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L’uomo scese dalla
macchina. Si aggiustò meglio il bavero del cappotto per proteggersi dalla
folata di vento. Chiuse lentamente la portiera dell’auto e rimase a fissare il
suo interno sovrappensiero. Coraggio, si disse tra sé, quello che era andato a
fare non sarebbe stato facile. Per niente.
Fissò lo sguardo sulla
gigantesca villa che imponente regnava sull’ambiente circostante: dimora Queen.
Erano cambiate
parecchie cose in quegli ultimi mesi. Le loro vite erano state stravolte da una serie di eventi che ne avevano
modificato il percorso.
Oliver Queen,
pronunciò quel nome in tono solenne nella sua mente. Non gli piaceva quello che
stava per fare ma le circostanze l’avevano costretto.
Bussò il campanello e
attese. Lo accolse la cameriera, impettita nella sua divisa.
- Andrew Wolfar, ho bisogno di vedere il signor Queen. - Lo fece
attendere all’ingresso mentre andava ad annunciare il suo arrivo.
Come lo avrebbe
accolto? Si chiese titubante. Si tolse l’impermeabile
e osservò attentamente gli interni:la casa gli sembrò
così vuota e priva di vita.
Inspirò a fondo,
chiuse brevemente gli occhi per ritrovare la concentrazione. Il ticchettio
della camminata della cameriera l’avvisò del suo
arrivo.
- Il signor Queen…- Fece una lunga pausa e l’osservò attentamente.
- Gli dica che è
importante. – Intervenne prima che la cameriera lo mandasse via. –
Deve ricevermi!
La cameriera gli
scoccò un’occhiataccia severa azzittendolo. – La riceverà a breve. La
faccio accomodare nel suo studio. Mi segua.
Andrew non dovette
attendere molto l’arrivo di Oliver. Era vicino alla grande vetrata con lo
sguardo perso nel vuoto, quando lui entrò.
I due si osservarono
attentamente prima di fare o dire qualcosa.
- Io… - Tentò Andrew
cercando di trovare le parole più adatte.
Quella semplice
sillaba bastò a Oliver per far scattare la rabbia repressa che portava dentro
di sé. Si avventò su Andrew afferrandolo per il colletto della camicia e lo
sospinse con ira contro il muro.
- Dimmi dove cazzo è
Felicity! Dove l’hai portata?
Andrew, dopo lo
smarrimento iniziale, lo guardò severo. – È
stata una sua scelta, Oliver. Le ho dato una possibilità e lei ha accettato di
afferrarla. Dovresti ringraziarla, come sempre ha messo il tuo destino davanti
al suo. Ha preferito infrangere il suo cuore per il tuo bene.
Oliver a quelle parole
allentò la presa fino a lasciarlo andare. Serrò i pugni, conficcandosi le unghie
nel palmo delle mani. Chiuse gli occhi per gestire la rabbia.
- Dov’è Felicity?
– Chiese con più calma, anche se il tono grave delle sue parole lo tradì.
Andrew si voltò,
afferrò la tenda nella mano e la strinse forte.
- Felicity… - Il
groppo in gola non gli permise di continuare. - È morta, Oliver. Se n’è andata
nel dolore e nella sofferenza. Nella morte ha trovato la liberazione dal suo
male e la pace interiore che meritava.
Oliver indietreggiò di
qualche passo incredulo. In quei mesi non aveva fatto altro che cercarla,
aggrappandosi alla speranza che un giorno l’avrebbe avuta ancora tra le sue
braccia.
- Non può essere… non
può essere morta. Non è vero!
- Mi dispiace, Oliver.
Felicity ha lottato con tutte le sue forze. Voleva tornare da te guarita, ma il male che portava dentro di séera troppo e alla fine ha dovuto arrendersi.
Oliver si portò le
mani al capo. Le dita affondarono nei capelli. Chiuse gli occhi ricolmi di
lacrime. – Felicity, - Spezzò il silenzio che si era creato. – Non
può essere vero.
Andrew si avvicinò
piano. Gli appoggiò la mano sulla spalla, un gesto che sorprese anche lui e non
solo Oliver.
- Mi dispiace, credimi
è stato meglio così. Tu potrai conservare per sempre
il ricordo del suo viso felice, radioso e colorito. A differenza di me, che la ricorderò sofferente,
pallida e magra. Tu…
Oliver si avventò su
di lui colpendolo in pieno viso con un pugno.
- È tutta colpa tua.
Sei tu che me l’hai portata via. Io. Dovevo. Essere. Al. Suo. Fianco!
Andrew incassò il
colpo. Si passò il dorso della mano sulla bocca per togliere il rivolo di
sangue dal labbro.
- Accusami pure, se
questo ti fa sentire meglio, ma non incolpare me se tu non hai avuto la forza
necessaria per sopportare la lenta
agonia di
Felicity. Se Felicity ha scelto di lasciarti andare è perché sapeva che prima o poi avresti mollato da solo!
Le parole dure di
Andrew colpirono Oliver in faccia con la stessa irruenza del pugno che lui gli
aveva sferrato.
- Ancora oggi non mi
spiego che cosa Felicity vedesse in te. Sei e sarai sempre…
- L’occhiata gelida di Oliver lo fece desistere dal proseguire.
- Ora, te ne puoi
andare.
Il tono severo di
Oliver non ammetteva repliche. Andrew si mosse lentamente. Si fermò al suo
fianco, indeciso. – Questa è per te. – Gli porse la busta. –
Qui troverai le risposte che cerchi. Felicity mi ha fatto promettere che te
l’avrei consegnata quando se ne sarebbe andata. Come puoi vedere il suo ultimo
pensiero sei sempre stato tu.
Andrew gli afferrò la
mano e gli lasciò la busta. Indossò l’impermeabile e
senza voltarsi uscì dalla vita di Oliver Queen.
Oliver osservò la
piccola busta. L’aprì lentamente e all’interno trovò una microsim.
Si accomodò alla
scrivania. Osservò attentamente quel piccolo oggetto. Gli venne da sorridere.
Lasciare una lettera scritta non sarebbe stato da Felicity.
Raccolse la microsim tra l’indice e il pollice e l’osservò
attentamente. E ora?
Estrasse dalla tasca
il cellulare. Lo guardò per diversi minuti, poi si
accorse che era dotato di uno spazio per una sim
integrativa. Infilò la microsim facendo attenzione a
non spezzarla.
Non accadde nulla.
Passarono i secondi e lo schermo del cellulare rimase spento.
Oliver respirò a
fondo. Aggrapparsi alla possibilità di vederla ancora è stata una stupida
speranza. Felicity è… Bloccò il flusso dei suoi pensieri, non era pronto ad ammettere a se stesso che lei non c’era più.
Stava per andarsene
quando all’improvviso il cellulare si attivò da solo. Un fascio di luce si alzò
proiettando la figura di Felicity davanti a lui.
Ciao, Felicity! Oliver scattò in piedi fronteggiando l’ologramma. Allungò
la mano verso di lei. Oh mio dio, Felicity!
Oliver, mi manchi. Anche tu, da morire. Strinse le labbra l’una con
l’altra per non cedere.
Mi dispiace, Oliver, ho cercato in tutti i modi di evitare tutto
questo.
Oliver osservò la
figura in piedi davanti a lui: magra, esile, che si reggeva in piedi solo con
la forza di volontà. Il viso, anche se truccato con cura e i capelli raccolti
in uno chignon elegante, non potevano celare la
sofferenza del suo corpo. Il vestito rosso che indossava accoglieva ampiamente
il suo esile fisico.
Felicity, chiuse gli occhi e nella sua mente comparve il viso tondo e sano di un tempo.
Quella mattina, quando ho preso la decisione di lasciarti andare, ho
esitato, non era pronta ad allontanarti da me, ma il dolore al cuore mi ha
fatto capire che non dovevo essere egoista. Tu avevi… hai un’intera vita
davanti a te, io… non più.
L’immagine olografica
fece un passo in avanti verso Oliver. Felicity allungò la mano come a toccargli
la guancia.
Avevo un unico modo per esserti d’aiuto: donarti la libertà. Il tuo
destino è quello di essere un eroe e con me al tuo
fianco non potrebbe compiersi. Io ti stavo
bloccandoe l’ho capito quando hai scelto di restare al mio fianco invece di
andare ad aiutare McKenna. Io non potevo chiederti di scegliere: me o il mondo, così ho scelto io di lasciarti andare.
- NON E’ ASSOLUTAMENTE
VERO! – Urlò Oliver all’immagine di Felicity. – Io senza di te non
sono nulla. – Disse più piano vicino al suo viso. Allungò la mano per sfiorarle la guancia ma accarezzò
solo l’aria. – Ti prego, torna da me, non lasciarmi.
Oliver, devi essere forte, non farti distruggere dal dolore. Lascia il
cuore libero di amare ancora, non cancellare quello che siamo stati, quello che
sei diventato.
- Come puoi chiedermi
questo? Io non ce la faccio senza di te. Nulla ha più senso. Ti prego, torna da
me.
Concediti del tempo ma non rinnegare te stesso. Il destino ha voluto
separarci fisicamente ma io… - Felicity appoggiò la mano al petto di Oliver.
– Resterò per sempre nel tuo cuore.
Oliver accostò la mano
sulla sua. – Non te ne andare, non mi lasciare.
Sii coraggioso, trai forza dal nostro amore e come sempre abbiamo
fatto, continua a combattere per un mondo migliore.
Felicity rimase in
silenzio. La sua immagine guardava fissa negli occhi Oliver.
