I personaggi descritti sono proprietà dell’autrice Ryoko Ikeda.
Questa fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Premessa.
Ecco qui la seconda ff recuperata dal pc defunto. In realtà è la prima, in
ordine cronologico, che ho scritto, appunto nel 2003, alla quale ha fatto
seguito "Ricordi". Anche qui apporterò varie operazioni di restyling, a mio
parere necessarie, che mi soddisfano di più della versione originale. Lascerò la
trama, in linea di massima, così come l’avevo concepita.
Che altro dire? Beh, buona lettura, sperando che vi piaccia.
I due comandanti
capitolo 1
Oscar si svegliò di malumore anche quella mattina. Ultimamente, non riusciva
a riposare che poche ore per notte. I pesanti turni di pattugliamento, ai quali
erano sottoposti i suoi soldati, le impedivano di essere serena.
L'esasperazione del popolo parigino sembrava diffondersi senza controllo, ed
il compito di prevenire disordini diventava sempre più arduo.
Un sorriso malinconico le sfiorò le labbra, al pensiero degli ostacoli che
aveva dovuto superare per farsi accettare dal suo reggimento. I rudi soldati,
provenienti dai ceti più poveri, si erano inizialmente rifiutati di prendere
ordini da una donna, oltretutto, di nobili origini.
Nonostante cercasse di sopprimere la propria natura, il destino sembrava
prendersi gioco di lei, ostacolando il difficile tentativo di relegare gli
episodi spiacevoli nei reconditi meandri della memoria.
L’immagine di Andrè si stagliò nitida nella mente, contribuendo ad aumentare
l’insofferenza che la tormentava.
Malgrado lo avesse trattato con severità, non si era allontanato ma, al
contrario, si era arruolato nei soldati della guardia, pur di restarle
accanto.
Oscar non riusciva a mettere a fuoco i sentimenti che nutriva per il suo
attendente.
L’affetto che provava per lui, nato dall’essere cresciuti insieme, era stato
contaminato dal risentimento, sorto nel suo cuore, quando Andrè le aveva,
dolorosamente, rammentato di essere una donna.
Sospirò, decidendo di alzarsi, nella speranza di smettere di pensare a
qualcosa a cui non riusciva, o non voleva, dare una risposta.
Indossando l’uniforme militare, si sforzò di dimenticare l’inquietudine,
unica causa, a suo parere, del profondo stato di insoddisfazione in cui versava.
Come ogni mattina, si diresse verso la caserma. Il cavallo procedeva al
passo, come se avvertisse la stanchezza del suo cavaliere.
Era sola. Andrè aveva trascorso la notte con gli altri soldati della guardia,
come accadeva da molti giorni ormai, poiché il tempo per riposarsi fra un turno
l'altro era davvero insufficiente.
Ultimamente, scambiava con lui solo poche parole, per lo più ordini di
servizio e comunicazioni per i soldati.
Lei stessa era l’artefice del loro attuale rapporto. La confessione di Andrè
di amarla da una vita ed il bacio rubatole con la forza, l’avevano persuasa ad
allontanarsi da lui.
Cercò di cancellare il suo attendente dalla mente, accorgendosi, irritata,
che quando la malinconia si insinuava, furtiva, nel cuore, un insistente e
fastidioso rammarico disturbava la sua razionale decisione, minacciandone le
fondamenta.
Consapevole che la familiarità che li aveva legati in passato era scomparsa
per sempre, sospirò, determinata ad affrontare un'altra giornata di duro
lavoro.
Andrè era ad attenderla, come era solito fare.
Non parlava molto, se non lo stretto necessario, ma la sua presenza
silenziosa e costante dimostrava, ad Oscar, quanto il suo attendente le fosse
legato.
Sollevò lo sguardo stanco e lo notò, immobile sull’attenti, all’ingresso
della caserma. Sapeva che l’avrebbe seguita in ufficio ed avrebbe atteso,
silenziosamente, fino a quando non gli avesse consegnato gli ordini della
giornata.
