Waiting for ~ Thirty Shattered Pieces

di My Pride
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fighting against ten men and losing against a cook ***
Capitolo 2: *** Don't stop the mind (or you'll be defeated) ***
Capitolo 3: *** [ Special Chapter ] Happy birthday, Roronoa ***
Capitolo 4: *** You're both male, why are you mating? ***
Capitolo 5: *** Show it (your eye) to me ***
Capitolo 6: *** [ Flash Fiction Istantanee Contest ] I might be crazy ***
Capitolo 7: *** Father's heart ***
Capitolo 8: *** [ Special Chapter ] Merry Christmas! ***
Capitolo 9: *** Gimme your ass, damn cracked marimo ***
Capitolo 10: *** How say stupid things ***
Capitolo 11: *** Change of look (no way) ***
Capitolo 12: *** [ Special Chapter ] Cakes, cooks and rabbits ***
Capitolo 13: *** Can I see your panties? ***
Capitolo 14: *** Light bondage ***
Capitolo 15: *** Read the mood ***
Capitolo 16: *** Heavy scars ***
Capitolo 17: *** [ Special Chapter ] Happy birthday, shitty cook ***
Capitolo 18: *** Cheerful Captain ***
Capitolo 19: *** A wound on the heart ***
Capitolo 20: *** The Kamabakka Picture Show (The Return) ***
Capitolo 21: *** Some affairs in daylight ***
Capitolo 22: *** [ Kiss Contest ] Now here, man (After that and then) ***
Capitolo 23: *** [ Say it with Disney ] Woods, spiders and a stupid hilarious cook ***
Capitolo 24: *** [ Due cuori e ] Two hearts and a blue blue sky ***
Capitolo 25: *** Good idea, marimo ***
Capitolo 26: *** [ Il mondo dei Peanuts ] One day with you and all is a mess ***
Capitolo 27: *** In the desert of the moon ***
Capitolo 28: *** What amazing crew, what amazing feeling ***
Capitolo 29: *** [ All I want for Christmas is you ] Phantoms in falling snow ***
Capitolo 30: *** After the rain ***
Capitolo 31: *** If you wanna sleep with me ***
Capitolo 32: *** [ Scrivimi una raccolta ] The Rainmaker ***
Capitolo 33: *** [ Scrivimi una raccolta ] Harmful weather condition ***
Capitolo 34: *** [ Scrivimi una raccolta ] Walkin' on sunshine ***
Capitolo 35: *** Daddy day ***
Capitolo 36: *** [ Special Chapter ] Like a little Christmas tree ***
Capitolo 37: *** Sea cook's treasure ***
Capitolo 38: *** [ ZoSan Week ] B-day (what it means) ***
Capitolo 39: *** [ ZoSan Week ] Thirty-eight seconds. 3 A.M. ***
Capitolo 40: *** Firefly (under the moonlight) ***
Capitolo 41: *** [ Sette colori per un fandom ] Bloody snow ***
Capitolo 42: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Don't joke with me ***
Capitolo 43: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Here comes the sun ***
Capitolo 44: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Green Hope ***
Capitolo 45: *** [ Sette colori / 500 prompt ] In the middle of the night ***
Capitolo 46: *** [ Sette colori / 500 prompt ] My sexy cooking lessons ***
Capitolo 47: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Like a piece of ice ***
Capitolo 48: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Aphrodisiacs ***
Capitolo 49: *** [ Sette colori / 500 prompt ] The moon and six pense ***
Capitolo 50: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Negative nein ***
Capitolo 51: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Boogie Man ***
Capitolo 52: *** [ Sette colori / 500 prompt ] Winter is a world itself ***
Capitolo 53: *** [ 100% prompt / 500 prompt ] Snowman ***
Capitolo 54: *** [ 100% prompt / 500 prompt ] When the snow comes ***
Capitolo 55: *** [ 100% prompt / 500 prompt ] Sky Island and clouds ***
Capitolo 56: *** [ The season challenge / Un cocktail di storie ] The last one ***
Capitolo 57: *** [ The season challenge / Un cocktail di storie ] Like a Sunflower ***
Capitolo 58: *** [ The season challenge / Un cocktail di storie ] Tequila Sunrise ***



Capitolo 1
*** Fighting against ten men and losing against a cook ***


Fighting against ten men and losing against a cook
[ Prima classificata e vincitrice del Premio Christmas Spirit al contest
«All I want for Christmas is you » indetto da Frandra { 29 } ]
[ Seconda classificata al contest «Il mondo dei Peanuts» indetto da Dark Aeris { 26 } ]
Seconda classificata al contest «Due cuori e...» indetto da Frandra e Silyia_Shio { 24 } ]
Seconda classificata al contest «Scrivimi una raccolta» indetto da visbs88 { 29/32/33/34 } ]
[ Terza classificata al contest «Say it with Disney!» indetto da
Lady Nazzumi e valutato da Dark Aeris { 23 } ]
[ Quarta classificata al contest «Rapido e indolore: quando i posti
sono pochi e i vincoli (quasi) assenti
» indetto da Ro-chan { 23 } ]
[ Quinta classificata al contest «Flash Fiction Istantanee» indetto da Dark Aeris { 6 } ]


Titolo: Fighting against ten men and losing against a cook
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 867 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale, Vagamente Sentimentale, Vagamente Introspettivo
Rating: Giallo / Arancione
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?
Winter Challenge: 23° Luogo Vicolo cieco
Vitii et Virtutis: Giustizia Vittoria
Binks Challenge:
5° Città9° Calma/Pazienza
Prompt: 19° Argomento: Ringraziamento e perdonoGiustificazioni
La sfida dei duecento prompt: 29. Vittoria



ONE PIECE ©1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Bisognava ammettere che Roronoa Zoro preferiva scontrarsi dieci volte contro dieci uomini a spada tratta piuttosto che affrontare un discorso di coppia con Sanji.
    Non che detestasse quella fase - aye, beh, probabilmente anche per quello -, però... il fatto era che non era mai stato avvezzo a tali cose. Poteva capire solo parzialmente parole come
amore” o, per l'appunto, “rapporto di coppia”, e per quanto gli piacesse riuscire a ritagliare un po' di tempo da passare con il cuoco tra un allenamento e l'altro, l'obiettivo che si era prefissato restava comunque il suo traguardo più importante. Probabilmente sentiva che se si fosse lasciato andare sarebbe stato completamente assorbito da quella relazione, e, beh, doveva ammettere che la cosa lo spaventava e lo inquietava. Non era mai stato particolarmente interessato a relazioni di quel tipo né tanto meno alle donne, ed era per l'appunto bizzarro essersi infatuato di un damerino che aveva un sogno ancor più astruso del suo. Trovare l'All Blue, il cuore di tutti i mari... beh, non sapeva se quel mare esistesse davvero, ma era l'ultima persona al mondo a poter criticare il cuoco per quella sua convinzione.
    A quei suoi stessi pensieri, Zoro si scompigliò nervosamente i capelli, gettando una rapida occhiata alla bancarella vicino alla quale si era fermato Sanji. Stava discutendo animatamente con il commerciante riguardo chissà cosa, ma dal tono che stava usando - e anche dal volume piuttosto alto della voce -, era più che certo si trattasse proprio del cibo che vendeva. Che razza di idiota, quel cuoco. Incurante del gelo che stava pian piano scendendo a valle dalla montagna, con la neve che gli attorniava le caviglie e il naso ormai ridotto ad un pomodoro a causa del freddo, non la smetteva di blaterare nemmeno per un attimo, neanche fosse stato una casalinga che cianciava dei fatti suoi; Zoro fu quasi tentato di mollarlo lì e di andarsene, ma, per quanto detestasse ammetterlo persino a se stesso, sapeva che se l'avesse fatto si sarebbe soltanto perso.
    Erano sbarcati su quell'isola esattamente poche ore addietro, e la prima cosa che aveva preteso di fare Sanji era stata proprio quella di scendere a terra e di andare a visitare la città per riempire la cambusa. E, beh, le scarse scorte di cibo erano parse un ottimo pretesto per cacciare soldi anche per una tirchia come Nami. Peccato che quel cretino di un cuoco avesse trascinato via anche lui - svegliandolo dal suo pisolino, tra l'altro - con la scusa di un aiuto per portare buste e acquisti; cercando di mantenere la calma, dunque, lo spadaccino l'aveva seguito, ma la sua pazienza, ormai, stava per andare a farsi benedire del tutto.
   
«Ohi, cuoco!» lo richiamò in un borbottio sconnesso, aggrottando la fronte con fare nervoso. «Ti vuoi muovere?»
    Gli venne lanciato appena uno sguardo e, alzando rapidamente una mano, Sanji gli fece cenno di attendere; passarono un altro paio di minuti prima che si decidesse a tornare da lui con qualche busta in spalla, ma il sorriso che gli stava rivolgendo non prometteva niente di buono.
«Prendi queste, marimo», gli disse difatti, porgendogli la maggior parte degli acquisti.
    Zoro sollevò un sopracciglio con fare scettico. Chi gliela dava la pazienza di sopportare quel cuoco, maledizione? Forse era questo ciò che avrebbe dovuto cominciare a chiedersi.
«Sei peggio di quella strega di Nami, cuoco», bofonchiò, afferrando le buste prima di caricarsele in spalla sotto lo sguardo dell'altro, che non si risparmiò di tirargli un breve calcio.
    «Non osare chiamare strega Nami-san, stupido spadaccino», sbottò, inspirando a pieni polmoni una boccata di fumo dalla sigaretta che aveva fra le labbra prima di dargli del tutto le spalle e cominciare ad avanzare fra la neve. «E adesso vedi di darti una mossa».
    «Non sono il tuo mulo da soma, sopracciglio a ricciolo», ci tenne a precisare Zoro, sebbene si fosse sistemato meglio gli acquisti per incamminarsi.
    Sanji sorrise. «Se fai il bravo a te preparerò degli onigiri speciali e ti darò il miglior sakè che possiedo, marimo», ironizzò nello sbuffare fuori qualche anello di fumo, riuscendo comunque a catturare l'attenzione di quel sempliciotto. Difatti, nonostante avesse cominciato a borbottare tra i denti chissà cosa, lo seguì senza ribattere oltre, cosa alquanto strana, per un tipo come lui. Il fatto era che era come ritrovarsi a svoltare in un vicolo cieco, con quel cuoco. Poteva girare l'angolo e continuare a camminare, certo, ma alla fine avrebbe trovato sempre un muro che gli avrebbe sbarrato il cammino, costringendolo a tornare indietro senza permettergli di avanzare come avrebbe voluto. E nemmeno tentare di fare a fette l'ostacolo sarebbe servito, a ben pensarci... con quel damerino c'era ben poco da fare.
   
Lo spadaccino sbuffò, imprecando a mezza voce per quelle stesse costatazioni. La verità era semplicemente che le sue erano soltanto stupide giustificazioni infondate. Avrebbe difatti potuto combattere con estrema facilità contro dieci uomini, Roronoa Zoro, e avrebbe anche potuto schivare i loro attacchi solo concentrandosi e pazientando, vincendo in meno di qualche secondo... ma quando si trattava di quel singolo uomo, di quel cuoco da strapazzo dal bizzarro sopracciglio a ricciolo, si rendeva conto che la tanto anelata vittoria era un qualcosa di praticamente irrealizzabile, accidenti.






_Note inconcludenti dell'autrice
Questa flash fiction in principio faceva parte di una raccolta di sette capitoli che avevo intitolato Sette passi per sette lezioni: Ai (Armonia) Ki (Spirito) Do (Cammino)
Ho deciso di unire tutto in un'unica raccolta, però, altrimenti mi sarei incasinata da sola x)
In fin dei conti questa raccolta conta già di suo ben trenta storie, dunque cominciarne una di sette insieme a questa, beh, avrebbe solo implicato lo scrivere ben trentasette storie che ruotavano intorno alla stessa coppia
Tanto valeva farla diventare unica, no? :3
Come sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 2
*** Don't stop the mind (or you'll be defeated) ***


Don't stop the mind (or you'll be defeated)

Titolo: Don't stop the mind (or you'll be defeated)
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 476 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan ], Zoro/Kuina, friendship
Genere: Generale, Sentimentale, Malinconico, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?
Winter Challenge: 24° Luogo Ghiacciaio
Vitii et Virtutis: Superbia Ambizione
Binks Challenge: 23° Ghiacciaio/Tundra › 17° Determinazione
Prompt: 19° Argomento: Ringraziamento e perdonoScelte
La sfida dei duecento prompt: 25. Sconfitta


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Avere a che fare con quel cuoco da strapazzo era tutt'altro che semplice, il più delle volte.
    Nel lungo percorso che aveva seguito sin da bambino
, Zoro aveva imparato a padroneggiare la spada e a pazientare, ad allenare la mente e a non permettere che essa si trattenesse ad osservare quella stessa spada in procinto di colpire, divenendo sempre più abile giorno dopo giorno in tale arte. E l'aveva fatto soprattutto per tener fede alla promessa che aveva fatto a Kuina. Avrebbe rincorso quella sua ambizione e sarebbe diventato il miglior spadaccino del mondo anche per lei, in modo che il suo nome potesse raggiungerla anche in cielo. La determinazione con cui aveva cominciato ad allenarsi durante quegli anni era stata inverosimile, la concentrazione con cui aveva intrapreso quel suo addestramento sfiancante aveva fatto sì che persino il suo Sensei si meravigliasse, e non aveva avuto tutti i torti quando aveva paragonato la sua costante pazienza a quella di una montagna.
    Aveva appreso come essere freddo e irremovibile, temprando corpo e mente; crescendo aveva imparato a gestire le proprie emozioni e ad essere risoluto, avanzando di un gradino alla volta e accumulando esperienze su esperienze sulla propria pelle come se si fosse trattato di neve su un ghiacciaio. Esattamente come quell'ammasso di ghiaccio, lui aveva atteso anni ed anni per potersi ergere in tutta la sua grandezza e mostrare al mondo intero di che pasta fosse fatto Roronoa Zoro. E poco importava se la strada da percorrere fosse ancora lunga ed irta d'insidie; lui l'avrebbe affrontata a testa alta e avrebbe reso onore alla sua defunta amica.
    Sanji, però, per lui era come un'arma a doppio taglio. Era difficile capire quando e, soprattutto, come avrebbe attaccato, e altrettanto complicato era riuscire a fermarsi quando l'occasione lo richiedeva. Negli anni aveva imparato ad osservare il ritmo della spada e ad entrare in sincronia con la stessa, senza pensare al momento in cui avrebbe atterrato il proprio avversario e lasciando così che la visione di essa non ostacolasse i suoi movimenti. Non aveva mai lasciato che la sua mente si distraesse nemmeno per un attimo, che essa gli causasse azioni irresolute e sconclusionate; eppure, quando si ritrovava a stringere fra le proprie braccia quello stupido cuoco biondo in quelle lunghe e gelide serate d'inverno, tutto ciò che aveva imparato con anni di determinazione e sofferenza sembrava evaporare come neve al sole.
    Il suo Sensei l'avrebbe chiamata “Mancanza di disciplina”. E lui gli dava tremendamente ragione. 
Doveva però ammettere che, se affrontare il cuoco e perdere contro di lui significava poter sentire il battito furente del suo cuore, il pulsare fremente del sangue nelle orecchie nel momento in cui entrambi raggiungevano il culmine del piacere, e quell'odore di sigaretta che lo caratterizzava quando si poggiava inerme e soddisfatto sul suo petto, beh... allora era più che felice di soccombere.






_Note inconcludenti dell'autrice
Anche questa, come la precedente, faceva parte della raccolta Sette passi per sette lezioni: Ai (Armonia) Ki (Spirito) Do (Cammino). Racchiude difatti anch'essa un principio dell'Aikido - non l'Aikido stesso -, e per chi ne conosce le basi è facilmente intuibile. Si tratta della prima lezione, ovvero il Non fermare la mente, e, per chi fosse interessato, ne riporto un piccolo pezzo tratto da Lo Zen e l'Arte della Spada”:
Nell’ambito dell’arte marziale stessa fermarsi significa, ad esempio, osservare la spada in movimento mentre sta per colpire. La mente, fissa, si preoccupa della spada in sè, e non permette ai movimenti dello spadaccino di essere liberi e compiuti. In quel medesimo istante l’avversario ha la meglio. Occorre fare in modo che la mente non venga trattenuta dalla visione della spada che si muove per colpire. Occorre, altresì, entrare in sintonia con il ritmo della spada che avanza. Se non si pensa che si è in procinto di colpire, se non si permette che nascano pregiudizi o riflessioni, se, nell’istante preciso in cui si vede la spada che oscilla, questa visione non invaderà totalmente la mente, si potrà intervenire nell’azione dell’avversario strappandogli la spada. Ci si potrà impossessare dell’arma che stava per ferirci, rendendola, all’opposto, strumento del ferimento dell’avversario.
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Capitolo 3
*** [ Special Chapter ] Happy birthday, Roronoa ***


Happy birthday, Roronoa

Titolo: [ Special ] Happy birthday, Roronoa
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1026 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan || SanZo ], Un po' tutti
Genere: Generale, Sentimentale, Romantico (Ma dove?)
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?

Vitii et Virtutis: Carità Cibo
Binks Challenge: 29
° Festa › 46° Entusiasmo
Prompt: 13° Argomento: Fasi della vitaNascita
La sfida dei duecento prompt: 82. Regalo


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sarebbe stata una giornata come tante altre se Nami non avesse avuto la brillante idea di festeggiare - all'insaputa del diretto interessato, tra l'altro -, il diciannovesimo compleanno di Zoro.
    Ovviamente quello strambo Capitano che si ritrovavano era stato pienamente d'accordo, specialmente quando alle sue orecchie era giunta la parola 
“cibo”. Per lui una festa significava solo strafogarsi fino allo stremo e fare baldoria, mentre per Sanji voleva innanzitutto dire cucinare il doppio di quanto non fosse abituato a fare in giorni normali. Non che gli pesasse preparare pasti abbondanti per la ciurma, sia chiaro; quello in fin dei conti era il suo lavoro - e farlo gli piaceva maledettamente, non lo negava per niente -, però per una volta avrebbe voluto prendersela comoda e dimezzare almeno in parte le portate di cui si caricava di solito. Ma nel vedere l'entusiasmo di Rufy al solo pensiero di una cena ancor più grandiosa delle precedenti volte, non aveva proprio potuto dire di no.
    Ed era stato con uno strano sorriso dipinto sulle labbra che se n'era stato chiuso in cucina per tutto il giorno, ricevendo l'appoggio dei restanti membri dell'equipaggio per tenere quello stupido marimo lontano da lì e, nello specifico, dalle sue bottiglie di sakè. In altri momenti l'avrebbe semplicemente lasciato fare - o forse no, giacché nell'ultimo mese lo spadaccino aveva praticamente svuotato un'intera scorta e al cuoco era toccato ricomprare tutto beccandosi occhiate in tralice dalla sua Nami-san -, però quel giorno l'aveva voluto altrove per poter preparare una torta in santa pace. E farlo era stato comunque arduo, visto che aveva dovuto fare lo stesso i conti con quell'ingordo di Rufy.
    Adesso, però, con il sole ormai calato oltre l'orizzonte e gli scricchiolii dei legacci di trinchetto surclassati dalle risate allegre della ciurma, si godeva le espressioni felici di tutti e il loro bizzarro modo di divertirsi. Stava osservando proprio Chopper ed Usop - che imitando Rufy si erano infilati delle stecche nel naso e ne sorreggevano il lato inferiore con la bocca - quando con la coda dell'occhio catturò la figura dello spadaccino, il cui sguardo stranamente cupo era concentrato sul boccale che reggeva in una mano. Era rimasto a dir poco sorpreso quando gli avevano augurato buon compleanno - quel grandissimo idiota se n'era completamente dimenticato -, e ancor più quando aveva visto addirittura la torta. Sanji non si spiegava dunque perché avesse assunto quell'espressione, in quel momento. Sembrava distratto, per niente presente, e persino il caos che vigeva intorno a loro pareva non scalfirlo nemmeno.
    Con un sospiro decise dunque di avvicinarsi, lasciandosi cadere seduto al suo fianco dopo aver scansato qualche festone. «Perché quella brutta faccia, spadaccino?» gli domandò poi, inalando fino in fondo i rimasugli della cicca che aveva mordicchiato nei precedenti cinque minuti. Però con la coda dell'occhio lo vide semplicemente fare spallucce, senza nemmeno prendersi la briga di guardarlo o di lanciargli una piccola occhiata.
    «Che te ne importa, cuoco da strapazzo?» rimbeccò, portandosi il boccale alle labbra per ingollare un gran bel sorso di liquore, gli occhi ostinatamente fissi sullo spettacolino che gli altri tre membri della ciurma stavano offrendo loro e alla povera, e quantomeno arresa, Nami. Dall'espressione che la giovane navigatrice aveva in viso, difatti, sembrava ormai rassegnata alle follie di quell'accozzaglia d'equipaggio.
    Il cuoco si sporse verso di lui, fissandolo con attenzione dall'alto in basso. «Non si parla così a chi ha sgobbato tutto il giorno per preparare quella montagna di cibo con cui ti sei ingozzato, sai?» sibilò, e ci mancò poco che soffiasse fumo persino dalle narici, dato il modo in cui aveva cominciato a squadrarlo.
    A quel dire Zoro sbuffò, alzandosi in piedi dopo aver svuotato il boccale e averlo lasciato sulle assi del ponte, abbassando solo di poco lo sguardo verso l'altro per squadrarlo da capo a piedi. E fu bizzarro il modo in cui distese le labbra, quasi in una pallida imitazione di un sorriso. «Grazie per la torta, cuoco. Sul serio», disse poi di punto in bianco, e nel sentirlo Sanji strabuzzò gli occhi. Stava forse male, quella stupida testa verde? Ringraziarlo per qualcosa era una cosa più unica che rara, giacché non era mai stato avvezzo a tali cose, specialmente con lui. E poco importava che si fossero chiariti su un determinato argomento... non era da lui e basta.
    «
Si può sapere che diavolo ti è preso, idiota d'un marimo?» domandò, forse persino seriamente preoccupato. «Sei più lunatico del solito, oggi».
    «Non mi è preso proprio niente, damerino», replicò semplicemente, cominciando ad allontanarsi sotto lo sguardo a dir poco scombussolato di Sanji. Bah, ancora si domandava come facesse quello scemo di Rufy a capire quasi sempre che cosa passasse per la testa di quello stupido spadaccino, anche se, a ben pensarci, non sapeva proprio dire chi dei due fosse più idiota dell'altro.
    Forse fu proprio a quelle costatazioni che, spegnendo la sigaretta sotto la suola della scarpa e bofonchiando chissà cosa fra sé e sé, si ritrovò ad alzarsi a sua volta in piedi e a stornare lo sguardo in direzione di quella stupida testa verde. 
«Oi, Zoro!» lo richiamò in fretta, vedendolo fermarsi a metà strada per voltarsi con un sopracciglio sollevato. Fu dunque raccogliendo tutto il proprio coraggio che Sanji gli andò in contro, fronteggiandolo con un'espressione così determinata che la diceva lunga. Non perse nemmeno tempo a riflettere su ciò che fece subito dopo; si sporse verso lo spadaccino e, ignorando l'aria palesemente scombussolata che gli si era dipinta in viso, gli sfiorò le labbra con le proprie per stampare su di esse un bacio, uno di quelli che avrebbero potuto scambiarsi per gioco due bambini. Un contatto breve, per nulla intenso, dal quale il cuoco si sottrasse alla svelta prima di dargli nuovamente le spalle.
    Prese poi il pacchetto di sigarette dal taschino della camicia e, tirando fuori una stecca, se la mise fra le labbra senza degnare di uno sguardo Zoro, che stava frattanto osservando la sua schiena con tanto d'occhi. 
«Non ti ci abituare», borbottò Sanji, traendo una lunga boccata dalla sigaretta appena accesa, forse nel vano tentativo di rilassarti. «Consideralo il tuo regalo di compleanno, stupido marimo».






_Note inconcludenti dell'autrice
Inutile dire perché ho postato oggi, aye? ;p
E' una storiella semplice, nulla di che, ma spero vi sia piaciuta in qualche modo.
Diciamo più che altro che quel piccolo bacio innocente, in questa flash, è stato il loro primo vero contatto di... coppia, ecco - in poche parole questi due non hanno concluso assolutamente niente, già, mi è piaciuto vederli puri e innocenti, senza che abbiano mai consumato come dei carissimi sposini v.v -, e per quanto io non veda Sanji come uno che prende l'iniziativa - da qui il suo 
«Non ti ci abituare», proprio ad indicare che quello è stato un piccolo strappo alla regola -, essendo il compleanno del marimo si poteva fare un'eccezione, suvvia ;p
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Capitolo 4
*** You're both male, why are you mating? ***


You're both male, why are you mating? The One Hundred Prompt Project 

Titolo: You're both male, why are you mating?
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 528 parole ]
Personaggi: Tony Tony Chopper, Nico Robin
Genere: Generale, Sentimentale, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, Vagamente nonsense, What if?
Winter Challenge: 9° Luogo Lande polari
Vitii et Virtutis: Carità Dignità
Binks Challenge: 34
° Isola › 39° Intelligenza
Prompt: 8° Argomento: StagioniNessuna stagione


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Non era affatto uno stupido sprovveduto, Chopper.
    Per quanto fosse intelligente, ammetteva di non conoscere ancora con esattezza certe pratiche degli esseri umani e gli strani rituali di corteggiamento che avevano, però quello che lo lasciava più perplesso - e il più delle volte anche allibito - era il modo in cui Zoro corteggiava Sanji. Oltre al semplice fatto che fossero due maschi - e non comprendeva dunque la loro necessità di accoppiamento -, sembrava che lo spadaccino, anziché corteggiare il cuoco come avrebbe fatto un qualunque maschio durante la stagione degli amori, lottasse con lui per la supremazia, esattamente come avrebbero fatto due renne nelle sperdute lande polari di Drum, giusto per fare un esempio. Il risultato, però, alla fine era praticamente identico e lui sentiva sempre addosso ai due l'odore dell'altro.
    Ciò che lo faceva sorridere - e considerarli al tempo stesso due completi idioti - era il fatto che cercassero poi di mantenere le apparenze e la propria dignità, facendo praticamente finta di nulla con il resto della ciurma. Lo sapevano, vero, che lui era un animale e aveva un certo fiuto per quel che riguardava gli accoppiamenti? A quanto sembrava no, visto che per l'ennesima volta, nonostante si portasse dietro come una nuvola di profumo l'odore di sigarette e frutti di mare che caratterizzava il cuoco, lo spadaccino aveva cominciato a brontolare chissà cosa all'indirizzo di quest'ultimo, che a sua volta aveva iniziato puntualmente a prenderlo a calci mentre abbandonava con lui la Sunny per scendere sull'isola invernale appena raggiunta. Ma erano davvero pronti per l'accoppiamento, quei due? Sembravano più due cuccioli che litigavano per ogni cosa, e lo dimostrava anche il fatto che avessero addirittura cominciato a lanciarsi contro palle di neve tra un epiteto e l'altro.
    «È proprio carino il loro modo di far finta di niente. Non trovi, dottore?» La voce di Robin lo risvegliò dai suoi pensieri, e fu sbattendo le palpebre che alzò la testa verso di lei, vedendole un bel sorriso dipinto sulle labbra. Reggeva come al solito un libro con una mano, benché il suo sguardo fosse diretto verso la terra ferma e, nello specifico, sui restanti membri dell'equipaggio appena sbarcati. «Credi che prima o poi si renderanno conto che sappiamo già tutto?»
    Il piccolo Chopper scosse il capo, in un gesto così lento e rassegnato che gli conferì un'aria più matura di quanto in realtà dimostrasse, e si sistemò la sciarpa intorno al collo per proteggersi dal venticello gelido che si era appena innalzato.
«Per la stupidità purtroppo non c'è cura, Robin». E nel dir questo gli venne spontaneo gettare uno sguardo verso i due stupidi in questione, portandolo ben presto su un terzo poco distante che era stato appena picchiato per essere stato colto in flagrante a rubare della frutta. Chissà se era più strano il modo in cui Zoro cercava di attirare l'attenzione di Sanji, o quello con cui Rufy, sfidando la sorte, tentava di richiamare quella di Nami, provocando le sue funeste ire e riempiendosi al contempo lo stomaco con i suoi preziosi mandarini.
    Non era uno sprovveduto, Chopper... ma non sapeva dire se il corteggiamento degli umani fosse davvero così assurdo come appariva
.






_Note inconcludenti dell'autrice
E' questo ciò che succede nel leggere le SBS dei volumi di One Piece.
E avverto sin da subito che il nasino di Chopper e il suo saper fiutare senza tanti problemi gli odori diventerà un elemento ricorrente in parecchie storie, anche se ho avuto l'accortezza di accennarlo precedentemente perché mi diverto come una scema a scrivere di un Chopper che, aye, è consapevole della coppia ZoSan. Perché, accidenti, chi meglio di lui può sapere se quei due lo fanno o meno, dato che sente benissimo gli odori?
*Le lanciano pomodori marci addosso senza pietà*
Sclero a parte, come sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 5
*** Show it (your eye) to me ***


Show it (your eye) to me The One Hundred Prompt Project 

Titolo: Show it (your eye) to me
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 956 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg
Sanji, Un altro Mugiwara a vostra scelta
Genere: Generale, Sentimentale, Erotico
Rating: Rosso spentissimo, praticamente arancione
Avvertimenti: Yaoi, Slice of Life, Spoiler!, What if?
ZoSan Project: 1° Zoro/Sanji: Per te ogni scusa è buona per toccarmi il culo, marimo.
- Immagine selezionata

Vitii et Virtutis: Avarizia Tesoro
Binks Challenge: 46° Acquario › 6° Vergogna

Prompt: 9° Argomento: Clima Piacevole


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Non aveva mai pensato a come sarebbe stato vedere entrambi gli occhi di Sanji nello stesso momento, Zoro. E poco importava se in quel momento gli stesse inesorabilmente venendo da ridere nel fissare le sopracciglia del cuoco, dato che già una da sola era divertente a priori; lui, semplicemente, si era limitato ad osservarle con estrema attenzione senza distogliere lo sguardo, comprendendo quanto fosse stato difficile per quel damerino scostarsi i capelli dal viso per permettergli di farlo. Durante tutto il tempo che avevano passato insieme, Sanji non aveva permesso nemmeno ad una folata di vento di rovinare in quel modo la propria immagine, tenendo sempre nascosto un lato del volto; dopo i due anni di separazione, poi, aveva semplicemente spostato il ciuffo sulla destra, celando l'occhio che tutti loro erano sempre stati abituati a vedere. Ritrovarsi dunque ad osservare quelle due iridi azzurre che ricambiavano il suo sguardo era stato sorprendentemente... bizzarro. Però, a ben pensarci, quella era la prima volta che il cuoco aveva davvero il coraggio di mostrare se stesso nella propria interezza, senza nascondere nulla all'occhio attento dello spadaccino.
    Seduto sul divanetto che si trovava nell'acquario della Sunny, Sanji non aveva fatto altro che attendere una qualsiasi reazione di Zoro, ma, per quanto lo spasso gli si leggesse palesemente in viso - e l'avrebbe pure preso a calci per togliergli quell'espressione dalla faccia, se non fosse stato troppo impegnato ad imprecare contro se stesso per quella stupida pensata e a vergognarsi -, rimase di sasso nel sentire lo spadaccino sfiorare con due dita l'estremità di una delle sue sopracciglia. Lo vide poi chinarsi verso di lui con il viso, avvertendo il suo caldo respiro a pochi centimetri da sé; restò immobile, trattenendo il fiato anche quando fece scivolare le mani lungo il suo corpo per poggiarle stabilmente sui suoi fianchi.
«Che... diavolo stai facendo, stupido marimo?» chiese in un soffio non appena sentì il tocco umido della lingua dello spadaccino seguire il contorno delle sue sopracciglia, ricevendo in risposta solo quello che parve essere uno sbuffo divertito.
    «Shh, zitto», gli intimò a mezza voce, scendendo piano con le labbra. Sanji trattenne un gemito quando lo sentì succhiargli una clavicola, gettandogli le braccia al collo e reclinando il capo all'indietro per fissare almeno in parte l'acquario. Come se concentrarsi ad osservare i pesci che nuotavano al suo interno servisse a distrarlo, poi... quello stupido marimo aveva tutte le intenzioni di non fargli dimenticare la sua presenza, visto il modo in cui aveva cominciato a toccare praticamente ovunque.
    «Tieni ferme quelle dannate mani, razza di polpo», sbottò innervosito, riacquistando controllo di sé per provare lui stesso ad allontanare i tentacoli di quella piovra allupata dai propri pantaloni. Possibile che volesse sempre andare subito al sodo, senza nemmeno perdere tempo con qualche stronzata preliminare? Va bene che il tempo era quello che era e il più delle volte, se ce n'era, scarseggiava, però... era lui che se lo prendeva letteralmente in quel posto, non di certo quell'idiota. 
    Zoro alzò di poco lo sguardo e, sollevando un sopracciglio, risalì nuovamente verso il suo viso. «E tu tieni chiusa la bocca, sopracciglia a ricciolo», gli mormorò contro le labbra, e Sanji gli avrebbe volentieri inveito contro se lo spadaccino non avesse giocato sporco tappandogli la bocca con la propria. Sapeva essere un vero e proprio bastardo, quando ci si metteva, e lo dimostrò maggiormente quando, senza il benché minimo preavviso, fece scivolare una mano all'interno dei suoi pantaloni, palpandolo in mezzo alle cosce; il cuoco dilatò gli occhi nel sentire le dita di quello stupido marimo sfiorare la punta della sua virilità e carezzarne in seguito la lunghezza, e si lasciò sfuggire un altro ansito voglioso non appena Zoro gli permise di respirare.
    «Ngh... Zoro», soffiò con un fil di voce, e fu a quel punto che lo spadaccino gli cinse i fianchi con un braccio, affondando il viso fra i suoi capelli. Quei momenti erano più importanti di quanto non volesse ammettere a se stesso, poiché era durante quegli attimi che capiva realmente cosa significasse per un pirata difendere il proprio tesoro. Un tesoro che apparteneva a lui e a nessun altro, un tesoro che aveva il potere di far sì che il suo cuore facesse una capriola nel petto ogni qual volta il suo sguardo si posava su quell'espressione vagamente innocente, su quelle labbra schiuse dalle quali sfuggivano tremuli sospiri, su quegli occhi azzurri resi liquidi dalla passione.
    Oh, e quant'era bello, in quel momento, vedere il viso arrossato di Sanji e avvertire il fremere sconquassato del suo corpo, in attesa che lui lo prendesse e lo facesse suo. I suoi respiri bollenti si infrangevano contro la pelle del suo collo, vogliosi e impazienti come non li aveva mai sentiti; le mani scivolarono dietro le sue spalle possenti e avvertì il contatto delle dita affusolate sulle scapole prima che il cuoco, invocando a mezza voce il suo nome, lo attirasse maggiormente verso di sé e sollevasse un po' il bacino contro di lui, spronandolo tacitamente a darsi una mossa.
    Lo spadaccino non se lo fece ripetere due volte e, umettandosi le labbra, afferrò saldamente i pantaloni dell'altro con la ferma intenzione di sfilarglieli via del tutto insieme alle mutande; si stava apprestando a calarsi anche i propri quando, senza preavviso, avvertì un rumore alle proprie spalle, e fu più che certo che il brivido che gli corse dietro la schiena non aveva nulla a che fare con l'eccitazione sempre più incipiente. «Che cosa state facendo?
» domandò una voce, e Zoro, imprecando a denti stretti, si affrettò ad armeggiare con i propri pantaloni per salvare almeno in parte le apparenze, imitato in un lampo dal cuoco.
    Merda. E tanti cari saluti a quell'attimo di intimità, accidenti.







_Note inconcludenti dell'autrice
Prima di tutto: come si può vedere, la raccolta The Ecstasy ~ ZoSan ha cambiato nome e grafica. Aye, in questo periodo sono in vena di cambiamenti...
Eh, nay, vi prego, non lanciatemi pomodori solo perché mi fermo sempre sul più bello durante la lemon x)
La raccolta è a rating arancione e tale resterà, le rosse le posterò a parte.
Comunque sia, se qualche fan ZoSanjista volesse partecipare all'iniziativa
ZoSan Project, può tranquillamente cliccare sul link che ho precedentemente ed iscriversi... le ZoSan sono troppo poche, sul sito!
Dobbiamo superare le ZoNami! ♪~

Sclero a parte, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 6
*** [ Flash Fiction Istantanee Contest ] I might be crazy ***


I might be crazy The One Hundred Prompt Project 

Titolo: I might be crazy
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 665 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Con la breve partecipazione di Monkey D. Rufy

Genere: Generale, Introspettivo, Vagamente assurdo
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, Gender Bender, What if?
ZoSan Project: 6° Fem!Zoro/Sanji: Devo essere definitivamente impazzito. Non c'è altra spiegazione.

Vitii et Virtutis: Invidia Cinismo
Binks Challenge: 54° Fiume › 26° Pazzia

Prompt: 11° Argomento: Ordine e Caos Caos


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Non si poteva di certo affermare che Roronoa Zoro fosse un uomo normale - perché, dannazione, chi avrebbe mai avuto il coraggio di definire normale uno stupido spadaccino la cui idea di liberarsi consisteva nel tagliarsi via mani e piedi? -, ma la situazione che Sanji stava vivendo in quel momento nell'osservarlo, beh, superava di gran lunga persino le sue più rosee aspettative. Definire rosea una situazione come quella, però, era un vero e proprio eufemismo. E anche di quelli grossi. Perché quello che stava osservando non poteva assolutamente essere la testa verde che era sempre stato abituato a vedere, nossignore. Zoro era un tipo rozzo, scontroso, un armadio a quattro ante pieno di cicatrici e con un brutto muso che faceva sorgere l'insana voglia di stampare la bella impronta di una suola dritta in mezzo alla sua fronte. Non era un uomo che di primo impatto sarebbe stato classificato da qualcuno come fragile. Eppure era proprio così che appariva in quel momento. E più si soffermava su quell'esile figura - oh, accidenti, quello era un aggettivo che stonava non poco, se comparato a quello stupido marimo -, più Sanji non riusciva a far sì che dal suo viso sparisse quell'espressione inebetita e anche un po' cinica. Era diventato pazzo. A furia di elogiare le donne, fare l'idiota con esse e tentare in quel modo di ingelosire Zoro, era diventato pazzo. Perché non c'era nessun'altra spiegazione se non quella.
    «Quando ti deciderai a chiudere quella dannata bocca, cuoco da strapazzo?»
    Poche parole che dissiparono ogni dubbio, così come il tono con cui erano state pronunciate. Nonostante le labbra piegate in un broncio che sarebbe parso adorabile a qualsiasi uomo - dunque come poteva lui, inguaribile dongiovanni, non restarne affascinato? - e il vago rossore ad imporporare le guance diafane, la fronte aggrottata e lo sguardo glaciale gli davano sempre più la certezza che quella ragazza che stava osservando era sicuramente Roronoa Zoro. Però... accidenti, era tutto così sbagliato! Era una ragazza, maledizione! Ma quale ragazza sarebbe mai andata in giro con una canotta sgualcita che quasi rischiava di mostrare al mondo intero le morbide rotondità dei seni, un haramaki poco elegante che le fasciava lo stomaco, e un paio di pantaloni neri che in quel momento le andavano tremendamente larghi? Nessuna, secondo il suo modesto parere, però l'abbigliamento era un fattore secondario se comparato con l'aspetto delicato, minuto, e anche da schianto nonostante il ridicolo colore dei capelli verdi, che aveva in quel momento quello stupido spadaccino. Allora perché, se lo trovava davvero attraente come credeva, non riusciva a comportarsi come avrebbe fatto con una qualsiasi donna?

    «Marimo», esalò infine, deglutendo. Perché aveva quel groppo in gola? Non gli era mai successo. «Sei una...»
    «Sanji, ho fame!»
    La voce di Rufy fu una manna dal cielo, poiché fu capace di riportarlo alla realtà in un lampo. Ci mise un po' a capire il luogo in cui si trovava, certo, però un moto di sollievo salì dal suo petto quando si rese conto di trovarsi sulla riva di un fiume, nei pressi del quale si erano accampati per fare una sosta. Si stropicciò gli occhi, capendo solo in quel momento di essersi addormentato a causa della piacevole tranquillità che avvolgeva quel luogo; gli venne subito spontaneo stornare bruscamente lo sguardo alla ricerca di Zoro, trovandolo addormentato sotto un albero a poca distanza da lui. Russava beatamente con le braccia incrociate dietro la testa e, cosa più importante, non aveva il seno prosperoso che gli aveva visto esattamente pochi istanti prima.
    Fu in quel momento che Zoro aprì un occhio e lo guardò, aggrottando la fronte. «Che hai da guardare, cuoco?» sbottò burbero, e Sanji fu quasi tentato di saltargli addosso anche solo per l'aver costatato che la sua era senza alcun dubbio una voce maschile.
    Amava le donne, venerava le donne, avrebbe fatto qualsiasi cosa per una donna... ma non si vergognò ad affermare che quello stupido marimo lo preferiva di gran lunga quand'era un uomo.






_Note inconcludenti dell'autrice
E' una flash fiction così bizzarra che stento io stessa a credere di averla scritta.
Però, accidenti, non ho potuto fare a meno di buttarla giù anche solo per il semplice fatto di immaginarmi Zoro versione donna... date la colpa alla Sprite
, ecco.
Comunque sia, questa storia è stata velocemente scritta - e quando dico velocemente lo intendo davvero, dato che ci ho messo cinque minuti o poco più, si vede che ero decisamente ispirata, cosa che per i contest non mi capita molto spesso e non capisco mai il perché - per il contest
Flash Fiction Istantanee indetto da Dark Aeris, nel quale si è classificata quinta con un punteggio di 26.3/28, il che non è un brutto risultato, no?
E il banner è una favola. Lo adoro, accidenti. *Rotola via tra le risate*

Alla prossima. ♥



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Capitolo 7
*** Father's heart ***


Father's heart The One Hundred Prompt Project

Titolo: Father's heart
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1718 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Nico Robin, Un po' tutti
Genere: Generale, Vagamente Sentimentale, Vagamente Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: Slice of Life, Spoiler!, What if?
Winter Challenge: 27° Luogo Piscine coperte
Binks Challenge:
24° Terrazza44° Calore
Prompt: 13° Argomento: Fasi della vitaCrescita


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Era da una buona trentina di minuti che Sanji non vedeva in giro da nessuna parte quella stupida testa verde d'uno spadaccino.
    Lo sbarco su quell'isola era riuscito a rimettere in sesto le membra stanche di tutti loro, e il fatto che ovunque si guardasse fosse la neve bianca e soffice a farla da padrone, beh, era stato bellamente messo da parte non appena si era parato dinanzi ai loro occhi l'enorme edificio dalle facciate di mattoni in cui stanziavano adesso. Ciò che subito aveva catturato l'attenzione di Rufy, più bambino del suo stesso figlio, era stata l'enorme piscina al coperto che, grazie ad una vetrata gigantesca, permetteva di avere una vista mozzafiato del gelido esterno; oltre a quello, poi, l'essere venuto a conoscenza di potersi abbuffare gratis di ogni prelibatezza della zona gli aveva letteralmente fatto brillare gli occhi, e lui e il sangue del suo sangue si erano fiondati sul cibo come due avvoltoi. Ah, povera la sua Nami-san...
    A quei suoi stessi pensieri, il cuoco scosse meccanicamente la testa prima di alzarsi dalla poltrona sulla quale era rimasto accomodato per tutto il tempo. Gettò giusto una rapida occhiata in direzione della piscina, ridacchiando nel vedere come tutti, nessuno escluso, si stessero godendo quel breve periodo di tranquillità che si erano permessi; persino Chopper si era gettato in acqua, per quanto si fosse portato dietro una ciambella per non rischiare di fare la fine di quello scemo d'un Capitano, prontamente ripescato da Franky.
    Gli ci voleva una sigaretta. Ecco di cosa aveva bisogno. E mentre frugava nella tasca dei pantaloni alla ricerca del pacchetto, si diresse verso la terrazza dell'hotel, senza nemmeno indossare un cappotto. Sapeva per certo che la spessa porta a doppio vetro e il riscaldamento avrebbero tenuto calda quella zona, dunque perché preoccuparsi?
    Aveva appena spalancato la porta che dava sulla terrazza e si stava apprestando ad accendere la sigaretta quando alle orecchie gli giunse un russare inconfondibile, e fu dunque con un sopracciglio sollevato che si voltò in quella direzione, vedendo quello stupido spadaccino con le braccia incrociate dietro la testa e la schiena poggiata alla parete. Ciò che lo fece accigliare, però, fu costatare che non era solo. Con il capo reclinato contro di lui, i capelli neri a nascondergli parzialmente gli occhi chiusi e la bocca semiaperta,
Clark se ne stava bellamente addormentato al suo fianco, con in viso la stessa espressione un po' corrucciata del Vice Capitano.
    A quella vista, Sanji non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire uno sbuffo divertito. Era bizzarro vedere quanto fossero tremendamente simili in quel frangente, anche se per fortuna il bambino somigliava in tutto e per tutto alla sua bellissima madre. Sarebbe stato un gran bel colpo avere in giro un altro ragazzino con i capelli di un colore improponibile, sia per il bene dei suoi occhi - uno solo bastava e avanzava, secondo il suo modestissimo parere -, sia per quel povero bambino. Non che ci fosse poi qualcosa di veramente strano, però... beh, conoscendo il carattere del padre, forse la cosa più saggia da fare era di sicuro quella di non fare commenti e di tenere la bocca chiusa.
    Fu proprio in quel mentre che la palpebra di Zoro tremò, alzandosi debolmente qualche istante dopo per fissare con attenzione il cuoco; non parve però dargli peso più di tanto e, con un sonoro sbadiglio, lo spadaccino fece per rimettersi in piedi, rendendosi finalmente conto del piccolo peso che aveva addosso. Sollevò un sopracciglio e scoccò un'occhiata all'altro, che si limitò semplicemente a scrollare le spalle prima di accendersi quella sua benedetta sigaretta.

    «Non fare quella faccia, marimo», ridacchiò Sanji, traendo una bella boccata a debita distanza. «E' normale che ti stia appiccicato».
    «No che non è normale», borbottò in risposta il Vice Capitano. «Dovrebbe andare da sua madre», soggiunse poi pensoso, abbassando lo sguardo. Di certo cose come calore famigliare non erano mai state all'ordine del giorno, per uno come lui, però quel bambino l'aveva visto crescere davanti ai suoi occhi, accidenti. Era stato svegliato nel cuore della notte dai suoi pianti isterici, imprecando contro il mondo intero quando nessuna delle sue compagne riusciva a calmarlo; aveva provato, un po' come tutti, a dare a sua volta una mano quando si trattava di farlo mangiare o cambiargli il pannolino, seguendolo persino nei suoi primi passi sul tappeto d'erba che ricopriva il ponte della Sunny. La ciurma era diventata la sua famiglia, e gli venne dunque spontaneo alzare con lentezza una mano per scompigliargli i capelli con bizzarro fare paterno, rimediandoci un grugnito di dissenso da parte del ragazzino, cosa che fece ridere di gusto il cuoco.
    «In questo è proprio identico a te, spadaccino», lo prese in giro, inalando la sigaretta. «Anche se mi pare di ricordare che gli avresti insegnato l'arte della spada, non quella del dormire come un sasso».
    Zoro aggrottò la fronte, rifilandogli uno sguardo obliquo. «Hai voglia di litigare, dannato sopracciglio?» sbottò, già pronto a metter mano alle katane appese alla cintola per fargliela pagare cara; il gesto brusco, però, unito al suo vocione per nulla gradevole, fecero mugugnare ancora una volta Clark, che aprì gli occhi e si grattò dietro al capo dopo essersi sollevato.
    «Ma la piantate di fare tutto questo casino?» borbottò con voce impastata dal sonno, sbadigliando e passandosi una mano sotto un occhio.
    Lo spadaccino se ne approfittò subito per alzarsi in piedi a sua volta, sgranchendosi gli arti. «Finalmente il principino si è svegliato», rimbeccò poi in tono sarcastico, guadagnandoci un'occhiata in tralice.
    «Senti un po' chi parla», grugnì Clark, e per l'ennesima volta Sanji non poté evitarsi di ridere.
    «Siete praticamente uguali, accidenti», soffiò divertito, creando qualche piccolo anello di fumo.
    «Non è assolutamente vero!» esclamarono in coro, confermando quanto appena detto dal cuoco.
    Ad interrompere una nuova disputa, per fortuna, fu il suono della porta che ruotava sui cardini, e nel voltarsi in quella direzione poterono vedere la testa mora di Robin fare capolino oltre la soglia
, prima che la donna catturasse con lo sguardo la figura dei tre. «Oh, ecco dov'eri», esordì tranquilla nel vedere anche Clark, che aveva storto di poco il viso alla vista della madre. «Ti stavo cercando dappertutto», soggiunse, volgendo la propria attenzione ai suoi compagni. «Grazie per averlo tenuto d'occhio, ragazzi».
    «Ma di nulla, Robin-chwan ~♥ !» cinguettò euforico il cuoco, e sia lo spadaccino sia il bambino gli lanciarono uno sguardo che la diceva lunga, con la stessa espressione scettica dipinta in viso. L'idiozia di quel damerino era decisamente peggiorata, con il passar del tempo. Non c'era nessun'altra spiegazione.
    «Non ho bisogno della balia», borbottò in risposta Clark, strascicando i piedi nel dirigersi verso la porta e, salutando con un rapido cenno della mano i due uomini, superò senza tanti complimenti la madre e sparì oltre la soglia; Robin sorrise benevola e scosse un po' il capo, accennando a sua volta ad un saluto prima di lasciarli finalmente soli.
    Per un lunghissimo istante, entrambi continuarono a fissare la porta, prima che, spegnendo la sigaretta ormai consumata sotto la suola della scarpa, il cuoco si ritrovasse a ridacchiare per l'ennesima volta. Trovava quella situazione esilarante, e allora?
«Non ti ci vedo proprio a fare il padre di famiglia, marimo. E' una vera fortuna che Clark non sia tuo figlio», ironizzò, rimediandoci un'occhiataccia dal Vice Capitano.
    «Che diavolo intendi dire, cuoco da strapazzo?» bofonchiò, e Sanji non poté fare a meno di abbozzare una sorta di ghigno divertito prima di avvicinarsi a lui e alzare il viso per incrociare il suo sguardo, sorridendo, se possibile, ancora di più.
    Sfiorò poi con due dita la superficie ruvida della lunga cicatrice che gli segnava la palpebra sinistra, seguendola piano verso la guancia e giù per il mento, carezzando così il lieve accenno di barba che gli solleticò i polpastrelli. Da quando erano sbarcati aveva iniziato a trascurare un po' l'attività di tagliarsela, quella testa d'alga, preferendo concentrarsi più sui suoi soliti allenamenti anziché sulla giusta vacanza che si erano presi. Ma in fondo cosa c'era da meravigliarsi? «Che non correrà il rischio di diventare scontroso, rozzo, e tremendamente stupido», rimbeccò infine, tappando la bocca dello spadaccino con la propria prima che potesse anche solo pensare di ribattere come suo solito.
    Lì per lì, il Vice Capitano ne rimase alquanto sorpreso, giacché era raro che quel damerino dal sopracciglio ridicolo prendesse certe iniziative; ma lo smarrimento iniziale passò in un lampo, tanto che si ritrovò ad attirarlo a sé per approfondire quel bacio. Si allontanò solo quando il fiato venne meno ad entrambi, borbottando però chissà cosa fra sé e sé prima di stornare lo sguardo verso la porta finestra, fissando un punto imprecisato in quella vasta coltre di neve bianca.
«Anche tu saresti una pessima madre, ricciolo», volle avere l'ultima parola, rimediandoci un calcio allo stinco e una vigorosa tirata d'orecchie.
    «Con un padre come me», cominciò in un sibilo, calcando specialmente la figura genitoriale con voce vagamente rabbiosa, «un mio possibile figlio diventerebbe un vero gentiluomo».
    Dopo essersi liberato dalla sua presa, Zoro gli scoccò un'altra occhiata, sorridendo serafico. «Un altro damerino con un sopracciglio ridicolo? Nay, grazie», ironizzò, e Sanji fu sul punto di rifilargli un altro calcio quando lo spadaccino continuò. «Ma se ci tieni poi così tanto, cuoco...» Non disse altro, ma l'espressione che si dipinse sul suo viso fu abbastanza eloquente da far correre un brivido dietro alla schiena del biondo. E se si aggiungeva anche il modo in cui si stava chinando verso di lui, beh...
    «A-Aspetta un attimo!» farfugliò Sanji, indietreggiando e fissandolo con tanto d'occhi. «Che diavolo hai intenzione di fare in un posto del genere, pervertito d'un marimo?!»
    «Farti diventare genitore, ricciolo... mi sembra ovvio».
    «Che?! Stai scherzando, spero!» esclamò incredulo. «Io sono un maschio! Un maschio!»
    Zoro scrollò brevemente le spalle. «Dettaglio trascurabile».
    Il cuoco sgranò gli occhi, allibito. Ma
quell'idiota stava facendo sul serio o cosa? Erano anni che facevano sesso e, accidenti, di sicuro non sarebbe uscito incinto solo perché l'aveva deciso lui! «No che non puoi trascurarlo, dannato bastardo! Partorisci tu, se ci tieni tanto!»
    E tra calci e pugni, imprecazioni soffocate nella bocca dell'altro e la neve che cominciava a cadere dal cielo, infreddolendo anche quella zona dell'hotel, Sanji scoprì che non bisognava mai essere troppo sinceri, con quello stupido spadaccino.







_Note inconcludenti dell'autrice
Quante persone hanno creduto che fosse una ZoRobin? v.v
Ditemi che qualcuno l'ha pensato sul serio e fatemi contenta, coraggio x)
Sclero a parte, per una volta ho deciso di ambientare una storia in un ipotetico futuro di One Piece; i protagonisti sono tutti molto più maturi di quanto non siano in realtà - cioè, aye, maturi per modo di dire visti i comportamenti x) -, e basti solo pensare che il figlio di Robin e Franky - aye, Franky, ho un certo debole per le FRobin
e gli indizi nella storia erano anche chiari, su ♥ - ha quasi dodici anni per capire quanto tempo ho fatto passare.
Un grazie va alla nipotola, che ha scelto il nome Clark perché è super! Nel senso che è il vero nome di Superman v.v Più super di così v.v
Oddio, scusate ma sto ancora ridendo come una scema per lo sclero avuto qualche minuto fa per questo nome. E, oh, a me Zoro con un lieve cenno di barba piace. Piace un casino. ò_ò Che poi sarà verde anche quella?
Okay, perdonate l'idiozia; vorrei inoltre ringraziare rapidamente chi ha letto Fuck, you're so gorgeous (and I wanna touch you)
In ultimo, come sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 8
*** [ Special Chapter ] Merry Christmas! ***


Merry Christmas! The One Hundred Prompt Project 

Titolo: [ Special ] Merry Christmas!
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1927 parole ]
Personaggi: Mugiwara

Genere: Generale, Commedia, Sentimentale, Vagamente ironico o assurdo (?)
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Heterosexua, Slice of Life, What if?, Linguaggio a tratti un po' colorito 

ZoSan Project: 5° Zoro/Sanji: A Natale si è tutti più buoni... o almeno dovrebbe essere così.
Vitii et Virtutis: Gola Appetito / Fame
Binks Challenge: 10° Giardino54° Sardonia
Prompt: 12° Argomento: Tempo Presente


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Il fracasso proveniente dal ponte lo svegliò, e fu con uno sbadiglio ben poco signorile che Zoro aprì gli occhi e si guardò intorno, scompigliandosi i capelli mentre tentava di fare mente locale. Come diavolo c'era arrivato in cabina e, nello specifico, nel suo letto? Di sicuro non vi si era diretto da solo - altrimenti l'avrebbe ricordato, accidenti -, ed era certo che quello stupido cuoco non si sarebbe mai nemmeno sognato di portarlo fin lì. E visto che lui non c'era ed era ancora perfettamente vestito, beh... voleva significare anche che non avevano fatto sesso.
    Lasciò perdere e si alzò con un nuovo sbadiglio, gettando giusto un'occhiata fuori dall'oblò solo per vedere la neve scendere dal cielo, mulinando al lieve vento che si innalzava. La Grand Line era un susseguirsi di sorprese, ma lo spettacolo che gli si parò dinanzi agli occhi una volta giunto nel giardino che dava sul ponte fu ben più bizzarro: ogni balaustra, albero, e persino la coffa erano tappezzati da quelli che sembravano essere festoni dalle svariate tonalità e dimensioni; come se non bastasse, poi, nessuno si era preso la briga di spalare la neve sul ponte né tantomeno dal castello di prua, che apparivano adesso come manti immacolati. Si trovava in una sottospecie di circo o cosa?
    «Perché la Sunny è addobbata in questo modo assurdo?» borbottò, e tutti, nessuno escluso, si voltarono nella sua direzione con fare costernato. Solo Robin sorrideva benevola, come una madre il cui figlio aveva appena chiesto se Babbo Natale esisteva davvero. L'ingenuità di quello spadaccino era alquanto invidiabile, secondo lei.
    «Dov'è finito il tuo spirito natalizio, fratello?» replicò Franky, impegnato a piazzare quei ridicoli festoni anche nei pressi della poppa.
    A quel dire, però, Zoro sollevò un sopracciglio. «Il mio spirito che?»
    «Franky, Zoro non ha uno spirito natalizio», si intromise la navigatrice con fare serafico, senza prendersi nemmeno la briga di gettare uno sguardo nella loro direzione per concentrarsi unicamente sul tener d'occhio la rotta attraverso il cannochiale che reggeva. «E se ce l'ha, chissà dove si è perso».
    «Ehi, che intendi dire, strega?»
    «Non osare chiamare in quel modo Nami-san, spadaccino di merda!» Un Sanji piuttosto furioso era sbucato all'improvviso e l'aveva colpito dritto alla bocca dello stomaco, calciandolo con tutte le sue forze e spedendolo dall'altro lato del ponte, precisamente contro il parapetto est; lo spadaccino in questione si massaggiò la parte lesa e gli scoccò un'occhiataccia, balzando in piedi fra la neve che ricopriva interamente la Sunny prima di riavvicinarsi a passo di marcia.
    «Ma che diavolo ti prende, cuoco da strapazzo?!»
   
«Sta' zitto e chiedile subito scusa, stupido marimo!»
    «Non ci penso nemmeno, sopracciglia a ricciolo!»
   
«Litigate altrove, qui c'è gente che lavora», disse Nami con voce atona e piatta, ben conscia che nessuno dei due la stesse ascoltando e che le sue erano dunque state parole al vento. E ne ebbe la più assoluta conferma non appena quei due idioti, spronati da Franky e dal resto dell'equipaggio, iniziarono come loro solito a menar le mani. Persino Robin ridacchiava garbatamente, divertita, e lei si ritrovò a sospirare sconfortata. Possibile che non se ne salvasse uno, su quella nave?
    «Yo-hohoho ♪~ Nami-san, come regalo di Natale... posso chiederti di mostrarmi le tue mutandine ~♥
    Cacciò Brook lontano da sé con un pugno svogliato e, infilato il cannocchiale alla cintola, si arrampicò su per la corda che portava alla coffa per poter così osservare la situazione dall'alto, lasciando la ciurma al suo bizzarro divertimento. A quanto sembrava no. Nemmeno a Natale le facevano la grazia di comportarsi come persone normali, quel branco di scalmanati. E il primo era proprio il loro strambo Capitano, che si era adesso unito alla lotta tra Zoro e Sanji con una grossa risata. Forse avrebbe dovuto rassegnarsi e basta, senza farsi troppe domande né tanto meno tentare di dare una spiegazione razionale a tutto ciò che i suoi compagni d'equipaggio si ritrovavano a fare o anche solo a pensare. E lei che voleva soltanto fare una semplice sorpresa al piccolo Chopper... però, beh, almeno sembrava che si stesse divertendo anche lui, per quanto lei trovasse ben poco ortodosso quel modo di comportarsi.
    Sospirò affranta, scuotendo brevemente il capo; avrebbe solo dovuto sperare che si calmassero una volta raggiunta la prossima isola. Qualcuno parve però esserle contro, poiché passò praticamente tutta la giornata sull'osservatorio senza vedere nemmeno uno sputo di terra all'orizzonte. A quanto sembrava persino il mondo era contro di lei... come se non le bastasse quel branco di idioti, poi!
    Fortunatamente la sera arrivò in fretta, e con essa il cenone diligentemente preparato da Sanji, che aveva passato, dopo aver finalmente messo da parte la sua disputa con Zoro e aver finito di agghindare la nave insieme a Franky e ad Usop, la maggior parte della sacrosanta giornata chiuso nel suo piccolo santuario. Le pietanze che aveva servito a tavola avevano risvegliato l'appetito di tutti, persino di quello stupido spadaccino musone; ed era proprio fuori in giardino - dov'era stata preparata una grande tavolata che aveva permesso di ospitare tutti i membri della ciurma e la gran quantità di cibo cucinata dal cuoco - che si trovavano tutti loro, ridendo e scherzando più di quanto non fossero soliti fare.
    La cosa che metteva più allegria, forse, era proprio vedere il sorriso divertito di Chopper e sentire le risate che si lasciava sfuggire ogni qual volta Usop, stonato come una campana, si cimentava in una nuova canzone, ricevendo però fischi e parole d'approvazione; di tanto in tanto, in mezzo a tutto quel fracasso provocato dal cecchino e dai vari schiamazzi, si riusciva persino ad udire qualche nota distratta da parte di Brook, che si intrometteva canticchiando
«Binkusu no sake wo, todoke ni yuku yo ♪~», riuscendo così solo a provocare ancor più caos; c'era almeno da dire che le luci e i colori che la facevano da padrone sulla Sunny, beh, rendevano l'atmosfera ancor più festosa, così come i brindisi a cui tutti, nessuno escluso, si lasciavano andare.
    Fu proprio in quel mentre che, tra uno scoppio di ilarità e l'altro - e del cibo rubato dai piatti altrui per saziare la sua infinita fame -, il
Capitano si ritrovò ad alzare lo sguardo, osservando il vischio che pendeva sulle loro teste. «Ohi, Nami! E questo a cosa serve?» domandò alla navigatrice in tono bambinesco ed ingenuo, facendo sì che lei si ritrovasse a sospirare. Possibile che quello scemo d'un Capitano ignorasse cose semplici come quella? Un momento... era di Rufy che si parlava, in effetti, dunque non avrebbe dovuto meravigliarsi più di tanto.
    «Quando due persone si trovano sotto di esso si baciano, Rufy», rispose senza mezzi termini, intenta a consumare la propria razione di cibo. Un «Oh» mormorato dal ragazzo, però, richiamò immediatamente la sua attenzione, e fece appena in tempo a voltarsi parzialmente verso di lui che sentì Rufy sfiorarle le labbra con le proprie; non riuscì nemmeno a rendersi pienamente conto di quel gesto che la voce rabbiosa del cuoco le riempì le orecchie - suonò vagamente come un «Che cosa credi di fare con Nami-san?!» -, e fu con un'aria piuttosto stralunata che vide volare via dall'altra parte del ponte quello sciagurato d'un Capitano.
    Pur ritrovandosi poi ad assistere ad una battaglia a suon di calci portata avanti solo da Sanji a discapito del povero Rufy, che senza fare una piega gli domandava perché si fosse arrabbiato tanto, non poté evitarsi di portare due dita alle labbra, carezzandole delicatamente con i polpastrelli. Che diavolo era saltato in mente a quello stupido gomu, accidenti? Non era stato un vero e proprio bacio, quello, e non era nemmeno durato moltissimo, eppure le sembrava ancora di sentire la calda consistenza della bocca di Rufy sulla propria, quel contatto lieve ed infantile che forse solo quell'idiota avrebbe potuto scambiare per una cosa da nulla. Le venne comunque da sorridere, per quanto una lieve sfumatura di rossore avesse colorato in quel mentre le sue guance.
    Altrove, frattanto, qualcuno si era finalmente calmato - per quanto non si sentisse ancora soddisfatto di aver riempito di calci lo stomaco di gomma del proprio Capitano -, e se n'era tornato sbuffando verso la cucina, sulla cui soglia aveva trovato quello stupido spadaccino. Non fece caso alla sua aria inebedita - in fin dei conti non era una novità, per lui, dunque perché preoccuparsene? -, limitandosi a tirar fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette. 
«Guai a lui se si azzarda a fare di nuovo una cosa del genere alla mia Nami-san», borbottò, prendendo nervosamente l'accendino per accendere l'estremità della paglia.
    «Ah-ah», rispose Zoro in tono di scherno, per quanto non avesse realmente capito un accidente. Aveva ben altre cose per la testa, in quel frangente, ma Sanji non parve rendersene minimamente conto, tanto che continuò a parlare come se nulla fosse.
    «Ma dico, l'hai visto? Hai visto cosa si è permesso di fare?»
    «Ah-ah».
    «Baciare Nami-san come se nulla fosse! La prossima volta lo friggo in padella, quell'idiota!»
    «Ah-ah».
    «Anzi, gli sfondo il culo a suon di calci, parola mia!»
    «Ah-ah».
    «Marimo, ma mi stai ascoltando?»
    «Ah ~ ah».
    Nay, non lo stava ascoltando per niente, quella zucca vuota. Gli scoccò un'occhiataccia e fu persino pronto ad inveirgli contro quando si rese conto che quella stupida testa d'alga sembrava impegnato in ben altro, visto il modo in cui aveva incrociato le braccia ed alzato il capo per fissare qualcosa sopra di lui.
Inarcò dunque quel suo bizzarro sopracciglio e, sollevando a sua volta il viso per capire cosa avesse fatto imbambolare quello stupido spadaccino - che già di suo non aveva un'aria così intelligente, se proprio doveva essere sincero con se stesso -, si ritrovò a sbarrare l'occhio visibile non appena si rese conto su cos'era puntato il suo sguardo. «Non. Ci pensare. Nemmeno», scandì le parole ad una ad una, lanciandogli un'occhiata con una lentezza così esasperante che, per una lunga frazione di secondo, parve non muoversi affatto. «Stanotte. Faremo tutto quello che vuoi, ma stanotte», provò a convincerlo, vagamente agitato. Accidenti a quell'idiota.
    Il ghigno di Zoro, però, lo fece sudar freddo. «Hai sentito cos'ha detto la tua Nami, cuoco», rimbeccò sarcastico, chinando pericolosamente il volto verso il suo per distogliere finalmente gli occhi dal vischio appeso sotto l'arco della porta. «Quando due persone si trovano sotto di esso si baciano».
    Sanji si scostò con un piccolo salto all'indietro, quasi fosse stato appena morso da un fottuto serpente. «Davanti a tutti te lo puoi anche scordare, marimo», sibilò, avvertendo un vago senso di calore alle guance. Non era ancora pronto per dimostrazioni del genere agli occhi di tutta la ciurma, nossignore, e quello stupido spadaccino avrebbe dovuto capirlo. Con le buone o con le cattive, se necessario.
    Che poi Zoro avesse avuto la sfrontatezza di attirarlo comunque a sé, passandogli un braccio robusto intorno ai fianchi per dargli un bacio a fior di labbra - sempre se lo si sarebbe potuto ancora definire in quel modo, visto il metro di lingua che gli venne
praticamente ficcato in gola - era un fattore altamente secondario, specialmente se si teneva in considerazione il poderoso calcio che aveva colpito lo spadaccino subito dopo sotto gli occhi esterrefatti di tutta la ciurma.
    Per Roronoa Zoro non fu uno di quei Natali che avrebbe avuto piacere nel ricordare - per quanto avesse passato il resto della notte con un grosso sorriso sornione stampato sulle labbra nonostante il mezzo ricovero in infermeria -, ma per il piccolo Chopper si rivelò il compleanno più divertente che avesse mai immaginato
.



ジ ングルベル ジングルベル メリークリスマス ! これが今夜の贈り物さ Sing! ♪~
ジングルベル ジングルベル ハッピーニューイヤー ! 終わらない歌 聴こえるはず! ♪~
Merry Christmas! ~♥





_Note inconcludenti dell'autrice
Natale è domani ma posto oggi perché, come da tradizione, essendo il compleanno della mia nipotola - e anche di Chopper, yeah! - dovevo farle questo regalo e le ho dunque scritto una ZoSan contornata con tanto di RuNami. E sono persino riuscita finalmente ad inserire quel mio personale mito che porta il nome di Brook con annessa Bink's Sake
Comunque, nay, sul serio, questa one-shot è una vera e propria follia, spero mi perdoniate in anticipo x)
E con quest'immagine finale - dedicata sempre a Red Robin - con tanto di canzoncina vi auguro un Buon Natale :D
E' un disegnino da niente, ma farlo mi ha divertita un casino: Crazy Christmas - è anche in tema con la shot di Red Robin (Work in progress for a Christmas party and a fool Marimo), nemmeno a farlo apposta, visto che l'avevo fatto prima ancora di leggerla x)
Tra poco correrò ad inchiodarmi a tavola come ogni anno e non mi si vedrà più per un bel po', e ancor più adesso che abbiamo preparato gli onigiri *-*
Merry Christmas and Happy New Year!


Utae! Jingle Bell! Straw Hat Pirates version
Traslitterazione: Jinguruberu, Jinguruberu, Meriikurisumasu! Kore ga konya no okurimono sa, Sing! ♪~
Jinguruberu, Jinguruberu, Happiinyuuiyaa! Owaranai uta kikoeruhazu! ♪~
Merry Christmas! ~♥

( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon Natale! Questo è un regalo per questa sera, cantare!
♪~
( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon anno nuovo! Una canzone può essere ascoltata senza fine! ♪~
Buon Natale! ~♥


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Capitolo 9
*** Gimme your ass, damn cracked marimo ***


Gimme your ass, damn cracked marimo The One Hundred Prompt Project

Titolo: Gimme your ass, damn cracked marimo
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1314 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Accenni velati FRobin

Genere: Generale, Vagamente Erotico, Vagamente Ironico?
Rating: 
Rosso spentissimo, praticamente arancione
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?
Piscina dei prompt: Sanji/Zoro: "Che diavolo credi di fare!?"
Binks Challenge: 26° Bagno › 52° Sonnolenza/Stanchezza

Prompt: 16° Argomento: Difetti Pigrizia


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Zoro abbandonò senza delicatezza alcuna il peso con il quale si era allenato fino a quel momento, asciugandosi la fronte sudata con il dorso della mano. Ciò a cui il suo corpo anelava disperatamente, oltre ad una buona dormita che l'avrebbe di sicuro rinvigorito, era una bella doccia che avrebbe cancellato la stanchezza che si portava dietro. Una doccia gelata, possibilmente. Faceva un caldo bestiale, quel giorno, e forse non era stata proprio una delle sue idee più brillanti quella di sfidare il clima e di dedicarsi in modo estenuante ai propri allenamenti.
    Fu dunque bofonchiando chissà cosa contro se stesso che si diresse verso il bagno, pregustando già una bella rinfrescata; aveva visto solo di sfuggita i restanti membri dell'equipaggio, anch'essi sfiacchiti dall'afa che sembrava aver avvolto la Sunny come una bolla da una buona manciata d'ore. E in quel momento non se l'era proprio sentita di biasimarli, giacché aveva ammesso a sua volta che il caldo era decisamente insostenibile; persino Rufy, di solito il più attivo della ciurma, se n'era rimasto mollemente afflosciato sulla polena, con la lingua praticamente penzoloni al di fuori della bocca.
    Il Vice Capitano si chiuse ben presto alle spalle la porta del bagno, lasciando in un punto imprecisato di esso il cambio che si era portato dietro. Quando poi, completamente nudo, si ritrovò al di sotto del getto gelido che gli inumidiva il capo e si insinuava fra i suoi capelli, lavandogli via la stanchezza e il sudore che aveva accumulato nelle ultime ore, non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un lunghissimo sospiro di sollievo; poggiò le mani sul muro che aveva dinanzi e, a testa china, osservò i rivoletti d'acqua che correvano lungo il suo petto e ancor più giù, verso il basso ventre e le cosce prima di venire inghiottiti dallo scarico.
    Stava così bene, là sotto, che quasi quasi pensò di rimanerci più del necessario, così da rilassarsi come non aveva mai fatto realmente. Mancavano solo del sakè e degli onigiri e sarebbe stato davvero tutto perfetto, a ben pensarci. Alzò il capo per far sì che l'acqua gli bagnasse il viso e glielo rinfrescasse, socchiudendo gli occhi e concentrandosi unicamente sul suono assordante che gli riempiva le orecchie; e forse fu proprio per quel motivo che non si accorse dei passi leggeri alle sue spalle, sussultando quando si rese conto che quelle che gli avevano cinto la vita erano due braccia sottili che conosceva fin troppo bene.
    «Che diamine ci fai qui dentro, cuoco?» domandò a quell'inatteso intruso, con il tono più calmo e pacato che riuscì a trovare. Ma non aveva niente di meglio da fare che rompergli le scatole anche nei suoi momenti di relax, quello stupido damerino dal ridicolo sopracciglio? Di solito se ne stava in cucina a preparare chissà cosa per le sue due muse - rimediandoci sguardi di avvertimento da Franky quando faceva troppo lo scemo con Robin, ma per lui sembravano essere futili dettagli -, cinguettando allegramente intorno a loro con l'aria di un perfetto cretino.
    La risata che sopraggiunse in risposta, però, risuonò troppo vicina al suo orecchio. Maledettamente vicina e anche altamente maliziosa, secondo il parere dello spadaccino. «Esattamente quello che ci fai tu, marimo», soffiò il cuoco, rinserrando di poco la presa. Con quel modo di fare riuscì solo ad irritare maggiormente Zoro, che imprecò a denti stretti.
    «Avresti potuto aspettare che uscissi, idiota», sbottò, con le mani ancora poggiate contro il muro. Avrebbe dovuto chiudere la porta a chiave, accidenti. Ma come avrebbe potuto immaginare che quello stupido cuoco, pur sentendo distintamente lo scrosciare dell'acqua della doccia, avrebbe bellamente deciso di ignorarla e di entrare lo stesso? Spogliandosi a sua volta senza tanti complimenti, per giunta?
    Sentì Sanji premere il proprio petto contro la sua schiena, e si riscoprì a trattenere il respiro quando avvertì la sua virilità strusciare pericolosamente su di sé. «E dove sarebbe stato il divertimento, spadaccino?» rimbeccò poi al suo orecchio, afferrando fra i denti uno dei suoi orecchini; lo succhiò avidamente insieme al lobo a cui era ancorato, scendendo poi con le labbra per catturare i rivoli d'acqua che gli scorrevano lungo il collo, e Zoro, pur mordendosi il labbro inferiore, non poté comunque fare a meno di lasciarsi sfuggire un gemito che si perse fra il suono scrosciante della doccia. Che cosa aveva intenzione di fare, quel cuoco? La risposta gli giunse immediata quando, senza il benché minimo preavviso, sentì una mano scivolare in avanti, sfiorando così la punta del suo membro.
    E fu a quel punto che il Vice Capitano sgranò gli occhi,
allibito. «C-Che diavolo credi di fare, cuoco?!» sbraitò, scostandolo immediatamente da sé senza dar peso alla nota lamentosa che sentì nella voce del compagno quando gli borbottò contro chissà cosa. Era troppo impegnato a frenare il proprio cuore che batteva all'impazzata per prestargli realmente ascolto.
    Però Sanji tornò immediatamente all'attacco, approfittando del fatto che lo spadaccino, per scansarlo, si fosse girato per dare le spalle alla parete; fu dunque il suo turno di poggiare le mani su di essa, inchiodando l'altro al muro senza concedergli via di scampo. 
«Come siamo ritrosi, oggi», alitò serafico, sporgendosi verso di lui per ritrovarsi ad un centimetro dalla sua bocca. «Il piccolo marimo ha paura, forse?»
    Pur cercando di non farlo, Zoro deglutì nell'avvertire le calde labbra del cuoco carezzargli una guancia bagnata. «Esci immediatamente da qui se non vuoi che ti cacci io, stupido torciglio», sibilò a denti stretti, afferrandolo saldamente per le spalle per scacciarlo. Dal canto suo, però, Sanji interpretò quel modo di fare come un consenso - aveva forse fatto finta di non sentire le sue minacce o non se n'era minimamente preoccupato come suo solito? -, facendo passare una mano sulle cosce muscolose del compagno per farla scivolare poi nell'incavo del suo ginocchio e sollevargli così la gamba; l'altra mano si insinuò vogliosa tra la parete umida e il corpo fumante dello spadaccino, scendendo piano verso la fessura fra le sue natiche.
    Al tocco di quelle dita che lo violavano, Zoro si inarcò così tanto contro il corpo del cuoco che la schiena parve sul punto di spezzarsi, e nell'aprire la bocca per riprendere fiato riuscì solo a far entrare all'interno una buona quantità d'acqua che scivolò lungo il mento e il collo; i rivoletti vennero immediatamente catturati dalle labbra di Sanji che, spingendo maggiormente indice e medio dentro di lui, si premurò di fare in modo che le loro erezioni si sfiorassero.
A quel fare lo spadaccino non riuscì ad impedire che dalle sue labbra sfuggisse un sospiro soddisfatto, e nel momento stesso in cui quella bocca bollente scese a carezzare la cicatrice che aveva sul petto e percorse in seguito i suoi addominali, disseminando una scia di baci che arrivava in prossimità del suo membro, aprì di scatto gli occhi con un grido soffocato, risvegliandosi sudato ed eccitato fra le lenzuola. Che... diavolo?!
    Si drizzò a sedere sulla branda e si deterse il sudore con un braccio, lo sguardo ostinatamente puntato sull'evidente erezione che aveva fra le cosce; come diamine aveva fatto a fare un sogno del genere? Ma, soprattutto, perché l'aveva fatto? Lui non era per niente adatto ad essere la parte passiva del loro rapporto, nossignore. Eppure il suo fratellino, laggiù, aveva trovato quel sogno - e anche quello stupido damerino e il modo in cui l'aveva stuzzicato per tutto il tempo - particolarmente eccitante.
    Nella penombra che avvolgeva la camerata cercò con gli occhi la figura del cuoco in questione, vedendolo placidamente addormentato nel proprio letto; e gli venne voglia di alzarsi e di rifilargli un bel pugno in pieno viso non appena si accorse del sorriso che gli incurvava le labbra, come se fosse stranamente soddisfatto. Forse era meglio non sapere che cosa stava sognando.

