura.»

Anche i miei neuroni cominciarono a frullare, poiché mi resi conto della seconda cavolata in due giorni che avevo fatto, e tra l'altro che Dio non mi aveva ascoltato. Pregai tutti i santi, anche se sapevo che non sarebbe valso a niente: Andrea mi tirò su come se fossi stato una piuma, ed in quel momento odiai veramente il fatto di essere minuto e pesare un niente.

Non mi opposi, non mi divincolai. Guardai annoiato Andrea, aspettando solo che mi ficcasse in quel cassonetto dell'umido, così da finirla in qualche minuto e non pensarci più.

«Che c'è, perché non ti opponi?» domandò uno dei paggi di Andrea.

«Così non è divertente.» disse Andrea e fece cenno a quello che avevo parlato in precedenza di aprire il cassonetto; questo obbedì e non mi resi nemmeno conto di quando mi infilò dentro e chiuse il coperchio. Ero lì, seduto su bucce di banana a fissare il vuoto. Ignorai la puzza, la consistenza del mio cuscino, il fatto che era un ambiente claustrofobico e se non fossi uscito sarei soffocato dalla puzza. Volevo solo rimanere lì, e marcire come la spazzatura, le bucce di banana e le foglie di insalata rancida. Forse era quello il mio posto. 

  
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