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Autore: detoxIretox    16/03/2012    4 recensioni
[COMPLETA]
Come regalo di Natale/Capodanno ecco a voi una nuova mini-longfic sui nostri adorati Kagamine. Si applicano tutti gli avvertimenti che si applicano sempre ai Kagamine: tristezza, angst, no happy ending, ugh, why, e via discorrendo.
***
Era stata una serata orribile, il che era tutto dire. Rin era stata vagheggiata e corteggiata da quasi tutti i giovani presenti nel salone da ballo, ma non perché fosse bella. Non era da buttare, o almeno così si considerava lei: ma l’unico vero motivo per cui in tanti le avevano chiesto di ballare - uno dopo l’altro, senza sosta, quasi si fossero messi d’accordo sui turni - era che Rin aveva soldi. Molti soldi.
***
[Len/tragedia, Rin/tragedia, Gumi/tragedia, insomma vedete dove sta andando a parare]
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Len Kagamine, Rin Kagamine | Coppie: Len/Rin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4~ But I know I have to get mature sometime
 
“Rin, tesoro, tuo padre vorrebbe dirti qualcosa.”
Al richiamo della madre, Rin alzò gli occhi dalla zuppa di riso e carne che i cuochi avevano preparato per la cena, posandoli sulla figura imponente del padre che, sebbene fosse inginocchiato, pareva troneggiare su tutta la lunghezza del tavolo. Masticava lentamente, come se non avesse sentito ciò che sua moglie aveva appena detto; tuttavia, come Rin sapeva bene, un uomo poteva prendersi tutto il tempo che voleva per parlare, e rispondere a suo piacimento quando fosse stato pronto. Così attese la notizia che doveva darle - e che già intuiva leggermente, a dire il vero - con le labbra strette. L’appetito le era passato tutto d’un tratto.
Alla fine il padre di Rin la fissò con quel suo sguardo austero, che provocava sempre soggezione su chiunque lo incontrasse. “Ho finalmente deciso chi potrà avere la tua mano, se vi intenderete bene.”
Rin non reagì affatto; quella non era una sorpresa. Eppure, sentì da qualche parte dentro il suo petto il cuore chiudersi in una morsa dolorosa. Prese un respiro senza farci caso e domandò: “E chi è, padre?”
“Non lo conosci ancora. Verrà probabilmente tra una settimana e rimarrà nostro ospite per qualche giorno, per fare in modo che vi conosciate meglio.”
‘Qualche giorno’ significava che non avrebbe potuto incontrare Len per parecchio tempo. Ma in fondo non poteva farci niente... se era stato suo padre ad ordinarglielo, lei non era nessuno per potersi tirare indietro.
“Potreste dirmi almeno il suo nome?”
Per un attimo temette di aver osato troppo, ma uno sguardo bonario di sua madre raggiunse il marito, che sospirò e rispose: “Kamui Gakupo.”
 