    Una cosa, però, la sapeva di sicuro: quello stupido cuoco non sarebbe mai stato sopra. Parola di Roronoa Zoro.





_Note inconcludenti dell'autrice
Credevate che ci fosse sul serio uno Zoro passivo, eh? v.v
Sono per il reverse, ma Sanji seme con Zoro non ce lo vedo. Nossignore.
Allora viene da chiedersi perché abbia scritto una SanZo invece di una ZoSan come mio solito, e a questo posso solo rispondere con... boh v.v
Sarà che Yamato sa rendere bello anche ai miei occhi Sanji seme, per quanto io preferisca che sia Zoro la parte attiva del rapporto. Ecco, dopo questa spiegazione campata per aria potete anche accopparmi o lanciarmi pomodori v.v *Si mette in posa, cercando però di proteggere i capelli appena gellati*
Nay, okay, sono pazza e la nipotola voleva uccidermi quando ha creduto che avessi davvero scritto una Sanji/Zoro, ma questo non c'entra nulla
♪~
Come sempre, però, commenti e critiche son ben accetti :3
Alla prossima.


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Capitolo 10
*** How say stupid things ***


How say stupid things Titolo: How say stupid things
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 1238 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Accenni FRobin, Usopp
Genere: Generale, Vagamente Erotico, Sentimentale
Rating: Giallo / Arancione
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life,
New World Arc, What if?, Linguaggio a tratti un po' colorito
Piscina dei prompt: Zoro/Sanji, Mai inimicarsi il cuoco
Winter Challenge: 13° Luogo Automobile
Misc Mosaic 10&Lode: #07. Notte


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Era da una buona manciata di minuti che, sfidando il gelo e le intemperie che sembravano sfondare il rivestimento della Sunny e penetrare al suo interno, Zoro e Sanji se ne stavano a fissare, imbambolati come due emeriti idioti, quella che Franky aveva avuto il coraggio di definire invenzione. Non che non lo fosse davvero - perché, accidenti, avrebbe di sicuro fatto luccicare gli occhi di Rufy e Chopper non appena ci avrebbero posato sopra lo sguardo -, però era un veicolo così bizzarro che sarebbe stato difficile da imputare persino come mezzo di trasporto. Non era una moto né tanto meno un sommergibile, poiché i sommergibili non avevano di certo quattro ruote. In fondo a cosa sarebbero servite, in mare? La forma, però, ricordava proprio qualcosa che avrebbe potuto benissimo solcare gli abissi, per quanto tendesse ad essere leggermente ovale e avesse un muso accessoriato con quello che sembrava essere il più grosso motore mai esistito. E quei fronzoli che aveva di lato? A cosa diavolo servivano? Forse avrebbero fatto meglio a non domandarselo. Franky aveva un'idea tutta sua del fantastico e dell'elegante, e lo dimostravano tutti gli armamentari in più che si era costruito addosso durante quei due lunghi anni di lontananza. Come accidenti facevano lui e Robin a... nay, forse non volevano sapere nemmeno questo.
    «Come l'ha chiamato quest'affare, Franky?» si ritrovò a chiedere di punto in bianco lo spadaccino, accigliato a dir poco. Perché avevano accettato di vedere in anteprima quell'invenzione e si erano persino offerti di provarla e lucidarla? Och, giusto... quella strozzina di Nami aveva minacciato di triplicare i debiti che aveva con lei - che da quel che ricordava aveva estinto da un bel po' di tempo, maledetta strega - e aveva fatto gli occhi dolci al cuoco. E quell'idiota, dopo aver praticamente sparso sangue ovunque alla vista delle sue bocce - che, doveva ammetterlo, erano cresciute in maniera esorbitante, in quei due anni, ma lui non ci aveva buttato un occhio, nossignore, l'aveva semplicemente notato e basta, perché in quanto spadaccino aveva un senso dell'osservazione fin troppo sviluppato e ci aveva dunque fatto caso -, non se l'era fatto ripetere due volte, dannazione!
    Quest'ultimo si stava ancora tamponando il naso quando sentì la domanda, riemergendo dal suo catatonico mondo dei sogni solo per fissare con sguardo vagamente annebbiato un punto imprecisato della vettura. Sembrava persino che non la stesse osservando per davvero, e probabilmente quella costatazione non era poi così lontana dalla realtà. «Franky Mobile...»
    Lasciando praticamente perdere il tono canzonatorio, Zoro sollevò un sopracciglio. «Franky che?»
    «Non chiedere a me cosa passa per la testa di quel cyborg, marimo», rimbeccò immediatamente il cuoco con una breve scrollata di spalle, cercando con una mano il pacchetto di sigarette solo dopo aver messo via il fazzoletto ormai inutilizzabile. Aveva decisamente bisogno di una sigaretta, se voleva distrarsi. E poco ci mancò che ricominciasse a perdere sangue al pensiero delle sue belle sirene, affrettandosi a scuotere il capo e a strofinarsi un braccio sotto il naso. Scoccò poi un'occhiata al Vice Capitano, tentando di darsi un contegno. «Diamoci piuttosto una mossa, quaggiù sto morendo di freddo», bofonchiò, e, stringendosi nel maglione che indossava, si avvicinò maggiormente alla vettura, ignorando lo sbuffo scocciato che si era lasciato sfuggire Zoro.
    Lo spadaccino si ritrovò poi ad accostarsi a sua volta, squadrando quel trabiccolo da tutte le angolazioni. Per quel che ne sapeva, quell'aggeggio era a posto, dunque perché avrebbero dovuto in qualche modo preoccuparsi di quella diavoleria? Certe volte quello stupido cyborg e quella strega d'una navigatrice non riusciva proprio a capirli.
    Sollevò lo sguardo al soffitto e si chinò per osservare uno degli specchietti laterali, gettando una rapida occhiata all'interno. Sembrava piuttosto spaziosa, doveva ammetterlo. Aprì dunque uno sportello e, sotto lo sguardo scettico del cuoco, si accomodò sui sedili, confermando immediatamente la sua ipoteso: quell'ammasso di ferraglia non solo era spazioso - riusciva a distendere tranquillamente le gambe senza nessuna fatica e c'era anche posto per le sue katane -, ma era persino comoda. E fu in quel mentre che un pensiero lo folgorò all'istante, facendo sì che voltasse lo sguardo verso il compagno.
«Sali», lo esortò, e Sanji arcuò elegantemente un sopracciglio nello scorgere il vago sorrisetto che sembrava aver solcato le sue labbra.
    «Non ci penso nemmeno, stupido marimo», rimbeccò, vedendolo aggrottare la fronte.
    «Non abbiamo tutta la notte, damerino», berciò il Vice Capitano. «Dobbiamo pur provare questa carretta, no? Quindi datti una mossa senza fare storie».
    Sanji ridusse le labbra ad una linea sottile. In effetti quel cretino non aveva tutti i torti, però qualcosa, dentro di lui, continuava a gridargli insistentemente
allarme. Continuò dunque a tenerlo d'occhio con fare guardingo, e, aprendo a sua volta la portiera, prese posto sui sedili, restando lì per lì piacevolmente scombussolato. Franky aveva fatto davvero un ottimo lavoro, stavolta. «Certo che questo affare è proprio co-», non ebbe il tempo di terminare la frase che lo spadaccino gli saltò letteralmente addosso, facendogli scappare un'esclamazione sorpresa e soffocata. Il suo sesto senso non sbagliava mai, dannazione. «Che cazzo fai, marimo pervertito?!» esclamò adirato, appioppandogli un calcio al fianco mentre tentava al tempo stesso di allontanarlo da sé.
    Dal canto suo, frattanto, Zoro non sembrava per niente infastidito quanto lui. Pur scacciandogli di continuo il piede con cui il cuoco continuava, imperterrito e sempre più violento, a colpirlo, le mani avevano cominciato a vagare un po' ovunque, avendo persino l'ardire di infilarsi al di sotto del maglione come se possedessero vita propria; Sanji rabbrividì al contatto con le dita gelate dello spadaccino, imprecando furiosamente contro di lui fino a che, senza alcun preavviso, quest'ultimo non si chinò verso il suo viso per tappargli la bocca con la propria, soffocando nel fondo della sua gola un piccolo mugolio d'apprezzamento. Oh, accidenti. Perché diavolo si finiva sempre così, con quella stupida testa d'alga?
    Sgranò gli occhi nel sentire l'erezione del compagno premere contro di sé, e lo scansò immediatamente per riprendere fiato e tentare in qualche modo di riprendere il controllo della situazione. Non potevano farlo lì dentro. Era categoricamente escluso.
«Non ne ho voglia, marimo di merda, quindi vedi di piantarla», bofonchiò, benché fosse diventato fin troppo palese che, a discapito dei suoi pensieri, il suo corpo stesse reagendo più che bene alle carezze che il Vice Capitano gli stava riservando.
    Difatti, allargando esageratamente il sorriso e succhiandogli la pelle della gola, lo spadaccino si lasciò sfuggire un piccolo sbuffo ilare.
«A me pare che a lui non dispiaccia», disse poi, facendo scivolare una mano verso il basso per poggiarla senza tanti complimenti fra le cosce del cuoco, che sussultò nel sentirgli sfiorare con la punta delle dita l'erezione ormai alta ancora imprigionata nei calzoni.
    Arrossì
vistosamente fino alla punta dei capelli. «Sei un fottuto stronzo!»
    «E tu una checca isterica, ma non mi sembra di lamentarmi».
    Bastarono quelle poche e semplicissime parole dette in tono ironico a scatenare le ire del cuoco, e forse non solo a causa del paragone: un suo ginocchio andò ad incastrarsi perfettamente fra le cosce di Zoro, scontrandosi inesorabilmente con i suoi attributi con una potenza così disarmante che non lasciò allo spadaccino nemmeno il fiato per gridare, per quanto avesse sbarrato l'occhio e spalancato la bocca per il dolore prima di accasciarsi su se stesso con le mani premute sull'inguine. Ma Usopp, di vedetta durante quella lunga e gelida notte, poté affermare di aver comunque sentito un ululato sofferente - appartenente forse ad un fantasma, aveva pensato tremante - aleggiare su tutta la Sunny
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ruolare mi fa male. Dico sul serio. Diciamo che l'idea base è nata proprio a causa di una role con la mia nipotola sul forum Soleil City GDR - che tra l'altro, ha indetto il suo primo contest, Summons Rewind, e potete trovarlo qui o qui -, e la frase «Sei un fottuto stronzo!» era originariamente un «Sei un fottuto rozzo!», ma per esigenze di copione ho dovuto rivederla. Nipotola, perdonami 
E mi sento piuttosto solidale con il povero Zoro, però io sono di parte dunque non faccio testo. Viene quasi da chiedersi perché abbia scritto una storia simile a discapito del suo soldatino, in verità...
Nay, lo ribadisco.
Ruolare mi fa decisamente male.
Alla prossima.


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Capitolo 11
*** Change of look (no way) ***


Change of look (no way)

Titolo: Change of look (no way)
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 1415 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Nami 
Genere: Generale, Commedia, Vagamente Sentimentale, Vagamente assurdo?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen Ai, Slice of Life, What if?
Winter Challenge: 21° Luogo Negozio di vestiti
Binks Challenge: 57° Negozio a scelta › 53° Ironia
Misc Mosaic 10&Lode: #04. Maglietta


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Con il tempaccio che imperversava fuori, starsene in quel negozio al calduccio e al riparo dalle intemperie era stata l'idea migliore che gli sarebbe mai potuta venire. E Sanji ne era stato certo al cento per cento quando, una volta entrati, si era reso conto della moltitudine di donne - oh, quant'era stato bello vedere i loro visi sereni e divertiti - presenti in quell'edificio. Il suo cuore aveva fatto una capriola nel petto alla vista di tutte quelle bellezze che camminavano in ogni dove, chiacchierando allegre e scambiandosi opinioni sulle vesti scontate poste in vetrina. Tutto sommato, aye, era stata proprio un'idea grandiosa.
    A dispetto della neve che si vedeva mulinare rabbiosamente attraverso la vetrata sulla destra, c'erano abiti di foggia preziosa ed elegante che lasciavano scoperte le spalle - quelle belle spalle dalla pelle rosea e liscia -, ondeggiando sinuosamente intorno alle cosce setose; quelli che apparivano come i più gettonati erano i vestiti al ginocchio senza spalline, e il cuoco aveva perso una buona manciata di minuti a sbavare dietro ad una bionda dal seno prosperoso in attesa di Nami, che ne aveva approfittato per comprare - per modo di dire, giacché si sarebbe di sicuro fatta fare uno sconto a dir poco esorbitante dal povero dipendente - qualcosa a sua volta. E che i continui sbuffi dello spadaccino lo disturbassero, beh, era un dettaglio trascurabile.
    «La vuoi piantare, imbecille?» lo richiamò quest'ultimo in tono scontroso, e fu con una certa irritazione che Sanji, atteggiando il viso in una smorfia e aggrottando al contempo la fronte, si voltò verso di lui.
    «Che diavolo vuoi, spadaccino dei miei stivali?» sbottò. «Sei geloso perché non riservo a te le mie attenzioni?»
    Zoro sollevò un sopracciglio, ma il nervosismo, per quanto cercasse di mascherarlo, gli si leggeva perfettamente sui lineamenti del volto. «Geloso io? Continua a sognare, idiota».
    Sanji gli si avvicinò e lo afferrò per il colletto della maglia, aggrottando la fronte.
«Prova un po' a ripeterlo, se ne hai il coraggio».
    «Idiota d'un sopracciglio».
    «Spadaccino di merda».
    «Cuoco dal bel culo sexy», lo spiazzò, e Sanji, forse persino arrossendo, allentò un po' la presa.
    «Pervertito d'un marimo», borbottò a mezza voce, distogliendo lo sguardo quando lo vide farsi pericolosamente vicino.
    «Ehi, ragazzi!» La voce di Nami richiamò l'attenzione di entrambi e spazzò via, almeno in parte, il sottile velo d'imbarazzo che si era venuto a creare tra i due. Vestita con un abito dal taglio orientale con preziose rifiniture argentate, la navigatrice avanzò ondeggiando sinuosamente i fianchi e mostrando le sue grazie, sorridendo compiaciuta nel vedere l'espressione di Sanji. «Come mi sta?» domandò, alzandosi i capelli in un gesto fluido e un po' provocatorio, più per irritare lo spadaccino che per attirare realmente il cuoco, probabilmente.
    Praticamente ammaliato, con il cuore a mille e il ritratto dell'idiozia dipinta in viso, Sanji cinguettò,
«Sei bellissima, Nami-swan ~♥!» e poco ci mancò che si mettesse a roteare come un cretino per tutto il negozio. E non sarebbe stato il massimo, se avesse così richiamato l'attenzione anche della restante clientela.
    «Grazie, Sanji-kun», replicò la navigatrice con un nuovo sorriso, scoccando un'occhiata allo spadaccino. «Secondo te come mi sta, Zoro?»
    «E io che diavolo ne so?» rimbeccò però lui in tono scorbutico, rimediandoci un poderoso calcio su una spalla da un certo cuoco di sua conoscenza, al quale lanciò uno sguardo carico di collera.
    «Che ho chiesto a fare, mi domando», sembrò mormorare Nami fra sé e sé, decidendo di dare le spalle ad entrambi per incamminarsi verso la merce in vendita. «Vado a vedere se trovo qualcos'altro di carino, voi due cercate di non scannarvi come al solito!»
    «Ma certo, Nami-swan ~♥!» esalò Sanji in tono adorante, al che il Vice Capitano si ritrovò a sbuffare ancora.
    «Patetico...»
    Sanji afferrò il pacchetto di sigarette e guardò Zoro, prendendo una stecca con due dita. «Hai detto qualcosa, stupido marimo?»
    «Che sei patetico, cuoco da strapazzo», replicò tranquillamente, incrociando persino le braccia al petto prima di squadrarlo attento e con una certa vena ironica e disinteressata. «Mi sono stufato di stare qui dentro, e tu dai pure corda a quella strozzina».
    Portandosi la sigaretta alle labbra senza accenderla, il suddetto cuoco annullò del tutto la distanza che lo separava dallo spadaccino. «Non insultare Nami-san, testa d'alga», sbottò. «E se non te ne fossi accorto, anche volendo uscire, fuori nevica».
    «E allora?»
    «Come sarebbe a dire allora, idiota d'un marimo?!»
    E rieccoli che riattaccavano ad insultarsi, quei due. Per quanto lo spettacolo di due uomini che si inveivano contro e che per poco non venivano alle mani fosse un episodio alquanto bizzarro, in quel negozio, per loro era praticamente all'ordine del giorno; non lo avrebbero mai ammesso - né a se stessi né tanto meno a terzi -, ma quello era il loro personale modo di dirsi “Ti amo”. Nessuno dei due si sarebbe mai sognato di dirlo a parole, e non perché non provassero niente nei confronti dell'altro. Semplicemente, farlo sarebbe stato troppo imbarazzante e non sarebbe stato per niente da loro.
    A porre fine a quella lite a suon di pugni fu Nami stessa, tornata da loro per purissima coincidenza; li spinse senza tanti riguardi nel reparto maschile, in modo da limitare almeno in parte i danni, e se ne tornò sbuffando sui suoi passi, ignorando i lamenti di Sanji e il suo continuo chiedere scusa. Possibile che con quei due attaccabrighe non si potessero nemmeno fare un po' di compere in pace? Non che si aspettasse che per una volta si comportassero civilmente, però... la ragazza sospirò sconsolata, dando un taglio ai propri pensieri. Era lì per fare shopping, non per pensare a quei due cretini dei suoi nakama.
    I cretini in questione, frattanto, avevano ricominciato a guardarsi in cagnesco, per quanto l'iniziale ostilità fosse momentaneamente sfumata. Certo, sarebbe bastata una qualsiasi scintilla per riaccendere la baruffa, però sembravano aver stabilito una piccola tregua, almeno fino a quando non sarebbero usciti da quello stupido negozio.
    «Dovresti provare ad indossare qualcos'altro che non sia verde, marimo», se ne uscì d'un tratto il cuoco, richiamando in quel modo l'attenzione dello spadaccino.
    Quest'ultimo arcuò un sopracciglio, fissandolo in viso come se stesse cercando di leggere chissà cosa nei suoi lineamenti. L'espressione di blanda indifferenza, però, non lo aiutava di certo a capire cosa stesse pensando. Però scosse il capo, scocciato. Tanto valeva dargli corda, arrivati a quel punto. In fondo doveva pur perdere tempo lì dentro, no? Altrimenti sarebbe arrivato al punto di fare harakiri, davvero. «E sentiamo, sopracciglio a ricciolo, che colore dovrei indossare?» rimbeccò sarcastico, sollevando persino lo sguardo al soffitto con uno sbuffo palesemente innervosito.
    Sanji ci pensò su un attimo, illuminandosi subito dopo come se avesse appena scoperto qualcosa di straordinario o, meglio ancora, come Rufy quando vedeva della carne. «Il rosa! Il rosa ti starebbe benissimo!» esclamò. «Saresti identico ad un hishi mochi!» soggiunse, allargando esageratamente il sorriso che era spuntato sulle sue labbra.
    Al Vice Capitano, invece,
a quella risposta quasi cascarono le braccia. Lui? Il rosa? Un colore che di virile non aveva un bel niente e che quello stupido idiota non si vergognava minimamente a sfoggiare tra camicie e grembiuli ridicoli? Nemmeno per sogno. Si massaggiò una tempia con due dita, traendo un lungo respiro come per calmarsi, per quanto gli sembrasse assolutamente impossibile. «La tua sanità mentale comincia a preoccuparmi, cuoco. Sul serio», esordì pacatamente, e gli ci volle davvero tutto il suo stoico auto-controllo per non sfoderare seduta stante una delle sue katane e fare a fette quello stupido cuoco.
    Perché un conto era stare ad ascoltare con finta pazienza i suoi deliri - conoscendo quel damerino, però, forse Zoro non avrebbe dovuto nemmeno meravigliarsi più di tanto -, un altro vederlo gironzolare nel reparto maschile alla ricerca di qualche indumento di dubbia decenza, scartandone la maggior parte con aria contrariata. E la voglia di tagliarlo in due tornò prepotente nel momento esatto in cui il cuoco, con il miglior sorriso fasullo del suo repertorio, ebbe persino il coraggio di presentarsi dinanzi a lui con un'orribile maglietta dalle più svariate sfumature rosate.
   
Zoro gli scoccò dunque un'occhiataccia. «Non indosserò mai una schifezza simile, cuoco», sbottò, facendo assottigliare lo sguardo al cuoco in questione.
    «Stai cercando di insegnare a me come ci si veste, marimo?»
    «Sarebbe una buona idea, sopracciglio a ricciolo».
    Per quei due bastò davvero poco per riaccendere la lite e riprendere da dove si erano interrotti, ignorando volutamente il luogo in cui si trovavano; purtroppo per loro, però, ad andarci di mezzo furono gli abiti che Nami aveva appena comperato e che vennero letteralmente ridotti a brandelli sotto lo sguardo palesemente sconvolto della navigatrice.

    Nei dieci minuti successivi si scatenò l'inferno
.






_Note inconcludenti dell'autrice
 L'hishi mochi - che se volete potete vedere cliccando qui - è un dolce giapponese in tre colori: verde, bianco e rosa; è un omaggio ad una doujinshi del circolo ROM-13, e se non l'avete letta, beh... fatelo, così capirete immediatamente anche il gioco di parole, sebbene credo possa essere intuibile anche così x)
Comunque, aye, a me piace un casino appuntare di continuo il fatto che Sanji indossi indumenti di colore rosa... eh, perdonatemi, non posso proprio farne a meno x)
Sarà che il cuoco ispira un po' di femminilità, chissà... nay, okay, saranno anche i suoi modi di fare, il modo in cui si veste e anche la sua aria da uke *viene picchiata selvaggiamente*
Sclero a parte, come sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 12
*** [ Special Chapter ] Cakes, cooks and rabbits ***


Cakes, cooks and rabbits The One Hundred Prompt Project

Titolo: [ Special ] Cakes, cooks and rabbits
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 1575 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji
Genere: Generale, Commedia, Vagamente Sentimentale, Vagamente assurdo?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Slice of Life, What if?
Notte Bianca del Carnevale: Pretendo che tu esca dalla torta vestito da coniglietta[info]vogue91 [ [info]maridichallenge ]
Misc Mosaic 10&Lode: #02. Compleanno
Prompt: 13° Argomento: Fasi della vitaVita


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Non gli erano mai piaciuti i romanzi d’amore, men che mai aveva trovato una qualche utilità in essi. Lui era un tipo diretto e di poche parole, un uomo tutto d’un pezzo che non aveva bisogno di leggere stronzate del genere per riuscire a carpire una qualche trovata geniale per stupire il proprio partner. Ecco, era esattamente ciò che Roronoa Zoro pensava mentre sfogliava - solo e unicamente per curiosità, si era ripetuto più e più volte, ignorando volontariamente il fatto che in quel modo stesse passando per un vero cretino che faceva l’esatto contrario di quel che diceva - proprio uno di quegli stupidi romanzi.
    In verità c’era da dire che non aveva mai letto un libro in vita sua, da quel che ricordava, e non capiva dunque che cosa diavolo l’avesse spinto ad attraversare la Sunny fino ad entrare in quella maledetta biblioteca - zona che spesso e volentieri era frequentata unicamente da Chopper, Robin e Nami - per arraffare quel tomo vecchio e soporifero. Soporifero, già, perché si era annoiato appena letta l’introduzione, sbadigliando sonoramente prima ancora di arrivare al sodo. Se l’era comunque portato su all’osservatorio per starsene tranquillo e in santa pace - ed evitare anche qualsiasi quesito scomodo da parte di qualche componente della ciurma, dato che quello di vederlo con un libro in mano anziché un peso o una spada era un evento più unico che raro - a sfogliare quel mattone di ben settecento-ottantasette pagine.
    Dopo aver passato ore chino su quei caratteri minuscoli e aver letto quasi metà del tomo - con uno sforzo immane, c’era da aggiungere -, però, non riusciva proprio a capire perché diamine piacessero tutte quelle stronzate e frasi stucchevoli a quello stupido d’un cuoco. Non aveva imparato nulla che in qualche modo avrebbe potuto aiutarlo, visto che tutte le idiozie scritte su quel coso erano così assurde da essere praticamente inverosimili, se associate ad entrambi. Och, andiamo... lui, il futuro miglior spadaccino del mondo, che comprava dei fiori a quel sopracciglio arricciato? Corredati con tanto di frase stucchevole e cioccolatini, per giunta? Si sarebbe squarciato il ventre con una delle sue katane, piuttosto.
    Oh, al diavolo. Dalla posizione in cui era, lanciò lontano da sé quel maledetto libro, incrociando le braccia dietro alla testa prima di sistemarsi meglio sul divano che aveva occupato fino a quel momento, fissando insistentemente il soffitto della palestra. Diamine se era difficile stare insieme a qualcuno e tentare di farlo restare di stucco. Aveva pensato che il rapporto con Sanji sarebbe potuto stare benissimo in piedi grazie al sesso e alle loro solite litigate, però data la ritrosia che il cuoco aveva avuto nei suoi confronti negli ultimi tempi, beh, aveva capito immediatamente che qualcosa non andava e che quel cretino, pur essendo un uomo, avrebbe preferito da parte sua sdolcinatezze degne di quello schifo di romanzo che aveva letto fino a pochi secondi prima. Nay, beh, forse non proprio degne di quello - non si sarebbe mai messo in giacca e cravatta per lui né tanto meno gli avrebbe galantemente chiesto un appuntamento, poteva anche levarselo dalla testa se mai ci aveva anche solo pensato -, però probabilmente un minimo di tatto in più l’avrebbe desiderato di sicuro. E se era riuscito a capirlo da solo, voleva dire tutto.
    Avrebbe dovuto lasciar perdere, mettere da parte l’orgoglio e andare a chiedere un consiglio? Bah, nemmeno morto. E a chi avrebbe potuto domandare senza sembrare un vero e proprio idiota, poi? Robin era da escludere a priori, così come quella strega di Nami; gli avrebbe di sicuro fatto pagare un prezzo esorbitante e lui era già in debito con lei senza neanche saperne esattamente il perché, dato che era strasicuro di averle ridato tutti i berry che gli aveva prestato, interessi inclusi. Non era nemmeno sicuro di volerlo chiedere ad Usopp, poiché il suo sparare cazzate era conosciuto in tutti e quattro i mari - e forse persino nel fantomatico All Blue, se davvero esisteva -, e domandare a Rufy, beh, nemmeno a parlarne. Avrebbe anche potuto consigliargli di provare con della carne o qualsiasi altro cibo gli sarebbe passato per la testa, conoscendolo. Chopper... lui era poco più di un bambino, e comunque era una renna. Sarebbe stato imbarazzante per entrambi. Restava solo Franky, accidenti. O alla peggio quello scheletro di Brook, il più anziano del gruppo e anche il più pervertito. Bastava pensare al suo continuo chiedere alle ragazze di mostrargli le mutandine.
    Zoro arricciò le labbra e si scompigliò i capelli con foga, girandosi con il viso contro il muro mentre la sua testa continuava a macinare pensieri su pensieri. Quel cuoco di merda si sarebbe accontentato come ogni anno, accidenti. Aveva di meglio da fare che mettersi a pensare a come stupirlo il giorno del suo maledettissimo compleanno. L’avevano messo in chiaro fin dal primo momento in cui era cominciata quella relazione fra loro: nulla, nemmeno quel ridicolo damerino, avrebbe dovuto anche solo osare frapporsi tra lui e il suo sogno, allontanandolo in quel modo dalla strada che aveva scelto di percorrere anni addietro. Poteva sembrare un pensiero egoistico e anche poco giusto nei confronti del cuoco - che, per quanto non avesse smesso neanche per un attimo di tenere i suoi soliti atteggiamenti nei confronti delle due donne a bordo, dimostrava davvero di tenerci a lui, sebbene lo facesse in modo piuttosto bizzarro -, ma, perdendo di vista il suo percorso per diventare il miglior spadaccino del mondo, avrebbe spezzato una promessa e infranto anche il sogno di Kuina. Era dunque per quel motivo che non poteva permettersi distrazioni, e quello stupido cuoco avrebbe dovuto capirlo.
    Fu proprio in quel mentre che sentì distintamente il rumore della botola che si sollevava, e l'odore inconfondibile di sigarette e acqua di colonia che caratterizzava il cuoco gli giunse alle narici come uno schiaffo, facendogli arricciare il naso. Dannazione. Era troppo, per una volta, chiedere di essere lasciato in pace con i propri pensieri? Non aveva di meglio da fare che infastidirlo con la propria presenza, quel damerino dal naso sanguinante?
«Da quand'è che leggi romanzi d'amore, tu?» si sentì chiedere con voce sarcastica, e Zoro, imprecando mentalmente contro se stesso per non aver fatto sparire quel maledetto libro, si drizzò a sedere d'un lampo, lanciando un'occhiata al compagno solo per vederlo con quel tomo in mano e un sorriso dipinto sulle labbra.
    «L'avrà portato Robin al suo turno di guardia», rimbrottò, volendo a tutti i costi negare l'evidenza. L'archeologa, infatti, non avrebbe mai e poi mai lasciato un libro sul pavimento - l'avrebbe riposto ordinatamente sul divano o l'avrebbe addirittura portato di sotto, trattandolo come un vero e proprio tesoro -, e quel cuoco idiota lo sapeva fin troppo bene. Sembrò, però, soprassedere momentaneamente, lasciandosi sfuggire uno sbuffo ilare prima di alzare l'altra mano per mostrargli una bottiglia di saké.  
    «Un goccio?» cambiò discorso, accomodandosi al suo fianco senza nemmeno attendere una risposta. Sanji sentì su di se lo sguardo guardingo dello spadaccino, ma non ci fece assolutamente caso; si limitò semplicemente a stappare la bottiglia e a bere un po' del suo contenuto, passandola poi al compagno con tranquillità inaudita.
    Dal canto suo, Zoro la afferrò rapidamente, quasi si aspettasse che essa scomparisse da sotto i suoi occhi o che il cuoco, lunatico com'era, ci ripensasse e gliela levasse da sotto al naso senza dargli nemmeno la possibilità di bere un goccio. In verità tutta quella calma da parte sua lo stava stranamente innervosendo, forse perché non era per niente da lui.

    «Ohi, marimo», lo richiamò d'un tratto Sanji, e Zoro, dopo averlo fissato con la coda dell'occhio, ingollò un lungo sorso di saké prima di sbottare, «Che diavolo vuoi, adesso?»
    «Ricordi il discorso che facemmo un po' di tempo fa, quello in cui sarei stato io a sfondarti il culo al mio compleanno?» ironizzò con fare tranquillo, scoccando un'occhiata al Vice Capitano e godendo interiormente del vago rossore che sembrava essergli salito alle orecchie. Lo sentì bofonchiare chissà cosa fra sé e sé prima di annuire - pure controvoglia, c'era da aggiungere -, avendo l'accortezza di mostrarsi distratto e disinteressato per non far crollare la maschera composta che si era costruito con tanta fatica. Sanji, però, sorrise benevolo, come se stesse avendo a che fare con un bambino. «Potrei dimenticarmene», e nel dirlo enfatizzò esageratamente le parole, «ma pretendo che tu esca dalla torta vestito da coniglietta».
    Per poco lo spadaccino non si strozzò con la propria saliva, a quel dire, rischiando di far cadere persino la bottiglia sul pavimento quando si alzò con foga, quasi volesse sovrastarlo con la propria stazza.
«Che cazzo stai farneticando, cuoco di merda?!» berciò inviperito, sentendo le guance andargli letteralmente in fiamme. L'aveva detto che c'era qualcosa di strano nel suo modo di fare, diamine. Il suo sesto senso non sbagliava mai. E, beh, era molto peggio di quanto aveva letto su quel libro o delle cose che aveva pensato che il cuoco volesse da lui. Quello era decisamente troppo. «Puoi anche scordartelo, sopracciglio. Non farò mai una stronzata del genere», sbottò, dirigendosi alla botola per lasciare la palestra tra un'imprecazione e l'altra, mollandolo lì da solo.
    Sanji ridacchiò e scosse il capo, poggiandosi con la schiena contro il muro prima di socchiudere le palpebre. Quella dannata isola di travestiti gli aveva decisamente rimescolato il cervello, non c'era altra spiegazione. Perché, accidenti, non avrebbe dovuto trovarci niente di erotico nell'immaginarsi quell'armadio a quattro ante di Zoro con un ridicolo vestito da coniglietta e delle maledette calze a rete.






_Note inconcludenti dell'autrice
Sono schifosamente in anticipo per il compleanno di Sanji, lo so, ma avevo tempo fino alle sedici di questo pomeriggio per scrivere e postare la shot per la Notte Bianca, e ammetto anche che l'idea era talmente carina che non ho per niente resistito a scrivere una cosa del genere.
Il prompt c'entra tutto, in effetti, e sebbene all'inizio avessi pensato che sarebbe dovuto essere Zoro a pronunciare una frase del genere - sarebbe stato anche fin troppo ovvio, no? -, ho pensato che sarebbe stato ancor più incredibile e spiazzante se fosse stato Sanji a farlo. Sono pazza? Probabile, aye, ma in fin dei conti sappiamo tutti che tra i due il vero pervertito è Sanji, no? E in questo modo può anche rifarsi di tutte le volte in cui è stato lo spadaccino a sfotterlo, ecco u_u
Ah, la frase
«Ricordi il discorso che facemmo un po' di tempo fa, quello in cui sarei stato io a sfondarti il culo al mio compleanno?» che pronuncia Sanji si rifà alla flash fiction a rating rosso scritta per la p0rn fest, ovvero Happy (P0rn) Birthday, dove Zoro, parlando con Sanji, afferma che il suo compleanno non è una scusa per portarlo a letto, perché secondo il suo punto di vista l'uomo sta sopra e la donna sotto... inutile dire chi è la donna, ve? u_u
Le mie note finali sono sempre così esaurienti e senza capo né coda, davvero bellissimo x)
Come sempre, comunque sia, commenti e critiche sono ben accetti :3
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Capitolo 13
*** Can I see your panties? ***


Can I see your panties The One Hundred Prompt Project

Titolo: Can I see your panties?
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 385 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji 
Genere: Generale, Commedia, Vagamente Sentimentale, Vagamente assurdo?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Slice of Life, What if?
Notte Bianca del Carnevale: Hai delle mutande ridicole @ [info]manubibi [ [info]maridichallenge ]
Prompt scelto: 20° Argomento: Tema libero › Mutande


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Forse scoppiare a ridere in un momento del genere era tutt'altro che intelligente, ma Zoro non aveva davvero potuto evitare che dal fondo della sua gola prorompesse una grossa risata quando il suo sguardo si era posato sugli indumenti intimi di quello stupido cuoco che si trovava a cavalcioni sopra di lui.
    Aveva faticato tanto per convincerlo e aveva persino dovuto rassicurarlo che sarebbe stato il più delicato possibile, e adesso che era riuscito a portarselo a letto cosa faceva? Gli scoppiava a ridere praticamente in faccia senza un motivo apparente, cosa che, ne era sicuro, in altri momenti non avrebbe mai fatto. Forse. Non doveva dunque meravigliarsi se in quel momento Sanji lo squadrava dall'alto in basso con gli occhi ridotti a due fessure, apparendo minaccioso nonostante il rossore che gli colorava esageratamente le guance.
    «Che cazzo hai da ridere, marimo di merda?» sbottò imbarazzato, mordendosi la carne morbida del labbro inferiore. Gli aveva poggiato le mani sulle spalle come se cercasse su di esse un sostegno, poiché altrimenti sarebbe scappato a gambe levate e non avrebbe più avuto il coraggio di guardare in faccia quello stupido spadaccino per quel suo essersi tirato indietro ed essere fuggito da quella sfida.
    Zoro, frattanto, ignaro delle elucubrazioni mentali del compagno, cercava inutilmente di riprendere un contegno. Oh, accidenti. Erano ad un passo dal farlo e lui continuava a sghignazzare come un cretino. Doveva essere decisamente idiota se, invece di afferrare quel maledetto cuoco e dargli una ripassata come si deve, si concentrava su quella stupida biancheria che indossava. «Non è solo il tuo sopracciglio ad essere ridicolo, cuoco», biascicò poi tra una risata isterica e l'altra, soffermandosi ancora una volta sui ghirigori a ricciolo che abbellivano l'intimo rosa - rosa, maledizione a lui - di quel damerino da strapazzo. «Hai anche le mutande ridicole».
    Il tempo che trascorse dalla pronuncia di quelle parole al poderoso calcio che scaraventò il Vice Capitano dall'altro lato della stanza, facendogli attraversare senza tanti problemi il muro di legno con un rumore sordo, durò soltanto un attimo. Poi Sanji, con una calma tale che avrebbe fatto invidia persino ad un monaco, si stese sul materasso e affondò la testa nel cuscino, appuntandosi mentalmente che mai e poi mai si sarebbe lasciato abbindolare nuovamente da quello spadaccino di merda. Avrebbe messo il lucchetto al culo, piuttosto.







_Note inconcludenti dell'autrice
La Notte Bianca del Carnevale di [info]maridichallenge mi sta dando un sacco di spunti interessanti. Spunti idioti, certo, però sono comunque interessanti, dal mio punto di vista x)
Ammetto che la prima volta di Zoro e Sanji non avrei voluto fosse così - non l'ho mai scritta, mi pare, eppure su FullMetal Alchemist era la prima cosa che avevo fatto, quando scrivevo su quei due zucconi di Roy e Ed u_u -, ma il prompt era troppo bello per evitare che uscisse fuori un'idiozia del genere.
E poi, beh, ammettiamolo... non dev'essere per forza idilliaco, meglio essere sinceri e se stessi sin dal principio, ecco u_u
Che poi Zoro si sia messo a ridere quando non avrebbe dovuto, problemi suoi... Sanji, salva il sederino finché puoi!
Okay, sclero a parte - direi che ho pure sclerato abbastanza x) -
come sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
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Capitolo 14
*** Light bondage ***


Light bondage The One Hundred Prompt Project

Titolo: Light bondage
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 1052 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji 
Genere: Generale, Vagamente Erotico, Vagamente Sentimentale, Vagamente assurdo?
Rating: Giallo / Arancione
Avvertimenti: 
Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Slice of Life, What if?
Notte Bianca del Carnevale: «Sei sicuro di quello che stai facendo?» «Certamente. Al limite rimani legato a letto fino a che qualcuno non viene a salvarti» @ [info]simph8 [ [info]kinkmemeita ]
Misc Mosaic 10&Lode: #08. Labbra
Prompt: 5° Argomento: Colori caldiGiallo


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Starsene seduto sul materasso a gambe vergognosamente spalancate, con i pantaloni e l'intimo calati a metà coscia che lasciavano in bella vista la svettante erezione che aveva, e braccia e gambe legate al letto per impedirgli i movimenti, non era esattamente la sua idea di sesso normale.
    Al principio non era stato per niente sicuro di voler assecondare quello zuccone del proprio compagno - quando mai l'aveva fatto, in fin dei conti? -, ancor più quando aveva capito che quella brillante idea che si era fatto venire quella notte comprendeva l'uso di cibo. Aveva sempre odiato gli sprechi e non aveva avuto la benché minima intenzione di far sì che quell'idiota patentato lo utilizzasse in qualche modo per le sue perversioni - anche se, e lo ammetteva spudoratamente, più di una volta aveva fantasticato sulla sua splendida Nami-san, sul suo bel corpo formoso e sull'uso non propriamente innocente di fragole, cioccolato e panna montata precedentemente proprio da lui -, sebbene avesse ceduto fin troppo in fretta nel momento stesso in cui aveva cominciato a far pressione contro di lui con il proprio corpo possente e bollente, sbottonandogli la camicia con lentezza esasperante e carezzandogli poi in un secondo momento le labbra con le dita sporche di miele.
    Aveva tentato di resistergli quanto umanamente possibile - continuando frattanto a ripetersi mentalmente che, pur sapendo che fosse letteralmente un'utopia, quelle cose avrebbe voluto farle con le sue due muse, non con quello spadaccino dal brutto muso -, ma, accidenti, in quanto uomo aveva anche lui le proprie debolezze, e quel cretino d'un marimo, in fondo in fondo, non gli spiaceva poi più di tanto. E si era ritrovato persino a sussultare di piacere quando quelle dita appiccicose erano scivolate lungo il suo corpo, impiastricciandogli gli addominali e l'ombelico prima di scendere fino ai calzoni, sui quali si era soffermato per un lungo istante, indeciso. Era stato a quel punto che i suoi soliti modi di fare rozzi e frettolosi erano tornati, e, dopo aver liberato la cintura dai passanti per calargli i pantaloni senza tanti complimenti, si era chinato all'altezza dei boxer per afferrarne i lembi con i denti, tirandoli giù con un gesto secco. Sanji si era lasciato scappare un'esclamazione sorpresa al contatto con l'aria fredda che aveva letteralmente schiaffeggiato la sua erezione, ma aveva avuto ben poco tempo per riprendersi dallo smarrimento iniziale, date le labbra che avevano catturato le sue qualche istante dopo.
    E adesso, per quanto sentisse l'irrefrenabile desiderio di gettare in mare quel maledetto spadaccino dopo avergli spappolato la faccia a suon di calci, si sentiva stranamente a proprio agio in una situazione del genere. Certo, era legato come un salame e sentiva l'appiccicume del miele persino nella sua barba e nei suoi capelli, ma Zoro se ne stava occupando egregiamente, a quanto sembrava. Non si lasciava sfuggire neanche un lembo di pelle, nemmeno la più piccola goccia di quel nettare dorato, e Sanji avrebbe potuto tranquillamente affermare che quella era la prima volta in cui quella stupida testa verde gli riservava tutte quelle attenzioni. Non che le scopate con lui non gli piacessero, per quanto avrebbe preferito che ci andasse leggero - non era lui quello che doveva in seguito sfacchinare avanti e indietro con il culo dolorante e preparare da mangiare a nove persone - e che gli desse almeno un attimo per respirare. Beh, le sue preghiere erano state esaudite, a quanto sembrava.

    Sanji trasse un lungo sospiro, trattenendo un fremito quando la lingua dell'altro carezzò con un movimento circolare il suo capezzolo destro, ripulendolo dal miele di cui era ricoperto. Le mani dello spadaccino erano frattanto giunte a carezzare appena con la punta del polpastrelli la sua erezione dolente, facendogli alzare i fianchi e reclinare il capo all'indietro. Non approfondiva niente né tanto meno sembrava voler arrivare immediatamente al sodo, e la cosa stava cominciando a snervarlo non poco. Non si sarebbe nemmeno vergognato, in quel momento, di urlargli senza mezzi termini di scoparlo seduta stante e di piantarla con le sue stronzate. Nay, beh, forse in seguito, quando quel bastardo glielo avrebbe fatto notare con la sua solita maestria, avrebbe solo desiderato sotterrarsi, ma adesso aveva intenzione di concentrarsi su quei tocchi che lo stavano mandando in estasi e che gli rendevano la testa estremamente leggera.
    Dalle sue labbra sfuggì un ansito voglioso nel sentire le dita calde e appiccicose solleticargli la carne morbida all'interno della coscia, accrescendo la sua voglia e facendogli al tempo stesso sorgere qualche dubbio su tutta quell'assurdità che avevano messo su. «
Sei sicuro di quello che stai facendo, marimo?» si ritrovò dunque a domandare infine, e, nay, non si stava riferendo per niente al fatto che fosse dannatamente eccitato, frustrato fino a limiti dell'impossibile e il suo intero corpo fosse cosparso di stramaledetto miele appiccicoso, ma a quelle stupide cinture che gli bloccavano braccia e gambe e che non gli permettevano di muoversi come avrebbe dovuto. Non ci avrebbe pensato due volte, altrimenti, a rifilare un bel calcio in culo a quello spadaccino di merda. Cosa ancor peggiore, era poter vedere con estrema chiarezza tutto ciò che faceva, dovendosi persino subire il sorriso sagace che sembrava essersi dipinto sulle sue labbra. Avrebbe potuto chiudere gli occhi e far finta di essere stato anche bendato, ma era certo che non avrebbe resistito alla tentazione di sbirciare e di vedere cosa si fosse inventato il compagno, finendo intrappolato nella sua tela senza poter far niente per fuggire. Oh, maledizione.
    «
Certamente, cuoco», ribatté il Vice Capitano con una scrollata di spalle che avrebbe potuto significare tutto o niente, interrompendo il flusso dei pensieri di Sanji come se gli fosse stato appena gettato un secchio d'acqua gelata addosso. «Al limite rimani legato a letto fino a che qualcuno non viene a salvarti».
    Solo in quel momento si rese conto che, nay, quel cretino d'una testa verde non aveva la benché minima idea di cosa stesse facendo, e che probabilmente lui sarebbe rimasto davvero legato a quel maledetto letto fino a che qualcuno non l'avesse trovato e l'avesse liberato una volta per tutte. Sperava soltanto che quel qualcuno non si sarebbero rivelate essere Nami-san o Robin-chan, perché a quel punto non sarebbe stato per niente facile spiegare perché si trovasse lì, impossibilitato a muoversi, nudo e coperto interamente di miele, con il solo haramaki di Zoro a coprirgli appena le parti intime.







_Note inconcludenti dell'autrice
Ma quanti vagamente ho messo negli avvertimenti?
Comunque sia, giacché la raccolta è a rating arancione e, come già detto, lo resterà ancora a lungo, mi sono limitata ad una cosetta leggera leggera - per chi volesse leggere la versione integrale di questa flash, può benissimo fare un salto nei paraggi della one-shot Ten Minutes. Can you show me your technique in ten minutes?
, a rating praticamente rosso acceso - in cui la cosa viene semplicemente accennata, anche se forse mi sono spinta un pochino più in là. Forse
Niente Zoro e Sanji che fanno cosacce, comunque, per quello c'è già la raccolta per la p0rn fest, ecco u_u
Anche questa flash, comunque, è stata scritta per la 
Notte Bianca del Carnevale di [info]maridichallenge, ma ormai credo che questo si sia capito e che possa fare a meno di ripeterlo in continuazione x)
C
ome sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 15
*** Read the mood ***


Read the mood The One Hundred Prompt Project

Titolo: Read the mood
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 453 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji 
Genere: Generale, Commedia, Vagamente Sentimentale, Vagamente assurdo?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Slice of Life, What if?
Notte Bianca del Carnevale: Ascoltami quando ti parlo! @ [info]mapi_littleowl [ [info]maridichallenge ]
Prompt: 6° Argomento: Colori freddiGrigio


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Il nervoso che gli provocava quella testa di muschio era un qualcosa che non sarebbe potuto essere spiegato a parole.
    Non solo doveva sgobbare ogni sacrosanto giorno per far mangiare mattina e sera otto - otto, non due - bambini, uno dei quali era quell'idiota d'un Capitano che non perdeva mai occasione di trafugare qualcosa dalla cucina quand'era distratto, ma in più quel cretino del suo compagno, con la stessa disinvoltura con cui sollevava un peso da trecento chili, pretendeva che la notte fosse in perfetta forma per fare i suoi porci comodi. Non alzava nemmeno un dito per aiutarlo e dormiva la maggior parte del tempo, dunque non aveva il benché minimo diritto di trattarlo alla stregua di un giochino sessuale quando più lo aggradava.
    Ed era proprio per quel motivo che in quel momento, dopo aver rifilato un calcio ben assestato a quel marimo di merda - aveva osato toccare più del dovuto e con troppa fretta, secondo il suo modesto parere -, se ne stava scompostamente seduto sulla branda che avevano gettato giù in cambusa tempo addietro, con i pantaloni calati a metà coscia e la camicia che lasciava vergognosamente intravedere ben più di una piccola porzione di petto. 
    «Si può sapere che diavolo ti prende, cuoco di merda?» sbottò Zoro, scroccando il collo. C'era mancato poco che quel damerino da strapazzo glielo rompesse, stavolta. E, a dirla tutta, non capiva nemmeno il perché di quella reazione esagerata. Perché diamine l'aveva seguito laggiù, se poi faceva il prezioso e, per di più, si comportava come una dannata donnetta mestruata? Fece persino per aggiungere altro quando si rese conto che quell'idiota non lo stava minimamente calcolando, blaterando invece chissà cosa riguardo la gentilezza, il prestare attenzione al partner e altre stronzate del genere. Non che gliene importasse poi molto, in verità. Non era di certo la prima volta che il cuoco si comportava in quel modo e le loro scopate si riducevano drasticamente ad un'accozzaglia di parole gettate al vento proprio da parte di quest'ultimo, dato che alla fin fine ripeteva sempre le stesse cose: era un cretino che non capiva niente d'amore, che a differenza sua quel cuoco effemminato a quel sentimento ci credeva seriamente, mentre lui pensava solo al sesso e bla bla bla. La solita manfrina, insomma. Perché mai avrebbe dovuto prestargli attenzione, dunque?
    Un altro calcio alla spalla lo risvegliò dai suoi pensieri, e si spinse verso di lui nel momento stesso in cui Sanji sbottò,
«E ascoltami quando ti parlo, accidenti!», tappandogli la bocca con la propria per soffocare le sue parole nel fondo della sua gola, ignorando i lamenti a cui l'altro stava cercando di dar voce. Non conosceva modo migliore per zittire quel cuoco, a quanto sembrava.






_Note inconcludenti dell'autrice
La Notte Bianca del Carnevale di [info]maridichallenge continua, e anche io continuo ad uscirmene con idiozie del genere. Fino al martedì grasso sfornerò un sacco di cosette su questo genere - aumentando vertiginosamente il mio wordcount per la community [info]fiumidiparole -, e poi, chissà, magari ne uscirà anche un piccolo special proprio per Carnevale, non si sa mai... dipende soltanto se le idee sono concentrate in quel punto oppure no x)
Nulla da dire su questa flash, comunque, visto che è semplicissima e anche idiota
Più che altro mi diverte ribadire il fatto che Sanji, quando ci si mette, sembra proprio una donnetta isterica, ma questo credo che si sia capito e posso dunque piantarla qui x)
Come sempre, commenti e critiche sono ben accetti :3
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Capitolo 16
*** Heavy scars ***


Heavy scars The One Hundred Prompt Project

Titolo: Heavy scars
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 630 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji
Genere: Generale, Vagamente Sentimentale, Introspettivo, Malinconico
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Angst ad interpretazione, What if? 
Notte Bianca del Carnevale: 02. Wordcount 630 [info]maridichallenge
03. Cicatrici
[info]kinkmemeita
07. 
«E' solo che non mi sembra giusto» «La vita non lo è mai» [info]momenti_perduti
07. Su una carrozza con cavalli
[info]auverse
Prompt: 4° Argomento: Eventi atmosferici › Nuvole


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    C'erano momenti in cui il silenzio valeva più di mille parole, e quello era uno di questi.
    Da quando si erano accomodati sul retro di quella carovana di fortuna che non sarebbe nemmeno potuta definire carrozza, in modo da poter raggiungere più in fretta il porto nel quale era ancorata la Merry, i due nakama non avevano minimamente aperto bocca, ognuno perso nei propri pensieri. L'unico suono che rompeva la monotonia che si era creata fra loro era lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli al traino e i loro nitriti, il picchiettare insistente delle gocce di pioggia contro il tetto di legno della carrozza o, di tanto in tanto, il cuoco che tirava qualche boccata dalla sua sigaretta.
    Era una delle poche volte in cui lui e quell'idiota non litigavano, eppure quella bizzarra quiete che li avvolgeva come un velo sembrava essere in qualche modo opprimente. Se fosse per il fatto che non ne fossero abituati o meno, era difficile da capire. Tutto ciò che Sanji sapeva, era che se avessero continuato a stare zitti sarebbe impazzito. Non era abituato a rimanere solo per troppo in compagnia di Zoro, e ad aggravare la situazione era lo stato di silente contemplazione in cui sembrava essersi chiuso.
    Con un lungo sospiro lo fissò di sottecchi, vedendolo con il viso rivolto verso il finestrino e il mento poggiato sul palmo della mano. Appariva pensoso come non lo aveva mai visto, e la cosa lo mise quasi a disagio. Non era abituato a vederlo così, estraneo da tutti e persino dalle sue provocazioni. Lo sguardo gli cadde senza volerlo sulla cicatrice che si vedeva perfettamente grazie alla camicia aperta, e fu solo in quel momento che si rese conto di non sapere assolutamente nulla di Zoro. Conosceva le circostanze in cui si era procurato quella brutta ferita, certo, ma questo solo perché era presente e aveva assistito alla scena in prima fila; sapeva inoltre che il suo sogno era diventare il miglior spadaccino del mondo, però, oltre a questo, di lui non sapeva proprio nient'altro.
    Sanji si passò una mano fra i capelli, seguendo con gli occhi la lunghezza della cicatrice. Non riusciva nemmeno a comprendere perché quell'idiota compisse azioni tanto sconsiderate, ad esser sincero. Se aveva intenzione di diventare il migliore come affermava, perché mai aveva lasciato che Mihawk lo facesse letteralmente a fettine, accettando la morte senza reagire e rimediandoci in seguito quella cicatrice che gli deturpava il petto?
    «Hai finito di fissarmi, cuoco?» proruppe d'un tratto Zoro, facendolo sussultare per la sorpresa. Oh, certo. Che idiota. Era uno spadaccino ed era guardingo di natura, era normale che si fosse reso conto del suo sguardo pur continuando a rimirare distrattamente il paesaggio che scorreva dinanzi ai suoi occhi.
    «Stavo solo pensando», si giustificò in seguito, avendo l'accortezza di osservare il tettuccio della carrozza con disinteresse, come se non si fosse concentrato su di lui fino a quel momento. «A noi, al destino che ci ha legato a Rufy, a tutto quello che abbiamo affrontato da quando abbiamo attraversato la Red Line... ci aspettano sfide sempre più grandi e complicate».
    «Non vedo dove sia il problema», replicò lo spadaccino. «Basterà diventare più forti».
    «Non sarà una passeggiata, marimo», ironizzò. «Prendi i compagni di Loovon, ad esempio. Saranno di sicuro tutti morti, eppure li attende ancora, certo che manterranno quella promessa».
    «Cosa c'entra questo, adesso?»
    «Niente». Scrollò le spalle. «È solo che non mi sembra giusto».
    «La vita non lo è mai», concluse seccamente Zoro, troncando lì quella loro breve conversazione.
    Sanji non insistette oltre, poggiandosi contro lo schienale ad occhi chiusi. Odiava dar ragione a quell'idiota, ma stavolta doveva convenire con lui. Per quanto tentassero di raddrizzare le cose con le proprie forze e di lottare per i propri cari, la vita, amante infida e capricciosa, non era mai giusta
come avrebbero voluto che fosse.






_Note inconcludenti dell'autrice
Questa è l'ultima flash nel fandom di One Piece - le altre sono disegni, storie presenti in altri fandom o spin off di storie ancora inedite - scritta per la Notte Bianca del Carnevale di [info]maridichallenge, [info]kinkmemeita, [info]momenti_perduti e [info]auverse
Avrei voluto scriverne un altro paio, ma ho preferito interrompere la Notte Bianca con questa flash perché, come spero si sia notato, è finalmente una di quelle un po' malinconiche che avevo così tanta voglia di scrivere
Diciamo che i prompt che mi sono capitati per la sfida sono stati perfetti - basta vedere le frasi che mi sono capitate
«E' solo che non mi sembra giusto» «La vita non lo è mai» o il prompt cicatrici, ad esempio, che calza a pennello per un tipo come Zoro -, ed ecco dunque che è uscita fuori una storia del genere, dallo stampo un po' malinconico e introspettivo ambientato durante il recente arrivo di Sanji nella ciurma
Vorrei inoltre dedicare questa flash a Connie, che ama moltissimo le storie angst. Questa è per lo più malinconica, ma diciamo che c'è modo e modo di vedere l'angst, su

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Capitolo 17
*** [ Special Chapter ] Happy birthday, shitty cook ***


Happy birthday, shitty cook The One Hundred Prompt Project

Titolo: [ Special ] Happy birthday, shitty cook
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 593 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Mugiwara
Tabella/Prompt: Bevande › 04. Spumante
Genere: Generale, Vagamente Sentimentale, Vagamente introspettivo
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Slice of Life, What if?, Assurdità sparse
Prompt: 19° Argomento: Ringraziamento e perdonoGrazie


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Sanji si strofinò un occhio con il dorso di una mano e sbadigliò sonoramente, legandosi il grembiule dietro la schiena prima di gettare una veloce occhiata all'orologio appeso al muro.
    Era quasi mezzanotte. Era quasi mezzanotte e nessuno, nemmeno quel cretino di un marimo - ma in fin dei conti cosa si aspettava, da uno che aveva le alghe al posto del cervello? - si era degnato di ricordarsi che quel giorno era - era stato? - il suo compleanno. Aveva sperato che almeno nella sua Nami-san, eppure anche lei, chiacchierando disinvolta con Usopp, aveva praticamente fatto finta di niente.
    Il cuoco sospirò, avvicinandosi al lavandino per cominciare a lavare i piatti che avevano usato per la cena. Gli veniva quasi da chiedersi se era su quella nave solo per cucinare - e per sfamare il loro insaziabile Capitano - o se era diventato realmente un loro compagno, a dirla tutta. Frenò immediatamente i suoi pensieri e scosse il capo, dandosi dell'idiota. Accidenti, come poteva dubitare della sua ciurma, dei suoi amici, solo per una piccola dimenticanza come quella? Anche se non negava che gli sarebbe piaciuto sentire da parte di almeno uno di loro un abbozzato
«Auguri», non poteva prendersela per una stronzata del genere. Eppure continuò a pensarci per tutto il tempo in cui si dedicò al suo lavoro, guardando di tanto in tanto di sottecchi l'orologio. Meno dieci minuti al tre marzo, e di qualcuno dei suoi compagni di viaggio nemmeno l'ombra.
    Imprecò a denti stretti e finì di lavare i piatti, rischiando persino di farne cadere un paio e di tagliarsi un dito. E se fosse successo, beh, avrebbe di sicuro dato in escandescenza, dato che le sue mani, dita incluse, erano più che preziose. Non aveva la benché minima intenzione di ferirsi solo perché era nervoso per il suo stupidissimo compleanno dimenticato, accidenti.
    Si sciolse il grembiule con uno sbuffo e, dopo essersi rapidamente asciugato le mani su di esso, lo gettò su una delle sedie che ingombravano la piccola cucina, scompigliandosi i capelli con un nuovo sbadiglio. Se ne sarebbe andato a dormire e tanti cari saluti, e guai se quell'idiota d'un marimo, in un momento di lucidità mentale, si fosse ricordato del suo compleanno nel cuore della notte e avrebbe preteso così, senza tanti complimenti, di fare sesso. Sarebbe stata la volta buona che avrebbe usato i suoi preziosi coltelli su di lui, privandolo di una parte non poco importante per portare a termine quell'attività.
    Non fece nemmeno in tempo a dirigersi alla porta, però, che essa venne spalancata di botto, e un getto di spumante lo colpì da capo a piedi, lasciandolo letteralmente interdetto.
«Buon compleanno, Sanji-kun!» esclamò in coro tutta la ciurma di Cappello di paglia, facendogli spalancare la bocca come un cretino. In quel momento poco gli importava se, bagnato come un pulcino e con i vestiti zuppi, agli occhi dei suoi amici apparisse come un pesce fuor d'acqua, troppo sorpreso da quell'attacco inaspettato.
    A risvegliarlo da quel suo stato di trance fu un pizzico sulla guancia da parte di Zoro, che si chinò con il viso verso di lui per sfiorargli appena le labbra con un bacio, avendo almeno l'accortezza di non rendere troppo vistoso quel semplice gesto. «Pensavi ce ne fossimo dimenticati, eh, cuoco di merda?»
    Sanji sbatté le palpebre e lo allontanò da sé per porre abbastanza distanza fra loro, aggrottando la fronte. «Sta' zitto, marimo», rimbrottò, sebbene un piccolo sorriso si fosse fatto largo sulle sue labbra. Che... idioti. O forse l'idiota era stato lui, che aveva dubitato dei suoi compagni in quel modo così assurdo.






_Note inconcludenti dell'autrice
Potevo io esonerarmi dallo scrivere questa piccola flash per il compleanno di Sanji-kun? u_u
E' vero che ne avevo già scritta una precedentemente, ma quella non valeva perché non era oggi, ecco *Spiegazioni inconcludenti che lasciano tutti con un sopracciglio inarcato*
Di nuovo colpa della
community [info]think_fluff, ecco, ormai tutto ciò che scrivo è colpa sua non è vero
Sclero mio a parte, vorrei dedicare questa piccola storiella scritta di getto - eh, perdono, ma ero in un momento di sclero mentale e non avevo la benché minima idea di che cosa facevo, e credo che dalle pippe mentali di San-chan si possa benissimo capire - a SanjiReachan, che oggi compie gli anni insieme a Sanji :3
Spero ti piaccia e chiedo di nuovo perdono se fa schifo x)

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Capitolo 18
*** Cheerful Captain ***


Cheerful Captain The One Hundred Prompt Project

Titolo: Cheerful Captain
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 512 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Nami, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro, Sanji 
Tabella/Prompt: Bevande › 08. Limonata
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Het, What if?
Prompt: 20° Argomento: Tema libero › Imbarazzo
30 modi di amare, più qualche delizia: Pacchetto kiss › Bacio inaspettato


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Dopo aver beccato Zoro e Sanji a fare sesso - e il secondo dei due era praticamente stato colto da un attacco di panico al solo vederla -, Nami era certa che una limonata sola non sarebbe servita a farle cancellare dalla mente l'immagine di quei due avvinghiati l'uno all'altro.
    Il dubbio che avessero una storia era sorto un po' a tutti sin dall'inizio - il primo ad aprir bocca e a mettere in mezzo l'argomento era stato Franky, che li aveva trovati a sua volta in atteggiamenti piuttosto intimi nella camerata dei ragazzi -, e, sebbene lo trovassero un tantino bizzarro, dato il loro continuo litigare e fare a botte, non ne avevano fatto parola con i diretti interessati, facendo finta di niente per non creare inutili imbarazzi. Dal tacere al vederli letteralmente a letto insieme, però, ne correva di acqua sotto i ponti.
    Adesso se ne stava seduta sulla piattaforma di legno dell'albero maestro con quella bibita fresca fra le mani, tentando al tempo stesso di calmarsi e mandar via il calore che le era salito alle guance. Era più facile a dirsi che a farsi, però, specialmente nel vedere Sanji affaccendarsi in giro con un certo nervosismo e Zoro fregarsene altamente, seduto a ridosso del muro di legno che si trovava proprio dinanzi a lei. Aveva cominciato a sonnecchiare da una buona decina di minuti, come se per lui non fosse successo praticamente niente o come se quella fosse una cosa di ordinaria amministrazione. Ammirava quella sua indifferenza, in un certo senso...
    «Ohi, Nami». La voce di Rufy, vicinissima al suo orecchio, la fece sussultare, e ci mancò poco che riversasse sul prato tutta la limonata contenuta nel bicchiere, con il rischio che esso si frantumasse. Si voltò in direzione del Capitano, appeso all'albero come una scimmia, e aggrottò la fronte, incurvando all'ingiù il labbro inferiore. «Zoro dice che devi smetterla di preoccuparti e che non fa niente», soggiunse quando ottenne la sua attenzione, e la navigatrice stavolta si accigliò.
    «Non fa niente cosa?» le venne spontaneo chiedere, e Rufy sorrise.
    «Che li hai visti», rispose con semplicità inaudita, facendo arrossire la ragazza.
    «Poteva venire a dirmelo lui», rimbrottò, bevendo un altro sorso di limonata, come se quello potesse in qualche modo aiutarla anche a dimenticare il viso del Capitano a pochi centimetri dal suo. Quella giornata era iniziata proprio nel migliore dei modi, non c'era che dire. E la sua era pura ironia.
    «Shishishi, lo sai com'è Zoro», rimbeccò il ragazzo, sporgendosi ancor più verso di lei. Prima ancora che Nami potesse rendersene conto, le labbra del Capitano si poggiarono sulle sue, e la sua lingua, dopo averle carezzato dolcemente un angolo della bocca, spinse delicata per farsi spazio in essa, toccandole i denti ed esplorandole il palato. Fu un bacio rapido che consumò in breve tutto il fiato che avevano, ma fu con un nuovo sorriso che Rufy la guardò negli occhi. «Sai di mandarino», ridacchiò, e Nami gli avrebbe anche fatto notare che quella che stava bevendo era limonata, se non fosse stata troppo impegnata ad unirsi a lui in un nuovo bacio.






_Note inconcludenti dell'autrice
Boh, non lo so. Posso dire semplicemente questo di questa piccola flash ZoSan e RuNami, per quanto sia proprio quest'ultimo a farla da padrone, si può dire... lo ZoSan però c'è, dunque mi sembrava giusto lasciare almeno un piccolo spazietto alla consapevolezza della ciurma riguardo alla relazione tra i due compagni di viaggio
Perché inserire anche il RuNami, allora? Perché in fondo in fondo quei due insieme io li adoro e ormai non la smetterò mai di dirlo, dovesse anche crollare il mondo u_u
Insomma, ricordiamoci che Rufy, per quanto lei si sia dimostrata all'apparenza una traditrice per aver rubato nave e tesori, le consegna il suo cappello! Il suo prezioso cappello!
Okay, la smetto di sclerare, altrimenti potrei scrivere un poema di note u_u
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Capitolo 19
*** A wound on the heart ***


A wound on the heart The One Hundred Prompt Project

Titolo: A wound on the heart
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 1362 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Nami, Monkey D. Rufy [ RuNami ], Roronoa Zoro, Sanji [ ZoSan ] ZoLu ad interpretazione
Genere: Generale, Vagamente Sentimentale, Introspettivo, Malinconico, Fluff
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti:
Heterosexual, Shounen ai, Angst ad interpretazione, What if?, Post Arlong Park Arc
Tabella/Prompt: Bevande › 07. Liquore
Misc Mosaic 10&Lode: #10. Metallo
Prompt: 19° Argomento: Ringraziamento e perdonoPerdono


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Forse riprendere i propri allenamenti con quella ferita non era esattamente un'idea grandiosa, e, dopo aver sollevato con sforzo immane uno dei suoi manubri da trecento chili, cosa che in altri momenti non sarebbe mai accaduta, se n'era reso conto persino Zoro stesso.
    Ignorando bellamente le raccomandazioni che gli erano state fatte dal medico che l'aveva ricucito a Kokoyashi, qualche giorno dopo essere salpati aveva ricominciato ad allenarsi estenuamente e senza fermarsi, cosa da imputare probabilmente alla bruciante sconfitta ricevuta nel combattimento contro Mihawk e al suo ardente desiderio di diventare ancora più forte. In fin dei conti l'aveva promesso. L'aveva promesso a Kuina molti anni prima, l'aveva promesso a se stesso e, con le poche forze che gli erano rimaste in corpo, l'aveva promesso in lacrime anche al proprio Capitano.
    Al principio aveva intrapreso quel viaggio per mare solo con la ferma intenzione di diventare lo spadaccino più forte del mondo, ma aveva ben presto capito che la strada da percorrere era ancora lunga ed irtia di pericolose insidie e che, con le sole conoscenze che aveva, non sarebbe mai riuscito a realizzare quella sua ambizione. Lo scontro con Occhi di Falco l'aveva apertamente dimostrato. Non poteva sperare di battere quel famoso spadaccino, agli occhi del quale era apparso come un principiante che non sapeva nemmeno maneggiare una spada. Avrebbe potuto benissimo ammazzarlo con quel colpo che gli aveva inferto al petto, eppure, stranamente, l'aveva lasciato in vita per far sì che affinasse le proprie capacità. E adesso aveva un motivo in più per diventare ancora più forte. Gli sembrava ancora di sentirla risuonare nelle orecchie, quella promessa fatta a Rufy in cui affermava che non avrebbe mai più perso.
    Credeva in quel ridicolo ragazzo di gomma, ed era più che certo che un giorno, esattamente come lui sarebbe diventato il miglior spadaccino del mondo, Rufy avrebbe coronato il suo sogno di diventare Re dei Pirati. Quella sua determinazione era stata una delle cose che l'avevano colpito positivamente, lo ammetteva, e aveva ben lasciato intendere che, quando si metteva in testa una cosa, la otteneva e basta. Il recupero di Nami era stata tra queste. Perché avesse rischiato tutto per quella mocciosa d'una navigatrice e l'avesse perdonata per aver rubato loro tutto non l'aveva per niente capito, all'inizio, ma aveva imparato sin da subito - sin dal momento che, probabilmente per capriccio, l'aveva liberato e gli aveva riportato le sue preziose katane - che le decisioni di Rufy erano difficilmente contestabili. Però a lui, dopotutto, andava bene anche così. Piuttosto che morire legato ad un palo aveva deciso di seguirlo in quell'assurdo viaggio e di diventare un suo compagno, e fino a quel momento non se n'era mai pentito e mai l'avrebbe fatto, per quanto rischiassero praticamente ogni giorno la vita.
    Ciò che non uccideva fortificava, però, ed era anche per quel motivo che si trovava sul ponte della Going Merry e sollevava quel maledetto peso, ansimando a causa delle fitte di dolore che gli percuotevano corpo e schiena ogni qual volta in cui i muscoli del petto si flettevano. Sentiva i punti di sutura tirare sulla pelle quando sollevava le braccia verso l'alto insieme al manubrio, il bruciante sforzo con cui si tendevano gli avambracci, il sapore salato del proprio sudore quando piccole goccioline di esso rotolavano lentamente lungo il suo viso fin sulle labbra, ma non aveva la benché minima intenzione di fermarsi. L'avrebbe fatto solo nel momento esatto in cui non sarebbe più riuscito a reggere quel peso.
    «Ohi, spadaccino». Zoro sbatté le palpebre più volte nel rendersi conto della voce che si era fatta largo a fatica fra i suoi intricati pensieri, bloccandosi con il manubrio a mezz'aria prima di voltarsi nella direzione da cui proveniva. A pochi passi da lui, impeccabile in quel suo ridicolo completo da damerino e con un vassoio stracolmo di bottiglie e bibite sorretto agilmente con una mano, c'era quel cuoco da strapazzo che Rufy aveva deciso di portarsi dietro dal Baratie, il ristorante sul mare che avevano visitato e che era stato spettatore silenzioso della sua sconfitta contro Mihawk.
    Il Vice Capitano fu costretto ad abbandonare il peso sul ponte e a detergersi il sudore con il dorso della sinistra, facendo al contempo scorrere lo sguardo sul cuoco. Anche quel suo sopracciglio a ricciolo era ridicolo, accidenti. Per non parlare di quel ciuffo di capelli che gli conferiva un'aria da vero e proprio idiota. Però, e non avrebbe mai e poi mai detto una cosa del genere ad alta voce, men che mai al diretto interessato che gli era davanti, doveva ammettere che nei combattimenti se la cavava alla grande. Aveva dimostrato di avere forza e coraggio da vendere e sferrava calci micidiali, dunque riusciva benissimo a capire perché, tra tutti i cuochi presenti in quel ristorante, Rufy avesse scelto proprio lui.

    Zoro gli scoccò infine un'occhiataccia, ignorandolo poi bellamente qualche istante dopo. «
Che diavolo vuoi, cuoco?» sbottò solo con una semplicità inaudita, facendo aggrottare la fronte a quest'ultimo che, sbuffando sonoramente, recuperò dalla tasca dei pantaloni il suo pacchetto di sigarette e se ne ficcò una in bocca, senza accenderla.
    «Che scortesia», ironizzò in un secondo momento. «E io che ti avevo portato qualcosa da bere, stupido marimo».
    «Non rompere e lasciami allenare», rimbrottò di rimando il Vice Capitano, ma prima ancora che potesse recuperare il peso con entrambe le mani, quella bottiglia che aveva visto solo di sfuggita gli venne praticamente lasciata in una di esse, facendolo restare momentaneamente perplesso. Se la rigirò più volte come se non sapesse cosa farsene, incontrando lo sguardo divertito di quello stupido cuoco qualche istante dopo, perdendosi in quell'occhio azzurro che lo scrutava con aria malandrina.
    «Bevi e sta' zitto, marimo», rimbeccò. «Un sorso è quello che ti ci vuole», soggiunse, salutandolo con un breve cenno del capo prima di dirigersi, allegro come un fringuello, verso il castello di prua, in linea più ristretta verso Nami, che stava in quel momento chiacchierando con Rufy e Usopp.
    Zoro lo vide sparire vorticando su per le scale - e, accidenti, sembrava quasi che spargesse cuoricini ovunque come il perfetto cretino che era -, cinguettando
«Nami-swan ~♥!» con voce da idiota. Lo spadaccino scosse il capo e abbassò poi lo sguardo su quella bottiglia che sorreggeva, domandandosi se quello lì fosse davvero sciroccato come appariva o se, semplicemente, nascondesse sotto quella maschera l'uomo che era davvero. Probabilmente era proprio così. Dietro a quel damerino idiota si celava molto più di quanto non volesse rendere di dominio pubblico, ma, in fondo, non era così un po' per tutti loro? Si erano uniti sotto quella stessa bandiera solo grazie a Rufy, che aveva creduto nelle capacità di ognuno di loro e che, pian piano, stava formando la ciurma che aveva sempre desiderato.
    Il pensiero lo fece sorridere stranamente come un idiota e, abbandonando almeno per un po' i propri allenamenti per godersi quel goccio di liquore, si sedette a ridosso del parapetto, distante dal resto dell'equipaggio. Da dove si trovava, per quanto non li sentisse, poteva benissimo vederli, e l'entusiasmo del Capitano si sarebbe potuto leggere anche a distanza di chilometri. Forse era un'idea stupida ma, in quel momento, Rufy sembrava avere occhi solo per la navigatrice. Era come se, in quell'istante, il mondo circostante fosse sparito e lui stesse ascoltando unicamente lei, come un innamorato che
pendeva letteralmente dalle labbra della sua amata. Assurdo, davvero assurdo. Non avrebbe saputo come definire in altro modo quella strana situazione.
    Fu proprio nell'inseguire quelle nuove costatazioni che lo sguardo gli cadde ancora una volta su quel tipo, Sanji. Nonostante fosse entrato a far parte della ciurma da poco più di una o due settimane, sembrava essere perfettamente a suo agio, come se fino a quel momento non avesse fatto altro che viaggiare in loro compagnia. C'era qualcosa, però, che rendeva stranamente ansioso lo spadaccino ogni qual volta i suoi occhi si posavano sulla sua figura. Era una sensazione così bizzarra che faticava persino a rendersi realmente conto di cosa fosse, quasi la sua ragione non volesse fare i conti con quella consapevolezza.

    E ad ogni occhiata di quel cuoco gli sembrava ancora di sentirlo, proprio lì, all'altezza del cuore, quel metallo rovente che gli dilaniava le carni e gli straziava dolorosamente il petto.