Ti amo, con quelle ultime parole la sua immagine scomparve nell’aria. Il
cellulare estrasse automaticamente la microsim che si
spezzò.
- No! – Oliver
tentò di afferrarla ma cadde a terra. – Non mi lasciare, ti prego… -
Ripeté mentre soccombeva al suo dolore.
Era realmente finita.
Le sue speranze erano state infrante. La sua Felicity non c’era più, lui ora
era davvero solo contro quel destino crudele che gliela aveva strappata dalle mani.
Continua…
Angoletto di Lights
Ehm… che dire dopo
questo capitolo ç_ç *passa scatola di kleenex*
Ben ritrovati!
L’avventura è iniziata, resterete con me?
È solo il primo passo,
a ogni capitolo ci ritroveremo immersi in tante emozioni diverse e contrastanti.
La storia è in fase di
stesura, al momento sto scrivendo il settimo capitolo ma c’è ancora tanto da
raccontare.
La pubblicazione sarà
ogni lunedì salvo imprevisti.
Proiettili di ghiaccio
chiude il cerchio della mia “triologia” (preceduta da
Metodo
Scientifico e Undercover)
ma può essere seguita senza aver letto le storie precedenti, comunque, a ogni
riferimento, sarà mia premura informarvi in questo spazio ^_^
Lo stile di
“Proiettili di ghiaccio” è differente dalle precedenti storie, prima tra tutto
la narrazione è in terza persona perché incontreremo tanta gente e ognuno di
loro avrà il suospazio. Ci
saranno sempre Oliver e Felicity ma non solo.
Infine, ma non per
questo meno importante, un grazie infinite a loro che
mi seguono passo passo: vannagio
e jaybree, non so che cosa farei senza di voi <3
Detto questo, ci si
rilegge al prossimo lunedì. Baci-baci.
Lo sguardo dell’uomo
sul tetto scivolò lungo le strade buie della città. Quando si rese conto della
pace che regnava per le vie, distese i muscoli,
allentò la presa della mano sull’arco e chiuse gli occhi.
Rimase in ascolto del
battere del suo cuore. Non batteva più come un tempo, il dolore che aveva
provato per la sua perdita era stato troppo duro per rimettere in funzione i
meccanismi. Era un battito diverso, regolare ma privo di ogni emozione. Faceva
il suo compito ma si fermava a quello: tenerlo in vita.
Oliver appoggiò la
mano sul petto, proprio come l’immagine di lei aveva
fatto l’ultima volta. Era un gesto spontaneo che compiva meccanicamente ogni
volta che si trovava immerso nella pace della solitudine della notte.
Inspirò piano
rivolgendo lo sguardo al cielo. C’erano poche stelle ma la sua stella brillava luminosa e fiera verso di lui.
Era passato un anno
dalla visita di Andrew e dalla fine della speranza.
Era stato difficile
rimettersi in gioco.
L’hai promesso a Felicity, Oliver! Erano state le dure parole di un Diggle
disperato e stanco. Non puoi tradire in
questo modo la sua memoria, aveva proseguito duro e inflessibile con
l’intento di farlo risvegliare dall'apatia in cui era piombato. La città ha bisogno di te, noi abbiamo bisogno di te. Roy ed io non possiamo farcela senza il tuo
aiuto, è tutto troppo anche per noi. Smettila di piangerti addosso e dimostra
al mondo di essere l’eroe che Felicity ha visto in te!
Oliver ripensò a
quella notte. Aveva fissato i suoi occhi in quelli di Dig. L’aveva osservato a
lungo nelle sue iridi nere, senza dire neanche una parola. Si era alzato in
piedi e aveva fronteggiato l’amico.
- Perdonami, - E
Diggle l’aveva abbracciato condividendo insieme per la prima volta lo stesso
dolore per la perdita di Felicity.
Il vociare concitato di qualcuno catturò la sua attenzione. Volse lo sguardo sulla
strada e vide un gruppetto di delinquenti che inseguiva un ragazzo.
Agile, constatò
seguendo le mosse veloci e sciolte che compiva il
tizio per seminare i suoi avventori.
- Roy, entra in
azione. Un gruppetto di sbruffoni sta facendo la voce grossa con un piccoletto.
Vengono dalla tua parte.
- Ricevuto. - Roy
inforcò l'arco e scivolò giù dal palazzo per correre in aiuto della vittima.
Osservò l'agire del gruppetto per decidere com’era meglio intervenire.
Il ragazzetto saltò
sulle casse di legno e con un'agile spinta sul muro si
aggrappò alla rete divisoria del vicolo. Ce l'aveva
quasi fatta, stava per saltare e mettersi al sicuro quando uno dei malviventi
estrasse la pistola e sparò.
Roy prontamente
scagliò le sue frecce ma non poté impedire che il ragazzo fosse colpito.
- Cazzo! - Urlò il
tipo cadendo malamente a terra.
Roy si avventò sui
quattro che lo attaccarono allo stesso momento ma con agili mosse di calci e
pugni, riuscì in breve tempo ad avere la meglio.
- Stai bene? - Chiese
al ragazzo mentre terminava di immobilizzare al palo i malviventi. Attivò la
ricetrasmittente mettendosi in comunicazione con Dig, rimasto al centro
operativo. - Quattro idioti da ritirare. Ok, grazie.
Lui si alzò in piedi,
barcollando a causa del dolore. Si aggrappò alla rete e finalmente si voltò.
I due si guardarono
per un lungo istante.
- Bel vestito,
Cappuccetto Rosso. - Gli fece l'occhiolino irriverente come solo lei sapeva
essere.
- Sin! - Roy eliminò
la distanza tra di loro in poche falcate.
Cindy avanzò verso di
lui decisa, lo osservò brevemente, - Ci si vede. - e
poi proseguì.
Roy l'afferrò per il
braccio e la portò davanti a sé. - Tutto qui? Ci si vede? Sei letteralmente
scomparsa. Mi avevi detto che andavi da Luke e poi non sei più tornata.
- Ho avuto da fare.
Vedo che non hai sentito la mia mancanza. Abbiamo ottenuto tutti quello che
volevamo: un nuovo inizio.
Roy a quell'accusa
lasciò la presa.
- Se fossi in te, mi
medicherei quel taglio sulla guancia, non sei invincibile, eroe! - Detto questo
lo sorpassò e proseguì verso la strada.
Roy automaticamente si
portò il dorso della mano sullo zigomo. Non si era neanche reso conto che era
stato ferito. Osservò la figura di Sin allontanarsi. Rimase immobile non
sapendo se correrle dietro o lasciarla andare.
Ad un tratto la vide
barcollare. - Sin! - Si avventò su di lei e riuscì ad afferrarla prima che
cadesse a terra. - Sin! Che cos'hai? - Una sensazione di bagnato avvolse la sua
mano. La sollevò in aria e la ritrovò completamente sporca di sangue, del suo sangue.
- Abbiamo un problema.
- Avvisò i due. La sollevò tra le braccia e la portò via con sé.
L'uomo nascosto nel
suo angolo buioera rimasto immobile
ad assistere la scena. Aspettò un attimo che si avviassero e poi lo seguì.
- Io non credevo... -
Roy sconvolto osservava il corpo privo
di sensi
di Cindy disteso sul lettino mentre Diggle cercava in tutti i modi di
strapparla alla morte.
Oliver gli appoggiò
una mano sulla spalla. - Non possiamo prevedere tutto, Roy. Ci proviamo ma non
sempre ci riusciamo.
- Ok, è stabile. -
Decretò infine Diggle passandosi il braccio sulla fronte imperlata di sudore. -
Sono riuscito a estrarre il proiettile. Per fortuna non ha leso organi
importanti. Se non ci saranno complicazioni in queste ore, sarà fuori pericolo.
I tre sospirarono
profondamente.
- State lontani da
lei! - La voce minacciosa dell'uomo li fece voltare verso le scale.
- Luke!
- Roy!
Gridarono all'unisono
riconoscendosi all'istante. - Tu che ci fai qui? Come hai fatto a trovarci?
- Con questa! - Oliver
afferrò con rabbia la piccola cimice attaccata al giubbotto di Roy e la spezzò
tra le dita.
- Dovreste aggiornare
il sistema di difesa. È stato uno scherzo da ragazzi
metterlo fuori gioco, perfino un bambino potrebbe aggirarlo, obsoleto com'è. - Li canzonò, senza mai abbassare la pistola che teneva puntata
su di loro. Scese lentamente le scale e si avvicinò al lettino sul quale
giaceva Cindy.
- È stabile. -
Confermò Diggle accostandosi a lui con circospezione. - Questa la puoi anche
mettere via, sei tra amici.
Luke li osservò uno a uno e poi desistette. - Dobbiamo solo
aspettare.
Diggle confermò con il
capo.
- Così... - Si aggirò
per la stanza. - Questo è il covo di Arrow. - Osservò attentamente Oliver negli
occhi. - Quindi... tu sei Arrow. - Si fermò davanti a
lui. - Oliver Queen. - Disse ironico. - Complimenti, hai fregato tutti con la
tua recita di riccone scavezzacollo. Sono davvero impressionato. - Fece un
irriverente inchino.
Oliver stava per
ribattere ma Diggle lo bloccò appoggiandogli la mano
sulla spalla.
- Questa
attrezzatura è all'avanguardia. - Luke si sedette alla postazione che un tempo
era stata di Felicity. - Straordinario.
- Alzati subito! -
Oliver lo acciuffò per il colletto della giacca di
pelle.