***

 
“Kamui-san! Lo conosco!”. Le guance di Gumi si tinsero di un improvviso rosso a quelle parole, e lei abbassò lo sguardo imbarazzata. “Ecco... l’ho visto in paese qualche settimana fa, e siccome era un così bell’uomo” altra vampata di fiamme sul viso, “ho voluto saperne di più da mio fratello. Mi ha detto che è un soldato celibe e di alta casta familiare. Gode di grandissima considerazione tra i comandanti degli eserciti, e credo abbia ricevuto anche un riconoscimento per il suo valore in guerra dall’imperatore stesso.”
Rin avrebbe volentieri evitato quell’argomento, ma ormai che ne stavano parlando ascoltò più interessata di quanto le piacesse, suo malgrado, ammettere. In fondo si parlava sempre di un valido candidato a diventare suo marito.
Nel frattempo invece, per tutta la durata del monologo di Gumi su quanto fosse bello e conosciuto il fantomatico Kamui Gakupo, Miku aveva continuato ad immergere delle foglie di limone nel tè con aria annoiata. Rin non poteva biasimarla; il discorso avrebbe annoiato anche lei, se non ne fosse stata interessata direttamente.
“Potresti darmi una descrizione?”
Gumi si riprese in un secondo dall’imbarazzo di poco prima e si riattivò come un vulcano in piena eruzione. Adorava i pettegolezzi almeno quanto l’amore, e se le due cose erano messe insieme, non la fermava più nessuno. “Certo che sì! Per quanto riguarda l’aspetto, è alto quasi un metro e novanta”, e qui perfino Miku si lasciò destare dal suo disinteresse; era molto raro che un uomo giapponese raggiungesse quell’altezza vertiginosa, “ha lunghi capelli viola che tiene in una coda e un fisico ben proporzionato. Ah, ed è ovviamente un fustaccio”, ridacchiò, “vorrei proprio vedere. È uno dei soldati migliori del Giappone!”
“E caratterialmente?” chiese Rin. Cercò di non sembrare troppo impaziente o inquieta, ma quella era la parte che le premeva più di tutto.
Evidentemente, però, non riuscì nell’intento di rimanere impassibile: Gumi le sorrise rassicurante. “Non devi preoccuparti di questo. Oltre al fatto che confiderai nel giudizio di tuo padre, ho sentito dire che è la persona più gentile e pacata che si possa immaginare.”
Solo a quel punto Rin poté davvero tirare un sospiro di sollievo, sebbene quello stesso dolore al cuore che aveva sentito la sera prima a cena fosse perennemente presente. E sapeva anche perché: Kamui Gakupo poteva essere il miglior marito del mondo, ma non sarebbe mai riuscito a possedere il cuore di Rin, che apparteneva già ad un’altra persona.
Non ci aveva messo molto, in realtà, a capire di essere innamorata di lui; subito dopo ciò che era successo l’ultima volta che si erano incontrati, era tornata a casa con il cuore che pareva impazzito. Solo quando si era resa conto che sembrava volerle dire qualcosa, chiuse gli occhi e il volto del violinista proruppe nella sua mente, come un muto ma forte messaggio.
Quindi, sì. Kamui Gakupo poteva essere il miglior marito del mondo, ma non sarebbe mai stato Len.
“Direi che è una buona notizia” commentò a sorpresa Miku, senza guardare nessuna delle due amiche in faccia. “Smettila di fare quell’espressione, Rin, ti è andata bene.”
“Infatti ne sono felice” avrebbe voluto dire Rin, ma prima che potesse formulare la parola “infatti”, Gumi, di fianco a lei, gonfiò le guance e tese la schiena verso Miku, che per effetto si piegò all’indietro. “Cosa stai dicendo!? Miku! Mi sorprendo del tuo modo di pensare!”
La ragazza dai lunghi capelli turchini sgranò gli occhi dello stesso colore, mentre il volto di Gumi le dardeggiava di fronte a pochi centimetri di distanza. “Ma che ti prende? Non hai detto anche tu che questo Kamui Gakupo sarà un buon partito?”
“Ma magari Rin non si innamorerà di lui!”
“E allora?”
“E... allora!?” ripeté Gumi, esasperata dal fatto che Miku non capisse. “Allora, come potresti dormire la notte all’idea che una delle tue più care amiche sia costretta a sposare un uomo che non ama!?”
Rin guardava la scena mezza divertita, mezza intenerita. Le preoccupazioni di Gumi le fecero quasi salire le lacrime agli occhi per la commozione, mentre la reazione che Miku ebbe dopo quelle parole trasformarono le lacrime di commozione in lacrime di risate.
“Sei fuori di testa, Gumi!”. Si rivolse a Rin. “Che hai messo in questo tè, si può sapere?”
“Oh, ragazze” sospirò Rin dopo essere scoppiata in una risata fragorosa. Appoggiò delicatamente una mano sulla spalla di Gumi. “Ti ringrazio di tutto, ma non c’è bisogno che tu stia così in pensiero per me. Addirittura non dormirci la notte mi sembra esagerato!”
“Esagerato!?” I suoi occhi brillarono: erano diventati lucidi. “Rin, io non sono insensibile come certe altre persone qui”, fece un cenno in direzione di un’imbronciata Miku, “e non ho nessun problema nel dirti che ti voglio bene e desidero che tu sia felice. Se così non fosse, be’... mi si struggerebbe il cuore!”
“E io non sono una fanatica come qualcun altro” si intromise Miku, riferendosi alla ragazzina dai capelli verdi, “per questo, anche se voglio bene a Rin anch’io, sono più realista. Ma questo non vuol dire che sia distaccata, capito? Dico le cose come stanno. Rin sapeva sin dall’inizio la sua sorte e se fossi in lei, adesso, sarei sollevata a pensare che il mio matrimonio combinato sarà con un uomo dal carattere accomodante. Dico bene?”
Guardò Rin con occhi pieni di aspettativa, e lei non se la sentì di darle torto. In fondo si sentiva così, come aveva detto Miku; ma si riconosceva anche nella versione di Gumi. La verità era che non sapeva se la notizia del probabile matrimonio con Kamui Gakupo fosse qualcosa di rassicurante, o di terribile.
 