_Note inconcludenti dell'autrice
Okay... what is this? Posso rispondere solo con un: non ne ho la più pallida idea. E' una cosa nata di getto nello sfogliare distrattamente il manga, e non so esattamente perché mi sia soffermata sulla saga di Arlong Park o, per essere precisi, un pochino dopo di essa, quando Zoro è stato sconfitto e ferito da Mihawk e Nami si è unita alla ciurma come navigatrice.
Diciamo semplicemente che volevo richiamare in modo assolutamente introspettivo e personale quei particolari momenti, dove, a parer mio, hanno cominciato a prendere davvero forma i sentimenti - che siano essi amicizia, amore o semplice cameratismo - che hanno legato Nami a Rufy e Zoro a Sanji, anche se forse per molti potrà non essere così.
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
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Capitolo 20
*** The Kamabakka Picture Show (The Return) ***


The Kamabakka Return The One Hundred Prompt Project

Titolo: The Kamabakka Picture Show (The return)
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 533 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale, Introspettivo, Vagamente Ironico?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Assurdità sparse, New World Arc, What if?, Rivisitazione capitolo #599
Tabella/Prompt: Bevande › 13. Sake
Prompt: 6° Argomento: Colori freddi › Viola


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Quando era risalito in superficie insieme alla nave che lui stesso aveva tagliato a metà, e il suo sguardo si era posato sulla calca di spettatori presenti sulla terra ferma, Zoro aveva faticato non poco a capire chi fosse la - ragazza? - bionda che l'aveva squadrato per tutto il tempo con un cipiglio arrogante e un'espressione arcigna. Però, accidenti, quel sopracciglio a ricciolo e quella sigaretta fra le labbra gli avevano inculcato il tarlo del dubbio, poiché erano inconfondibili.
    L'unica cosa che non quadrava assolutamente, era l'aspetto femmineo che quella persona mostrava. Era certo di non avere le traveggole e che non fosse a causa del sake che aveva bevuto prima che gli venisse la grandiosa idea di andare a pescare, dunque quella cosadoveva di sicuro essere chi pensava che fosse. Esulando dal trucco pesante - di che razza di colore era, quell'ombretto? Magenta? Viola? E quello sulle labbra era rossetto brillante e acceso? - che gli imbrattava il viso, quell'idiota con la parrucca e il vistoso vestito rosa con i pizzi non poteva assolutamente essere una ragazza - quale ragazza sana di mente si sarebbe vestita in quel modo assurdo, in fondo? -, bensì di sicuro quello stupido cuoco. Ma, per l'amor del cielo, come diavolo si era conciato? Che avesse un'omosessualità latente lo sapeva - lo dimostrava il fatto che, prima che si separassero per ben due anni, aveva sempre negato tutto ciò che capitava fra loro -, ma che fosse anche un travestito, beh, non gliel'aveva mai detto. Quella lontananza doveva averlo fatto decisamente impazzire.
    E continuò a pensarlo anche quando si ritrovarono l'uno dinanzi a l'altro, a squadrarsi nello stesso modo in cui avevano sempre fatto. Oh, beh, più o meno, se non contava il fatto che il cuoco lo superasse di parecchi centimetri a causa dei vertiginosi e orripilanti tacchi a spillo che indossava. Zoro aveva difatti cominciato a far scorrere lo sguardo sulla sua figura - quelle che ballavano letteralmente sulla sua fronte e sulle sue braccia incrociate erano delle vene, oppure si sbagliava? -, e forse la cosa più assurda e ancor più divertente, era il fatto che quello scemo d'un cuoco, con quella barba e quei baffetti, in quel vestito rosa appariva ancor più ridicolo. Ma, ehi, forse in fondo in fondo non gli stava poi così male, quello stupido abito. Nay, accidenti, gli stava malissimo ed era faticosissimo cercare di rimanere serio.
    «Marimo». La voce di Sanji era sempre la stessa, sebbene fosse resa un po' più matura a causa dell'età. «Perché diavolo continui a fissarmi in quel modo così maledettamente irritante?»
    Lo spadaccino, troppo intento a continuare ad osservare le mille sfumature di quell'abito - quel damerino idiota con una gonna a balze? Non sarebbe riuscito a cancellare quell'immagine nemmeno volendo -, ci mise un po' a rendersi conto che il cuoco aveva parlato, e fu dunque sbattendo la palpebra che sollevò lo sguardo per puntarlo sul suo viso. E prima ancora che Zoro potesse anche solo dire qualcosa, per quanto si vedesse lontano un miglio che si stava trattenendo dallo scoppiare a ridere sguaiatamente, un calcio da tacco dodici di Sanji lo colpì direttamente alla bocca dello stomaco, scaraventandolo nuovamente in acqua senza pietà.





_Note inconcludenti dell'autrice
Su richiesta di Connie, ecco una piccola storiella introspettiva in cui Sanji, dopo i due anni, torna a Sabaody agghindato ancora come un okama. Il titolo richiama ovviamente il film The Rocky Horror Picture Show, e anche la one-shot The Kamabakka Picture Show scritta un po' di tempo fa per l'edizione di quest'anno della p0rn fest, dove Iva-sama, le assurdità di San(ji)ko e la perversità del marimo sono davvero all'ordine del giorno u_u
Ecco dunque spiegato il perché di quel The Return tra parantesi nel titolo u_u
E anche questa volta metto l'immaginetta di lato, però stavolta con la flash ci azzecca e pure troppo, direi x)
Perché al fascino di Sanji Okama - ma dove?! - non si sfugge, perdincibacco u_u ah, se qualcuno volesse vedere l'immagine intera, può trovarla a questo indirizzo: Momoiro Island. I momenti di pazzia che sforno diventano anche disegni, già u_u
Bene, dopo aver dimostrato di essere decisamente pazza e che scrivere di notte mi fa più male che bene, anche perché le ruolate si sono intensificate e lì ci sto proprio sclerando come una matta, direi di eclissarmi senza fare troppo casino e sparire finché sono in tempo

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Capitolo 21
*** Some affairs in daylight ***


Some affairs in daylight The One Hundred Prompt Project

Titolo: Some affairs in daylight
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 1764 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale, Sentimentale, Vagamente Introspettivo, Vagamente Erotico
Rating: Arancione
Avvertimenti: 
Shounen ai/Heterosexual, Slice of life, Genderswap, What if?
Tabella/Prompt: Bevande › 05. Birra
Misc Mosaic 10&Lode: #03. Estate
Prompt: 7° Argomento: Astronomia › Sole


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Una tiepida giornata estiva non era esattamente l'ideale per riprendere i propri allenamenti, e probabilmente era stato proprio per quel motivo che Zoro aveva deciso di abbandonarli momentaneamente e, dopo aver recuperato il proprio kit per la cura delle sue katane ed essersi liberato della parte superiore dei suoi abiti per il troppo caldo, si era poggiato tranquillamente contro il parapetto est della Sunny con la ferma intenzione di occuparsi unicamente delle sue fedeli compagne. Le aveva trascurate non poco, negli ultimi tempi, e lasciare che esse si rovinassero era l'ultima cosa che voleva, poiché per uno spadaccino rappresentavano l'anima.
    A ben pensarci, si ritrovò a riflettere qualche minuto dopo, intento a tamponare uno dei due lati della lama per eliminare eventuali ditate e macchie, la pulizia delle katane non erano l'unica cosa che aveva messo da parte, durante quel periodo. Da quando Franky aveva costruito loro quella nave maestosa - lasciando tutti i membri dell'equipaggio di stucco, c'era da aggiungere - erano partiti per riprendere il viaggio e non avevano avuto un attimo di respiro, incappando in un problema dietro l'altro. Thriller Bark era stato uno di questi e, per quanto sapesse di aver rischiato grosso contro Kuma, Zoro era tuttora certo che quella che aveva fatto in quel determinato frangente fosse la scelta giusta. L'aveva fatto per il proprio Capitano e per non lasciare che qualcun altro della ciurma rischiasse inutilmente la vita, mettendo in gioco se stesso e la propria ambizione. Si era assunto la piena responsabilità delle sue azioni e, leale a Rufy e al suo sogno di diventare il Re dei Pirati, aveva accettato il suo dolore come se fosse il proprio, tenendo fede ai propri principi e al proprio codice di condotta.
    A quelle sue stesse costatazioni, Zoro sospirò, gettando una rapida occhiata verso Robin e Nami, sedute a chiacchierare sulle scale che portavano al castello di prua, prima di sporgersi per afferrare un pezzo di carta di riso e mantenerlo con due dita, così da poterlo passare delicatamente sulla lama partendo dal basso. Per lui parlare e agire erano sempre state la stessa cosa, non aveva mai avuto bisogno di chiedere il permesso di qualcuno per fare ciò che più riteneva giusto e aveva affrontato con coraggio ogni sfida che la vita gli presentava davanti, senza aver mai paura di nulla, eppure, questa volta, con quel gesto d'immolazione a Thriller Bark era conscio di aver fatto soffrire i propri amici e, forse più di tutti, una persona in particolare. Aveva anche rischiato di non tener fede alla promessa che aveva fatto a Kuina, e fu proprio a quel nuovo pensiero che il Vice Capitano imprecò a denti stretti, deconcentrandosi e rischiando persino di tagliarsi il polpastrello dell'indice sul filo della lama.
    Aveva bisogno di bere qualcosa, decisamente. Magari del sake, o qualsiasi altra cosa alcolica. E fu proprio con quel pensiero per la testa che finì di occuparsi delle proprie spade, imbevendo un po' di cotone con qualche goccia di olio di garofano per passarlo delicatamente sull'acciaio, recuperando il kit e le armi una volta terminato. Ripose il tutto ordinatamente dove l'aveva preso quando raggiunse la camerata maschile, sistemandosi le katane al fianco prima di dirigendosi a passi veloci in cucina, certo di poter trovare lì tutto ciò di cui necessitava.
    Zoro gettò dapprima un'occhiata al suo interno, come per accertarsi che fosse vuota, ed entrò poi quasi di soppiatto, sbuffando sonoramente nel rendersi conto che le bottiglie di sake erano sparite, e il responsabile di ciò era fin troppo ovvio. Trovò solo qualche bottiglia di cola - ma guai a lui se le avesse toccate, conosceva fin troppo bene Franky e non aveva la benché minima intenzione di cominciare una discussione con lui, dato il caldo pazzesco che imperversava - e qualche lattina di birra, e quella la ritenne meglio di niente; scrollò le spalle e ne afferrò una, aprendola prima di buttare giù un lungo sorso. Non era buona quanto il suo adorato sake, però doveva ammettere che era un ottimo rimedio in sua assenza.
    Con un lungo sbadiglio, lo spadaccino andò ad appropriarsi del divano e vi si lasciò cadere sopra a peso morto, ingollando un altro po' di birra prima di detergersi il sudore dalla fronte con la maglia che teneva gettata sopra le spalle. E fu proprio in quel mentre che gli giunse alle orecchie una piccola esclamazione di disgusto, costringendolo a voltare distrattamente lo sguardo nella direzione da cui proveniva. Vestita di tutto punto con il suo elegante completo e la cravatta ben sistemata al di sopra dei seni piccoli e sodi, quella scema di una cuoca, nonché sua compagna, aveva storto il viso nel vedere il suo gesto, mordicchiando appena il filtro della sigaretta - stranamente spenta, notò il Vice Capitano, liquidando il tutto come una cosa da nulla - che sorreggeva fra le labbra morbide e sottili. 
«Dovresti proprio farti una doccia, stupido marimo», rimbrottò poi lei, e Zoro poté benissimo vedere le macchie di rossetto alla fine della stecca che aveva in bocca, ma di una qualsiasi goccia di sudore nemmeno l'ombra. Possibile che non patisse quel caldo infernale, quell'idiota?
    Lo spadaccino, a quei suoi stessi pensieri, si ritrovò a sbuffare e a riportare lo sguardo dritto dinanzi a sé, come se volesse ignorare l'arrivo di quell'ospite indesiderato.
«La farò quando ne avrò voglia», rimbeccò, bevendo un altro lungo sorso di birra sotto lo sguardo della ragazza. Proprio quest'ultima gli si avvicinò con passo felpato, levandogli la lattina dalle mani con suo disappunto prima di poggiarla sul tavolinetto poco distante e accomodarsi a cavalcioni sulle sue cosce, facendo sì che Zoro sollevasse un sopracciglio con scetticismo. «E adesso che diavolo vuoi, ricciolo?»
    La cuoca fece scivolare distrattamente due dita lungo l'avambraccio muscoloso del compagno, arrivando a carezzargli l'incavo del gomito prima di risalire maggiormente, sempre più su, fino al deltoide e poi sulla spalla robusta, sfiorando con il polpastrello la lunghezza della clavicola e la base del collo sotto lo sguardo sempre più confuso del Vice Capitano.
«E se la facessimo insieme, questa doccia?» la sentì dire qualche istante dopo, rischiando che Zoro si strozzasse con la propria saliva. L'aveva sempre saputo che quella lì era una cuoca pervertita che correva dietro ad ogni ragazzo non appena ne vedeva uno, però... accidenti, per quanto avessero fatto più volte sesso, l'idea di fare una doccia con quella donna lo faceva arrossire come un moccioso di fronte alla sua prima volta, forse perché lo riteneva un qualcosa di molto più intimo. Probabilmente era stupido pensarlo in quel modo, ma non aveva mai preteso di essere coerente.
    Ripresosi almeno parzialmente dall'intontimento momentaneo, dunque, lo spadaccino le scansò la mano, aggrottando la fronte.
«Niente da fare, cuoca da strapazzo», sbottò, vedendola aggrottare la fronte e stritolare la sigaretta con i denti prima che si sporgesse con il busto verso di lui, mettendo in mostra più di quanto Zoro avesse voluto a causa della scollatura della camicietta.
    «Vediamo se riesco a farti cambiare idea, marimo», replicò tranquillamente la ragazza, scendendo con la mano fino al limitare dei suoi pantaloni, unico indumento, oltre le mutande, che in quel momento indossava. E la cuoca parve accorgersi di qualcosa che lui non comprese, in un primo momento, poiché sorrise. «Dov'è finita la tua cintura di castità?» lo prese in giro, e fu a quel punto che Zoro capì dove la ragazza volesse andare a parare. Per il troppo caldo si era liberato anche dell'haramaki, e per lei fu fin troppo facile insinuarsi con quella stessa mano nei suoi calzoni, facendogli spalancare gli occhi.
    «C-Che accidenti fai?» balbettò Zoro, afferrandole il polso esile con la ferma intenzione di allontanarla dal proprio intimo. Si ritrovò ben presto ad allentare la presa quando sentì le dita lunghe e sottili solleticare la punta della sua virilità, lasciando che dalle sue labbra fuggisse un sospiro di piacere non contenuto. Reclinò il capo all'indietro e abbassò le palpebre, godendosi quei tocchi sapienti che lo stavano mandando letteralmente in estasi. Quella di occuparsi un po' di se stesso e dei propri bisogni era una delle tante cose che aveva trascurato, in quel periodo, ma sembrava che la sua compagna stesse rimediando alla grande a quella sua piccola noncuranza; sentiva i polpastrelli percorrere tutta la sua lunghezza, il frusciare della sua mano contro la stoffa delle sue mutande, il calore del suo corpo contro il proprio quando si spingeva maggiormente verso di lui, quasi volesse simulare un rapporto completo anziché una semplice masturbazione. E, dannazione, a quel pensiero ci mancò poco che venisse immediatamente come un tredicenne.
    Il sudore aveva cominciato ad imperlargli nuovamente la fronte e il collo, ed era sicuro che non si trattasse unicamete del calore provocato dalla stagione estiva; aveva le guance paonazze e il respiro corto, mentre quella mano aumentava il proprio ritmo, lasciandogli ben poca lucidità mentale.
«Cuoco!» gridò nel bel mezzo del tutto, senza nemmeno riflettere, e non appena raggiunto l'apice dell'orgasmo si ritrovò a rotolare giù dal letto, spinto con forza da un piede che conosceva fin troppo bene. Zoro sbatté le palpebre e si guardò intorno, confuso, rendendosi conto di trovarsi nella camerata dei ragazzi.
    Grazie alla luce accesa, poté vedere che Sanji si trovava in piedi accanto al suo materasso, le braccia incrociate al petto e un'espressione a dir poco furiosa dipinta in viso. Dietro di lui, svegli e altrettanto incazzati, si trovavano i restanti componenti maschili della ciurma - escluso Chopper, che quella sera aveva il turno di guardia -, e il Vice Capitano fu quasi certo che Franky fosse pronto a sparargli addosso, dato il viso contratto.
«Che diavolo hai da urlare nel bel mezzo della notte, marimo di merda?!» berciò il cuoco con voce tenorile, richiamando in quel modo l'attenzione di Zoro su di sé.
    Ancora troppo scombussolato, quest'ultimo ci mise un po' a capire che il suo era stato tutto solo un maledettissimo sogno, forse ancor peggiore di quando aveva sognato che quello scemo d'un cuoco stesse per scopar... nay, si corresse prontamente, forse sognare quel damerino in vesti femminili era decisamente meglio, anche se lo preferiva così com'era e con le protuberanze giuste, senza inutili seni fastidiosi. Proprio a quella costatazione silenziosa scosse il capo, borbottando uno
«Scusate» generale prima di rialzarsi in fretta e furia, come se volesse nascondere qualcosa e anche alla svelta.
    E, mentre si rintanava sotto le lenzuola con il viso rosso come un pomodoro e il pensiero che una volta riaddormentati tutti si sarebbe cambiato le mutande, fu certo che il cuoco, dato il sorriso che era comparso sulle sue labbra, avesse notato la vistosa e ben poco fraintendibile macchia che lo sporcava proprio a cavallo dei pantaloni
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Qualcuno mi picchi. Non avevo la benché minima intenzione di scrivere un'idiozia del genere, che tra l'altro si può ritenere una specie di seguito della one-shot Gimme your ass, damn cracked marimo, ma a quanto pare le corse in bicicletta fanno lo stesso effetto dei postumi della febbre, su di me. Sono uscita di buon'ora, mi son messa a pedalare e sotto il sole cocente mi è venuta l'ispirazione per questa... cosa, che ho poi trascritto al pc prima di andare a pranzo e a dirla tutta dovrei scendere di nuovo, adesso, non stare qui a perder tempo, lol
Si vede che adoro martoriare Zoro con sogni bizzarri che mettono a dura prova il suo auto-controllo di spadaccino e che lo fanno sempre svegliare di soprassalto, rovinando i suoi bei sonnellini? x)
Non posso farci niente, prenderlo per il culo è il passatempo preferito mio e di Sanji che vorrebbe farlo veramente ma, per quanto io sia per il reverse, non sarà mai seme nelle mie storie se non nei suoi sogni, ah ah ah, ormai, anche se mi piace fargli prendere in qualche modo l'iniziativa u_u e per giuoia mia e
di Connie, questa volta c'è anche il genderswap, evvai! *Si mette a lanciare festoni*
Okay, basta con lo sclero, passiamo alla parte seria della storia, perché la parte seria, sebbene questa fanfiction sia stata scritta per far principalmente sorridere, c'è. Il codice di condotta a cui si fa riferimento è ovviamente il Bushido, poiché se ben ricordo è proprio ciò che segue Zoro, e lo dimostrano le sue azioni e i suoi comportamenti, appuntati nella storia stessa. Se qualcuno volesse saperne di più, non ha che da chiedere
Come sempre, comunque sia, commenti e critiche sono ben accetti 
Alla prossima. ♥


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Capitolo 22
*** [ Kiss Contest ] Now here, man (After that and then) ***


Now here, man The One Hundred Prompt Project

Titolo: 
Now here, man (After that and then)
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 2368 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji [ ZoSan ]
Genere: Generale, Malinconico, Angst, Sentimentale, Introspettivo
Rating: Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Post One Piece, What if?
Immagine scelta: Numero sette
Tabella/Prompt: Bevande › 11. Caffè
Misc Mosaic 10&Lode: #01. Neve
Prompt: 13° Argomento: Fasi della vitaOrigine


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    I suoi stivali affondavano nella neve con un sinistro scricchiolio, lasciando su di essa invisibili impronte insanguinate.
    Aveva combattuto estenuamente, in quegli ultimi tempi, e gli sembrava ancora di portarsi dietro il terribile fetore di morte e sangue, come se si fosse trattato di una nuvola di profumo nocivo. Non aveva mai dato pienamente peso a stronzate del genere, certo, né tanto meno aveva mai fatto caso ai rischi che correva e alla morte in agguato in ogni angolo, eppure, quando si era ritrovato dinanzi a Mihawk, incrociando le proprie katane con la spada nera di Occhi di Falco, qualcosa dentro di lui si era mosso, facendogli temere per la propria vita. Non per paura di perderla, bensì per il dolore che la sua morte avrebbe provocato ai suoi compagni lontani.
    A quei pensieri, Zoro si strinse meglio nel pastrano che indossava, quasi a volersi proteggere dal freddo e dai ricordi che erano riaffiorati nella sua mente, prima di carezzarsi distrattamente con la punta dei polpastrelli le cicatrici degli orecchini che tempo prima aveva portato. Erano passati ben sette anni da quando era partito alla ricerca di Mihawk per potergli strappare dalle mani il titolo di miglior spadaccino del mondo, e, per quanto fosse stata una decisione sofferta, quella di separarsi dalla ciurma con cui aveva condiviso tutto fino a quel momento, Rufy stesso aveva capito che era molto meglio così. Zoro l’aveva seguito nel sogno di diventare Re dei Pirati, e gli era parso più che giusto che anche lui realizzasse il suo. Non era stato un addio, però. Solo... un arrivederci. Ecco come l’aveva definito il suo strambo Capitano, strappandogli la promessa che sarebbe diventato il migliore e sarebbe poi tornato da loro. E Rufy sapeva fin troppo bene quanto Zoro tenesse alla parola data.
    Adesso, sebbene il suo corpo fosse pieno di cicatrici e ferite inferte da nemmeno un mese, era fermamente deciso a mantenere quella promessa. Mihawk aveva riconosciuto le sue abilità, aveva superato quello che per un lungo periodo era stato il suo Maestro e avversario, e, in ultimo ma non meno importante, aveva tenuto fede al patto che da bambino aveva fatto con Kuina. Era il momento di tornare a casa.
    Il suo sguardo cominciò a vagare distrattamente nei dintorni di quella cittadina, soffermandosi sui cumuli di neve ammassati ai lati delle strade e sui vetri appannati dei negozi. La gente passeggiava tranquilla sui vialetti ghiaiati e coperti di ghiaccio, senza curarsi di ciò che capitava loro intorno; i mercanti declamavano a gran voce i propri prodotti, cercando di attirare quanti più clienti possibili per far fronte a quel periodo di magra che aveva colpito gran parte del paese; nonostante il freddo, poi, c’erano vecchietti che se ne stavano seduti fuori dai bar con i giornali in mano, lamentandosi di tanto in tanto dell’aumento dei prezzi o discutendo animatamente delle notizie appena lette. E nel guardare da lontano quella fotografia sfocata e il titolo scritto nero su bianco a lettere cubitali, Zoro non poté fare a meno di sbuffare ilare, sorridendo amaramente. Non aveva ancora tirato le cuoia e già era finito su quel maledetto giornale, dato che la notizia del suo scontro con Mihawk aveva fatto il giro del mondo nel momento stesso in cui c’era stato un testimone oculare. Forse avevano fatto due più due e avevano creduto che fosse morto contro lo Shichibukai, pur non seguendo per niente l’esito di quella battaglia. Beh, da un lato la cosa poteva rivelarsi alquanto utile ed essere sfruttata tutta a suo vantaggio, giacché i marines, in quel modo, avrebbero evitato di dargli la caccia e non avrebbero intralciato il suo cammino. Non si dava la caccia ad un morto, in fin dei conti.
    Un peso, però, gli si poggiò ben presto sul cuore non appena concluse quel determinato pensiero. Che cosa avrebbero pensato i suoi compagni, soprattutto Rufy, nel leggere d’un tratto quella notizia sul giornale? L’aver saputo dalla stampa della morte di Ace aveva sconvolto persino lui, e non aveva la benché minima intenzione di recare al suo Capitano lo stesso dolore che aveva provato per la morte del suo amato fratello. Era stato proprio quel pensiero a farlo resistere con le unghie e con i denti contro Mihawk, e, se da un lato la falsa notizia della sua morte gli avrebbe permesso di girare indisturbato per ricongiungersi ai suoi amici, dall’altra quella stessa notizia avrebbe potuto causare ad essi più sofferenza di quanto avrebbe mai potuto pensare. In fin dei conti gliel’aveva promesso. Gli aveva promesso che sarebbe diventato il migliore e che sarebbe tornato, a dispetto di tutti gli anni che sarebbero potuti passare. Doveva dunque affrettarsi a trovarli e a far sapere a tutti loro che stava bene e che aveva mantenuto la parola data, poco importava che ci sarebbero voluti altri sette anni per farlo.
    La sua attenzione fu ben presto catturata da un piccolo Café all’angolo della strada, uno di quei posticini in cui si sarebbero rifugiate le persone bisognose di un po’ di calma o le coppiette che preferivano starsene in santa pace, seduti al calduccio davanti ad un tavolino e ad una bella tazza fumante di caffè. Si mosse verso di esso senza nemmeno rendersene pienamente conto lui stesso, desideroso a sua volta di scaldare le membra anchilosate dal freddo; piccole nuvolette di vapore si condensavano nell’aria ad ogni suo respiro, e dovette strofinarsi più volte la punta del naso con il dorso di una mano nel tentativo di scaldarlo. Aveva viaggiato a lungo e aveva dormito nei posti più disparati, rischiando persino che le sue ferite, ormai in via di guarigione, andassero in suppurazione. Poter finalmente godere di un piccolo momento per riprendersi, riscaldare i propri muscoli e bere magari un goccio prima di rimettersi in marcia, gli sembrava quanto meno doveroso. Farsi vedere dai propri compagni in quelle condizioni, con la carnagione più cadaverica dello stesso Brook, non gli sembrava una così grandiosa idea, anzi; gli pareva persino di riuscire a sentire le lamentele e i rimproveri di Chopper per il suo non essersi curato come avrebbe dovuto, e la cosa lo fece sorridere come un idiota.
    Non appena aprì la porta del Café, però, accolto dall’allegro tintinnio di un campanello appeso sullo stipite di essa, i suoi occhi si posarono immediatamente su una figura che mai avrebbe pensato di poter rivedere così preso. Per Zoro fu come essere trafitto da mille lame acuminate, a quella vista. Per quanto si fosse fatto crescere i capelli, avesse smesso di indossare quegli stupidi completi da damerino per sfoggiare un look più casual, e avesse più baffi di quanto ricordasse, in quell’uomo c’era un particolare che non sarebbe riuscito a trovare in nessun altro. E non si trattava unicamente della sua postura composta e vagamente regale, nay, men che mai di quella dannatissima sigaretta che sorreggeva elegantemente ad un angolo della bocca... ma di quello stupido e inconfondibile sopracciglio a spirale. Avrebbe potuto riconoscerlo fra mille, e fu quasi tentato di andarsene non appena si rese conto di dove fosse puntato lo sguardo di quell’uomo. Sull’articolo sulla sua morte. Sul maledettissimo articolo sulla sua morte. Non voleva vedere più da vicino l’espressione affranta che si era fatta largo sul suo viso, il vago luccichio che si era impossessato di quella sua iride azzurra, i denti che avevano cominciato a serrare in una morsa letale il filtro della sigaretta, quasi volessero spezzarla a metà. E lo sentì persino imprecare ad alta voce e richiamare così l’attenzione di un paio di clienti, sebbene lui li avesse bellamente ignorati con la sua solita nonchalance.
    Forse fu per un semplice scherzo del destino, forse il suo cervello aveva deciso di far muovere le gambe ancor prima che lui potesse scendere a patti con se stesso, eppure eccolo lì, ad avanzare nel bel mezzo di quel Café tra i tavoli mezzi vuoti, con in corpo la stessa adrenalina che l’aveva sempre investito nei momenti di battaglia. «Posso sedermi?» domandò nel tono più distratto che riuscì a trovare quando si avvicinò, senza privarsi del cappello che indossava, divenuto ormai suo fedele compagno per nascondere il colore inconfondibile dei suoi capelli. Aveva cominciato a squadrare quell’uomo, quei suoi capelli biondi legati in un basso codino e quel sopracciglio che, a distanza di anni, non aveva mai compreso quanto gli sarebbe mancato davvero. E proprio quell’uomo, senza nemmeno degnarsi di alzare lo sguardo dal giornale che sorreggeva con entrambe le mani, si limitò soltanto a dar vita ad un breve segno di diniego con il capo, lo sguardo ancora fisso su quel titolo, quasi volesse cercare in qualche modo di trovare in esso un senso.
    «Nay, tengo il posto per una persona», ribatté poi, come se fosse doveroso fare quella semplice precisazione. «Conoscendolo, si sarà sicuramente perso». Quelle ultime parole le fece risuonare con voce incrinata, quasi non vi credesse nemmeno lui stesso, e Zoro poté benissimo notare il modo in cui aveva cominciato a stringere le dita della destra intorno alla carta del giornale, come se si stesse trattenendo dall’accartocciarlo per gettarlo da qualche parte. Non aveva mai visto le mani del cuoco tremare in quel modo, e quel peso ingombrante che aveva sentito nel proprio cuore la prima volta in cui aveva visto il giornale tornò prepotentemente a fargli visita, mozzandogli il fiato nel petto. Uno dei suoi compagni era proprio lì, davanti a lui, e aveva scoperto nel modo peggiore di tutti della sua apparente morte.
    Senza nemmeno rifletterci, dunque, Zoro posò una mano sul tubo di ferro e scostò la sedia dal tavolino per prender posto, poggiandosi contro lo schienale intrecciato in paglia sotto lo sguardo a dir poco confuso di quell’uomo. «Di’ un po’, idiota, sei sordo?» sbottò quest’ultimo, abbassando il giornale sulle proprie cosce per fulminarlo con quel suo occhio ceruleo e profondo. E fu solo a quel punto che Zoro si voltò verso di lui, sollevando la tesa del cappello quel tanto che bastava per poter ricambiare quella sua occhiata di sfida.
    «Non sei cambiato per niente, stupido sopracciglio», ribatté, atteggiando un angolo della bocca ad un sorriso strafottente e godendo al contempo dell’espressione confusa che si era dipinta sul volto dell’uomo che aveva dinanzi, che aveva persino fatto cadere nel posacenere la sigaretta. Una vasta gamma di emozioni corsero serpentine nei suoi occhi e sui suoi lineamenti, passando rapido dallo sconvolgimento alla consapevolezza, dalla tristezza alla gioia, dalla rabbia ad un senso smisurato di sollievo.
    Gli attimi in cui il silenzio aleggiò fra loro, per quanto tutto intorno si sentisse il chiacchiericcio sconnesso e allegro della restante clientela, parvero i più lunghi e strazianti che i due avessero mai provato. Solo dopo un flebile respiro rotto, uno di quei singulti che scappavano quando si stava per piangere, si sentì un mormorio spezzato, prima che una mano dell’uomo si sollevasse per carezzare la lunga cicatrice che segnava l’occhio sinistro di Zoro. «Dicevano che eri morto», pigolò con un fil di voce. «I giornali... dicevano che eri morto, accidenti a te».
    Lo schiaffo che colpì Sanji alla nuca subito dopo, gli fece venire una voglia matta di alzarsi e di stampare la suola di una scarpa nel bel mezzo della faccia di quello stupido spadaccino. «Ti pare che possa morire così facilmente, cuoco da strapazzo?»
    La sua mano corse rapida ad afferrargli il colletto del pastrano, resistendo all’impulso di levargli il cappello per riuscire a guardarlo meglio in viso. «Brutto stronzo, dopo tutto questo tempo hai anche il coraggio di scherzare?» sibilò inviperito, sentendo un fastidioso formicolio agli angoli degli occhi. Ma non aveva la benché minima intenzione di essere vittima delle proprie emozioni. Non in quel momento. Non in quel posto gremito di gente. Non davanti a quell’idiota. «Ti rendi conto della fottuta paura che ci hai fatto prendere?»
    Di riflesso, anche la mano di Zoro afferrò svelta la sua cravatta, unico particolare del suo vecchio vestiario di cui quel damerino non si era liberato. «Di’ un po’, cuoco da strapazzo, hai voglia di litigare, per caso?» berciò, ma rimase interdetto non appena il suddetto cuoco gli appioppò una capocciata proprio in mezzo al petto e chinò la testa contro di lui, quasi volesse accertarsi lui stesso del battito del suo cuore, stringendo forte la presa delle dita intorno al colletto.
    «Sta’ zitto», sussurrò poi a bassa voce, tremante dall’emozione dalla testa ai piedi. Gli sembrava persino di trovarsi in una bolla, estraneo dal resto del mondo. «Non dire un’altra parola, spadaccino di merda, se non vuoi che riempia di calci il tuo stupido culo».
    Zoro non riuscì ad evitarsi di ridere, a quel dire, sentendosi finalmente in pace con se stesso. Era bello vedere come certe cose non cambiassero mai, nemmeno a distanza di anni, e quello scemo di un cuoco gliel’aveva appena dimostrato. Erano trascorsi sette anni e forse, in fin dei conti, nessuno di loro era cresciuto davvero. Sarebbero rimasti sempre i soliti idioti, e il battibecco che seguì con il compagno qualche istante dopo ne fu la più completa dimostrazione. Probabilmente era una delle cose che erano mancate allo spadaccino, quelle.
    «Rufy sarà contentissimo di vederti, marimo», decretò infine Sanji, scansandosi distrattamente qualche ciuffo di capelli dal viso. Aveva ritrovato un’aria serena, quel sorriso strafottente che aveva l’abitudine di rivolgergli tempo addietro. E la cosa fece sorridere maggiormente Zoro, che si sistemò meglio sulla sedia che occupava.
    «Gliel’avevo promesso che sarei tornato», ribatté, vedendo il cuoco dare un colpetto ad una pagina del giornale con uno sbuffo.
    «Direi che questo non ci serve più», rimbeccò, rilassandosi a sua volta contro lo schienale senza far caso al breve annuire dello spadaccino che, con la coda dell’occhio, osservò distrattamente un vecchio cameriere vestito di bianco che sorreggeva un vassoio con una tazza e un bicchiere di vino, abbozzando un mezzo sorriso prima di allungare una mano per recuperare il giornale che il cuoco aveva abbandonato sulle cosce.
    «Ohi, ricciolo», lo chiamò, ricevendo appena uno suo sguardo confuso. Non vi prestò attenzione più di tanto, abbozzando l’ombra d’un pallido sorriso. «Sai... credo che questo ci servirà ancora per un po’, dopotutto», bisbigliò poi direttamente al suo orecchio, sporgendosi maggiormente verso di lui nel momento stesso in cui sollevò il giornale per coprire entrambi, nascondendo dietro di esso un bacio dal retrogusto amaro quanto il caffè che si freddava sul tavolino
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Allora, vediamo un po' da dove potrei cominciare a spiegare questa one-shot. Innanzitutto, mi par doveroso dire che sta partecipando al contest Kiss indetto dal forum Disegni&Parole, dove bisognava scegliere una determinata immagine e sviluppare la storia intorno ad essa, cercando al contempo di restare il più fedeli possibili al bacio lì rappresentato.
Per il resto, ammetto che avevo una voglia matta di uscire un po' dai miei soliti schemi e ambientare la storia in un ipotetico futuro Post One Piece, un futuro in cui l'equipaggio si è un po' sciolto e coloro che non sono riusciti a portare a termine i propri sogni al seguito del loro carissimo Capitano sono stati costretti a lasciare la ciurma per poterlo fare. Zoro era proprio tra questi.
Per diventare lo spadaccino più forte del mondo avrebbe dovuto battere Mihawk, dunque, in un modo o nell'altro, avrebbe dovuto abbandonare i suoi compagni almeno per un periodo, nella mia distorta visione delle cose. Ecco quindi com'è nata questa one-shot che avete appena finito di leggere.
Sono passati esattamente sette anni da allora, ma, sebbene abbia con sé nuove ferite, Zoro ha finalmente realizzato il suo sogno. E dopo l'angst e la malinconia iniziale, come potevo evitarmi di finire la storia con un piccolo accenno di sentimentalismo e fluff? L'incontro tra uno Zoro e un Sanji più maturi era dovuto, avevo bisogno di scrivere questa storia perché, boh, in questo periodo mi sento nostalgica e ho colto letteralmente la palla al balzo per farlo non appena ho visto il contest. Ecco spiegato perché la storia è così, spero solo che non vi abbia annoiato e che vi sia in qualche modo piaciuta.

Come sempre, comunque, commenti e critiche sono ben accetti e, se qualcuno fosse interessato, ho postato il diciannovesimo capitolo della raccolta Come granelli di sabbia in una clessidra :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 23
*** [ Say it with Disney ] Woods, spiders and a stupid hilarious cook ***


Woods, spiders and a stupid hilarious cook The One Hundred Prompt Project
[ Edit dell'14/06/2012 ]

Titolo: Woods, spiders and a stupid hilarious cook
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 3488 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro ; Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale ; Vagamente Sentimentale; Vagamente Ironico
Rating: Giallo
Avvertimenti: 
Shounen ai ; Linguaggio a tratti un po’ colorito ; Slice of Life ; Assurdità sparse ; What if?
Celestial Sunshine 10&Lode: #10. Sud
Prompt: 8° Argomento: Stagioni Autunno


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Andare a prendere la legna per il fuoco era la cosa più normale che si sarebbe potuta fare, in una foresta. Altrettanto normale era imbattersi in qualche animaletto che si attardava prima di rientrare alla propria tana o, se proprio si voleva essere pignoli, in qualche piccola cavalletta che sbucava di tanto in tanto dagli angoli più disparati e friniva prima di scomparire nuovamente nella boscaglia, lasciando dietro di sé solo qualche pianta smossa. Non propriamente normale, invece, era ritrovarsi con un braccio letteralmente confiscato da uno stupido cuoco, che, da quando si erano allontanati entrambi dall’accampamento, non aveva smesso per un solo attimo di controllare i dintorni per timore che qualche “bestia feroce”, altresì detta insetto, potesse saltargli addosso all’improvviso e addirittura divorarlo. Quando ci si metteva, quel damerino idiota era ben più che esagerato, e di ciò Zoro ne era sempre stato assolutamente sicuro.
    Sotto diretto ordine di Nami, che aveva minacciato di quadruplicare i suoi debiti se non si fosse dato una mossa, lo spadaccino era stato costretto ad accompagnare quell’idiota d’un cuoco nella foresta, così da raccattare abbastanza legna per accendere il fuoco. Ovviamente la sua proposta di restare sulla nave era stata bellamente ignorata dalla navigatrice, ed era specialmente a causa della ragazza se adesso si trovava in un punto imprecisato del bosco, lontano chissà quanti chilometri dal punto di ritrovo e come unica compagnia un cuoco che soffriva di attacchi di panico ogni qual volta vedeva un dannatissimo insetto. Peggio di così non poteva andare, no?
    «Zoro», sentì squittire d’un tratto Sanji, e poco ci mancò che gli strappasse il braccio dalla spalla, dato il modo in cui aveva avvinghiato le mani intorno ad esso e l’aveva tirato, conficcandogli le unghie nella carne. «C’è qualcosa che si muove, laggiù!» e con un rapido cenno del capo indicò alla sua destra, facendo sbuffare sonoramente il povero Vice Capitano. Andava ancora tutto alla grande, secondo i suoi canoni, ma quella fobia del cuoco stava cominciando a dargli sui nervi.
    «Siamo in un bosco, ricciolo», sbottò infine, cercando di far presa sul suo stoico auto-controllo nel tentativo di non alterarsi come avrebbe voluto. Avrebbero altrimenti perso ancora più tempo e, nella foga della disputa che sarebbe di sicuro sorta, avrebbe abbandonato tutta la legna raccolta solo per tagliare a fettine quell’idiota. «È normale che ci sia roba che si muove. Sarà qualche animale».
    «E se invece è un altro di quegli orribili mostri ad otto zampe?»
    «Basterà schiacciarlo, accidenti a te. Grande e grosso e hai paura di qualche ragnetto?» rimbrottò, guadagnandoci un calcio allo stinco e contornando poi l’esclamazione di dolore che gli sfuggì con una colorita imprecazione.
    «Mi fanno schifo, marimo di merda, la cosa ti crea qualche problema?!» sibilò di rimando Sanji, stritolandogli l’avambraccio con entrambe le mani. Non aveva fatto altro che far schizzare lo sguardo a destra e a manca, persino in basso ai suoi piedi, come se volesse controllare che sotto le foglie secche che stavano calpestando non vi fosse nascosto qualche insetto o chissà quale altra povera bestiola.
    Ad ogni fruscio, che fosse esso proveniente dall’erba umida o dalla cappa di fogliame sopra di loro, osservava freneticamente i dintorni, drizzando le orecchie come avrebbe fatto una volpe braccata dai cani. E lo spadaccino, purtroppo, non riusciva proprio a comprendere come un uomo come lui potesse avere il terrore degli insetti. L’aveva visto combattere senza timore sin da quando si era unito alla ciurma, sbaragliando un avversario dopo l’altro, però, quando si trattava di ragni, bruchi, millepiedi o quant’altro, diventava peggio di una donnicciola o, in senso ancor più ristretto, proprio come Nami, anche lei facilmente impressionabile se l’argomento erano degli insetti. Bah, non li avrebbe mai capiti.
    «Stammi bene a sentire, cuoco di merda», decise di prendere in mano le redini della situazione e di scrollarselo una volta per tutte di dosso, liberando il proprio braccio dalla sua presa ferrea con suo certo disappunto. Si allontanò poi da lui quel tanto che bastava per riuscire ad osservarlo senza il timore che potesse riacciuffarlo, atteggiando il viso ad un’espressione seria e contrariata. «Siamo in questa foresta solo per prendere della legna, il massimo che potrai trovare sarà qualche stupido insettino che non ci penserà due volte a filarsela non appena ci vedrà. Sono stato chiaro?»
    Per quanto avesse fatto un rapido cenno d’assenso con il capo, Sanji non parve per niente convinto di quelle parole. Difatti si ritrovò a borbottare «E se invece non è come dici?», guadagnandoci dallo spadaccino l’ennesimo sbuffo della giornata.
    «Beh, tanto non può andare peggio di così, no?» rimbeccò, convincendo persino se stesso ad alta voce con il pensiero che aveva espresso pocanzi. Però, prima ancora che potesse far cenno al cuoco di darsi una mossa e di riprendere il cammino - i tronchi che aveva, in fondo, non si sarebbero di certo consegnati da soli e, dato che li portava soltanto lui perché il caro mister perfezione non aveva intenzione di rovinare le sue preziose mani, avrebbe volentieri preferito darsi una mossa -, vide lo sguardo di Sanji ingigantirsi dalla paura e le labbra tremare leggermente, balbettando qualcosa che sul momento non capì mentre continuava ad indicare freneticamente qualcosa dietro di lui.
    Zoro non poté evitarsi di sollevare un sopracciglio, a quel fare. E adesso che diavolo gli prendeva? Seguì con uno sbuffo la linea invisibile del dito del cuoco, immaginando di trovare chissà quale insignificante insettino che sarebbe stato costretto a scacciare per far sì che il suo compagno si desse una calmata. Quando il suo sguardo incontrò dapprima una grossa zampa pelosa, però, e in seguito dei cheliceri mostruosi e una miriade di occhietti famelici che lo fissavano, il Vice Capitano dovette rimangiarsi le parole precedentemente espresse. Ovviamente poteva andare peggio. Maledettamente peggio. Perché, accidenti, un conto era qualche stupido bruco o qualche millepiedi... un altro un ragno grottesco alto tre metri e mezzo che avrebbe potuto intrappolarli nella sua tela e maciullarli in un attimo con quella sua fottuta bocca a serramanico. Portò dunque una mano alle else delle proprie katane per estrarle in fretta e fare a pezzi quell’insetto, ma quello stupido ragno parve comprendere le sue intenzioni, poiché sollevò i grossi pedipalpi come in procinto di afferrarlo e gli sputò contro una palla di ragnatela, bloccando le armi al proprio posto e lasciando interdetto lo spadaccino. Beh, quello non se l’era decisamente aspettato.
    «Ohi, cuoco», esordì Zoro con calma disarmante e glaciale mentre indietreggiava piano, gli occhi ancora fissi su quelli del ragno, che lo sfidava con la sua mole gigantesca. «Corri più veloce che puoi, dannazione!» esclamò poi, dandosela a gambe levate come il suo compagno, che non se l’era fatto ripetere due volte e se l’era filata immediatamente. Che razza di umiliazione. Scappare come due conigli dinanzi ad uno stupido insetto. Appena liberate le sue preziose spade da quella schifezza appiccicosa, l’avrebbe tagliato a fettine se si fosse ripresentato sulla loro strada, parola sua.
    Ovviamente persino il tempo parve essere malevolo con entrambi, in quel determinato frangente. Mentre correvano a perdifiato nella foresta, schivando i rami degli alberi più bassi che si paravano dinanzi ai loro occhi e calpestando con scricchiolii come di ossa le foglie disperse sul terreno ad ogni passo, cominciò a piovere a dirotto, e le gocce li investirono come se si fosse trattato di una vera e propria secchiata d’acqua gelida.
    L’unica cosa positiva di quell’improvviso acquazzone autunnale, almeno, fu che tuoni, lampi e pioggia parvero demoralizzare quel ragno mostruoso, che si ritirò fra la boscaglia con un suono simile ad un ruggito. In tutti quei viaggi non avevano mai visto insetti così, di questo lo spadaccino ne era più che sicuro. Nemmeno a Jaya aveva trovato bestiacce di quel tipo, e sì che erano persino stati all’isola nel cielo, dove le stranezze erano all’ordine del giorno. Forse non avrebbe più dovuto stupirsi di niente, a ben pensarci.
    Dopo quelle che parvero interminabili ore trascorse a scarpinare con foga sotto la pioggia battente, riuscirono finalmente a trovare rifugio in una grotta stretta e bassa, scossi dai brividi e bagnati fino al midollo come pulcini. Il primo ad ingegnarsi in fretta fu Zoro, che, trovando due pietre abbastanza asciutte per sfregarle fra loro, gettò la catasta di legno che si era portato dietro nel bel mezzo della caverna, cercando di far prendere ad essa fuoco sotto lo sguardo alquanto scettico di Sanji. Non gli sembrava che quei tronchi fossero molto utili, umidi com’erano, e difatti il Vice Capitano impiegò più tempo del previsto per riuscire a creare anche solo una misera fiammella, che si spense qualche istante dopo senza remore.
    «Sai, forse preferisco essere mangiato da quel coso schifoso, piuttosto che morire congelato qui dentro, marimo», ironizzò il cuoco, ignorando volutamente l’occhiataccia che gli venne lanciata dallo spadaccino prima che tornasse a riconcentrarsi sul proprio lavoro.
    «Vai a cercarlo, allora, scommetto che diventerete ottimi amici», lo schernì di rimando, sapendo fin troppo bene che le parole di quel damerino fossero solo tutto fumo e niente arrosto. Poteva dire ciò che voleva e cercare di sembrare più coraggioso, ma si vedeva lontano un miglio che sarebbe scappato a gambe levate non appena avrebbe visto anche solo un piccolo insetto insignificante. E difatti lo vide accovacciarsi accanto a quel falò improvvisato e tirar fuori l’accendino, provando ad alimentare a sua volta le fiamme.
    «Se lasciassi fare a te, ti ci vorrebbe un mese solo per capire da dove iniziare», borbottò Sanji, provocando a Zoro la parvenza di uno sbuffo ilare. Fortuna volle che alcuni dei tronchi si fossero mantenuti abbastanza asciutti da far attecchire le fiamme quel tanto che bastava, e, nel giro di una decina di minuti, riuscirono ad avere un fuoco abbastanza rispettabile. Non provocava ancora quel piacevole calore di cui avevano assoluto bisogno, però non era il momento di lamentarsi, quello.
    Sfregandosi le mani l’una contro l’altra nel vano tentativo di scaldarle, Sanji si lasciò sfuggire un piccolo sospiro afflitto, il mento poggiato sulle ginocchia e lo sguardo perso a contemplare i guizzi gialli e arancioni delle fiamme. Quando la sua Nami-san gli aveva chiesto di andare a prendere la legna non aveva protestato, però adesso, rifugiato con Zoro in quella grotta, cominciava a pensare che forse era stata proprio una pessima idea. E fu proprio durante quei pensieri che scoccò una rapida occhiata verso il suo compagno, vedendolo mentre si sfilava quella sudicia maglietta bianca senza tanti complimenti. «E adesso che diavolo fai?» domandò accigliato, e Zoro scrollò appena le spalle, passandosi una mano fra i capelli per liberarli dall’acqua in eccesso.
    «Non so tu, ma io non ho intenzione di starmene con questi vestiti bagnati addosso», rimbrottò come se fosse la cosa più ovvia del mondo, tanto che Sanji, pur riluttante, dovette per forza di cose convenire con lui. Non era una così gran genialata aspettare che gli abiti si asciugassero mentre ancora li indossavano. Si ritrovò dunque a sollevare lo sguardo al soffitto di pietra, sbuffando.
    «Per una volta quella testa piena d’alghe funziona, allora», rimbeccò, guadagnandoci l’ennesima occhiataccia da parte dello spadaccino. Non gli diede peso più di tanto, cominciando a liberare dalle asole i bottoni della camicia prima di sfilarsela del tutto, passando poi alla cintura e alla patta dei pantaloni. Con la coda dell’occhio, vide che Zoro si era già liberato dei vestiti e li aveva stesi su una roccia poco distante, tornandosene seduto accanto al fuoco solo in mutande. Accidenti, quell’idiota nello spogliarsi aveva una velocità davvero impressionante. Strano che non ci avesse mai fatto caso quando si ritrovavano nello stesso letto.
    Scosse immediatamente il capo nel pensarci, afferrando il pacchetto di sigarette che teneva riposto in tasca prima di stendere a sua volta i propri abiti, pregustando il momento in cui avrebbe potuto rilassarsi con una delle sue fedeli compagne. Arricciò le labbra, però, quando ne prese una, forse per l’essersi reso conto delle drastiche sue condizioni. «Accidenti a te, marimo, si sono bagnate anche le sigarette», sbuffò, gettando l’accendino sul terreno smosso insieme alla stecca ormai inutilizzabile. Era talmente umida che non sarebbe riuscito a produrre nemmeno il ricordo di una piccola brace per fumarsi tranquillamente quella paglia.
    «Che diamine vuoi da me, cuoco di merda?» sbottò di rimando lo spadaccino, lanciandogli appena una rapida occhiata mentre con un bastone alimentava il fuoco. In quella caverna faceva un freddo del diavolo e quel maledetto falò non ne voleva sapere di scaldare almeno un po’. «Non è colpa mia se ha cominciato a piovere!»
    «Ogni cosa è colpa tua, quindi sta’ zitto!» berciò Sanji, fulminandolo con lo sguardo prima di farsi più vicino alle fiamme. Gli si era accapponata la pelle a causa dei brividi e gli battevano i denti, in altri momenti impegnati a mordicchiare il filtro della sua fedele paglia. «Eri tu quello che diceva che peggio di così non poteva andare, stupida testa d’alga, ergo, la colpa è solamente tua».
    A quel dire, Zoro spalancò la bocca e le palpebre, spezzando a metà un tronco che gettò fra le fiamme prima di scattare in piedi. «Prova un po’ a ripeterlo, cuoco da strapazzo!» rimbrottò, pronto alla lotta. Sanji fece altrettanto, ma, nel momento in cui si apprestarono a lanciarsi l’uno contro l’altro per darsele di santa ragione come loro solito, starnutirono all’unisono e si ritrovarono a cozzare testa contro testa, con un boato che rimbombò contro le pareti di pietra della caverna. Si accovacciarono sui calcagni con il capo fra le mani, doloranti e con un senso di sconfinata stupidità che cominciava a farsi largo dentro di loro. Erano due completi idioti, su questo non ci pioveva per niente.
    «Tu e la tua testaccia dura», si lagnò Sanji, massaggiandosi freneticamente il punto colpito mentre si sedeva in terra a gambe incrociate. Il terreno era bagnato e appiccicoso e gli incollava le mutande al culo, ma in una situazione del genere bisognava arrangiarsi.
    «Senti chi parla», rimbeccò Zoro, scrollando il capo come un cane, quasi che potesse in qualche modo aiutarlo a calmare il formicolio che avvertiva dietro la nuca. Solo quando vi portò sopra due dita si accorse che si trattava di un piccolo ragnetto che gli faceva il solletico, e, afferrandolo prima ancora che il cuoco potesse vederlo, lo gettò senza tanti complimenti verso l’uscita, con la speranza che quell’insetto non fosse tanto idiota da tornare indietro. Altrimenti l’avrebbe buttato nel fuoco, parola sua.
    «Che diavolo ti prende?» chiese Sanji nel notare quel gesto, ma Zoro si limitò semplicemente ad agitare distratto una mano prima di afferrare un altro po’ di legna e prender posto accanto a lui. Poté così vederlo farsi più vicino, con i muscoli del petto e delle braccia in tensione e la cicatrice ben visibile al chiarore delle fiamme, sentendosi d’un tratto insicuro nel ritrovarsi al fianco di quello scemo del suo compagno. «Non ci pensare nemmeno», esordì dunque di punto in bianco, ricevendo da Zoro uno sguardo accigliato.
    «Pensare a cosa?» rimbeccò, e poco ci mancò che il cuoco lo sbranasse con gli occhi.
    «Lo so bene a cosa stai pensando, marimo», sbottò di rimando, facendo scorrere lo sguardo sulla sua figura. E sperava vivamente che fosse stato il freddo ad avergli inturgidito i capezzoli, anziché il suo corpo nudo. «E puoi anche scordartelo. In questa fottuta situazione del cazzo non ho intenzione di fare proprio nulla, con te».
    Zoro sbatté più volte le palpebre prima di scoppiare a ridere sguaiatamente. «Rilassati, pervertito di un cuoco. Il tuo culo è al sicuro, per il momento», rispose semplicemente, ma ciò riuscì solo a rendere Sanji ancor più sospettoso e scettico.
    «Okay, spadaccino di merda, dov’è la fregatura?»
    «Nessuna fregatura. Ti pare così strano che per una volta non voglia fare sesso?»
    «Ad essere onesto, aye».
    Il tono ironico con cui il cuoco pronunciò quelle parole parve irritare lo spadaccino, che, senza nemmeno pensarci su due volte, gli si gettò addosso e lo costrinse a premere la schiena nuda contro il terreno umido, ignorando l’esclamazione sorpresa a cui il compagno diede vita. «Così va meglio, damerino?» lo schernì, e fu più che pronto a portare le mani verso il basso, così da potergli sfilare anche l’ultimo indumento rimastogli. Rimase con entrambi i palmi stabilmente poggiati sui suoi fianchi, però, nel sentire il ginocchio del cuoco fra le sue gambe, in una posizione che di piacevole aveva ben poco, dato che sembrava avere tutta l’intenzione di fracassargli i gioielli di famiglia senza tanti complimenti. In altri momenti, magari, gli sarebbe anche piaciuto, ma si vedeva lontano un miglio che il suo non era per niente un approccio amichevole.
    «Come volevasi dimostrare», costatò Sanji qualche istante dopo, facendo pressione contro i suoi testicoli senza badare al sibilo d’attesa che scappò dalle labbra dello spadaccino. «Pensi soltanto a scopare, tu».
    «Sei stato tu ad avermi provocato, brutto idiota», berciò Zoro in risposta, sollevandosi da lui per forza di cose. Quel cretino sarebbe stato capacissimo di rifilargli una ginocchiata nei coglioni senza provare il benché minimo rimorso. Lo conosceva fin troppo bene, ormai.
    «Sta’ zitto e vedi di vestirti, piuttosto», borbottò il cuoco, rialzandosi con una certa fatica per andare a recuperare i propri abiti. Afferrò i calzoni e si affrettò ad infilarseli - come se essi da soli potessero proteggerlo dalle voglie sessuali di quello stupido spadaccino, poi - per passare in seguito alla camicia, ma fu proprio nel prenderla che si bloccò, osservando la roccia sulla quale qualche attimo prima aveva riposto i suoi vestiti. Oh, merda.
    «Marimo». La voce pacata che scaturì dalle sue labbra nel chiamare il compagno lasciò perplesso persino lui, anche se sul suo viso aveva cominciato a farsi largo un’espressione alquanto disgustata. Prima ancora che lo spadaccino potesse capirci qualcosa, difatti, Sanji attraversò di corsa la caverna e si nascose dietro di lui, tornando a stringergli ancora una volta gli avambracci.
    Il Vice Capitano sospirò, sollevando lo sguardo al soffitto cavernoso. «E adesso che cosa accidenti succede, cuoco?» borbottò, tentando di infilarsi l’haramaki per quanto concessogli dalla presa ferrea di quel damerino idiota.
    «Ricordi quella bestiaccia gigante ad otto zampe, vero?» cominciò, e Zoro sbuffò di nuovo.
    «Certo che la ricordo. E allora?»
    «Beh, ho appena conosciuto i suoi figli».
    «Cosa cazzo stai...?» Lo spadaccino non riuscì nemmeno a terminare la frase che una miriade di ragni grossi quanto dei cani sbucò fuori dalla zona in ombra della caverna, puntando nella loro direzione con una rapidità sorprendente. Beh, se prima aveva creduto che le cose si fossero già messe male, adesso stavano ridicolmente peggiorando. Era assurdo, maledizione!
    Imprecando, Zoro allontanò il cuoco da sé per poter avere maggior spazio di manovra, estraendo una delle sue katane per far fuori quanti più ragni possibili. La mammina, adesso, almeno avrebbe avuto una ragione più che valida per arrabbiarsi.  
    «Che diavolo fai, marimo? Datti una mossa e andiamocene!» esclamò Sanji, direttosi già verso l’entrata della grotta. Ricordava maledettamente quello scemo di Usopp, quando si trattava di insetti e affini. Sempre pronto a svignarsela seduta stante.
    Affondando la lama nell’addome di uno dei ragni e ignorando al contempo il liquido scuro che spruzzò fuori di esso, macchiandogli collo e viso, lo spadaccino si volse appena verso il compagno, fulminandolo con un’occhiataccia. «Non ci penso nemmeno a scappare anche da questi microbi, cuoco di merda!»
    «Muoviti!» urlò di rimando il cuoco in questione con un tono che sembrava quasi sfociare nell’isterico, allontanandosi senza neanche aspettarlo. Merda. Accidenti a lui e alla sua stupida fobia per gli insetti. Il Vice Capitano rinfoderò la katana in fretta e fu costretto a seguirlo, riuscendo a seminare i ragni e a raggiungere il cuoco prima di perdere del tutto anche le sue tracce nella boscaglia, per quanto fosse quasi sicuro che si stessero dirigendo a sud. Però, beh, anche se non lo avrebbe mai ammesso, sapeva che il suo senso dell’orientamento era davvero pessimo.
    Sanji si fermò solo quando si sentì al sicuro, poggiando testa e schiena contro il tronco di un albero ricoperto di muschio prima di cominciare a respirare a pieni polmoni. Basta. Non ne poteva più di quella foresta e dei suoi fottutissimi e schifosissimi insetti. «Guai a te se ne fai parola con qualcuno, marimo», disse poi in tono neutro, seguendo appena con lo sguardo la figura del Vice Capitano, sedutosi sull’erba umida per ripulirsi con il dorso della mano dalla schifezza che aveva in viso.
    «Tanto lo sanno tutti che hai paura degli insetti, dov’è il problema?» gli fece notare, ma Sanji assottigliò gli occhi.
    «Non sto scherzando, Zoro», sibilò, e lo spadaccino capì immediatamente che, se avesse anche solo osato ricordare quella disastrosa giornata in presenza di terzi, quell’idiota avrebbe di sicuro trovato il modo per fargliela pagare cara. I momenti in cui lo chiamava per nome erano rari, e, dato che l’aveva fatto proprio in quel determinato frangente, significava che era incazzato. E di brutto, anche.
    A Zoro sembrò dunque giusto annuire, alzando il capo per ricambiare il suo sguardo. «Sta’ tranquillo, cuoco, non lo dirò a nessuno», cominciò, e per far capire al compagno quanto fossero sincere le sue intenzioni, aggiunse, «Promesso», certo che quell’unica parola valesse più di tante altre cento che avrebbe mai potuto pronunciare
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Io adoro ambientare le mie storie in ambienti come i boschi innevati o le foreste piene di insetti, già. Sarà che adoro descrivere piccole scenette di coppia come questa e contornare il tutto con il paesaggio che racchiude alberi e quant'altro, chi lo sa x)
Comunque sia, questa storia è stata scritta per il contest
 Say it with Disney indetto dal Lady Nazzumi
Inoltre, come si può benissimo vedere, per me l
’argomento della repulsione di Sanji per gli insetti è una delle cose migliori che esistono in One Piece, dato che sono proprio il tipo di fanwriter che si diverte un casino a martoriare i personaggi che adora x)
Purtroppo ormai con questa storia degli insetti il cuoco è segnato, quando capita fra le mie mani u_u *Inserire risata sinistra a scelta*
Okay, sclero a parte, spero che questa piccola storiella vi abbia divertiti e vi abbia strappato un piccolo sorriso :)
Gli aggiornamenti di tutte le mie storie saranno inoltre irregolari a causa dell'avvicinarsi del Comicon, dunque a chiunque dovesse farci un giro, beh, spero ci si veda lì ;)

Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥




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Capitolo 24
*** [ Due cuori e ] Two hearts and a blue blue sky ***


Two hearts and a blue blue sky The One Hundred Prompt Project 

Titolo: Two hearts and a blue blue sky
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot
[ 3743 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg [ ZoSan ] Mugiwara
Genere: Generale, Sentimentale, Vagamente ironica
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Slice of Life, What if?

Winter Challenge: 2° Luogo Pista da sci
Tabella/Prompt:
Oggetti › 04. Coperta
Binks Challenge: 44
° Piazza › 38° Sospetto
Ideal Good 10&Lode: #02. Armonia
Prompt: 14° Argomento: ElementiAria
The season challenge: Inverno › Bianco


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Quando quel mattino aprì gli occhi, Sanji si domandò come diavolo avesse fatto a respirare regolarmente con il braccio di Zoro che gli schiacciava praticamente il petto.
    Mugugnando infastidito per la luce che filtrava dalla feritoia della cambusa, raggelò nel rendersi conto che i rumori e le voci che gli era parso di sentire nel suo sogno provenivano invece dalla realtà. Se persino Usopp - perché quella era la voce di Usopp, giusto? - aveva cominciato a chiamarlo a gran voce, c’era decisamente qualcosa che non quadrava. Maledizione, che ore erano? E, soprattutto, che diamine ci faceva ancora disteso con quel cretino di Zoro su quella branda?
    Non perse tempo a rifletterci oltre, affrettandosi a scostare con ben poco garbo il corpo dell’altro da sé e ignorando al contempo il mugolio che si lasciò sfuggire; rabbrividì nel momento stesso in cui il petto, fino a quel momento tenuto al caldo dal braccio dello spadaccino, venne a contatto con il gelo che permeava la cambusa, e si affrettò a recuperare i propri vestiti per infilarseli alla meno peggio. Niente sesso fino a quando le temperature non sarebbero tornate ottimali, aveva deciso. E al diavolo se quel marimo di merda avrebbe avuto da ridire.
    Proprio in quel mentre si sentì afferrare per un polso e quasi ci mancò che si mettesse ad urlare come una donnicciola per la sorpresa, voltandosi rapido in direzione della brandina. Con il viso affondato a metà sul cuscino e un braccio allungato verso di lui, Zoro lo fissava con uno sguardo assonnato e vagamente indispettito - infuriato già di prima mattina, quello scemo? -, per quanto apparisse stranamente adorabile e bambinesco con quel broncio in viso. E l’aggettivo “adorabile” non poteva essere per niente associato a quell’armadio a quattro ante del suo compagno. «Scappi di già, cuoco?» mugugnò tra uno sbadiglio e l’altro, e Sanji alzò di poco lo sguardo al soffitto.
    Liberandosi dalla presa dello spadaccino - cosa stranamente facile, visto che sembrava essere ancora nel mondo dei sogni e dunque ben poco cosciente -, si affrettò ad infilare la felpa per non morire di freddo, non prima di essersi alzato per issarsi mutande e pantaloni e fermare alla svelta questi ultimi con la cintura. «Devo preparare la colazione, testa verde», rimbeccò con uno sbuffo, e quasi gli parve che si stesse giustificando con quell'idiota. «O alla peggio il pranzo, se mi hai tenuto inchiodato qui anche per tutta la mattinata».
    «Non mi sembrava ti dispiacesse così tanto, stanotte», borbottò tra veglia e sonno il Vice Capitano, ed fu alquanto bizzarro vedere con quanta concentrazione tentasse di tenere gli occhi aperti per continuare a fissarlo con attenzione in viso. Davvero una gran forza di volontà, quel dormiglione.
    Per tutta risposta, però, Sanji gli regalò un calcio sfogliato al fianco nudo - ma non aveva freddo, quell'idiota? - passandosi una mano fra quell’ammasso arruffato che un tempo avrebbe chiamato capelli prima di ficcarsi come suo solito una sigaretta fra le labbra. «Ripassa quando riuscirai a formulare un pensiero decente senza crollare dal sonno, marimo», replicò ilare, accendendo l’estremità della stecca per inalarla fino in fondo; scoccò poi un’altra rapida occhiata allo spadaccino, che, nello stiracchiarsi sulla branda, aveva fatto sì che la coperta - che tra l’altro lo copriva già precariamente di suo - scendesse fin sotto al basso ventre, dandogli ben più di una fugace visione del triangolo di peli pubici. «E vedi anche di darti una sistemata», soggiunse quindi quasi frettolosamente, dandogli subito le spalle e incamminandosi per non rischiare di cadere nuovamente in tentazione. E, beh, anche per non mostrare segni di cedimento a quella stupida testa verde, che avrebbe immediatamente colto la palla al balzo nonostante l’aria assonnata e l’avrebbe di sicuro tenuto lì dentro più di quanto non avesse già fatto.
    Non attese nessuna replica e sgattaiolò svelto verso il ponte della nave, sentendosi un idiota nel mettersi a controllare furtivamente a destra e a manca. Per quanto sapesse che esistesse la remota possibilità che nessuno avrebbe avuto da ridire se si fosse venuto a conoscenza che stavano insieme, la prudenza non era mai troppa. E poi, chissà, quando sarebbero stati pronti, avrebbero provato loro stessi a raccontare come stavano esattamente le cose, anche se a volte gli atteggiamenti degli altri lasciavano intendere che qualcosa l’avevano intuito. Specialmente Robin-chan, Nami-san e il piccolo Chopper - Chopper, accidenti! - sembravano adocchiarli con sospetto, maledizione.
    A quei suoi stessi pensieri, Sanji morse furentemente il filtro della sigaretta e bofonchiò chissà cosa fra i denti, spalancando la porta che dava sul ponte già di malumore; si fermò di botto, però, non appena gli si parò dinanzi agli occhi lo spettacolo strepitoso d’una coltre di neve che aveva praticamente ricoperto la superficie della Sunny. E ancor più grandioso fu vedere il candore lontano di un’isola invernale che si stagliava proprio davanti a loro, i cui alberi dai rami ghiacciati sembravano luccicare come tanti piccoli diamanti sotto il sole, rendendo splendidi persino i tetti lontani di una cittadella.
    «Ohi, Sanji!» Il richiamo del Capitano fu allegro e squillante, ma il cuoco ci mise un po’ per localizzare con esattezza la sua posizione. Con il naso rosso per il freddo e il cappello di paglia pieno di neve, sorrideva come un bambino che aveva appena ricevuto un nuovo gioco. «Prepara un pranzo al sacco! Un pranzo al sacco!» cinguettò tutto contento. «Sento odore d’avventura!»
    I modi di fare del Capitano erano una delle poche certezze della vita, a quanto sembrava. Sanji abbozzò un sorriso e, ficcandosi le mani in tasca per proteggerle dal freddo, si diresse senza tanti preamboli verso la cucina. «Sarà tutto pronto in un attimo», ribatté divertito, ridacchiando nel sentire qualche attimo dopo il grido di giubilo di Rufy. Già che c’era, avrebbe preparato qualcosa di caldo anche per Nami-san e Robin-chan - che tra l’altro non aveva ancora visto in giro insieme agli altri scalmanati -, certo che avrebbero gradito quella sua premura.
    Proprio come aveva promesso, non appena attraccarono lungo la costa fu tutto pronto, e Rufy non esitò un attimo ad arraffare il proprio sacco e a lanciarsi in avanscoperta senza dar peso come al solito ai richiami di Nami, che gli raccomandava di fare attenzione e di non andare avanti da solo se non voleva correre il rischio di perdersi.
    Giacché le ultime settimane avevano avuto la marina alle calcagna e avevano potuto occuparsi ben poco delle scorte, le quali scarseggiavano tristemente, fu un sollievo per tutti scendere sulla terra ferma. E mentre si stava apprestando a sua volta ad abbandonare la nave, Sanji vide la figura di Zoro avanzare solitaria nella neve, avvolto nel proprio cappotto e diretto, almeno in teoria, nella stessa direzione verso cui stavano sparendo i restanti membri dell’equipaggio. Merda. Quell’idiota si sarebbe sicuramente perso come al solito. Qualcuno sarebbe dovuto restare alla Sunny per controllarla, certo, ma se avesse lasciato quel cretino d’un marimo senza una scorta, avrebbero poi perso il doppio del tempo a ritrovarlo.
    Imprecando a denti stretti, dunque, e maledicendolo in tutte le lingue che conosceva, Sanji si affrettò a sbarcare e a corrergli dietro, dovendo faticare non poco per localizzarlo. Aveva perso giusto due secondi a pensare il da farsi, e quello stupido spadaccino era già scomparso chissà dove. Un completo imbecille, non c’era altro aggettivo per definirlo.
    Le sue caviglie affondavano nella neve ad ogni falcata, e, più si inoltravano nella foresta, più gli alberi intorno a loro divenivano dei veri e propri giganti, sicuro simbolo che dovevano trovarsi lì da parecchi secoli. Gli aghi dei pini erano coperti da uno spesso strato di bianco, e dalla cappa di fogliame sopra di loro si riusciva a malapena a distinguere il colore azzurro del cielo. Di tanto in tanto si udiva qualche timido cinguettio tra le fronde, ma di altri animali nemmeno l’ombra. Era tutto così... bizzarramente silenzioso, in quella parte dell’isola. Sembrava persino che non ci mettesse piede nessuno da anni, dato che era tutto così incontaminato da mozzare il fiato nel petto. Per quanto potesse apparire bello agli occhi, però, Sanji si rese conto che stavano letteralmente girovagando a vuoto.
    «Marimo», chiamò dunque pacatamente il compagno, sebbene una vena avesse cominciato a pulsare sinistramente sulla sua fronte. «Dove diavolo siamo?»
    Nel sentirlo, Zoro si voltò accigliato, avendo anche la sfacciataggine di sbottare, «Cosa ti fa credere che io lo sappia, cuoco?», rimediandoci un colpo al fianco dal piede dell’altro.
    «Questo accade perché devi sempre gironzolare da solo, razza di stupido!» berciò Sanji, venendo afferrato per il colletto del giaccone da una mano dello spadaccino.
    «Nessuno ti ha detto di seguirmi, cuoco da strapazzo», rimbrottò, e bastarono altre due o tre parole in croce a scatenare la solita rissa. Tra un calcio e un fendente di spada, tra un salto all’indietro e un pugno al viso, a farne maggiormente le spese furono i poveri alberi della foresta, per quanto anche i due compagni di viaggio si fossero ridotti a dei veri e propri stracci. E non solo a causa della baruffa che avevano messo in atto, bensì anche per la neve che aveva rallentato non poco i loro movimenti, rendendoli goffi e impacciati.
    Sanji si ficcò in bocca una sigaretta spenta per tentare di calmarsi, riprendendo il cammino solo una volta che la lite fra loro si fu del tutto placata. «Mi hai fatto perdere un sacco di tempo, marimo idiota», bofonchiò, passandosi entrambe le mani sulle braccia nel tentativo di acquistare un po’ di calore.
    «Sei stato tu a cominciare, sopracciglio a ricciolo», rimbeccò il Vice Capitano, strofinandosi il dorso sulla punta del naso, gelato come tutto il resto del corpo. Di sicuro quel loro vagare a vuoto non faceva bene a nessuno dei due, e il suo stomaco avrebbe ben presto cominciato a reclamare a gran voce del cibo. Ad interrompere il suo cammino fu un grosso masso che si era parato sulla sua strada, e Zoro perse giusto due secondi ad osservare con occhio critico quell’ostacolo, estraendo con la sinistra una delle sue katane senza tanti problemi. «Ittōryū», cominciò, mettendosi subito in posizione. «Yakkodo-», e avrebbe anche concluso se un calcio ben assestato non gli avesse quasi fracassato il cranio, giacché Sanji gli aveva bellamente stampato in testa la forma della sua scarpa.
    «Che cazzo fai, marimo di merda?» sbottò quest’ultimo, già nervoso di suo senza che quell’idiota esibisse i suoi colpi da fenomeno da baraccone. «Possibile che per te ogni cosa si debba risolvere a colpi di katana? La strada è da quella parte!» soggiunse, indicandogli con un dito un viottolo che, c’era da dirlo, a prima vista si confondeva non poco con il bianco accecante che avvolgeva loro e la foresta stessa.
    «Questa era una scorciatoia, brutto idiota!» rimbrottò il Vice Capitano, lanciando solo una rapida occhiata in direzione del suddetto viottolo e facendo al contempo inarcare un sopracciglio al cuoco.
    «Ma se non sai nemmeno dove ci troviamo, cretino», gli tenne presente, e, senza prestargli più la benché minima attenzione, cominciò ad avviarsi da solo in quella direzione, sbuffando come una teiera in ebollizione e borbottando frasi all’indirizzo del compagno che suonavano vagamente come un “idiota” o “stupido marimo”. Come avrebbe spiegato alle sue belle muse la sua assurda assenza? Di sicuro si stavano domandando dove fosse e perché non le stesse consolando com’era solito fare, preparando loro un bel dessert che avrebbero potuto godersi accanto al fuoco d’un caminetto, o aiutandole magari ad indossare quelle splendide tute attillate per sciare, toccando accidentalmente loro i bei seni prosperosi e... troppo preso com’era in quei suoi perversi pensieri, si accorse troppo tardi di aver messo un piede in fallo, lasciandosi sfuggire un’esclamazione sorpresa quando la neve si trasformò in vuoto e lui si ritrovò a cadere di sotto.
    La caduta fu colossale e anche ridicola - se fosse capitato a Zoro, ad esempio, non si sarebbe per niente risparmiato dal ridergli in faccia -, ma il suo culo e il suo braccio non lo trovarono affatto divertente. Era difatti rotolato giù come una palla di neve e si era letteralmente schiantato al suolo, e forse era stato persino fortunato a non essersi rotto l’osso del collo. «Merda!» imprecò nell’issarsi a sedere, toccandosi il braccio con la punta dell’indice e del medio. Fu costretto a ritrarle in un lampo, però, poiché una piccola fitta di dolore percorse l’arto ferito e tutto il suo corpo, propagandosi lungo la sua spina dorsale. Perfetto. Ci mancava soltanto quella.
    «Ohi, cuoco!» La voce di Zoro gli giunse dall’alto di quella piccola scarpata, e dovette alzare lo sguardo per vederlo sporgersi da essa. La distanza che li separava non era nemmeno molta, dunque poté benissimo vedere lo strano ghigno che si era dipinto sulle sue labbra. Appena salito l’avrebbe pestato a sangue, parola sua. «Tutto bene?»
    «Tutto bene un cazzo, stupido marimo!» sbottò di rimando, alzandosi con una certa fatica. Il suo corpo era tutto un livido, e non si sarebbe meravigliato se avesse scoperto di avere anche qualcosa di rotto. Come il braccio, ad esempio. E, dannazione, per il bene di quel cretino del suo compagno, sperava vivamente di no. Altrimenti altro che pestarlo a sangue... l’avrebbe ammazzato e tanti cari saluti allo spadaccino di bordo.
    «Vuoi una mano a risalire, ricciolo?»
    «Sfotti meno e chiudi il becco, gorilla tutto muscoli!»
    Si sentiva già un idiota senza che ci si mettesse anche lui a fare dell’ironia, maledizione. Cercò quindi di arrampicarsi senza chiedergli aiuto, rinunciando ben presto a quell’idea quando si rese conto che per farlo avrebbe dovuto affondare le mani nella neve e, se tanto gli dava tanto, si sarebbe congelato le dita e non sarebbe stato in grado di cucinare. Per non parlare poi del dolorino che aveva al braccio, anche se sembrava essersi placato almeno un po’. Beh, era una buona notizia. Ciò significava che non si era rotto nulla e che quello stronzo del suo compagno aveva ancora qualche speranza di restare vivo a fine giornata.
    Stava già cominciando a chiedersi come fare, quando un qualsiasi Dio parve essere benevolo con lui. Da dove si trovava, difatti, riusciva benissimo a scorgere la cittadina che aveva intravisto dalla Sunny, per quanto fosse ancora palesemente distante dalla loro posizione. Gli altri dovevano essersi diretti lì, non c’era alcun dubbio. «Ohi, marimo!» esclamò quindi, scoccandogli una rapida occhiata dabbasso. «Datti una mossa, questa è la direzione giusta».
    «Se non ti spiace io uso il percorso, cuoco», lo sfotté, e fu solo in quel mentre che Sanji si rese conto della stradina che convergeva proprio da quella parte. Era un vero deficiente. E ancora di più se ad accorgersene era stato Zoro, un uomo che riusciva a perdersi persino quando la strada che percorreva era dritta.
    Il resto del viaggio si svolse stranamente nel silenzio più totale, visti i loro soliti standard. Spesso e volentieri trovavano sempre un pretesto per provocare l’altro e scatenare una rissa, eppure adesso, complice forse anche la stanchezza e il fatto che stessero ormai vagando per ore, sembrava essersi creata una sorta di tregua, tra loro. Una di quelle tregue che prendevano forma dopo il sesso, quelle tregue tranquille che lasciavano ad entrambi il tempo di riprendersi e di ristabilizzare i battiti prima di tornare quelli di sempre. Però... c’era un però, accidenti. Non erano per niente abituati a protrarre così a lungo quello stato di calma, e Sanji aveva dunque cominciato a mordicchiare nervosamente la sigaretta, sentendo la cartina inumidirsi sempre più a causa della saliva. Ancora poco e se lo sarebbe mangiato, quel tabacco. Decise quindi di accendersi finalmente quella maledetta cicca, nella vana speranza che, così facendo, avrebbe almeno trovato un piccolo passatempo e sarebbe anche riuscito a calmarsi un pochino.
    Tra una boccata e l’altra, Sanji iniziò ad osservare distrattamente i dintorni, facendo al contempo finta d’esser solo. Non che fosse difficile, dato che Zoro se ne stava in religioso silenzio, ma di tanto in tanto non poteva fare a meno di lanciargli qualche occhiata, come se volesse controllare che stesse continuando a seguirlo. Quella sigaretta finì prima del previsto e, dopo averla schiacciata sotto la suola della scarpa, il cuoco si massaggiò il braccio ancora indolenzito e abbassò lo sguardo sulla neve candida, concentrandosi sulle nuvolette di vapore che uscivano dalla sua bocca ad ogni respiro.
    Dovette incurvare la schiena per evitare che un ramo troppo basso - così stracarico di neve che sembrava sul punto di spezzarsi - lo colpisse al viso, borbottando chissà cosa fra sé e sé quando fu costretto a scansare qualche arbusto con le mani per farsi largo e mantenersi al tempo stesso al tronco di un albero quando inciampò in una radice nodosa nascosta al di sotto della neve. Imprecò a denti stretti, traendo un sospiro di sollievo solo quando uscirono da quella maledetta foresta e si ritrovarono in una vasta vallata a cielo aperto, che rendeva ancor più visibile la città. Bene. Almeno sapevano che quella era davvero la direzione giusta e che non stavano vagando a vuoto.
    Il freddo era anche diventato più intenso di quanto non lo fosse stato al principio, ma, alzando lo sguardo verso l’alto, Sanji poté vedere il cielo perfettamente azzurro, simbolo che non poteva essere nemmeno passato mezzogiorno. Se non avesse dimenticato il proprio orologio sulla nave avrebbe controllato, però in quel mondo silenzioso e ghiacciato, dove a farla da padrone sembrava essere il bianco accecante che li avvolgeva, quell’oggettino gli parve solo un’inutile futilità. Forse avrebbe fatto meglio a godersi quei momenti e basta, senza stare a riflettere come suo solito.
    «Ohi, cuoco». Nell’udire d’improvviso la voce di Zoro, non poté evitarsi di trasalire e di stornare bruscamente lo sguardo nella sua direzione, vedendolo con lo sguardo perso all’orizzonte e le mani ficcate nelle tasche per proteggerle dal freddo. «Forse avrei dovuto portarmeli dietro, quegli onigiri che hai preparato», borbottò e, prima ancora che potesse aggiungere altro, fu il suo stomaco a parlare per lui, brontolando così esageratamente da ricordare vagamente un orso appena svegliatosi dal letargo.
    Lì per lì accigliato, Sanji non riuscì a frenare la risata che scaturì dal fondo della sua gola, divertito a dir poco. «Se per una volta fai quello che dico senza protestare», cominciò, infilando una mano nel cappotto per tirar fuori ancora una volta il pacchetto di sigarette, portandosene una alla bocca con fare elegante, «quegli onigiri saranno solo un quarto di quelli che riceverai in seguito».
    «Per chi mi hai preso, per un moccioso?» borbottò lo spadaccino, ma il mezzo sorriso che gli incurvò le labbra non sfuggì a Sanji, per quanto quest’ultimo avesse fatto finta di nulla e dato vita ad una di quelle scrollate di spalle che avrebbero potuto significare tutto o niente.
    «Tu lo sei davvero, marimo».
    «Ohi! Che diavolo intendi dire, ricciolo?»
    «Sta’ zitto e goditi il paesaggio e le bellezze della natura, una volta tanto», rimbeccò con fare serafico, incamminandosi senza dar peso alle repliche e ai borbottii che gli giunsero alle orecchie qualche istante dopo. Che ciarlasse quanto voleva, quello scemo. Lui avrebbe dato retta al proprio consiglio e avrebbe fatto tesoro di ogni singola cosa vista. E, beh... anche della sua compagnia, lo ammetteva. Gli attimi in cui potevano davvero starsene per conti loro scarseggiavano, dunque, per una volta, il fatto che quello stupido si fosse perso si era rivelato un vantaggio per la loro bizzarra vita di coppia, se la si voleva definire realmente in quel modo. In quel momento c’erano solo loro, quel paesaggio imbiancato che brillava come un gioiello e quel cielo azzurro che si stagliava sulle loro teste, così sgombro di nuvole da apparire quasi dipinto.