- Ehi, calma. - Si
liberò dalla sua presa per nulla spaventato. - Adoro questi gioiellini ed è un
vero spreco che non li sfruttiate al meglio. Dammi la possibilità di
ringraziarti per aver salvato Sin. In fondo, un tempo abbiamo
combattuto dalla stessa parte senza volerlo. - Luke fece l'occhiolino a Roy.
- Sono stati lui e Sin
a scoprire l'ultimo deposito del Mirakuro e distruggerlo, mentre noi eravamo
occupati a combattere contro l'esercito di Slade.
- Mi è costata un
braccio e una gamba. - Scherzò Luke per smorzare quel ricordo, mostrando gli
arti artificiali. - Ora sono un cyborg! Nuova tecnologia,
direttamente dalle industrie Wayne... o meglio... presa in prestito. -
Ghignò divertito.
Il programma della
radio della polizia si attivò sullo schermo del computer, avvisandoli che c'era una rapina in corso con feriti al caveau della banca di Central City.
- Andiamo! - Disse
Oliver a Roy che acconsentì con un cenno di assenso.
- Io vi seguirò da qui!- Intervenne Luke, accomodandosi alla
postazione senza esitazione.
Oliver si bloccò. A
stento sopportava la vista di Diggle seduto su quella sedia. Chiuse gli occhi
per reprimere il dolore e si arrese alle circostanze. Avevamo bisogno di un
esperto informatico, ora più che mai. Fissò la sua nuca. Sospirò. Felicity,
richiamò tristemente il suo viso. - Guidaci. - Decretò infine.
Luke con sicurezza
guidò gli spostamenti di Oliver e Roy fino a condurli alla cattura dei
malviventi, nel frattempo si mise ad aggiornare i sistemi in attesa del loro
rientro.
- Da chi hai imparato? - Chiese Diggle avvicinandosi, notando quanto fosse a suo agio Luke.
- Autodidatta e passione.
Mi viene naturale. - Sollevò le spalle. - Capire i computer è facile, è capire le persone che è
difficile. - Lanciò un'occhiata a Cindy ancora priva di sensi. Prese la sedia e
andò ad accomodarsi accanto a lei.
Diggle sorrise. - Da
quanto tempo vi conoscete?
- Da tutta una vita. -
Sorrise ricordando il primo incontro con quello scricciolo impaurito ma dagli
occhi fieri.
Allungò la mano e le scostò il ciuffo dalla fronte. Luke non fece in
tempo a compiere la carezza che Cindy si svegliò all'improvviso bloccandogli il
braccio, impaurita.
- Ehi, ragazzina. -
Sorrise più tranquillo.
- Ti ho detto mille
volte di non chiamarmi ragazzina! - Tossì per il troppo ossigeno.
- Calma, calma. - Si
avvicinò Diggle rimettendola distesa. - Non ti devi agitare,
altrimenti rischi che i punti si riaprano.
- Gira a sinistra. Il
cattivo di turno è entrato nel vicolo. - La donna rimase in ascolto, attenta a
seguire la scena sul video ripreso dalle telecamere della città. - Ottimo
lavoro, Batman.
- Felicity, - Andrew
entrò nella sala comandi. - Non dovresti stancarti, dovrò fare un bel
discorsetto al Signor Wayne, ti fa lavorare troppo!
- Andrew, te l'ho detto mille volte e te lo ripeto ancora:
Brainiac mi ha solo cancellato la memoria, non mi ha reso invalida! - Si alzò e
con un gesto della mano spense i monitor, schioccòle dita e le luci della stanza si accesero. - Sto bene, mi sento bene, sono in ottima forma. -
Mostrò il muscolo del braccio. - Allenarmi con Bruce mi aiuta. Adoro fare corpo a corpo con lui. - Andrew la osservò
taciturno. - Nel senso che gli esercizi di rilassamento e potenziamento
muscolare mi fanno stare bene, non volevo mica
intendere che è solo una scusa per ammirarlo a petto nudo. - Andrew le scoccò
un'occhiataccia, infastidito.
Felicity chiuse le palpebre
per qualche secondo, questa sua mania di dire le cose senza freni era davvero
fastidiosa. Chissà se sono stata sempre così? Si chiese tra sé.
- Ok, ho perso il mio
passato ma è anche vero che ho acquisito delle capacità informatiche fuori dal
comune. Ora posso comandare qualsiasi computer tramite la mente. - Sorrise e
con un leggero movimento della mano una musica rilassante si diffuse nell'aria.
Si avvicinò ad Andrew e gli accarezzò la guancia. - Non m’importa di non avere ricordi di noi, del nostro passato, l'importante
è che siamo qui e che possiamo vivere
insieme il presente. - Lo abbracciò.
Andrew affossò il capo
nella conca del suo collo. Inspirò a fondo. È stata la scelta migliore, si
ripeté per l'ennesima volta nella mente scacciando i sensi di colpa.
- Bionda! Non mi posso
allontanare un attimo che subito ti butti nelle braccia di un altro. -
I due si staccarono
imbarazzati. - Voglio dire, - Si avvicinò a Felicity appoggiandole il braccio
sulle spalle. - Mi assento per qualche giorno e subito mi tradisci con il Dott.
Wolfar! - Scoppiò a ridere baciandola sulla guancia. - Ciao, splendore!
- Hal! - Lo riprese
Felicity.
- Jordan! - Andrew lo fulminò con lo sguardo.
- Bruce, diglielo pure
tu a questi due che si devono rilassare, scherzare non ha mai ucciso nessuno. -
Hal avanzò verso l'uomo.
- Smettila di
stuzzicarli. - Decretò severamente
Bruce. -
Ben tornato. - Si avvicinò a Hal e gli strinse la mano.
- Tutti seriosi in
questo gruppo. Ci vorrebbe un altro eroe, - Hal mimò
le virgolette con le dita alzate in aria. - Divertente e spensierato come me. -
Si avviò verso l'uscita. - Dolcezza, appena vedrai le cose ingegnose che ti ho portato cadrai ai miei piedi.
Hal stava per uscire
ma le porte si bloccarono improvvisamente e lui andò a sbattere contro il muro
di metallo.
- Felicity! - Urlò
Hal, dolorante, massaggiandosi il viso. - Non sei divertente.
- Ah, no? Non è stato
divertente?
Bruce lanciò
un'occhiata di rimprovero a Felicity ma alla linguaccia di
lei, scoppiò anche lui a ridere.
- Bionda, per farti
perdonare, stasera vieni a cena con me e paghi tu!
Felicity roteò gli
occhi al cielo. - Mi toccherà chiedere un aumento al signor Wayne. - Sorrise
ironica verso Bruce che contraccambiò con un'occhiata seria. - Non dico che non
mi paga abbastanza ma con tutte le notti che passo con lui e i servizi extra
che gli faccio, magari ogni tanto potrebbe darmelo...
- Felicity si passò la mano sulla fronte per sistemare una ciocca di capelli, mentre
Hal Jordan scoppiava a ridere. - Voglio
dire, dirigo un reparto di tecnologie informatiche, mica
sono un famoso collaudatore di aerei come te, Hal! - Bruce la
osservò attentamente. - Beh, io amo il mio capo... intendevo il mio
lavoro!
- Forza, andiamo,
tesoro, se ti lascio continuare ti scaverai ben presto la fossa da sola! -
Halafferrò Felicity per le spalle
e la sospinse verso l'uscita. - Dottore, vieni con noi? - Chiese ad Andrew.
- Bruce? - Tentò
Felicity già sapendo quale sarebbe stata la risposta.
- Andate voi, ho delle
analisi da ultimare. Felicity, ricordati che domani dobbiamo terminare gli altri test.
Felicity sbuffò.
- Muoviti, prima che
ci ripensino. - Hal la spinse fuori dal centro operativo lasciandoli soli.
- C'è qualcosa che ti
preoccupa, Dottor Wolfar?
Andrew si voltò di
scatto a quella domanda inquisitoria di Bruce.
- Le condizioni di
Felicity. Preferirei che non si stancasse. Non dovrebbe pretendere così tanto
da lei, signor Wayne.
- È solo questo?
- Cer-to, che altro ci
dovrebbe essere? - Vacillò, sprofondando in
poltrona.
- Sensazioni. - Bruce lo guardò a lungo dritto negli occhi. - Tu conosci Arrow?
Continua...
Angoletto di Light
Prima di tutto, volevo
dirvi: GRAZIE
È sempre una gioia
ritrovarvi a ogni mia nuova storia. Ritrovare il vostro affetto è una cosa che
mi emoziona molto e mi fa tanto bene <3
Continuate così :D
Torniamo a noi! La
storia da questo capitolo ha preso realmente il via.
Coccoliamo ancora un
altro po’ Oliver prima di lasciarlo a …. Ops, STOP, spoiler!
Felicity è viva ma
Brainiac per salvarla (in seguito scoprirete altro) le ha cancellato il passato
e tutto quello che riguarda Oliver, ma sarà così?
Bisognerà attendere i
prossimi capitoli per saperlo.
Sono stati introdotti
molti personaggi nuovi. Tra tutti: Cindy (Sin) e Luke.
Il loro filone di
storia si collega alla OS che ho scritto su di loro: Cappuccetto
Rosso passate di là per capire meglio com’è andata tra Roy – Cindy
– Luke.
Abbiamo anche
incontrato la squadra di Batman – alias Bruce Wayne, non vi dico niente,
per non correre il rischio di spoilerare ma attenti ai dettagli, ok?
Vi auguro un felice natale, che la dolcezza di questi giorni riempia il cuore
oltre la panza.