Chiuse gli occhi, cercando di contrastare il rimorso che, sempre più spesso,
la affliggeva.
- Andrè, oggi verrò anch’io a Parigi. Desidero verificare di persona la
gravità della situazione – esordì, con tono calmo, ma deciso - comunica ad Alain
e agli altri soldati di turno di prepararsi. Partiremo tra mezz'ora.
- Agli ordini, comandante – rispose Andrè, all’apparenza, indifferente – a proposito, Oscar, è arrivata questa lettera per te da Versailles - riprese,
subito dopo - il sigillo sulla busta indica che proviene dalla regina Maria
Antonietta.
Il biondo colonnello sgranò gli occhi per la sorpresa - fammi vedere, Andrè –
pronunciò, pensierosa.
Lo sguardo si posò, incuriosito, sulla missiva. Ne lesse velocemente il
contenuto e sollevando il capo comunicò ad Andrè il cambio di programma.
- Avverti Alain di prendere il comando della sua squadra e di recarsi a
Parigi – ordinò, infastidita – tu, invece, verrai con me a Versailles. La regina
Maria Antonietta desidera vedermi.
Andrè chinò il capo, annuendo.
- Per quale motivo la regina vuole incontrarmi? Io non presto più servizio
nei soldati della guardia reale – mormorò, perplessa.
- Forse vuole informarsi sulla situazione a Parigi direttamente da te, Oscar.
Sai perfettamente che la regina ha sempre avuto molta stima delle tue opinioni –
suggerì, Andrè.
- Può darsi che tu abbia ragione, ma presto avremo la risposta - replicò,
salendo a cavallo con un gesto agile ed elegante.
Mentre percorreva l’ampio corridoio che conduceva alla residenza privata
della regina, Oscar, preoccupata, si chiedeva quali fossero le ragioni di una
convocazione così urgente.
Andrè la seguì attento, giudicando che, neppure la severa uniforme militare
riusciva a nascondere l'eleganza del suo portamento. La osservò entrare negli
appartamenti reali, cercando di calmare il battito tumultuoso del cuore.
La regina la accolse con gioiosa cordialità - madamigella Oscar, che piacere
rivedervi, è da molto tempo che non venite a Versailles.
- Ne sono consapevole, Maestà, ma i miei doveri di comandante mi tengono
molto occupata – rispose, nascondendo dietro un sorriso impassibile,
l’apprensione per l’invito imprevisto.
- Da quando avete lasciato la guardia reale, non abbiamo più avuto occasione
di incontrarci, madamigella Oscar – proseguì, commossa Maria Antonietta - come
vi trovate con i soldati della guardia? Non è certo la carriera militare che
avevo auspicato per voi. Vorrei ricordarvi che, se doveste cambiare idea, sarei
lieta di riavervi quale comandante delle guardie reali.
- Maestà, vi ringrazio dal profondo del cuore – replicò il colonnello – ma
non dovete preoccuparvi per me. In verità, sono molto soddisfatta di questo
incarico. Ma ditemi, se mi è consentito domandarlo, per quale motivo mi avete
convocato?
Maria Antonietta si accomodò su un elegante sofà, esaminando, con
ammirazione, il biondo ed imperturbabile comandante.
- Vedete madamigella, anche se la Francia sta attraversando un periodo
critico, non possiamo concentrarci solo su ciò che accade nel nostro Paese – le
illustrò, con tono tranquillo - ma è nostro dovere mantenere saldi rapporti
diplomatici con gli altri Stati. Desidero comunicarvi che è giunto a Versailles
un gradito ospite dall'Inghilterra, incaricato personalmente dalla Corona.
Oscar scrutò, perplessa, la regina, continuando ad ascoltarla con
attenzione.