    Fu dunque con un certo dispiacere che, a pomeriggio ormai inoltrato, misero entrambi piede in quella tanto agognata città in cui gli altri li stavano aspettando, raggiungendo l’alberghetto dove alloggiavano. E non fu nemmeno difficile trovarlo, dato che era l’unico della zona. Zoro fu persino molto spiccio nello spiegare il perché di quel loro ritardo, troncando sul nascere la curiosità di Rufy, che aveva gonfiato le guance come un bambino e borbottato qualcosa riguardo ad un’avventura alla quale lui non aveva potuto partecipare, strasicuro che i suoi due compagni di viaggio avessero affrontato chissà cosa. E in parte ci aveva azzeccato. Ci aveva pensato Nami a distrarlo in un lampo e a richiamare su ben altro la sua attenzione, riuscendo a convincerlo a tornare dentro pronunciando unicamente la parola “cena”.
    Sanji vide sparire tutti di gran lena all’interno dell’edificio - resistendo all’impulso di stampare un bel calcio sulla faccia scheletrica di Brook, che aveva tentato nuovamente di farsi mostrare dalla sua Nami-san le sue mutandine -, scuotendo di poco il capo con fare fintamente sconsolato. «Per un cuoco è un lusso trovare la cena già pronta, sai?» rimbeccò sarcastico, guardando l’unico rimasto in quella piazza, ovvero quello scemo d’un spadaccino, con la coda dell’occhio solo per cogliere il sorriso in cui aveva sollevato un angolo della bocca prima che, con fare quasi aggraziato, annullasse la poca distanza che li separava.

    «Un lusso che dovrà aspettare ancora un po’, damerino», replicò Zoro, chinandosi all’altezza del suo viso come se aspirasse ad un bacio; Sanji gli andò incontro con uno sbuffo divertito e gli sfiorò il labbro inferiore con la punta della lingua, quasi volesse stuzzicarlo prima di concedergli quel tanto agognato contatto, spingendosi poi maggiormente contro di lui per far diventare quel bacio qualcosa di più.
    «Ohi, ragazzi! Cosa state aspettando? È già a tavola
!» La voce di Usopp fece sobbalzare entrambi, e fu istintivamente che Zoro, per allontanare il più in fretta possibile Sanji da sé e camuffare al contempo il tutto, allungò un braccio per sferrargli un pugno; al tempo stesso, però, il cuoco aveva istintivamente alzato una gamba come in procinto di colpirlo, lasciandosi sfuggire un suono soffocato al contatto con le nocche dello spadaccino.
    Usopp, a quella vista, sollevò un sopracciglio con fare vagamente scettico. Quei due erano idioti o cosa? Sembravano perfettamente normali, fino a pochi attimi prima. Beh, almeno secondo i loro soliti standard, c’era da aggiungere. «Che state facendo?» domandò, sbattendo le palpebre con fare a dir poco scombussolato. «Piantatela di litigare e venite dentro, prima che Rufy e Brook si mangino anche la vostra parte».
    E mentre si allontanava, lasciando cuoco e Vice Capitano ancora colti da un attacco di panico nonostante il pericolo scampato, il cecchino tentava in tutti i modi di scacciare l’immagine che gli era parso di vedere per qualche attimo prima che quei due cominciassero a scannarsi. Zoro che baciava Sanji? Oh, ma per favore! La stanchezza che aveva accumulato sulla pista da sci gli stava solo giocando brutti scherzi, tutto qui.
    Eppure, nella sua testa, quella vocina che gli mormorava che aveva visto giusto non la smetteva di assillarlo
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ma quanto diavolo è malata questa immagine di lato, vista per intero? Ehm... nay, un momento, ciò che volevo dire è che questa one-shot chilometrica che ho così tanto tardato a postare è stata scritta per il contest Due cuori e... indetto da Hariken (Frandra) e Silyia_Shio, di cui attendiamo ancora i risultati
Ammetto di averla scritta più che altro per ridere, forse perché quei due zucconi, per quanto ispirino angst a palate - tu sai di cosa parlo, neh, Connie? x) - nella maggior parte dei casi, a me ispirano anche un casino di idiozie e alla fine sono stupidaggini del genere che la fanno da padrone, non posso farci nulla u_u
Sarà che avevo una voglia matta di scrivere qualcosa che ricordasse un’avventura - in questo momento mi sento un pochino come Rufy, lo ammetto -, o semplicemente volevo mettere nei casini quei due zucconi di Zoro e Sanji. Inutile dirlo, suppongo, ma ovviamente la tecnica ad una spada citata (Ittōryū) è la Yakkodori (Gabbiano del disastro), un colpo a mezzaluna repentino e veloce simile alla Sanjuuroku pondo hou. Perché inserirla? Perché avevo anche voglia di buttare nel discorso le tecniche di Zoro e farlo prendere poi a calci da Sanji senza tanti complimenti *Rotola via*
Come sempre, comunque, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 25
*** Good idea, marimo ***


Good idea, marimo The One Hundred Prompt Project

Titolo: Good idea, marimo
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction
[ 480 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro ; Sanji Black-Leg [ ZoSan ]
Genere: Generale ; Sentimentale ; Fluff
Rating: Verde
Avvertimenti: 
Shounen ai ; Slice of life ; What if?
V Notte Bianca: Sul pavimento si sta belli freschi! @
margependragon [ [info]maridichallenge ]
Tabella/Prompt: Oggetti › 02. Cuscino
Celestial Weather: #07. Nuvoloso
Prompt: 14° Argomento: Elementi Fulmine


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Sanji si allentò la cravatta e si lasciò sfuggire un ansito lamentoso, gettando un'occhiata verso il cielo nuvoloso sopra di sé.
    Com'era possibile, si chiese, che facesse così tanto caldo se il sole non riusciva nemmeno a filtrare attraverso la coltre di nubi che sovrastava la Sunny? Fino a quel momento le giornate si erano mantenute piuttosto fresche, con venticinque gradi all'ombra e ben pochi attimi in cui erano stati costretti a fare a turni per usare il bagno e farsi una doccia fredda, però, con l'avvicinarsi ad un'isola estiva, le cose erano catastroficamente diventate insopportabili. Che piovesse, grandinasse o si trovassero addirittura nel bel mezzo di una tempesta, quel caldo appiccicoso sembrava non volerli lasciare in pace, gettandoli nel caos più totale.
    Lui aveva più volte pensato di abbandonare momentaneamente la sua solita facciata da perfetto damerino per gironzolare a petto nudo per il ponte - esattamente come stavano facendo in quel momento Rufy e Franky, tanto per avere un esempio davanti agli occhi -, ma lui ci teneva troppo alla propria immagine e a fare bella figura con le sue dee, per quanto anch'esse avessero optato per un costume da bagno per attenuare almeno in parte quel maledetto caldo. E lui non si era risparmiato dall'importunarle e dal gironzolare nei dintorni, offrendosi persino di portar loro qualcosa di fresco da bere. L'unica cosa che doveva fare, ora come ora, era sperare che i cocktail rimanessero davvero freschi come voleva, e per saperlo non doveva far altro che prepararli.
    Con quel pensiero per la testa si diresse in cucina, rimanendo a dir poco sorpreso di trovare un certo spadaccino idiota di sua conoscenza. Aveva un cuscino sotto la testa e se ne stava bellamente disteso di schiena sul pavimento, con le braccia spalancate e un'espressione stranamente appagata dipinta in viso. «Marimo», lo chiamò, vedendolo reclinare appena il capo nella sua direzione. «Cosa diavolo ci fai disteso a terra?»
    Zoro gli rivolse un ghigno divertito, senza accennare ad alzarsi. «Sul pavimento si sta belli freschi!» esclamò con semplicità inaudita, facendo sì che Sanji cominciasse a domandarsi se fosse davvero idiota come sembrava o se, per una volta, quella testa piena d'alghe avesse funzionato nel modo giusto. «Prova anche tu se non mi credi, cuoco», soggiunse lo spadaccino, quasi gli avesse appena letto nel pensiero.
    Dal canto suo, seppur ancora scettico, Sanji gli si avvicinò, chinandosi verso di lui e poggiando il capo sul cuscino quando Zoro si scansò quel tanto che bastava per dargli spazio; non appena si fu sdraiato, lasciando che le braccia si afflosciassero sul pavimento, non poté fare a meno di restare sorpreso. «Bella trovata, marimo», disse semplicemente, beandosi della risata genuina - una di quelle rare risate in cui si lasciava andare - che scaturì dalle labbra di Zoro.
    Doveva fargliene atto, per una volta. Si stava davvero più freschi di quel che aveva creduto al principio, su quello stupido pavimento
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Era da tanto tempo che non aggiornavo questa raccolta, e ho deciso di farlo proprio in occasione della Quinta Notte Bianca di [info]maridichallenge, che finirà proprio oggi alle sei del pomeriggio (orario in cui io sarò in macchina a scarrozzare sotto al sole, dunque posso ben capire come si sentano in questo momento Zoro e Sanji XD) Avevo voglia di scrivere un momento tranquillo e anche un po' puccioso, visto che nella mia testa ho immaginato questi due sullo stesso cuscino, un po' nella stessa posa della Filler Arc dopo Alabasta - l'episodio in cui stanno quasi per baciarsi, insomma -, ma stavolta volutamente (non che non l'abbiano voluto anche lì, secondo me... okay, la pianto di fanghirlare, ma lo ripeterò all'infinito: il tempo per spostarsi l'hanno avuto ma non l'hanno fatto, ecco u_u)
E' una flash da nulla e anche un po' troppo tranquilla, secondo i miei soliti standard, però ogni tanto ci vuole :3
Un grazie anche a chi sta seguendo la raccolta
Smiling for your sake ~ Mandarin scent, appena aggiornata anch'essa con un nuovo capitolo
Come sempre, comunque sia, commenti e critiche sono ben accetti 
Alla prossima. ♥


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Capitolo 26
*** [ Il mondo dei Peanuts ] One day with you and all is a mess ***


One day with you and all is a mess The One Hundred Prompt Project

Titolo: One day with you and all is a mess
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 2829 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro ; Nami ; Sanji Black-Leg ; Mugiwara
Genere: Generale ; Avventura ; Vagamente Sentimentale; Vagamente Ironico
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai ; Linguaggio a tratti un po’ colorito; Assurdità sparse ; Slice of Life ; What if?

Celestial Weather 
10&Lode: #06. Nord
Binks Challenge: 16° Sentiero › 49° Empatia
Prompt: 14° Argomento: Elementi Terra


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    «Perché diavolo sono dovuto venire io con te? Quello stupido cuoco sarebbe stato più che felice di farti da schiavetto», borbottò d’un tratto Zoro, caricandosi meglio in spalla tutti gli acquisti che Nami gli aveva bellamente scaricato.
    Già non sopportava di suo dover vagare per negozi quando si trattava di frivolezze, figurarsi quindi quanto lo scocciasse, in quel momento, dover seguire la navigatrice nelle sue folli spese. Non ne poteva più di vestitini attillati, scarpe col tacco e gioielli d’ogni tipo, nossignore. Per di più, quella strega perdeva un casino di tempo a raggirare i commessi, uscendone sempre vittoriosa e con sconti che avrebbero fatto girare paurosamente la testa a chiunque. Che fosse tirchia lo sapeva tutta la ciurma, ma che arrivasse fino a quel punto non ci avrebbe mai pensato.
    Troppo preso com’era nei suoi pensieri, ed essendo stato tranquillamente ignorato dalla ragazza, Zoro nemmeno si accorse di dove metteva i piedi, ed imprecò nell’andare a sbattere contro Nami, ferma nel bel mezzo della strada ad osservare chissà cosa. «Che diavolo ti prende, adesso?» sbottò, sperando che almeno quella domanda venisse presa in considerazione. E in parte fu accontentato, giacché la navigatrice si girò verso di lui con un sorriso luminoso.
    «Perché non mi vai a prendere una coppa di gelato?» chiese poi, indicando distrattamente il bar poco distante.
    Zoro inarcò un sopracciglio. «Cosa faresti se ti dicessi di andartela a prendere da sola?»
    «Ti pesterei fino al calar del sole e poi continuerei a pestarti finché il sole non torna a sorgere e poi ti pesterei finché il sole non va giù di nuovo». Riprese fiato e, sapendo che quelle parole avrebbero fatto ben poco presa sullo spadaccino, soggiunse: «E se ciò non dovesse bastare, aumenterei in maniera spropositata i tuoi debiti».
    Il Vice Capitano sbatté più volte le palpebre, quasi non avesse capito in pieno le sue parole, e poi imprecò a denti stretti, assottigliando lo sguardo. Quella strega prima o poi l’avrebbe fatta a fette. Parola sua. «Crema o cioccolato?» si ritrovò a domandare in un sibilo, aggrottando la fronte non appena vide dipingersi un altro grosso sorriso sulle labbra della navigatrice, che si portò un dito a picchiettare il labbro inferiore come se fosse indecisa sul gusto.
    «Cioccolato», esordì infine, facendogli cenno di sbrigarsi mentre lei, tranquilla come non mai e con la stessa aria soddisfatta di un gatto che si era appena mangiato un topo, andò ad accomodarsi ad un tavolino, accavallando elegantemente le gambe al di sotto di esso. Allo spadaccino non toccò altro da fare se non sbuffare sonoramente e, borbottando qualcosa fra sé e sé, lasciò i pacchi accanto a lei e si diresse all’interno del bar, mettendoci più tempo del previsto per prendere alla ragazza quel maledetto gelato a causa della folla che si era formata lì davanti.
    La navigatrice, d’altro canto, ebbe persino il coraggio di fargli pesare la cosa, agguantando senza tanti complimenti la coppa di gelato senza nemmeno ringraziarlo. Beh, non che Zoro se lo fosse in qualche modo aspettato, però... a tutto c’era un limite, dannazione. Masticò qualche insulto a mezza bocca e decise di accomodarsi a sua volta, annoiato a dir poco. Chi diavolo gliel’aveva fatto fare di seguirla in città proprio non lo sapeva. Ah, giusto... essendo già sicura che avrebbe comprato una montagna di roba, era ovvio che Nami avrebbe scelto colui che avrebbe potuto portare un peso eccessivo senza tanti problemi... e la scelta su cui era ricaduta, dunque? Su di lui, ovviamente, che sollevava un manubrio da trecento chili senza alcuno sforzo. Secondo loro, almeno. Anche lui ci metteva una buona dose di forza per riuscirci, quel coso non era mica una piuma.
    A quei suoi stessi pensieri, Zoro sbuffò, scuotendo il capo. Inutile continuare a rimuginarci su. Ormai era lì. Con un gomito poggiato sul tavolino e il viso sorretto sul dorso della mano, quindi, cominciò a squadrare il modo in cui la ragazza si portava tranquillamente alle labbra il cucchiaino colmo di gelato, gustandolo come se fosse stata la cosa più buona che avesse mai assaggiato fino a quel momento. «Mi stai facendo venir fame», se ne uscì d’un tratto, e fu solo a quel punto che Nami sollevò lo sguardo su di lui, come se si fosse ricordata soltanto in quel mentre della sua presenza. E ridacchiò, mandando giù un altro boccone.
    «Sono sicura che Sanji-kun sarebbe ben lieto di prepararti qualcosa, sulla nave», disse, scrollando persino le spalle. «Sempre se non vuoi che ti compri qualcosa io e ti chieda poi gli interessi di tutti i berry spesi», soggiunse distratta.
    Zoro decise di tralasciare la seconda parte del discorso - quando mai quella tirchia non pensava al denaro e a come estorcergliene di più, in fondo? -, decidendo di concentrarsi invece sull’argomento “Sanji”. «Perché accidenti quel cuoco dovrebbe prepararmi da mangiare, se non lo fa mai?» le tenne presente con fare sarcastico.
    «La strada verso il cuore di un uomo passa attraverso il suo stomaco, non lo sapevi?»
    «Che diavolo stai farneticando, Nami?»
    La navigatrice sorrise, assumendo un’espressione che la diceva lunga. Si sporse persino verso il viso dello spadaccino, facendo schioccare la lingua sul palato. «Puoi provare a far finta quanto vuoi, Zoro, ma che ci sia del tenero fra voi due lo vedrebbe anche un cieco», replicò poi in tono suadente, e fu a quel punto che lui si accigliò.
    «Cosa?» replicò, grattandosi il capo come se non sapesse davvero di che cosa stesse parlando la ragazza. O forse ne era a conoscenza e voleva continuare a negare in modo così palese l’evidenza, non si poteva mai sapere. «Non dire stronzate».
    «Guarda che sto dicendo sul serio», borbottò lei, mettendo su un broncio adorabile che sarebbe stato in grado di far capitolare qualsiasi uomo l’avesse vista in quel momento. E avrebbe anche aggiunto altro se la sua attenzione non fosse stata richiamata dal subbuglio che si era scatenato all’improvviso in strada, facendola voltare incuriosita in quella direzione.
    «Eccoli, sono loro!» si sentì esclamare d’un tratto, e la giovane navigatrice sbiancò nel rendersi conto che, a meno di qualche metro da loro, un plotone di marines armato di tutto punto si stava avvicinando di gran lena, e non ci voleva di certo un genio per capire che avevano di sicuro la ferma intenzione di catturarli. «Roronoa Zoro e Nami la Gatta Ladra, i pirati di Cappello di Paglia! Non lasciateveli scappare!»
    «Merda!» imprecò Zoro, e, sgranando gli occhi con fare sconcertato, Nami si sentì afferrare in un lampo per un braccio e alzare di peso dalla sedia venendo trascinata via da lì fino ad essere caricata in spalla dallo spadaccino, nemmeno fosse stata un maledettissimo sacco di patate.
    «Aspetta, che accidenti fai!» esclamò indignata, cominciando a tempestare di pugni la schiena robusta del compagno per farsi mettere giù. «Abbiamo lasciato lì i miei vestiti, brutto stupido che non sei altro!»
    «Lascia perdere i vestiti, mocciosa, o porto te o loro!» sbottò di rimando Zoro, sistemandosela meglio sulla spalla prima di riprendere la sua folle corsa con i marines alle calcagna. Per quanto avesse ormai le orecchie piene delle grida di quegli uomini e degli strepiti di Nami, che non la smetteva di colpirlo e di riempirlo d’insulti degni di uno scaricatore di porto, Zoro aveva l’assoluta certezza che, se avesse eseguito l’ordine della ragazza e l’avesse messa giù, con quei trampoli che si ritrovava al posto delle scarpe si sarebbe fatta prendere in meno di due secondi dai marines che li inseguivano. Per lui che le faceva da scorta sarebbe stata un’onta terribile sul suo onore, e inoltre, conoscendo il Capitano, gliene avrebbe cantate quattro anche lui per essersi fatto fregare la loro preziosa navigatrice da sotto il naso. Era dunque meglio che la ragazza se ne stesse zitta e lasciasse fare a lui, accidenti.
    Si infilarono fra stretti viottoli e strade senza uscita, in mercati affollati e piazze deserte, e ormai Nami, arresasi dall’essere sballottata così rudemente dallo spadaccino, non poteva fare altro che sperare che quei marines che davano loro la caccia si arrendessero, dato che di loro, per il momento, sembravano essersene perse le tracce. E capì davvero il perché solo quando si guardò intorno, rendendosi conto che in quella zona della città gli edifici diventavano più vistosi e imponenti, molto diversi da quelli che aveva veduto quando era sbarcata insieme al compagno.
    «Aspetta, Zoro, il porto non è da questa parte!» esclamò d’un tratto, facendolo arrestare con una colorita imprecazione. Accidenti, avrebbe dovuto guardare con più attenzione la strada, conoscendo il pessimo senso dell’orientamento di Zoro. «Muoviti, mettimi giù», soggiunse frettolosamente, rassettandosi le vesti non appena toccò finalmente terra, traendo persino un sospiro di sollievo. Lo spadaccino era di sicuro più veloce di lei, ma non aveva la benché minima delicatezza.
    «E adesso che si fa?» domandò quest’ultimo, e il fatto che avesse portato una mano a sfiorare l’elsa della sua katana bianca rassicurò in un certo qual modo Nami, a sua volta ansiosa a causa di quella strana calma che li aveva avvolti.
    «Torniamo indietro e raggiungiamo la Merry, mi sembra ovvio», replicò lei, cominciando ad incamminarsi con lo spadaccino al seguito. Di tanto in tanto gettava qualche occhiata nella sua direzione per accertarsi che la stesse ancora seguendo, ma fu proprio dopo avergli lanciato l’ennesimo sguardo che un movimento sospettò catturò la sua attenzione, prima che il boato di un colpo di fucile fendesse l’aria.
    «Maledizione!» esclamò Zoro, frapponendosi svelto fra il marine appena apparso da dietro l’angolo con il suo plotone e la ragazza, sibilando di dolore quando il proiettile lo colpì di striscio al braccio. E bruciava maledettamente, accidenti. «A loro ci penso io!» tuonò immediatamente all’indirizzo di Nami. «Torna alla Merry e preparatela per la partenza, ce ne andiamo!» e mentre lui si gettava nella mischia, estraendo al contempo due delle sue spade e sbarellando più avversari possibile a colpi di katana, Nami cominciò a correre in direzione del porto in cui era ormeggiata la nave, sperando in cuor suo che quell’idiota non ci lasciasse la pelle. Non se lo sarebbe mai perdonato, altrimenti.
    Il fiato cominciò a venirle meno per la folle corsa, ma non si fermò, facendo forza sulle gambe nonostante i muscoli le stessero andando ormai a fuoco; sentiva le caviglie doloranti a causa dei tacchi alti, però non si sarebbe fermata per nulla al mondo, più che intenzionata a raggiungere la Merry e a mettere tutti in guardia. Quasi le brillarono gli occhi nel vedere la figura della nave stagliarsi all’orizzonte, e con un ultimo sprint finale la raggiunse, salendo a bordo tutta trafelata. Non perse nemmeno tempo ad esplicare la situazione agli altri componenti della ciurma, ordinando semplicemente loro di levare in fretta l’ancora e di spiegare le vele, volgendo un ultimo sguardo apprensivo in direzione della cittadina nella quale aveva lasciato Zoro. Ce l’avrebbe davvero fatta, tutto solo contro quegli avversari armati? E se fosse riuscito a scappare da quella situazione, sarebbe riuscito a tornare senza perdersi? Quelle erano domande a cui non sapeva dare risposta, ma incurvò le labbra in un sorriso non appena i suoi occhi registrarono la sagoma dello spadaccino, che correva a perdifiato nella loro direzione.
    «Rufy, prendilo!» esclamò, sporgendosi oltre il parapetto per la foga del momento, riuscendo a reggersi ad esso per un pelo; un braccio di gomma del Capitano passò nel suo campo visivo e raggiunse Zoro, che afferrò in fretta quella mano fino ad essere catapultato a bordo, al sicuro sul ponte della nave; poterono sentire le grida di un marine mentre ordinava ai suoi commilitoni di affrettarsi, per quanto le loro imbarcazioni si trovassero nella zona ovest del porto. Allontanarsi dall’isola non fu per niente una passeggiata, però, ormai al largo e lontani parecchi chilometri dalla costa, poterono finalmente trarre un sospiro di sollievo collettivo. Essere dei pirati non era per niente facile, accidenti.
    «Tutto bene, Nami-san? Sei ferita?» La voce preoccupata di Sanji ruppe quel lieve strato di silenzio che si era venuto a creare, richiamando però l’attenzione della navigatrice, che sorrise raggiante nonostante tutto.  
    «Fortunatamente no, Sanji-kun, ma Zoro...» Si voltò verso lo spadaccino poco distante, sottoposto alle cure di un apprensivo Chopper. «È stato colpito. Mi ha protetta».
    L’espressione che si dipinse sul volto di Sanji fu indecifrabile, tanto che persino Nami stessa non riuscì a comprendere perché il cuoco, dopo aver bruscamente stornato lo sguardo in direzione del Vice Capitano, fosse tornato ad osservarla con un sorriso forzato, portandosi due dita alle labbra per afferrare la sigaretta. «Ogni tanto qualcosa di buono lo fa, quello stupido marimo». Sbuffò fuori il fumo azzurrognolo. «L’importante è che tu stia bene, Nami-san», e, stranamente senza nessuna delle sue solite moine, le regalò un altro piccolo sorriso e si diresse verso la cucina, finendo in un lampo quella stecca prima di gettare il mozzicone e chiudersi nel suo “santuario”, come tanto gli piaceva chiamarlo.
    Nami sbatté le palpebre più volte, inclinando il capo di lato. «Chissà che gli è preso», sussurrò poi rivolta a sé stessa, scoccando ben presto un’occhiata a Zoro. Per quanto Chopper avesse cominciato ad inveirgli contro per l’essersi tolto le bende dal braccio - accidenti, gliel’aveva appena messe e già le aveva fatte sparire, quello spadaccino idiota -, Zoro non sembrava dargli retta più di tanto, forse persino indispettito da quella sua fissazione. E Nami non poté fare a meno di scuotere il capo, immaginando perfettamente cosa stesse pensando quello scemo. Le bende non le aveva mai sopportate, e lo ricordava bene il fastidio dipinto sul suo viso quando era stato costretto a tenerle dopo la brutta ferita infertagli da Mihawk, che gli aveva lasciato l’orribile sfregio sul petto che lei stava osservando proprio in quell’esatto momento.
    «Che accidenti hai da guardare?» le fu chiesto dallo spadaccino, e lei, forse per il fatto che si era beccato una pallottola al suo posto, decise di soprassedere per quel suo modo di fare e di ignorare il tono scontroso con cui le si era rivolto, annullando le distanza che li separava per appioppargli un pugno su una spalla.
    «Non fare l’idiota e parlagli», esordì poi, facendo inarcare un sopracciglio al Vice Capitano.
    «Parlare a chi?» gli venne spontaneo chiedere, e Nami non si risparmiò dal rifilargli un sonoro scappellotto con uno sbuffo.
    «A Sanji, stupido. Va’ da lui e parlagli».
    «E che diavolo dovrei dirgli?»
    La navigatrice roteò gli occhi, scocciata. «Questo dovresti saperlo tu, non io», concluse lì quella conversazione che aveva cominciato a reputare inutile, lasciando che lo spadaccino arrivasse da solo alle sue conclusioni. Non ci voleva di certo un genio per capire che la reazione di Sanji doveva avere a che fare con ciò che era accaduto, e probabilmente parve capirlo anche Zoro; lo vide difatti raggiungere a grandi falcate la cucina e ad aprire la porta senza tanti complimenti, ignorando gli strepiti del cuoco con la sua solita nonchalance.
    Nami sentì distintamente il battibecco in cui si erano gettati, e si ritrovò a portarsi una mano alla fronte, massaggiandosi le tempie. Quei due erano dei perfetti idioti. E forse lei lo era ancora di più, giacché aveva bellamente frainteso i comportamenti di entrambi e aveva mandato Zoro a parlare con Sanji, alimentando il fuoco. Decise dunque di porre fine a quegli alterchi lei stessa, avanzando in quella direzione tra sbuffi e borbottii; mano a mano che si avvicinava le voci dei suoi compagni cominciavano a calare di tono e gli impropri diminuivano, venendo sostituiti da un bizzarro silenzio che lei non riuscì proprio a spiegarsi. Si fermò di botto, però, quando, attraverso l’oblò della cucina, osservò la scena che si parò dinanzi ai suoi occhi, e dovette ammettere a se stessa che non se lo sarebbe mai aspettato. Specialmente da quei due, se proprio doveva essere sincera. Ma c’era una strana dolcezza nel modo in cui Zoro, stringendo in una mano il colletto della camicia di Sanji come se volesse strozzarlo e non attirarlo a sé, aveva poggiato le labbra su quelle del cuoco per dar vita ad un bacio goffo e impacciato al quale l’altro non si oppose.
    Nami sollevò distrattamente un angolo della bocca per dar vita ad un sorriso, lasciando i suoi due compagni di ciurma da soli in cucina. In fin dei conti aveva fatto proprio bene a parlare con quello zuccone di Zoro e ad aprirgli gli occhi una volta per tutte; se avesse atteso che fosse stato lui stesso a rendersi conto dei sentimenti che provava nei confronti di Sanji, difatti, avrebbero continuato di sicuro a navigare con quella strana atmosfera che vigeva fra i due ogni qualvolta che, tra un litigio e l’altro, i loro sguardi si incrociavano e lasciavano intendere ben più di ciò che entrambi volessero esprimere a parole. Ah, l’amore. Che cosa meravigliosa.
    «Usopp!» chiamò allegra, agitando una mano in direzione del cecchino non appena lo vide sul ponte, prima di allargare spropositatamente il sorriso che le aveva ormai incurvato le labbra. «A quanto pare ho vinto la scommessa! Mi devi cinquemila berry!»
    Di Nami la Gatta Ladra si potevano dire tante cose, ma di certo non si poteva affermare che non sapesse sfruttare qualunque situazione a suo vantaggio, il più delle volte
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Okay, non so esattamente che cosa dire su quest’assurda one-shot. Innanzitutto è doveroso dire che questa storia è stata scritta per il contest Il mondo dei Peanuts indetto da Dark Aeris, nel quale si è classificata seconda
Comunque sia, aye, la ciurma di Cappello di Paglia adora scommettere *Ride* e questa volta avevano scommesso sulla possibile relazione tra Zoro e Sanji *Ride di nuovo*
All’inizio sarebbe dovuta ruotare intorno ai soliti due e avrei voluto far dire la frase che ho scelto a Sanji (
«Perché non mi vai a prendere una coppa di gelato?» ecc), però ho pensato che sarebbe stato più canonico se si fosse trattato di Nami ed ecco dunque il risultato... così ho anche fatto interagire Nami e Zoro, visto che non lo faccio quasi mai *Rotola*
Non ho idea di che cosa mi passasse per la testa mentre la scrivevo, e probabilmente è complice anche l’orario indecente in cui ho finito di stenderla, dato che a quell’ora si dovrebbe solo dormire anziché scrivere... spero comunque che la storia abbia divertito in qualche modo.
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
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Capitolo 27
*** In the desert of the moon ***


In the desert of the moon The One Hundred Prompt Project

Titolo: In the desert of the moon
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 2341 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Sanji Black-Leg, Roronoa Zoro
Genere: Generale, Fluff, Sentimentale, Vagamente Ironico
Rating: Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Alabasta Arc, What if?
Colourful Red: #10. Tuorlo
Tabella/Prompt: Cibo › 08. Marzapane
One hundred prompt: 7° Argomento: Astronomia › Pianeta
Binks Challenge: 21° Deserto › 03° Speranza
Una ficcy... al prompt: 21. Astronomia › 85. Misure


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Sanji volse lo sguardo verso il cielo dopo aver controllato la mappa spiegazzata fra le sue mani, osservando le stelle per essere sicuro della posizione in cui lui e Zoro, distante di qualche passo, si trovavano.
    Ore addietro, prima ancora che calasse la notte, avevano lasciato Yuba per andare alla ricerca di cibo, vagando alla cieca senza riuscire a trovare nulla; solo in seguito, quand'erano capitati in un'oasi ormai prosciugata, avevano almeno potuto raccogliere qualche frutto dall'aspetto invitante e lo spadaccino si era anche caricato sulle spalle la carcassa di un lupo del deserto, morto da meno di un giorno e ancora mangiabile, secondo il parere del cuoco. Aveva imparato a sue spese che non andava sprecato nulla né andava gettato ciò che si poteva ancora consumare, e se quel lupo avrebbe potuto finalmente riempire i loro stomaci prima dell'incontro con quel famigerato Crocodile, beh... allora era più che deciso a portarselo dietro, spellarlo per bene una volta arrivati a destinazione e a cucinarlo alla ciurma e a quel curioso vecchietto di nome Toto.
    Al pensiero di uno spezzatino, il suo stomaco si fece sentire a gran voce e reclamò cibo che lui, in quel momento, non avrebbe potuto dargli, poiché non aveva la benché minima intenzione di cominciare a preparare il lupo lì, anche perché non avrebbe avuto gli strumenti necessari per farlo e dubitava che Zoro, fissato com'era con quelle sue dannate spade, gliele avrebbe prestate per tosare l'animale e farne a pezzi la carne. Sospirò e distolse lo sguardo dalle stelle, infilando una mano al di sotto del cappuccio per grattarsi distrattamente il capo. Magari avrebbero potuto mangiare qualche frutto che avevano raccolto per placare i morsi della fame...
    «Ohi, cuoco... sei sicuro che questa sia la direzione giusta?» La voce di Zoro lo distrasse e si voltò appena verso di lui, vedendolo sistemarsi meglio in spalla la carcassa del lupo. Dal canto suo, guardandosi intorno, lo spadaccino non vedeva altro che una vasta distesa di sabbia che si perdeva per chilometri e chilometri, e gli sembrava alquanto strano che quello scemo sapesse esattamente dove stavano andando. Poteva capire Vivi - in fondo era il suo regno, quello, ed era merito suo se erano arrivati fino a Yuba -, ma quel damerino aveva passato tutta la vita in mezzo al mare... cosa diavolo poteva saperne di un deserto?
    Sanji sollevò un sopracciglio, sbuffando ilare prima di tornare a guardare avanti e fargli cenno di allungare il passo. «Sin da bambino ho vissuto su una nave nell'oceano e sono stato un marinaio, marimo», sembrò volergli ricordare poi, resistendo all'impulso di arraffare l'accendino per dar finalmente fuoco a quella pagliuzza che aveva fra le labbra da una buona manciata di minuti. La cartina si era ormai inumidita e presto o tardi si sarebbe mangiato il tabacco all'interno del cilindro, ma, ora come ora, poco gli importava. Il sapore che danzava sulle sue papille gustative riusciva a calmarlo comunque. «So leggere le stelle. Me l'ha insegnato Paty, uno dei cuochi che lavora al Baratie».
    «Io non so un accidente di astronomia».
    «Non ne dubitavo», ironizzò, e Zoro si accostò a lui appositamente per fulminarlo con lo sguardo.
    «Ohi, mi stai dando dell'idiota?» borbottò, già pronto ad afferrarlo per il bavero dei vestiti e fare a botte; Sanji alzò subito una mano in segno di resa, mordicchiando ancora una volta il filtro già umido della sigaretta.
    «Sta' calmo, gorilla tutto muscoli. Non mi sembra nemmeno che sia il momento adatto per metterci a litigare», gli fece notare, sorridendo nel vedere lo spadaccino sbattere le palpebre e poi, storcendo il naso come se fosse appena stato costretto ad inghiottire letteralmente un rospo, bofonchiò chissà cosa tra sé e sé e annuì, convenendo con lui. Bene. Almeno su qualcosa erano d'accordo.
«Quanta acqua è rimasta, piuttosto?»
    Pur lanciandogli un'ultima occhiataccia, quasi volesse averla vinta comunque lui, Zoro mise da parte i diverbi e, avvolgendo il braccio intorno alla vita del lupo per evitare che gli cadesse, trafficò con il legaccio che teneva fissata la borraccia alla cintura, stappandola con i denti per controllarne l'interno; richiusa e rimessa al proprio posto, fece spalluce. «Quattro sorsi per uno, più o meno».
    «Otto sorsi d'acqua... se li dosiamo bene dovrebbero bastare
», affermò Sanji, guardandosi intorno con attenzione, almeno per quanto la luce lunare glielo permettesse, prima di indicare con un cenno della mano una costruzione di pietra che si ergeva a metà nella sabbia, essendo stata sicuramente seppellita da probabili tempeste. «La vedi quella? L'abbiamo incontrata poco dopo essere usciti da Yuba, quindi siamo abbastanza vicini. Ancora un paio d'ore di cammino, non di più».
    Zoro imprecò a denti stretti, e stavolta fu lui a sollevare lo sguardo verso il cielo. Quand'erano partiti sotto ordine di Nami non aveva creduto che avrebbero sfacchinato così tanto per spostarsi anche solo di pochi chilometri, anche se avrebbe dovuto immaginarlo sin da subito. Avevano impiegato un mucchio di tempo per giungere a Yuba, cosa gli aveva dato la certezza che non arebbe stato lo stesso per lasciarla? E il lato negativo della cosa era proprio il caldo che si pativa in mezzo a quel dannato deserto, però, se non voleva rischiare di beccarsi qualcosa e stramazzare con il viso sulla sabbia, avrebbe dovuto tenersi addosso tutto il vestiario che indossava, copricapo incluso. Con gli abiti locali sembravano tutti dei perfetti idioti, ma almeno ne sarebbero usciti vivi.
    «Quando questa storia sarà finita, ho intenzione di preparare a tutti voi un pranzo da re». Sanji ridacchiò d'un tratto tra sé e sé, come se invece di parlare con Zoro stesse informando se stesso di quella decisione. «Quintali di carne alla griglia per Rufy, dolci di marzapane e tuorli d'uovo bollito a forma di mostro marino per Usopp e Chopper, una torta al cioccolato fondente per le mie bellissime Nami-san e Vivi-chan... potrei anche essere magnanino e decidere di prepararti qualche onigiri fuori mano e rifilarti il mio sake migliore, marimo», la buttò lì in tono distratto, tanto che Zoro si accigliò.
    «Come mai sei così stranamente di buon umore?»

    Sanji scrollò semplicemente le spalle, gettando finalmente la sigaretta in tasca. Tanto sarebbe stata inutilizzabile, e, in quel momento, non avrebbe comunque fumato. «Sarà l'aria del deserto. Oppure sto cominciando ad avere le allucinazioni, che ne sai», replicò sarcastico, scoccandogli un'occhiata prima di sorridere, divertito. «Magari in questo momento ai miei occhi sei un miraggio e ti sto immaginando come una bellissima donna, per quanto potresti saperne».
    Zoro sentì un brivido corrergli lungo la schiena, e fu certo che la colpa non fosse da imputare all'aria fresca che, durante la notte, si innalzava fra le dune. «Spero vivamente che tu stia scherzando, ricciolo».
    «Certo che sto scherzando!» rimbrottò immediatamente Sanji, arricciando il naso. E sì che l'aveva messo in mezzo lui, quello stupido discorso da quattro soldi. «Nemmeno un miraggio riuscirebbe a rendere un armadio a quattro ante come te, per di più con quel brutto muso che ti ritrovi, favoloso come una bella donna avvenente... è psicologicamente impossibile, anche volendo».
    «Non so se prenderla come un'offesa o come un complimento».
    «Prendila come vuoi, marimo», bofonchiò nel sentire fin troppo bene la nota sarcastica nelle parole del Vice Capitano.
«Ma per una volta ti converrebbe approfittare della mia gentilezza senza stare sempre a lamentarti».
    Zoro si lasciò sfuggire uno sbuffo ilare, picchiettando il dorso peloso del lupo. Era ancora morbido e per niente rasposo come aveva immaginato che sarebbe diventato una volta morto, e, se avesse potuto, si sarebbe volentieri fermato e appisolato da qualche parte, usandolo come cuscino. A quel pensiero scosse il capo, guardando finalmente il compagno. «Strano, di solito la gentilezza la riservi alle donne... anche se non ti si filano nemmeno di striscio».
    «La speranza è l'ultima a morire, non lo sai?» replicò il cuoco, anche se non sembrava lui stesso convinto delle parole appena pronunciate. E, probabilmente intuendolo, Zoro agitò semplicemente una mano per liquidare la faccenda. A volte anche lui capiva quando non era il momento di infierire su qualcosa, e quel frangente era uno di quelli.
    «Ah, lascia perdere, cuoco. Vediamo di darci una mossa, piuttosto».
    Sanji parve cogliere al volo quell'occasione di tacere, non volendo intraprendere per niente quel determinato discorso. Amava le donne, venerava le donne, avrebbe fatto di tutto per una donna... ma non sembrava avere con loro il successo che desiderava. Per una volta, e detestava ammetterlo, era maledettamente d'accordo con quanto aveva detto Zoro, anche se non glielo avrebbe confessato nemmeno morto. Bizzarro. Davvero bizzarro. Trovarsi a concordare con qualcosa detto da quella testa d'alghe era la prova che il mondo stesse andando a rotoli, poiché lo spadaccino era l'ultima persona sull'intero pianeta che avrebbe potuto avere voce in capitolo su qualcosa, secondo il suo modesto parere. Per carità, Zoro era forte, bravo a combattere con la spada e maturo all'occorrenza, ma di donne non ne capiva davvero un accidente. Non bastava essere un bell'uomo - e quel marimo lo era, negarlo sarebbe stato stupido - per far breccia nel cuore delle donne... no? Altrimenti lui avrebbe avuto milioni di donne già da un pezzo. A quel suo stesso pensiero, Sanji sospirò, sentendosi stranamente demoralizzato. Non bisognava fare di tutta l'erba un fascio, non erano necessari due pesi per due misure e di donne ne era pieno il mondo, però, accidenti, forse era proprio lui quello che non andava. Aveva per caso una maledizione che scacciava il genere femminile da lui? Bah, avrebbe tanto voluto saperlo e mettere ordine nel suo cervello.
    Troppo preso da quelle sue stupide turbe - perché, aye, in mezzo al deserto era alquanto stupido pensare ad un bel seno prosperoso e a quanto sarebbe stato bello toccarlo -, non fece attenzione a dove metteva i piedi e inciampò in un sasso nascosto fra la sabbia, e fu solo grazie al pronto intervento di Zoro, che lo aveva immediatamente afferrato per un braccio, che non si sfracellò la faccia contro il rialzamento di pietra che un tempo, prima della guerra, era appartenuto alla fiancata di una casa. Merda, ci era mancato maledettamente poco.
    «Si può sapere a che diavolo stai pensando?» bofonchiò il Vice Capitano in tono di rimprovero, mollandolo solo dopo averlo rimesso in piedi lui stesso. «Guarda dove vai, idiota d'un cuoco».
    Preso alla sprovvista, Sanji ringraziò il cielo che fosse notte e lo spadaccino non potesse vederlo con attenzione in viso, poiché si sentì andare letteralmente le guance in fiamme per l'imbarazzo. Aveva fatto la figura del completo stupido... per di più con quel cretino di Zoro, accidenti. «Il bue che dice cornuto all'asino», volle comunque ribattere, per quanto sapesse che stavolta le parole di quello scemo d'un marimo non erano poi così lontane dalla verità.
«Tieni stretti quel lupo, piuttosto», soggiunse, ricomponendosi per fulminarlo con lo sguardo e indicarlo poi da capo a piedi con indice e medio. «Se ti azzardi a perderlo, o se solo provi a perderti tu stesso, vengo a cercarti, ti sfondo il culo a suon di calci e ti ci metto a te a rosolare sul fuoco».
    Zoro sollevò un sopracciglio. «Bella prova, cuoco. Ti prenderò sul serio solo quando riuscirai a stare in piedi con le tue stesse gambe», lo prese in giro, ignorando gli epiteti ben poco cordiali che gli vennero immediatamente lanciati contro da Sanji, che si calmò solo una buona ventina di minuti dopo, un po' a causa del sonno che gravava su entrambi e un po' a causa della stanchezza. A suo dire erano quasi arrivati - aveva visto un altro punto di riferimento, per quanto lui, all'andata, non avesse poi fatto caso a qualcosa più di tanto -, anche se la strada da fare era ancora piuttosto lunga. E se contavano il fatto che quasi non si reggevano più in piedi, beh... la vedeva dura.
    «Forse ci converrebbe fermarci per riposarci un po'», si fece sentire d'un tratto Sanji, levandosi il cappuccio e indicando con un cenno del capo una concava naturale scavata nella roccia dalla sabbia e dal vento durante i secoli.
«Lì dentro saremo al sicuro da eventuali tempeste».
    «Era ora», bofonchiò Zoro. «Stavo morendo di sonno».
    «E perché diavolo non me l'hai detto?»
    «Tanto non mi avresti ascoltato, che senso aveva?» ironizzò, dirigendosi a passo di marcia verso il punto precedentemente indicato dal cuoco, che se n'era rimasto indietro a borbottare tra sé e sé per quella scarsa considerazione. Però, tutto sommato, lo spadaccino aveva ragione: non gli avrebbe dato retta e avrebbe continuato per la sua strada, visto che era risaputo che Zoro dormisse a qualsiasi ora del giorno e della notte.
    Scuotendo il capo per scacciare quei pensieri, Sanji lo raggiunse, vedendolo sistemare la carcassa di quel lupo - carcassa che stava cominciando un po' a puzzare, a dirla tutta - in un angolo, liberarsi della giacca e distenderla sulla sabbia, così da ricavare un giaciglio improvvisato sul quale avrebbe potuto riposare senza problemi, cosa che fece qualche istante dopo con un lungo sospiro soddisfatto. E, accidenti a lui, quel letto arronzato aveva proprio l'impressione di essere abbastanza comodo. Senza nemmeno rifletterci su più di qualche secondo, quindi, si sdraiò a sua volta nel poco spazio rimastogli e si addossò allo spadaccino, avvolgendogli un braccio intorno ai fianchi. E Zoro aprì di scatto gli occhi nell'avvertire quel contatto, abbassando lo sguardo sulla sua zazzera bionda.

    «Ohi, che diavolo...?» cominciò incredulo, ma Sanji gli tappò immediatamente la bocca.

    «Non azzardarti a dire niente, marimo», borbottò di rimando, allontanando la mano solo per sistemarsi meglio contro il suo petto. Era solo per stare al caldo che si era avvicinato a quell'idiota, mica per altro... o almeno fu con quella scusa che cercò di convincere se stesso, tanto che si maledisse mentalmente per quel pensiero. Sbuffò, abbassando le palpebre. «Vedi di dormire, chiaro? Appena farà giorno ci rimetteremo subito in marcia. Buonanotte».
    Zoro lì per lì si accigliò per quel suo modo di fare, però, una volta passato lo smarrimento iniziale che lo aveva colto, si ritrovò a sollevare un angolo della bocca in un sorriso, incrociando un braccio dietro alla testa per portare contro di sé il cuoco con l'altro, godendosi il calore che stava cominciando a disperdersi nei loro corpi.
    Una tregua del genere non era male, una volta ogni tanto
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Aye, aye, purtroppo lo so. Ci ho messo secoli per aggiornare questa raccolta, l'ultima storia risale a... non ne go la minima idea, ma risale a troppo tempo fa con quella ZoNami Nakamaship. L'ho un po' trascurata a favore di altre raccolte, altre long fiction e altre one-shot, e la cosa mi dispiace molto, moltissimo, visto che quando l'ho cominciata ero davvero contentissima, essendo la prima raccolta che avevo intenzione di postare sul fandom appena arrivata
Comunque sia, credo che alla fine le storie non saranno più trenta, bensì cinquanta. Giacché io scrivo principalmente ZoSan, conclusa questa sarebbe stupido cominciare un'altra raccolta che segue più o meno la stessa base di questa, quindi mi conviene incorporare i nuovi capitoli in una sola e cambiare quel Thirty in Fifty, anche se Thirty mi piace di più *rotola*
Non so se lascerò quel numero o meno, anche perché per me significa qualcosa, ma si vedrà
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 28
*** What amazing crew, what amazing feeling ***


What amazing crew, what amazing feeling

Titolo: What amazing crew, what amazing feeling
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 2567 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Nico Robin, Sanji Black-Leg, Mugiwara
Genere: Generale, Avventura, Sentimentale, Vagamente Ironico
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Assurdità sparse, Slice of Life, What if?

Colourful Green: #04. Invidia
Tabella/Prompt: Luoghi › 15. Bosco

Binks Challenge: 31° Cimitero › 32° Invidia
Una ficcy... al prompt:
Ti sei mai innamorato? 


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    Zoro si schermò gli occhi con una mano per proteggerli dalla luce del sole, incapace di capire esattamente che ore fossero.
    Se doveva dirla tutta non era nemmeno certo di dove si trovasse, e, a quanto sembrava, neanche Robin era riuscita a determinare la zona in cui erano capitati, pur perlustrando i dintorni con il suo potere. In poche parole si erano persi in due, e di sicuro era l'unico a trovare quella situazione particolarmente snervante. Non appena aveva visto i ruderi e il cimitero presente in zona, difatti, Robin gli aveva detto di aspettare con un semplice cenno della mano, incamminandosi fra le lapidi ricoperte di muschio che spuntavano dal terreno per avvicinarsi estasiata alle rovine, curiosa. Aveva ripulito dalla polvere i caratteri scolpiti nella roccia, incurante di essersi macchiata le dita di erba e detriti, e, immergendosi completamente in quel mondo antico, aveva cominciato a leggere le vecchie scritture senza più badare a Zoro, che si era ritirato in un angoletto con le braccia incrociate dietro alla testa. Tra uno sbadiglio e l'altro aveva osservato l'archeologa, seguendola con lo sguardo ogni qual volta lei, eccitata come non mai, scavalcava qualche tomba per spostarsi verso altre costruzioni di pietra e assimilarne la conoscenza, desiderosa di saperne sempre più sulla popolazione che aveva abitato su quella parte dell'isola, qualunque essa fosse. E tuttora lo stava facendo, per quanto Zoro avesse ormai raggiunto il punto di rottura.
    Borbottando qualcosa fra sé e sé, lo spadaccino si sdraiò del tutto sull'erba alta che ricopriva gran parte del cimitero e continuò a fissare il cielo, trovando molto più interessanti le nuvole sfilacciate che, sospinte dal vento, sembravano ricordargli il fumo della sigaretta di un certo idiota di sua conoscenza. Se ci fosse stato lui avrebbero sicuramene litigato come al solito, però, e doveva ammetterlo, almeno sarebbe stato molto più interessante di quel mortorio. Non che starsene per una volta tranquillo gli dispiacesse davvero come voleva far credere a se stesso, ma alla lunga, specialmente dopo tutto il tempo che aveva passato con quella sgangherata ciurma, quella situazione, per lui, stava cominciando a diventare snervante. E, forse per ricordargli che il cuoco serviva anche a qualcos'altro, il suo stomaco brontolò in modo imbarazzante, richiamando l'attenzione di Robin e facendo imporporare lui come un dannato moccioso. Ah, merda.
    «Oh, scusa, kenshi-san... ci ho messo troppo?» domandò l'archeologa in tono cortese, annullando la distanza che li separava mentre si sistemava la borsa in spalla. I suoi passi erano leggeri e aveva un bel sorriso compiaciuto in volto, e forse fu proprio nel vederlo che Zoro evitò di risponderle sgarbatamente che, aye, per i suoi gusti aveva perso decisamente troppo tempo.
    «Ah, lascia perdere», borbottò nel rialzarsi in piedi, e nel lanciarle un'occhiata si accigliò, concentrando la propria attenzione sul braccio destro della donna, percorso da un taglio netto e regolare che sanguinava pigramente verso il basso. «Ohi, ma sei ferita».
    Robin sbatté le palpebre, abbassando a sua volta lo sguardo sul punto che lo spadaccino stava fissando. «Oh, dev'essere successo quando mi sono inoltrata fra quegli arbusti», fece spallucce, accennando distrattamente con una mano ad un groviglio di rovi sulla destra, a ridosso di un edificio inclinato su se stesso e dal tetto ormai cadente. «Forse è stata qualche spina».
    «Stupida», sbottò Zoro in risposta, sciogliendo con i denti la bandana che portava legata al braccio per fasciare con essa la ferita alla bell'e meglio, dandole la forma di una medicazione improvvisata sotto lo sguardo stralunato dell'archeologa. «Non fare quella faccia», soggiunse lo spadaccino nel vederla, sbuffando, «non vorrai sanguinare fino a che non raggiungeremo gli altri, spero».
    Robin sorrise, tornando a fissare il viso del compagno, vagamente arrossato. Tutti sapevano come Zoro non facesse distinzioni fra uomini e donne, dunque il fatto che si fosse preoccupato in quel modo - per un taglietto da niente, poi - sembrava quasi divertirla. «Quanta premura, kenshi-san».
    «Non è premura, è una precauzione», sembrò voler precisare immediatamente il Vice Capitano, come a voler mettere in chiaro che lui, a differenza del cuoco, non faceva favoritisi alle donne. Se al suo posto si fosse trovato Usopp, Franky o Rufy, avrebbe fatto la stessa identica cosa.
    «Quindi l'avresti fatto anche se si fosse trattato di cook-san?»
    Oh, beh, certo. Ovvio. Se si fosse trattato di quell'idiota avrebbe stretto fino a che il sangue non si fosse fermato del tutto e lui fosse stato sicuro che quel damerino non correva il rischio di stramazzare al suolo. Alt. Un momento. Che cazzo stava pensando? E perché sembrava che Robin leggesse ciò che gli passava in quel fottuto cervello che si ritrovava?
    «Quel cuoco di merda sa cavarsela benissimo anche da solo», bofonchiò, frenando miracolosamente i propri pensieri. Stavano diventando un po' troppo pericolosi, per i suoi gusti. «Non vedo perché dovrei stargli dietro ventiquattr'ore su ventiquattro».
    «Oh, ma tu vorresti stargli dietro, non è così?» replicò Robin, e Zoro, nel voltarsi verso di lei, aprì la bocca per rispondere, tacendo qualche attimo dopo nel notare il luccichio sfavillante nei suoi occhi e l'aria divertita che sembrava essersi dipinta sul suo viso. Ohi, che cazzo...? Quella che aveva letto nelle parole di Robin era malizia? O era lui quello che si faceva inutili viaggi mentali e paranoie di ogni genere? Och, sicuramente era vera la seconda ipotesi.
    «C-Che diavolo stai farneticando?» borbottò, cominciando ad incamminarsi nel folto del bosco, forse nella speranza che la conversazione morisse lì e Robin non cercasse inutilmente di fargli fare pace con il suo stupido cervello. Non voleva sapere cosa gli gironzolasse nella testa da un po' di tempo a quella parte quando si trattava di lei, del cuoco o di chiunque fosse nel raggio di mezzo centimetro da lui. «Vediamo di darci una mossa, piuttosto. Dobbiamo trovare gli altri».
    «Non credo che quella sia la direzione giusta, kenshi-san», gli disse Robin, facendo fiorire una mano sul suo braccio per afferrargli il polso, volendo richiamare la sua attenzione in quel modo. «Siamo venuti da lì e abbiamo girato in tondo per ben tre volte». Segnò il numero con un'altra mano prima di accennare con una terza un piccolo sentiero che si estendeva fra l'erba alta dietro al limitare del cimitero. Non si riusciva a scorgere nemmeno se non si guardava con attenzione, e Zoro, pur borbottando che lui sapeva perfettamente dove stava andando, dovette ammettere a se stesso che Robin ci sapeva fare, nel vedere piccolezze simili. Non era archeologa per nulla, in fin dei conti.
    «Che stiamo aspettando, allora?» rimbrottò dunque lo spadaccino, ritornando sui propri passi per seguire Robin da almeno mezzo metro di distanza. In quel modo avrebbe avuto maggior spazio di manovra in caso qualche bizzarro animale avesse deciso di attaccarli, e avrebbe anche potuto controllare meglio la zona e Robin stessa, che in quel momento aveva imboccato il sentiero senza aspettarlo, certa che lui l'avrebbe seguita senza problemi.
    Ficcandosi una mano nell'haramaki e poggiando l'altra sull'elsa dell'Ichimonji, Zoro affrettò l'andatura e cominciò a guardarsi intorno con estrema attenzione, facendo scorrere gli occhi sulle cime degli alberi che li sovrastavano ai rami più bassi che si chiudevano intorno a loro, sino a passare agli arbusti così fitti che sarebbe stato costretto a tagliare per riuscire a passare, se avessero dovuto prendere quel sentiero. Si ritrovarono ben presto in uno spazio angusto costeggiato da una fila d'alberi sulla destra e un'enorme costruzione sul davanti, completamente coperta di muschio e d'edera. La parte superiore era crollata e le pietre erano state logorate dalle intemperie, simbolo che quell'edificio doveva avere più anni di loro due messi assieme.
    Robin non perse un attimo ad avvicinarsi, curiosa. «Ti spiace se do' una veloce occhiata anche a questo, kenshi-san?» domandò, ma sembrava pronta a studiarlo comunque anche se lo spadaccino in questione le avesse messo addosso una fretta del diavolo. Zoro si limitò dunque a fare spallucce e a lasciarle carta bianca, gettando un rapido sguardo verso un albero concavo che, in quel momento, sembrava perfetto per un'altra pennichella. Robin avrebbe sicuramente perso un mucchio di tempo, quindi perché non dormire? A ridestarlo da quei suoi pensieri fu l'urlo dell'archeologa, e volse rapidamente lo sguardo nella sua direzione solo per vedere la terra spaccarsi del tutto sotto i suoi piedi e lei capitolare di sotto.
    «Merda!» esclamò, gettandosi svelto verso il bordo del precipizio per allungare una mano, non riuscendo ad afferrarla in tempo; gli rimase solo il laccio della borsa e, imprecando, si gettò a sua volta nel vuoto, avvolgendo un braccio intorno ai suoi fianchi prima di affondare a tentoni una mano nel terriccio nel vano tentativo di arrestare la loro caduta, catturando fra le dita una radice che sporgeva nella parete, per quanto la presa stesse già cominciando a venir meno. La radice  si staccò del tutto dal terreno e ricominciarono a precipitare, e Zoro ebbe appena il tempo di pensare che la sua vita sarebbe finita in quel modo miserevole prima che nelle sue orecchie sentisse Robin esclamare «Cient Fleur Wing!
» e ritrovarsi con un braccio ghermito da entrambe le mani dell'archeologa, sospeso a qualche metro da terra.
    Non riuscendo a capacitarsene, sollevò lo sguardo, vedendo Robin con... merda, erano ali, quelle che aveva sulla schiena? Da dove cazzo erano uscite? «Ma che diavolo...?!» esclamò incredulo, vedendo Robin sorridere con una certa fatica.
    «Attenuerà un po' la caduta», asserì semplicemente lei, e, prima ancora che Zoro potesse anche solo pensare di ribattere qualcosa, quelle ali sparirono, lasciandoli nuovamente in balia della forza di gravità; rapido come una freccia scoccata da un arco, il Vice Capitano afferrò Robin sotto l'incavo delle ginocchia e la sorresse contro il proprio petto, caracollando sul terreno con tutto il peso. Ruzzolarono per più di mezzo metro prima di riuscire a fermarsi, e lo spadaccino, imprecando, si sollevò a fatica con l'archeologa ancora fra le braccia, sentendo l'erba umida attorniargli le ginocchia e bagnargli i pantaloni.
    «Ohi, tutto bene?» domandò a Robin nel vederla massaggiarsi la testa, sospirando di sollievo quando lei alzò il viso e gli sorrise.
    «Sto bene, kenshi-san, grazie».
    «Ohi, bastardo di un marimo! Leva subito le tue manacce da Robin-chan!» La voce improvvisa di Sanji fu capace di farli sussultare entrambi, come se fossero appena stati colti in flagrante a fare cose di dubbia moralità. Sollevarono in contemporanea lo sguardo verso di lui, a meno di un metro di distanza, scorgendo le sagome dei restanti membri della ciurma che si facevano largo nel bel mezzo della boscaglia. Prima ancora che potesse anche solo pensare di lasciare l'archeologa, però, Zoro fu scaraventato contro il muro di terra dietro di sé da un calcio poderoso del cuoco, che si inginocchiò immediatamente davanti alla donna dopo averle delicatamente preso le mani. «Stai bene, Robin-chan? Quel gorilla pervertito ha provato a farti qualcosa? Ad una tua sola parola è un uomo morto!»
    Al tono concitato e nervoso del cuoco, Robin ridacchiò, e, gettando uno sguardo al povero spadaccino preso ingiustamente a calci, scosse il capo. «Tranquillo, cook-san... kenshi-san si è comportato come un vero e proprio gentiluomo», lo rassicurò, per quanto Sanji non si fosse risparmiato dal fulminare con lo sguardo Zoro, appena rimessosi in piedi. Merda, quel cuoco era fuori di testa.
    Per fortuna o per sfortuna, la sera calò in fretta e li costrinse ad accamparsi nel bosco, a più di mezza giornata di cammino dal luogo in cui avevano attraccato la Sunny. Franky era rimasto a fare la guardia e non si sarebbe di sicuro spaventato a passare la notte da solo, dunque, dopo quella che parve un'eternità, accesero un fuoco e Sanji cominciò a preparare la cena, spronato da un Rufy sempre più desideroso di mettere qualcosa sotto i denti. Dal canto suo, invece, Zoro se ne stava seduto contro il tronco di un albero ad osservarlo con la fronte aggrottata, continuando a domandarsi perché diavolo quell'idiota se la fosse presa così tanto per un'idiozia simile. Se ci fosse stato lui avrebbe anteposto l'incolumità di Robin alla propria, no? Quindi perché accidenti doveva fare tutte quelle storie? E perché lui ci stava ancora pensando? In fin dei conti di quel cretino di un cuoco non gli interessava nulla, anche se...
    «Va tutto bene, kenshi-san?» gli venne chiesto da Robin, prima che quest'ultima si accomodasse accanto a lui. La guardò velocemente e fece spallucce, tornando a concentrarsi, anche non volendo, sui movimenti del cuoco, che aveva frattanto rifilato un calcio a Rufy per evitare che rubasse dallo spiedo il cinghiale che stava ancora rosolando sul fuoco.
    «Certo che va bene, perché non dovrebbe?» borbottò di rimando, sentendola ridacchiare.
    «Te la sei presa per il modo in cui ha reagito cook-san?»
    «Che diavolo vai dicendo? Non sono un moccioso, Robin. Quel cuoco può fare quello che gli pare e piace, la cosa non mi sfiora minimamente», ci tenne ad informarla, come se si sentisse in dovere di farlo. I discorsi di Robin avevano preso una piega un po' imprevista, e se la donna avesse continuato a stressarlo in quel modo, molto probabilmente avrebbe dato in escandescenza e non avrebbe capito più niente. «Ohi, piuttosto, uhm... sei stata grande. Con il trucco delle ali, intendo».
    L'archeologa sorrise, accavallando disinvolta le gambe e, poggiando un gomito sul ginocchio, abbandonò il mento sul palmo di una mano. «Quello non era nulla di che... dura solo cinque secondi, ecco perché lo uso molto raramente. E tu sei di sicuro molto più leggero di Franky», ridacchiò, facendo fiorire una mano sulla sua spalla per carezzargli una guancia con la punta delle dita, tutto solo per il gusto di vederlo arrossire e distogliere lo sguardo come un ragazzino. E fu proprio nel farlo che Zoro si accorse che avevano un osservatore, e che quell'osservatore era proprio quell'idiota di un cuoco, il cui sguardo stranito non lasciava spazio a fraintendimenti. Ma non doveva importargliene nulla, giusto? Robin era adulta e poteva fare qualunque cosa desiderasse... anche corteggiare lui, a quanto sembrava. Ah, accidenti. Non era abituato a cose del genere. «Ti sei mai innamorato, kenshi-san
    Confuso come non mai, Zoro sbatté più volte le palpebre, accigliato. «Che razza di domanda è?»
    «Una domanda per fare due chiacchiere in attesa della cena». Robin sorrise comprensiva, picchiettandosi due dita sul labbro inferiore. «Io ti piacerei?»
    Se prima era arrossito, adesso il viso del Vice Capitano tendeva al violaceo. «P-Perché diavolo mi chiedi una cosa simile?»
    «Lo devo prendere per un no? Forse è perché sono troppo grande?»
    «Cos... n-non è per questo!» farfugliò, ma quel suo modo di fare riuscì solo a far ridere Robin in maniera ancor più spensierata, tanto che si coprì la bocca con una mano.
    «Stavo scherzando, kenshi-san, rilassati», lo rassicurò, gettando una rapida occhiata verso il cuoco, che aveva distolto lo sguardo proprio in quel momento per tirare un calcio al Capitano, approfittatosi di quel suo breve attimo di distrazione per provare a rubare del cibo. Robin alla scena ridacchiò, tornando ad osservare distrattamente lo spadaccino. «Ma qualcuno che potrebbe piacerti c'è... o sbaglio?»
    Zoro si lasciò sfuggire uno sbuffo scocciato, per quanto l'archeologa fosse stata sicura che anche lo sguardo del Vice Capitano, forse non volendo, era andato a cercare la figura di Sanji.
«Non ho tempo da perdere dietro a idiozie simili», bofonchiò poi, cercando di convincere se stesso e anche la donna; senza aggiungere altro, e senza nemmeno attendere che fosse proprio lei a farlo, si alzò e la lasciò sola, dirigendosi, guarda caso, proprio verso il cuoco. E a Robin parve un dettaglio insignificante il fatto che l'avesse fatto per infastidirlo, vedendoli poi litigare come loro solito per chissà quale parola di troppo.
    Scosse il capo, divertita. Quei due sarebbero rimasti degli
adorabili testoni.