Ci rotereleremo, ehm…
volevo dire: ci rileggiamo lunedì ;)
Quest’anno niente
pause, piccolo regalo di natale.
Se non l’avete ancora
vista, passate dalla mia raccolta Before,
un insieme di OS autoconclusive che raccontano cose è successo tra Oliver e
Felicity dopo la fine della seconda e l’inizio della terza stagione, ho appena
pubblicato la seconda: No Porky, No
Study
Cindy si aggirò per l’appartamento osservando con attenzione
l’ambiente. Nulla era lasciato al caso, ogni spazio, ogni mobile era stato studiato attentamente per essere funzionale e pratico.
Il nuovo covo di Arrow era stato progettato sia per ospitare il team sia per
fungere da base operativa. Nessuno degli abitanti di The Glades sospettava che quella insignificante palazzina in realtà celasse la sede
operativa di Arrow.
Entrò nella sua stanza. La luce che filtrava dalla grande vetrata le
lasciava una sensazione di libertà. Il calore del sole illuminava l’ambiente e
si sentì come se fosse a casa.
Chiuse gli occhi per un attimo, piacevolmente sorpresa di constatare il silenzio che regnava nell’edificio.
- La tua camera è più bella della mia, ragazzina.
Cindy sorrise ancora a occhi chiusi. Luke le scompigliò i capellipronto e
puntuale come era abituato a fare.
- Se faccio anch’io gli occhi dolci, secondo te mi danno una nuova
sistemazione?
Cindy si voltò a guardarlo e dopo un attimo scoppiarono a ridere.
- Io non ho fatto gli occhi dolci a Oliver!
- Lo so, non mi riferivo a lui.
A quella provocazione Cindy si staccò da lui. Odiava essere un libro
aperto per Luke, lui aveva sviluppato, nel corso della loro relazione, una
particolare abilità nell’interpretarla, tanto spesso la lasciava basita per la
sua perspicacia.
- Sei sicuro? – Chiese Cindy dopo un lungo silenzio. Si era
avvicinata alla finestra e aveva lasciato vagare lo sguardo lungo le strade
della città.
- No. – Luke le appoggiò il braccio sulle spalle. –
Possiamo provarci. - Sospirò. - È da troppo tempo che scappiamo, con loro
avremo la possibilità di rifarci.
Cindy sospirò e si concesse qualche secondo per lasciarsi andare.
Appoggiò il capo al petto di Luke. Stava andando tutto troppo velocemente per i
suoi gusti. Troppa confusione, sia nel cuore sia nella mente, che non le
permetteva di essere lucida. Non credeva che rivedere Roy l’avrebbe
scombussolata così tanto.
- Disturbo?
I due si voltarono di scatto sorpresi da quell’intrusione.
Incontrarono l’espressione severa di Roy che li osservava taciturno.
- Le hai prese anche oggi da Oliver? – Chiese
Cindy, sarcastica, notando lo zigomo tumefatto.
- Io non le ho prese da Oliver! – Puntualizzò Roy piccato.
– Succede se combatti, è il modo migliore per allenarsi.
- Vedila come ti pare, il risultato non cambia.
Cindy alzò le spalle con noncuranza e fece per uscire dalla stanza, ma Roy le sbarrò la strada con il braccio.
- Restate?
- Abbiamo alternative? – Intervenne
Luke per stemperare la situazione elettrica che si era creata tra loro. –
Come potremmo rifiutare una proposta del genere? – Fece l’occhiolino a
entrambi. – Ho bisogno di alcol, avete qualcosa di degno da bere in
questo posto, vero?
Senza aspettare risposta, Luke li lasciò da
soli.
Black Queen? Bruce sorrise leggendo quel nick.
Felicity si voltò di scatto, chiudendo le schermate dei vari monitor
con un segno impercettibile delle palpebre, quando avvertì la sua presenza.
Bruce si accomodò alla scrivania. – Che stai combinando? – Chiese a bruciapelo senza distogliere lo sguardo dalla
documentazione.
- Volevo essere sicura prima di parlartene. – Felicity si
accomodò davanti a lui. Inspirò a fondo e poi si appoggiò con tutto il corpo
alla scrivania. – Tu che cosa sai del mio passato?
Bruce la osservò attentamente cercando di
intuire che cose le stesse passando per la testa. Non era nuovo a rispondere a
quella domanda. Quasi a scadenza regolare, Felicity gli proponeva la stessa
identica domanda, proprio come stava facendo in quel momento. Si appoggiò allo
schienale della sedia e incrociò le braccia al petto.
Felicity si sentiva infastidita da quegli occhi che la scrutavano con
tanta attenzione, ma dei quali non riusciva a decifrare i pensieri.
- Lo so, avevo promesso di non pensare più al passato, però non riesco
a non darmi risposte. Il buco nero che c’è nella mia memoria non mi lascia in
pace. – Si alzò di scatto. – Non ne posso parlare con Andrew. Ogni
volta che tento di affrontare l’argomento, lui si irrigidisce
e chiude ogni possibilità di fornirmi risposte. Bruce, tu sei l’unico con cui
posso confidarmi. – Abbassò il capo imbarazzata per quell’intimità. - È
come se anche tu condividessi il mio stesso buio. Io ho la necessità di avere
delle risposte, sono quasi due anni che le cerco, e no, non mi sono rassegnata.
– Alzò l’indice verso Bruce per fermare ogni sua azione d’intervento.
– Sì, ho provato le tecniche di meditazione che mi hai insegnato. Chiudo
gli occhi e mi tuffo nel buio nella mia mente ma non riesco a concentrarmi.
Sono presa d’assalto da miriadi d’immagini. Ci sei tu, c’è Hal, Andrew, voi che
combattete, i computer, le strade della città nel pieno caos e poi… - Si bloccò
incapace di rivelare oltre.
- E poi? – Sollecitò Bruce.
- Quegli occhi. Più tento di associarli a un viso e più mi perdo nei
meandri bui della mia mente. – Si portò le mani alla testa. Il respiro si
fece affannoso. – Ho bisogno di risposte. In rete non riesco a trovare niente che mi colleghi al passato. Brainiac ha cancellato ogni traccia di me, proprio come ha
fatto con i miei ricordi. Per quanto ne so, potevo essere una pazza assassina
che chissà per quale strana ragione qualcuno ha deciso di salvare,
riformattando il suo cervello e la sua vita.
- Ehi, - Bruce si alzò e le appoggiò una mano sulla spalla. – Ti
posso garantire che non sei una pazza assassina. Felicity, tu non potresti fare
del male neanche a un fiore. Non è insito in te il gene della cattiveria. - Le
sorrise dolcemente. Appoggiò le sue mani sulle sue guance e le accarezzò
lentamente con il pollice. - La mia risposta resta sempre la stessa: non so
nulla del tuo passato. L’unica cosa che so di te è che stavi male, tanto da
rischiare di morire. Il dottor Wolfar mi ha chiesto aiuto per salvarti. Insieme
abbiamo trovato Brainiac sulla nostra strada. Ti ha
guarito e riportato in vita. Questo è tutto quello che so su di te. –
Terminò calmo.
Felicity abbassò il capo allontanandosi di qualche passo da lui.
– Scusami. Cado sempre nello stesso errore. Mi sono lasciata andare,
ancora.
Bruce la voltò verso di sé. – Sei una persona sensibile,
Felicity. È normale che tu ceda alle emozioni.
- Io vorrei solo controllarle come fai tu… - Bruce irrigidì la
mascella a quella verità. - Nel senso che vorrei essere capace di non far
trapelare le mie insicurezze come un fiume in piena, ma vorrei essere rigida e
dura come una roccia proprio come sei tu, niente ti scalfigge, tutto ti scivola
addosso, non perdi la lucidità neanche per un istante. – Appoggiò la mano
sul petto di Bruce. – Qui sotto c’è un cuore che batte, ma questo lo
sappiamo tu ed io, non il mondo esterno.
Bruce fece scivolare la mano su quella di Felicity e gliela strinse
dolcemente.
- Felicity, apprezza la seconda possibilità che ti ha donato la vita.
Non perderti correndo dietro a un passato sconosciuto, guarda avanti senza
voltarti. Chi eri, cosa hai o non hai fatto, non ha più importanza ora. Quel
che conta è cosa fai e come sei oggi, questo è la differenza.
Felicity si alzò sulle punte dei piedi, afferrò tra le mani il viso di
Bruce e lo baciò teneramente sulla guancia. –
Grazie.
- Ora mi vuoi dire cosa stai combinando? – Bruce si sedette
nuovamente alla sua scrivania.
Felicity sbuffò divertita. – Non ti sfugge mai niente? Ed io che
credevo di disorientarti con l’ennesimo atto della mia personale tragedia
“Dov’è il mio passato” – “Chi sono io?”.
Bruce le scoccò un’occhiataccia severa.
- Va bene. Hal ha ragione ad affermare che in questo gruppo ci sono
troppi seriosi. – Bruce la guardò dritta negli occhi. – Non ho
detto che tu non sai essere divertente…
- Felicity, - La interruppe.
Felicity inspirò per ritrovare la concentrazione. - Ho trovato una
falla nel sistema nell’archivio dei prototipi di qualche anno fa. – Con
un cenno dell’indice accese i vari monitor sui quali comparvero le videate
degli schemi di ogni prototipo ai quali stavano lavorando le industrie Wayne.
- Sono i progetti per gli arti artificiali. – Bruce si alzò e
affiancò Felicity, osservando con attenzione i monitor. – Cosa c’è di
strano?
