E
con questa shot
torno nel mondo dei
vivi, visto che ultimamente sono stata parecchio presa da
un’altra storia.
Perciò chi deve ancora ricevere una risposta alla sua
recensione non si
preoccupi, da stasera inizierò a rispondere a tutti. E chi
deve ancora ricevere
qualche recensione (non faccio nomi, tanto più di qualcuno
si sentirà chiamato
in causa e sì, lo so, sono pessimaXD) sappia che mi sto
impegnando al massimo.
Ho letto un sacco di storie bellissime che aspettano solo di essere
commentate.
Bene,
non vi tormento più, vi lascio alla storia! XD
Avvertimenti:
Missing Moments,
One-shot
Rating: Giallo
Introduzione: Ed eccomi qui, con una nuova e
breve shot, ancora frutto
di ispirazione improvvisa. Ho semplicemente voluto dare una diversa
visuale di
un evento particolare. Buona lettura! ^^
Kitsune
La
donna si guarda intorno, finché un sorriso radioso le
illumina il volto.
Sono
perfetti.
Perfetti
quegli occhi che brillano delle stesse sfumature del cielo.
Perfetta
quella lieve e dolce risata, che le insinua nel cuore un calore
avvolgente.
Che
brucia.
Che
uccide.
E’
una risata lenta e graffiante che incute terrore.
Sono
occhi imbevuti di piacere nel guardare la morte.
-No!
L’urlo
agghiacciante echeggia chiaro in quella luminosa giornata di sole.
Tutto piomba
nel silenzio, tutto sfuma nel buio di una camera da letto.
“E’ stato solo un incubo…”
pensò,
portandosi una mano sul petto e tirando un respiro di sollievo. Si
guardò
intorno, più sveglia che mai, cercando di mettere a fuoco la
sua stanza, e il
suo sguardo infine cadde sul saiyan che dormiva pacifico accanto a lei.
A quel punto la donna non poté fare a
meno di sorridere, notando che persino nel sonno Vegeta riusciva a
mantenere
quell’aria imbronciata che lo aveva sempre caratterizzato. Ma
il sorriso
scomparve così com’era arrivato, nel momento in
cui il sogno tornò
prepotentemente a inondare la sua mente. Così la scienziata
si alzò, decisa ad
uscire dalla stanza.
-Dove vai? –le chiese all’improvviso la
voce roca del principe. Doveva essersi svegliato non appena
l’aveva sentita
agitarsi, e una volta di più Bulma si stupì dei
riflessi posseduti dal marito,
capace di dormire più profondamente un bambino per poi
svegliarsi
istintivamente, già pronto ad affrontare un possibile
pericolo.
-Vado a bere un bicchiere d’acqua.
–rispose infine la donna, nel tono più
tranquillizzante che potesse trovare.
Dopotutto aveva detto la verità.
Un grugnito le fece capire che la sua
risposta era stata abbastanza esauriente. La scienziata
indossò quindi la
morbida vestaglia e le ciabatte, per poi andare dritta
nell’ampia cucina.
Doveva essere davvero molto tardi,
perciò si stupì parecchio nel momento in cui vide
suo figlio intento a fare ciò
per cui anche lei era venuta. Il bambino se ne stava in piedi accanto
al frigo,
con un bicchierone d’acqua in mano.
-Trunks, tesoro, cosa fai in piedi a
quest’ora? –chiese Bulma, avvicinandosi a lui
vagamente preoccupata. –Non sai
che è molto tardi?
Il piccolo non la guardò negli occhi e
assunse un’espressione torva.
-Ho fatto un sogno e non riesco più a
dormire. –disse, e nel pronunciare queste parole le sue
guance si tinsero
lievemente di rosso.
Bulma tirò un sospiro di sollievo. Per
un attimo aveva pensato che non si sentisse bene.
-Un brutto sogno? –chiese, aprendosi in
un tenero sorriso. –Me ne vuoi parlare?
-Non era brutto. –rispose pronto il
bambino, come se volesse sfidarla a dire che lui
aveva avuto paura di uno stupido sogno.
-D’accordo. –rispose Bulma in un
sorriso, e in quel momento decise di non insistere. Ormai sapeva bene
come
comportarsi con i suoi due testoni. Perciò non aggiunse
altro e si limitò a
prendere una bottiglietta d’acqua dal frigo.
-Io torno a letto. –disse quindi,
dirigendosi alla porta.
-Aspetta, mamma.
Bulma si fermò sulla soglia, e si voltò
verso il figlio.
-Dimmi, tesoro.
-Io… -cominciò Trunks, che finalmente
alzò gli occhi celesti per incontrare lo sguardo della
madre, -ho sognato che
papà mi abbracciava.
Bulma inizialmente lo guardò sbigottita,
ma non poté fare a meno di aprirsi di nuovo in un sorriso.
Vegeta era un ottimo
padre, ma non sarebbe mai stato un genitore affettuoso.
-Ti piacerebbe se lo facesse, vero?
Trunks non rispose ma distolse ancora lo
sguardo, e per la donna questa fu una conferma più che
sufficiente.
-E non sei più riuscito a dormire?
–aggiunse lei, non riuscendo a reprimere la sua
curiosità.
Il bambino scosse la testa. –Era un
sogno strano.
La donna capì di avere davvero insistito
troppo, così gli si avvicinò per accarezzargli i
capelli.
-Anche se era strano, si trattava solo
di un sogno. –disse, guardando il figlio decisa.
–Quindi stai tranquillo e
torna a dormire. Pensa piuttosto a quanto ti divertirai con Goten al
Torneo di
arti marziali, domani!
All’improvviso gli occhi azzurri di
Trunks brillarono di pura aspettativa. –D’accordo!
Detto ciò, il bambino corse subito verso
la sua stanza, chiaramente rincuorato. Bulma lo seguì con lo
sguardo finché non
lo vide oltrepassare la soglia, poi decise di andare a letto. Aveva
già dimenticato
di avere sete.
Tornò quindi nella sua stanza e si mise
sotto le coperte, in cerca dell’agognato riposo. Ma quel
sogno non aveva ancora
smesso di tormentarle la mente, e la strana sensazione allo stomaco che
lo
accompagnava certo non aiutava.
Per diversi minuti Bulma si rigirò fra
le coperte, in cerca di una posizione conciliante. Poi, quando stava
ormai per
arrendersi all’idea di star sveglia tutta la notte, due
braccia forti le
cinsero i fianchi, per poi farla dolcemente impattare contro un caldo
corpo
d’acciaio.
-Vegeta…
-Dormi. –disse il compagno, con la voce
arrochita dal sonno, velata da una vaga minaccia.
La scienziata sospirò, lasciandosi
sfuggire un lieve sorriso. Vegeta doveva essere davvero stanco, visto
che si
era allenato ininterrottamente per l’arrivo di Goku.
Questo motivo e anche il fatto di
sentirsi addosso un’enorme spossatezza la convinsero infine a
smettere di
pensare, e nel giro di pochi minuti anche lei riuscì a cadere nell’oblio
del sonno, un oblio che avrebbe cancellato ogni ricordo del sogno che
l’aveva
tanto scossa.
E infatti la pace in quel momento era
lì, in quelle piccole cose. Una coperta tiepida, una stanza
buia, un compagno
che portava calore. Non c’era davvero nulla da temere.
In fondo, era stato solo un sogno.