_Note inconcludenti dell'autrice
Mboh. Non ho la benché minima idea di come abbia fatto ad uscire una storia del genere - poteva sembrare una ZoRobin, neh? -, però con questa one-shot ho lasciato ben intendere quanto diavolo mi piacciano i paesaggi naturali e in particolar modo le giornate passate nei boschi e le nottate accanto al fuoco. Perché? Semplicemente mi piace da impazzire e basta, non c'è un perché
Comunque sia, mi piace molto anche il rapporto che c'è tra Robin e Zoro, non necessariamente visto come romantico ma strettamente nakamaship. Un po' come con Nami, che vedo unicamente con Rufy, però, quando si tratta di Zoro, ce la vedo come compagna di bevute dello spadaccino e certe volte anche come dispensatrice di buoni consigli... a caro prezzo, ovviamente! *Ride in maniera incontrollata*
Era da tantissimo tempo che non aggiornavo questa raccolta e sono contentissima di averlo fatto con una ZoRobin nakamaship infarcita di ZoSan, e spero davvero che mi venga qualche altra idea per rendere sempre più palese l'affetto che lega tutta la ciurma, sia esso in senso amoroso o semplicemente fraterno. E poi, beh... io a Robiin l'ho sempre un po' vista come la mamma dell'equipaggio :3
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 29
*** [ All I want for Christmas is you ] Phantoms in falling snow ***


Phantoms in falling snow Titolo: [ Special ] Phantoms in falling snow
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 6513 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Genere: Generale, Avventura, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Assurdità sparse, Slice of Life, What if?
Torneo Hunger Games: Vischio
Notte Bianca VII: Nevicata improvvisa nel momento meno opportuno @
[info]mapi_littleowl
Categoria di prompts: Condizioni di tempo atmosferico › Neve
The season challenge: Inverno › Vischio


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Non era la prima volta che Sanji vedeva la neve, ma fino a quel momento non aveva mai visto una città completamente agghindata. Rosso e oro spiccavano come tante luci in mezzo a quel bianco abbagliante, e, pur essendo solo vagamente a conoscenza del perché in tutta la zona si sentisse una così allegra aria di festa, quella era una cosa quanto meno apprezzata.
    Da mesi, ormai, le loro giornate erano divenute un susseguirsi di eventi imprevisti e disastrose fughe da marines fin troppo zelanti, quindi quell’atmosfera tranquilla e per niente bellicosa non poteva che fare bene all’animo di tutti loro. Per quanto il Capitano stesse protestando da una buona manciata di minuti che aveva fame, ovviamente. Una vera e propria esasperazione. Però, e Sanji doveva ammetterlo, tutto sommato anche i suoi lamenti passavano in secondo piano, se messi a confronto con lo spettacolo che avevano dinanzi. Ovunque si guardasse, sulle case, fra le cime degli alberi e persino al di sopra delle lettere dorate che componevano il nome della città, palline colorate e festoni abbellivano ogni angolo e rendevano quel paesaggio quasi magico, difficile dire se fosse a causa del Natale - così l’aveva chiamato l’uomo al quale avevano chiesto indicazioni, almeno - o del dolce profumo di panettoni appena fatti e delle canzoni allegre che sembravano risuonare in ogni dove. Proprio un posticino niente male per rifocillarsi, tutto sommato. Sempre lamenti del Capitano a parte.
    «Rufy», lo riprese Nami tutto d’un tratto, più paziente di quanto gli altri credessero. «Se apri nuovamente bocca, giuro che ti lego un blocco di cemento al collo e ti getto a mare. Intesi?» Beh, come non detto. Non era paziente per niente e l’aveva appena dimostrato.
    «La smetto solo se andiamo a mangiare», si impuntò Cappello di paglia, e la navigatrice, dopo aver tratto un lungo sospiro, sollevò lo sguardo al cielo. Cosa aveva fatto di male per meritarsi un Capitano del genere?
    «D’accordo, ma guai a te se mi fai spendere troppo», lo mise in guardia, girandosi poi per indicare ad uno ad uno il resto della combriccola. «E questo vale anche per voi. Non mi va di finire sul lastrico solo per riempire il vostro stomaco in chissà quale bettola, mi sono spiegata?»
    Un annuire collettivo e terrorizzato - tranne da parte di Sanji, il quale aveva immediatamente dimenticato il paesaggio per lodare come un idiota la sua bella compagna di ciurma - la fece sorridere, tanto che fu lei stessa ad incamminarsi per prima, con in viso la stessa espressione soddisfatta di un gatto che si era appena mangiato un topo.
    «Benissimo. Dopo mangiato andremo a fare rifornimento per la nave, così potremmo goderci i restanti tre giorni che serviranno al Log Pose per registrare il magnetismo dell’isola».
    «Non dovremmo chiamare anche kenshi-san, allora?» la buttò lì Robin, gettando una rapida occhiata verso il promontorio dietro cui avevano nascosto la Sunny. In fin dei conti erano pirati, quindi avevano preferito non ancorarsi vicino al porto, per quanto quella cittadina non apparisse per niente ostile. Sembravano tutti concentrati a festeggiare, piuttosto che preoccuparsi dell’arrivo di possibili imprevisti.
    «Qualcuno deve pur restare di guardia. Lo chiameremo più tardi».
    «Zoro ha detto che preferisce restare a bordo. Quando sono sceso si stava allenando», si intromise Chopper, sorridendo nel sentire la neve sotto le zampe. Non aveva smesso di farlo da quando erano arrivati, e di questo Usopp se ne accorse, tanto che gli diede un’amichevole pacca su una spalla.
    «Ti ricorda casa, eh?»
    Il medico annuì energicamente, più pimpante che mai. Quello era stato un regalo di compleanno magnifico, per lui. Pur avendolo ricevuto con un giorno di ritardo. «Era da tanto che non vedevo tutta questa neve! Chissà come stanno Doctorine e tutti gli altri!»
    «Vedrai che stanno alla grande! Soprattutto la vecchia, arzilla com’è!»
    «Su questo sono d’accordo con Usopp», ridacchiò Nami, stringendosi nella felpa e sistemandosi al contempo la sciarpa intorno al collo per proteggersi dal venticello gelido. «Quello scemo di Zoro è instancabile, comunque. Come farà ad allenarsi mezzo nudo con questo freddo è un mistero».
    «Semplicemente perché è idiota, Nami-san», le disse Sanji in tono sarcastico, e la navigatrice si ritrovò a sbuffare ilare, dovendo in qualche modo convenire con lui. In fondo non aveva tutti i torti, e forse gliel’avrebbe anche detto se Sanji, scavando nelle tasche del giaccone e in quelle del pantalone, non avesse imprecato a denti stretti, facendole sollevare un sopracciglio. «Ah, merda. Ho dimenticato le sigarette».
    Usopp gli scoccò un’occhiata, scrollando le spalle. «Puoi sempre comprare un pacco qui, no?» gli suggerì, ma Sanji storse il naso, come se la cosa non gli andasse per niente a genio.
    «Scherzi? Con quello che costano? E poi non vedo l’ombra di una tabaccheria, quindi preferisco andare sul sicuro e prenderne un paio sulla Sunny».
    «Di’ piuttosto che vai a dare una controllata a Zoro, fratello», sghignazzò Franky, rimasto in silenzio fino a quel momento per concentrarsi solo sul paesaggio, e probabilmente sarebbe stato meglio se avesse continuato a farlo, visto lo sguardo infuocato che gli venne lanciato dal cuoco.
    «Franky, posso sempre trovare il modo di cucinarti in salmì. Cyborg o meno», sbottò quest’ultimo al suo indirizzo, dando le spalle a tutti loro e alle risatine divertite che parvero perseguitarlo persino giù per il sentiero che portava al promontorio. Dannazione, era così prevedibile? Sperava vivamente che quello scemo d’un carpentiere l’avesse detto solo per scherzo e non perché lo pensava davvero, poiché in tal caso prima avrebbe preso a calci lui e poi quell’altro idiota di Zoro, e senza nemmeno spiegargli il perché. Tanto un motivo per pestarlo l’avrebbe trovato comunque, alla fine.
    A quei suoi stessi pensieri, Sanji si ficcò entrambe le mani nelle tasche per proteggerle dal freddo e allungò il passo, desideroso di raggiungere in fretta la Sunny. E non perché aveva davvero intenzione di controllare Zoro - insomma, che diavolo poteva importargliene? -, ma semplicemente perché era in astinenza da nicotina e si stava gelando il culo. Tutto qui. Però si maledisse comunque quando la prima cosa che fece una volta raggiunto il brigantino fu quella di cercare lo spadaccino con lo sguardo, scuotendo il capo per dare priorità alle sigarette. Prima loro e poi il marimo, non c’era storia.
    Si sentì soddisfatto solo quando, una volta spalancata in fretta e furia la porta della camerata maschile e aver frugato un po’ dappertutto, trovò uno dei suoi preziosi pacchetti e ne tirò fuori una stecca, uscendo nuovamente sul ponte per fumarsela in santa pace. Se l’era da poco portata alle labbra e l’aveva accesa, però, quando si rese conto che c’era qualcosa che non quadrava, sulla Sunny. E non appena si accorse che quel qualcosa era uno strano silenzio, sollevò un sopracciglio, accigliato. Non sentiva il classico rumore metallico che producevano i pesi abnormi dello spadaccino quando venivano sollevati né tantomeno il suo sonoro russare, e la cosa lo stranì. Non era di guardia? «Zoro?» lo chiamò, cercandolo dapprima in cucina e poi su in palestra, tornando dabbasso per controllare i restanti locali e persino il magazzino, più la sala motori ricolma di barili di cola. Ma che diavolo...?
    «Ohi, marimo, se questo è uno scherzo è davvero di pessimo gusto», rimbrottò al vuoto, giacché dello spadaccino non c’era nemmeno l’ombra. Forse avrebbe dovuto informare gli altri? Per dire loro cosa, poi? Che Zoro era scomparso? Certo, come no. Conoscendolo si era semplicemente ritrovato a scendere e adesso si era perso chissà dove. Che idiota. «Guarda che io me ne vado, eh», lo mise in guardia, forse nel tentativo di spronarlo ad uscire, se era ancora lì. In fin dei conti erano soli e non avevano avuto un attimo libero per loro stessi né prima né dopo tutto il casino successo a Water Seven ad Enies Lobby, quindi avrebbero pur sempre potuto approfittarne... no? E allora dove diavolo era quell’idiota?
    Sanji aggrottò la fronte, mordendo furentemente il filtro della sigaretta. «D’accordo, spadaccino di merda. Ci si vede. Ma poi non osare lamentarti che non si scopa», sbottò, traendo una bella boccata di fumo prima di dirigersi verso il parapetto e afferrare la scaletta per scendere. Che si fottesse, quel cretino. Lui se ne sarebbe tornato dalle sue muse e avrebbe passato i restanti tre giorni in loro compagnia, riscaldandole quando avrebbero tremato dal freddo e stringendole contro il proprio petto per tutta la durata della festa cittadina, godendo della loro vicinanza e, soprattutto, di quella dei loro corpi prosperosi.
    A quella costatazione interiore, il cuoco ridacchiò e si tamponò il naso sanguinante contro la manica del giubbotto, immerso in quella che nella sua testa era ormai divenuta una visione oltremodo paradisiaca. E fu specialmente quello il motivo del suo ritardo, per quanto si fosse ritrovato a chiedere a qualunque passante se avesse visto una splendida donna dai lunghi capelli neri e una favolosa rossa tutto pepe - e, nay, non era stato un caso se aveva volutamente ignorato gli uomini che avrebbero dovuto essere con loro - girovagare per le stradine decorate a festa. Si era poi diretto all’ostello Angeli nella neve - qual posto migliore per ospitare le sue preziosissime muse, due angeli che ogni sacrosanto giorno avevano la pazienza di sopportare una ciurma di buzzurri? - seguendo le indicazioni che un gentile vecchietto gli aveva dato, e aveva letteralmente rischiato di scardinare la porta, entrando tutto impettito. Lo spettacolo che lo aveva colto l’aveva lasciato sbalordito, poiché ovunque guardasse c’erano abeti dai rami ricolmi di palline e festoni sulle cui punte troneggiavano angeli di ceramica dai vestiti di seta, renne di cartone fedelmente riprodotte appese ai muri e tavolate imbandite dai piatti più incredibili che avesse mai visto, dal semplice tacchino con contorno di patate lesse e carote a vere e proprie opere d’arte ricavate con la carne e la cresta di qualche Sea King. C’era persino del pungitopo su due camini, a loro volta agghindati con coccarde blu e argento e lucette colorate che si accendevano ad intermittenza, donando un senso di beatitudine e calore al pari del fuoco scoppiettante nel camino incassato nel muro in fondo alla sala.
    Colpito, aveva perso una buona manciata di minuti ad osservare a destra e a manca ogni particolare prima di ricordarsi perché si trovasse lì, e nel guardarsi intorno non ci mise molto a localizzare le due ragazze, nonostante quel posto fosse gremito di gente che gironzolava o se ne stava semplicemente seduta ai tavoli e su rosse poltrone di velluto.
    «Nami-swan! Robin-chwan! Il vostro cavaliere è tornato!» cinguettò, sovrastando il chiacchiericcio delizioso che albergava lì dentro; quasi danzando, il cuoco piroettò letteralmente nella loro direzione prima di prostrarsi davanti ai loro piedi su un ginocchio, con una mano teatralmente poggiata all’altezza del cuore. «Vi sono mancato, mie dolci muse?»
    Le ragazze ridacchiarono, ma fu Robin ad indicargli il posto vuoto accanto al suo. «Siediti e mangia anche tu finché sei in tempo, cook-san. Rufy-san, Usopp e Chopper sono andati a prendere dei dolci, ma conoscendo il Capitano vorrà mangiarsi anche quel poco che sono riuscita a metterti da parte».
    Nel sentirla, il cuoco andò letteralmente in visibilio, e ci mancò poco che scoppiasse in un pianto gioioso. «Oh, Robin-chan! Ti sei preoccupata per me? Sono così felic-» venne interrotto dalla grossa mano di Franky che gli tappò la bocca e lo tirò all’indietro fino a farlo sedere malamente lui stesso, avendolo visto in procinto di gettarsi a peso morto fra le braccia dell’archeologa, la quale fu abbastanza svelta a nascondere una risata.
    «Ohi, che accidenti fai?!»
    «Mangia e basta, fratello».
    «Cos’è, in mancanza del marimo sei tu a interrompere le mie dichiarazioni d’amore?» sbottò Sanji, ma a quel suo stesso dire si zittì un attimo, volgendo poi la propria completa attenzione sulla navigatrice. «A proposito del marimo, Nami-san, non era sulla Sunny», soggiunse, e la cartografa si accigliò.
    «Cosa? Non si stava allenando, quello scemo?»
    «Lo credevo anch’io, ma a quanto pare mi sbagliavo».
    Robin ridacchiò, sorseggiando distrattamente il the verde che aveva ordinato. «Probabilmente kenshi-san avrà cambiato idea. Mentre aspettavamo ho chiacchierato un po’ con il cameriere, e pare che per un’intera settimana non si farà altro che bere e festeggiare tutti insieme questa ricorrenza che loro chiamano Natale. Magari kenshi-san avrà sentito a sua volta questa voce e avrà deciso di unirsi ai festeggiamenti». Sollevò lo sguardo sui propri compagni, sorridendo amabilmente nel vedere le loro espressioni stranite. «Dopotutto sappiamo bene quanto lui adori bere, no?»
    «In effetti hai ragione», convenne Nami, sorreggendosi il viso sul palmo della mano con aria scocciata. «Però mi chiedo dove sia finito, adesso. Il suo senso dell’orientamento non è dei migliori... anzi, direi che non esiste affatto».
    «Nami-san, Robin-chan, non pensiamo a quello stupido marimo, adesso. Divertiamoci, tanto prima o poi salterà fuori come al solito».
    A quel dire Franky batté una mano sul tavolo, divertito. «Sono d’accordo con Mr. Sopracciglio. Non è di certo la prima volta che succede. Domani penseremo anche ai rifornimenti», disse, e Sanji, rivolgendogli un sorriso, afferrò il proprio boccale e lo sollevò verso l’alto.
    «Brindiamo a qualche giorno di tranquillità, allora!» esclamò allegramente, e per quanto il suo grido si fosse perso nella miriade di voci che riempivano l’ostello, i suoi amici lo imitarono e bevvero tutti insieme, sentendosi contagiati dall’aria festiva che aleggiava intorno a loro.
    Erano persino stati accolti dagli abitanti come se avessero sempre vissuto in città, difficile dire se fosse a causa di quella loro insolita ricorrenza o se fossero semplicemente ospitali con tutti, cosa che all’inizio li aveva portati a diffidare dallo gettarsi nella mischia. Avevano già avuto la loro brutta esperienza a Whisky Peek senza doverla ripetere una seconda volta. Tutto sommato, però, la gente del posto appariva socievole e i bambini avevano subito fatto amicizia con Rufy, giocando con la sua pelle elastica e gridando divertiti ogni qual volta lui allungava il viso per far loro le boccacce; Chopper aveva persino accettato di portarne in groppa qualcuno, scarrozzandoli di qua e di là per l’ostello nella sua forma di renna - alcuni bambini gli avevano persino chiesto se il suo nome fosse Rudolf, lasciandolo momentaneamente spiazzato -, mentre Usopp... beh, Usopp non la smetteva di raccontar loro le sue solite frottole, ma per una volta nessuno l’aveva richiamato all’ordine. Sembrava difatti che tutti si stessero divertendo, dunque farlo sarebbe stato un vero e proprio peccato.
    Pur essendoci quell’atmosfera gioiosa, però, Sanji si era sentito poco partecipe. Och, aveva fatto la corte a tutte le donne presenti e si era persino guadagnato un bacio su una guancia - da una vecchietta che l’aveva trovato simpatico, ma era pur sempre una donna, no?! -, tuttavia in qualche modo aveva sentito anche la mancanza delle solite scaramucce che vedevano sempre uniti lui e lo spadaccino. Forse sarebbe dovuto uscire e andare a cercarlo? Senza nemmeno starci a riflettere su oltre o a pensare di avvertire qualcuno, il cuoco recuperò il giaccone che aveva abbandonato dietro allo schienale della sedia e se lo infilò mentre si avviava verso l’ingresso, ignorando l’occhiata che gli venne lanciata dal padrone dell’ostello, seduto su una poltrona con un giornale fra le mani.
    «Dove vai, ragazzo?» gli fu chiesto proprio da quest’ultimo, con in viso un’espressione tra l’incuriosito e il preoccupato. «Non è consigliabile uscire quando cala il tramonto, specialmente in questo periodo dell’anno».
    Sollevando un sopracciglio, Sanji si fermò con una mano sul pomello della porta solo per osservarlo meglio. Dalla targhetta sul petto poteva leggere il nome Duth, ma non aveva idea se fosse davvero il suo e nemmeno gli interessava. «E perché?»
    «Tempeste di neve, temperatura sotto lo zero... a volte valanghe», lo informò, tornando con lo sguardo sulla pagina del giornale prima di accavallare le gambe. «Alcuni abitanti affermano addirittura che fra la neve si aggirino dei fantasmi, ma abito qui da più di vent’anni e non ne ho mai visti».
    «Magari è perché se ne sta rintanato qui dentro, lei che dice?» ironizzò, e l’uomo, dopo un attimo di silenzio - rotto solo dagli schiamazzi della festa ormai in fermento -, si lasciò sfuggire una grossa risata.
    «Vero anche questo, giovanotto. Ma se hai davvero così tanta fretta di uscire, fa’ pure. Io non ti fermo di certo».
    «Tanto non mi sarei fatto fermare comunque», precisò Sanji, chiudendo lì la conversazione per uscire; fuori, il vento gelido lo colpì come uno schiaffo in pieno viso e lo costrinse a socchiudere le palpebre e a nascondersi il volto con il colletto del giaccone, per quanto fosse del tutto vano tentare di riscaldarsi in quel modo. Faceva un freddo cane e per le strade innevate non c’era anima viva, tanto che tutti gli addobbi che venivano smossi dalle folate, le palline di plastica che cozzavano l’una contro l’altra e i cigolii delle insegne facevano apparire quel posto bizzarramente desolato, molto diverso da quando l’aveva visto non appena sbarcati.
    «Sanji?» La voce di Chopper alle sue spalle lo fece trasalire, e poco ci mancò che facesse un salto per lo spavento, voltandosi immediatamente verso di lui. Aveva riacquistato la sua forma normale e lo guardava con il naso all’insù, il cappello malmesso sulla testa e il capo inclinato un po’ verso una spalla, quasi fosse incuriosito. «Che cosa ci fai qua fuori? Fa freddo».
    Grattandosi dietro al collo, il cuoco cercò una buona scusa a cui appigliarsi, ma non trovandola si limitò a stringersi nelle spalle. «Io... ho una cosa urgente da fare», asserì semplicemente. «Puoi dire tu a Nami-san che tornerò il prima possibile?»
    «C’entra la scomparsa di Zoro?» domandò il dottore, aggiungendo subito un: «Me l’ha detto Franky» per giustificarsi non appena si accorse dell’espressione incredula del compagno, che si ritrovò a sospirare. Diavolo, quello scemo di Franky avrebbe fatto una brutta fine prima dell’alba, ne era certo. Altro che “A Natale si è tutti più buoni” come recitava il cartello verde e oro appeso fuori dall’ostello.
    «Okay, c’entra il marimo», si arrese all’evidenza, ponendo immediatamente un dito dinanzi a Chopper, giacché l’aveva visto pronto a ribattere. «Ma solo perché non possiamo perdere tempo dietro alle sue scomparse, visto che abbiamo a malapena tre giorni. Quindi prima lo troviamo, meglio è».
    «Allora ti accompagno».
    «Non ce n’è bisogno, Chopper».
    «Ma io posso sentire il suo odore».
    Sanji fece per aggiungere qualcosa, però il dottore non aveva tutti i torti. Essendo una renna aveva sicuramente un fiuto molto più sviluppato del suo, dunque perché non tentare? Avrebbero anche fatto più in fretta e sarebbero tornati a scaldarsi e a godersi il resto della serata, festeggiando la ricorrenza paesana. «Diamoci una mossa, Chopper», gli disse con semplicità, dandogli le spalle per incamminarsi per primo; il cuoco non poté vederlo in viso, ma l’esclamazione entusiasta che il medico si lasciò sfuggire gli diede l’agio di supporre che stesse anche sorridendo, e si ritrovò a sbuffare ilare, probabilmente divertito da quella bislacca spensieratezza. E come dargli torto, in fondo? Aveva sentito a sua volta quel discorso con Usopp, dunque era normale che il dottore si sentisse molto più a suo agio di lui in mezzo a tutta quella neve.
    Lasciò che Chopper lo superasse, e, una volta trasformatosi, lo vide annusare dapprima il terreno e poi l’aria, con naso e muso frementi nel tentativo di separare l’odore di Zoro da tutti quelli che li circondavano; con un cenno del capo, poi, Chopper lo spronò a discendere la stradina lastricata della città per addentrarsi nel bosco, lasciandolo accigliato. Dove accidenti era andato a cacciarsi quel marimo sperduto? Il cuoco imprecò a denti stretti, affrettando il passo il più possibile per non perdere di vista Chopper, prendendosi giusto un attimo per lanciare un’occhiata alle case desolate che si lasciava alle spalle. Davvero poco natalizio, avrebbe detto il sindaco del posto.
    A quel pensiero scosse il capo, chinandosi a mezzo busto per poter passare attraverso un intreccio di rami e foglie ormai bruciate dal freddo, ritrovandosi nella boscaglia; avanzarono fra la neve con lentezza, poiché ad ogni passo gli stivali di Sanji affondavano sempre più in quella coltre bianca che ricopriva completamente il terreno - avrebbe giurato che si fosse accumulata di quindici centimetri buoni, visto che gli arrivava alle caviglie - e lo costringevano a tirarli continuamente fuori, in modo da poter riprendere in fretta il cammino; Chopper aveva assicurato che sentiva vagamente l’odore di Zoro, e, per quanto non fosse a sua volta sicuro della distanza che li separava dal loro compagno, era certo che quella fosse decisamente la direzione giusta.
    D’un tratto Chopper si fermò, annusando insistentemente il terreno. «È passato da questa parte».
    «Sei sicuro?»
    Chopper annuì. «Non ci sono dubbi. Riconoscerei quest’odore di metallo fra mille».
    «Cerchiamo di trovarlo in fretta, allora», borbottò il cuoco, stringendosi nel giaccone e guardandosi intorno. «In questo momento preferirei essere dentro a festeggiare, piuttosto che qui fuori a cercare un idiota come lui».
    Il medico ridacchiò e, con un cenno del muso, lo invitò ad affiancarsi a lui, riprendendo quella traversata nella neve. Ad ogni passo le sue zampe lasciavano solchi profondi e netti, e forse avrebbero anche potuto utilizzare quelle come punto di orientamento nel caso in cui si fossero persi. Il tempo, però, parve essere malevolo con entrambi, poiché grossi fiocchi di neve cominciarono a cadere dal cielo, completando l'imbiancamento delle cime degli alberi e innevando loro stessi.
    Con uno sbuffo, Sanji si scrollò inutilmente un buon quantitativo di neve accumulatasi su testa e spalle, e per la distrazione quasi rischiò di sbattere la faccia contro il ramo basso di un albero, scansandolo appena in tempo con una piccola imprecazione; alzando lo sguardo si accigliò, rendendosi finalmente conto di essere rimasto solo. «Chopper?» lo chiamò, assottigliando le palpebre nel tentativo di scorgere qualche movimento oltre il folto del bosco, del tutto  immerso nella neve. Del dottore, però, non c’era nemmeno l’ombra.
    Sanji sospirò, scompigliandosi i capelli con una mano. Oh. Perfetto. Non solo il marimo, adesso anche Chopper. Beh, lui, almeno, aveva il vantaggio di poter sentire gli odori, quindi avrebbe potuto ritrovare entrambi molto più facilmente di quanto non avrebbero potuto fare loro. L’unica cosa da fare in quel momento era tentare di trovare Zoro, per quanto gli sembrasse un’impresa a dir poco titanica. Sarebbe stato più facile trovare l’All Blue, probabilmente, e la sua forse non era nemmeno ironia.
    Nel pensarlo si lasciò sfuggire uno sbuffo divertito e riprese ad avanzare lentamente nella neve, senza perdere di vista la boscaglia intorno a lui. Era attento a qualunque movimento e persino ai possibili richiami lontani degli animali, pur non avendo ancora sentito nulla. Sembrava quasi che il bosco stesso fosse addormentato in mezzo a quella neve, e ciò non fece altro che riportare nella sua mente il prepotente pensiero di ritornare sui suoi passi e di festeggiare il giorno di Natale in compagnia della restante ciurma. Zoro tanto sarebbe tornato da solo, no?
    Un rumore alle sue spalle lo mise in allerta e si affrettò a voltarsi, grattandosi il capo e sollevando un sopracciglio nel non vedere nulla. Strano. Forse se l’era solo sognato. Dovette ricredersi, però, quando tornò a guardare avanti e vide qualcosa muoversi fra la boscaglia, e Sanji rimase immobile al proprio posto, sentendo un brivido attraversargli di netto la spina dorsale. Quello spirito bianco che gli era appena fluttuato davanti non era un fantasma, vero? Era solo uno stupido gioco di luce o uno scherzo dovuto al ritmico mulinare dei fiocchi di neve che cadevano dal cielo... giusto? Ah, merda. Sperava davvero che fosse così, perché altrimenti, se uno di quei fantasmi l’avesse ucciso, lui avrebbe cercato il modo di tornare solo per tormentare quello stupido marimo per tutta la sua vita. In fin dei conti era a causa sua se si trovava lì fuori, no? Quindi quello gli sembrava il minimo.
    Deglutì, però, nel momento stesso in cui quell’apparizione si fermò fra due alberi e parve voltarsi verso di lui, facendolo sussultare involontariamente mentre prendeva forma dinanzi ai suoi occhi. La sagoma senza contorno parve acquisire consistenza e il lungo spirito bianco si dimostrò essere una tunica immacolata che pareva fondersi con la neve stessa, dando la bizzarra impressione che essa fuoriuscisse proprio dal terreno; le braccia, trasparenti e scheletriche, si allungarono per sfiorare con dita di ghiaccio le cortecce degli alberi e sbriciolare la brina accumulatasi su di esso, mostrando a poco a poco a Sanji il viso fanciullesco di una giovane donna dai corti capelli neri, il cui sorriso parve gelargli seduta stante il sangue nelle vene. Quella... poteva mai, quella donna, essere la Regina delle nevi di cui tanto aveva sentito parlare? Oppure il freddo gli era andato al cervello e lui stava in realtà delirando? Come se non bastasse, quello spirito gli stava facendo cenno di avvicinarsi e seguirlo, invitandolo chissà dove. Per quanto potesse essere una bella donna, non era così stupido da cascare in una trappola... perché quella era una trappola, vero? Sanji non ebbe il tempo per scoprirlo, poiché quella figura, non appena lui mosse qualche passo circospetto verso di lei, scomparve con la stessa rapidità con cui era apparsa, lasciandolo più spiazzato che mai. Ma cosa...? Che le storie sui fantasmi raccontategli dal padrone dell’ostello fossero in realtà vere? Nah, si rifiutava di crederlo.
    Si diede due schiaffi sulle guance e tentò di riprendere il controllo di se stesso, traendo un lungo sospiro. Che idiota. Lui non era mica Usopp, non poteva spaventarsi solo per qualche stronzata! Però... si guardò ancora una volta intorno, preoccupato. Non sapeva se quel fantasma sarebbe tornato, non aveva la benché minima idea di dove fosse e i posti gli sembravano praticamente tutti uguali, e per un brevissimo e orribile attimo si sentì quasi come Zoro. Accidenti... forse si era perso. Deglutì e cercò di darsi una calmata, riprendendo ad avanzare. Stare fermo non avrebbe aiutato, anzi, l’avrebbe solo fatto congelare più in fretta; non mosse più di qualche passo, però, poiché inciampò in qualcosa e quasi rischiò di fracassarsi la testa.
    «Merda!» esclamò, riuscendo ad arrestare la caduta appena in tempo, per quanto fosse stato costretto a farlo con i palmi delle mani. Fortunatamente aveva i guanti e l’impatto con la neve era stato meno violento di quanto pensasse, ma entrambe le sue caviglie erano andate a sbattere contro qualcosa di solito che non aveva nulla a che fare con una roccia. «Che diavolo...?» sussurrò a se stesso, e quando si voltò per vedere che cosa fosse, Sanji rimase letteralmente pietrificato. Quei capelli verdi che spuntavano timidamente dalla neve come fili d'erba, quel braccio muscoloso pieno di piccole cicatrici quasi invisibili, il fodero di quella katana bianca che quasi si confondeva con il paesaggio circostante...
    Senza nemmeno riflettere, cominciò a scavare per scostare quanta più neve possibile, riuscendo a poco a poco ad intravedere il busto, le gambe, il viso, tentando al contempo di scacciare la brutta sensazione che si era appropriata del suo animo. Che cosa ci faceva Zoro sepolto nella neve? «O-Ohi! Brutto bastardo, che cazzo stai combinando?!» sbraitò nello scuoterlo, tranquillizzandosi solo quando, seppur debolmente, lo spadaccino sollevò il braccio sinistro per mostrargli il dito medio, rimediandoci in risposta un calcio al fianco. Beh, se aveva la forza di mandarlo a fanculo non stava morendo, tutto sommato. E lui che si era pure preoccupato per lui, maledizione!
    «Sto... bene», biascicò lo spadaccino nel rimettersi maldestramente in piedi, e non cadde solo perché Sanji lo soccorse prontamente, frenandolo. Stava bene, certo. Tremava per il freddo, aveva le labbra livide ed era gelido come un pezzo di ghiaccio, però il signorino stava bene. Come no.
    «Sei un fottuto idiota, marimo», sbottò il cuoco, imprecando a denti stretti mentre si passava il braccio del compagno dietro alle spalle, dovendo costatare che quel cretino, con quella sua assurda massa di muscoli, pesava più di quanto avesse mai pensato. «Lo sai benissimo che ti perdi, dannazione! Per una volta puoi farci il favore di startene buono e non costringerci a venire a cercarti!»
    Pur avendolo fulminato con lo sguardo, Zoro cercò di tirarsi su per non gravare troppo su di lui, scuotendo un attimo il capo come se in quel modo volesse cercare di dare una sistemata ai propri pensieri o scrollarsi semplicemente via la neve dai capelli. «Sarei... tornato da solo», rimbrottò di rimando, e Sanji non si risparmiò dal tirargli una capocciata, ignorando il lamento che si lasciò sfuggire.
    «Certo, tra quanti secoli, esattamente?»
    «Se vuoi litigare dimmelo subito, stupido cuoco».
    «Non voglio litigare, idiota. Voglio solo tornarmene all’ostello. Mi sto gelando il culo, quindi muovi le chiappe e dammi una mano, sei fottutamente pesante», berciò, e a quel dire lo spadaccino sollevò un angolo della bocca in un sorriso che non prometteva nulla di buono, puntellandosi sul piede destro per spostare il proprio peso da una gamba all’altra; strinse poi a sé il compagno, in modo che fosse il braccio che il cuoco stesso si era portato dietro alle spalle a spingerlo contro il suo petto.
    «Io un modo per scaldarti il culo ce l’avrei... così potrei scaldarmi anch’io».
    Sanji sentì un brivido corrergli dietro la schiena, e fu sicuro che non era stato causato dal freddo. Che razza di proposte faceva, quel cretino? «Non se ne parla, marimo pervertito», tagliò subito corto, prima che il Vice Capitano potesse farsi venire qualche altra grandiosa idea. E il suo era puro sarcasmo. «Spiegami piuttosto che diavolo ci facevi mezzo morto nella neve».
    «Meditazione zen?»
    «Non sei credibile, idiota».
    «Te la metto su un altro piano, allora: non sono affari tuoi, cuoco».
    «Lo sono eccome, ti ho appena salvato la vita».
    Zoro si scompigliò i capelli con l’altra mano, frustrato. «Ah, merda. Se provi a ridere ti faccio a fette», minacciò, e, pur ricevendo in risposta uno sbuffo ilare, trasse un lungo sospiro. Ormai, rotto per rotto, tanto valeva essere sinceri, con quel cuoco idiota. «Fantasmi», asserì, spiegandosi meglio quando vide l’espressione sconcertata del compagno. «Dei fantasmi si erano presi la mia Ichimonji». Nel dirlo portò immediatamente due dita alla cintola per sfiorare l’elsa della sua preziosa katana, quasi volesse accertarsi della sua presenza. Se l’avesse perduta - per di più in quel modo assurdo - non se lo sarebbe mai perdonato. «Ho dovuto inseguirli. Dicevano che sarebbe stata perfetta come regalo di Natale».
    «Ti credo».
    «Eh?»
    «Ho detto che ti credo, marimo. Sei sordo?» borbottò il cuoco, sistemandosi meglio il suo braccio possente sulle spalle mentre avanzavano. «Può darsi che... uhm... li abbia visti anch’io», soggiunse, accennando al silenzio con l’altra mano. «Non una parola», lo redarguì, e Zoro abbozzò semplicemente un sorrisetto, anche perché non fece in tempo a dire nulla. Fra la boscaglia, difatti, comparve la figura di Chopper che, vedendoli entrambi ricoperti di neve e bianchi in viso - a suo dire, almeno -, dapprima si fece prendere dal panico cercando l’aiuto di un dottore, e, dopo avergli tenuto presente per la milionesima volta che il dottore era lui, si affrettò a far loro strada e a portarli fuori da quella foresta, in modo che potessero riscaldarsi all’interno dell’ostello. Ed era proprio lì che si trovavano adesso, seduti su una poltrona a bearsi del calore che donavano il fuoco nel camino e la presenza di tutte quelle persone che festeggiavano allegramente.
    «Tu e il tuo amico siete proprio delle teste calde, giovanotto», sghignazzò Duth, il proprietario, mordicchiando il beccuccio di ferro della pipa che aveva fra le labbra. «Te l’avevo detto che non era consigliabile uscire».
    Sanji lo guardò male, vedendo con la coda dell’occhio Zoro poggiarsi con il capo contro lo schienale. «Se è per questo», si interruppe, starnutendo prima di soffiarsi il naso, «mi ha detto anche di fare come mi pareva».
    Duth proruppe in una grossa risata. «Ma non credevo di certo che mi prendessi così alla lettera, ragazzo mio! Nessuno è mai andato in giro a Natale, figurarsi se pensavo che lo facesse proprio qualche turista venuto qui per divertirsi!» Nel dirlo appioppò una bella pacca su una spalla ad entrambi, affossandoli praticamente nelle poltrone per la forza utilizzata. «Vi porto qualcosa che vi farà stare sicuramente meglio», si congedò con un’ultima risatina, e Sanji non poté fare a meno di chiedersi che diavolo ci trovasse di così divertente. Non passarono più di cinque minuti che Duth tornò con due bei boccali di cognac - l’odore era forte e penetrante nonostante il profumo di dolci e zucchero filato -, porgendoli loro. «Ecco qua, ragazzi. Stasera offre la casa», disse allegro, ed entrambi ringraziarono con un cenno del capo prima di cominciare a bere, anche se nel mentre Sanji aveva notato una coppietta ferma sotto una piantina appesa al soffitto. Guardavano in alto verso di essa e abbassavano poi gli occhi per osservarsi in viso, ridacchiando nervosi e stringendosi l’uno fra le braccia dell’altra.
    «Che stanno facendo lì fermi?» domandò incuriosito, e l’uomo, dopo aver seguito il suo sguardo e aver visto ciò che stava fissando, abbozzò un sorriso.
    «Oh, quello? È il bacio sotto al vischio. È tradizione».
    «In che senso?»
    «Quando ci si trova lì sotto, è di buon augurio baciarsi».
    Gli occhi di Sanji si illuminarono come due fari nella notte, e non ci mise nulla a scattare in piedi nonostante si reggesse a malapena sulle gambe assiderate e starnutisse tre volte su cinque, rischiando di mandare il boccale in frantumi se Zoro non fosse stato abbastanza svelto dal prenderlo al volo, pur rovesciandosi gran parte del contenuto addosso. «Nami-san! Robin-chan!» esclamò fuori di sé dalla gioia sotto lo sguardo scettico del proprietario, il quale gettò un’occhiata confusa a Zoro come se volesse chiedergli tacitamente che cosa stesse succedendo; lo spadaccino si limitò a scrollare le spalle e a posare svelto i boccali sul tavolino riposto accanto alla propria poltrona, allungando un braccio per afferrare il maglione del cuoco e frenare sul nascere una sua possibile fuga.
    «Ohi, che cazzo fai? Devo andare dalle mie dee!» sbraitò lui, rimediandoci uno sguardo infuocato.
    «Chopper ha detto che non devi muoverti, ricciolo».
    «E da quando fai ciò che ti dice Chopper, marimo?»
    «Da quando lo decido io, quindi sta’ zitto e non rompere».
    Ad interrompere quel loro battibecco fu una nuova risata da parte di Duth, che cominciò ad avviarsi al bancone per servire da bere a mezza città. «Non dovreste litigare, ragazzi! È Natale!» esclamò divertito, agitando una mano in segno di saluto e lasciandoli lì come due completi cretini. Accidenti. Questa faccenda del Natale la prendevano proprio sul serio.
    Borbottando chissà cosa fra sé e sé, Sanji si lasciò cadere seduto ancora una volta sulla sua poltroncina e cercò di concentrarsi sull’atmosfera ciarliera che imperversava nell’ostello, pur essendogli sfuggito uno sbuffo ilare dalle labbra. «La verità è che tu sei semplicemente geloso, marimo», proferì, ottenendo in risposta un semplice grugnito scontroso che poté benissimo interpretare come un «Continua a sognare» o un più volgare «Non rompere le palle», entrambi molto adatti a quello scemo di uno spadaccino. Ma che tipo fosse si sapeva, ormai, dunque non aveva quasi più senso salvare le apparenze, per quanto Sanji ci tenesse ancora.
    «Ohi, Nami!» Il grido allegro di Rufy si fece sentire in mezzo a tutta quella calca di voci gioiose, prima che, trotterellando, si affrettasse a raggiungere la ragazza - intenta a chiacchierare con Robin accanto ad uno degli alberi addobbati - e a fermarsi praticamente a qualche centimetro da lei, tanto che fu quasi costretta ad indietreggiare per annullare quella vicinanza improvvisa. «Hanno detto che a Natale ci si scambiano dei doni», la informò, con un sorriso a trentadue denti. «Perché non mi regali della carne o qualcos’altro di squisito da poter mangiare?»
    La navigatrice sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia sotto al seno prosperoso. «Se è un regalo dovrei sceglierlo io, ti pare?» esordì, facendo ridacchiare Robin.
    «Mica funziona così!» si indignò Rufy.
    «Spiacente, se lo vuoi scelgo ciò che mi piace».
    «Ma deve piacere a me, non a te!»
    Beh, in effetti il discorso del Capitano non faceva una piega, ma la cosa più divertente non era la convinzione con cui pronunciava quelle parole - beh, aye, probabilmente anche quella -, bensì la sua espressione divertita nonostante Nami, per quanto sorridesse, apparisse esasperata. Sembrava quasi più bambino dei marmocchietti che se ne stavano seduti a gambe incrociate vicino agli alberi addobbati, intenti a scartare i propri pacchetti colorati e a ridere sereni in compagnia di Franky, il quale si era prestato, sotto richiesta del sindaco della cittadella - e sotto ordine di Nami non appena aveva provato a rifiutare, giacché il sindaco aveva promesso lui una piccola ricompensa per il disturbo procuratogli -, a vestire i panni di quello che lui aveva chiamato Babbo Natale, un uomo grassoccio e bontempone che portava doni e giocattoli a tutti i bambini che durante l’anno si erano comportati bene. E c’era da dire che vedere il carpentiere con una lunga barba bianca, un cappello rosso dalle rifiniture argento e oro e con un giaccone come unico indumento, non era uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni. Mutande nere a parte, ma quello era un dettaglio su cui Sanji preferiva non soffermarsi.
    L’allegria dei suoi compagni, però, lo fece sorridere, e, per quanto si trovasse seduto in un angolo in sola compagnia di Zoro, entrambi avvolti in una coperta di lana e con un principio di influenza a causa della troppa esposizione al freddo - o almeno a detta di Chopper, visto che avevano cercato in tutti i modi di convincerlo che stavano alla grande nonostante gli starnuti -, il cuoco si accoccolò meglio in quella poltrona, sentendosi oltremodo rilassato. Tutto sommato non era stata poi così male, quell’avventura nella neve... raffreddore e chiappe congelate a parte, ovviamente. E anche strane visioni che gli avevano fatto venire i brividi, ma mai come la neve caduta dal cielo.
    «Ohi, che non diventi un’abitudine». La voce di Zoro lo distrasse da quei suoi disparati pensieri e Sanji si voltò verso di lui con un sopracciglio inarcato, sollevando poi un angolo della bocca in un sorriso.
    «Che cosa, il fatto che per una volta ti abbia quasi salvato il culo o per l’averti detto che sei un fottuto idiota?»
    «Entrambe le cose», rimbrottò scontroso, ma il cuoco rise.
    «Che sei un idiota te lo dico tutti i giorni, marimo».
    «Ohi, hai voglia di litigare, per caso?!»
    Sanji scosse immediatamente il capo, tirando su con il naso invece di soffiare. Tanto non sapeva nemmeno dove diavolo era finito quel suo stupido fazzoletto, e non aveva voglia di alzarsi per andare a cercarne un altro. «Adesso no, però ricorda che hai un paio di calci in sospeso», rimbeccò sarcastico, e stavolta fu Zoro a lasciarsi sfuggire una mezza risata, seppur resa roca a causa del mal di gola.
    «Piuttosto sei tu quello che ha voglia di prenderle».
    «Non contarci», sghignazzò Sanji, inclinando il capo verso di lui per adocchiarlo meglio. «Ah, marimo?» lo chiamò, e quando Zoro si voltò verso di lui con in viso un’espressione incuriosita, ne approfittò per annullare la poca distanza che li separava e poggiare così le labbra sulle sue, in un lieve sfiorar di bocche anziché un vero e proprio bacio. Nell’allontanarsi non gli sfuggì lo sguardo stupito dello spadaccino - era raro, difatti, che esternasse in modo così palese il loro rapporto -, e forse fu proprio quella la cosa che lo fece sorridere maggiormente. «Consideralo un anticipo sul tuo regalo. Buon Natale, brutto idiota».
    Più tardi, a fine serata, Sanji si sarebbe probabilmente pentito di essersi mostrato così disponibile agli occhi del compagno, ma se si fosse poi ritrovato a rotolare fra le coperte tra imprecazioni e baci, con il calore e la passione che li mandava in estasi mentre si impegnava a scartare a sua volta il proprio regalo, beh, allora andava bene anche così. Quello sarebbe stato di sicuro un Natale indimenticabile
.



ジ ングルベル ジングルベル メリークリスマス ! これが今夜の贈り物さ Sing! ♪~
ジングルベル ジングルベル ハッピーニューイヤー ! 終わらない歌 聴こえるはず! ♪~
Merry Christmas! ~♥





_Note inconcludenti dell'autrice
In primis dico che questa storia è un regalo di compleanno per la mia nipotola Red Robin - la quale adora le storie lunghe e soprattutto lo ZoSan - e ho cercato dunque di farle una bella one-shot, anche se non mi convince del tutto; è anche dedicata a tutte/i voi che ancora condividete la mia stessa passione per la coppia Zoro/Sanji, che sembra ormai essere stata dimenticata dalla maggior parte dei frequentatori del fandom
In secondo luogo, la storia sta anche partecipando a un contest a tema natalizio, All I want for Christmas is you indetto da Franda-chwan, ed è la prima shot per la raccolta del contest Scrivimi una raccolta indetto da visbs88
Ah, se qualcuno se lo stesse chiedendo: nay, non è un caso se il fantasma che vede Sanji ha vagamente l'aspetto di Kuina, ed è lei, quando lo invita a seguirla, a rivelargli dove si trova Zoro. Da qui anche il richiamo all’Ichimonji rubata.
In ultimo, vi ricordo come sempre la raccolta della nipotola Mugiwara's Christmas
, anch'essa a tema natalizio.
Ciò detto, vi saluto, vado a rimpizzarmi *w*
Merry Christmas and Happy New Year!


Utae! Jingle Bell! Straw Hat Pirates version
Traslitterazione: Jinguruberu, Jinguruberu, Meriikurisumasu! Kore ga konya no okurimono sa, Sing! ♪~
Jinguruberu, Jinguruberu, Happiinyuuiyaa! Owaranai uta kikoeruhazu! ♪~
Merry Christmas! ~♥

( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon Natale! Questo è un regalo per questa sera, cantare!
♪~
( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon anno nuovo! Una canzone può essere ascoltata senza fine! ♪~
Buon Natale! ~♥


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Capitolo 30
*** After the rain ***


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Titolo: After the rain
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 546 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Black-Leg
Sanji, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, Post-Thriller Bark Arc, What if?
Prompt: Pioggia [info]contestmania
Phase Solid: #08. Metallo
Tabella/Prompt: Estate › 14. Pioggia estiva

The season challenge: Estate › Notte


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Zoro socchiuse gli occhi e lasciò che le gocce di pioggia scivolassero lungo le sue guance, simili a lacrime che aveva giurato a se stesso di non versare mai più.
    L'ultima volta che l'aveva fatto era stato quel lontano giorno al Baratie, quando, in lacrime, aveva sollevato la propria katana e promesso a Rufy che non avrebbe ricevuto mai più una sconfitta come quella inflittagli da Mihawk. E tuttora pensava a quel momento, al dolore che gli aveva procurato quella bruciante sconfitta ancor più del metallo rovente di quella lama, per quanto fossero passati mesi e mesi e fosse maturato come uomo e come spadaccino.
    A quella costatazione sollevò un angolo della bocca in un mezzo sorriso, incrociando le gambe sulla soffice erba umida che ricopriva interamente il ponte della Sunny; nel muoversi troppo, però, storse il naso e diede vita ad una smorfia sofferente, sfiorandosi il l'addome con palmo della sinistra. Non era ancora guarito del tutto dallo scontro con Kuma e la debolezza di tanto in tanto si faceva sentire, per quanto cercasse in tutti i modi di far finta di niente in compagnia degli altri. Non era mai stato il tipo da esternare il proprio dolore, e, per quanto Chopper insistesse nel fasciargli continuamente il busto e nel consigliargli di non fare sforzi, lui non riusciva a starsene buono come avrebbe dovuto. E forse era stato proprio per quel motivo che se n'era andato là fuori, incurante delle intemperie, e aveva sollevato qualche manubrio, dovendo ben presto smettere a causa del dolore che l'aveva colto impreparato. Ah, dannazione. Forse aveva davvero bisogno di riposo, proprio come gli aveva consigliato Chopper.
    «Ohi, che ci fai qui fuori sotto alla pioggia? Dovresti stare a letto». La voce del cuoco richiamò la sua attenzione, e fu volgendo lentamente lo sguardo verso di lui che ricambiò la sua occhiata, scrollando semplicemente le spalle. Forse in un altro momento gli avrebbe bofonchiato contro di andarsene, però l'espressione dipinta sul volto di Sanji, un'espressione mesta e vagamente preoccupata, freddava persino la sua voglia di litigare come al solito con lui. «Ti spiace se ti faccio compagnia, allora?» domandò ancora Sanji, e forse fu il tono mogio con cui pronunciò quel quesito - perché chiedergli una cosa del genere, poi? - che fece sollevare un sopracciglio allo spadaccino, che inclinò il capo di lato come se volesse osservarlo meglio.
    «Che hai, cuoco?»
    Sanji non gli rispose, o almeno non subito, sedendosi accanto a lui sotto la pioggia prima di poggiarsi con la schiena contro la sua. «Niente», sussurrò poi, socchiudendo gli occhi. «Non ho proprio niente, marimo». E ringraziò il fatto che il Vice Capitano non avesse insistito, sistemandosi meglio per far stare più comodo anche lui, cosa che lo fece sorridere.
    A dover essere sincero, Sanji aveva avuto una fottuta paura di non vedere più quella stupida testa verde girovagare per la Sunny. Aveva avuto paura che non avrebbero più potuto godere della sua costante presenza, aveva avuto paura che le loro liti sarebbero solo divenute momenti da ricordare con nostalgia, e, cosa più importante di tutte, aveva temuto di non potergli più stare vicino come in quel momento. Aveva temuto di perderlo, dannazione, e lui non l'aveva ancora capito.
    A quel pensiero, strinse gli occhi, godendosi la sua calda vicinanza. Dopo la pioggia arrivava sempre il sole, dopotutto
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Bene. Ogni tanto mi ricordo di aggiornare questa raccolta, la quale ormai racchiude veramente qualunque cosa mi passi per quello che io ancora mi ostino a chiamare cervello
Ad essere sinceri, questa flash è un po' vecchiotta e fino a questo momento era presente unicamente sul mio Livejournal, però l'ho ritenuta meno idiota delle altre e ho pensato di postarla anche nella raccolta qui presente. Perché? Semplicemente perché tratta di Thriller Bark, e ormai lo sanno anche i muri di casa mia quanto Thriller Bark e tutto il resto mi stia piuttosto a cuore
In ultimo, per quanto questa raccolta si chiami 30 pieces, alla fin fine penso proprio che la aggiornerò fino a quando non se ne andrà l'ispirazione, quindi potrei arrivare intorno alle cinquanta o addirittura alle cento, pur non essendone davvero sicura. Non modificherò il titolo, però, perché mi piace così come x)
Ciò detto, come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 31
*** If you wanna sleep with me ***


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Titolo:
If you wanna still sleep with me
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 465 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life
Avvertimenti: Shounen ai, Assurdità sparse
Maritombola: 56. “Ho preso nota delle tue scuse. Sto decidendo se accettarle.” (‘Hawaii Five-0’)



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sanji sollevò un sopracciglio, osservando attentamente lo spadaccino che gli stava davanti.
    Ore addietro, sul ponte, avevano avuto una delle loro solite litigate - tutto a causa della sua stupida gelosia per i favoritismi che faceva alle splendide Nami-san e Robin-chan, cosa che lui non aveva minimamente compreso - che erano sfociate nel violento, ma stavolta, a differenza delle altre volte, quell'idiota aveva fatto decisamente sul serio. Il risultato? Quello spadaccino di merda gli aveva ferito un braccio. Un braccio, dannazione a lui. E adesso Sanji se ne stava seduto sul divano della cucina, con un bendaggio triangolare legato al collo e lo sguardo torvo diretto unicamente al compagno. Beh, di una cosa doveva dargliene atto: si era scusato. Un evento più unico che raro, se associato a quello stupido marimo. Il problema, però, era che non avrebbe potuto cucinare liberamente come avrebbe voluto, e quella non era una cosa che andava a beneficio della ciurma.
    Con il braccio buono, Sanji infilò una mano nel taschino e tirò fuori il pacchetto di sigarette, alzando il coperchietto con il pollice per afferrare una stecca con le labbra; cercò poi l'accendino e lo aprì con uno scatto secco, osservando distrattamente la fiamma prima di accendere la sigaretta e gettare uno sguardo a Zoro. «Ho preso nota delle tue scuse», gli disse in tono neutro, traendo una bella boccata per soffiare poi il fumo bluastro verso il soffitto. «Sto decidendo se accettarle o meno».
    «Ohi, ti ho detto che è stato un incidente», riprovò lo spadaccino, ma Sanji lo fulminò immediatamente con lo sguardo, tanto da costringerlo ad indietreggiare un po'. Non si poteva mai sapere, conoscendolo. In fin dei conti aveva passato abbastanza tempo con lui da capire che quello sguardo non prometteva nulla di buono.
    «Ti rendi conto che questo è un bel problema per la ciurma, vero?» asserì ancora una volta il cuoco, accavallando disinvolto le gambe prima di tirare un'altra boccata dalla paglia, trattenendo il fumo in bocca per qualche secondo fino ad aprire le labbra e creare un anello perfetto. Stava tergiversando, vero, però era stranamente divertente vedere l'espressione indisposta dipintasi sul viso del Vice Capitano. «Se vuoi che ti perdoni, dovrai aiutarmi a cucinare».
    «Eh? Che diavolo stai dicendo?»
    «Hai capito bene, marimo. O così, o puoi anche scordati che continui a farti entrare nel mio letto».
    Sanji lo vide serrare la mascella e chiudere entrambe le mani a pugno fino a distendere le braccia lungo i fianchi, ma si limitò a fumare in silenzio e ad attendere una qualunque risposta da parte sua, la quale non tardò ad arrivare, pur essendo stata borbottata in tono scocciato e persino vagamente nervoso. Tutto sommato, però, Sanji sorrise. Alla fine aveva avuto comunque la meglio su quello scemo di uno spadaccino, a quanto sembrava.
    Si prospettava un nuovo inizio settimana decisamente movimentato
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Questa storia è una completa idiozia e ne sono consapevole, quindi concentriamoci sull'avatar qui di fianco e facciamo finta che non sia successo niente *viene malmenata pesantemente*
Scleri miei a parte, come la precedente storia, anche questa era stata scritta e postata unicamente sul mio account Livejournal, un po' perché avevo bisogno di andare di fretta per le challenge, un po' perché ormai quello è diventato il mio piccolo covo segreto dove postare schifezzuole del genere
Nonostante l'idiozia, però, spero che vi abbia almeno strappato un piccolo sorriso e che non sia stata una completa delusione come invece credo io che fosse
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 32
*** [ Scrivimi una raccolta ] The Rainmaker ***


The Rainmaker Titolo: The Rainmaker
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 5293 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Genere: Generale, Avventura, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Assurdità sparse, Slice of Life, What if?
12 Storie - #01 Natura: #04. Pioggia

Categoria di prompts: Condizioni di tempo atmosferico › Pioggia
The season challenge: Autunno › Pioggia


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Nami sollevò lo sguardo verso il cielo, preoccupata.
    Da un po’ di tempo a quella parte, le condizioni climatiche non erano apparse come le migliori, facendole presagire aria di tempesta ogni qual volta che, esattamente come in quel momento, si ritrovava ad osservare il sottile strato di nuvole che nascondeva la volta celeste. Per quanto non si fosse ancora vista nemmeno una goccia di pioggia, la sera, dalla sua camera da letto, poteva sentire distintamente i tuoni e i lampi che provenivano da fuori, e dubitava che quegli sciocchi dei suoi compagni riuscissero a fare un tale casino da ricordare una burrasca. Anzi, rettificò nell’immediato il suo cervello, forse avrebbero potuto riuscirci eccome, conoscendoli.
    Uno scossone la riportò alla realtà e poco ci mancò che capitolasse in mare, evitandolo solo per la prontezza con cui riuscì ad aggrapparsi al parapetto; gettò un’occhiata a Franky, che si trovava dietro al timone, e aggrottò la fronte, sbuffando. E adesso che cosa stava combinando, quello scemo di un carpentiere? «Tutto bene, Franky?» gli domandò, ma lui scosse il capo.
    «Pare che siamo andati a sbattere contro qualcosa, sorella».
    La navigatrice si accigliò, non riuscendo a credere alle proprie orecchie. «Ma se siamo in mare aperto!» esclamò, giacché non aveva scorto nemmeno lo scorcio di isole o rocce. Aveva osservato i dintorni con il cannocchiale fino a quel momento e controllato persino l’ago del Log Pose, quindi se avesse avvistato qualche ostacolo se ne sarebbe sicuramente accorta. Le venne ben presto il terribile dubbio che fossero incappati in un Sea King gigante uscito dall’acqua per una boccata d’aria, e fu quasi tentata di andare a chiamare Rufy e gli altri di sotto; era certa che loro sarebbero riusciti a catturare in qualche modo quel bestione e che Sanji l’avrebbe trasformato nella cena del giorno, visto che, con quello scemo ingordo che si trovavano come Capitano, un po’ di scorte alimentari in più non avrebbero fatto male. Un’esclamazione sorpresa e tutt’altro che rassicurante da parte di Franky, però, la lasciò perplessa e momentaneamente paralizzata, riscuotendosi solo quando fu il carpentiere stesso a richiamarla e a farle cenno di avvicinarsi. Forse l’idea del Sea King non era poi così male, dopotutto...
    Nami sospirò, affrettandosi a raggiungere il cyborg per guardare a sua volta in basso, più precisamente verso un punto che le stava indicando Franky stesso, a metà tra la prua della nave e il mare che si estendeva a perdita d’occhio. Aguzzò la vista e cercò di capire con esattezza che cosa stesse guardando, divenendo incredula non appena si rese conto che quella contro cui erano andati a sbattere altro non era che una secca. Ma che diavolo ci faceva nel bel mezzo dell’oceano?
    «E non hai ancora visto niente, baby», asserì Franky, come se le avesse appena letto nel pensiero. Senza aggiungere altro, lui si limitò semplicemente ad indicarle più lontano con un breve cenno del capo, e Nami eseguì, sentendo l’ansia iniziale divenire a poco a poco curiosità. In fin dei conti, per quanto si trovassero nella Grand Line, quello non era uno spettacolo che si vedeva tutti i giorni, e se ne convinse maggiormente quando le si parò dinanzi agli occhi quello che aveva tutta l’aria di essere un passaggio sotterraneo che si estendeva al di sotto della superficie dell’acqua, dando al tempo stesso la bizzarra sensazione che il mare fluttuasse sopra di esso. Beh, adesso sì che poteva dire di averle viste quasi tutte.
    «Cosa succede?» La voce di Robin, pacata come al solito, si fece udire in quel breve silenzio che era venuto a crearsi tra i due, ridestandoli dalla contemplazione di quell’avvenimento alquanto bizzarro. Incuriosita da quel loro modo di comportarsi, l’archeologa si avvicinò e guardò di sotto, carezzandosi il mento con due dita qualche attimo dopo. «Oh, capisco», affermò, e Nami le gettò un’occhiata.
    «Tu sai cosa significa?»
    Robin scrollò le spalle. «Certo che no», replicò candidamente, facendo cascare le braccia alla cartografa. E lei che aveva sperato che l’amica le avrebbe in qualche modo dato una risposta... si era decisamente sbagliata, accidenti.
    «Non darmi false speranze, Robin», sospirò afflitta, facendola ridacchiare.
    «Mi spiace».
    «Ohi, ragazze, che proponete di fare?» domandò loro Franky, accennando con il capo al passaggio sottostante. «La Sunny va spostata da qui prima che possa essere attaccata da possibili mostri marini», le mise al corrente, scrutando le acque scure. Non promettevano nulla di buono e, se tanto gli dava tanto, starsene arenati nel bel mezzo dell’oceano era davvero una pessima idea. Per quanto il brigantino fosse resistente - e non lo diceva perché era di parte, nossignore -, era sempre meglio non rischiare e andarsene finché erano in tempo per farlo.
    Nami gettò un’altra rapida occhiata verso quel tunnel sottomarino, annuendo a se stessa qualche istante dopo. «Cerca di virare e andiamocene, Franky. Non ha senso restare qui».
    «Ti do una mano», si offrì Robin, incrociando entrambe le braccia contro il seno; sussurrò un Cient Fleur, con il quale fece fiorire un centinaio di braccia ai lati dello scafo, e attese che il carpentiere tornasse al timone per raddrizzare la rotta della nave, venendo però distratta da dei rumori provenienti dal ponte. Guardando in basso, Robin notò subito Rufy, Usopp e Chopper che, incuriositi, si erano gettati contro il parapetto, gli occhi fissi sul tunnel che si estendeva al di sotto della superficie del mare.
    «Whoa! E quello cos’è?» esclamò il dottore con fare eccitato, e Usopp, con un sorriso spavaldo, gli appioppò una bella pacca su una spalla prima di battersi una mano sul petto, sollevando il mento e atteggiandosi come suo solito.
    «La tana di un mostro marino, ovvio!»
    «Davvero, Usopp?!»
    «Ma certo che sì! Devi sapere che ne ho viste tantissime, durante i miei viaggi!»
    «Fantastico!»
    «Ohi, che succede? Avete pescato qualcosa?» Sanji, appena sbucato dalla soglia della cucina, guardò in basso verso di loro, aprendo il pacchetto di sigarette che aveva in mano per portarsene una alle labbra. «Se è così vedete di tirarlo su alla svelta, siamo un po’ a corto di cibo», li informò, masticando il filtro; dietro di lui c’era anche Zoro, che si lasciò sfuggire uno sbadiglio mentre guardava a sua volta nella loro direzione, disinteressato. Sembrava essersi svegliato da poco, e conoscendolo non sarebbe stato poi così strano.
    «Lì sotto c’è un tunnel, Sanji!»
    Il cuoco sollevò un sopracciglio con un certo scetticismo, infilando una mano nel taschino della giacca per tirare fuori l’accendino. Trasse poi una bella boccata dalla stecca, prendendosi tutto il tempo di aspirarne il fumo fino in fondo ai polmoni, prima di riporre tutto al proprio posto e guardare nuovamente i compagni. «Ma di che state parlando?»
    «Vieni a vedere con i tuoi occhi!» si esaltò Chopper, saltellando e indicando al contempo il mare; e forse avrebbe anche aggiunto altro se lo spadaccino non avesse sbuffato, troncando qualsiasi parola prima ancora che potesse essere pronunciata.
    «Piantatela di fare tutto questo casino, stavo cercando di dormire».
    «Tu cerchi sempre di dormire, marimo, quindi non hai voce in capitolo», lo zittì Sanji, venendo immediatamente fulminato con lo sguardo dal Vice Capitano.
    «Hai voglia di prenderle, ricciolo?» sbottò, sfiorando con due dita l’elsa della Ichimonji, e nel vederlo il cuoco sollevò subito la gamba destra, assottigliando le palpebre e mordendo più violentemente il filtro della stecca fra le labbra.
    «Io credo che sia tu a cercare rogne, gorilla tutto muscoli».
    «Ohi, Sanji! Zoro! Non litigate, ragazzi, sento odore di avventura!» affermò Rufy, a dir poco elettrizzato. I suoi occhi brillavano come quelli di un bambino che aveva visto un nuovo giocattolo, e ormai tutta la ciurma sapeva che quando faceva così bisognava decisamente preoccuparsi. Il suo entusiasmo, però, fu smorzato sul nascere dalla navigatrice, che non mancò di corrergli dietro per rifilargli un pugno sul capo.
    «So già cosa sta passando per quella tua testolina bacata, e, nay, non andrai lì sotto per vedere che cosa c’è, mi sono spiegata?»
    «Ma, Nami!» si lamentò lui, incrociando le braccia al petto e gonfiando le guance. «Non sei curiosa nemmeno un pochino?»
    «Niente affatto», borbottò, sentendo un brivido correrle lungo la spina dorsale. Brutto segno. Decisamente un brutto segno. «Con la fortuna che abbiamo, sono sicura che ci aspetta chissà quale mostro famelico pronto ad ammazzarci. Quindi non andrai in quella stupida grotta, puoi anche scordartelo».
    «Stavo pensando che potrebbe esserci anche un tesoro, vista la sua locazione. Ho letto di strani fenomeni simili in un libro, e molto spesso nascondono veri e propri misteri», si intromise Robin con fare pensoso, ma bastarono quelle poche parole a far sì che Nami si voltasse con la stessa espressione apparsa poco prima sul volto di Rufy. E lei faceva decisamente più paura, conoscendola.
    «Cosa stiamo aspettando, allora?» dichiarò solennemente, facendo sollevare un sopracciglio al resto della ciurma - Sanji a parte, il quale sembrava pronto ad andare anche all’inferno se solo la ragazza glielo avesse chiesto -, per nulla contenti di quell’idea. Perché avevano l’impressione che si sarebbe rigirata le cose a modo suo? «Zoro, Usopp, scendete là sotto e date una controllata!» Come volevasi dimostrare...
    Zoro si limitò a sbuffare e ad incrociare le braccia al petto con fare scocciato, forse perché aveva capito che le cose sarebbero andate così ancor prima che Nami aprisse bocca; Usopp, invece, deglutì e fece un piccolo salto all’indietro, quasi fosse stato appena morso da un serpente. «O-Ohi, ragazzi, credo mi sia tornata la seabbandonolanavemoriròite...»
    «Niente storie, voi due scenderete là sotto e mi porterete il tesoro, sono stata abbastanza chiara?»
    «Perché non te lo vai a prendere da sola?» rimbeccò lo spadaccino, e la ragazza gliene avrebbe sicuramente cantate quattro - accennando a debiti inesistenti che aveva, tra l’altro - se Sanji non fosse stato più veloce di lei e non avesse colpito Zoro dietro la nuca, bloccando sul nascere qualunque altra protesta da parte sua.
    «Nami-san ti ha dato un ordine, marimo, eseguilo senza rompere le palle».
    «Se ci tieni così tanto a farla contenta, perché non ci vai tu, cuoco da strapazzo?!»
    «E lasciare lei e Robin-chan da sole su una nave piena di buzzurri? Nemmeno per sogno!»
    «Non mi interessa chi ci va, basta che vi diate una mossa», tagliò corto la cartografa, poggiandosi una mano su un fianco prima di indicare con l’indice dell’altra il tunnel sottomarino. «Se lì sotto c’è davvero un tesoro, lo voglio qui sulla nave, capito? Quindi adesso voi due andate in quella grotta, trovate il mio forziere e me lo portate in fretta».
    «Come desideri, Nami-swan!» cinguettò il cuoco con voce giuliva, e lo spadaccino lo guardò male.
    «Ma non avevi detto di non volerle lasciare sole, ricciolo?» lo schernì, ma Sanji scrollò le spalle, mordicchiando il filtro della sigaretta con fare distratto.
    «Come posso rifiutare una così dolce richiesta dalla mia musa?»
    «Dove diavolo l’hai vista la dolcezza, pezzo di idiota?»
    «Non l’hai notata la piccola piega delle sue carnose labbra?»
    «Che cazzo stai farneticando, cuoco?»
    «Buona fortuna, ragazzi». Usopp, spuntato dal nulla alle loro spalle, interruppe quel breve botta e risposta dando ad entrambi una pacca sulle spalle, salutandoli con un cenno del capo prima di buttarli lui stesso fuori bordo; Nami avrebbe potuto cambiare ancora una volta idea e mandare anche lui, quindi era meglio darsela a gambe appena concessogli.
    Per quanto i due compagni gli avessero lanciato contro epiteti ben poco cordiali e alle loro orecchie fossero giunti i lamenti del Capitano, che avrebbe voluto essere lui a vivere quella bizzarra avventura, si ritrovarono ben presto al di sotto della superficie del mare, esattamente in quella grotta; dovevano ammettere che, pur trovandosi sotto sopra, vedere i profili distorti dei propri amici ancora sulla nave era una strana esperienza, giacché l’acqua sembrava galleggiare letteralmente sopra di loro. Non cadeva a riempire la grotta né tantomeno li aveva bagnati quando ci erano passati attraverso, e, se proprio doveva fare un paragone azzeccato, il cuoco avrebbe detto che gli ricordava una lastra di ghiaccio. Una lastra di ghiaccio con mille increspature e su cui il sole, se ci fosse stato, avrebbe anche potuto infrangersi, per essere più precisi. Peccato, però, che nonostante non si fossero bagnati, lui avesse comunque perso la sua sigaretta. Che sfiga, accidenti.
    Con un sospiro rassegnato, il primo ad incamminarsi nelle profondità della grotta fu proprio Zoro, ben presto seguito da un Sanji che, ripresosi dalla perdita della sua stecca, aveva perso una manciata di secondi a fare l’idiota con le ragazze come suo solito, lanciando loro bacini; in verità lo spadaccino credeva che quella fosse solo una totale perdita di tempo, ma spiegarlo ad una come Nami - che avrebbe potuto nuovamente mettere in mezzo debiti su debiti che lui non ricordava nemmeno di avere, o tagliando lui quei pochi berry che riusciva a mettere da parte - era praticamente impossibile. Sarebbe stato molto più facile insegnare a Rufy a cucinare, probabilmente.
    Scosse il capo per scacciare quei pensieri, ignorando gli sbuffi che si lasciava sfuggire di tanto in tanto Sanji, il quale non aveva smesso un secondo di riempirgli le orecchie con le sue inutili chiacchiere; si era semplicemente concentrato ad osservare i dintorni con minuziosa attenzione, per quanto vedesse solo roccia e rivoletti d’acqua ovunque guardasse. Di tanto in tanto, fra le crepe, faceva capolino qualche timido filo d’erba, o qualche stalattite che erano costretti a scartare per evitare di prenderla in pieno, ma niente che desse l’impressione di trovarsi in un possibile posto colmo di tesori; la luce era soffusa e si riusciva a malapena a distinguere qualcosa oltre ad un palmo dal naso, e fu proprio quando cominciarono a non vedere quasi più nulla che Zoro, allungando un braccio dietro di sé senza smettere di camminare, picchiettò la spalla del cuoco, o almeno gli parve di aver toccato proprio quella. «Ohi, dammi il tuo accendino», ordinò risoluto, ma nella caverna risuonò uno sbuffo sprezzante.
    «Dato che non ci vedi, ti informo che ti ho appena guardato male, marimo».
    «Poche storie e dammi quell’accendino, ricciolo».
    «Col cavolo, l’ultima volta hai consumato tutto il gas. E quella prima ancora l’hai addirittura perso mettendolo in quel sudicio haramaki, quindi non se ne parla», si impuntò il cuoco, incrociando le braccia al petto. Okay, forse era stupido preferire il camminare al buio senza sapere dove mettere i piedi all’idea di poter almeno dare una sbirciata ai dintorni, però per lui quella era ormai diventata una questione di principio. Si sarebbero accontentati di quel poco che riuscivano a vedere, e niente sarebbe riuscito a fargli cambiare idea. Non finì di formulare quel pensiero, però, che qualcosa gli strisciò vicino alla gamba, e si rese conto di aver strillato come un pazzo solo quando il suo stesso grido, disperdendosi nella grotta, gli trapanò le orecchie. «Che cazzo era?!» squittì, avvolgendo convulsamente entrambe le braccia intorno ai bicipiti del compagno, come se quello potesse in qualche modo aiutarlo ad evitare altre possibili sorprese.

    Zoro roteò gli occhi e sollevò lo sguardo al soffitto di pietra, pur vedendo solo qualche ombra senza consistenza. Oh, merda. Non avrebbe di nuovo messo in mezzo quella sua dannatissima fobia, voleva sperare. «Ricciolo, ti giuro che ti faccio a fette se cominci a spaventarti per qualche possibile inset-». Sanji, tastandogli il viso, gli tappò subito la bocca con una mano prima che potesse terminare la frase, rinserrando poi la presa intorno al suo braccio.
    «Sta’ zitto e controlla i dintorni con questo, marimo», sbottò, cercando la sua mano sinistra per piazzargli nel palmo l’accendino che poco prima non aveva avuto intenzione di dargli. Preferiva finire il gas, piuttosto che ritrovarsi in un altro covo di schifosissimi ragni. «Prima troviamo quel tesoro, prima possiamo andarcene da qui».
    «Non è nemmeno detto che questo tesoro ci sia davvero, cuoco», gli tenne presente lo spadaccino, lasciandosi sfuggire un lamento quando il compagno gli stritolò i deltoidi con i polsi. Non usava le mani neanche per cose simili, eh?
    «Stai forse insinuando che Robin-chan è una bugiarda!?» si indignò immediatamente, come se Zoro avesse appena detto qualcosa di altamente offensivo nei confronti della ragazza. Contro ogni aspettativa, però, il Vice Capitano si limitò semplicemente a sbuffare con fare scocciato.
    «Apri bene le orecchie quando parlo, sopracciglia attorcigliate. Ho solo dato voce ad un pensiero comune. Lo so che sei scettico anche tu». Il silenzio che calò nella grotta tutto d’un tratto fu più esaustivo di qualsiasi parola che il cuoco avrebbe potuto pronunciare, e Zoro, ottenuta quella sua piccola vittoria personale - e godendo interiormente dei borbottii sconclusionati a cui diede vita Sanji subito dopo, c’era da aggiungere -, si limitò a sollevare un angolo della bocca in un ghigno compiaciuto e ad aprire il coperchietto dell’accendino, illuminando fiocamente quello stretto passaggio roccioso che stavano ormai percorrendo da una buona manciata di minuti.
    Il tempo trascorse interminabile e nessuno dei due osò fiatare, anche perché tanto non avrebbero saputo come rompere la strana quiete che era calata su entrambi come un velo pietoso. Sanji aveva persino trovato molto più interessante veder danzare sui muri le ombre create dalla fiammella dell’accendino, avendo almeno la buona decenza di lasciar andare il braccio di Zoro per camminare al suo fianco, per quanto quel corridoio naturale glielo consentisse. Non era la prima volta che si ritrovavano da soli né tanto meno era raro che collaborassero, però, forse, si sarebbe trovato più a proprio agio se con lui ci fosse stata una delle ragazze. Insomma... avrebbe potuto approfittare della paura di Nami-san per gli insetti - e la condivideva appieno, dannazione! - per tenerla stretta a sé, anche se poi non sarebbe stato molto virile comportarsi nello stesso identico modo e scappare alla vista di un insulso ragnetto.
    A quel pensiero sbuffò e allungò il passo, pur non sapendo esattamente che cosa aspettarsi da quel posto né tanto meno se avesse o meno una fine; si rallegrò, però, nel momento stesso in cui vide in lontananza quella che sembrava essere un’apertura, e si affrettò a raggiungerla senza nemmeno aspettare Zoro, venendo investito in pieno dalla luce. A causa di tutto quel tempo passato in quella tenue oscurità, quel bagliore gli ferì gli occhi, e fu costretto a proteggerseli con un braccio nel tentativo di abituarsi, restando lì per lì perplesso non appena il suo sguardo si posò sulla vasta boscaglia che si estendeva a macchia d’olio davanti a loro. Piante rampicanti dallo strano colorito bluastro si attorcigliavano intorno ai tronchi degli alberi come serpenti, brillando di una strana sfumatura rossastra; cespugli dai fiori di mille colori sembravano essere il riparo perfetto per qualche piccolo animale, i cui occhi li spiavano di tanto in tanto attraverso le foglioline prima di sparire con un rauco richiamo, lasciando dietro di sé solo piante smosse; quelle che avevano tutta l’aria di essere azalee erano grandi come degli arbusti ed erano letteralmente impregnate d’acqua, come se fino a quel momento non avesse fatto altro che piovere, e forse era proprio quello il motivo di quella loro crescita disumana, giacché non aveva mai visto una cosa del genere in tutta la Grand Line.
    «Com’è possibile che in fondo al mare ci sia una cosa del genere?» domandò il cuoco, più a se stesso che al compagno, non riuscendo a credere ai propri occhi. Da quando aveva lasciato il Baratie di cose strane ne aveva viste, ma di certo non si sarebbe mai aspettato una bizzarria del genere. E ancor più assurdo, forse, fu vedere quello scemo di uno spadaccino scrollare semplicemente le spalle, come se la situazione in cui si trovavano fosse d’ordinaria amministrazione.
    «Lasciamo perdere queste stronzate e diamoci una mossa, ho fame».
    «Chi diavolo sei, Rufy? Prova piuttosto a mostrare almeno un po’ di interesse, stupido marimo».
    Zoro lo guardò di traverso, lanciandogli l’accendino e vedendolo afferrarlo al volo per riporlo in tasca. «Il punto che non mi interessi per niente sembra esserti sfuggito, cuoco da strapazzo», lo pungolò poi, e Sanji sentì distintamente una vena pulsare sulla fronte, mettendosi immediatamente in posizione d’attacco con una gamba sollevata a mezz’aria.
    «Ohi, hai voglia di fare a botte?!»
    «Non chiedevo di meglio!»

    Con un ghigno che non prometteva nulla di buono, lo spadaccino estrasse una katana dal fodero e un lampo improvviso squarciò il cielo sopra di loro, dando un bizzarro effetto scenografico a tutta la situazione e lasciando entrambi momentaneamente di stucco, in particolar modo quando cominciò a piovere a dirotto e si ritrovarono sotto l’acqua scrosciante; gocce di pioggia grandi quanto una noce picchiettarono sulle loro teste e si insinuarono all’interno delle loro magliette, provocando loro continui brividi di freddo per quell’intrusione inaspettata e scivolando sempre più verso il basso, quasi volessero giungere al limitare dei loro pantaloni passando per la spina dorsale. Beh, perfetto. Solo la pioggia ci mancava.
    Arcuando un sopracciglio, Sanji sentì quella vena pulsare ancora di più e fu quasi tentato di prendere a calci la faccia di quell’idiota di Zoro, più per sfogarsi che per vera e propria colpa. Possibile che le stranezze capitassero sempre in sua compagnia?
    «Tregua?»
    «Tregua».  

    Un accordo l’avevano raggiunto, almeno. Quindi la sola cosa da fare era riuscire a trovare quel tesoro - sempre ammesso che ce ne fosse davvero uno - senza incappare in altri problemi e tornare in fretta alla Sunny, cosa che avrebbero volentieri fatto seduta stante invece di starsene a prendere pioggia. Lo spadaccino, difatti, continuava a credere che quella fosse solo una perdita di tempo e che non avrebbero sicuramente cavato un ragno dal buco, pur avendo rinfoderato la propria arma e cominciato a seguire il cuoco nel bel mezzo della boscaglia; le gocce di pioggia cadevano implacabili sulle loro teste e il ticchettio assordante che provocavano picchiettando sulle foglie risuonava alle orecchie come quello di un orologio, rendendo la traversata ancor più snervante di quanto non lo fosse stata al principio. Non tirava vento, fortunatamente, ma il gelo provocato dall’acqua che cadeva impetuosa dalle nubi sembrava essere ancor più ungente proprio per quel motivo, per quanto i due compagni non riuscissero ancora a spiegarsi con che criterio, in quella che sarebbe dovuta essere una grotta in fondo al mare, potesse esistere tutto ciò che li circondava.
    Il cielo veniva di tanto in tanto illuminato dai lampi che lo squarciavano e i cupi rombi dei tuoni parevano far tremare l’intera foresta, dalla quale si innalzavano fruscii che venivano registrati da Sanji come fonte di possibile pericolo; ad ogni suono sospetto drizzava le orecchie e gettava occhiate nervose fra i cespugli smossi, quasi temesse di vedersi comparire davanti da un momento all’altro chissà quale mostro gigantesco, trovando unicamente della vegetazione bagnata dalla pioggia incessante. Per colpa di Zoro, inciampato in una radice nodosa che sporgeva dal terreno, cadde persino con il viso riverso in una pozzanghera, bagnandosi dalla testa ai piedi. E non sarebbe stato un problema se, sollevando la testa dal fango, non si fosse trovato faccia a faccia con un misero scarafaggio, dandosela letteralmente a gambe sotto lo sguardo sconcertato dello spadaccino. Quest’ultimo, con un’imprecazione, era stato costretto a corrergli dietro per evitare di perderlo di vista, ma almeno, grazie alla performance del cuoco e della sua fobia, erano riusciti a trovare un posto dove stare per ripararsi dalla pioggia, divenuta torrenziale e poco di aiuto per la missione che era stata loro assegnata. La visibilità si era ridotta al minimo e continuare a vagare chissà dove alla ricerca di chissà cosa sarebbe stato inutile, dunque perché sbattersi tanto per nulla? Stupido lui che si era fatto convincere dalla strozzina ed era sceso là sotto solo per non sentirla, accidenti.

    «Si può sapere perché ogni volta che mi trovo con te finisco per perdermi, incontrare ragni giganti o rischiare di buscarmi un’influenza a causa della pioggia?» borbottò di punto in bianco Sanji, stringendosi inutilmente nella giacca che indossava. Era bagnato dalla testa ai piedi e sentiva rivoletti d’acqua scivolargli lungo la schiena, provocandogli continui brividi di freddo e lasciandogli al contempo una sgradevole sensazione di viscido sulla pelle. Non si sarebbe per nulla meravigliato nemmeno se si fosse scoperto pieno di fanghiglia anche fra i capelli, visto il bagno fuori programma causatogli da quello scemo di Zoro prima di riuscire a trovare quella sottospecie di riparo. Ah, accidenti a lui. «A volte mi chiedo se non sei proprio tu a far piovere, marimo».
    Scoccandogli un’occhiataccia dall'alto in basso, lo spadaccino sbuffò pesantemente. «Non mi chiamo Nami. Non faccio trucchetti da prestigiatore», asserì, e, per quanto il cuoco gli avesse borbottato contro a mezza voce epiteti ben poco cordiali, lasciò perdere, sollevando lo sguardo per poter osservare i frammenti di cielo e i vaghi raggi che di tanto in tanto si scorgevano attraverso le fessure delle grandi foglie verdi che li riparavano. Trovare quel tetto naturale era stata una fortuna, anche se, di tanto in tanto, qualche goccia di pioggia riusciva ad avere la meglio e si infiltrava fra di esse, scivolando sul loro collo o lungo le braccia. Beh, già era tanto essere al riparo, dunque bisognava accontentarsi. «Appena si calma un po’ torniamo indietro».