- Questi. – Felicity chiuse le altre finestre lasciando i
progetti degli arti superiori e inferiori per l’uomo. – Ho trovato un virus spia, si è intrufolato nel sistema come un cavallo
di troia. Per molto tempo è stato innocuo, ho rintracciato una certa attività
di spia un anno e mezzo fa, poco prima del mio arrivo, ma l’altro giorno si è
attivato innescando un processo di sfondamento dei firewall che avevo
installato per proteggere i dati dei server.
- Sei riuscita a intercettare il segnale?
- Sì, non è preciso, ma ho localizzato la persona che si è introdotta
nei nostri archivi, risiede in una zona di Starling
City: The Glades.
- Cerca di trovare una posizione più precisa.
- Che intenzioni hai?
- Non hai voglia di fare una gita?
Bruce sorrise soddisfatto. Raccolse la documentazione dalla scrivania
e si avviò verso l’uscita. – Ti concedo ventiquattro ore, Black Queen!
- A cosa stai pensando? – La domanda di Oliver fece sobbalzare
Cindy che si girò di scatto portandosi sulla difensiva.
Quando incontrò gli occhi privi di ogni emozione di Oliver, non seppe
perché, ma si rilassò, per un attimo la sua domanda gli era sembrata un’accusa
per quell’intrusione.
- Sto pensando a un sacco di cose. – Si allontanò da lui e si
accomodò sullo sgabello, giocherellando con una punta delle frecce di Roy.
- Non è un caso che tu e Luke siate tornati a The Glades, vero?
Cindy alzò il capo di scatto. Beccati, pensò sorpresa. – Abbiamo
saputo di strane morti verificatesi in questo periodo, alle
quali non si è riusciti a dare ancora una spiegazione. C’è qualcuno che
si sta divertendo a giocare al bersaglio fantasma solo per provare i suoi
prototipi di morte.
- Stiamo indagando anche noi. La situazione non è semplice. Ogni
giorno che passa c’è sempre qualcuno che perde la vita. Le vittime non hanno
nessun denominatore comune.
- Alcuni erano amici, altri conoscenti, altri ancora conosciuti,
nessuno… - Cindy si interruppe ametà.
- Era Roy. – Terminò serio Oliver per lei.
- Nessuno era colpevole. – Cindy lo
freddò severa. – Solo vittime. Questo pazzo deve
essere fermato. Così Luke ed io ci siamo messi a indagare, anche se finora non
abbiamo trovato nulla. Questo tizio sa nascondere le sue tracce fin troppo
bene. È molto astuto, abile a nascondersi e agisce nell’ombra con molta
sicurezza, come se fosse il burattinaio delle vite degli abitanti diStarling City. Non siamo ancora
riusciti a capire come uccide le vittime.
- Collaboriamo. – Intervenne Luke e si andò a sedere vicino a
Cindy. – Insieme saremo una forza!
Roy affiancò Oliver seguito da Diggle.
- Noi offriamo una rete d'informatori e conoscenze informatiche delle
migliori e voi mettete a disposizione la vostra forza, esperienza e i
gioiellini tecnologici. Siamo una squadra perfetta.
Luke guardò tutti speranzoso ma ricevette in cambio solamente sguardi
severi. Si alzò in piedi e fronteggiò Oliver. – Avete bisogno di noi come
noi di voi.
Roy osservò il viso di Luke e poi si soffermò su quello di Cindy. La
squadra ritorna, pensò soddisfatto. – Si può
fare. – Appoggiò la mano sulla spalla di Oliver.
- Va bene. – Decretò infine Oliver. Dovevano unire le forze se
volevano fermare quel pazzo.
All’improvviso l’allarme intrusione scattò mandando in tilt i
computer.
- Che succede?
Luke senza rispondere a quelle inutili domande si mise al computer.
– Maledetta, ha hackerato i miei firewall.
Beccati questo!
- Che succede? – Chiese nervosamente Oliver.
- Black Queen, la mia nemesi. Mi ha scovato, probabilmente non ha
gradito la mia intrusione nel suo archivio d’informazioni dell'altro giorno.
Non ti preoccupare l’ho neutralizzata, non ci darà più noia, i nostri sistemi
sono al sicuro.
L’allarme intrusione riprese a lampeggiare sullo schermo. – Non
è possibile!
- Sai, dove si trova?
- Non ancora ma t’invierò a breve le coordinate sul gps.
Oliver afferrò arco e frecce e sfrecciò via in sella alla sua moto.
È un osso duro, pensò Felicity mentre cercava di contrastare
l’ennesimo firewall.
Bruce aveva preferito lasciarla tranquilla in quella caffetteria,
piuttosto di portarla con sé a una di quelle noiose riunioni aziendali che lei
non sopportava. Tante chiacchiere e alla fine dei giochi non si concludeva mai niente di concreto. È business, Felicity, le
ripeteva ogni volta Bruce, purtroppo anche questo serve alle industrie Wayne.
Erano arrivati da poche ore a Starling City
e subito la frenesia di quella città li aveva sommersi. Al tavolo del bar,
sorseggiava il suo caffè nero e proseguiva la sua guerra contro l’intruso fatta di firewall e sistemi incastranti e
insidiosi come labirinti.
All’improvviso l’allarme del gpscriptato l’avvertì che il tipo aveva rintracciato il suo
segnale. Chiuse velocemente il tablet attivando
segnali contrastanti, con i quali sperava di
disorientare il suo avversario e guadagnare il tempo necessario di cambiare
posizione.
Mentalmente si collegò via wifi ai cellulari
che poteva localizzare vicino a lei e iniziò a inviare dati tessendo una fitta
rete di protezione su se stessa.
A passo svelto si allontanò dalla caffetteria. Attraversò la strada.
La suoneria del cellulare la fece sobbalzare. Sei una stupida Felicity, pensò a
quanto era stata sciocca a spaventarsi.
- Andrew! Dove sono? – Si bloccò all’improvviso al clacson del
camion che stava piombando a tutta velocità su di lei. – Oh. Mio. Dio. – La paura bloccò le sue azioni. Chiuse
gli occhi aspettando l’inevitabile, mentre nelle orecchie sentiva solo il suono
della voce concitata di Andrew che urlava il suo nome spaventato.
Si sentì afferrare per la vita e volare in aria. Si aggrappò forte al
suo salvatore nascondendo il viso nel suo petto. Atterrarono pesantemente sul
marciapiede del vicolo. Rotolarono per un paio di metri. Le mani dell'individuo
la strinsero meglio al suo corpo proteggendole il capo.
- Stai bene? – Solo a quella domanda si rese conto che tutto era
finito ed era salva. Lasciò andare la giacca del suo salvatore che aveva
stretto con forza per tutto il tempo.
L’esplosione del camion fu durissima. Felicity spaventata rifugiò il
viso nel suo abbraccio.
- Ehi, - La mano accarezzò delicatamente il suo capo. – Va tutto
bene. Sei ferita?
Felicity si staccò leggermente da lui. A parte il ginocchio sbucciato,
constatò che era tutta intera.
Il tipo aiutò Felicity ad alzarsi e la luce del lampione rivelò il suo
volto.
- Felicity… - Oliver pronunciò quel nome che da troppo tempo custodiva
gelosamente dentro di sé. Fece un passo verso di lei, incredulo che stesse
accadendo.
- Come sai il mio nome? – Chiese Felicity disorientata,
indietreggiando impaurita.
- Sei proprio tu. – Oliver eliminò velocemente la distanza che
li divideva e l’abbracciò stretta a sé. – Mio. Dio. Non ci posso credere.
– Sussurrò. – Sei tu. – La strinse più forte inspirando e
riconoscendo il suo profumo. Affondò il viso nella conca del suo collo. Le sue
labbra si appoggiarono sulla pelle delicata di Felicity.
- Lasciami! – Si divincolò terrorizzata.
- Felicity… - Disse piano, disorientato dalla sua reazione. –
Sono io. – Oliver si tolse la maschera e calò il cappuccio.
Felicity s’irrigidì a quella rivelazione. Il viso, illuminato dalla
luce del lampione, le rivelò i suoi occhi. Quegli occhi!
Allungò la mano verso quel viso fino a sfiorarne delicatamente la
guancia. Oliver a quel contatto chiuse brevemente le palpebre e dopo un attimo
appoggiò la mano sulla sua.
Era tutto vero. Non stava sognando. Le sensazioni che stava provando erano vere, no, la sua mente non poteva
giocargli uno scherzo del genere. Le emozioni che il suo cuore stava sentendo
erano troppo forti per essere frutto della sua
immaginazione.
Strinse forte la mano di Felicity e la trascinò vicino a sé. Fu un
attimo. Si guardarono negli occhi per qualche istante e poi la baciò con tutto
l’amore che aveva sepolto dentro di sé.
Felicity a contatto con quelle labbra s’irrigidì. Immagini del passato
e del presente si abbatterono sulla sua mente con l’irruenza di un uragano.
Più il bacio diventava profondo e intimo più il suo cervello entrava
nel caos, fino a quando il suo sistema neuronale, potenziato da Brainiac, andò il tilt.
Una scossa percosse il suo corpo facendola tremare tra le braccia di
Oliver.
- Felicity! – Urlò disperato sorreggendo tra le braccia il corpo
privo di sensi di Felicity.
- Allontanati immediatamente da lei!
Continua…
Angoletto di Lights
Senza parole. Oliver e Felicity si sono incontrati, e ora?
Quali misteri si nascondono dietro il ritorno di Luke e Cindy a Starling City?
La nuova base di Arrow è troppo figa, ma
resterà così a lungo?