- Abbiamo ricevuto una singolare richiesta dalla diplomazia inglese, e questa
persona è stata inviata, appositamente, allo scopo di perfezionare le proprie
cognizioni sulle strategie militari. So benissimo che ogni Stato possiede
specifici ordinamenti, ma in questo frangente, uno scambio di cortesie potrebbe
rivelarsi proficuo per entrambi i Paesi – continuò, determinata – pertanto, ho
ritenuto, madamigella Oscar, che voi siate la persona più indicata ad illustrare
al nostro ospite gli usi militari francesi.
- Maestà, perdonate il mio intervento – mormorò Oscar, nascondendo il disagio
– ma non comprendo il legame fra la vostra richiesta ed il mio attuale incarico
di comandante. Ritengo che a Versailles, uno studioso possa avere accesso a
maggiori informazioni, avendo la possibilità di conversare con i migliori
generali.
Non era affatto contenta di dover seguire un damerino inglese, soprattutto
nella situazione delicata in cui versava Parigi.
Desiderava dedicarsi, con il massimo impegno, al ruolo di comandate dei
soldati della guardia, senza essere costretta a perdere tempo prezioso con le
smancerie di un aristocratico petulante.
- Maestà, vedete – proseguì, pacata – io ho lasciato da tempo la guardia
reale, perdonatemi, ma non credo di essere in grado di assolvere a questo
compito.
- No, madamigella Oscar, desidero che ve ne occupiate voi. Siete, senza ombra
di dubbio, la persona più idonea. Il vostro valore militare non ha eguali.
Confido in voi. Il colonnello Stewart non avrà alcun problema a seguirvi presso
i soldati della guardia. Vi attende nel salone dell'ala est – concluse la
regina, senza lasciare spazio ad un eventuale ripensamento.
- Come volete, Maestà – rispose il fiero comandante, congedandosi da Maria
Antonietta, con un inchino che nascondeva il proprio disappunto.
Andrè osservò l'elegante figura venirgli incontro. Suppose, dalla luce
rabbiosa che le brillava nello sguardo azzurro e dal passo affrettato, che fosse
irritata. Quasi certamente, la regina le aveva assegnato un compito che Oscar
non aveva gradito.
- Andiamo Andrè, dobbiamo portare con noi un damerino inglese. E’ un ordine
di Sua Maestà – sbottò, infastidita.
Sotto lo sguardo interrogativo di Andrè, Oscar riferì brevemente il colloquio
con la regina e, per un brevissimo istante, ritrovarono le consuetudini del
passato, quando lei era solita ascoltare le opinioni del suo attendente.
- Non ti preoccupare Oscar, se è davvero un nobile lezioso, si stancherà
presto dei nostri turni massacranti e tornerà alla reggia di Versailles –
affermò il soldato, tranquillo.
Oscar chinò il capo, mentre un velo di nostalgia le adombrò il bellissimo
volto. Era consapevole che André sapeva molto bene come placarla. Annuì,
condividendone il pensiero.
Entrò con passo elegante nel salone e si fermò ad osservare la figura che si
stagliava, in controluce, vicino alla vetrata più lontana dall'ingresso.
Immobile, sembrava assorto nella contemplazione del paesaggio. Le strie
luminose del tiepido sole di fine inverno penetravano all’interno, creando
giochi di luci ed ombre che facevano apparire illusoria la presenza
dell'uomo.
Oscar avanzò verso il colonnello inglese che, udendo dei passi dietro di sé,
si volse lentamente.
Lo sguardo impenetrabile si posò sul biondo comandante. Con eleganza, fece il
saluto militare e si presentò.
- Sono il colonnello Andrew Philip Stewart – esordì, con tono risoluto – è un
vero piacere fare la vostra conoscenza, comandante – concluse, chinando
lievemente il capo, in segno di rispetto.
Oscar sgranò gli occhi, meravigliata. L’uomo di fronte a lei era quanto di
più lontano potesse esistere dall’aristocratico incipriato e manierato che lei,
in preda alla collera di dover obbedire ad un ordine della regina, si era
immaginata.
continua