    «Per una volta sono d’accordo con te, marimo», convenne Sanji, e un sorrisetto stranamente compiaciuto comparve subito dopo sulle sue labbra, prima che si portasse teatralmente una mano al petto. «Mi scuserò personalmente con Nami-san. Le dirò che abbiamo cercato in lungo e largo con zelo solo per poterla fare felice, affrontando orribili bestie dalle mille zampe, e quando capirà quanto sono dispiaciuto di non essere riuscito ad esaudire un suo desiderio, mi perdonerà con un bacio e...» si sentì afferrare all’improvviso per il colletto della giacca e, prima ancora che se ne rendesse conto, sentì le labbra dello spadaccino premere con forza contro le sue, lasciandolo momentaneamente paralizzato; seduto su quella viscida pietra, con lo scroscio della pioggia che faceva da sottofondo e il bizzarro calore che sprigionava la bocca di Zoro, Sanji socchiuse le palpebre e sollevò meglio il viso per incontrare quello del compagno in piedi dinanzi a lui, cercando le sue mani e stringendole senza nemmeno rendersene conto. Quando si allontanò, leccandogli il labbro inferiore con la lingua e dandogli un morso, il cuoco si grattò dietro al collo per dissipare quello strano momento di imbarazzo che si era creato tra loro, sentendo lo strano e assoluto bisogno di una sigaretta. Che diavolo gli era preso? «Ohi... guarda che stavo scherzando. Non c’era bisogno di prendersela in quel modo».
    Lo spadaccino si degnò di scoccargli a malapena uno sguardo, ficcandosi le mani nelle tasche. «Tsk. Non vedo il motivo per cui avrei dovuto prendermela, stupido cuoco. Mi andava e basta».
    «Ammettere che sei geloso delle mie muse renderebbe tutto più facile, sai?»
    «Non dire stronzate e alzati da quel sasso, ce ne andiamo».
    «Eh?» Sanji si accigliò. «Non avevi detto di aspettare?»
    «Mi sono stancato di farlo. Se hai paura di bagnarti copriti con la giacca, principessa», lo schernì, e il cuoco si alzò di scatto solo per rifilargli un calcio, sistemandosi la giacca sulle spalle con uno sbuffo scocciato.
    «Fanculo, idiota. Non sono una donna, e per colpa di una certa persona sono già tutto bagnato».
   
Nel sentire quelle parole, lo spadaccino sollevò un angolo della bocca in un sorriso sarcastico, guardandolo allusivo. «Cos’era, una proposta sconcia?» gli domandò, scansando con una mano un arbusto che gli copriva la visuale. «Perché se vuoi farlo non ci sono problemi».
    Sanji gli assestò un altro calcio e gli fece sbattere il naso contro il tronco muschioso di un albero, cominciando ad incamminarsi sotto la pioggia senza nemmeno aspettarlo. «Muoviti, gorilla tutto muscoli. Abbiamo fretta, no?» ironizzò, e Zoro, poggiando entrambe le mani sulla corteccia, raddrizzò il capo con un grugnito, scoccando un’occhiataccia alla sua schiena.
    «Bastardo...» sibilò, sgranchendosi spalle e collo con una mezza imprecazione; la sua attenzione, però, venne ben presto richiamata da qualcosa di scintillante che vide di sfuggita fra le foglie umide che ricoprivano il terreno, e il cuoco, con un sopracciglio sollevato, si voltò proprio nell’istante in cui lui si chinò per raccoglierla e infilarla nell’haramaki.
    «Ohi, che diavolo hai preso?»
    «Un souvenir».
    Sanji scosse il capo senza indagare oltre, e, ficcandosi semplicemente le mani nelle tasche, attese che Zoro gli si accostasse, così da non perderlo d’occhio e poter riprendere quella loro traversata sotto la pioggia scrosciante.
    Il viaggio di ritorno fu più facile del previsto e non ci furono altri inconvenienti, esclusi quei due o tre ragni che il cuoco ebbe la fortuna di trovare sul proprio cammino all’interno della grotta. Per lui fu difatti una manna dal cielo tornare in superficie e rimettere piede sulla Sunny, costatando anche che lì il tempo si era mantenuto esattamente come l’avevano lasciato quando erano scesi là sotto. Scusandosi frettolosamente con Nami, poi, e promettendole che le avrebbe spiegato tutto una volta raggiunta in cucina, Sanji si era letteralmente appropriato del bagno e ci era rimasto quasi per un’ora, levandosi di dosso tutto lo schifo accumulato nell’arco di quella giornata.
    Si trovava dietro ai fornelli, adesso, intento a preparare un the per la navigatrice e per se stesso, giacché Zoro si era già servito come suo solito con del sake, per quanto stesse adocchiando male il misero bicchiere che gli era stato lasciato al posto della bottiglia che lo stesso Sanji aveva prontamente confiscato. Avevano raccontato tutto a Nami per filo e per segno - saltando il particolare degli insetti, ovviamente, poiché non sarebbe servito a nulla apparire così poco virile agli occhi della ragazza - e lui stava cercando palesemente di rabbonirla, anche se, per il momento, sembrava averla presa piuttosto bene. Cosa che li aveva lasciati un tantino perplessi, conoscendola.
    Con un lungo sospiro, Sanji tolse il bollitore dal fuoco e riempì una tazza per la navigatrice, premurandosi di servirla per prima com’era solito fare. «Ecco a te, Nami-san».
    Nami ringraziò con un cenno del capo e, soffiando, bevve un bel sorso, concedendosi un attimo prima di fissare con particolare attenzione i compagni. «Ricapitolando... mi state quindi dicendo che non avete trovato nessun tesoro, giusto?»
    I due annuirono nello stesso istante, volendo probabilmente levarsi da qualunque impiccio il più velocemente possibile, ma fu proprio nel far ciò che Zoro ebbe un’improvvisa illuminazione, battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano.
    «Oh, aspetta. Qualcosa c’è», parve difatti ricordarsi, frugando nell’haramaki sotto lo sguardo curioso e un po’ scettico di cuoco e navigatrice; quasi esultò, poi, nel riuscire a trovare ciò che stava cercando, mantenendolo saldamente tra pollice ed indice per mostrarlo a Nami come se nulla fosse. Brillante come un lingotto d’oro, di quella stessa tonalità dorata che a lei tanto piaceva, Zoro le stava porgendo... uno scarabeo?! Un grosso schifosissimo scarabeo che, per quanto sembrasse fatto interamente d’oro purissimo, faceva schioccare le mascelle e agitava le sue zampette nel tentativo di liberarsi, e la cartografa strillò impaurita non appena ci riuscì, saltandole addosso e provando ad infilarsi nella sua maglietta.
    Zoro fu abbastanza svelto da riacchiapparlo prima che lo facesse, però ci guadagnò comunque un pugno da Nami che, con in viso un colorito bluastro che avrebbe fatto invidia alle squame di un pesce, optò per una dignitosa ritirata e abbandonò la cucina di corsa, cosa che avrebbe fatto anche Sanji se non fosse rimasto paralizzato ad osservare l
insetto che il Vice Capitano teneva tranquillamente fra le mani.
    «O-Ohi... non ti sarai tenuto quel coso dentro l’haramaki per tutto il tempo... vero?» balbettò nel puntargli un dito contro, e l’espressione neutra che gli venne rivolta dallo spadaccino non gli piacque per niente.
    «Certo che sì, dov’è il problema?»
    «E me lo chiedi anche?! Era quello il tuo souvenir?! Butta quello schifo!» gli ordinò, ma in quel mentre la porta della cucina si aprì, rivelando l’ultima persona al mondo che il cuoco avrebbe mai voluto vedere: Rufy. Non appena i suoi occhi registrarono l’insetto, infatti, brillarono come due fari nella nebbia e la sua espressione divenne super eccitata, tanto che corse svelto verso lo spadaccino per vedere più da vicino e osservare quella bestiaccia da tutte le angolazioni possibili.
    «Wah, Zoro! Allora è vero che hai catturato uno scarabeo gigante, che forza! Prendo una gabbia!»
    «Non pensarci nemmeno, Rufy, voglio quell’insettaccio fuori dalla mia cucina e lontano da questa nave!»
    «Ma, Sanji, andiamo! È favoloso!»
    «Scordatelo!»
    Zoro si lasciò sfuggire uno sbuffo ilare nell’ascoltare quel loro battibecco, abbassando lo sguardo sull’insetto che continuava ad agitarsi frenetico fra le sue dita. Alla fin fine non avevano trovato alcun tesoro, ma forse quello non era stato tutto tempo sprecato. Forse
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Seconda shot scritta per la raccolta del contest Scrivimi una raccolta indetto da visbs88
La prima è Phantoms in falling snow e fanno entrambe parte di una raccolta secondaria che ho intitolato 3.2% { Sore wo ittara oshimai desu - in onore di due doujinshi di Haga Inochi che adoro -, ma ho deciso di farle diventare un'unica raccolta per aggiornare solamete questa senza complicarmi troppo la vita con mille mila raccolte... e, accidenti, quante volte ho detto la parola raccolta in queste note inconcludenti? x)
Comunque sia, questa è una di quelle shot in cui si vede come al solito il mio amore per la natura e la mia fissa di Sanji spaventato dagli insetti; è una cosa che si vede molto poco nelle fanfiction, eppure può essere sfruttata in mille mila modi proprio perché vedere un uomo come lui, che stende persone con un solo calcio fumandosi al contempo una sigaretta, scappare come un ossesso nel vedere qualche scarafaggio mi diverte. Sono una brutta persona, aye x)
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti
Alla prossima. ♥



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Farai felici milioni di scrittori.

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Capitolo 33
*** [ Scrivimi una raccolta ] Harmful weather condition ***


Harmful weather Titolo: Harmful weather condition
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 6202 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Genere: Generale, Avventura, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Assurdità sparse,What if?
12 Storie - #01 Natura: #08. Cielo
Categoria di prompts: Condizioni di tempo atmosferico › Nebbia


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Usopp ridusse gli occhi a due fessure nel tentativo di leggere il nome scritto sul cartello che aveva dinanzi, riuscendo a distinguere solo un paio di lettere a causa della nebbia che sembrava gravare come un manto su tutta la cittadina.
    Sin da quando avevano messo piede su quell’isola, aveva cominciato a provare una strana sensazione all’altezza dello stomaco e aveva avuto un brutto presentimento, che si era poi tramutato in una vera e propria certezza quando erano riusciti a giungere nei pressi di quella città, di primo acchito abbandonata e probabile roccaforte di fantasmi e di chissà quali altre terrificanti creature. Peccato, però, che fosse stato il solo a vederla così, poiché il Capitano era parso super eccitato e niente era riuscito a smuoverlo dall’idea di esplorare la zona fino in fondo, desideroso di partire alla volta di una nuova e sicura avventura. A volte Usopp si domandava chi glielo avesse fatto fare di seguire un ragazzo del genere, sul serio.
    «Questa dovrebbe essere Suntown...» La voce di Nami, avvicinatasi a sua volta per dare uno sguardo al cartello, lo distrasse dai suoi pensieri, e si voltò verso di lei per adocchiarla di sfuggita. Riusciva vagamente ad intravedere la sua espressione, ma era quasi del tutto certo che avesse aggrottato la fronte e rinserrato le palpebre, come spesso le capitava di fare quando si concentrava intensamente su qualcosa. «A dispetto del nome, è già tanto riuscire a vedere ad un palmo dal naso, con tutta questa nebbia».
    «Almeno la Merry sarà al sicuro», asserì Sanji, traendo una bella boccata dalla propria sigaretta per creare poi un anello di fumo. «Se un certo spadaccino idiota fosse rimasto di guardia come gli era stato ordinato, magari...»
    Zoro gli scoccò un’occhiata di traverso, per quanto la visibilità fosse letteralmente ridotta all’osso. «Ohi, ho bisogno di trovare delle nuove spade, quindi non rompere», rimbrottò, ma fu Nami a fulminarlo con lo sguardo, stavolta.
    «Io non ti presto un soldo, sia chiaro».
    «Taccagna».
    «Ti ho già detto mille volte di piantala di parlare male di Nami-san!» berciò Sanji, tirandogli un calcio alla cieca; lo colpì allo stinco e lo spadaccino imprecò a denti stretti, afferrandogli la caviglia per bloccargli almeno una gamba e cercare al contempo di parare gli altri colpi con le braccia, non riuscendo proprio a capire come diavolo facesse quell’idiota a combattere in quel modo assurdo e a saltellare come un perfetto cretino senza cadere. Mai una volta che scivolasse e si spaccasse la testa, eh?
    «Ehm, ragazzi?» li richiamò Usopp, lo sguardo fisso verso lo spiraglio di luce fra la nebbia che lasciava intravedere, almeno parzialmente, le strade della città. «Mi spiace interrompervi, ma credo che abbiamo un problema», asserì, puntando un dito verso la figura che correva via come se nulla fosse, e, non appena il resto della combriccola realizzò di chi si trattava, gridò in coro il nome del Capitano e gli andò dietro, prima che quel casinista potesse combinare guai.
    La cosa assurda, però, subentrò proprio nel mettere piede in città, che appariva ancor più disabitata di quanto non lo fosse sembrata da fuori. Attraverso la foschia che si sollevava dal terreno come sabbia spazzata via dal vento del deserto, si riuscivano a malapena a riconoscere i profili degli edifici ai lati delle strade, simili a muti giganti in attesa del momento propizio per attaccare i malcapitati avventurieri; in quel silenzio, che in qualche modo riusciva persino ad apparire assordante a causa del sangue che tamburellava frenetico nelle loro orecchie, risuonava sinistro anche il cigolio dei cardini di un’insegna appesa da qualche parte nella nebbia, e Usopp fu tentato di filarsela quando, in quel mondo avvolto da quel bianco sfocato, gli parve di vedere un’ombra muoversi con una rapidità sorprendente. Pessimo segno. Davvero un pessimo segno.
    «C-Credo che sia meglio che io torni alla Merry», balbettò, però, nel fare un passo indietro, andò a sbattere contro qualcosa e urlò, mettendo subito in allerta gli altri; Zoro estrasse l’unica katana rimastagli e Sanji sollevò la gamba sinistra, facendo al contempo da scudo a Nami con il proprio corpo mentre scrutava nella nebbia per localizzare il compagno e ciò che gli aveva provocato quel grido.
    «Ohi, Usopp, che succede?» lo chiamò, in modo da accertarsi della sua posizione, ma non ricevendo alcuna risposta si preoccupò, facendo qualche passo avanti. «Usopp?» provò ancora senza successo, e si sarebbe sicuramente inoltrato in quella foschia se non avesse sentito urlare anche Nami, voltandosi alla svelta solo per vederla trascinare via da una figura sconosciuta resa informe dalla nebbia.
    «Merda!» esclamarono lui e Zoro all’unisono, affrettandosi a seguire quel rapitore per salvare almeno la compagna. Ah, dannazione! Non solo erano spariti Rufy e Usopp, ma si stavano facendo soffiare anche la loro navigatrice da sotto il naso; di sicuro il Capitano non l’avrebbe presa per niente bene e, una volta ritrovato, ne avrebbe cantate loro quattro per essere stati così sprovveduti e aver lasciato che la rapissero dopo tutta la fatica che avevano fatto per riaverla nella ciurma.
    «Torna indietro e ridacci Nami-san, bastardo!» berciò Sanji, trovando piuttosto arduo continuare a corrergli dietro senza riuscire a distinguere dintorni e forme; tutto appariva uguale e anche la figura di quel tipo - perché, aye, era decisamente troppo grosso per essere una donna -, che si allontanava sempre più dalla loro portata, aveva iniziato a somigliare al paesaggio circostante, come un fantasma inghiottito dalla nebbia. Svanì del tutto quando si insinuò in un vicolo e loro non riuscirono a fermarlo, ritrovandosi davanti ad un muro di mattoni e senza altra via d’uscita. Ma che...?
    «Dove cazzo è sparito quel tizio?» Zoro si guardò intorno, sconcertato. «Non può essersi volatilizzato nel nulla».
    «Nami-san! Mi senti?»
    «Se fosse qui urlerebbe, ti pare?»
    «Silenzio, marimo, se parli non riesco a sentirla!»
    Zoro sollevò lo sguardo al cielo e roteò gli occhi, rinfoderando la propria katana con uno sbuffo; fu proprio nel farlo, però, che qualcosa richiamò la sua attenzione, e si chinò per raccogliere quelli che scoprì essere gli occhialini di Usopp. Se si trovavano lì, probabilmente non erano poi così lontani dal ritrovarli. «Ohi, cuoco», lo richiamò, picchiettandogli una spalla per mostrare anche a lui quell’oggetto. «Forse sono davvero da queste parti», costatò, infilandosi gli occhialini nell’haramaki prima di ricominciare a guardarsi intorno.
    Dal canto suo, Sanji si grattò la testa con fare pensieroso, poggiandosi a braccia conserte contro il muro dietro di sé.
«Se riuscissimo a capire dove, sarebbe molto più fa- ah!» gridò nel sentire quella parete sparire dalla sua schiena e cadendo riverso per terra, imprecando quando sbatté pesantemente il culo su un freddo pavimento di pietra; e se in un primo momento era rimasto sconcertato da quella sottospecie di gioco di prestigio, divenne ancor più perplesso nel far scorrere lo sguardo in quello che si rivelò essere un locale gremito di gente, la quale chiacchierava allegramente tra cibo e liquori d’ogni tipo.
    «E questo che diavolo significa?» sbottò Zoro, e Sanji concordò in pieno. Perché tutte quelle persone erano riunite lì e avevano portato là dentro anche i loro compagni? E perché quei due idioti di Rufy e Usopp, che se ne stavano ad un angolo e sembravano stare meglio di loro, bevevano e mangiavano come se nulla fosse? Che accidenti stava accadendo?
    «Sanji-kun~!» Il cuoco si riscosse immediatamente nel sentire la voce di Nami e nel costatare che stava a sua volta bene, vedendola seduta ad un tavolo con un boccale di birra davanti. Accanto a lei era seduto un uomo robusto, probabilmente sulla quarantina, che guardava verso di loro con sguardo truce, la fronte aggrottata e metà viso nascosto da un cappello nero con la tesa. Nonostante l'espressione, però, stava facendo loro segno di avvicinarsi, e acconsentirono solo quando anche la stessa Nami li richiamò in quella direzione. La cosa stava diventando piuttosto strana. «Questo è il sindaco Beihg», li informò lei non appena presero posto, non senza lanciare un’occhiata curiosa proprio all’uomo che avevano di fronte. «In città hanno un piccolo problema».
    «Mi spiegherò meglio, marmocchi», la interruppe lui con un gesto della mano, concentrando la sua completa attenzione su di loro. Sebbene i suoi modi fossero bruschi, la sua voce era poco profonda e pacata, cosa decisamente inaspettata per un tipo con una cassa toracica grande come la sua. «La signorina ha detto che siete dei bravi combattenti, e a me serve proprio qualcuno di abbastanza forte per sbarazzarmi del problema».
    «E noi che diavolo c’entriamo?» chiese giustamente Zoro, ma Sanji gli tappò subito la bocca.
    «Per una volta sta’ zitto, marimo».
    «Ovviamente vi pagherò», continuò il sindaco, e fu proprio a quelle parole che lo spadaccino comprese il ruolo che avrebbero avuto nell’intera faccenda. Quando si trattava di denaro, Nami non guardava in faccia nessuno. «Due milioni di berry ad impresa conclusa. È una cifra piuttosto alta, ma servirà anche a ripagare i metodi poco ortodossi con cui i miei concittadini hanno portato tutti voi qui». Och, beh, quello era il minimo. Avevano praticamente rapito tre di loro e costretto i restanti a cercarli, e, per quanto fossero pirati, non avevano ancora fatto niente per meritarsi trattamenti del genere. A parte Rufy, non avevano nemmeno una taglia, figurarsi. «Se voi e i vostri amici siete forti come mi è stato detto, battere quel mostro sarà una passeggiata».
    «Quindi il problema sarebbe un mostro?» domandò Sanji con un certo scetticismo, squadrando l’uomo da capo a piedi. Con la sua stazza non avrebbe di certo avuto problemi a cavarsela da solo, ed era sicuro che sapesse anche menare le mani, se richiesto. La faccenda puzzava troppo, e l’olezzo di alcool che appestava il locale c’entrava ben poco. «E non potete sbarazzarvene voi?»
    «È Daithbulah, il grande camaleonte. Molti lo venerano ancora come divinità e non possiamo toccarlo».
    «Oh, che cazzata», borbottò Zoro, e sia Sanji che Nami gli rifilarono un calcio negli stinchi al di sotto del tavolo, ignorando le imprecazioni soffocate che sibilò al loro indirizzo.
    «Se è davvero una divinità», volle tastare il terreno il cuoco, pur non credendo ad una sola parola su fantomatici dei e quant’altro, «come possiamo fermarlo?»
    «Catturandolo senza ucciderlo. Placare la sua ira farà sparire anche la nebbia che ha avvolto la città».
    «Ah, quindi questa nebbia è colpa sua?» si intromise Nami, e Beihg annuì.
    «Proprio così, signorina».
    «Bene», asserì, battendo le mani sul tavolo prima di alzarsi e scoccare un’occhiata obliqua all’uomo. «Se ne occuperanno i miei ragazzi, lei cominci a preparare i due milioni. Dove possiamo trovare questo camaleonte?»
    «Alla fine della città c’è una vecchia linea di binari con carrelli ormai in disuso, seguitela; vi condurrà alla cava sacra, dimora di Daithbulah».
    «Sentito, ragazzi? Alzatevi e datevi una mossa», ordinò la cartografa, aggirando il tavolo per andare a recuperare lei stessa gli altri due senza dar peso alle loro lamentele o al fatto che Rufy tentasse ancora di rubare del cibo; sotto lo sguardo a dir poco sconcertato di Zoro, Sanji fu invece piuttosto svelto ad obbedirle - quando avrebbe smesso di fare lo schiavetto della ragazza, accidenti a lui? - e ad andarle dietro, cosa che lo spadaccino fece solo dopo aver scoccato una rapida occhiata guardinga al sindaco ed aver preso il boccale per scolarsi la birra al suo interno, pur continuando a bofonchiare a mezza voce. E tuttora lo stava facendo, seguendo a fatica gli altri in quel bianco opprimente.
    La nebbia, anziché diradarsi, sembrava farsi sempre più fitta e palpabile, come se sarebbe bastato allungare un braccio per riuscire a toccarla in qualche modo con mano; persino lo scalpiccio delle loro scarpe risuonava attutito, quasi camminassero su un terreno erboso e non su ciottoli a loro volta bianchi come la nebbia, ed era così snervante che sarebbero riusciti anche ad udire i battiti dei propri cuori. Fu arduo distinguere le tracce dei vecchi binari dal resto delle macerie sparse un po' ovunque, ma un sibilo lontano, simile al vento che soffiava in profondi cunicoli, confermò loro la vicinanza alla cava, e Zoro, nel vedere la figura sfocata di Rufy correre per primo in quella direzione, non poté evitare di sbuffare.
    «Perché diavolo dovremmo andare in giro a fare beneficenza?» domandò a Nami, la quale gli riservò uno strano sguardo.  
    «Questa non è beneficenza, Zoro, si chiama fare affari. Noi liberiamo la città dal mostro e loro ci pagano una lauta ricompensa», volle subito mettere in chiaro lei, i cui occhi sembravano brillare come i berry che teneva nascosti da qualche parte nella sua camera. Usopp una volta aveva persino ipotizzato che li tenesse nel reggiseno, e da come lei si era incazzata, rifilandogli un poderoso pugno sulla testa senza pensarci due volte, ci aveva probabilmente preso. «Siamo a corto di soldi e potrebbero servircene parecchi, sulla Rotta Maggiore. Mi sembra una ragione abbastanza valida per farlo, no?»
    Zoro sbuffò ilare. «Aye, ma c’è ancora una cosa che mi sfugge... perché tu te ne sei bellamente tagliata fuori?» le domandò, e la ragazza si lasciò sfuggire una risatina smaliziata.
    «Non ti aspettavi mica che facessi io il lavoro sporco, vero?»
    «Visto che sei tu a volere quei soldi, sarebbe stato il minimo».
    Nami agitò distrattamente una mano in aria, come se le parole dello spadaccino non la sfiorassero per niente, pensandoci poi lei stessa a spingerlo con un po’ di fatica verso la cava, dove gli altri stavano già pensando il da farsi. «Non essere idiota e datevi una mossa, quel mostro non si catturerà certo da solo».
    Zoro non perse nemmeno tempo a ribattere, ben sapendo che tanto non sarebbe servito praticamente a niente. Ormai la navigatrice sembrava aver deciso per tutti e il loro destino, se la si voleva mettere in quei termini era già stato segnato: avrebbero catturato quel mostro e avrebbero intascato i soldi. Niente di più, niente di meno. Con quei pensieri per la testa, raggiunse il resto del gruppo sotto lo sguardo vigile di Nami, che qualche istante dopo, nel notarli immobili dinanzi all'entrata, cominciò a chiedersi perché ci mettessero tanto e non si decidessero a muoversi una volta per tutte. La cava era proprio davanti a loro, quindi che cosa aspettavano? Inarcò un sopracciglio nel vederli confabulare riguardo chissà cosa e nel raccogliere qualcosa da terra, e fu proprio per quel motivo che si avvicinò a Zoro, più che decisa a vederci chiaro.
    «Che diamine state facendo?»
    «Giochiamo a shanghai», rispose subito lo spadaccino, quasi fosse la cosa più naturale del mondo. «I due che pescano il bastoncino più corto entrano».
    «...e perché cavolo perdete tempo in questo modo?»
    «Ohi, non ha senso entrare tutti per far fuori uno stupido camaleonte. Ne bastano due e li scegliamo in modo imparziale», borbottò, sentendosi sfilare i bastoncini dalla mano senza che lui avesse dato il via; difatti si accigliò, vedendo Usopp esultare per aver pescato quello più lungo e Rufy lamentarsi per aver condiviso la stessa sorte, giacché sarebbe volentieri entrato per vedere con i suoi occhi quel mostro di cui aveva parlato il sindaco. Se loro due erano fuori, allora... si voltò al suo fianco, notando che il cuoco era rimasto immobile a fissare quel pezzettino di legno come se si trattasse di una massa informe e schifosa. Beh, nemmeno lui faceva i salti di gioia, se la cosa lo rassicurava.
    «La sorte ha deciso, andate», li cacciò Nami, dando loro la schiena per accomodarsi tranquilla su una delle casse stipate ad un angolo di quella che, prima del crollo, era probabilmente stata una casetta per custodire le attrezzature, considerando i resti di pale rotte e corrose dalla ruggine.
    Con i borbottii scocciati di Rufy nelle orecchie, il quale aveva almeno tenuto fede alla scelta che aveva fatto senza insistere ad andare con loro, i due si inoltrarono nel fondo della cava e si mossero a tentoni al suo interno, poiché anch’essa colma di nebbia più dell’esterno. Distinguere i dintorni era difficile e altrettanto lo era stare attenti a non fare passi falsi, giacché nessuno assicurava loro che la cava non contenesse vicoli ciechi o addirittura baratri; avanzando a tentoni, Zoro dovette più volte poggiare una mano sul legno ormai putrido che fungeva da sostegno a quel cunicolo scavato nel terreno e nel quale si stavano insinuando senza nemmeno conoscerne la planimetria. Forse avrebbero dovuto chiedere una mappa al sindaco, dopotutto. E lo spadaccino se ne convinse ancor più quando si ritrovarono dinanzi ad un bivio, incerti su quale fosse la direzione giusta da prendere. Ah, dannazione.
    «Da questa parte si sente uno scroscio... come se ci fosse dell’acqua», asserì di punto in bianco Sanji, gettando un’occhiata verso il corridoio di destra. La nebbia era meno fitta e attraverso di essa si riuscivano a scorgere le pareti rocciose della cava, ma non era detto che quella fosse davvero la strada da percorrere.
    Zoro si scompigliò i capelli con una mano, annuendo qualche istante dopo con fare fin troppo orgoglioso. «Io vado a sinistra, tu va’ a destra. Chi lo trova prima lo abbatte e torna indietro», sentenziò, ma Sanji lo guardò con un sopracciglio sollevato, lasciando ben intendere quanto la cosa gli sembrasse assurda anche solo da pensare.
    «Di’ un po’, marimo, stai scherzando?»
    «E perché dovrei, ricciolo?»
    «Perché tu ti perdi anche per andare al cesso, magari?»
    «Ohi, che diavolo stai insinuando?!»
    Sanji lo zittì con un brusco gesto della mano, incamminandosi per primo nel cunicolo di destra e facendo poi cenno allo spadaccino di seguirlo senza fare storie. «Prima troviamo quel coso, prima incassiamo e possiamo andarcene. Un po’ di soldi fanno comodo anche a te, no? Così potrai comprarti nuove katane senza indebitarti con Nami-san». Quella logica parve funzionare, poiché Zoro, pur borbottando chissà cosa fra sé e sé, si guardò bene dal ribattere o dal continuare a fare questioni, giacché sarebbe stato stupido ed infruttuoso per tutti, lui incluso. Una volta tanto ragionava anche lui, a quanto sembrava.
    Scostando una vecchia trave ormai marcia che impediva loro il cammino, si insinuarono a passi lenti e moderati all’interno del corridoio di pietra, con quel suono d’acqua che risuonava sempre più assordante nelle orecchie; dovettero chinare la testa quando il soffitto cominciò a calare e lo spazio diventò sempre più stretto, tanto da risultare quasi soffocante per due uomini della loro stazza. Si avanzava a fatica ed era difficile persino allungare le braccia, poiché si sfioravano le pareti di roccia con i gomiti non appena si tentava di compiere un movimento di troppo; Sanji picchiò persino violentemente la fronte contro una stalattite spuntata dal nulla e imprecò a denti stretti, maledicendo la scarsità di spazio e quella nebbia sempre più fitta. Non solo era diventato assurdamente impossibile capire dove iniziasse il naso e dove finisse il mento - e la sua non era per niente ironia, dannazione -, ma il risuonare dei loro passi e delle gocce d’acqua che cadevano dal soffitto, insinuandosi di tanto in tanto nel colletto delle loro magliette e facendoli rabbrividire, sembravano ormai aver inghiottito tutto il resto. Se avessero aperto bocca, Sanji era certo che non sarebbe riuscito a sentire una sola parola.
    Poterono trarre un sospiro di sollievo solo quando, diradatasi gran parte della foschia che li aveva accompagnati fino a quel momento, abbandonarono quello spazio angusto e sbucarono in una caverna circolare abbastanza larga da permettere di sgranchire le ossa. Lo scroscio che Sanji aveva udito si scoprì appartenere ad un ruscelletto che aveva scavato la roccia fino a creare una cascata artificiale e un laghetto, intorno al quale crescevano timidamente steli d’erba dal colore bluastro; in ogni dove si potevano scorgere strane piante dal medesimo colore e persino funghi fosforescenti circondati da un sottile strato di nebbia, i quali riuscivano a dare un pizzico di luce a quel posto altrimenti buio.
    Esterrefatto, Sanji si guardò intorno e sbatté più volte le palpebre nel tentativo di abituare gli occhi a quel fioco bagliore, seguito a ruota da Zoro, che scrutava la zona come se si aspettasse un attacco del camaleonte in qualunque momento. Non c'era traccia di lui né tanto meno la prova che esistesse davvero, e dovette ammettere a se stesso che, in un primo momento, aveva pensato ad una presa in giro. Un camaleonte in grado di creare la nebbia? Andiamo! A meno che non avesse ingerito un frutto del diavolo, lo spadaccino dubitava ampiamente che quel coso possedesse un potere del genere.
    Un movimento dinanzi a sé gli fece sollevare lo sguardo e per un attimo credette che fosse stato il cuoco, però fu senza nemmeno pensarci due volte che, vedendo tremolare il soffitto proprio sopra al capo del compagno, Zoro si lanciò verso di lui e lo spinse contro il muro, facendogli sbattere pesantemente la schiena con un’imprecazione; la roccia che cadde li mancò per un soffio e si sfracellò ai loro piedi, e per un lungo istante la fissarono, forse persino sbalorditi - difficile dire se per la sua effettiva presenza o per quanto fosse appena accaduto in quel millesimo di secondo -, prima di sollevare il capo e guardarsi attentamente negli occhi. Okay, probabilmente starsene immobili in quella posizione, petto contro petto e con le mani di Zoro premute contro la roccia a voler formare una barriera naturale, era una cosa alquanto imbarazzante. Lo spadaccino, però, non sembrava pensarla allo stesso modo, poiché aveva aggrottato la fronte con fare nervoso. «Ohi, che diavolo combini, cuoco? Quel coso per poco non ti ammazzava».
    «Che diavolo combini tu, piuttosto», si risentì immediatamente Sanji, guardandolo in cagnesco soprattutto per allentare la strana tensione che gli aveva attanagliato le viscere. Era una sua impressione, o quella testa d’alga si era preoccupato per lui? Bah, forse lo avrebbe fatto per chiunque, sapendo quanto tenesse al bene della ciurma. «Avrei potuto farlo a pezzi con un calcio, stupido marimo».
    «Allora che aspettavi a farlo?»
    «Non me ne hai dato il tempo, idiota».
    Zoro gli diede una capocciata senza alcun riguardo, però, ignorando il lamento del cuoco, poggiò poi la fronte sulla sua e si fece più vicino, premendo inevitabilmente il proprio corpo contro quello del compagno. «Non chiamarmi idiota... idiota», sussurrò ad una spanna dal suo viso, e Sanji, nel sentire il caldo respiro dello spadaccino solleticargli le labbra, socchiuse le palpebre, cercando di calmare il ritmo impazzito del proprio cuore. Che fra loro ci fosse stato sin dal principio una sorta di bizzarro desiderio l’aveva sempre saputo, ma non aveva mai pensato che prima o poi quello stesso desiderio sarebbe divenuto una realtà con cui avrebbero dovuto, bene o male, fare i conti. Beh, si era maledettamente sbagliato, a quanto sembrava.
    Lasciò dunque che il tocco leggero delle labbra di Zoro - stranamente morbide, non screpolate o bruciate dal sole come aveva sempre immaginato - gli carezzasse dapprima il mento irto di barba e poi un angolo della bocca, attendendo il tanto agognato bacio; nel sentire l’eco lontana di una voce che pronunciava il suo nome, però, aprì di scatto le palpebre e si ricordò tutto d'un tratto cosa stava succedendo, allontanando da sé lo spadaccino con un calcio nel momento esatto in cui fecero la loro comparsa Rufy e Usopp, per quanto solo uno dei due apparisse davvero felice di essere lì. Un momento... Rufy e Usopp?
    «Ohi, e voi che ci fate qui? Avevamo tirato a sorte», disse con tutta la compostezza che riuscì a trovare in quel momento - aveva davvero quasi baciato un uomo? Lui? L’amatore delle donne per eccellenza? -, ringraziando il cielo di aver avuto i riflessi pronti e di aver spedito Zoro contro la parete rocciosa situata dall’altro lato di quella sottospecie stanza ovale. E se lo spadaccino avesse avuto da ridire, beh, se ne sarebbe fatto una ragione.
    «Rufy voleva entrare», si giustificò Usopp, gettando un’occhiata dietro di sé prima di stringersi le braccia al petto e incassare la testa nelle spalle, tremando visibilmente come una foglia. «E io non ci volevo nemmeno venire, ma mi ha costretto».
    «Là fuori mi stavo annoiando», rimbrottò immediatamente il Capitano a mo’ di spiegazione, calcandosi in testa il cappello prima di dar vita ad un divertito sorriso a trentadue denti. «Quindi siamo entrati anche noi ed eccoci qui!»
    Una cosa non quadrava, però, e Sanji sollevò un sopracciglio nell’osservare con attenzione Rufy. «Come avete fatto a trovarci subito?»
    «C’erano due strade e siamo andati a sinistra», asserì semplicemente, e il cuoco gettò di riflesso un’occhiata a Zoro, il quale si stava massaggiando la nuca con fare piuttosto nervoso.
    «Accidenti, marimo, a quanto pare avevi ragione tu a voler andare a sinistra. Era senza dubbio la strada più facile».
    «Piantala di prendermi per il culo, ricciolo, o te la spacco io la testa, altro che rocce».
    «Voglio proprio vedere se ne saresti capace, gorilla tutto muscoli».
    «Mi stai sfidando, brutto idiota?»
    «Ohi, ragazzi, laggiù c’è una luce! È come se qualcuno avesse appena acceso un fuoco!» Il grido elettrizzato di Rufy riportò tutti all’ordine e, seppur scettici, si voltarono nella direzione indicata, costatando che, effettivamente, verso il fondo di quella caverna sembrava davvero esserci una fonte di luce simile a quella di un falò. Ma se lì dentro c’era davvero un mostro... chi poteva essere così idiota da pensare di andarci in campeggio?
    Senza perdere tempo a rifletterci su oltre, la comitiva si affettò a dirigersi verso quel punto di luce per capire di cosa si trattasse, sgranando gli occhi e vedere l’enorme sagoma di un camaleonte danzare sulle pareti di roccia. Un suono cupo, simile al rumore del vento che si insinuava fra le fessure, rimbombava in ogni dove e creava strani fenomeni uditivi, dal pianto di un bambino al lamento di un animale morente, ed era difficile dire se quei umori provenissero proprio dal mostro che avevano dinanzi o se fossero semplici illusioni causate dall’ampio spazio di quella caverna.
    «Levatevi, ci penso io», asserì di punto in bianco lo spadaccino come se nulla fosse, estraendo la sua fedele Ichimonji dal fodero. Non poteva contare sulla Santoryu per la mancanza delle altre due katane, ma per una bestiaccia del genere un colpo sarebbe bastato e avanzato e l’avrebbe messa al tappeto in un attimo. Chiuse gli occhi per concentrarsi e rinserrò la presa sull’elsa, rilassando i muscoli delle spalle per imprimere maggior vigore nel suo attacco, e, una volta preso di mira il mostro, sollevò immediatamente le palpebre prima di colpire, sentendo la terra tremare sotto i piedi; il colpo fu più potente di quanto avesse immaginato e sbriciolò come se nulla fosse le pareti di roccia, per quanto lo spadaccino non parve curarsene poi più di tanto. A differenza del cecchino, la cui mascella non aveva per poco toccato terra.
    «Wah, Zoro! Hai fatto saltare metà cava!»
    «Effetto collaterale».
    «Effetto collaterale? È una cosa inumana!» sbottò Usopp, ma Zoro, scrollando semplicemente le spalle, non gli diede peso, intenzionato a farla finita una volta per tutte per poter così lasciare quel maledetto posto. Di sicuro quel camaleonte non era uscito illeso dal suo colpo, però, se erano stati fortunati, probabilmente in qualche modo era sopravvissuto e avrebbero comunque intascato la ricompensa che era stata loro promessa. Senza ulteriori indugi, dunque, si affrettarono ad oltrepassare le macerie per raggiungere il corpo del mostro, restando a dir poco increduli nell’osservare ciò che si ritrovarono davanti. Quello che il sindaco di Suntown aveva spacciato per mostro era piccolo quanto un topolino, e, con la coda avvolta intorno al corpo squamoso, tremava visibilmente, come se la presenza di esseri umani lo terrorizzasse. Ma che...?
    «E questo sarebbe il mostro?» borbottò Zoro nel rinfoderare la spada, e persino Usopp, che poco prima non si era risparmiato dall'andare nel panico come suo solito, non poté negare di essere rimasto un tantino deluso.
    «Ma è un normalissimo camaleonte...»
    «Che fregatura...»
    «La nebbia è sparita, però», fece notare Sanji, arcuando un sopracciglio nell'osservare quel piccoletto. Si chinò a mezzo busto per afferrarlo per la coda e sollevarlo a mezz’aria, vedendolo aprire e chiudere la bocca nel tentativo di conficcare nel dorso della sua mano le microscopiche zanne che possedeva. «Forse la causa era davvero lui», asserì divertito, trasalendo appena quado Zoro, senza alcun garbo, gli strappò il camaleonte dalle mani e se lo abbandonò nel palmo della sinistra, dando le spalle a tutti.
    «Se fosse lui o meno, abbiamo comunque finito. Facciamo uscire questo coso da qui e andiamocene».
    «A me sta venendo anche fame».
    «Ma se hai mangiato appena mezz’ora fa, Rufy!»
    «Zitti e datevi una mossa», li redarguì il Vice Capitano, scoccando poi una rapida occhiata al cuoco, rimasto immobile accanto alle rocce. «Ohi, ti muovi anche tu o preferisci restare qua dentro, ricciolo? Ci faresti un grande favore, se così fosse».
    Sanji si riscosse con una certa fatica - insomma, quel giorno erano capitate davvero troppe cose in breve tempo e aveva bisogno di metabolizzarle al meglio, bacio sfiorato in primis -, fulminandolo poi con lo sguardo prima di superare tutti, non prima di aver rifilato un calcio allo stinco a quella stupida testa verde, ignorando volutamente la sua imprecazione. «Resta tu, se proprio ci tieni. Così la pianti di infastidire Nami-san», sbottò di rimando, dandogli senza tanti complimenti una gomitata sul petto prima di imboccare tranquillamente il sentiero di sinistra; lo spadaccino, accasciandosi su se stesso, sibilò di dolore e si appuntò mentalmente di ammazzare quell’idiota - insomma, non era di certo leale colpire un punto ferito in precedenza e su cui spiccava ancora bellamente un taglio non rimarginatosi del tutto -, rimediandoci da quest’ultimo una breve scrollata di spalle che avrebbe potuto significare qualunque cosa. Nemmeno a dire che si fosse del tutto dimenticato di quel microscopico particolare, poi. Era successo da relativamente troppo poco tempo per far finta di non saperne niente.
    Tornare indietro da quella direzione fu una vera e propria passeggiata - più di quanto non lo fosse stato all'andata, data la strada decisamente sbagliata -, e fu alquanto destabilizzante, una volta fuori, venir accecati dalla luce del sole, fino a quel momento nascosta dalla nebbia che aveva completamente avvolto la zona. Senza di essa, si riuscivano a distinguere i dintorni e la natura incontaminata che sembrava racchiudere in se stessa la cittadina, i cui tetti delle case brillavano inspiegabilmente come diamanti sotto i raggi solari. Forse c’era un motivo se si chiamava Suntown, quel posto.
    «Ehi! State bene?» esclamò Nami nell’andar loro in contro, visibilmente agitata. Aveva le vesti impolverate e anche il suo viso era piuttosto sporco, e bastò dare un’occhiata alle spalle per capire il perché. Il colpo di Zoro non si era limitato a distruggere l’interno, bensì anche una buona parte dell’esterno, facendo accumulare là fuori polvere e detriti. Di che diavolo era fatta quella cava, di cartapesta?
    «Nami-san, ti sei fatta male?» Sanji le prese immediatamente le mani non appena si rese conto di com’era conciata, scoccando un’occhiataccia allo spadaccino senza mollare la presa nemmeno per un attimo. «Hai visto che diavolo hai combinato, marimo?! Tu e quella tua forza spropositata, avresti potuto ferire gravemente Nami-san!» sbottò, ma la navigatrice, dopo averlo frettolosamente rassicurato - e avergli giustamente ricordato che era stato il resto della ciurma ad entrare là dentro, non lei, e che dunque chi era stato più in pericolo erano stati proprio loro -, cercò a sua volta Zoro con lo sguardo, eccitata come quando Rufy sentiva odore di avventura. Peccato, però, che lei avesse invece cominciato a sentire lontano miglia e miglia odore di berry appena guadagnati.
    «Lascia perdere, Sanji-kun. Piuttosto, Zoro, dov’è il mostro?»
    Senza tanti preamboli, lo spadaccino la liberò dalla presa appiccicosa del cuoco - il quale non si era risparmiato dal lanciargli contro qualche epiteto come suo solito, maledicendolo per le sue pessime maniere nei confronti di una donna - e le prese una mano, mollandole il camaleonte nel palmo. «Eccotelo qui il tuo mostro», asserì, vedendola sollevare un sopracciglio con un certo scetticismo.
    Nami fece per aprir bocca e ribattere qualcosa - qualcosa che al Vice non sarebbe piaciuto per niente, poco ma sicuro -, quando dei clamori alle sue spalle richiamarono l
attenzione di tutti loro, costringendoli a voltarsi. A non molta distanza da loro, sembrava essersi riunita gran parte della popolazione della città, capitanata dal sindaco Beihg. Tutti si guardavano intorno come se fosse la prima volta che vedevano la luce, ma la cosa più strana, però, era che nessuno, nemmeno il sindaco, aveva ancora aperto bocca per ringraziarli del lavoro compiuto, limitandosi semplicemente a fissare la cava con gli occhi spalancati. Tsk, che ingrati. Tanto valeva darsi una mossa e prendersi i soldi, allora.
    Chinandosi per lasciar andare quel piccolo camaleonte - non sarebbe stato capace di far del male a nessuno, in fondo, pur riuscendo a fare qualche giochetto di prestigio con il tempo -, Nami si rassettò gli abiti alla bell’e meglio e, ripulendosi come poté il viso, si diresse verso il sindaco, pimpante come non mai. «Per quanto riguarda il denaro, sindaco...» cominciò, ma le sue parole vennero troncate immediatamente da una donna anziana, fattasi largo fra la folla per osservare più da vicino.
    «La cava! La sacra cava!»
    La navigatrice le scoccò un’occhiata, aggrottando la fronte come se fosse infastidita da quella che, per lei, era sembrata un’inutile interruzione. Avevano perso anche troppo tempo e dovevano partire, quindi avrebbero fatto meglio a cacciare i soldi. «Beh, aye, è stato un contrattempo, però...»
    «Maledetti marmocchi, guardate cosa avete fatto!» esclamò un uomo nel bel mezzo di quella calca, interrompendola nuovamente.
    «Ma noi...»
    «Prendiamoli!»
    «Cos... nay, aspettate!» riprovò la navigatrice, sgranando gli occhi e dandosela a gambe nel vedere che quei tipi, pur essendo ben attempati, erano più che intenzionati a far loro la pelle. Dannazione! Non potevano nemmeno darle loro di santa ragione, poiché erano comunque dei normalissimi cittadini. Un bel po’ incazzati, certo, ma pur sempre normalissimi. «Correte, ragazzi!» consigliò caldamente ai suoi compagni, sebbene loro avessero già cominciato a farlo prima ancora che lei parlasse. Primo fra tutti Usopp, che non ci aveva pesato due volte a ridiscendere la collina e a filarsela verso il promontorio dov’era ancorata la Merry, perfettamente visibile senza tutta quella nebbia a coprir loro la visuale. 
    Raggiunta la nave e spiegate le vele, non persero un minuto di più a ruotare il timone il più in fretta possibile e a riprendere il mare, con le urla degli abitanti della città che scemavano a poco a poco dietro alle loro spalle. Beh,  accidenti. Per loro quella cava doveva essere decisamente importante, se si erano innervositi in quel modo assurdo. Anche se, a parer di Zoro, quella era stata una reazione alquanto esagerata. Insomma, va bene essere devoti e tutto - cosa che lui non riusciva minimamente a spiegarsi, giacché non aveva mai creduto in niente all’infuori di se stesso -, ma in fin dei conti avevano fatto loro un favore e li avevano liberati da un problema non indifferente.
    A quel pensiero, lo spadaccino scosse energicamente il capo e, incrociando con attenzione le braccia al petto per evitare di sfiorare la ferita, si perse nel contemplare l’isola che pian piano si allontanava sempre di più dalla loro vista, sbuffando ilare al pensiero che passò di punto in bianco nella sua mente proprio nell’osservare la vegetazione che veniva inghiottita dall’orizzonte. «È ironico», affermò, richiamando su di sé l’attenzione di Nami, la quale lo guardò con un sopracciglio sollevato.
    «Cosa?»
    «Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto, non siamo riusciti a vedere il becco di un quattrino», disse con semplicità inaudita, ma la navigatrice, con una vena pulsante sinistramente sulla fronte, si voltò svelta verso di lui e lo afferrò per il collo con entrambe le mani, stringendo così forte che sembrò quasi volesse strozzarlo.
    «Vuoi che ti spacchi la faccia o che ti butti in mare?!»
    «M-Molla-mi, non... respi-»
    «È colpa tua, hai fatto un sacco di danni e siamo dovuti scappare!»
    Osservando la scena comodamente seduto sulla balaustra, il Capitano non riuscì a trattenere una grossa risata, calcandosi il cappello in testa con fare ilare. «Almeno è stato divertente! Hai visto come ci inseguivano?» esclamò a voce un po’ troppo alta, ma Usopp gli premette immediatamente una mano sulla bocca per impedirgli di aggiungere altro e di peggiorare la situazione.
    «Zitto, Rufy, altrimenti se la prende anche con te!»
    «Guardate che vi sento!» li freddò Nami, che lasciò fortunatamente andare Zoro - ci era mancato poco che lo mandasse all’altro mondo, visto il poco ossigeno che già arrivava normalmente al suo cervello - solo per avvicinarsi ai due e assestar loro un possente pugno sul capo, ignorando le loro lamentele.
    Nel vederli così spensierati dopo quel bizzarro avvenimento, Sanji si sentì stranamente bene, forse anche per la felicità di essere quasi arrivati a Reverse Mountain, che li avrebbe condotti oltre la prima tappa di quel loro viaggio e avrebbe aperto loro le porte di una grande impresa. In tutta la sua vita non aveva sognato altro se non il viaggiare per i mari alla ricerca del suo All Blue, e c’era voluto uno strano ragazzo dal cappello di paglia per convincerlo a lasciare una volta per tutte il Baratie, luogo che l’aveva visto crescere e maturare come cuoco e in cui aveva vissuto fino a quel momento con quel vecchio di Zeff, lontano da tutte le stramberie del mondo circostante e più che desideroso di ripagarlo per avergli salvato la vita quand’era solo un moccioso che del mondo non aveva ancora capito praticamente niente.
    A quel suo stesso pensiero, scosse il capo e infilò una mano nella tasca interna del doppio-petto per tirar fuori il pacchetto di sigarette, però fu proprio nel farlo che intercettò con la coda dell’occhio lo sguardo di Zoro su di sé, e, portandosi distrattamente una stecca alle labbra, sollevò un angolo della bocca in un sorriso sincero, il primo che gli aveva rivolto da quando erano diventati compagni a tutti gli effetti.
    Avevano quasi raggiunto la prima tappa di quel viaggio, era vero, ma la loro personale avventura era appena cominciata.





_Note inconcludenti dell'autrice
Anche questa shot è stata scritta per la raccolta del contest Scrivimi una raccolta indetto da visbs88
Si può ben notare che è ambientata prima ancora che la ciurma raggiunga la prima tappa del loro viaggio, e anche il rapporto tra Zoro e Sanji sta cominciando pian piano ad evolversi insieme alla loro avventura, pur essendoci una piccola scintilla che fa benissimo comprendere come si sentano i due a provare quelle bizzarre sensazioni l'uno per l'altro senza però darlo ampiamente a vedere
Insomma, il loro rapporto deve crescere pian piano - molto piano, visto che Sanji all'inizio è proprio pirla XD -, e prendere come punto di riferimento un punto immaginario del loro viaggio prima di raggiungere Louge Town mi è sembrata la cosa migliore da fare, ecco perché c'è l'accenno alle spade di Zoro da sostituire e alla ferita infertagli da Mihawk
Okay, la smetto di sproloquiare e vi saluto. Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti
Alla prossima. ♥

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Capitolo 34
*** [ Scrivimi una raccolta ] Walkin' on sunshine ***


Walkin' on sunshine Titolo: Walkin' on sunshine
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 5400 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Genere: Generale, Avventura, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio a tratti un po’ colorito, Assurdità sparse, What if?, New World Arc
12 Storie - #02 Colori: #06. Arancio
Categoria di prompts: Condizioni di tempo atmosferico › Sole


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sentendo qualcosa infastidirgli il viso, Sanji storse la punta del naso e agitò svogliatamente una mano per allontanare da sé quel disturbo, sbadigliando pesantemente.
    Aveva dormito poco e niente e, come se non bastasse, sentiva le ossa a pezzi e il collo gli faceva un male cane, quasi avesse passato tutto il tempo sdraiato in una pessima posizione o con le gambe bloccate da un peso, giacché tuttora non riusciva a muoverle come avrebbe voluto. Anche le braccia non stavano messe poi meglio - e proprio non si spiegava il perché, ad esser sincero -, e quando allungò un arto dovette serrare le palpebre per attenuare un po’ il dolore, tentando inutilmente di stiracchiarsi.
    Accidenti, che serata. Chissà che diavolo aveva combinato per ridursi in quel modo... aveva bevuto? Il giorno addietro era stato il compleanno di qualcuno della ciurma e avevano festeggiato fino alla nausea? Non lo ricordava, però, quando fu finalmente capace di voltarsi almeno a mezzo busto e la sua fronte cozzò drasticamente contro qualcosa di duro, gli fu tutto molto più chiaro. Non avevano festeggiato, nossignore. Né tantomeno si trovava a bordo della Sunny come aveva creduto all’inizio, in quel momento. Era da qualche parte su un’isola, sperduto con quello scemo di un marimo che gli dormiva ancora beatamente accanto, e senza la benché minima idea di che fine avessero fatto tutti gli altri. Ah, merda. Quella sì che era una situazione complicata.
    Borbottando qualcosa fra sé e sé, Sanji si tirò debolmente a sedere e imprecò a denti stretti, sentendo tutti i muscoli urlare per lo sforzo. Eppure si era soltanto alzato, maledizione. «Ohi», borbottò, scuotendo lo spadaccino con fare svogliato e ottenendo in risposta solo un mugolio infastidito e qualche epiteto ben poco cordiale mormorato a mezza bocca; con una vena pulsante sulla fronte - non si era nemmeno svegliato e già lo faceva innervosire, quell’idiota -, non ci pensò due volte a rifilare a Zoro un calcio allo stinco, e quest’ultimo alzò finalmente la palpebra, senza risparmiarsi dal mandarlo a fanculo. «Buongiorno anche a te, marimo», ironizzò, guadagnandoci un’occhiataccia dal diretto interessato.
    «Buongiorno un par di palle, cuoco di merda. Che diavolo ti prende?»
    «Non fare domande idiote e alzati», rimbeccò lui nel rimettersi in piedi per primo, senza prestargli molta attenzione. Non aveva idea di che ore fossero né tanto meno se fosse ancora mattino o primo pomeriggio, ma di una cosa era certo: dovevano cercare di raggiungere la spiaggia e tentare in tutti i modi di scorgere la Sunny, ovunque essa si fosse arenata. Fortunatamente era resistente e, per quanto quella tempesta che li aveva colti si fosse rivelata ardua - tanto che persino Nami, molto più esperta di loro, aveva avuto difficoltà a seguire la rotta -, di sicuro la nave non era andata in pezzi, anche se la preoccupazione per i compagni - e un po’ anche per quelli che erano diventati una specie di terzi incomodi - restava. In particolar modo per coloro che non erano in grado di nuotare a causa dei Frutti del Diavolo, a dirla tutta. Su quella nave c’era decisamente troppa gente, dopo Punk Hazard.
    A quei suoi stessi e disparati pensieri, Sanji scosse il capo e, infilandosi le mani nelle tasche, fece a Zoro un cenno con il capo per invitarlo a seguirlo, insinuandosi nel bel mezzo della boscaglia. Voleva uscire da lì il più in fretta possibile e ritrovare tutti - specialmente le ragazze, di sicuro sole ed impaurite senza il loro cavaliere -, e, a ben pensarci, anche evitare spiacevoli incontri con mostriciattoli dal numero improponibile di zampe, bocche o occhi. Le piante erano fitte ed era difficile scorgere persino un singolo raggio di sole, dunque non sarebbe stato per niente strano se, in un momento di distrazione, si fosse ritrovato davanti qualche orribile creatura che avrebbe potuto infilarsi nei suoi vestiti - e gli faceva un tantino ribrezzo l’idea di sentire un millepiedi o chissà cos’altro farsi largo lungo la sua schiena come se nulla fosse - o qualche schifosissimo ragno gigante da abbattere.
    Al solo immaginarsi le grosse tenaglie e le zampe pelose di quegli insetti, Sanji rabbrividì, aumentando il passo senza volerlo; accertandosi con una rapida occhiata che Zoro lo stesse ancora seguendo e che non si fosse dunque perso come suo solito, scansò uno dei rami più bassi di un albero che intralciava il suo cammino, insinuandosi nel sottobosco. La rugiada mattutina aveva bagnato le erbacce e ne sentiva l’umidità anche attraverso la spessa stoffa dei pantaloni, quasi si fosse appena tuffato a peso morto fra di esse e si fosse rotolato al loro interno, inzaccherandosi da capo a piedi; poté trarre un sospiro di sollievo solo quando, scansato qualche arbusto colmo di foglioline verdi e boccioli, si affacciarono entrambi sulla vasta distesa che li separava dal mare.
    Rilucente come tanti diamanti sotto la luce del sole, la sabbia appariva capace di ferire gli occhi, dando una visione paradisiaca anche grazie alle grosse palme che si innalzavano dal terreno e persino dal fondo del mare, creando vere e proprie isole. Avevano visto una cosa del genere anche quando si erano allontanati da Punk Hazard giorni addietro, sorpassando zolle di terra galleggianti provviste unicamente di grosse querce e pinete. E non sarebbe stato strano se avessero continuato ad incontrarne nelle settimane successive che li dividevano da Dressrosa, se non fosse stato per quella stupida tempesta che li aveva fatti perdere tutti di vista. Adesso, però, avevano un problema alla volta da affrontare. Primo: dov’erano finiti? E secondo, perché sembrava fare sempre più caldo mano a mano che procedevano?
    Con uno sbuffo, Sanji si allentò la cravatta e liberò dalle asole i primi bottoni della camicia, mettendosi la giacca in spalla prima di cancellare dalla fronte qualche gocciolina di sudore che minacciava di scivolare lungo il collo. Più le sue scarpe affondavano nella sabbia ad ogni passo, dandogli la sensazione di venir risucchiato dentro di essa, più il sole che batteva sulle loro teste sembrava divenire caldo e asfissiante, togliendo loro gran parte della voglia di muoversi. Le zone d’ombra erano ridotte al minimo e la luce, riflessa sulla sabbia bianchissima, era così accecante che a malapena si riuscivano a distinguere i contorni delle poche palme presenti o degli scogli, simili a mostri informi emersi dalla superficie del mare alla ricerca della loro preda; l’unico suono che si riusciva ad udire, inoltre, era quello dello scrosciare delle onde e il richiamo lontano di qualche gabbiano in cerca di cibo, mostrando solo le loro sagome sfocate. Nulla, nemmeno i fruscii provenienti dal bosco che si erano lasciati alle spalle, faceva presupporre l’ulteriore presenza di qualche essere umano su quell’isola sperduta, e la cosa non era per niente rassicurante.
    «Più avanziamo e più fa caldo, maledizione», borbottò Zoro alle sue spalle, e nel gettargli uno sguardo lo vide liberarsi della parte superiore della casacca per cercare di stare più fresco, per quanto non sembrasse essere comunque la soluzione migliore. Nonostante tutto, però, Sanji si lasciò sfuggire uno sbuffo fintamente ilare.
    «Quanto acume, marimo», lo schernì, sgranchendosi il collo. «Senza di te non ci sarei mai arrivato».
    «Ohi, caldo o meno ti faccio a fette comunque, quindi non rompere».
    «Lascia stare, non vorrei che ti seccassi per il troppo movimento».
    Zoro annullò la poca distanza che li separava e lo afferrò senza alcun riguardo per il colletto della camicia, strattonandolo verso di sé e rifilandogli un’occhiata assassina che avrebbe fatto fuggire a gambe levate anche il più temibile pirata dei quattro mari, All Blue compreso. «Adesso mi hai proprio stancato, cuoco».
    «Non abbiamo tempo da perdere, marimo», tagliò corto lui come se nulla fosse, allontanandogli la mano con uno scatto secco e allontanandosi un po’, quasi preferisse stare il più lontano possibile da quello scemo di uno spadaccino. In fin dei conti non si poteva mai sapere come avrebbe potuto reagire, conoscendolo. Che era una testa calda ormai si sapeva, ma con quel sole che gli picchiava in capo sarebbe anche potuto peggiorare. «Abbiamo cose più importanti da fare».
    Aggrottando la fronte, Zoro gli diede una spallata senza tanti complimenti e, ignorando il lieve grugnito che il compagno si lasciò sfuggire a mo’ di lamento, si sistemò la casacca intorno ai fianchi e lo superò, aumentando il passo. «Allora piantala di cazzeggiare, ricciolo», asserì poi, e forse fu una fortuna che fosse ormai girato di spalle, giacché l’occhiataccia che gli rifilò Sanji avrebbe potuto istigarlo ancora e si sarebbero ritrovati a fare a botte come loro solito anziché andare alla ricerca dei propri amici. O almeno era così che aveva cominciato a pensarla il cuoco, resosi conto di essersi comportato più infantilmente di quell’idiota.
    Lasciandosi sfuggire un lungo sospiro scocciato, Sanji riprese a seguire il compagno e non smise per un solo attimo di controllare la riva, forse nella speranza di scorgere anche un microscopico scorcio della nave. Gli sarebbe bastata anche solo la visione del vessillo nero che sventolava nel venticello caldo che si era innalzato e che faceva mulinare i granelli di sabbia, ma a quanto sembrava era chiedere troppo. Il paesaggio era sempre uguale, sempre con quelle poche palme e quegli scogli dal colorito brunastro, tanto che gli venne quasi da chiedersi se non stessero girando inutilmente intorno - e non sarebbe stato poi così strano, con Zoro in testa  - e non avrebbero dunque dovuto cambiare direzione.
    A quella sua stessa costatazione, si deterse la fronte con un fazzoletto pescato nella tasca dei pantaloni e, schermandosi gli occhi con una mano, sollevò lo sguardo verso il cielo sopra di lui. Dalle molteplici sfumature azzurrine e senza una nuvola a coprirlo, sembrava quasi essere stato dipinto, dando la sensazione che fosse più finto del paesaggio che li circondava. La cosa peggiore, però, era il sole. Quel maledettissimo sole. Levarsi la giacca e sciogliersi la cravatta non era servito a niente e stava quasi pensando di liberarsi una volta per tutte anche della camicia, o magari di farsi un bel bagno nel mare poco distante per provare a rinfrescarsi. Sempre se non fosse finto anche quello, si ritrovò ad ironizzare con se stesso.
    Persero entrambi la cognizione del tempo nel vagare sotto quel sole cocente e nel sentire quel venticello sempre più tiepido frustare i loro visi, rendendo le loro palpebre pesanti e insinuando nelle loro membra una sensazione di svogliatezza non indifferente; le labbra erano così secche che persino l’acqua salata del mare, in quel momento, aveva quasi un’aria invitante, e probabilmente si sarebbero ritrovati entrambi a berla se il sole avrebbe continuato a dar loro alla testa in quel modo. Non era per niente facile sforzarsi di camminare e muovere un passo dopo l’altro su quella sabbia che pareva volerli inglobare dentro di sé, ma si mossero solo grazie alla forza di volontà, trovando un pizzico di refrigerio solo durante i primi bagliori dell’ultimo pomeriggio.
    Arrivati ad un picco scosceso che affacciava proprio sull’oceano, Zoro si guardò attentamente intorno, scrutando la linea violacea dell’orizzonte come se si aspettasse di scorgere qualcosa fra essa e il cielo. Riuscire a raggiungere la riva era stato un bel traguardo, però... accidenti, quello che non stava osservando non prometteva proprio niente di buono. «Non vedo la Sunny da nessuna parte. Forse sono capitati su un’altra isola», se ne uscì di punto in bianco, provocando al compagno una risata tutt’altro che divertita. Fu proprio per quel motivo che si voltò verso di lui con un sopracciglio sollevato, trovandolo a fissare il mare con sguardo vuoto.
    «Se dici così, allora è la fine», rimbeccò poi, ma lo spadaccino scosse la testa.
    «Quanto sei melodrammatico, cuoco».
    Sanji abbozzò un sorriso, per quanto sembrasse celare dietro di esso molto di più. «Non sono melodrammatico. Sono semplicemente realista», asserì, prendendo una stecca dal taschino. «Il mare è insidioso, marimo. Te l’avrò ripetuto un milione di volte. Se la Sunny non è da queste parti, c’è una possibilità su un milione che i nostri compagni ci trovino». Si rigirò la sigaretta fra le dita prima di portarsela alla bocca, mantenendola poi con le labbra anziché accenderla. «Ti conviene sperare che siano nei dintorni, altrimenti comincia ad abituarti alla vita all’aperto».
    «Non dire idiozie, cuoco. Basterà controllare l’altra riva», lo freddò Zoro, cominciando ad incamminarsi lungo la spiaggia senza nemmeno aspettarlo. E Sanji lo lasciò fare, osservando la sua schiena mentre si allontanava sempre di più borbottando chissà quali epiteti al suo indirizzo. Ah, accidenti a quell’idiota. Non si riusciva mai a ragionare come si conveniva, con lui.
    Mordendo il filtro della sua bionda, Sanji scosse il capo, sistemandosi la giacca su una spalla prima di seguire il compagno pian piano, a debita distanza. L’aveva messa sull’ironico, certo, ma lui in fin dei conti sapeva bene cosa significasse ritrovarsi in un posto deserto e vivere con il terrore che le poche scorte alimentari finissero, lasciandoti in balia di te stesso e del mare; aveva provato sulla sua stessa pelle cosa volesse dire morire di fame e aveva sofferto per ben ottanta giorni - gli ottanta giorni più lunghi e terribili della sua giovane vita - fino a che non era sopraggiunta una nave a salvare lui e Zeff, e il solo pensiero di rivivere quell’esperienza gli serrava lo stomaco e quasi gli impediva di respirare. Se non si fosse calmato sarebbe andato in iperventilazione, e lui preferiva restare lucido e ragionare con calma, senza farsi prendere dal panico. Perché diavolo sarebbe dovuta per forza finire in quel modo, in fin dei conti? Era lui a farsi inutili paranoie, tutto qui.
    Non seppero per quanto tempo ricominciarono a camminare sotto il sole, madidi di sudore dalla testa ai piedi e ricoperti di uno strato così sottile di sabbia che infastidiva loro la pelle, però, nel guardare in alto verso il cielo e nello scorgere il sole cominciare a calare a picco verso l’orizzonte, Sanji si fermò, dando un’occhiata nei dintorni per controllare la zona. Non erano troppo lontani dal mare e avrebbero potuto scorgere una qualunque nave in avvicinamento - e sperava davvero che li ritrovassero, altrimenti se la sarebbe fatta a nuoto fino a che non sarebbe riuscito a scorgere una qualsiasi forma di civiltà -, e, cosa più importante, erano anche a debita distanza dalla foresta, dunque non doveva temere possibili incursioni notturne da parte di qualche insettaccio. Preferiva mille volte la presenza di un mostro, anziché di quei cosi schifosi.
    «Ohi, marimo. Ci conviene fermarci qui, per la notte».
    Zoro, che stava usando la bandana come fazzoletto per detergersi la fronte, gli scoccò una rapida occhiata e sollevò un sopracciglio, sbuffando. «Perché dovremmo fermarci, cuoco? Io non sono stanco».
    «Idiota, non è questione di essere stanchi o no», rimbrottò Sanji, scompigliandosi i capelli con una mano prima di sbuffare. «Non riusciremmo a vedere nulla nemmeno volendo, visto che sta cominciando a far buio. Non dirmi che non ci avevi pensato». L’occhiata un po’ persa che Zoro gli rivolse bastò a togliere a Sanji ogni dubbio, tanto che si ritrovò a scuotere il capo. Che scemo, quello spadaccino. Non ci aveva pensato per davvero. «Cerchiamo qualche pezzo di legno per accendere un fuoco», si ritrovò a dire, non avendo la benché minima voglia di fare inutili questioni con lui. Ci bastava già la situazione in cui si trovavano senza che cominciassero a darsele di santa ragione com’erano soliti fare. E probabilmente lo spadaccino parve dello stesso avviso, giacché evitò di ribattere e si limitò semplicemente ad obbedire, seguendo il compagno nella boscaglia che circondava il perimetro della spiaggia alla ricerca di rami abbastanza secchi per essere utilizzati come legna da ardere.
    Tornarono sulla sabbia solo quando accumularono un bel po’ di legno e pietre per tracciare la linea del falò, e per una volta Zoro dovette essere grato al fatto che quello scemo d’un cuoco fumasse, giacché con l’accendino ci misero relativamente poco a far sì che le foglie prendessero fuoco e le fiamme attecchissero al legname accatastato nel bel mezzo di quel loro accampamento improvvisato. Quando si sedettero entrambi sulla sabbia, però, il suo stomaco non tardò a farsi sentire, e dovette guardare altrove e fare finta di niente, per quanto il cuoco l’avesse adocchiato con fare quasi ironico.
    «Hai fame, eh?»
    «Niente affatto», volle negare l’evidenza, afferrando un bastone per smuovere un po’ la legna e alimentare il fuoco.
    «Dire che hai fame non ti farà apparire meno figo, spadaccino idiota», rimbeccò Sanji, stringendosi nelle spalle prima di prendere l’ennesima sigaretta della giornata. Ne aveva un disperato bisogno e nessuno, nemmeno le occhiatacce che gli stava lanciando Zoro, gli avrebbero fatto cambiare in qualche modo idea. «Domani andremo a pescare», asserì, mantenendo la stecca con i denti mentre frugava nel taschino per ripescare l’accendino, ritrovando un pizzico di serenità solo dopo essere riuscito a trarre una bella boccata di fumo.
    Nel vederlo, Zoro storse il naso, sciogliendosi la fascia rossa che teneva legata in vita per levarsi del tutto la casacca sudata; la gettò sulla sabbia con uno sbuffo e, sgranchendosi il collo con una mano, scoccò un’occhiata in tralice al compagno, quasi stesse valutando il suo comportamento e i suoi stessi modi di fare. Infine scosse il capo, incrociando e braccia al petto. «Domani continueremo a cercare gli altri, invece. Non possono essere così lontani da qui».
    «A volte ammiro questo tuo pensare positivo, marimo».
    «Che diavolo fai, prendi in giro?»
    Sanji scosse il capo, inspirando la stecca fino in fondo ai polmoni e creando poi un perfetto anello di fumo. «Per una volta dicevo sul serio. Accetta questo mio atto caritatevole senza fare inutili polemiche, gorilla sfregiato».
    «Ohi, che-»
    «Shh, sta’ zitto», lo interruppe immediatamente Sanji con un’alzata di mano, sentendo un rumore sospetto alle sue spalle; girandosi parzialmente, si ritrovò a ghignare, vedendo fra le basse fronde le sagome di due lupi dal folto pelo scuro pararsi dinanzi a loro. Simili a grosse ombre staccatesi dagli alberi della foresta, quegli animali si distinguevano dalle restanti grazie alla luce arancione delle fiamme che danzava nei loro occhi grigi e alle fauci digrignate a mostrare i canini acuminati, dando vita a ringhi gutturali e a gorgoglii che si innalzavano dal fondo delle loro gole. Più che far paura, però, per il cuoco parvero rappresentare una vera e propria manna dal cielo, e fu inconsciamente che sollevò un angolo della bocca in un sorriso che non prometteva nulla di buono. «Ohi, marimo... vedi anche tu quello che vedo io?»
    «Io vedo solo degli arrosti che stanno per riempire il mio stomaco».
    «Mi ricordi dannatamente Rufy, quando fai così», ironizzò, rimediandoci un sbuffo ilare dal compagno.
    «Sta’ zitto e pensa ad atterrarne uno. La cena è servita».
    Sanji scosse il capo, alzandosi in piedi con un unico movimento fluido e incassando la testa nelle spalle per prepararsi all’attacco. «Non darmi ordini, gorilla tutto muscoli», lo schernì, senza pensarci due volte a gettarsi contro uno dei due lupi; scartò di lato per evitare che le fauci di quest’ultimo si chiudessero intorno alla sua caviglia e gli sferrò poi un potente calcio sui denti, riuscendo solo a farlo indietreggiare un po’ e ringhiare. Di sicuro non erano lupi normali, e lo dimostrarono quando, arricciando il naso, puntarono direttamente alle gambe del cuoco e alle mani dello spadaccino, con l’intento di far perdere lui la presa sull’elsa dell’Ichimonji; la lama lo colpì al fianco e gli strappò via qualche ciuffo di peli, i quali si incollarono ben presto al sangue che cominciò a fuoriuscire dalla ferita, sporcando la pelliccia e strappando all’animale un lamento sofferente. Con un nuovo ringhio, però, quest’ultimo si gettò addosso allo spadaccino e lo atterrò con le grosse zampe anteriori, dandogli filo da torcere e facendo forza con i cuscinetti per evitare di venir sbalzato via dalla forza di quello che era diventato ormai il avversario. Certo che ne aveva di resistenza, quel cagnolone.
    Sforzandosi di distogliere lo sguardo da Zoro - ma quanto diavolo ci metteva a togliere di mezzo quel cagnaccio, accidenti a lui? -, Sanji sollevò la gamba destra e non ci pensò due volte a mirare allo stomaco del secondo lupo, sentendo un guaito sollevarsi dal fondo della sua gola; barcollando, l’animale saltò per evitare un altro colpo e rotolò a terra, agitando nervosamente la coda come se si stesse preparando a spiccare un balzo per atterrare il cuoco, il quale tentò di non perderlo d’occhio nemmeno per un attimo. Aveva capito fin troppo bene che, qualunque animale ci fosse su quella strana isola, di sicuro non era un avversario facile da sconfiggere, ma forse non avrebbe nemmeno dovuto stupirsi: dopotutto era il Nuovo Mondo, quello.
    Aggrottando la fronte, Sanji scartò di lato per non farsi mordere e passò al contrattacco, mirando al collo del lupo, imprimendo in quel colpo tutta la forza che possedeva; gli spezzò la colonna vertebrale e lo calciò riverso sulla sabbia, la lingua penzoloni e la bava a formare una pozza bagnata sotto al suo muso. Passandosi una manica sulla fronte, poi, Sanji si voltò alla svelta per occuparsi anche dell’altro lupo, trovando anche quello stramazzato al suolo con il sangue che aveva cominciato a coagularsi intorno al suo stomaco. Alla fine il suo intervento non era servito, a quanto sembrava.
    «Ti ci è voluto un mucchio di tempo, eh».
    «Sta’ zitto, ricciolo», sbuffò di rimando lo spadaccino, ripulendo la lama della katana sulla propria casacca prima di caricarsi in spalla il lupo per avvicinarlo al fuoco, incurante del fatto che il sangue gli stesse sporcando la pelle. «Non mi sono allenato due anni per essere poi messo K.O. da un paio di lupi spelacchiati».
    «A me sembrava il contrario». L’occhiataccia che Zoro gli lanciò parlò per lui, e Sanji si limitò dunque a sollevare semplicemente entrambe le mani in segno di resa, prendendo l’altro lupo per raggiungere il compagno.
Spellarli con le katane dello spadaccino - il quale non aveva fatto altro che ripetere che quelle lame non erano fatto per lavori del genere ma per ben altro - era stato più difficile di quanto il cuoco avesse immaginato e per un attimo, anche a causa dei morsi della fame che aveva attanagliato loro lo stomaco, entrambi avevano bellamente pensato di cucinare quei lupi così com’erano, per quanto avessero scartato immediatamente l’idea. In fin dei conti non avrebbero nemmeno potuto e non sarebbero neanche riusciti a mangiare come si conveniva, con quella pelliccia.
    La fortuna aveva continuato a girare dalla loro parte anche quando, andando alla ricerca di un buon tronco solido per arrostire i lupi, avevano trovato dei frutti commestibili e avevano potuto placare un po’ la fame con quelli, gustandosi infine la carne di quegli animali una volta pronti. Si erano arrangiati come avevano potuto e avevano persino finito per mangiarli un po’ crudi, ma non avevano fatto nessuna storia, facendo sparire qualunque brandello e lasciando unicamente le ossa. Sanji aveva imparato fin troppo bene che non bisognava sprecare cibo e Zoro, dal canto suo, sapeva quanto il cuoco si incazzasse se si lasciava qualcosa nel piatto, quindi si era spazzolato la propria razione senza aprir bocca; se si contava poi la pancia vuota e la possibilità di poter restare in quel posto anche più del dovuto, beh... non c’era proprio tempo per fare gli schizzinosi.
    L’approssimarsi dell’alba, però, non si prospettò per niente delle migliori. Non solo non si era vista nessuna nave all’orizzonte - né tanto meno uccelli o qualunque altra forma di vita - per tutta la notte, ma adesso non avevano nemmeno idea di dove cercare i compagni. Durante la serata avevano fatto a turno per dormire e per controllare i dintorni nell’eventualità che si facesse vivo qualcuno, però sembrava non essere servito praticamente a niente, giacché erano nuovamente punto e a capo senza un nulla di fatto.
    Con un sospiro, Sanji si grattò dietro al collo e se lo ripulì alla bell’e meglio dalla sabbia che si era attaccata sulla pelle, continuando ad osservare il mare. Forse sperava ancora che, da un momento all’altro, comparisse il muso leonino della Sunny e potessero finalmente lasciare quel posto, dato che già non ne poteva più. Impegnato com’era nel guardare dinanzi a sé, si accorse troppo tardi del braccio che si avvolse intorno ai suoi fianchi e che lo costrinse a sdraiarsi di schiena sulla sabbia, lasciandogli scappare un’esclamazione sorpresa per l’essere stato colto così alla sprovvista.
    «Ohi, piantala», asserì di punto in bianco lo spadaccino, sistemandosi sopra di lui per ricambiare meglio il suo sguardo; il cuoco non poté fare a meno di inclinare il capo di lato, a dir poco scettico.
    «Devo piantarla di fare cosa, esattamente?»
    «Di fissare il mare come se fosse tutto finito».
    Oh, quindi quello scemo d’un marimo se n’era accorto? Strano, di solito sembrava non capire assolutamente niente o per lo meno pareva non interessarsene affatto. «Perché, non lo è?» lo prese in giro, e Zoro aggrottò la fronte.
    «Per niente. Ti do io qualcosa su cui concentrarti», rimbrottò, afferrandogli i fianchi con entrambe le mani e lasciando intendere fin troppo bene a che cosa si fosse riferito con quelle parole.
    Sanji gli tirò un calcio svogliato allo stinco - forse più per inerzia che per vera voglia di allontanarlo -, osservandolo da quella posizione. «Come diavolo puoi pensare a cose del genere in un momento simile?» domandò poi con un sopracciglio inarcato, vedendo lo spadaccino scrollare semplicemente le spalle come se nulla fosse.
    «Perché non c’è bisogno di farsi prendere inutilmente dal panico. Tutto qui».
    «Questo lo dici tu, marimo».
    «Io credo in Rufy. Ci troveranno», tagliò corto Zoro, e, prima che il cuoco potesse anche solo pensare di ribattere, gli tappò la bocca con la propria e soffocò qualunque mugolio nel fondo della sua gola, pur sentendolo agitarsi sotto di sé nel tentativo di liberarsi dalla sua presa. Poco a poco, però, complice anche la necessità di entrambi di sentirsi in qualche modo rassicurati dall'altro, dopo qualche riluttanza, anche Sanji si lasciò lentamente andare, carezzando con le mani il corpo del compagno.
    Zoro si beò del tocco leggero delle sue dita sulla cicatrice che gli deturpava il viso, rabbrividendo involontariamente quando quegli stessi polpastrelli la seguirono fin sulla guancia e poi si inoltrarono un più giù, verso il mento e lungo il collo; assaporò sulla propria lingua il sapore salmastro che sembravano possedere le labbra del cuoco, sentendo persino qualche granello di sabbia solleticargli il palato e infastidirgli al tempo stesso la pelle, insinuandosi dentro ai pantaloni e l’haramaki; il fruscio della stoffa che veniva scansata e lo sciabordio delle onde contro gli scogli sembravano essere ormai diventati gli unici suoni che giungevano alle sue orecchie, suoni che venivano poi surclassati dal ritmo frenetico del suo cuore, il quale batteva così forte che pareva voler uscire dal petto. Più il compagno si stringeva al suo corpo, esplorando con le mani punti di esso che solo lui conosceva e intrecciando le gambe intorno al suo bacino, più Zoro faticava a trattenersi, morendo dalla voglia di prenderlo in quello stesso istante. Dannazione, perché quei vestiti dovevano essere così ingombranti?
    Sentendo il fiato cominciare a venir meno, fu Sanji stesso ad allontanare lo spadaccino da sé per riportare un po’ d’aria nei polmoni, senza però allentare la presa nemmeno per un attimo. Aveva come l'impressione che, se lo avesse fatto, se lo sarebbe visto scomparire davanti agli occhi, il che era alquanto bizzarro, visti gli ultimi due giorni in cui erano sempre rimasti appiccicati l’un l’altro. Il reciproco aiuto forzato aveva portato a questo e ad altro, a quanto sembrava. E tutto sommato, beh... non era poi così male, anzi, riusciva in parte a fargli dimenticare quella situazione e a calmarlo. Sussultò, però, nel sentire la mano di Zoro scivolare verso il basso per sfiorargli il cavallo dei pantaloni, avvertendo un brivido di piacere corrergli lungo la schiena.
    «A-Aspetta, marimo, non...»
    «Zoro! Sanji-kun! Dove siete!»
    Sanji alzò le palpebre di scatto e, senza nemmeno dare a Zoro il tempo di capire con esattezza che cosa fosse successo, poggiò le mani sulle sue spalle e lo scansò da sé con un impeto tale che lo mandò letteralmente a gambe all’aria, facendogli sbattere con violenza il sedere sulla sabbia; ignorò il suo lamento e le imprecazioni ben poco cordiali che gli rivolse, cercando con lo sguardo la sirena a cui sapeva appartenere quell’incantevole melodia. «La voce di Nami-san!» esclamò, ormai in visibilio, correndo come un ossesso nella direzione da cui aveva sentito provenire quel suono mentre si sistemava la camicia alla meno peggio. Anche gli altri avevano cominciato a chiamarli a gran voce, persino quel piccoletto di Momonosuke, ma lui sembrava non essersene accorto o, cosa molto più probabile, non vi si era nemmeno soffermato. «Sono qui, mia dea!»
    «O-Ohi!» protestò Zoro nel vederselo letteralmente fuggire via dalle grinfie, aggrottando la fronte nel continuare ad osservare la sua figura che spariva oltre gli scogli. Che idiota. Fino a pochi attimi prima, quello scemo d’un cuoco era apparso fin troppo accondiscendente, però era bastata la voce di Nami per far sì che tutta la fatica che aveva fatto per farlo capitolare scemasse come nebbia al sole. Dopo tutte le fatiche affrontate a Punk Hazard in quel breve lasso di tempo, fare del buon sano sesso con il compagno per allentare la tensione gli sembrava il minimo, maledizione. Peccato che non ci riuscisse praticamente mai.
Imprecando contro se stesso, contro un nemico immaginario e contro lo stupido debole che quell’idiota del compagno aveva per il gentil sesso, Zoro recuperò fascia e casacca per sistemarsele semplicemente sottobraccio, per nulla desideroso di patire il caldo che aveva cominciato ad innalzarsi dal terreno. Concentrato su ben altro com’era stato fino a quel momento, non ci aveva fatto per niente caso, ma doveva ammettere che, una volta resosi conto che c’era, sopportarlo era decisamente più arduo del previsto.
    Per quanto avesse trovato snervante quella situazione, però, vedere i compagni sani e salvi riuscì a farlo sorridere, rassicurandolo e togliendogli almeno in parte il malumore. Se fosse capitato loro qualcosa - qualunque cosa, precisò nell’immediato il suo cervello -, non sarebbe mai riuscito a perdonarselo, pur sapendo che lui non avrebbe potuto far niente per impedire il disastro naturale che aveva coinvolto la loro imbarcazione. Dunque rivedere il sorriso spensierato di Rufy, le lacrime di Franky - anche se insisteva che non stesse piangendo, nossignore -, la risata divertita di Brook e tutti gli altri, gli aveva alleggerito non poco il cuore, nonostante avesse scoccato un’occhiata in tralice al compagno nel vederlo fare il cascamorto con le ragazze. Era proprio vero che il lupo perdeva il pelo ma non il vizio, e quell’idiota di un cuoco ne era di sicuro la prova vivente.
    «Fortuna che Chopper ha sentito il vostro odore,  ragazzi! Ci avremmo messo di meno, ma abbiamo dovuto recuperare questo qui», borbottò Usopp proprio all’indirizzo di Sanji, indicando con un cenno del capo lo scienziato dietro di sé. Con il viso gonfio e le labbra tumefatte, in realtà, non sembrava neanche più lo stesso Caesar che si erano caricati a bordo - persino le corde con cui l’avevano legato al principio sembravano diverse -, e il cuoco non poté fare a meno di sollevare un sopracciglio.
    «Ohi, sbaglio o è ridotto peggio di quanto ricordassi?»
    «Incidente di percorso», se la sbrogliò semplicemente il cecchino, lasciando benissimo intuire che, molto probabilmente, ci avevano pensato Rufy stesso o Franky, a quello lì. O probabilmente anche Law, chi poteva dirlo.
    «Piantatela di perdere tempo e andiamocene», si intromise Zoro, dando una botta ad entrambi prima di allungare il passo e caricarsi Caesar in spalla come un sacco di patate, così da poter raggiungere in fretta la nave e gli altri senza dar peso alle imprecazioni che gli vennero rivolte contro dagli altri due.
    Usopp in particolare si accigliò, massaggiandosi il punto colpito. «Accidenti, Zoro è più nervoso del solito, oggi».
    «Lascialo perdere. È un idiota», tagliò corto Sanji, mettendosi in bocca una sigaretta appena recuperata dal taschino. Forse poteva vagamente immaginare il motivo per cui lo spadaccino appariva così scazzato, ma in fondo avrebbe dovuto essere felice di aver ritrovato i compagni perduti. Al sesso ci avrebbe pensato poi, no? Ne aveva fatto a meno per settimane - se non mesi, a ben pensarci -, quindi un altro paio d’ore non l’avrebbero di certo ucciso. Nonostante tutto, però, Sanji si lasciò scappare una mezza risata, senza dar peso all’occhiata incuriosita di Usopp solo per fargli cenno di seguirlo a sua volta verso la Sunny.
    In un modo tutto suo, il Vice Capitano era stato capace di farsi sentire meno opprimente la situazione in cui si erano ritrovati per quei pochi giorni, e in qualche modo era bizzarro rendersi conto che quell’intimità era stata confortante e calda come il sole che li aveva inondati per tutto il giorno.
    Quella sera, per una volta, probabilmente sarebbe stato lui stesso a cercare la compagnia di Zoro e non viceversa.