Bene, detto questo, vi lascio con più domande che risposte, provate
voi a darle, chissà, magari qualcuno ci azzecca :D
Ci si rilegge lunedì 12 gennaio
Buona fine e buon inizio, che il 2015 ci
possa regale già da subito tante emozionanti sorprese, proprio quelle che
sconvolgono e stravolgono la nostra vita, come succederà a Oliver e Felicity.
Oliver si girò di scatto, stringendo
a sé il corpo inerme di Felicity. Lasciò vagare lo sguardo sulle due figure che
lo fronteggiavano.
Due uomini. Uno era incappucciato e
indossava un vestito di pelle nero che ricordava un pipistrello. L’altro,
invece, portava una tuta verde, una maschera sugli occhi dello stesso colore e
uno stemma a forma di lanterna sul petto.
- Chi siete? Che cosa volete?
- Questo non ti riguarda. -
Intervenne l'uomo in verde. - Obbedisci e non ti faremo del male.
- Te lo puoi anche scordare. - Senza
attendere oltre, Oliver puntò in aria il braccio, scoccando la freccia che
portava sul dorso.
Fece leva sulle gambe e con uno
slancio si spinse verso l'alto, tenendo saldamente tra le
braccia Felicity ancora svenuta.
Stava per raggiungere il tetto del
palazzo ma una forza sconosciuta, lo bloccò in aria.
Ma che succede! Pensò allarmato. Delle
corde erano comparse dal nulla, legandogli i polsi e le caviglie. Più si
opponeva e più la presa delle corde aumentava d’intensità, costringendolo
infine ad arrendersi. Le braccia e le gambe si aprirono con forza facendogli
perdere la presa su Felicity, che cadde nel vuoto.
- No! - Urlò con terrore Oliver, ma
prontamente l'incappucciato accolse il corpo di Felicity tra le sue braccia.
Oliver fu trascinato di peso a terra
e confinato in un angolo.
- Sta bene, Batman? - Chiese l'uomo
in verde.
- Sì, Lanterna. Deve essere svenuta.
Si sta risvegliando. - Rispose l'uomo pipistrello.
- Fermi! Dove la volete portare? -
Oliver urlò furioso.
Lanterna guardò Batman e sospirò
contrariato. - Questo qui è un osso duro. - Incrociò le braccia al petto
osservando i vani tentativi di Oliver di liberarsi.
- Lanterna, prendi Felicity. - Batman
affidò la ragazza all'uomo.
- Ehi, bionda. - Disse tenero,
accogliendo con un sorriso il risveglio di Felicity. - Stai bene?
Felicity sbatté un paio di volte le
palpebre per mettere a fuoco il viso dell’uomo.
- Perché sono tra le tue braccia? Che
è successo? - Sgranò gli occhi. - Ci siamo baciati?!
Lanterna rise di gusto. - Solo nei
tuoi sogni, dolcezza... per ora.
Felicity assunse un colorito bordeaux e tuffò il capo nel petto dell'amico.
- Sei un idiota, Lanterna!
- Felicity! - Oliver urlò ancora più
disperato.
Felicity voltò il capo di scatto e lo
vide. Lasciò vagare lo sguardo su quell'uomo che invocava con tanta
disperazione il suo nome e poi si soffermò sui suoi occhi.
Quegli occhi, pensò tra sé cercando
con tutte le sue forze di ricordare a cosa fossero legati. Si portò una mano
alla tempia, chiuse le palpebre ma non vide altro che buio.
- La mia testa. - Si lamentò Felicity
sofferente.
- Portala via. - Ordinò Batman,
Lanterna acconsentì con il capo. - Liberalo pure, ci penso io a lui.
- Come vuoi,
Batman. Stai attento con furia scatenata! - Sfrecciò via in sella alla sua
moto, lasciando dietro di sé il buio della notte.
- No! - Oliver, finalmente libero, si
scagliò contro Batman.
I due iniziarono a combattere a colpi
di pugni. Oliver attaccava con tutta la rabbia che aveva in corpo e Batman
respingeva senza mai infierire, lasciandolo sfogare.
Andarono avanti per diversi minuti.
Oliver sferrò l'ultimo pugno e Batman lo respinse
allontanandolo da sé.
- Ora basta!
- Questo lascialo decidere a noi. -
La voce severa di Roy s'infranse nel vicolo.
Batman si voltò lentamente: la punta
della freccia dell’arciere rosso era puntata contro di lui. A pochi metri di
distanza si accorse che c'era un uomo di colore che lo teneva sotto il tiro
della sua pistola.
- Sono arrivati i rinforzi. - Batman sorrise beffardo. - Sarà per un'altra volta, Arrow.
Batman si librò in aria
all'improvviso, scagliando su di loro le lame affilate delle bat-lance nel tentativo di aprirsi un varco, ma una delle
frecce scagliate riuscì lo stesso a colpirlo alla spalla.
- Luke! - Oliver entrò nell'Arrow
Cave come una furia. - Devi trovarmi Felicity!
Luke e Cindy lo guardarono straniti.
- Felicity?
- Non discutere,
fallo.
- Di grazia, e come dovrei
rintracciarla?
- Questo non mi interessa,
sono problemi tuoi, trovamela. Analizza ogni segnale, ogni video della città,
al costo di rivoltare come un calzino la rete, ma la
devi trovare!
- Oliver, - Intervenne Diggle
avvicinandosi con cautela. - Sei sicuro che fosse lei?
Oliver scattò verso di lui con
rabbia. - Non sono pazzo, Dig! L'ho tenuta tra le mie braccia. Era lei. Era
Felicity.
- La troveremo. - Confermò serio Roy,
appoggiando la mano sul braccio di Oliver.
Luke e Cindy si scambiarono un
impercettibile scambio di intensa che non sfuggì a
Roy.
- Ti aiuteremo. - E senza aggiungere
altro, Cindy si avviò verso l'uscita.
Cindy si bloccò nel vicolo. Attese
qualche secondo e poi sospirando esasperata si voltò.
Non è possibile che il mio istinto si
sia sbagliato, disse tra sé e sé stupita di non aver scorto nessuno alle sue
spalle.
Sorrise di se stessa, a volte era fin
troppo paranoica, ma la colpa era tutta della vita che era stata costretta a
fare in quegli ultimi tempi.
Si voltò per riprendere la strada e per poco non morì di spavento nel trovarsi Roy di fronte.
- Sei un idiota! - Cindy sferrò un
pugno al petto di Roy ma lui prontamente la bloccò.
- Sin, troppo facile. - La canzonò
facendola scontrare contro il suo petto. Abbassò il capo per osservarla dritta
negli occhi. Scorse un lampo di sfida. Cos'è questo profumo? Un'intensa
fragranza gli solleticò le narici. Buono, si avvicinò
di più al suo viso per sentire meglio.
Cindy si ritrasse con forza, a
disagio per quella vicinanza, e lo guardò in cagnesco.
- Non farmi perdere tempo.
- Allora vengo con te.
- Non hai altro da fare?
- No.
Cindy grugnì esasperata. - Se ci
tieni... - Si avviò per la strada.
Roy sorrise soddisfatto e dopo
qualche secondo la raggiunse affiancandola.
Restarono per lo più in silenzio,
scambiandosi lo stretto necessario di informazioni.
- Così... - Iniziò Roy, titubante se
addentrarsi o meno in quel tortuoso discorso. - Sei
stata via con Luke per tutto questo tempo?
Cindy non rispose. Trattenne il
respiro, non si aspettava che Roy avrebbe affrontato l'argomento, credeva che
sarebbero rimasti nel solito limbo delle cose non dette.
- Aveva bisogno di me. - Cindy
allungò il passo.
Roy l'acciuffò per il braccio e la
riportò indietro, facendola girare.
- Sin, anch'io avevo bisogno di
averti al mio fianco in quel momento. - Strinse più saldamente la presa sul suo
braccio. - Mi hai abbandonato, te ne sei fregata di me.
- Questo non è vero! - Cindy rispose
con forza a quell'accusa. - Se fossi rimasta con te
non saresti quello che sei ora. Luke aveva bisogno del mio aiuto. Sapevo che
Arrow ti avrebbe ingaggiato nella sua squadra, il tuo destino era già scritto.
Come vedi, non mi sbagliavo. Ho dovuto fare una scelta e...
Roy lasciò il suo braccio. - Hai
scelto Luke. Capito.
Cindy inspirò profondamente a quella
mezza verità.
Piccioncini, se avete finito di
tubare, avrei delle novità. La voce irriverente di Luke li
colse di sorpresa. Per un attimo si erano dimenticati di cosa stessero facendo.
Cindy voltò lo sguardo alla telecamera
del vicolo e alzò il dito medio nella sua direzione.
Una vera principessa. La risata di Luke risuonò nelle loro
orecchie. Jack vi aspetta all'angolo dell'ottava strada. Al solito posto e
Sin... porta della birra, il nostro amico ha sete!
- Grazie, Dottore. - Disse Batman
quando terminò di medicargli la spalla.
Andrew fece un cenno con il capo e
poi si concentrò a rimettere a posto il materiale medico.
- Sto valutando di chiedere ad Arrow
e alla sua squadra di collaborare con noi. È da diverso tempo che li tengo
d'occhio. Non avrei mai creduto che avrebbero intercettato la posizione di
Felicity. Hanno una buona intesa. Che cosa ne pensa? - Chiese con indifferenza.
Andrew perse la presa sul vassoio
degli strumenti medici che finirono rumorosamente sul pavimento. - Che sbadato.