***

 
“Dimmi, Len, tu ti sei mai innamorato?”
In altre circostanze Rin non si sarebbe mai sognata di interrompere una delle sue composizioni mentre venivano suonate, ma quella era una domanda che la stava tormentando da un po’ e aveva deciso di fargliela prima di conoscere Kamui Gakupo. Il perché, non lo sapeva; sapeva solo che ne aveva un bisogno impellente, anche se insensato.
La musica si interruppe, e Len portò la punta dell’archetto sul mento, in un’espressione pensierosa. “A dire il vero, sì. Mi sono innamorato recentemente.”
“Davvero?” chiese lei piuttosto stupita.
“M-mh.”
“E lei lo sa?”
Scosse la testa. “Non ho ancora avuto il coraggio di dirglielo.”
In un qualche modo, Rin quasi si convinse che stesse parlando proprio di lei; abbassò lo sguardo e sussurrò: “Sono sicura che se glielo confessassi, non potrebbe rifiutarti.”
Len fece un risolino. “Come fai a saperlo? Non la conosci nemmeno...”
“Magari se mi dici chi è potrei aiutarti...” lasciò la frase in sospeso, come a invitarlo a dire qualcos’altro che potesse darle un indizio su chi fosse la ragazza fortunata. Len non raccolse l’esortazione e stette in silenzio.
“Perché questa domanda?”
“Perché credo di essermi innamorata anch’io.”
Len si irrigidì, quasi impercettibilmente. “Ah, bene” fu tutto ciò che riuscì a dire. Si mise a fissare il violino e non distolse lo sguardo finché Rin non ebbe finito di replicare: “Ma è una cosa fin troppo improbabile, Len. Questa persona non potrà mai stare al mio fianco. Apparteniamo a due mondi totalmente diversi, e io sarò promessa ad un altro uomo molto presto. So che dovrei dimenticarmene e cercare di vedere le cose come stanno, ma non riesco a domare questi sentimenti incontrollabili. È totalmente impensabile che io smetta di amarlo.”
Mentre Rin lo guardava di sottecchi, cercando di mostrarsi il meno imbarazzata possibile, Len prese la custodia del violino e ve lo adagiò all’interno, richiudendola con un paio di scatti che riecheggiarono nel silenzio teso che si era creato.
“Tu sei un ragazzo intelligente.” Rin guardò davanti a sé, incapace di girare il volto in direzione del violinista, col timore di vedere la sua reazione. “Ovviamente avrai capito che parlo di te.”
“Sì, l’avevo intuito” lo sentì mormorare piano. Poi, più forte: “E’ per questo che me ne sto andando. Non posso rimanere qui, rischieremmo di oltrepassare un limite dal quale non potremmo più tornare indietro. Non voglio complicare le cose, non voglio metterci nei guai. Spero che tu lo capisca.”
Rin represse un piccolo singhiozzo, mettendoci tutta se stessa per non farsi sentire. “Cer... Certo.”
“Allora va bene.” Il ragazze esitò un attimo. “Non credo che verrò, domani.”
“D’accordo.”
Senza aggiungere altro, preso violino e custodia, a larghi passi nervosi si inoltrò nelle chiome rosa dei ciliegi, che ne nascosero la figura.
Solo in quel momento Rin si concesse di abbandonarsi a un pianto di sfogo. Aveva trattenuto le lacrime da quando la conversazione era cominciata, e le parole di Len l’avevano ferita in modo che non avrebbe potuto immaginare. Col senno di poi, si sarebbe data della stupida egoista. Davvero era così piena di sé da pensare che il mondo le girasse intorno, e che un ragazzo qualunque si sarebbe innamorata di lei come lei si era innamorata perdutamente? Davvero era così illusa che le storie d’amore ricambiate esistessero davvero, se non nelle favole? Quella era un’ulteriore prova che avrebbe fatto meglio a darsi una svegliata, prima o poi, e diventare l’adulta che gli altri volevano fare di lei.
Ma ogni volta che pensava alla sua situazione, era una nuova pugnalata al petto e altre lacrime incandescenti che le solcavano le guance.
Presto si sarebbe sposata, e non sarebbe mai stato con Len. Pugnalata numero uno.
Le responsabilità di moglie e madre non si sarebbero fatte attendere. Pugnalata numero due.