_Note inconcludenti dell'autrice
Ultima shot scritta per il contest Scrivimi una raccolta indetto da visbs88, al quale l'intera raccolta, ovvero 3.2% { Sore wo ittara oshimai desu, si è stranamente classificata seconda con mio sommo stupore.
Comunque sia, come potrà notare chi sta seguendo le scan e non il manga edito in Italia, la storia si collega subito dopo Punk Hazard e prima dello sbarco a Dressrosa, giacché sulla Sunny si trovano anche Law e Kimenon insieme a suo figlio. Sul momento, quando l'ho scritta, mi sembrava una cosetta divertente, quindi non ho resistito ad inserire una sorta di naufragio e anche quel pizzico di angst che non fa mai male. Come poteva Sanji non ripensare a cosa aveva passato durante la sua infanzia, in fin dei conti? Aye, sono una sadica bastarda, lo dice anche la mia ragazza *rotola via*
In ultimo, ma non meno importante, vorrei fare un’altra piccola precisazione riguardo al titolo della raccolta stessa, che è un unione del nome di due doujinshi. Il 3.2% in verità non sta per qualcosa in particolare, anche se riprende un po’ le prime tre one-shot e poi quest’ultima (la 0.2 di percentuale), ma la seconda parte di esso, ovvero Sore wo ittara oshimai desu, è un richiamo alla frase «Se dici così, allora è la fine» che si legge proprio nel capitolo che avete appena finito di leggere, poiché significa per l’appunto questo.
Per chi lo aspetta, inoltre, annuncio che posterò a breve l'ultimo capitolo della storia
Like Davy Jones' Locker (where the men find the eternal sleep). Restate sintonizzati!
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti
Alla prossima. ♥


3.2 % { SORE WO ITTARA OSHIMAI DESU
SECONDA CLASSIFICATA, SCRIVIMI UNA RACCOLTA


Messaggio No Profit
Dona l'8% del tuo tempo alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.

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Capitolo 35
*** Daddy day ***


Daddy day The One Hundred Prompt Project

Titolo: Daddy day
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1272 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro
, Dick Sniper
Rating: Verde
Genere: Generale, Fluff, Sentimentale
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Colourful Green: #03. Erba
Tabella/Prompt: Cibo › 12. Lecca Lecca
Binks Challenge: 40° Fiera › 10° Trasognanza
Winter Challenge: 19° Luogo › Negozio di giocattoli
Una ficcy... al prompt: 39. Peluche › 61. Baby sitter › 68. Cappello di paglia

The season challengeInverno › Dolci


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Zoro si lasciò sfuggire uno sbuffo scocciato e si strinse meglio nel pastrano che indossava - e che in teoria avrebbe dovuto scaldarlo dal freddo circostante, per quanto sembrasse non servire assolutamente a nulla -, abbassando distrattamente lo sguardo sulla zazzera bionda del bambino che camminava al suo fianco.
    Si guardava intorno come se fosse la prima volta che vedeva una fiera di paese, e, se lo spadaccino doveva
proprio essere sincero con se stesso, in effetti era davvero così. Da quando Dick era nato non avevano avuto molti attimi di tranquillità, se non quei rari momenti in cui, quando non erano inseguiti dalla marina, si ritrovavano di passaggio su un'isola qualunque, ma Zoro non aveva mai visto un'espressione simile sul volto del bambino. Gli occhi verdi guizzavano ovunque con fare curioso, soffermandosi sulle bancarelle colme di dolci e sulle vetrine appannate dei negozi di giocattoli, dalle quali facevano bella mostra di sé peluches giganti a forma d'orso polare e leoni dalla folta criniera morbida; a dir poco stupefatto, poi, spostava la propria attenzione sui giocolieri agli angoli delle strade e ai mangiatori di fuoco, che intrattenevano grandi e piccini con i loro spettacoli. Dick sembrava anche non far minimamente caso alle gambe che, ad ogni passo, affondavano sempre più nella neve che aveva ormai ricoperto l'erba sottostante, bagnandogli il pantalone e incollandoglielo alla pelle.
    Per quanto apparisse tremendamente felice, però, Zoro non riusciva proprio a capire perché il turno di baby sitter fosse capitato a lui, quel giorno. Non che stare con suo figlio - figlio... merda, ancora non riusciva a crederci, per quanto fossero passati ben sette anni - gli pesasse, ma la sera addietro si era allenato come una bestia e aveva del sonno arretrato, sonno che aveva contato di recuperare una volta attraccati. Aveva difatti pensato di starsene a guardia della nave e di riposarsi come si conveniva, però, purtroppo, era stato Franky a prendere il suo posto. Accidenti a quello scemo d'un cyborg... quando doveva abbandonare la Sunny non lo faceva mai.
    Zoro sospirò e si scompigliò i capelli con una mano, e fu nell'abbassare ancora una volta lo sguardo su Dick che lo vide intento ad osservare con attenzione eccessiva una bancarella di dolciumi, dove lecca lecca dalle più svariate grandezze e colori facevano bella mostra di sé fra marshmallow, fragole di zucchero grosse quanto una mela e caramelline sfuse dalla forma tondeggiante.
    «Ne vuoi uno?» gli domandò con un mezzo ghigno divertito, e, sbattendo le palpebre, Dick ci mise un po' a rendersi conto che lo spadaccino aveva parlato, distogliendo lo sguardo dai lecca lecca per sollevare il viso e osservare attentamente il padre.
    «Poi mi rovino la cena», replicò, per quanto avesse gettato un'altra rapida occhiata a quel dolcetto zuccherato. «Papy si arrabbia».
    Il Vice Capitano sbuffò ilare. «Il cuoco non è qui, no?» sembrò tenergli presente, dandogli una leggera pacca sulla schiena. «E un dolce non ti chiuderà di certo lo stomaco. Sei mio figlio, ricordi?» ironizzò, riuscendo a strappare una risatina anche al bambino.
    «E sono fortunato a non aver preso il tuo colore di capelli, essendo nato biondo come lui. Papy me lo ripete ogni volta che litigate».
    «Sei fortunato a non aver preso anche il suo stupido sopracciglio a ricciolo, se è per questo», rimbrottò Zoro, appuntandosi mentalmente di fare due chiacchiere con quel cretino del suo compagno. Lui e quella ridicola questione del colore dei capelli... non perdeva mai occasione di farglielo pesare, accidenti a lui. Che diavolo c'era di male nell'avere i capelli verdi? Scosse il capo e agitò una mano in risposta, facendogli cenno di seguirlo verso la bancarella. «Prendiamo quel lecca lecca e vediamo di raggiungere gli altri, piuttosto. Magari quello scemo ha conservato qualche onigiri».
    Dick sorrise e non se lo fece ripetere due volte, affrettando il passo per quanto la neve glielo permettesse; per essere sicuro che il padre non si perdesse come suo solito, poi, gli afferrò una mano e lo guidò lui stesso verso la bancarella, ignorando l'occhiataccia che gli rivolse. Sapeva già che, se l'avesse perso di vista, suo padre Sanji si sarebbe arrabbiato e avrebbe cominciato a blaterare chissà cosa all'indirizzo dello spadaccino, e anche sua zia Nami, dopo essersi portata una mano alla fronte, avrebbe borbottato quanto poco fosse affidabile Zoro e il suo scarso senso dell'orientamento. Era meglio non lasciarlo andare per nessun motivo, quindi.
    Preso il lecca lecca e ormai sul punto di pagare, una voce possente richiamò l'attenzione di entrambi, e si voltarono simultaneamente con fare accigliato solo per vedere un plotone di marines all'angolo tra il negozio di giocattoli che Dick aveva contemplato poco prima e una libreria, ogni uomo armato di tutto punto e più che pronto a far fuoco al minimo movimento. «Fermo dove sei, Roronoa Zoro!» tuonò il Capitano, riuscendo solo a far imprecare lo spadaccino.
    «Ah, merda!» sbottò, afferrando il bambino per i fianchi per caricarselo in spalla senza tanti complimenti, quasi fosse semplicemente stato un sacco di patate; ignorando il suo lamento e i deboli pugni sulla schiena mentre continuava a ripetergli di metterlo giù, Zoro si diede alla fuga, ricordando fin troppo bene le parole che il cuoco, prima di partire alla volta della fiera, gli aveva rivolto: Non attirare l'attenzione e non fare stronzate. Non che a lui interessasse farlo incazzare - anzi, la cosa bella del loro rapporto era anche quella, non si vergognava di ammetterlo -, ma la minaccia del non più sesso a tempo indeterminato funzionava sempre. Ma, ehi, a conti fatti non era colpa sua se la sua faccia era conosciuta in tutti e quattro i mari ed oltre. «Ecco cosa si ottiene ad essere un membro della ciurma di Cappello di Paglia, marmocchio», ridacchiò nonostante tutto, gettandosi un'occhiata alle spalle per controllare la situazione; i marines gli stavano letteralmente alle calcagna e sembravano cavarsela egregiamente, per quanto la neve arrivasse loro alle caviglie e impedisse la maggior parte dei movimenti.
    Zoro si guardò intorno e svicolò a destra, imboccando una stradina secondaria con la speranza di seminarli, in particolar modo quando uno di loro gli sparò addosso e rischiò quasi di colpirlo. Non aveva la benché minima idea di dove fosse diretto e nemmeno gli importava, giacché la sua priorità, il quel momento, era solo quella di mettere al sicuro la vita di Dick, rassegnatosi a quella fuga improvvisata. Purtroppo non era una novità e ci aveva fatto l'abitudine molto in fretta, per quanto Zoro, sin da quando era un poppante, si fosse più volte ripetuto che quel marmocchio meritasse molto più di quella catastrofica vita. Ricercato sin dalla tenera età di due anni... beh, se non era sfiga quella, non aveva idea di cosa significasse, allora.
    Il Vice Capitano si fermò solo quando le voci concitate dei marines divennero solo un brusio sconnesso e lontano, prendendosi qualche attimo di tregua per riprendere fiato e capire al tempo stesso in che punto della città si trovassero. Messo il bambino con i piedi per terra, poi, si gettò un'ultima occhiata alle spalle per controllare comunque che non stessero continuando a seguirli, scompigliandogli la zazzera bionda. «Non è esattamente l'uscita padre-figlio che ti aspettavi, eh?» ironizzò, dovendo ammettere a se stesso che un po' gli dispiaceva. Insomma... non gli avrebbe fatto schifo starsene tranquillo con il marmocchio, una volta tanto.
    Dick fece spallucce, dando vita ad un sorriso qualche attimo dopo. «Non fa niente, a me va bene anche così», affermò divertito, gettandogli le braccia al collo per attirarlo verso di sé. Zoro, che nonostante tutto non era ancora abituato a quelle dimostrazioni d'affetto, rimase un attimo perplesso, lasciandosi sfuggire poi uno sbuffo ilare prima di ricambiare goffamente quell'abbraccio.
    Forse non era un padre modello, ma l'importante era volersi bene
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Tipo che... boh. Non so che cosa dire. Non aggiornavo da parecchio e non avevo idea di che csa avrei potuto postare, ed ecco dunque che è uscita fuori una cosa del genere dove non si capisce assolutamente un cacchio. La cosa effettivamente non è una novità, visto che questa raccolta è un vero e proprio casino... quindi si può dire che questa one-shot si amalgama alla perfezione con le precedenti proprio per il suo essere così fuori dall'ordinario.
Non succede nulla di che, effettivamente, ma mi andava di raccontare un momento padre-figlio tra Zoro e Dick, personaggio che alcuni hanno imparato parzialmente a conoscere nella raccolta
Winter is a world itself, dove appariva come un adolescente e non come un bambino. Ma è sempre quel biondino dagli occhi verdi, eh.
Okay, la pianto con i miei soliti scleri.
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono ben accetti :3
Alla prossima. ♥


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Capitolo 36
*** [ Special Chapter ] Like a little Christmas tree ***


Like a little Christmas tree Titolo: [ Special ] Like a little Christmas tree
Autore: My Pride
Fandom: One Piece

Tipologia: One-shot [ 2082 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara, Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff?
Rating: Verde / Giallo
Avvertimenti: Shounen ai, Assurdità sparse, Slice of Life, What if?
Maritombola: 
56. “No. Dovevi pensarci prima.”
12 Storie. #04 Tempo: #09. Tramonto
Tabella/Prompt: Inverno › 14. Albero di natale
Notte Bianca XII: Lucine di Natale @ [info]derezzed_v [ [info]maridichallenge ]
The season challengeInverno › Rododendro


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Luci colorate. Fastidiosissime lucine colorate ovunque, ecco che cosa aveva visto Zoro non appena aveva aperto gli occhi quel pomeriggio, dopo uno dei suoi soliti sonnellini pomeridiani sul ponte della nave.
    Quella giornata era cominciata come al solito, tra un allenamento e l'altro, una litigata con il cuoco per chissà cosa - era difficile riuscire a capirlo, negli ultimi tempi... non che a lui interessasse davvero comprendere che cosa passasse per la testa di quel ricciolo, era sottinteso - e un'ardua lotta per far sì che Dick lo stesse ad ascoltare e se ne stesse buono durante la meditazione, ma tutto era cambiato non appena era andato a dormire ed era stato poi svegliato quando la Sunny aveva attraccato al porto di una città che Nami, se ben ricordava, aveva chiamato Snowville.
    Le grida eccitate di Rufy e degli altri avevano subito richiamato la sua attenzione e, sollevando appena la palpebra per dare un'occhiata intorno, li aveva trovati tutti poggiati alla balaustra, con le teste rivolte verso l'alto e la bocca spalancata in una «o» muta, quasi a voler rendere ancor più concitata l'eccitazione che aveva attraversato tutti loro come un'onda anomala nello stesso istante. Sbadigliando e grattandosi poco elegantemente il sedere, Zoro li aveva raggiunti e, a braccia conserte, aveva alzato a sua volta lo sguardo per capire che cosa stessero osservando con così tanto interesse, venendo immediatamente folgorato da una miriade di colori che illuminavano il cielo a giorno, simili a tanti rododendri colorati che tappezzavano la volta celeste.
    Lo spadaccino aveva protestato e aveva fatto di tutto pur di restare sulla nave non appena Nami gli aveva quasi ordinato di scendere per fare provviste e tenere magari d'occhio Rufy - come suo solito, quello scemo era scappato insieme ad Usopp per andare a vedere la città, portandosi dietro un povero Chopper che non aveva potuto fare nulla per contrastarli, dato che i due non facevano altro che ripetergli che avrebbe dovuto festeggiare al meglio il suo compleanno -, però, per sua sfortuna, si era intromesso anche Dick nella discussione, strattonandogli di continuo la manica della casacca per cercare di convincerlo. Quindi adesso eccolo lì, con il bambino che gli saltava davanti e affondava continuamente nella neve, creando di tanto in tanto delle palle che lui prontamente schivava. Non aveva proprio voglia di giocare, se proprio doveva essere sincero. E quella scema di Nami non aveva nemmeno protestato, anzi! Era persino stata più contenta nel sapere che con lui ci sarebbe stato anche Dick, liquidando tutto con un «In questo modo non ti perderai, almeno», al quale lo spadaccino aveva risposto con un ringhio e una battutaccia che gli aveva fatto guadagnare anche un calcio dietro alla testa da un cuoco sbucato chissà dove per proteggere la virtù della navigatrice. Bah. Chi lo capiva era bravo, quel ricciolo.
    Senza perdere d'occhio Dick - anche se forse sarebbe stato più giusto dire che era lui stesso a non perdere d'occhio il padre, conoscendo il poco senso dell'orientamento che possedeva -, Zoro sbadigliò e sollevò ancora una volta lo sguardo verso il cielo, dovendosi schermare gli occhi con una mano per riuscire a distinguere qualcosa. La scritta che capeggiava fra le nuvole, quasi fosse stata tirata su da chissà quale forza dei quattro mari, era talmente assurda da non sembrare nemmeno vera, forse proprio a causa delle luci verdi e argento che recitavano «Merry Christmas». Aveva già sentito su un'altra isola una festa chiamata in quel determinato modo, ma proprio non riusciva a comprendere perché dovesse sempre essere così sfarzosa e piena di fastidi, nonché con quei dannati rododendri che appestavano l'aria con il loro odore. Non riuscivano a festeggiare in silenzio, magari ognuno nelle proprie case e senza dover fare tutto quel baccano?
    «Oh, ci sono le giostre!» gridò d'un tratto Dick, risvegliandolo dai propri pensieri. Lo seguì con lo sguardo e lo vide scambettare in fretta verso una strana costruzione che ricordava vagamente una ruota panoramica, e dovette aumentare il passo per stargli dietro, giacché i suoi stivali affondavano continuamente nella neve e gli impedivano di avanzare spedito come avrebbe voluto. Lo tranquillizzò solo il vedere anche gli altri tre là vicino, anche se non si risparmiò dal mettere in guardia il bambino, forse più per abitudine che per vera preoccupazione, data la presenza altrui.
    «Sto attento!» gli gridò di rimando Dick, e Zoro roteò l'occhio con uno sbuffo divertito. Ah, accidenti... quel marmocchio riusciva sempre a farlo sentire un rammollito, e forse la cosa non gli dispiaceva così tanto come sembrava voler far intendere quando gli si rivolgeva. Avrebbe anche aggiunto qualcos'altro se un piccolo calcetto allo stinco non avesse richiamato la sua attenzione, e si voltò svelto, pronto a prendersela con il povero mal capitato di turno; sbatté la palpebra, però, quando davanti a sé vide il cuoco, con un sorrisetto strafottente che faceva quasi venir voglia di prenderlo a schiaffi.
    «Cerca di comportarti bene, marimo».
    «E tu che diavolo ci fai qui?» gli venne spontaneo chiedere di rimando. «Non dovevi restare alla nave?»
    «Ho fatto cambio con Franky». Sanji parve quasi giustificarsi con una scrollata di spalle, e nell'accorgersene aggrottò le sopracciglia, tirando una bella boccata dalla sigaretta prima di avvicinarsi maggiormente allo spadaccino e dargli una spallata; lui si lagnò, ma il cuoco non gli diede minimamente peso, anzi, puntò la propria attenzione verso il bambino, ora in groppa a Chopper. Bene... almeno era al sicuro, con il festeggiato. Dubitava un po' degli altri due, ma fino a quel momento erano sempre stati suoi compagni di giochi e non gli era mai successo niente. Anzi, a volte sembrava essere lui a badare a loro, il che era alquanto divertente.
    Sanji li tenne d'occhio fino a quando non si allontanarono tutti e quattro verso i negozi di dolciumi poco distanti, ridacchiando e lasciandoli fare. In fin dei conti Nami-san aveva dato loro qualche berry da spendere come meglio credevano, ed era meglio che si comportassero come dei bambini e si compressero qualcosa da mangiare, anziché fare i loro soliti disastri. Il punto, però, adesso era un altro: erano rimasti solo lui e lo spadaccino che non faceva altro che guardarsi intorno, e l'atmosfera, anziché risultare festiva, sembrava quasi... gelida. Gelida, aye, non avrebbe saputo trovare aggettivo più azzeccato, in quel momento. Il freddo e la neve che li avvolgeva non era niente, in confronto al silenzio che era calato come un velo sopra di loro. Possibile che Zoro odiasse così tanto le feste? Strano, eppure ricordava che gli piacessero. Oh, forse era la compagnia a pesargli un po', da qualche tempo a quella parte.
    Con quei pensieri per la testa, il cuoco ingoiò qualche insulto e si avviò verso la cittadina, gettando appena un'occhiata all'indietro per tenere d'occhio Zoro; vide che lo seguiva con la sua solita aria un po' scontrosa e non capì proprio perché lo facesse, se la sua compagnia lo infastidiva così tanto come sembrava... così, con uno sbuffo, tirò un'ultima boccata dalla sigaretta e la spense poi nella neve, fermandosi talmente improvvisamente che Zoro gli andò a sbattere contro con un'imprecazione.
    «Oi, sono già scazzato di mio per tutto questo casino senza che ti ci metta anche tu, cuoco», borbottò, massaggiandosi le tempie sotto lo sguardo stranito del suddetto cuoco. Oh... quindi era solo quello a rompergli le uova nel paniere. Era proprio un brutto idiota, quel marimo.
    «Non sai proprio goderti niente...» sospirò, alzando lo sguardo verso la grande stella che faceva bella mostra di sé su un abete bellamente decorato. Palline di vetro soffiato dagli sgargianti colori riflettevano le luci che riempivano la città, dalle insegne dei negozi alle semplici case, e festoni grandi quanto tutte e due messi insieme avvolgevano elegantemente i rami dell'albero, dando un bell'effetto tondeggiante che sarebbe stato bello da riprodurre persino su una torta. Uhm, chissà... magari l'avrebbe fatto, prima o poi. A quel pensiero, Sanji si ficcò le mani nelle tasche, stringendosi nel giaccone che indossava. «Sai, marimo, questo posto mi ricorda quell'isola con i fantasmi natalizi».

    Zoro sollevò un sopracciglio. «Quale isola?»
    «Oh, andiamo, non dirmi che te lo sei dimenticato», cominciò, sghignazzando e lanciandogli un'occhiata eloquente. «Tu, infreddolito e mezzo sepolto in mezzo alla neve, io che vengo a salvarti il culo...»
    «Non so proprio di che diavolo stai parlando, cuoco», tagliò corto lo spadaccino, masticando un insulto a denti stretti. Och, se l'era ricordato. Se l'era ricordato eccome. Esattamente come si era ricordato quei fantasmi che, prendendosi gioco di lui, si erano rubati la sua Ichimonji fino a farlo perdere nel bel mezzo di una foresta innevata, dove non aveva più trovato la via d'uscita fino a quando, tempo dopo, non era stato proprio quello scemo d'un ricciolo a ritrovarlo. Ma era meglio tenere quei piccoli particolari appena risaliti a galla solo per sé.
    Il cuoco lo guardò di traverso, sollevando un angolo della bocca in un sorrisetto alquanto divertito. «Uhm. Eppure io ricordo uno spadaccino che sembrava non vedere l'ora che lo portassi in un posto caldo...» la buttò lì, e prima ancora che potesse anche solo pensare di aggiungere qualcos'altro - perché, aye, gli piaceva prendere in giro quello scemo non appena gli veniva bellamente servita l'occasione -, venne tempestivamente bloccato da una mano di Zoro premuta sulla bocca, tanto che sollevò il capo per fissarlo oltre quei due o tre centimetri che separavano la loro altezza.
    Sanji gli allontanò la mano e l'osservò senza capire, sgranando gli occhi azzurri quando lo vide avvicinarsi pericolosamente al suo viso, nella fattispecie alle sue labbra. «O-Oi. Che diavolo pensi di fare, scemo d'un marimo?» Indietreggiò un po', aggrottando la fronte. Non ci stava proprio a... beh, non ci stava a dare spettacolo nel bel mezzo di una piazza colma di gente, se poteva evitarlo. Lui aveva pur sempre un'immagine da difendere! Certo, ormai dopo anni era il solo a pensarla ancora così - non era stupido, era a conoscenza che gli altri sapessero della relazione che lo legava allo spadaccino -, però non voleva sbandierarla ai quattro venti, men che mai davanti a persone a lui del tutto sconosciute. «Non se ne parla proprio, chiaro?»
    «Nay. Dovevi pensarci prima di stuzzicarmi, ricciolo», rimbeccò Zoro, e il sorriso che comparve sulle sue labbra non prometteva proprio niente di buono. Si sporse verso il cuoco e per poco non lo fece inciampare nelle grosse radici dell'albero che si ergeva al centro della piazza, ma fu proprio in quel momento che arrivò il provvidenziale aiuto divino, travolgendo lo spadaccino come una tempesta di cappotti, berretti e tavole di legno.
    «Zoro, che cavolo!»
    «Ti sei messo in mezzo!» diedero manforte Dick e Chopper, annuendo insieme al Capitano che non faceva altro che borbottare chissà cosa e gonfiare le guance, forse più bambino degli altri due messi assieme.
    «Stavamo collaudando la mia invenzione e ti sei piazzato proprio davanti a noi!» Usopp si intromise a propria volta, indicando con un cenno del capo la tavola di legno ormai distrutta, riversa in ben tre pezzi nello stomaco di un povero pupazzo di neve che si era mantenuto in piedi per chissà quale miracolo. Aveva perso naso e cappello, certo... ma era sicuramente più salvo del povero spadaccino, il quale si era ritrovato con il viso spiaccicato nella neve davanti ai piedi di un Sanji alquanto incredulo.
    «Voi quattro...» cominciò nell'alzarsi piano, sentendo una vena pulsare pericolosamente sulla sua tempia destra; si voltò con sguardo fiammeggiante, e bastò quello a far fischiettare i ragazzi, i quali cominciatono ad allontanarsi a poco a poco, un passo dopo l'altro. Ma Zoro non si lasciò fregare, inseguendoli non appena il loro indietreggiare divenne una vera e propria fuga dalla morte. «E' inutile che scappate, adesso vi faccio a fette!» sbraitò, sguainando le spade e richiamando su di sé l'attenzione di parecchia gente.
    Sanji rimase sconcertato nel vederlo correre via dietro a quelle pesti, lasciandosi cadere sul muretto dietro di sé con uno sbuffo scocciato; frugò nel taschino del giaccone alla ricerca delle sue fedeli sigarette e, preso l'accendino e dato fuoco alla pagliuzza, se la portò alle labbra, inspirando a fondo fino a creare un anello di fumo che andò a confondersi con le nuvole sopra di sé. Okay, forse quel bacio non gli sarebbe dispiaciuto come aveva cercato di far credere persino a se stesso, e l'aveva capito solo quando era stato lasciato a bocca asciutta proprio da quel cretino d'uno spadaccino.
    Alla fine non era riuscito a guadagnarsi nemmeno un bacio come regalo, ma di una cosa era certo e il solo pensiero lo fece sorridere come un cretino: più tardi, quello stesso giorno, lui e quello scemo d'un marimo si sarebbero ritrovati in cambusa fra calde coltri e i canti natalizi che, nella città in lontananza, si affievolivano pian piano alla luce del tramonto.




ジ ングルベル ジングルベル メリークリスマス ! これが今夜の贈り物さ Sing! ♪~
ジングルベル ジングルベル ハッピーニューイヤー ! 終わらない歌 聴こえるはず! ♪~
Merry Christmas! ~♥





_Note inconcludenti dell'autrice
Cosa cosa cosa? Siamo già arrivati alla terza shot a tema natalizio della raccolta, e ciò mi fa pensare che sia davvero passato più tempo di quanto io stessa credessi quando ho deciso di buttar giù questa storia e di infarcirla con tutto ciò che potesse venirmi in mente anche solo per sbaglio. 
Mettiamo momentaneamente da parte i convenevoli e diciamo, come sempre, che questa storia è un regalo di compleanno per la mia nipotola Red Robin, alla quale devo anche un disegno e presto o tardi lo farò, magari con una bella tavoletta grafica e il mio bel programmino che porta il nome di Manga Studio *carezza il programma*
Oh, per chi ha letto, anche solo per caso
Phantoms in falling snow, come si può vedere ci sono dei lievissimi riferimenti che parlano di quella shot, giacché anch'essa era legata al Natale e mi sembrava una cosa carina fondere le due cose anche a distanza di anni. Nella realtà ne è passato solo uno, certo, ma nella storia ne sono passati quasi sei e ricordare particolari così a distanza di tanto tempo l'ho sempre trovata una cosa piacevole.
Okay, la smetto di sclerare. In ultimo, ricordo la raccolta della nipotola Mugiwara's Christmas
, anch'essa a tema natalizio. Ciò detto, un saluto, vado a rimpizzarmi *w*
Merry Christmas and Happy New Year!


Utae! Jingle Bell! Straw Hat Pirates version
Traslitterazione: Jinguruberu, Jinguruberu, Meriikurisumasu! Kore ga konya no okurimono sa, Sing! ♪~
Jinguruberu, Jinguruberu, Happiinyuuiyaa! Owaranai uta kikoeruhazu! ♪~
Merry Christmas! ~♥

( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon Natale! Questo è un regalo per questa sera, cantare!
♪~
( Jingle Bell, Jingle Bell ), Buon anno nuovo! Una canzone può essere ascoltata senza fine! ♪~
Buon Natale! ~♥


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Capitolo 37
*** Sea cook's treasure ***


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Titolo: Sea cook's treasure
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 420 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Sanji Black-Leg, Roronoa Zoro, Nico Robin, Nami
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Prompt: Tesoro [info]contestmania
Phase Solid: #12. Vetro
Tabella/Prompt: Estate › 01. Ombrellone



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Con un enorme sorriso stampato in faccia, Sanji fece una piroetta e si fermò proprio davanti alle ragazze, che osservarono rapite lo splendido cocktail in un flutes di vetro che il cuoco aveva preparato per loro. Un tripudio di azzurro e argento che chissà come era riuscito ad ottenere, e, dato il profumo a dir poco invitante, doveva essere altrettanto buono. Si erano riparate sotto l'ombrellone quando il sole aveva cominciato a farsi più forte e il caldo aveva iniziato a divenire soffocante, e quella bibita fresca era decisamente la ciliegina sulla torta.
    «Grazie mille, cook-san, un pensiero davvero carino», gli disse Robin con un sorriso, cosa che fece oltremodo emozionare il cuoco, che si inginocchiò dinanzi a lei come un vero e proprio cavaliere.
    «Per voi questo e altro, Robin-chwan!» cinguettò giulivo, pendendo praticamente dalle sue labbra. L'archeologa ridacchiò e lo ringraziò ancora una volta, cosa che fece sprizzare letteralmente cuoricini al cuoco, sfavillante come non l'aveva mai visto. E dopo i soliti convenevoli riservati anche a Nami, la quale aveva sospirato accondiscendente a tutti i complimenti di Sanji e alle sue moine, Robin l'aveva visto allontanarsi in direzione dei ragazzi, rifilando un calcio a Rufy prima di lanciargli letteralmente un bicchiere di semplice menta e orzata e dirigersi poi verso lo spadaccino, che si stava allenando con uno dei suoi enormi pesi da trecento chili.
    A quella vista, l'archeologa ridacchiò e scosse il capo, bevendo un lungo sorso del proprio cocktail. «Cosa c'è di così divertente, Robin?» sentì dire poi dalla navigatrice, e si voltò verso di lei con un enorme sorriso.
    «Nulla di che. Guarda tu stessa», si limitò a dire, facendo fiorire una mano solo per indicare distrattamente Sanji, intento come suo solito a litigare con Zoro.
    «Quei due impareranno mai ad andare d'accordo?» sospirò Nami, e Robin ridacchiò ancora una volta.
    «Io credo che lo facciano già», asserì, bevendo un altro piccolo sorso del suo drink. «A modo loro, forse, ma dopotutto va bene anche così».
    Forse era una cosa che sfuggiva a molti, forse persino Nami non se n'era del tutto resa conto, però Robin era certa che ci fosse ben altro nascosto sotto agli atteggiamenti di Zoro e Sanji. L'uno cercava sempre l'altro e viceversa, non c'erano momenti in cui si perdessero di vista o si arrabbiassero per un nonnulla, sapendo però quand'era il momento di collaborare e mettere da parte qualcunque screzio fra loro.
    Era stupido, era insensato, era a dir poco pazzesco... eppure Sanji aveva probabilmente cominciato a capire realmente cosa significasse per un pirata proteggere il proprio tesoro.






_Note inconcludenti dell'autrice
Uhm, okay, alla fine eccoci qui. Saranno passati tipo mesi dall'ultima volta che ho aggiornato questa raccolta, ma ammetto che la voglia non c'era e ho anche avuto un po' da fare, tra vita privata e cosplay da finire per varie fiere del fumetto. Mi sono comunque prefissata l'obiettivo di arrivare a cinquanta storie e spero davvero di raggiungerlo, per quanto io sia tornata dopo anni ed anni ad un mio vecchio amore, ovvero FullMetal Alchemist. Se qualcuno è interessato, può tranquillamente trovarmi lì con qualche vecchia storiella o, se le cose girano per il verso giusto, chissà, persino con qualcosa di nuovo ♥
Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono bene accetti, e proverò a concludere durante il prossimo mese alcune storie che aspettano ancora di vedere una fine.
A presto! 




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Capitolo 38
*** [ ZoSan Week ] B-day (what it means) ***


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Titolo: B-day (what it means)
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 315 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Sanji Black-Leg, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Introspettivo, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, Missing Moment, What if?
Prompt: Doni difficili [info]contestmania
Phase Solid: #11. Stoffa
Tabella/Prompt: Estate › 04. Mare



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Zoro non aveva mai pensato a cosa volesse significare compiere gli anni, per quello scemo d'un cuoco. O almeno così era stato fino a quel determinato momento.
    Ogni anno aveva semplicemente lasciato che quel giorno passasse senza un nulla di fatto, standosene con le braccia incrociate contro il parapetto della Sunny ad osservarlo da lontano, bofonchiandogli solo qualche augurio distratto quando arrivava l'ora di cena. Le chiacchiere allegre dei compagni durante la festa, i regali, le cravatte di stoffa che quello scemo lanciava in aria, i baci sulla guancia che riceveva da Robin e Nami... quelle erano cose che allo spadaccino non erano mai interessate, nemmeno lontanamente, e ne aveva dato ancor meno peso il giorno del proprio compleanno.
    Adesso, però, tutto gli sembrava molto più chiaro. Compiere gli anni non significava solo quello, per Sanji. Significava maturare più di quanto non avesse già fatto, aggiungere alla sua vita momenti belli e brutti, esperienze che, un giorno o l'altro, avrebbe narrato al vecchio Zeff, che si era preso cura di lui quand'era solo un marmocchio dopo averlo salvato dalla furia del mare... per Sanji un compleanno significava questo e altro, e Zoro l'aveva capito troppo tardi.
    L'aveva sempre preso in giro per quel suo bizzarro modo di comportarsi, per tutta l'importanza che dava anche alle semplici cose e persino per il suo modo di vestire, cascandoci poi con tutte le scarpe quando aveva capito che il sentimento che li spingeva continuamente a darsi battaglia non era solo sano spirito di competizione o amicizia tra compagni. E solo dopo quella consapevolezza aveva cominciato a fargli piccoli doni, spesso nascosti ad occhi indiscreti o dati distrattamente davanti agli altri, come se non contassero assolutamente nulla. Sanji, però, sapeva che essi valevano più di tutto l'oro del mondo.
    Per Zoro il dono più difficile da fare era sempre stato il suo amore, ma quando si trattava di lui risultava più facile di quanto sembrasse.






_Note inconcludenti dell'autrice
Ammetto candidamente che sono in super mega ritardo per il compleanno di Sanji, ma la stesura di questa storia risale ad un po' di tempo fa, solo che non l'ho mai postata perché la trovavo un pochettino assurda (e anche perché EFP non è più come un tempo e il livello delle storie è drasticamente calato, ammettiamolo, quindi non viene poi tanta voglia di aggiornare qualcosa). Avendo preso un impegno, però, cercherò di arrivare a cinquanta storia, e direi di essere già a buon punto.
Ho inoltre visto proprio qui su questi lidi un'iniziativa abbastanza carina indetta da Zampe_in_the_sun, e sto parlando in linea più ristretta della ZoSan week. Sono entrata solo al terzo giorno, ma credo sia meglio di nulla. Non so nemmeno se ne scriverò un'altra per continuare la settimana ma, giusto per rendermi attiva a mia volta su questo pairing, ho almeno voluto provare.

Come sempre, ovviamente, commenti e critiche sono bene accetti.
A presto! 




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Capitolo 39
*** [ ZoSan Week ] Thirty-eight seconds. 3 A.M. ***


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Titolo: Thirty-eight seconds. 3 A.M. 
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1446 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Black-Leg Sanji, Roronoa Zoro
Rating: Aranciastro (?)
Genere: Generale, Slice of life, Sentimentale, Erotico
Avvertimenti: Yaoi, Linguaggio colorito
Torneo Hunger Games: Jolly [x] [info]contestmania
Tombolata natalizia: #75. Immagine [info]contestmania
Colourful Blue: #03. Denim
Piscina di prompt: Prompt orfano, Mangiare biscotti alle tre di notte
Big p0rn table: 10. Cucina › Fraintendimento › Frustino



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Stiracchiandosi, Sanji si grattò poco elegantemente il sedere e uscì sul ponte, rabbrividendo nel sentire il venticello gelido insinuarsi fra le pieghe del suo pigiama e schiaffeggiargli le guance. Se non avesse avuto sete non si sarebbe mai alzato dal bozzolo caldo delle sue coperte, giacché la nottata, per quanto non nevicasse, non era certamente delle migliori.
    Nel traversare il ponte e nel salire le scale si lasciò sfuggire un sonoro sbadiglio, ma non appena fu davanti alla porta della cucina si zittì e si mise in allerta, avendo sentito dei rumori al suo interno. Possibile che quell'ingordo del Capitano non si fosse ancora rassegnato dallo scoprire la combinazione? Ormai dimentico del freddo, il cuoco aprì la porta con uno scatto, nervoso. «Rufy! Ti ho detto mille volte di non rubare il ci-» sbottò, accigliandosi nel momento esatto in cui accese la luce e non trovò Rufy intento a scassinare il frigo, bensì Zoro seduto su uno sgabello con un piatto davanti e un bicchiere. Non indossava il pigiama né tanto meno quella sua stupida casacca verde, bensì un semplice jeans di denim che aveva pescato chissà dove. «Marimo? Che cosa ci fai qui?» gli venne spontaneo chiedere, e Zoro, dopo aver dato un morso a quel suo spuntino notturno, lo guardò arcuando un sopracciglio.
    «Non può venire fame anche a me, ogni tanto?»
    «Ma sono le tre di notte!» rimbrottò, e nell'osservarlo meglio si accorse di ciò che aveva nel piatto, rimanendo di sasso. Quella pasta di zenzero di forma rotonda, quei confetti colorati a comporre naso e occhi, quei pretzel al cioccolato per le corna... «Ohi, quelli sono i biscotti che ho fatto per Chopper!»
    Zoro sbuffò ilare, ingurgitandone tranquillamente un altro come se nulla fosse. «Och, aye, bella idea quella di fare biscotti a forma di renna per una renna... davvero sensibile».
    «Sei l'ultima persona che può permettersi di parlare di sensibilità, marimo».
    «Intanto non sono stato io ad aver fatto biscotti per cannibali».
    «Quanto sei idiota», rimbrottò Sanji, trovando più saggio ignorarlo per dirigersi al lavandino e pensare al proprio bicchiere d'acqua. In fin dei conti indossava solo il pigiama e aveva freddo, dunque perché perdere tempo con quello stupido spadaccino, che per di più se ne stava lì seduto a petto nudo sebbene si congelasse? Starlo a sentire sarebbe stato inutile e infruttuoso, e per di più si sarebbe gelato il culo solo per dargli corda. Aprì la credenza e allungò una mano per afferrare un bicchiere, però sussultò e rischiò quasi di farlo cadere quando un braccio muscoloso gli cinse i fianchi e lo tirò indietro, rendendo precario il suo equilibrio; si ritrovò ben presto con la schiena premuta contro il petto bollente di Zoro e con il suo respiro a solleticargli il collo, e non poté fare a meno di sollevare un sopracciglio, scettico. «E adesso che diavolo vuoi, marimo?»
    «Mi serve un pretesto per avvicinarmi al mio compagno?»
    «Direi di sì, conoscendoti. Quindi non metterti strane idee in testa, voglio bere e tornarmene a dormire».
    «Abbiamo un paio d'ore prima che Rufy si svegli e cominci a reclamare cibo, cuoco».
    Sanji gli poggiò una mano sul viso e lo allontanò, sbuffando scocciato. «Ti ho detto che voglio dormire», ripeté, riempiendosi quel suo tanto agognato bicchiere d'acqua per scolarselo in un sorso; ne riempì un altro e fece sparire in fretta anche quello, ignorando per tutto il tempo le occhiatacce che gli venivano lanciate dal Vice Capitano, il quale non era parso gradire quel netto allontanamento da parte sua. Beh, per lui non era un problema. Il suo culo era fuori dal giro, per quella notte.
    «Dannazione, con te è sempre la solita storia», bofonchiò lo spadaccino, e il cuoco sbuffò ilare.
    «Scusa tanto se non sto tutto il giorno ad oziare come te e la notte ho sonno, marimo di merda». A quel suo stesso dire allungò un braccio verso il bancone e recuperò dal piatto uno dei biscotti, premendolo contro le labbra del Vice Capitano. «Mangiati un altro biscotto e non rompere», lo schernì, venendo scansato malamente.
    «L'hai voluto tu», rimbrottò poi, e, senza nemmeno pensarci su due volte, si chinò a mezzo busto per afferrarlo per le natiche e issarlo su di sé per portarselo dietro, cosa che fece strabuzzare gli occhi al malcapitato cuoco non appena si rese conto delle intenzioni del compagno; l'aria gelida della notte lo investì in pieno e dimenticò ben presto le mani di Zoro sul culo solo per stringersi a lui in cerca di calore, tornando a preoccuparsi quando si ritrovò su in palestra, con la schiena premuta sul pavimento e il viso dello spadaccino a pochi centimetri dal proprio. E nemmeno si chiese che cosa ci facessero delle lenzuola a terra, troppo impegnato a protestare contro quel cretino.
    «O-Ohi! Che diavolo credi di fare?!» sbraitò incredulo, rifilandogli un calcio al fianco e ignorando la sua imprecazione. «Voglio dormire, marimo di merda. Devo forse sillabartelo?!»
    «Sei stato tu a dirmi di mangiare un altro biscotto», lo scimmiottò, e per quanto lui fosse suonato ironico, Sanji dilatò gli occhi e si diede mentalmente del cretino. Avrebbe dovuto essere più preciso quando gli aveva detto quelle parole, accidenti. E avrebbe anche dovuto immaginare che Zoro avrebbe frainteso o avrebbe fatto finta di non capirlo.
    «Non intendevo questo, brutto idiota!» volle tenergli presente, per quanto sapesse che per lui non ci sarebbero stati ma che avrebbero retto. E se ne rese conto nel momento stesso in cui cominciò pian piano a cedere, un po' per il modo in cui Zoro lo toccava - e quello stupido spadaccino sapeva toccarlo in modi che lui non avrebbe mai creduto possibili, con quelle dita callose che si ritrovava -, e un po' perché, in fin dei conti, erano settimane che non riuscivano a concedersi qualche attimo per loro stessi e l'idea di un po' di sesso non era di certo da buttar via.
    Contò esattamente trentotto secondi e mezzo prima che, senza sé e senza ma, si ritrovasse praticamente nudo sotto il corpo del compagno. Goccioline di sudore freddo gli imperlavano la fronte e rotolavano giù lungo il suo collo, spesso confondendosi con quelle che cadevano dal viso di Zoro, concentrato e con una smorfia dipinta in viso. A quella vista, il cervello di Sanji parve scollegarsi e si ritrovò ad allungare entrambe le braccia verso di lui, quasi volesse sentirlo più vicino: avrebbe voluto stringerlo a sé, fargli infossare il viso nell'incavo della sua spalla e bearsi del calore che sprigionava il suo corpo e che lo stava mandando interiormente in fiamme, ma stupì sia se stesso sia lo spadaccino quando lo spinse riverso di schiena fra le coperte e tornò su di lui per sistemarsi a cavalcioni.
    Non gli sfuggì l'espressione stupita che quest'ultimo gli rivolse, però, con un gemito, Sanji si chinò verso il suo viso e gli sfiorò le labbra con le proprie, sorridendo sofferente. «Sta' zitto», gli sibilò, cominciando a muoversi su di lui e lasciandolo interdetto. Cosa fosse passato per la testa di quello stupido cuoco non lo sapeva, ma il sentire i suoi capelli biondi frustrargli il viso e il suo respiro ansimante solleticargli il viso lo eccitarono più di quanto già non fosse, tanto che lo strinse maggiormente a sé come se non volesse farlo scappare da nessuna parte.
    Con una mano poggiata sul suo petto e l'altra su una sua coscia, Sanji lo lasciò fare e, reclinando il capo all'indietro, urlò, per una volta senza vergognarsi di dar voce a tutto il piacere che stava provando in quel momento; ansimava e sentiva la testa talmente leggera che quasi gli venne da pensare che non si trovasse più al proprio posto, ma più si muoveva e si concentrava sulle sue grosse mani che gli tenevano bloccati i fianchi, più non riusciva a reprimere le sensazioni che si erano impossessate del suo animo. Quasi vide bianco non appena l'orgasmo lo colpì dietro alla nuca come uno schiaffo, e fu con un che rotolò al fianco dello spadaccino, rendendosi conto di ciò che aveva fatto solo in quel momento.
    «Ah, merda», sussurrò con un fil di voce, distendendosi di schiena fra quelle coperte malamente gettate sul pavimento di legno. Nella penombra era riuscito a malapena a guardare il petto di Zoro alzarsi e abbassarsi a ritmi irregolari, ma non gli era affatto sfuggito il sorrisetto soddisfatto che si era impossessato delle sue labbra e dei lineamenti del suo viso, né tanto meno la sua palpebra abbassata. «Ohi, idiota... stai già dormendo?» gli domandò nel voltarsi nella sua direzione, ottenendo in risposta solo un breve russare. Con uno sbuffo divertito, si allungò verso di lui e gli sfiorò le labbra con un bacio, cercando di coprire entrambi alla bell'e meglio con le coperte.
    Una volta tanto poteva anche lasciarsi andare.
 





_Note inconcludenti dell'autrice
Ennesima storiella per la ZoSan week indetta da Zampe_in_the_sun. Alla fine ho deciso di partecipare un altro po' e di riempire la sezione di qualche ZoSan scribacchiata pure da me... più sono meglio è, no?
Partiamo con le dovute spiegazioni, comunque. La storia avrebbe dovuto essere un po' più spinta, lo ammetto, ma ho lasciato tutto sul vago perché la raccolta è a rating arancione e non avevo intenzione di cambiarlo soltanto per una one-shot; ho quindi cercato di rendere il tutto abbastanza velato senza aggiungere descrizioni troppo dettagliate sulla scena di sesso, lascianfo il tutto a libera discrezione del lettore su quanto succedeva durante la storia. Si può descrivere una scena di sesso senza cadere né nel volgare né tanto meno in troppe descrizioni, e in questo modo sono anche rientrata tranquillamente fra gli standard imposti da EFP stesso riguardo al rating arancione e alla presenza di una scena lemon. La versione completa la si può trovare sul mio livejournal... da qualche parte, lol
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A presto! 




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Capitolo 40
*** Firefly (under the moonlight) ***


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Titolo: Firefly (under the moonlight)
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 422 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Black-Leg
Sanji, Roronoa Zoro, Mugiwara
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Prompt: Lucciole [info]contestmania
Phase Liquid: #08. Profumo
Tabella/Prompt: Estate › 15. Lucciole



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Se proprio doveva essere sincero con se stesso, Zoro non capiva che cosa ci trovasse la ciurma a starsene seduta su quel prato ad osservare degli stupidi insetti luminosi altresì chiamati lucciole.
    Da quel che ricordava, quello scemo d'un cuoco e quella tirchia di Nami odiavano gli insetti, però, a quanto sembrava, quelle sottocategorie di luci volanti non rientravano in quelli che loro consideravano mostri sanguinari buoni solo per essere schiacciati. Dal canto suo, il Vice Capitano stava ancora cercando di trovare una soluzione a tutta quella noia che l'aveva investito, tenendo anche conto che non si erano portati dietro niente da magiare o da bere - e un po' di sake non gli avrebbe fatto per niente male, in quel momento - e che avevano assistito allo spettacolo pirotecnico esattamente venti minuti addietro.
    Zoro palesò la sua noia con un sonoro sbadiglio, venendo immediatamente fulminato dallo sguardo per nulla comprensivo della navigatrice, che gli tirò appresso una scarpa e tornò poi tranquillamente ad osservare le lucciole, ignorando la giusta replica che le borbottò contro lo spadaccino per il modo eccessivo in cui aveva agito; proprio quest'ultimo, con uno sbuffo, si lasciò cadere disteso di schiena sul prato, incrociando le braccia dietro la testa e fissando ostinatamente il cielo, puntellato di stelle e rischiarato dall'alone argentato della luna. Nell'aria il profumo dei fiori era pungente e gli infastidiva il naso, ma cercò in qualche modo di prendere sonno, così da riuscire almeno in parte a lenire la noia. Peccato, però, che fosse più facile a dirsi che a farsi, e cominciò a muoversi infastidito sull'erba, gettando di tanto in tanto delle occhiate ai propri compagni.
    Ad intercettarlo fu il cuoco stesso, che si voltò verso di lui con un piccolo sorriso strafottente. Con quella sigaretta fra le labbra e quell'aria di un grosso gatto che si era appena pappato un topo, sembrava più che pronto a stuzzicarlo come suo solito e a fargli saltare i nervi, cosa che non sarebbe stata poi così male, ora come ora. Almeno avrebbe fatto qualcosa e si sarebbe distratto, ma si paralizzò nel momento stesso in cui Sanji, levandosi la stecca dalla bocca, si chinò verso il suo viso e, approfittando del fatto che nessuno stesse guardando, gli rubò un bacio a fior di labbra e gli leccò la punta del naso, tornandosene tranquillo a guardare le lucciole e lasciando ancor più perplesso di prima.
    La quiete aveva uno strano effetto su tutti, persino su quello stupido cuoco. Ma Zoro non sapeva dire se la cosa gli dispiacesse o meno.






_Note inconcludenti dell'autrice
Era da un bel po' di tempo che non aggiornavo questa raccolta - causa anche il mio momentaneoallontanamento da questo fandom -, però alla fine ci sono riuscita ed ecco qui una piccola storiella abbastanza vecchiotta.
Si tratta di un mezzo esperimento che avevo fatto un po' di tempo fa, in una serata d'estate come questa e in un momento in cui tutti, nessuno escluso, di godevano un momento di calma ad osservare le lucciole. Ho pensato di postarla proprio perché siamo in agosto e finalmente l'estate sta cominciando a farsi sentire come si deve - difatti non si può stare, fa un caldo infernale e bisognerebbe solo andare a mare, ah ah ah -, anche se devo ammettere che non è tutto questo granché e che può risultare anche troppo introspettiva e noiosa. Inoltre, se a qualcuno interessa, può trovare questa raccolta a sfondo Roy/Ed
Under Pledge 520 ~ Wedding Planning nel fandom di FullMetal Alchemist.
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Capitolo 41
*** [ Sette colori per un fandom ] Bloody snow ***


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Titolo: Bloody snow
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 481 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Tony Tony Chopper, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico
Avvertimenti: Angst, Missing Moment
Tabella/Prompt: Halloween party › 02. Sangue
Prompt: Neve macchiata di sangue [info]contestmania

Sette colori per un fandom: Pacchetto rosso › 02. Sangue
The season challenge: Autunno › Morte


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sangue, sangue ovunque. Sangue sulle sue mani, sangue sulla neve sulla quale stava camminando senza meta. E più si guardava intorno, più Chopper non riusciva a capire che cosa stesse succedendo.
    Dove si trovava? Che cosa significava quel paesaggio imbiancato, quegli alberi scheletrici e la neve che lo circondava in ogni dove? Perché non era sulla Sunny, in compagnia dei suoi amici, e, in senso più ristretto, al sicuro nel suo letto? Non lo sapeva, eppure gli sembrava che quello scenario fosse in qualche modo familiare. Sentiva un senso di vuoto all'altezza dello stomaco, una sensazione sgradevole che gli sembrava di aver già provato in passato, e solo quando mise un piede in fallo, cadendo riverso su quella stessa neve macchiata di sangue, si rese conto di che cosa stesse succedendo e di chi fosse la mano che, guardinga, si era allungata verso di lui, quasi volesse carezzargli il capo. Il dottor Hiruruku... quella era la mano del dottor Hiruruku, e il mostro che stava osservando attraverso i suoi occhi era proprio lui. Stava forse sognando? Come poteva il dottore essere ancora vivo? E se quello invece era il passato e stava rivivendo il suo primo incontro con Hiruruku, perché le sue mani insanguinate si erano strette intorno al collo del l'uomo e stava tentando in tutti i modi di soffocarlo?
    Chopper si svegliò urlando, strizzando gli occhi e coprendosi le orecchie con le zampe non appena udì un tuono in lontananza. Era stato orribile. Sognare una cosa del genere sull'uomo che si era preso cura di lui quando le altre renne di Drum l'avevano cacciato, sull'uomo che gli aveva insegnato tutto ciò che sapeva di medicina e che gli aveva dato un sogno in cui credere... era stato orribile. Non avrebbe saputo trovare aggettivo migliore per definirlo.
    Guardandosi intorno, adocchiò il letto dello spadaccino e si affrettò ad abbandonare il proprio, sgambettando verso di lui per infilarsi sotto le sue coperte senza nemmeno pensarci due volte; sentì Zoro lasciarsi scappare un grugnito, prima che quest'ultimo abbassasse distrattamente lo sguardo su di lui e lo osservasse con sguardo assonnato.
    «Oi, Chopper... hai fatto un brutto sogno?» bofonchiò con voce impastata fra veglia e sonno, e Chopper, senza dire una parola, annuì energicamente, sentendo il Vice Capitano scompigliargli affetuosamente la peluria sul capo prima di cingergli delicatamente le piccole spalle. «Okay, puoi dormire qui... ma vedi di non fare casino. Non mi va di fare questioni con quello scemo di un cuoco, ora come ora».
    Chopper annuì ancora una volta e si concentrò sul respiro pesante dello spadaccino, che si era riaddormentato immediatamente. Nonostante tutto, però, la piccola renna sorrise, accoccolandosi contro il suo petto e godendo della sua vicinanza e del suo calore, e fu con quei pensieri per la testa che chiuse gli occhi, sentendosi finalmente protetto come non succedeva più da anni
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Come si può subito intuire, questa flash è solo vagamente ZoSan. Ho voluto concentrarmi sul rapporto che Chopper ha con Zoro, poiché è innegabile che la piccola renna veda lo spadaccino come una sorta di fratello maggiore e che si trovi quano meno al sicuro quando è in sua compagnia. Si accenna solo appena a Sanji ma, in fin dei conti, si può leggere fra le righe la sua presenza, date le parole finali di Zoro.
Questo capitolo, comunque sia, partecipa alla challenge Sette colori per un fandom indetta da DoctorChi sul forum di EFP, e probabilmente anche qualche capitolo avvenire farà parte di quella stessa challenge, non so se farò una raccolta a parte ma penso proprio di no. Ne ho troppe in agguato, direi *rotola via*
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Capitolo 42
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Don't joke with me ***


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Titolo: Don't joke with me
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 444 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi:
Black-Leg Sanji, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Prompt: Dammi una sola buona ragione per cui non dovrei cacciarti fuori con un mattarello! [info]contestmania
Phase Solid: #01. Acciaio
Tabella/Prompt: Estate › 06. Abbronzatura

Sette colori per un fandom: Pacchetto rosso › 01. Rossore
500 prompt per una challenge: Prompt n.32 Incidente domestico


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sanji sentì che la vena sulla sua fronte era pronta ad esplodere.
    Da mesi, ormai, aveva chiuso un occhio quando quegli idioti dei suoi compagni facevano i cretini nella sua cucina, mettendo tutto sottosopra durante l'ora del pranzo e della cena, però adesso a causa di quell'idiota tutto muscoli aveva davvero raggiunto il limite. Un conto era fare follie mentre si mangiava - per quanto la cosa non gli andasse a genio, ovviamente -, un altro era distrarlo mentre stava effettivamente cucinando. Lui e quella sua stupidissima massa di muscoli, accidenti! Era stata solo colpa sua se si era mosso troppo in fretta e aveva fatto cadere lo stufato di sea king che stava preparando da mezz'ora, perché, aye, se lui non fosse entrato proprio in quel momento, sudato da capo a piedi e con quella sua pelle abbronzata dannatamente invitante, lui non avrebbe fatto il casino che stava osservando adesso.
    Boccheggiando, Sanji fece scorrere lo sguardo dal pranzo ormai da buttare e quello scemo di Zoro, immobile sulla soglia come se non capisse che cosa fosse appena accaduto. Ma, dannazione, era cieco o cosa?! A quel pensiero lo fulminò con lo sguardo, afferrando minaccioso il primo utensile che gli capitò sottomano. «Dammi una sola buona ragione per cui non dovrei cacciarti fuori con un mattarello! Dopo averti fracassato i coglioni con quello, possibilmente!»
    Lì per lì confuso, Zoro sollevò un sopracciglio, incrociando le braccia al petto prima di inclinare il capo di lato e assumere un'espressione alquanto incuriosita. «Err... ti amo?» provò ironico, guadagnandoci solo un calcio all'altezza dello stinco che lo fece imprecare a denti stretti.
    «E questa da dove diavolo ti è uscita?!» sbottò rosso in viso per la rabbia, prendendo un mestolo d'acciaio per colpire con quello una mano dello spadaccino, che bofonchiò nervoso prima di lanciargli un'occhiataccia.
    «Oi, che cazzo ti è preso?»
    «E me lo chiedi? Lo sai quanto odi gli sprechi di cibo».
    «E io che cosa diavolo c'entro? Sei stato tu a far cadere tutto».
    «Per colpa di chi, secondo te? Non puoi entrare d'improvviso qua dentro, mostrare i tuoi muscoli abbronzati e pompati e sperare che io...» Sanji si portò immediatamente una mano alla bocca per frenare il fiume in piena delle sue parole, arrossendo fino alla punta dei capelli. Che diavolo...? Aveva davvero confessato a Zoro il motivo per il quale aveva fatto cadere quella stupida zuppa? Si sarebbe gettato in mare per seppellire la vergogna, se avesse potuto.
    Qualsiasi sua rettifica, però, fu prontamente bloccata dalle labbra dello spadaccino premute contro le sue, e lo stufato fu ben presto dimenticato sul pavimento
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Aggiornamento lampo, perché ogni tanto ci vuole nella marea di storia che vengono postate su altri pairing.
Cosa dire, comunque... ovviamente anche questa flash partecipa alla
alla challenge Sette colori per un fandom indetta da DoctorChi, ma partecipa al tempo stesso anche alla challenge 500 prompt per una challenge indetta da Saru_Misa sempre sul forum di EFP
A differenza delle altre flash/one-shot, questa gioca un po' più sull'ironia e sul fattore ZoSan, ma dopotutto la raccolta è per lo più incentrata su quel pairing, dunque mi sembrava quanto meno giusto dedicare qualche momento anche a questi due scemi durante un piccolo incidente in cucina causato proprio da quello scemo di uno spadaccino... e Sanji come poteva non cascare nel tranello dei suo muscoli, dopotutto?
*rotola via ridendo*
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Capitolo 43
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Here comes the sun ***


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Titolo: Here comes the sun
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 400 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Sanji Black-Leg, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Prompt: Una giornata di sole [info]contestmania
Phase Liquid: #12. Yogurt
Tabella/Prompt: Estate › 11. Scottatura

Sette colori per un fandom: Pacchetto rosso › 06. Fuoco
500 prompt per una challenge: Prompt n.12 › Yogurt


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Forse era stata colpa del vento che aveva soffiato tutto il giorno, forse della frescura di quella giornata, ma in quel momento Zoro stava imprecando contro tutti e tutto per non essersi reso conto di aver passato troppo tempo al sole.
    Seduto sul lettino dell'infermeria, aspettava scocciato che Chopper gli procurasse qualcosa per quella terribile scottatura che si era procurato, e doveva ammettere che sperava lo facesse in fretta, perché la pelle gli bruciava da morire come se stesse andando a fuoco e non avrebbe mai immaginato che un'idiozia del genere potesse procurare problemi simili.
    La porta si aprì d'improvviso e si drizzò a sedere sulla branda con la speranza che fosse la renna, ma aggrottò la fronte quando sulla soglia non comparve la figura che si era aspettato. «E tu che ci fai qui? Dov'è Chopper?» domandò a Sanji, il quale inarcò giustamente un sopracciglio.
    «Ti sta preparando la mistura, marimo», rispose semplicemente, chiudendosi la porta alle spalle per mostrargli un vasetto bianco dal contenuto alquanto discutibile. Almeno per lo spadaccino. «Intanto accontentati di questo».
    «Che roba è?»
    «Yogurt».
    «Yogurt?»
    «Che c'è, non ci senti? Aye, è yogurt», ripeté Sanji in tono stranamente paziente, avvicinandosi a lui mentre svitava il barattolo. «Ti darà un po' di sollievo».
    Zoro aggrottò la fronte, distogliendo lo sguardo come un moccioso. «Non ci penso nemmeno a spalmarmi quella roba addosso».
    «Infatti lo farò io per te», rimbeccò il cuoco, e lo spadaccino tornò immediatamente a guardarlo, strabuzzando gli occhi.
    «Stai scherzando?»
    «Non rompere, marimo. Anche a me piacerebbe spalmare la crema sul bel corpo di Nami-san o Robin-chan anziché sul tuo, sai?» sbuffò, roteando teatralmente gli occhi prima di sollevarli verso il soffitto. «Tenendo anche conto che tu hai una massa inutile di muscoli al posto di un bel seno prosperoso...»
    «Se sei venuto qui per sparare cazzate vattene, cuoco».
    Sanji sorrise divertito, chinandosi verso il suo viso. «Geloso?» gli sussurrò ad un orecchio, e Zoro borbottò qualcosa fra sé e sé, distogliendo ancora una volta lo sguardo.
    «Geloso di te, ricciolo? Nei tuoi sogni», bofonchiò, ma sussultò non appena un tocco gelido gli sfiorò la cicatrice e due morbide labbra, dal vago sapore di yogurt alla fragola, si poggiarono prepotenti sulle sue. E dovette ammettere a se stesso che non era per niente male, quel trattamento
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ups, cosa sta succedendo? A distanza di così poco tempo sto aggiornando continuamente questa raccolta rimasta sopita per settimane, mesi anni? Sarà l'avvicinarsi dell'autunno? Sarà che ho voglia di andare a mare ma questo tempo non me lo permette? Sarà che devo cominciare la piscina e la roba per il Romics prima che sia troppo tardi? Sarà che c'ho fame? Nay, questo non c'entra.
Scleri a parte, mi andava di aggiornare ed eccolo qui. Una flash un po' stupida in cui si nota l'idiozia di Zoro e al tempo stesso il modo in cui Sanji cerca di prenderlo in giro, ma in fin dei conti questi due hanno un modo tutto loro di volersi bene - se proprio dobbiamo metterla su questi termini - e quindi va perfettamente bene così.
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Capitolo 44
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Green Hope ***


Green Hope

Titolo: Green Hope
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 354 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Rating: Verde
Genere: Generale, Sentimentale, Introspettivo, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai
Colourful Green: #09. Pollice
Tabella/Prompt: Estate › 13. Marimo (alga) 

Sette colori per un fandom: Pacchetto rosso › 03. Passione
500 prompt per una challenge: Prompt n.93 Fiori
The season challenge: Primavera › Verde


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    Sanji sorrise e si deterse il sudore dalla fronte, osservando orgogliosamente il cespuglio di rose che aveva piantano nella serra di Robin settimane addietro.
    Non aveva mai avuto il pollice verde - non aveva mai usato le sue mani per qualcosa che non riguardasse strettamente la cucina, in realtà -, ma si riteneva abbastanza soddisfatto del risultato. Aveva curato quei fiori giorno dopo giorno, con la stessa premura e passione con cui preparava deliziosi manicaretti alla ciurma, e vedere adesso il modo in cui si ergevano rigogliosi e belli, baciati da quel tiepido sole estivo che rendeva vivace il loro colore rosso, gli scaldava il cuore e lo fa sorridere come un marmocchio.
    Era la prima volta che amava qualcosa che con il suo mestiere di cuoco c'entrava ben poco, doveva ammetterlo. Aveva sempre pensato che il giardinaggio non facesse affatto per lui, che fosse semplicemente una perdita di tempo e che avrebbe fatto meglio a convergere le proprie energie su qualcos'altro, per quanto adorasse vedere Robin prendersi cura dei suoi fiori. Una rosa fra tante altre, diceva scherzoso. Una bellissima rosa sorridente che, ogni mattina, si chinava amorevolmente fra le sue compagne e sussurrava loro frasi cordiali, apparendo ancor più splendida di quanto non fosse già.
    Forse era stata proprio lei a spingerlo a piantare quel cespuglio, non sapeva. Forse osservarla aveva fatto scattare in lui una bizzarra molla che aveva fatto sì che quella passione lo travolgesse, o forse era stato solo per caso se aveva deciso di coltivare quelle rose, quelle stesse rose rosse che pian piano gli avevano fatto adorare un colore che fino a quel momento aveva sempre trovato scialbo e noioso: il verde. E forse fu sempre solo per caso che lo sguardo gli cadde proprio su Zoro - sulla sua pelle resa dorata dal sole e forgiata dai duri allenamenti, sul sudore che imperlava fastidiosamente la sua fronte e sui muscoli tonici che si flettevano ad ogni sollevamento - e sui suoi capelli. Perché in fondo anche quello scemo d'un marimo aveva fatto sì che cominciasse ad amarlo
con quella spropositata passione.





_Note inconcludenti dell'autrice
In verità questa flash non ha esattamente senso, però mi andava di scrivere una cosetta così in cui Sanji utilizzava le proprie mani non solo per cucinare, ma per curare dei bellissimi fiori come le rose. E' un accostamento che credo che al cuoco si addica, poiché ci vuole passione anche per fare giardinaggio e le rose, che sono un po' le dame del regno dei fiori, possono rappresentare in qualche modo la passione che Sanji sembra avere nei confronti delle donne, per quanto in questo capitolo si comprenda il suo amore verso Zoro
Spiegato questo, credo che non ci sia nient'altro da dire. A breve dovrei aggiornare anche la raccolta
Under Pledge 520 ~ Wedding Planning nel fandom di FullMetal Alchemist, quindi restate sintonizzati, se vi va
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti.
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Capitolo 45
*** [ Sette colori / 500 prompt ] In the middle of the night ***


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Titolo: In the middle of the night
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 436 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi:
Black-Leg Sanji, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Prompt: Perdita della verginità [info]contestmania
Phase Liquid: #10. Vernice
Tabella/Prompt: Estate › 02. Crema solare
Binks Challenge: 45° Stalla › 11° Timidezza 

Sette colori per un fandom: Pacchetto rosso › 05. Cuore
500 prompt per una challenge: Prompt n.158 Nervosismo


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sanji deglutì e tenne lo sguardo puntato sul viso di Zoro, che in quel momento lo sovrastava e lo osservava di rimando con la stessa identica espressione timida che possedeva lui e che vedeva riflessa nei suoi occhi verdi.
    In verità non avevano capito nemmeno loro come fossero capitati in quella situazione, giacché al principio si erano rintanati in quella stalla - quella vecchia stalla che puzzava di vernice e crema solare vecchia di anni - solo per potersi riparare dalla pioggia estiva che nelle prime ore della sera li aveva colti impreparati; avrebbero dovuto fare immediatamente ritorno alla Merry, certo, ma con tutte le scorte alimentari che avevano con sé avevano preferito aspettare che il tempo si aggiustasse e smettesse di piovere, altrimenti avrebbero fatto solo un completo disastro e tutti i berry spesi sarebbero stati buttati praticamente al vento.
    Il problema era sopraggiunto dopo. Infreddoliti da capo a piedi, avevano tentato entrambi di scaldarsi, trovando solo paglia, fieno e vecchie spazzole dai denti consumati che in passato erano sicuramente state utilizzate per qualche animale. Cavalli, magari. Era quindi stato un caso se Zoro gli si era avvicinato, complici anche i brividi che gli avevano attraversato la schiena, e aveva poggiato il capo sulla sua spalla, sbadigliando sonoramente e socchiudendo la palpebra. Sanji, dopo un attimo di perplessità, l'aveva semplicemente lasciato fare, per quanto non si fosse mai abituato a quei gesti improvvisi dello spadaccino. Avevano difatti cominciato a frequentarsi sul serio solo dopo i fatti accaduti ad Alabasta, ed era stata una cosa alquanto insolita, visto che al principio non si erano per niente sopportati. E ancor più strano era stato quando erano arrivati i baci e le carezze, cose che aveva sperimentato solo di tanto in tanto con qualche ragazza che capitava di passaggio al Baratie.
    Ritrovarsi in una di quelle situazioni bizzarre aveva lasciato Sanji un tantino in imbarazzo, ancor più quando, senza nemmeno volerlo, aveva fatto per alzarsi ed era scivolato, portandosi dietro Zoro, che gli era capitolato addosso; era stato proprio quello, però, a far sentire al cuoco l'erezione del compagno, facendolo arrossire per la vergogna e il nervosismo. E tuttora si trovavano in quella posizione, l'uno fra le braccia dell'altro, entrambi eccitati per quella che sarebbe stata la loro prima volta.
    Quella notte Sanji avrebbe perso la sua verginità - quella verginità che non aveva mai ostentato, facendo credere di essere stato con un milione di donne quando in realtà il corpo di una donna l'aveva visto solo di sfuggita -, ma in compenso avrebbe guadagnato qualcosa di decisamente più prezioso. E quel qualcosa sarebbe stato proprio il cuore di quell'idiota di Zoro.