Il silenzio calò tra i due.
- Credo sia prematuro. - Rispose
infine Andrew con un tono di voce molto serio. - Poi loro sono a Starling City, sarebbe scomodo operare insieme.
Bruce soppesò pensieroso la sua
risposta.
- Arrow ha avuto una
risposta un po' troppo forte nel voler proteggere Felicity. Rabbia e
determinazione non l'hanno fatto mollare neanche per un secondo, ha lottato per
lei fino alla fine. È una reazione esagerata per difendere una sconosciuta, non
trova? - Insinuò Bruce, appoggiandosi al tavolo a braccia conserte. Dopo
qualche istante posò severo la sua mano sul braccio di Andrew. - Come fa Arrow
a conoscere Felicity?
Andrew si girò di scatto. Non riuscì
a sostenere lo sguardo inquisitorio di Bruce.
Si sedette di peso sulla sedia e
sospirò sconfitto.
- Non immaginavo che Felicity avrebbe
avuto una reazione così forte nel rivedere Arrow. Confessò piano.
- Spiegati. - Il tono inflessibile
usato da Bruce sollecitò Andrew a proseguire.
- Arrow fa parte del passato di
Felicity, quello legato a Starling City. Non so in
che modo, ma collaborava con lui. Brainiac ha
cancellato i ricordi di Felicity per resettare il suo sistema neuronale.
- Dimmi qualcosa che non so. - Lo
riprese severo Bruce.
- Non avevo la certezza che ci
sarebbe riuscito, mi ero già rassegnato a perderla per sempre. Brainiacmi riferì che l'unico
modo di salvare Felicity era quello di eliminare la sua vita passata, creare un
vuoto nella sua mente, che avrebbe ricolmato solo con i ricordi del presente,
con noi, con me. Distruggere totalmente Felicity 1.0 per creare una nuova
versione potenziata ma soprattutto sana a livello genetico: una Felicity 2.0.
Felicity è destinata a fare grandi cose, mi disse Brainiac
quel giorno quando lo incontrai ed io non ho esitato un attimo ad accettare. La
sua nuova vita sarebbe stata migliore al mio fianco...
Bruce lo
guardò serio.
- Ho scelto di vivere nella menzogna
e portarmi questo peso sul cuore, piuttosto che perderla per sempre.
- Che vuoi dire? - Bruce gli appoggiò
una mano sulla spalla.
- Ho mentito a Oliver Queen. Gli ho
fatto credere che Felicity fosse morta e come prova gli ho lasciato il video
che lei stessa aveva preparato per spiegare la sua scelta di andare via da lui.
- Oliver Queen?
- È l'erede della famiglia Queen di Starling City, è l'amministratore delegato della Queen Consolitaded. Lui e Felicity stavano insieme.
- Perchè
hai mentito a Oliver Queen?
Andrew strinse le mani a pugno. - Perchè lui non la meritava. Felicity ha bisogno di me e non
di Queen. Lui l'ha fatta ammalare, soffrire con il suo egoismo. Le ho dato solo
la possibilità di rifarsi una vita, una nuova vita più
serena, più felice.
Bruce incrociò le braccia al petto
pensieroso.
- Ne sei sicuro? Come hai potuto
decidere per Felicity? Le hai nascosto la verità e hai mentito a me. Hai agito
solo per il tuo egoismo.
- Non è vero! - Urlò Andrew contro
Bruce. - Oliver Queen non la merita, come non la merita
Arrow! La vita di Felicity era in pericolo ogni giorno. Lei si è ammalata per
colpa loro. Arrow l'ha solo sfruttata e nient'altro. Queen è solo un riccone
egoista che quando ha saputo della sua malattia l'ha lasciata da sola!
Bruce fece qualche passo e si
affacciò alla grande vetrata pensieroso. Dopo un lungo istante ritornò a
guardare Andrew.
- Arrow, Oliver Queen sono la stessa persona e lei questo lo sapeva, non è vero,
Dottor Wolfar? - Decretò infine.
- Tutto quello che ho fatto è stato per il bene di Felicity. Quell'uomo non dovrà
più entrare a far parte della vita di Felicity: né come Arrow, né come Oliver
Queen. - Andrew terminò serio sostenendo lo sguardo severo di Bruce.
- Dottor Wolfar, non spetta a noi
decidere. Felicity non è un burattino tra le sue mani. - Bruce lo freddò duro.
- Se anche lei tiene a Felicity,
dovrà fare di tutto per tenere il più lontano possibile Oliver Queen da lei.
Bruce guardò Andrew per un'ultima
volta, serio in volto, e poi si congedò senza aggiungere altro.
- Beccati! - Esultò Luke.
Diggle si avvicinò e lo interrogò con lo sguardo.
- Ho trovato il filmato del
combattimento, guarda. - Avviò il video.
Diggle lo analizzò
con attenzione e si sorprese di quello che era successo.
- Avete fatto progressi? - Tuonò
Oliver arrivando di corsa.
- Oliver, - Chiamò Dig.
- Luke ha trovato il video del tuo combattimento con il pipistrello.
- Batman! - Intervenne compiaciuto
Luke.
I due lo guardarono straniti.
- Batman, - ripetè.
- Volete farmi credere che non avete mai sentito parlare di lui? Praticamente è come se fosse un tuo collega. È l'eroe di Ghotam City. Credevi di essere l'unico a combattere il
crimine? - Rise di gusto all'espressione contrariata di Oliver.
Diggle prese
per il braccio Oliver e si appartarono lontani dalle orecchie indiscrete di
Luke.
- Oliver, ho visto il video del
combattimento che hai avuto con questo tizio. Che cosa ricordi? - Gli lasciò qualche secondo per permettergli di fare mente
locale. - Esatto, - Confermò quando si rese conto di quello che era accaduto. -
Non ti ha mai attaccato. Ha solo schivato i tuoi colpi, come quasi volesse
farti sfogare e non infierire. Hai notato con quanta cura si sono occupati di
Felicity? Quasi facesse parte del loro team. - Diggle fece una lunga pausa. -
Oliver, - Riprese piano. - Se Felicity avesse perso la memoria? Non ha avuto
nessuna reazione nel rivederti, anzi, era addirittura spaventata da te.
- Gotham City! - Esclamò Cindy
arrivando trafelata seguita da Roy. - Felicity è arrivata l'altro giorno con un
aereo proveniente da Ghotam.
- No! - L'urlo di Luke fece voltare
tutti quanti. Il video che stava esaminando si era cancellato. - No. No. No. -
Luke tentò di rintracciarlo per salvarne alcuni pezzi ma il virus fu più veloce
di lui. - Maledizione! - Colpì con forza la scrivania.
In pochi secondi nell’Arrow Cave si
scatenò il finimondo. Tutti gli apparecchi elettronici, i server e i computer
esplosero uno dopo l’altro, come in un effetto domino.
Roy si gettò su Cindy proteggendola
con il suo corpo, prima che l’esplosione del computer la investisse.
Restarono a terra per diversi minuti
fino a quando la situazione non tornò alla normalità.
- Tutto bene, Sin? - Sussurrò Roy non
appena Cindy aprì gli occhi. Lei fece solo un debole segno con il capo.
- Cappuccetto Rosso, se ti levi da dosso posso anche riprendere a respirare, non sei un peso
piuma!
Roy sorrise e si mise da parte
aiutandola ad alzarsi.
- Oh mio Dio, - sussurrò Luke di
fronte a quello sfacelo di rottami informatici. - Sapete cosa vuol dire? -
Guardò il resto del gruppo soffermandosi su Oliver. - Hanno dichiarato
apertamente che non ci vogliono tra i piedi.
- Preparatevi, andiamo a Ghotam. - Ordinò Oliver.
- Ho trovato qualcosa. È davvero
sconcertante come questo tizio o tizia, in fondo per quello che sappiamo potrebbe essere anche una pazza assassina. -
Sghignazzò tra sé e sé Felicity. - ... sia riuscito a lasciarsi dietro una tale
scia di cadaveri - Entrò nella sala privata di allenamento di Wayne senza
distogliere l'attenzione dal tablet. Non ricevendo
risposta alzò lo sguardo e si bloccò ad ammirare il corpo statuario dell'uomo
appeso alla barra che con forza eseguiva gli esercizi.
Bruce, all'ennesimo piegamento troppo
intenso, perse la concentrazione per lo strappo del dolore e cadde a terra.
- Bruce! - Allarmata,
Felicity si avvicinò di corsa a lui. - Tutto bene? Oh mio dio, stai
sanguinando. - Si portò la mano alla bocca, spaventata.
- Sto bene, non è niente.
- Mi dispiace. È tutta colpa mia. -
Felicity si staccò da lui sedendosi a terra. Abbassò il capo colpevole.
- Ehi, - Bruce le accarezzò la testa.
- Come ti senti? Passato lo stordimento? - Lasciò la mano sulla sua guancia e
le alzò il viso.
Felicity si accoccolò nell'incavo
della mano e si lasciò cullare dal calore di quel gesto.
- Sì, sto meglio. Ma... - Gli occhi le si velarono di lacrime. - Se non fosse per me a quest'ora
tu saresti bene.
- Non essere sciocca, Felicity. -
Bruce l'attirò a sé e la strinse tra le sue braccia. Avvertì la mano fredda di
Felicity appoggiarsi al suo petto. Il contrasto con il calore della sua guancia
lo fece rabbrividire. Le baciò il capo teneramente. Felicity aveva il potere di
sciogliere il freddo che c'era dentro di lui e scoprire il suo lato umano.