Aveva paura di diventare grande e affrontare il mondo non più nella bambagia. Pugnalata numero tre.
Len non la amava. Pugnalata numero quattro.
A quel punto, si disse, aveva solo due scelte: lasciarsi morire per le troppe brucianti stilettate, o fingere che andasse bene e farsi scivolare tutto sulla pelle. La scelta più facile e allettante, si sorprese di pensare, risultò essere quella di piombare nel baratro. Almeno così non avrebbe provato più nessun dolore acuto al petto...
“Però non piangere...”
Quella voce la distolse dallo stordimento. Mentre le lacrime cadevano incessantemente, si rese conto con un tuffo al cuore che proveniva dal punto nel quale Len era scomparso.
“Sei... sei ancora lì?” chiese con tono arrochito.
“Sì.”
“Mi dispiace per lo spettacolo penoso” si scusò, “è solo che non ero mai stata rifiutata prima d’ora. L’ho presa male, ecco tutta”. Sebbene stesse cercando di sminuire la cosa, lei stessa capì di non risultare troppo convincente. Si asciugò in fretta e furia un po’ le guance bagnate e attese una reazione di Len.
“Rifiutata”. Lo sentì sospirare in segno di rassegnazione. “Rin. Non sei ad essere stata rifiutata, sono io che sono un maledetto bugiardo.”
Rin non fece in tempo a capire cosa quelle parole volessero dire, che il ragazzo riemerse dalle fronde e, con un paio di rapide falcate, la raggiunse, facendola trasalire. Quando si rese conto di aver indietreggiato fino ad aderire con la schiena contro un tronco d’albero, non riuscì a dire nulla a causa delle labbra di Len che si posarono, più veloci, sulle sue. Rimasero a baciarla così a lungo che presto acquisirono il sapore salato delle sue stesse lacrime.
Quando il bacio finì, con uno schiocco sonoro, Rin inalò ossigeno per cercare di tornare lucida, mentre il violinista le sfregava i pollici sulle guance, in un timido tentativo di asciugarle.
“Len...?”
“Sono innamorato di te.”
“Ma...”
La fece tacere con un nuovo bacio, più morbido ma allo stesso tempo più determinato del primo, che la fece andare in visibilio. Quando le labbra di Len abbandonarono la sua bocca, riuscì ad articolare: “E il punto di non ritorno...?”
Non la lasciò nemmeno finire. “A questo punto che importa?” biascicò, quasi sarcastico.
“Avevi detto che non volevi complicare le cose...”
“Mentivo.”
“Avevi detto che non volevi metterci nei guai...”
“Mentivo... Rin. Te l’ho detto che sono un bugiardo.”
La baciò ancora, mentre Rin non riusciva a smettere di singhiozzare. Ma era ancora tristezza, gioia, o che altro?
“Non piangere...”. Un altro bacio. “Non piangere...”
Non capiva più nulla, così non seppe nemmeno quanto tempo stettero stretti l’uno all’altra a baciarsi e carezzarsi. Rin non smetteva di piangere e sentiva sempre nuove lacrime bagnarle la pelle... ma erano sempre e solo le sue? Erano così tante e inarrestabili che le venne il sospetto si fossero aggiunte anche quelle di Len...
Ma non importava. In quel momento non importava nulla. Neanche i fiori di ciliegio che sbocciavano e cadevano in un circolo perpetuo, che si posavano sui loro capelli e che sembravano aver percepito che tutto, di lì a poco, sarebbe inesorabilmente precipitato.

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E siamo arrivati alla dichiarazione supersuperzuccherosa! Finalmente!
Non biasimatemi, per favore. Sono reduce da "
William Shakespeare's Romeo + Juliet" di Baz Luhrmann. Quell'uomo è un grande! E tutti i suoi personaggi sono così romantici. **
Mavabbè. Dicevamo? Ah sì, la dichiarazione.
Da adesso si creano tutti i casini che potete immaginare, e anche di più. x)
Perché io i miei personaggi preferiti li faccio soffrire!!
E non è detto che mi riferisca solo a Len e Rin (semi-spoiler).
Alla prossima x3 e grazie e chi continua a seguire, ovviamente! <3

  
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