_Note inconcludenti dell'autrice
Poco da dire, stavolta, se non... che cacchio ho scritto? Diciamo semplicemente che ogni tanto momenti del genere ci vogliono anche tra questi due - dopotutto la raccolta era nata con l'idea del fluff, per quanto poi si sia persa nei meandri di non so bene quale sottogenere letterario... ma meglio lasciar perdere -, anche se non vengono descritti appieno e non sembrano essere poi così romantici come si suppone debba essere una situazione del genere tra due amanti. Ma tipo anche no, le romanticherie lasciamole a qualcun altro, ahaha *Pride non si prende la responsabilità di queste note sconclusionate e fa come sempre finta di nulla*
Direi di chiuderla qui, non c'è altro di significativo - come se fino a questo momento abbia detto qualcosa di sensato o interessante - da aggiungere, se non che la verginità maschile non va mai sottovalutata! *messaggio promozionale*
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Capitolo 46
*** [ Sette colori / 500 prompt ] My sexy cooking lessons ***


My sexy cooking lessons

Titolo: My sexy cooking lessons
Fandom: One Piece
Tipologia: One-shot [ 1258 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Rating: Arancione
Genere: Generale, Sentimentale, Erotico
Avvertimenti: Yaoi
Colourful Blue: #06. Occhi
Big p0rn table: 10. Cucina › Interruzione › Fragole
Menù Oriente: Kissing, necking

Sette colori per un fandom: Pacchetto rosso › 04. Peperoncino
500 prompt per una challenge: Prompt n.232 Desiderio
Note: Scritta per la Sagra del Kink di kinkmemeita con il prompt Lezioni di cucina @ [info]yuki013 


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    Sanji doveva ammettere che era alquanto snervante tentare di cucinare mentre sentiva lo sguardo di Zoro esattamente al centro della sua schiena, come se fosse un qualcosa che avrebbe facilmente potuto toccare con mano.
    Non era la prima volta che preparava la cena sotto i suoi occhi attenti e scrupolosi, ma era sicuramente la prima volta in cui lo faceva con il solo scopo di mostrargli ogni singolo passaggio. Che poi, dannazione, perché a quell'idiota era venuta l'improvvisa voglia di imparare a cucinare? Il cuoco era lui, no? Quindi allo spadaccino non servivano affatto delle lezioni di cucina. Però era stato irremovibile e gliel'aveva chiesto - evento più unico che raro, se associato a Zoro -, dunque lui, mosso da compassione, l'aveva accontentato. Peccato che adesso se ne stesse pentendo.
    «Quando peli le patate assicurati di non sprecare assolutamente niente. Chiaro?» lo redarguì, scoccandogli una rapida occhiata mentre si allungava a prendere del peperoncino. O almeno quello che Usopp gli aveva lasciato, visto che consumava sempre tutto per i suoi strani intrugli. «E vieni più vicino, cosa pretendi di imparare se te ne stai seduto sul divano?» soggiunse, vedendolo annuire distrattamente e agitare una mano; Sanji sbuffò e si riconcentrò sul proprio lavoro, borbottando al contempo qualcosa contro il compagno. Non aveva tempo per giocare, lui. E nemmeno per stargli dietro e assecondare i suoi stupidi capricci, se proprio doveva dire come stavano le cose.
    Con un sospiro, il cuoco fu quasi tentato di richiamarlo ancora una volta, bloccandosi nel sentire delle braccia muscolose avvolgergli i fianchi e delle calde labbra poggiarsi sul suo collo, regalandogli un bacio. Per poco non gli fece cadere persino la pentola con le patate, il peperoncino a pezzi e i peperoni, e la cosa lo snervò. «Marimo... che diavolo stai facendo?»
    «Mi sono stancato di cucinare. Voglio mangiare», affermò risoluto, ma Sanji sollevò un sopracciglio e provò a scoccargli un'occhiata da quella posizione.
    «Di' un po', mi stai prendendo per il culo?»
    «Non sarebbe una così cattiva idea».
    Sanji non si risparmiò dal rifilargli una gomitata nello stomaco, ignorando il suo lamento. «Spero che tu stia scherzando, idiota. Non hai nemmeno cominciato a cucinare, tra l'altro. Non c'è niente di pronto».
    «E chi ha detto che io volevo mangiare del cibo?»
    Ahi, ahi. Quella era proprio la risposta che non avrebbe voluto sentire, accidenti. Non fece in tempo a scostarsi di dosso lo spadaccino, però, che proprio quest'ultimo gli levò di mano il coltello e lo sollevò di peso con entrambe le braccia, lanciandolo letteralmente sul divano; Sanji si ritrovò ad osservarlo da quella posizione, incredulo, la schiena premuta contro il tessuto e il peso del compagno stabile sopra di lui, quasi volesse tenerlo fermo. Aveva un brutto presentimento. «Tu... non hai mai avuto intenzione di imparare a cucinare, vero?»
    Zoro sorrise, stringendosi nelle spalle prima di chinarsi verso di lui, mordendogli delicatamente il collo. «Forse un pochino. Ma preferisco di gran lunga assaggiare il cuoco».
    «Sei un maiale».
    «Non ti piaccio forse per questo?»
    «Tsk... non ho mai detto una cosa del genere». Nonostante quelle parole, Sanji sollevò un angolo della bocca nella parvenza di un sorriso, allungando entrambe le braccia per gettarle al collo del compagno con uno sbuffo divertito. Lasciò poi che Zoro facesse ciò che più lo aggradava, rabbrividendo nel sentire ancora una volta le sue labbra premere contro la giugulare e seguire con la lingua il pomo d'Adamo; le sue mani erano scivolate lungo i suoi fianchi e li stavano accarezzando al di sopra della stoffa dei pantaloni, e, per quanto il cuoco avesse cominciato a pensare che lì dentro sarebbe potuto entrare chiunque, in quel momento parve più concentrato sui tocchi di Zoro che su altro, tanto che abbassò persino le palpebre.
    Ansimò quando quest'ultimo gli succhiò la pelle e raschiò con i denti la pelle della gola, risalendo con la lingua fino ad arrivare a solleticargli il mento irto di barba, facendolo fremere incontrollato quando gli tirò il lobo dell'orecchio; non aveva idea di dove volesse andare a parare Zoro né tantomeno se avesse davvero intenzione di fare sesso, ma alzò di poco una palpebra nel non sentire più i suoi tocchi, sbirciando. Si accorse che Zoro si era alzato per raggiungere il piano cottura e si sollevò a mezzo busto, incuriosito. «Ohi, che cosa stai facendo?»
    Zoro ghignò, ignorando momentaneamente la domanda del compagno solo per trafficare con i mobili e gli armadietti, tornando verso di lui con quello che aveva tutta l'aria di essere un barattolo stracolmo di qualcosa e una fragola. «Rendo la cosa più interessante», affermò poi, intingendo il frutto in quella roba bianca per sfiorare poi con esso le labbra del cuoco, che si ritrovò a leccarlo e a morderlo inconsciamente e ad accigliarsi. Ma quella...
    «Ohi, chi ti ha dato il permesso di prendere questa panna, marimo? L'avevo fatta per Nami-san e Robin-chan!»
    «Per una volta chiudi il becco e lascia fare a me, cuoco».
    Sanji roteò gli occhi, trovando molto più fruttuoso per se stesso ascoltare il consiglio di quello scemo del suo compagno. In fin dei conti non avevano tempo da perdere, e poi quella panna avrebbe anche potuto riprepararla senza problemi.
    Chiuse nuovamente gli occhi e diede carta bianca a Zoro, il quale gli sbottonò la camicia per impiastricciargli il petto e i capezzoli di panna, facendo correre un brivido lungo la sua spina dorsale; inarcò la schiena nell'avvertire il contatto umido della sua bocca contro la pelle e i polpastrelli che lo accarezzavano, dando una mano allo spadaccino quando fu il turno di liberarsi dei pantaloni. Di solito era lui quello che gli imponeva di andarci piano, ma la voglia si era insinuata in lui e non aveva intenzione di lasciarsi scappare l'occasione, se poteva.
    Non si preoccupò nemmeno di attendere che Zoro lo preparasse, spingendolo contro il divano per invertire le posizioni sotto il suo sguardo perplesso. Aveva salvato il barattolo per miracolo ed ora giaceva abbandonato sul pavimento, per quanto la panna non fosse stata altrettanto fortunata. Lo spadaccino era difatti completamente sporco dalla testa ai piedi, e Sanji se ne approfittò per catturarne un poco con la bocca, ripulendogli il petto con la punta della lingua e percorrendo con essa la cicatrice imbrattata di panna, sorridendo soddisfatto nel sentire il gemito del compagno e la pressione del suo pene fra le proprie cosce. Gli abbassò la zip e calò calzoni, leccandosi le labbra e stringendo i denti.
    Oh, merda. Forse avrebbe dovuto prepararsi eccome. Non si sarebbe nemmeno stupito se, guardandosi allo specchio, si fosse letto la morte negli occhi. Okay... stava palesemente esagerando, ma in fin dei conti lo sapevano tutti che era un tipo teatrale, lui. Però si lasciò sfuggire un gemito prolungato e un piccolo grido, sentendo le grosse mani di Zoro tenergli fermi i fianchi.
    «Accidenti, cuoco, stiamo facendo sesso, non ti sto mica ammazzando!»
    «Sta' zitto, prova a prendertelo tu in culo e poi ne riparliamo!»
    «Sei stato tu ad andare di fretta, non cercare di dare la colpa a me».
    Il cuoco si sforzò di sorridergli sarcastico, forse perché in fin dei conti Zoro aveva ragione. E fu proprio a quel pensiero che si chinò su di lui, ansimando con desiderio contro la sua bocca. «Meno parole e più scopare, marimo», asserì, e per una volta lo spadaccino fu d'accordo con lui.
    Le chiacchere avrebbero anche potuto aspettare.






_Note inconcludenti dell'autrice
Ammetto innanzitutto che questa è la versione soft di una storia che era nata per essere a rating rosso, ma essendo una raccolta che non si spinge oltre il rating arancione ho pensato di... censurarla, per così dire.
Come ho più volte ripetuto, infatti, non ho intenzione di alzare il rating per un paio di shot buttate all'interno di una raccolta soft, quindi direi che così sia abbastanza. Si capisce ma la scena di sesso non è del tutto esplicita, quindi va perfettamente in linea con la base su cui si regge l'intero senso della cosa.
L'idea di Zoro che chiedeva lezioni di cucina, però, in un certo qual senso mi piaceva, forse perché è il classico tipo che in determinate cose non si tira indietro e prova un po' di tutto, pure se per caso non ci riesce. E qual modo migliore per fregare Sanji e ideare nuovi metodi per portarselo a letto? *rotola via*
Ciò spiegato, commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti.
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Capitolo 47
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Like a piece of ice ***


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Titolo: Like a piece of ice
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 343 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Sanji Black-Leg, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if?
Prompt: Ghiacciolo [info]contestmania
Phase Solid: #09. Plastica
Tabella/Prompt: Estate › 10. Ghiacciolo

Sette colori per un fandom: Pacchetto verde › 04. Invidia
500 prompt per una challenge: Prompt n.94 › Ghiaccioli


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    Più Zoro guardava quel ghiacciolo, più cominciava ad invidiarlo e a desiderare maledettamente trovarsi al suo posto.
    Liberato dall'involucro di plastica cinque minuti addietro, quello stupido ghiacciolo al limone aveva conquistato il monopolio della bocca di quell'altrettanto stupido cuoco, in altri momenti occupata da una di quelle nocive sigarette che aveva la brutta abitudine di fumare. Adesso, però, complice anche il caldo estivo, quel damerino aveva preso quel pezzo di ghiaccio e aveva cominciato a succhiarlo con fare lascivo, cosa che a Zoro non sarebbe importata per niente se Sanji non l'avesse fatto proprio davanti ai suoi occhi. Ed era certo che lo stesse facendo apposta, giacché non faceva altro che guardare nella sua direzione e far scorrere la lingua per tutta la lunghezza del ghiacciolo, passandosi, ogni qual volta lo allontanava, la lingua sulle labbra, rese rosse a causa del costante contatto con il freddo. Gli sembrava di sentire persino l'appiccicume del limore, e ciò non aiutava di certo la sua sanità mentale.
    Oh, merda. Dannazione a quel pezzo di idiota. Trovava sempre un modo per interrompere i suoi sollevamenti, in un modo o nell'altro. Come se fosse facile, poi, concentrarsi sui propri allenamenti se lui, con la cravatta allentata e i primi bottoni della camicia fuori dalle asole, se ne stava bellamente appoggiato contro l'albero maestro della Merry e lo squadrava mentre lappava quello stupido ghiacciolo come se si fosse trattato di qualcos'altro.
    Deglutendo, Zoro poggiò il peso sul ponte, lo sguardo fisso sui movimenti di quella lingua che, sempre più sicura, lo stava mandando letteralmente in delirio nonostante la distanza che li separava. Aveva cominciato a sentire i pantaloni decisamente troppo stretti, e si sarebbe certamente rivelato un problema se le sue condizioni fossero state visibili anche al resto della ciurma. Fu proprio a quel pensiero che si affrettò a dirigersi sottocoperta, imprecando al tempo stesso contro Sanji.
    Forse non era stato al posto di quel dannato ghiacciolo, ma quella sera avrebbe di sicuro saputo come ripagare il cuoco con la sua stessa moneta.






_Note inconcludenti dell'autrice
Dopo un po' di tempo - ma nemmeno tanto, in verità -, torno con un nuovo capitolo di questa raccolta, che sta raggiungendo livelli di pazzia davvero interessanti e io stessa fatico a crederlo. Ahaha.
Zoro è uno sporcaccione, lo sappiamo. Ma anche Sanji ci mette il suo facendo certe cose dove può essere visto e pure frainteso... forse dopotutto se lo cerca perché sa che lo spadaccino non può fare a meno di guardarlo anche quando in realtà non vuole. Nah, sclero, lasciatemi perdere.
In realtà non ho molto da dire su questo capitolo, se non che... come al solito non dice né carne né pesce. Semplicemente è una sorta di storia molto introspettiva, ma prometto - o almeno ci provo - che le prossime non si limiteranno a questo.
Per chi fosse interessato, comunque, ho aggiornato anche la raccolta
Under Pledge 520 ~ Wedding Planning nel fandom di FullMetal Alchemist con il capitolo cinque.
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Capitolo 48
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Aphrodisiacs ***


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Titolo: Aphrodisiacs
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash fiction [ 710 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Rating: Arancione
Genere: Generale, Commedia, Sentimentale, Erotico
Avvertimenti: Yaoi, Masturbazione, Linguaggio colorito
Colourful Blue: #05. Notte
Menù Oriente: Aphrodisiacs (see Intoxication and altered states)
Note: Scritta per la Sagra del Kink di kinkmemeita con il prompt Problemi imbarazzanti @
[info]yuki013
Sette colori per un fandom: Pacchetto verde › 05. Veleno
500 prompt per una challenge: Prompt n.423 › Vergogna


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    Zoro poggiò il capo contro il muro, ansimando.
    Si sentiva strano ed era terribilmente accaldato, ma si rifiutava di credere che si fosse preso una stupida influenza. Certo, negli ultimi tempi aveva rischiato di rimetterci la pelle più per le infezioni delle sue ferite che per un vero combattimento, però, dannazione, era certo che non si trattasse di maledetta febbre. La febbre non ti rendeva le palle pesanti né ti puniva con una fottuta erezione che non riuscivi a calmare.
    Merda. Era cominciato tutto quando era entrato in cucina e aveva trovato quella bottiglia di sake sul tavolino, già stappata e incustodita. Lui aveva bevuto solo qualche sorso e qualche ora dopo si era ritrovato con quel problema fra le mani. E letteralmente. Si era chiuso in bagno mezz'ora prima e aveva cominciato a smanettare freneticamente, tentando di placare la voglia pazzesca che si era impossessata del suo organismo. Aveva provato di tutto, ma non era servito ad un emerito niente e si trovava ancora con un nulla di fatto. Che diavolo c'era in quella stupida bottiglia? Del fottutissimo veleno? Dannazione a chi aveva lasciato quella roba là sopra, se non fosse stato impegnato l'avrebbe fatto a fette!
    Lo scatto della maniglia lo riportò alla cruda realtà e lo fece sussultare, ancor più quando si rese conto che quello sulla soglia era quello scemo d'un cuoco, il quale aveva cominciato ad osservarlo ad occhi sgranati. Perfetto. Ci mancava soltanto quello alla lunga serie di sfighe che l'avevano visto protagonista.
    Sanji si grattò dietro il collo, facendo retro front. «Scusa. Uhm... fa' pure con comodo, eh».
    «Ho un problema».
    «Och, aye, lo vedo. Ed è anche piuttosto evidente, direi».
    «Nay, idiota. Non... non riesco a venire». Quelle parole furono sussurrate in tono talmente lieve che Sanji quasi pensò di essersele immaginate, sollevando però un sopracciglio nel vedere la serietà dipintasi sul volto di Zoro. Ma che, faceva sul serio?
    «Mi stai prendendo per il culo, marimo?»
    «Se volessi farlo mi inventerei qualcosa di meno imbarazzante, brutto... idiota».
    Sanji, che nel frattempo si era chiuso la porta alle spalle, rimase sempre più basito ad osservarlo, almeno fino a quando il suo cervello non mise in moto gli ingranaggi una volta per tutte e nella sua mente cominciò ad insinuarsi il tarlo del dubbio. Vuoi vedere che... «Non avrai bevuto il contenuto della bottiglia che avevo lasciato in cucina, vero?» Il modo in cui lo spadaccino eluse la domanda ditogliendo lo sguardo non lasciò dubbi al cuoco, che si schiaffò una mano in faccia. Prevedibile, accidenti a lui. «Razza di stupido marimo. Quello era un afrodisiaco».
    «E che diavolo ci facevi... con una roba del genere, cuoco pervertito?!» sbottò inviperito, dando un'altra capocciata contro il muro nel vano tentativo di contenere la scarica d'eccitazione che lo percorse. Dannazione. Era una tortura. Gli sembrava di essere sul punto di morire di vergogna, e sarebbe stata sicuramente una morte ben poco onorevole, quella.
    «Sta' tranquillo, marimo. Ci penso io», disse Sanji, e Zoro lo guardò male.
    «Tu hai già fatto abbastanza, damerino di merda».
    «Sei stato tu a bere il contenuto della bottiglia. Io non ti ho di certo detto di farlo».
    A quella logica schiacciante, lo spadaccino non potè ribattere, ma fu molto più impegnato a sentire il tocco delle dita del cuoco per poter ribattere con qualcosa di sensato, concentrandosi.
    Sanji sapeva che punti colpire e come mandargli in tilt il cervello, e ogni qual volta in cui i polpastrelli vellutatilo sfioravano, lo spadaccino ansimava senza ritegno e sentiva il cuore esplodergli nel petto, come se tutta quella passione potesse ucciderlo. Quell'afrodisiaco, invece di scemare a poco a poco, sembrava rendere ancor più forte il suo effetto, facendolo agitare convulsamente sulla tazza del cesso e fra le mani di Sanji.
    Zoro allungò una mano per afferrargli la camicia, strattonandolo con forza verso di sè come se volesse strozzarlo. «Lascia perdere queste stronzate e scopami, cazzo», ordinò, e il cuoco, con un sorriso vittorioso, non se lo fece ripetere due volte.
    Forse alla fine di tutto, e nello scoprire che era stato lui stesso a lasciare lì quella bottiglia per farlo cadere in trappola, lo spadaccino l'avrebbe fatto a fette - già gli sembrava di vedere nei suoi occhi verdi il momento della propria morte, accidenti -, ma per il momentoper Sanji andava tutto ancor meglio di ogni sua più rosea aspettativa.






_Note inconcludenti dell'autrice
E' passato un bel po' di tempo da quando ho postato un nuovo capirolo di questa raccolta, ma gli allenamenti ultimamente mi hanno presa tantissimo e non ho proprio avuto il tempodi fare niente, tantomeno quello di dedicarmi alle cose che mi piacevano di più.
Originariamente, comunque, questa storia era a rating rosso e si concludeva anche in una lemon, però è stata censurata in modo da rientrare negli standard di questa raccolta ancora una volta. Anche in questo modo si comprende lo stesso quello che succede, quindi potrebbe passare benissimo anche così senza nessun problema.
Dalla lunedì, inoltre, sarò a Roma per il Romics, quindi non potrò aggiornare nulla.
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Capitolo 49
*** [ Sette colori / 500 prompt ] The moon and six pense ***


The moon and six pense bannerino4 

Titolo: The moon and six pense
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 843 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Mugiwara
Rating: Giallo
Genere: Generale, Suspence (ma dove?)
Avvertimenti: Assurdità sparse, Shounen ai, Linguaggio colorito
Colourful Green: #07. Pisello
Tabella/Prompt: Halloween party › 03. Strega
Tabella/Prompt: Luoghi › 03. Palestra
Binks Challenge: 27° SPA › 28° Lucidità
Piscina dei prompt: One Piece, Zoro/Sanji, Così adesso sarei una sorta di talismano per scacciare i demoni?The moon and six pense, Yamato&Hagainochi ]
Sette colori per un fandom: Pacchetto verde › 02. The
500 prompt per una challenge: Prompt n.275 › Strega


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    Non era stato il pavimento scomodo della palestra a svegliarlo, né tanto meno il tuono che aveva squarciato per un attimo il cielo, bensì il peso di un corpo che si assestava contro il proprio e premeva insistentemente come se volesse nascondersi, anche se Zoro non riusciva a capire come avrebbe potuto, giacché lo spazio in quella palestra era grande e lui non indossava altro che i suoi pantaloni.
    Cercando di non alterarsi come suo solito - anche perché non ne aveva minimamente voglia, dato che si era appena svegliato e aveva un sonno bestiale -, lo spadaccino si passò una mano fra i capelli e, con un breve attimo di lucidità mentale, provò ad ignorare il tic nervoso che si era impossessato dell'angolo del suo occhio sinistro, abbassando lo sguardo per adocchiare distrattamente la capoccia bionda che faceva bella mostra di sé proprio in mezzo al suo sterno. Okay, lì c'era di sicuro qualcosa che non quadrava. Perché il cuoco avrebbe dovuto trovarsi lì e non nel suo letto, visto il divieto che lui stesso aveva imposto sulla loro cosiddetta vita di coppia e sul non fare sesso meno di una volta alla settimana?
    Senza perder tempo a pensarci oltre - sarebbe stato inconcludente e lui non era tipo da starsene fermo e con le mani in mano a rimuginare o a macinare idee con il suo cervello -, Zoro colpì con uno scappellotto il capo di Sanji, che si drizzò con un lamento sconclusionato. «Ohi, principesso sul pisello, che cazzo stai facendo?» gli domandò poi, ignorando volutamente l'occhiataccia che gli venne lanciata in risposta da quest'ultimo.
    «Che cazzo fai tu, stupido marimo imbecille», sbottò, tornandosene nascosto nel bel mezzo del suo petto senza aggiungere nient'altro a quelle sue poche parole messe in croce. E quel modo di fare rese ancor più scettico il Vice Capitano, che non poté fare a meno di grattarsi la testa nel sollevarsi a mezzo busto e nel trascinare in quel modo con sé il cuoco.
    «Si può sapere che diavolo ti prende, cuoco?»
    Deglutendo, Sanji pigolò, «C'è una strega, di sotto», guadagnandoci uno sbuffo ilare dallo spadaccino.
    «L'unica strega su questa nave è Nami, se vogliamo dirla tutta».
    «Non osare chiamare così la mia Nami-san!» si inalberò il cuoco, sbiancando in un lampo non appena un tuono risuonò cupamente nel cielo; si nascose per l'ennesima volta, stringendo gli avambracci di Zoro fra le dita come se volesse stritolargli le braccia.
«E... e piantala di dire cose inutili. Stanotte ti faccio compagnia durante il turno di guardia, d'accordo?»
    Zoro sollevò un sopracciglio, ritrovandosi poi a dar vita ad un ghignetto divertito nell'osservare il compagno. «Di' un po', ricciolo... hai paura, per caso?» gli domandò, beccandosi una capocciata in mezzo al petto prima che il cuoco stringesse maggiormente la presa intorno alle sue braccia.
    «Che cazzo spari? Certo che no!» sbottò indignato qualche istante dopo. «Ho solo pensato che... che avrei dovuto lasciar fare a quella strega ciò che voleva, visto che io mi rifiuto categoricamente di colpire una donna», provò a salvarsi in calcio d'angolo, però, dall'espressione che aveva assunto lo spadaccino, non sembrava esserci riuscito granché.
    «Potevi inventarti una bugia migliore, cuoco».
    «Se avessi voluto inventarmi una bugia, avrei scelto qualcosa di meglio».
    «Allora perché non vai a farti un bel the e te lo ficchi nei pantaloni? Magari ti dai una calmata e la smetti di rompere me, visto che sarai impegnato a refrigerarti il pacco».
    Sanji lo fulminò con lo sguardo. «Okay, ho paura, sei più contento?!» berciò, sollevando una gambe per assestargli un calcio al fianco, ignorando il sibilo doloroso che Zoro si lasciò sfuggire per il colpo ricevuto; si sistemò poi nuovamente fra le sue braccia, nervoso. «Per una volta risulti utile, quindi non rompere i coglioni!»
    Massaggiandosi il punto colpito, il Vice Capitano aggrottò la fronte e sospirò, poggiandogli una mano sul capo prima di distogliere lo sguardo. «Così adesso sarei una sorta di talismano per scacciare i demoni?» sussurrò, osservando distrattamente fuori dalla finestra, dove il cielo, le cui nuvole nere apparivano sfilacciate e rade, sembrava scosso dal turbinio dei fulmini che lo illuminavano ad intervalli regolari. Avendo ricevuto da Sanji solo un rapido annuire, Zoro si ritrovò a sbuffare. «Va bene, ricciolo. Fa' come meglio credi», si arrese, tornando a sdraiarsi sul pavimento freddo e portando il cuoco con sé, per quanto quest'ultimo avesse spalancato gli occhi per quella vicinanza eccessiva. Non parve però darvi peso, approfittando di quella bizzarra arrendevolezza che lo spadaccino stava mostrando per accoccolarsi contro di lui, forse nella vana speranza che la sua vicinanza potesse in qualche modo aiutarlo a dormire.
    Dal canto suo, Zoro aveva di nuovo chiuso gli occhi ed era sul punto di crollare nel mondo dei sogni quando, senza alcun preavviso, si sentì oppresso da pesi diversi e attorniato da diversi respiri, tanto che sollevò le palpebre con uno scatto secco e si guardò intorno, vedendo il resto della ciurma tutta ammucchiata intorno a lui.«Ohi, ragazzi», cominciò, sentendo una vena pulsare sinistramente sulla fronte.
«Potete spiegarmi perché diavolo siete tutti qui a rompermi i coglioni, stanotte?»
    Gli sguardi impauriti che ricevette valsero più di mille parole
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Direi che è passato un po' di tempo dall'ultima volta che ho aggiornato questa raccolta, ma alla fine eccomi qui.
Partiamo con qualche piccola precisazione, comunque: questa flash fa parte di una sotto-raccolta intitolata Trick or treat? This is Halloween! e avrei dovuto postarla nel periodo intorno al trentuno ottobre, ma ero a Lucca e non ho dunque potuto farlo come mi ero prefissata.
La frase
«Così adesso sarei una sorta di talismano per scacciare i demoni?» e il titolo del capitolo, inoltre, provengono da una doujinshi di Haga Inochi, utilizzata a causa del prompt scelto su una community presente su livejournal.
Oh, trovo inoltre Sanji un tipo molto superstizioso, forse proprio a causa del suo essere così in sintonia col mare e i marinai. Non credo ci sia altro da dire, comunque.
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Capitolo 50
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Negative nein ***


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Titolo: Negative nein
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 830 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai
12 Storie - #05 Luce: #03. Baci

Maritombola: 80. Tra le 800 e le 900 parole
Sette colori per un fandom: Pacchetto verde › 06. Estate
500 prompt per una challenge: Prompt n.27 › Crisi
Notte Bianca #17: One Piece, Zoro/Sanji, "Fammi un pompino" "L'unica cosa che avrai da me sarà un onigiri e un calcio in culo" @ mapi_littleowl 


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Lo strano silenzio che c'era in cucina avrebbe dovuto metterlo in allarme, ma Sanji ci aveva ormai fatto il callo e continuava imperterrito a fare a strisce la coda di sea king che aveva sul tagliere, così da poterle sistemare in seguito una per una in padella con un filo d'olio e un po' di sale, e magari anche con qualche erbetta per insaporire maggiormente il tutto. Aveva già preparato l'insalata per Robin-chan e, proprio alla sua destra, torreggiava quella che aveva tutta l'aria di essere una montagna di carne, con tante salsine deliziose che, ne era certo, quei morti di fame avrebbero consumato senza nemmeno apprezzarle davvero. Però, e nel pensarlo sorrise, per lui cucinare per la ciurma era la cosa migliore che sarebbe potuta succedere nel corso della giornata, nonostante il caldo asfissiante di quei giorni estivi. Oltre a vedere le sue due muse che prendevano il sole con costumini colorati e striminziti, ovviamente. Il solo ricordo gli fece sanguinare un po' il naso e si affrettò a tamponarlo con un bel po' di carta, senza però abbandonare il sorrisetto ebete che gli era apparso sulle labbra.
    «Oi, cuoco... fammi un pompino», se ne uscì d'un tratto Zoro, e lui, per la sorpresa - lo ammetteva: si era quasi dimenticato della sua presenza, visto che fino a quel momento quell'idiota di un marimo se n'era stato zitto -, rischiò di far scivolare il coltello e tranciarsi un dito. E non gli sembrava poi una così grandiosa idea il farlo ritrovare a Nami-san nel soffritto, anche se era quasi sicuro che Rufy se lo sarebbe mangiato senza nessun problema.
    La sua aria tranquilla sparì in un lampo e, minaccioso, si girò con quel coltellaccio verso lo spadaccino, bellamente gettato sui divanetti poco distanti con un'aria così blanda che, e Sanji pensò di aver fatto centro, non sembrava essersi reso realmente conto di ciò che aveva appena affermato con naturalezza. Nemmeno stesse parlando del tempo, dannazione a lui! «L'unica cosa che avrai da me sarà un onigiri e un calcio in culo», gli sbottò contro prima di voltarsi nuovamente, ma, se fosse stato in Zoro, non avrebbe contato molto su una delle due affermazioni. Il calcio in culo se lo sarebbe beccato comunque, dunque, ad esclusione, avrebbe fatto bene a dimenticarsi di quel cibo che tanto gli piaceva consumare insieme ad una bella bottiglia di sake.
    «Beh? Che ti prende, cuoco?» ebbe il coraggio di chiedergli, e stavolta la vena ballerina che Sanji aveva sulla fronte minacciò di scoppiargli. Si massaggiò il mento irto di barba, passandosi due dita sui baffi. Non doveva innervosirsi, chopper gli aveva detto chiaro e tondo che, almeno per una settimana, doveva tenere i nervi sotto controllo ed evitare crisi, viste le ultime baraonde che avevano creato quei cretini e il suo continuo strillare per rimetterli in riga. Nemmeno fossero bambini, poi. Anzi, si corresse, forse con i bambini sarebbe stato molto più facile. Due calci in culo pure a loro e se ne sarebbero stati buoni in un angolino a piangere.
    «Marimo, sto cercando di cucinare».
    «Mi stavo giusto domandando se ti ricordassi come si fa, visto che sono tre ore che tagli quel pesce», gli fece notare, e solo in quel momento, sbattendo perplesso le palpebre, Sanji si accorse di aver fatto un vero e proprio disastro. Aveva tagliato troppo e troppo fine, pulendo male la pelle e lasciando anche qualche lisca e, ne era certo, se ci fosse stato Zeff gli avrebbe spaccato la testa con la sua gamba di legno per l'aver trattato in quel modo il cibo.
    Scuotendo la testa, Sanji posò il coltello sul tagliere e, lavandosi le mani, si massaggiò le tempie, rinfrescandosi un po' per cercare di scacciare la sensazione di calore e imbarazzo che l'aveva colto improvvisamente. Dannazione, tutta colpa di quel marimo. Era specialmente a causa sua se ultimamente era così distratto, ed era sempre a causa sua se aveva i nervi a fior di pelle e si sentiva irrimediabilmente frustrato. Forse avrebbe dovuto prenderlo davvero a calci e gettarlo fuori bordo, così avrebbe potuto starsene tranquillo a cucinare come aveva sempre fatto, senza la sua presenza ingombrante e la sua mole che sembrava troneggiare su di lui nonostante un solo centimetro di differenza.
    «A questo punto, credo che Chopper abbia ragione. Hai proprio bisogno di riposo, ricciolo».
    Sanji fece per aprire la bocca, ma si bloccò nel sentire quelle parole. Da quando quell'idiota di un marimo si preoccupava per la sua salute? Era forse stato troppo tempo al sole e quel poco cervello che aveva era evaporato tutto in un botto? Nay, perché quello che aveva sentito parlare dietro di sé non era certo Zoro, e si voltò per sbottargli contro. «Non ho bisogno di nessun ripo-» cominciò, ma, prima ancora che potesse continuare o formulare un pensiero coerente, il corpo dello spadaccino lo bloccò contro il lavello e la bocca venne tappata dalla sua.
    Altro che riposo. Ogni scusa era buona per scopare, però, se proprio doveva essere sincero con se stesso, sentire le mani di Zoro che gli afferravano saldamente le natiche e lo sbattevano sul tavolo non era poi così male.






_Note inconcludenti dell'autrice
Credo che siano passati veri e propri secoli da quando ho postato l'ultimo capitolo di questa storia, ma sono finalmente tornata fra i lidi di EFP per aggiornare questa raccolta e augurare, anche se con un giorno di ritardo, buon natale a tutti coloro che anche solo si soffermeranno a leggere
Ormai il tempo è poco e anche l'ispirazione sta cominciando a calare per un motivo e per un altro, dunque spero che questa storiella scema, nata per lo più da un'iniziativa su maridichallenge, sia almeno un po' apprezzata per quello che è, ovvero una slice of life leggera senza troppe pretese
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Capitolo 51
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Boogie Man ***


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Titolo: Boogie Man
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 689 parole
[info]fiumidiparole ]
Personaggi: Black-Leg Sanji, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Suspence (ma dove?)
Avvertimenti: Shounen ai, Assurdità sparse
Phase Liquid: #09. Sangue
Tabella/Prompt: Estate › 09. Sandali
Tabella/Prompt: Halloween party › 09. L'uomo nero
Prompt: Stanza in penombra contestmania

Sette colori per un fandom: Pacchetto verde › 01. Speranza
500 prompt per una challenge: Prompt n.249 › Ansia
The season challenge: Autunno › Halloween
La sfida dei duecento prompt: 132. Terrore


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.

    Sanji avanzò con fare circospetto nella cucina della Sunny, trovando strano che la stanza fosse in penombra.
    Una ventina di minuti prima, aveva aiutato Nami-san a trascinare quegli ubriaconi dei loro compagni fino ai loro letti - avevano fatto baldoria fino a notte fonda, e nessuno di loro aveva mancato l'occasione per una bella bevuta - e aveva quindi lasciato le luci accese, così da poter finire di sistemare la cucina, lavare piatti e pentole e potersene andare infine a dormire. Non si spiegava dunque perché adesso fossero spente, ma si limitò ben presto a scrollare semplicemente le spalle e a chiudere la porta dietro di sé, dando la colpa di tutto ad un guasto interno. Poteva anche essersi fulminata una lampadina, no? Quindi perché diavolo avrebbe dovuto preoccuparsene?
    Facendo unicamente affidamento sulla luce della luna che filtrava dall'oblò, prese il grembiule che aveva abbandonato sullo schienale di una delle sedie e se lo infilò, lasciandosi sfuggire uno sbadiglio. Gli sarebbe davvero piaciuto andarsene a dormire - per quanto quel caldo non aiutasse per niente a chiudere occhio, ma stanco com'era ci sarebbe riuscito comunque -, però come cuoco aveva dei doveri e doveva portarli a termine. I suoi momenti di tranquillità sarebbero arrivati poi.
    Imprecò a denti stretti, però, quando mise un piede in fallo e scivolò su qualcosa, cadendo con sedere sul pavimento; cercò a tentoni la causa della sua caduta e aggrottò la fronte nel rendersi conto che si trattava dei sandali di Rufy, sbuffando. Ah, accidenti a quell'idiota. Doveva esserseli tolti quando si era messo a ballare, più ubriaco di una cocuzza, sopra al tavolo insieme ad Usopp.
    Nell'alzarsi, avvertì sotto le mani qualcosa di viscido, e sollevando il palmo si rese conto che era qualcosa che sembrava tendere al rosso,per quanto non riuscisse ancora a capire cosa. Anche se... ma che diavolo...? Era sangue, quello? Forse qualcuno si era ferito con una delle bottiglie rotte - che tra l'altro si era già premurato di buttare prima ancora di portare a letto quegli idioti - e non se n'erano accorti? Deciso più che mai a controllare, fece retro front e si diresse verso la porta, ma fu proprio in quel mentre che un rumore richiamò la sua attenzione, facendolo accigliare. E adesso che cavolo succedeva? Nel voltarsi, però, rimase impalato sulla soglia e impallidì, osservando la sagoma che si muoveva nell'oscurità; ebbe appena il tempo di vedere due occhi rossi che lo fissavano prima che le gambe prendessero il sopravvento e, senza nemmeno aspettare qualche segnale dai nervi, si ritrovò a correre come un forsennato nella camerata dei ragazzi, speranzoso che quel mostro non lo stesse inseguendo; svelto, si infilò senza tanti complimenti sotto le coperte, in linea più distretta nel letto di Zoro, che imprecò a denti stretti per quel brusco risveglio.
    «Ohi, che diavolo ti piglia, stupido cuoco?»
    Sanji non rispose subito, stringendosi prima addosso a lui. «Ricordi la strega di cui ti ho parlato tempo fa?»
    Zoro sbuffò. Ah, merda. Eccolo che ricominciava con le sue cazzate. «Di nuovo con questa storia?»
    «Sta' zitto e ascoltami!» squittì in un moto di panico, più in ansia di quanto non lo fosse stato qualche istante prima. «Adesso in cucina c'è un suo amico».
    «Fammi indovinare, è l'uomo nero?» lo prese in giro lo spadaccino, ma l'espressione che si dipinse sul volto del cuoco lo lasciò accigliato e a dir poco perplesso. «Ma che, fai sul serio? Non sei più un moccioso, non dovresti credere a queste stronzate», rimbeccò, e Sanji non ci pensò due volte a tappargli la bocca con una mano.
    «Shh, potrebbe sentirci». Sembrava fare sul serio, cosa che rese il Vice Capitano ancor più scettico. «Adesso dormiamo, va bene? Ma tu tieni le orecchie e gli occhi aperti!»
    Zoro avrebbe anche ribattuto se solo il cuoco, proprio come un moccioso, non si fosse accoccolato sul suo petto e non si fosse bellamente nascosto, crollando addormentato in un attimo. Con un sospiro, allo spadaccino non toccò altro da fare che tentare di riprendere sonno a sua volta, sorridendo di nascosto, però, nel lanciare una rapida occhiata verso il letto di Chopper. Vuoto, per essere precisi.
    A quella piccola renna affamata doveva un grosso favore
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Lode alla mia velocità, se proprio così la vogliamo chiamare
Siamo giunti addirittura al cinquantunesimo capitolo di questa raccolta, quando al principio avevo deciso di fermarmi a trenta shot e poi a cinquanta. Beh, a questo punto credo che continuerà in un infinito loop temporale fino a quando le mie subdole membra cadranno (cit)
Scleri miei a parte, comprendo di essere... uhm... un bel po' in ritardo per quel che riguarda Halloween, ma ammetto che questa era una storia che sarebbe dovuta essere postata tempo fa ma che, per un motivo e per un altro - specialmente varie partenze impreviste e non - non ho poi postato. Beh, l'ho fatto adesso, lol
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Capitolo 52
*** [ Sette colori / 500 prompt ] Winter is a world itself ***


Winter is a world itself Titolo: Winter is a world itself
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 430 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji, Nami, Monkey D. Rufy
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, Het
Tabella/Prompt: Inverno › 10. Settimana bianca
12 Storie - #05 Luce: #01. Amore
Sette colori per un fandom: Pacchetto verde › 03. Prato
500 prompt per una challenge: Prompt n.30 › Inverno
30 modi di amare, più qualche delizia: Pacchetto embrace › Abbraccio in pubblico
Slice of life challenge: Prompt n.18 › Gita in montagna
The season challengeInverno › Bucaneve


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Il manto di neve che si estendeva dinanzi a loro era di una bellezza sublime.
    In tutti quegli anni che aveva passato in mare, su quella nave-ristorante che portava il nome di Baratie, Sanji non ricordava di aver mai visto uno spettacolo paragonabile a quello che stava osservando in quell'esatto momento. Simili a cristalli trasparenti, i rami ghiacciati degli alberi spogli brillavano nei vividi raggi del sole e creavano giochi di luce che danzavano sulla neve sottostante, dalla quale di tanto in tanto facevano capolino le timide teste di creature bizzarre che fino a quel momento il cuoco non aveva mai visto; somigliavano a delle talpe, ma le lunghe orecchie drizzate ricordavano in tutto e per tutto quelle dei cani, così come la dentatura che, in un baluginio di zanne, faceva bella mostra di sé appena cadevano dinanzi a loro fredde gocce d'acqua; piccoli esserini simili a conigli facevano poi la loro veloce comparsa per mordere i bucaneve e strapparli alla radice, masticandoli in fretta per scappare poi fra gli alberi e nascondersi alla vista. Poco lontano, dove si riuscivano vagamente a scorgere i profili dei tetti imbiancati, si estendeva un'enorme catena montuosa sopra cui volavano uccelli vagamente simili a delle aquile, grossi quanto uno Sea King e sicuramente altrettanto pericolosi.
    Nami-san aveva avuto - come suo solito, d'altronde, giacché la sua dolce musa non sbagliava mai - un'idea fenomenale. Una settimana bianca in assoluto relax era proprio ciò che si meritavano dopo mille e mille peripezie e momenti in cui avevano rischiato di rimetterci la pelle. Proprio a quel pensiero nefasto, Sanji adocchiò Zoro, strano a dirsi, a propria volta incantato nel rimirare quello splendore che si parava dinanzi ai suoi occhi. Aveva rischiato davvero grosso a Thriller Bark e, forse, adesso aveva una visione completamente diversa delle cose e della sua stessa vita. Chi poteva dirlo. Quella testa verde prato era un vero e proprio idiota, ma, almeno in quel momento, sembrava godersi lo scampato pericolo come tutti loro. Persino Nami-san, che solitamente faceva di tutto per salvare le apparenze e tener lontano da sé il Capitano, l'aveva lasciato fare e, contro ogni previsione e contro ogni logica - e facendo anche scattare in lui un bel po' di rabbia, nessuno doveva toccare le sue muse, accidenti! -, se ne stavano teneramente accoccolati sul divano, l'uno abbracciata all'altra e serenamente addormentati - Nami-san con la testa poggiata sulla spalla di Rufy, così indifesa e splendida con la bocca semi-aperta -, mostrando finalmente in pubblico l'affetto che li legava.
    Sanji sollevò un angolo della bocca, vagamente intenerito da quell'aria smarrita e tranquilla che avevano assunto tutti loro. Era proprio vero: l'inverno era decisamente un mondo a parte.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ed eccomi qua, dopo mesi di silenzio, ho finalmente aggiornato questa raccolta con il cinquantaduesimo capitolo.
Nemmeno ci credo di essere arrivata fino a questo punto, la sola storia così lunga che ho postato fino a questo momento è nel fandom di FullMetal Alchemist ed è una long fiction, non una raccolta... beh, c'è sempre una prima volta per tutto, a quanto sembra
Comunque sia, se poi qualcuno fosse interessato, ho postato una nuova originale intitolata Tra i bagliori dell'antica Shambhala, un piccolo esperimento dopo un mucchio di tempo in cui non mi sono cimentata su cose del genere.
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Capitolo 53
*** [ 100% prompt / 500 prompt ] Snowman ***


Snowman

Titolo: Snowman
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 945 parole fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai
Tabella/Prompt: Inverno › 05. Sci
12 Storie - #05 Luce: #07. Gentilezza
500 prompt per una challenge: Prompt n.466 › Ghiaccio
100% prompt to write about them: Prompt n.17 › Ghiaccio
Slice of life challenge: Prompt n.17 › Vacanza



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    «Fa un freddo cane, qua fuori», se ne uscì di punto in bianco Sanji, richiamando su di sé l'attenzione di Zoro.
    Non più di poche ore addietro, nello stesso istante in cui avevano finalmente messo piede nella locanda dopo chilometri e chilometri di viaggio, Nami aveva fatto non poche pressioni e aveva insistito sul posare in fretta e furia quei pochi bagagli che avevano recuperato dalla nave per indossare le tute da sci che si erano portati dietro, costringendo tutti, incluso Zoro - il quale, se proprio doveva essere sincero con se stesso, avrebbe preferito starsene a calduccio su una delle poltrone in sala relax a scolarsi il buon vino che il padrone di quel posto gli aveva proposto - a darsi una mossa, salire sulla seggiovia e accompagnarla fino alle piste da sci dove a quell'ora non c'era praticamente nessuno.
    Quando Zoro gliel'aveva fatto notare, Nami aveva sbuffato appena e, agitando una mano, si era limitata a dire «Così c'è più spazio per noi», riuscendo solo a far arcuare un sopracciglio allo spadaccino che, scettico, aveva sollevato lo sguardo al cielo azzurro sopra di loro e aveva scosso il capo, lasciando perdere. Sapeva difatti che discutere con lei, in particolar modo a quell'altezza, avrebbe anche potuto procurare una valanga, e lui non ci teneva proprio a finire sotto cumuli e cumuli di neve solo per colpa della sua stupida voglia di sciare con quel freddaccio.
    Il peggio era arrivato dopo. Alla fine di una lunga tiritera che aveva visto lei e quel ricciolo discutere sulla neve e bla bla bla, in cui il cuoco non si era risparmiato dal commentare quanto la ragazza stesse bene in quella tuta che le fasciava tutto il corpo e le metteva in mostra ogni curva sinuosa, lui e quell'idiota erano stati mollati su quella collina dagli altri tre compagni di ciurma, non prima di aver fatto i conti con una Nami infuriata per qualche parolina di troppo che aveva visto poi Sanji seppellito sotto una montagnella di neve. E adesso, dopo una buona mezz'ora, erano ancora là sopra a gelarsi le chiappe con i borbottii infiniti a cui il cuoco stava dando vita.
    «Piantala di lamentarti, ricciolo, altrimenti ti butto di sotto», se ne uscì di punto in bianco lo spadaccino, per nulla desideroso di volerlo ascoltare ancora. Era stato lui a cominciare, quindi adesso si sarebbe arrangiato e avrebbe fatto silenzio, se non voleva tornare giù a valle come una bella pallina di neve vagante.
    Sanji interruppe la sua tiritera e lo osservò, sbuffando ilare. «E poi come faresti senza la mia bella presenza, marimo?»
    «Sarei l'uomo più felice del mondo».
    «Non ci credi nemmeno tu». Stringendosi un po' nel cappotto che aveva indossato sotto la tuta, Sanji guardò di sotto, rinserrando la presa sui bastoni e deglutendo. La distanza era più di quanto era apparsa dalla seggiovia, doveva ammetterlo. Aveva creduto che una pista blu fosse facile anche per lui che era ormai arrugginito, ma, a quanto sembrava, forse avrebbe dovuto optare per lo sci di fondo, per quanto noioso esso fosse. «Vai prima tu, ti seguo a ruota», asserì poi, riuscendo solo ad accigliare maggiormente il compagno.
    «Io nemmeno ci volevo venire, qua sopra. E' colpa di quella strega e dei debiti che s'è inventata, se sono qui. Vacci tu», rimbrottò lui, ma Sanji represse un lamento, facendo un piccolo passo indietro e rischiando quasi di cadere all'indietro a causa degli sci che indossava; stava già per congratularsi con se stesso per l'equilibrio quando inciampò in un sasso, finendo col sedere per terra e provocando uno scoppio di risa a Zoro. «Credo che questo mi ripaghi in parte dal fatto che mi stia gelando le chiappe», lo prese in giro, ricavandoci un'imprecazione sommessa da parte del suo interlocutore.
    «Non sei per niente divertente, marimo». Sanji si rialzò a fatica e si ripulì dalla neve che gli aveva riempito la tuta, passandosi distrattamente una mano dietro un orecchio prima di tornare a guardare giù. Beh, in fin dei conti non aveva mica detto di no quando Nami-san l'aveva proposto... giusto? Quindi adesso tanto valeva fare un bellissimo sforzo e lanciarsi nel vuoto, così da provare a sciare una volta per tutte. Dettagli, poi, che la bella ragazza l'avesse mollato con quel tipo scontroso dal cuore ghiacciato quanto la superficie del lago che c'era a valle.
    Era pronto a farlo quando vide Zoro allontanarsi da lui, così alzò un sopracciglio, scettico. E adesso dove se ne andava, quel cretino? Lo stava per caso lasciando solo? Och, gliel'avrebbe fatta pagare cara, non appena l'avesse avuto nuovamente sottotiro! Neanche a dirlo, qualche minuto dopo tornò, e fu pronto ad inveirgli contro quando la sua attenzione fu richiamata da ciò che il compagno trascinava con una mano.
    «Togliti quei cosi che hai ai piedi, forza», esordì lo spadaccino, accigliandolo.
    «Dove diavolo hai trovato quello slittino, marimo?»
    «Ha davvero importanza?» tagliò corto Zoro,  e Sanji non volle indagare oltre, alzando semplicemente le mani in segno di resa prima di fare quanto gli era stato detto; adocchiò di tanto in tanto il compagno con la coda dell'occhio, vedendolo preparare quel loro mezzo di trasporto alternativo e assicurarsi che corde e piedi fossero ben ancorate. Gli fece poi cenno di raggiungerlo, sistemandosi davanti per poter essere lui stesso a dare la spinta e, al contempo, non rischiare che il biondino si impanicasse.
    Sanji sorrise e una volta salito, per non rischiare di cadere, avvolse le braccia intorno ai suoi fianchi, sentendo qualche istante dopo il vento scompigliargli i capelli quando cominciarono a scendere a tutta birra da quella montagna. Ogni tanto era capace di fare qualche gesto gentile anche quel marimo, dopotutto
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Sono tornata prima del previsto, e addirittura con il cinquantatreesimo capitolo di questa raccolta. Credo che, giunti a questo punto, mi fermerò una volta raggiunto l'obiettivo dei cento. Non saprei, dipende dall'ispirazione e dalla voglia di continuare a postare qui sul sito.
La storia non è un granché ma, con il freddo che continua a fare ultimamente e con la voglia che ho di andare a sciare, ho pensato che sarebbe stato carino far sciare almeno questi due zucconi. Via, andate dove io, per il momento, proprio non posso! *lol*
Ricordo, se qualcuno fosse interessato, la mia nuova originale Tra i bagliori dell'antica Shambhala, il cui secondo capitolo sarà online a breve.
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Capitolo 54
*** [ 100% prompt / 500 prompt ] When the snow comes ***


When the snow comes

Titolo: When the snow comes
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 738 parole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji Black-Leg
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, What if
Tabella/Prompt: Inverno › 12. Epifania
12 Storie - #05 Luce: #05. Casa

500 prompt per una challenge: Prompt n.266 › Imprevedibilità
100% prompt to write about them: Prompt n.24 › Gentilezza
Slice of life challenge: Prompt n.20 › Bacio



ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Sanji guardò distrattamente fuori dalla finestra e sbadigliò sonoramente, aspirando a pieni polmoni il fumo della sigaretta che reggeva con due dita.
    Era da un bel paio d'ore che aspettava quello stupido di Zoro e, ormai, aveva quasi perso le speranze. Non che avesse realmente creduto che quell'idiota avrebbe trovato a tempo di record la strada verso quell'albergo e si sarebbe presentato all'orario giusto dinanzi alla soglia della sua camera, però, se proprio doveva essere sincero con se stesso, aveva davvero sperato che quello stupido non gli facesse fare tardi, per una volta.
    Sospirò pesantemente, grattandosi l'occhio che teneva nascosto dietro il folto ciuffo biondo. Come al solito sarebbero tornati per ultimi alla nave e la sua splendida Nami-san avrebbe avuto giustamente da ridire, data la cura con cui preparava, ogni singolo anno da quando quella era divenuta un'abitudine, il cenone per il nuovo anno, una delle rare feste d'origine oltremare che la ragazza aveva realmente voglia di festeggiare. Ovviamente la soba si sarebbe freddata, Nami-san avrebbe sbraitato loro contro e Rufy si sarebbe messo a cantare con Usopp in tono stridulo e stonato qualunque canzone passasse loro per la testa, e alla fine della serata si sarebbero ritrovati tutti con un gran mal di testa e, probabilmente, con la dispensa svuotata di cibo e sake. Proprio un bizzarro modo di festeggiare, se proprio doveva dire la verità.
    Tutto sommato, a quel pensiero, Sanji sorrise ilare e spense l'ormai cicca della sigaretta nel posacenere, chiudendo le imposte come se nulla fosse. Mancavano ancora dieci minuti alla fatidica ora X designata da quello stupido marimo, quindi avrebbe potuto fumare un'altra sigaretta, farsi una doccia e magari scendere di sotto in cucina per chiedere di usare i fornelli, così da preparare qualcosa da portare come dono di scuse per il loro ritar... un bussare frenetico alla porta lo riscosse dai suoi pensieri e si accigliò, arcuando un sopracciglio.
    «Arrivo!» urlò a quell'inatteso visitatore; non fece nemmeno in tempo ad allungare un braccio che la porta si aprì, rivelando la figura mantata di un certo spadaccino di sua conoscenza, cosa che lo fece accigliare ancora di più. Però sollevò un angolo della bocca in un sorriso divertito, proprio qualche attimo dopo. «Oh, guarda guarda chi è stranamente puntuale, oggi!» esclamò, ricevendo un semplice grugnito prima che, scrollandosi la neve di dosso, Zoro entrasse senza tanti problemi, inzaccherando il pavimento.
    «Sta' zitto, ho avuto un contrattempo», borbottò, sollevando poi una scatola rettangolare fasciata di un bel fazzoletto colorato; la consegnò a Sanji di malomodo, approfittando di quella momentanea distrazione per prendersi un paio di pantofole e salire sul gradino di legno. «Prendilo. Strafogati e vedi di soffocartici in fretta».
    Sanji sbatté le palpebre e si portò al petto quel bizzarro regalo, sentendolo ancora caldo. Che razza di idea era venuta, a quello scemo di uno spadaccino. Portare a lui, un cuoco, qualcosa da mangiare... la cosa lo faceva vagamente ridere, ma era da apprezzare almeno il pensiero e quel briciolo di gentilezza che aveva dimostrato. Per quale motivo, poi, non lo sapeva, ma avrebbero potuto consumare quella squisitezza tutti insieme e Nami-san, per una volta, non si sarebbe arrabbiata. «Parole gentili come tuo solito, vero, marimo-chan?» lasciò correre, conoscendolo fin troppo bene. «Non fare casini mentre non ci sono, non mi a di pagare un extra. Vado a farmi una doccia e andiamo, non vorrei che la mia dolce musa si chieda che fine abbiamo fatto», soggiunse con un sospiro languido, ma, prima ancora che pitesse muovere un passo, venne afferrato per un braccio e trascinato all'indietro, ritrovandosi labbra contro labbra con quel fissato di spada che portava il nome di Roronoa Zoro.
    Fu un contatto lievissimo, appena uno sfiorarsi, eppure Sanji sentì in quel tocco un calore e una dolcezza che, fino a quel momento, non aveva mai provato prima. Non che fosse la prima volta che si baciavano, nossignore. Però... stavolta quello spadaccino aveva dato sfoggio del suo lato carino, se doveva metterla in quel modo.
    «Datti una mossa», lo riportò alla realtà la voce di Zoro, e lo fissò smarrito per un lungo attimo, annuendo poi automaticamente prima di chiudersi in bagno, dimentico persino del pacco che aveva fra le braccia; si riscosse dopo un po' e lo adagiò con attenzione sul ripiano di legno.
    Sanji sorrise tra sé e sé, sfiorandosi le labbra con due dita. Dopotutto ogni tanto non era per niente male, quel sapore di marimo
.





_Note inconcludenti dell'autrice
La raccolta ha una nuova veste grafica, da quanto si può vedere di primo acchito per quel che riguarda il banner iniziale. Ho pensato che fosse il momento di cambiarla, forse perché ultimamente sono proprio in vena di cambiamenti e mi è venuta voglia di fare anche questo. Ma non divaghiamo e torniamo al punto focale
Si tratta di un'ennesima shot a tema invernale, già. La primavera è arrivata, ma purtroppo non sembra ancora desiderosa di mostrarsi del tutto - il solo accenno che c'è qui sono i gatti in calore, yuppie... -, quindi eccomi qui con questoclima un po' gelido e la neve che ancora la fa da padrone nella flash fiction che scrivo. Dovrei fare l'esatto opposto, ma dopotutto storie in queste ambientazioni non sono per niente male
Direi di chiuderla qui, adesso. Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti
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Capitolo 55
*** [ 100% prompt / 500 prompt ] Sky Island and clouds ***


Sky Island and clouds Titolo: Sky Island and clouds
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 568 
parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Roronoa Zoro, Black-Leg Sanji 
Rating: Giallo
Genere: Generale, Sentimentale, Fluff
Avvertimenti: Shounen ai, Assurdità sparse, What if?
Colourful Red:
#09. Tramonto
Tabella/Prompt: Cibo › 01. Pasticcini

500 prompt per una challenge: Prompt n.406 › Fasciatura
100% prompt to write about them: Prompt n.92 › Vittoria
Slice of life challenge: Prompt n.15 › Dolci
The season challenge: Primavera › Cielo


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Un momento di calma prima della partenza era quello che ci voleva, secondo Sanji.
    Pur essendo fasciato come una mummia da capo a piedi - e ancora malediceva quell'idiota di Eneru e i suoi dannatissimi fulmini -, il cuoco aveva trovato particolarmente bello il restare a contemplare ancora un po' quell'isola nel cielo, adesso che potevano godersela senza preoccuparsi di possibili punizioni divine o inflazioni inventate di sana pianta. Avevano faticato non poco per battere quel tipo e i suoi scagnozzi: Skypea aveva quasi rischiato di sparire dalla faccia della terra - o forse dalla faccia del cielo? -, loro per poco non erano stati ridotti a tanti piratucoli carbonizzati e tutta la popolazione celeste non era sprofondata verso il mare sottostante, dunque un attimo di pace potevano anche prenderselo, accidenti. Non che non fosse a sua volta desideroso di riprendere il viaggio e di imbarcarsi verso la prossima avventura, ma avevano decisamente bisogno di riprendere le forze.
    Forse era stato a quel pensiero che, contro ogni previsione, Sanji si era seduto su una nuvola e si era messo a guardare di sotto, per quanto non si vedesse assolutamente nulla ad un palmo dal naso. Aveva persino preso una sigaretta e se l'era portata alle labbra senza accenderla, grattandosi di tanto in tanto il petto completamente nascosto dai bendaggi, che tiravano esageratamente. Accidenti, adesso sì che capiva perché quello scemo di Zoro cercasse continuamente di tirarseli via.
    «Che ci fai qui da solo, cuoco?» gli venne chiesto proprio da quest'ultimo, che l'aveva trovato grazie a chissà quale miracolo. Nonostante tutto, però, Sanji sorrise, scrollando semplicemente le spalle.
    «Riflettevo», rispose tranquillo. «Chissà che ore sono laggiù, eh?»
    «Forse è il tramonto», la buttò lì Zoro, facendo spallucce prima di agitare distrattamente una mano dinanzi a sé, indicando un punto indefinito nel cielo. «Lì tende al rosato, vedi? Quindi sarà il tramonto».
    Sanji ridacchiò. «Non ti facevo così esperto di cielo, marimo».
    «A furia di stare quassù ho trovato un passatempo», ironizzò in risposta lui, adocchiandolo appena con un mezzo sorriso. «Anche perché mi sta venendo fame, cuoco. Ma di cibo vero e consistente».
    «Pensavo che i pasticcini di Skypea ti piacessero», lo prese in giro, guadagnandoci unicamente uno sbuffo da parte dello spadaccino, che si lasciò cadere sdraiato all'indietro.
    «Non dire idiozie, ricciolo. Persino le castagne sanno di nuvola».
    «Appena torneremo a casa preparerò a tutti voi un pranzo coi fiocchi. Rufy sarà sicuramente contento», asserì. «E potrei fare anche dei dolci per la mia Nami-san», soggiunse sognante, facendo sì che dalle labbra del Vice Capitano scappasse una risata ilare.
    «Prepara anche delle caldarroste ed è affare fatto», lo prese in giro, e Sanji, dopo aver sollevato un sopracciglio, gli picchiettò un fianco con un piede.
    «Sia chiaro, marimo... se lo farò sarà solo perché me lo chiederanno anche Nami-san e Robin-chan», volle dirgli, per quanto fosse certo che, volente o nolente, quello scemo sarebbe stato capace di farglielo fare comunque, magari mettendosi in combutta con Rufy. Quei due avevano metodi di persuasione davvero efficaci, quando ci si mettevano. «Non posso dire di no a due belle donne».
    A quel dire Zoro ghignò, osservandolo da quella posizione prima di fargli cenno di avvicinarsi, rilassandosi solo quando, una volta fatto, il cuoco si sdraiò accanto a lui, con lo sguardo puntato sulla restante porzione di cielo che si estendeva sopra di loro.
    Senza aggiungere altro, Sanji decise di godersi quel momento, certo che sarebbe stato uno dei pochi che avrebbe potuto permettersi
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Come si può vedere, si è tornati un bel po' indietro riguardo alle saghe. Qui addirittura si parla di Skypiea, quando di recente mi sono concentrata solo e unicamente sui personaggi dopo i due anni; però, visto che la saga di Dressrosa sta durante davvero troppo tempo e il brodo è talmente allungato che ormai sa di acqua, ecco che si fa un bel tuffo nel passato ricordando la battaglia contro Eneru.
Questa sarà l'ultima shot prima di Pasqua, giacché poi partirò per Roma e passerò lì un bel paio di giorni - probabile che torni per il sedici, ma devo ancora decidere -, in particolar modo per presenziare al Romics nei panni del Colonnello Mustang. Insomma, come al solito *lol*
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Capitolo 56
*** [ The season challenge / Un cocktail di storie ] The last one ***


The last one Titolo: The last one
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 365 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Vinsmoke Sanji, Roronoa Zoro, Sorpresa
Rating: Giallo
Genere: 
Slice of life, Commedia
Avvertimenti: Shounen ai, Assurdità sparse, What if?
The season challenge: Estate › Afa
Cocktail di storie: Mojito ›
4. Almeno un personaggio maschile deve stare per tutta la storia a torso nudo.


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Era da dieci minuti esatti che si fissavano in cagnesco, ognuno dei due determinato a non darla vinta all'altro nemmeno per sbaglio.
    Quella disputa stava andando decisamente per le lunghe, secondo i loro soliti standard. Di solito si sarebbero letteralmente ammazzati di botte fino a quando non fosse stata Nami a separarli - e lei sì che riusciva a tenerli a bada con i suoi modi di fare, per quanto fossero due uomini grandi e grossi capaci di tener testa anche al più temibile pirata dei quattro mari -, ma per il momento si limitavano semplicemente a tenersi d'occhio, attenti al minimo movimento dell'avversario, soprattutto a causa dell'afa che non aveva dato loro tregua sin da quando avevano messo piede nelle acque delle isole estive.
    «Arrenditi», berciò Zoro, premendo la fronte sudata contro quella di Sanji, il quale, per tutta risposta, gli rifilò un calcio allo stinco.
    «Arrenditi tu, marimo idiota».
    «Non ci penso nemmeno, ricciolo».
    «Stessa cosa dicasi per me, spadaccino».
    La cosa stava decisamente cominciando a diventare alquanto ridicola. Il caldo aveva costretto persino Sanji a levarsi di dosso la camicia e a restare a petto nudo, cosa che faceva solitamente solo e unicamente quello scemo d'un marimo, e si riuscivano quindi a vedere perfettamente anche le più piccole contrazioni de suoi muscoli sodi, con le goccioline di sudore che gli imperlavano spalle e persino gli addominali scolpiti. Ma fu proprio in quell'istante che la porta della cucina si aprì e fece la sua comparsa il Capitano, lamentandosi di aver fame; i suoi occhi, però, parvero illuminarsi nel momento stesso in cui vide il piatto riposto ordinatamente sul tavolo, e si fiondò sul cibo come un avvoltoio. «Oh, un onigiri!» esclamò tutto contento, allargando il sorriso che si era dipinto sulle sue labbra.
    Increduli, Zoro e Sanji lo guardarono allontanarsi con quella polpetta di riso in bocca, allegro come un fringuello e con l'aria compiaciuta di un gatto che si era appena pappato un topo.
    Tutto quel casino per farsi fregare l'ultimo onigiri rimasto da quell'ingordo di un Capitano, accidenti. La cosa peggiore, però, era che a nessuno dei due era passato per la testa che il cuoco avrebbe potuto benissimo prepararne altri
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Come si suol dire... a volte ritornano.
Era da un bel pezzo che non mi decidevo ad aggiornare questa raccolta e, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, alla fine mi sono allontanata anche dal fandom e quindi non ho poi scritto chissà quanto nonostante di tanto in tanto leggiucchiassi qualcosina
Comunque sia, alla fine ho scelto di pubblicare questa piccola storiella che, come le successive che pubblicherò - dopotutto è estate, si sente odore di fiori dalla finestra e c'è più tempo per fare le cose, quindi potrebbero spuntare altre mie storie tra un tuffo nel mare e l'altro -, partecipano alla The Seasons Challenge
indetta da Jadis e alla challenge Cocktail di Storie indetta da zenzero91
Inoltre, se qualcuno fosse interessato, ho anche pubblicato la one-shot
Morning after dark nel fandom di Batman
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Capitolo 57
*** [ The season challenge / Un cocktail di storie ] Like a Sunflower ***


Like a Sunflower Titolo: Like a Sunflower
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 400 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Vinsmoke Sanji, Roronoa Zoro, Sorpresa
Rating: Giallo
Genere: Introspettivo, Slice of life, Sentimentale, Fluff?

Avvertimenti: Shounen ai, Assurdità sparse, What if?
Torneo Hunger Games: Girasole [info]contestmania
Tombolata natalizia: #87. It's OK to be different. (Nikki Sixx) [info]contestmania
Colourful Blue: #08. Pianeta

The season challenge: Estate › Girasole
Cocktail di storie: Martini ›
8. Picnic
La sfida dei duecento prompt: 18. Amore


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Se proprio doveva essere sincero con se stesso, Sanji non riusciva proprio a capire che cosa fosse passato per la testa di quello scemo di Zoro.
    Erano ormai parecchie ore che avevano attraccato su quell'isola e, dopo aver fatto rifornimento per la nave - le cui provviste erano state ridotte all'osso proprio a causa di quell'idiota di Rufy, che aveva fatto man passa di tutto in meno di una settimana -, si erano tutti concessi qualche attimo di relax, chi facendo compere per se stessi e chi visitando semplicemente la cittadina in cui si erano ritrovati. Lui si era offerto di fare la guardia alla Merry e aveva salutato le ragazze mentre si allontanavano, finendo con il rimanere solo con Zoro. Nulla di strano, in fondo.
    La cosa bizzarra, però, era proprio il silenzio che aveva cominciato a vigere fra di loro da una buona ventina di minuti, forse anche a causa del campo di girasoli in cui avevano deciso di attendere il ritorno degli altri. Da lì si riusciva a vedere distintamente la nave e, se fosse servito, sarebbero riusciti a raggiungerla in un batter d'occhio, ma Sanji non aveva minimamente capito perché quello scemo d'uno spadaccino avesse insistito così tanto ad andarci, chiedendo persino di portare qualcosa da mangiare come se quello per loro fosse una specie di picnic. Insomma, lui non era il tipo da perdersi dietro dei fiori o cazzate simili, giusto? Per quanto stessero insieme - o almeno così poteva pensare, dato che non era solo il sesso a legarli, bensì qualcosa di molto più profondo di mero bisogno fisico -, era un vero e proprio dilemma comprendere ogni pensiero che si affacciasse nella testa bacata di quel marimo idiota.
    «A furia di passare il nostro tempo insieme, ho finito per innamorarmi di te», disse Zoro di punto in bianco, e ci mancò poco che Sanji si strozzasse con la sua stessa saliva. Aveva sentito bene? Zoro, mister diventerò il miglior spadaccino del mondo, l'uomo che non avrebbe mai ammesso dinanzi a nessuno - men che mai a lui, nemmeno fosse stato l'ultima persona ancora in vita sul pianeta - i propri sentimenti, gli aveva appena confessato di amarlo?
    A quel pensiero sorrise, cingendogli le spalle con un braccio per attirarlo in silenzio a sé e baciarlo, pur lasciandolo momentaneamente sconcertato.
    Una volta tanto poteva anche comportarsi in modo diverso, con quello stupido marimo
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Ogni tanto ritorno anche con questa raccolta, persino con una flash che ogni tanto fa apparire questi due zucconi sentimentali e romantici. Beh... almeno secondo i loro limiti, ecco
Diciamo che non amo molto le storie troppo sdolcinate, anzi, mi fanno letteralmente arricciare il naso e anche venire un po' il diabete, quindi cerco di farli sì passare per degli nnamorati, ma restando IC e senza eccedere troppo. Spero quindi di esserci riuscita nonostante la palese confessione che Zoro ha fatto a Sanji, visto che non gli ha mai detto Ti amo da quando ho cominciato la raccolta... uhm, in teoria nemmeno adesso, ma non si sa mai. Lol
Ne approfitto anche per segnalare la raccolta 
Allegretto ~ Deux ou trois choses que je sais de nous presente nel fandom di Batman, se chi si imbatte in questa ha voglia di dare un'occhiata ;)
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Capitolo 58
*** [ The season challenge / Un cocktail di storie ] Tequila Sunrise ***


Tequila Sunrise bannerino4

Titolo: Tequila Sunrise
Autore: My Pride
Fandom: One Piece
Tipologia: Flash Fiction [ 580 parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Vinsmoke Sanji, Roronoa Zoro
Rating: Giallo
Genere: Generale, Slice of life, Sentimentale
Avvertimenti: Shounen ai, Linguaggio colorito
Torneo Hunger Games: Tequila 
[info]contestmania
Tombolata natalizia: #83. Se ti azzardi a mettere i piedi sul tavolino ti pesto con un cucchiaio. (Supernatural) 
[info]contestmania
Colourful Blue: #10. Zaffiro

The season challenge: Primavera › Canto d'uccelli
Cocktail di storie: Martini › 7
. “Non esistono uomini cattivi… se sono cucinati bene”(cit. Stefano Benni, L’ultima Lacrima)


ONE PIECE © 1997Eiichiro Oda. All Rights Reserved.


    Aveva fatto di tutto per ignorare i modi di fare di Zoro, il suo continuo muoversi a disagio sul divano e i borbottii a cui non aveva smesso di dare vita da quando era entrato lì in cucina - disturbandolo nella preparazione del pranzo, tra l'altro -, però adesso aveva cominciato a non poterne più. Ma la goccia che fece traboccare il vaso fu il vederlo tentare di allungare le gambe sul tavolino che aveva davanti, approfittando del fatto che lui fosse girato di schiena. Beh, aveva fatto male i conti. L'aveva visto eccome.
    «Se ti azzardi a mettere i piedi sul tavolino ti pesto con un cucchiaio, marimo», sbottò, richiamando così l'attenzione dello spadaccino, che sollevò un sopracciglio e abbozzò un sorriso sarcastico.
    «Oh, sai che male», lo schernì, imprecando quando il suddetto cucchiaio lo centrò in piena fronte.
    «Allora rettifico: ti prendo a calci in faccia e finirai con il nutrirti con una cannuccia», berciò scontroso, avvicinandosi a lui per recuperare l'utensile; ma fu nel farlo che un odore pungente gli arrivò alle narici, tanto che allungò una mano per afferrare la bottiglia sul tavolino e annusarne il contenuto. «Che roba è?» domandò, in un misto di curiosità e scetticismo nell'osservare l'etichetta di quello strano color zaffiro.
    Lo spadaccino, però, si limitò semplicemente a scrollare le spalle. «Tequila. L'ha comprata Franky».
    «E da quand'è che bevi tequila?» sbuffò ilare, abbandonando la bottiglia sul tavolino per tornarsene al piano cottura. In fin dei conti aveva da fare e non poteva perdere tempo dietro a quello scemo e alle sue idiozie. «Credevo funzionassi solo a sake».
    «Davvero divertente, cuoco».
    «Io dicevo sul serio», replicò come se nulla fosse, lanciandogli ancora una volta un cucchiaio in fronte non appena lo vide tentare nuovamente di poggiare i piedi sul tavolino. «Mi sembrava di averti detto di non farlo, marimo».
    «Merda, sei peggio di una casalinga», bofonchiò il Vice Capitano, e Sanji, con la coda dell'occhio, lo vide alzarsi dal divano solo per raggiungerlo e poggiarsi con la schiena contro il lavandino, osservandolo da quella posizione. Quando si avvicinava in quel modo non prometteva mai nulla di buono, né tanto meno quando lo osservava con quell'espressione che la diceva lunga.
«Mi stai facendo passare per il cattivo ragazzo, cuoco».
    «Ricorda, marimo: non esistono uomini cattivi.... se sono cucinati bene», lo schernì, facendo cos arcuare a Zoro un sopracciglio con aria scettica.
    «Stai pensando di farmi diventare il piatto forte del menù, ricciolo?»
    Scuotendo brevemente il capo con uno sbuffo ilare, prese un po' di pancetta e sfiorò con essa le labbra dello spadaccino, che rimase lì per lì perplesso prima di aprire la bocca e afferrare il cibo con i denti. Oh, quindi il cibo funzionava anche con lui e non solo con Rufy? Buono a sapersi. «Idiota... ecco qua», gli disse, ignorando la sua aria incuriosita. «E adesso lasciami cucinare... il resto lo avrai più tardi», soggiunse allusivo, e lo spadaccino, dopo aver allungato un braccio per prendersi un altro po' di pancetta senza nemmeno chiedere, si ritrovò a dirigersi alla porta e ad uscire per lasciar entrare un forte profumo di fiori primaverili e il canto degli uccelli in lontananza proveniente dall'isola dove avevano attraccato, ma non prima di avergli lanciato un'occhiata che avrebbe potuto significare qualunque cosa. O semplicemente era un modo come un altro per dirgli «Stanotte non ti lascerò dormire», con tutta probabilità.
    Sanji sorrise, scuotendo il capo con uno sbuffo divertito. Quello scemo era proprio un sempliciotto.






_Note inconcludenti dell'autrice
Sono... anni che non posto qualcosa qui su EFP. Tra le molte cose da fare, il lavoro, e altre priorità, avevo del tutto dimenticato che avevo persino pronto qualche capitolo.
Scrissi questa storia un po' di tempo fa per una challenge, eppure la posto soltanto adesso. Non so nemmeno se qualcuno la leggerà, ma ci tenevo comunque a lasciarla qui e, se possibile, a strappare un piccolo sorriso a chiunque passi anche solo per sbaglio da queste parti. Ogni tanto mi torna l'effetto nostalgia e rispunto tra questi lidi
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