- Sei importante per me, Bruce, non
sopporto l'idea che rischi ogni notte la tua vita, soprattutto se è per colpa
mia. - Felicity si staccò da lui guardandolo dritto negli occhi. - Se ti
succedesse qualcosa... - Bruce le appoggiò l'indice sulle labbra prima che
potesse continuare oltre.
- Shhh... Non accadrà.
Felicity sorrise grata per quel
sostegno. Inspirò profondamente per ritrovare la concentrazione.
- Ho trovato tracce del tizio che sta
spargendo dietro di sé tutte queste vittime innocenti.
Bruce si sedette meglio a terra,
incrociando le gambe e le fece segno di proseguire.
- L'autista del camion che mi ha
investito, o meglio, che ha tentato di investirmi prima che Hal mi salvasse...
- Hal? - Bruce la interruppe
sorpreso.
- Sì, Hal Jordan, Lanterna Verde,
ricordi? Uomo alto, con la tutina verde attillata che mette in risalto il suo
fisico tonico e muscoloso, sguardo magnetico, sorriso invitante... -
All'occhiataccia di Bruce, Felicity smise di straparlare.
- State parlando di me? - Come se
avesse sentito di essere stato nominato nel discorso, Hal irruppe nella stanza.
- State sperimentando un nuovo modo di fare riunione? Forte! - Si sedette
accanto a Felicity, che lo guardò strabiliata. - Ciao,
bionda, ti sei ripresa? - L'attirò a sé. - Vuoi un
altro bacio? - Chiese scherzando, afferrandola dolcemente per il mento.
Felicity boccheggiò, presa in
contropiede da quella intraprendenza.
- Respira,
dolcezza. Non è ancora giunto il nostro momento. - Le fece l'occhiolino.
- Hai finito con il tuo show? - Bruce
lo riprese severamente. - Felicity mi stava dicendo che l'autista del camion
che la stava per investire, se non fosse stato per il tuo intervento, è
collegato con il nostro mister X.
Hal scambiò uno sguardo complice con
Bruce. - Ne sei sicura? - Chiese serio a Felicity.
- L'autista è stato colpito a morte.
L'hanno trovato privo di vita e macchiato di sangue. Non sono riusciti a capire
chi o che cosa l'abbia ucciso. Il modus operandi è lo stesso delle altre
vittime. Persone innocenti colpite al cuore da non si sa
cosa e morte all'istante. Oltre a Ghotam ha iniziato
a colpire anche a Central City. E se... - Si bloccò massaggiandosi la tempia. -
… c'entrasse il tipo che ci ha attaccato?
- No, lui non è coinvolto. - Bruce si
alzò in piedi e si avvicinò alla scrivania. Raccolse la maglietta dalla sieda e
la indossò.
- Bruce! Non lo puoi sapere! -
Continuò Felicity raggiungendolo. - Dammi del tempo e troverò senz'altro
qualcosa su di loro.
- Ho detto: no! - La voce severa di
Bruce eliminò ogni replica di Felicity, che a quell'imposizione dura sussultò
sorpresa. Raramente aveva visto Bruce comportarsi in quel modo, ma questa era
la prima volta che lo faceva con lei.
- Bruce... - Tentò ancora, più
debolmente, cercando di afferragli il braccio.
Senza rispondere oltre, Bruce uscì
dalla stanza.
Felicity stava per corrergli dietro
ma Hal la bloccò. - Non insistere.
- Che ho detto?
Continua...
Angoletto
di Lights
Ohibò!
Quante novità. La storia sta prendendo la sua piega e chissà come andrà avanti?
Lo scopriremo insieme. Oliver è pronto a partire per Gotham, prevedo guai, ho
giusto qualche sentore LOL
Eh bravo
il nostro Dottor Wolfar, ha incastrato per bene sia Felicity che
Bruce Wayne, chissà quest’ultimo che cosa farà? Seguirà il consiglio di Andrew o
interverrà per mettere le cose a posto?
Vedremo.
La prossima settimana il nostro
appuntamento si tinge di rosso.
Dato che
sarà la settimana dell’ArrowDay! Finalmente i
nostri ritornano, vi ho preparato un regalino, tutto a raiting
rosso, grazie alle collaborazione preziosa di vannagio.
Vi aspetto
Lunedì 19 gennaio con la passione
di
Proiettili
di Ghiaccio
- 5 -
- Non lo trovo per niente divertente!
- Cindy, tutta seccata, fece il suo ingresso nella sala operativa
dell'appartamento. - Perché devo indossare un tailleur, i tacchi alti e
soprattutto questa! - Indicò con l'indice la parrucca.
Irritata si scostò dal viso una ciocca dei lunghi capelli neri.
Quattro paia d'occhi si fissarono su
di lei. - Che c'è? - Chiese nervosa per quell'attenzione.
- Wow. - Esclamò Luke, estasiato,
interrompendo il silenzio che si era creato, mentre con lo sguardo scivolava
sul corpo della ragazza: le decolletè dal tacco fino,
le gambe affusolate, i fianchi fasciati dalla gonna, leggermente sopra al
ginocchio; la giacca abbottonata sotto il seno, il top color crema ricamato
delicatamente sul bordo e infine gli occhiali che risaltavano il colore
particolare delle sue iridi.
Luke le girò intorno stordito da quella novità. - Sin, dovresti vestirti così più
spesso. - Si avvicinò a lei annusando l'intensa fragranza del suo profumo. -
Sexy. - Sussurrò serio vicino al suo orecchio.
Cindy si irrigidì.
Appoggiò le mani al petto di Luke e lo sospinse dolcemente lontano da sé. Lo guardò dritto negli occhi e lui la ricambiò con uno
sguardo sincero, serio senza scherzi e prese in giro com'era solito fare.
Sexy... pensò incredula, era la prima
volta che qualcuno la definiva in quel modo. Avvertì le guance andare a fuoco.
Evitò lo sguardo di Luke, imbarazzata, e si concentrò sugli altri, accorgendosi
che anche loro ero agghindati per l'occasione.
Roy e Diggle indossavano un completo
nero in perfetto stile man in black. Oliver,
impeccabile nel suo completo grigio, era vicino al camino a rivedere le
attrezzature, e infine Luke: un paio di occhiali dalla montatura leggera, un dolcevita nero e dei jeans componevano il suo costume da
esperto informatico.
La squadra di Oliver Queen è pronta
all'azione, pensò divertita Cindy incrociando lo sguardo di Roy.
Oliver chiuse la valigetta, la
consegnò a Diggle e si avviarono verso la macchina. Un aereo li stava
attendendo. - Si parte tra cinque minuti, preparatevi. - Ordinò perentorio.
Cindy acciuffò la cartellina con i
progetti e nell’affrettarsi a raggiungerli inciampò nel tappeto.
Maledetti tacchi! Pensò irritata. Stava
per perdere l'equilibrio ma Luke la sostenne per il braccio.
- Attenta, ragazzina! - Luke le fece
l'occhiolino.
- Sbrigatevi voi due. - Roy li sorpassò dando una spallata a Luke.
- Ehi!
Cindy lo
bloccò per il braccio. - Lascia stare. Ignoralo, si crede James Bond. -
Sentenziò divertita.
Dopo qualche istante i due
scoppiarono a ridere.
Diggle si alzò dal suo posto e andò a
sedersi a fianco di Oliver che stava sfogliando il fascicolo delle informazioni
raccolte da Luke sulle industrie Wayne.
- Oliver, sei sicuro? - Chiese Dig
pensieroso.
- Assolutamente sì. È meglio che a Ghotam City arrivi Oliver Queen invece che Arrow, lui darà
meno nell'occhio.
- Lo sai, vero, che mi fai paura
quando parli di te in terza persona? - Sorrise Diggle.
Oliver ricambiò. - Felicity lavora
per le industrie Wayne, è la responsabile del reparto
tecnologie informatiche, ed è proprio di quello che ha bisogno la Queen Consolitaded in questo momento: un nuovo progetto su cui
investire. - Gli fece l'occhiolino. - Le protesi degli arti umani saranno il
futuro, per una vita migliore, chi meglio del nostro cyborg lo
può sapere!
Diggle si voltò verso Luke che stava
giocando con i meccanismi del braccio.
Si rilassò sullo schienale e per un
po' rimasero in silenzio.
- Riuscirai a mantenere la calma
quando rivedrai Felicity?
La domanda di Diggle restò sospesa
senza risposta.
- Ho mai perso la calma, Dig? -
Rispose infine Oliver.
- Mai. - E i due scoppiarono a
ridere.
- Fel... -
Hal Jordan si bloccò sull'uscio dell'ufficio di Felicity. - Ma?
- Si ritrovò immerso in un mondo virtuale formato da formule matematiche,
progetti di prototipi di arti artificiali e un'infinità di numeri scritti
ovunque. In sottofondo il rumore delle onde del mare che si infrangevano
dolcemente sulla spiaggia.
Hal sorrise. - Mi sa che qualcuno ha
bisogno di una vacanza. - Rise di gusto.
Felicity si voltò spaventata e tutto
il suo mondo crollò a terra scomparendo.
- Hal! Mi hai fatto paura. Non si
bussa più?
- L'ho fatto. - Hal si avvicinò a
Felicity. - È risaputo che quando questa testolina... - Le accarezzò
teneramente il capo. - … è immersa nel suo mondo cibernetico, è difficile
attirare la tua attenzione. - Si allontanò da lei di qualche passo. - Anche per
un tipo affascinante come me.
Felicity lasciò vagare lo sguardo sul
corpo dell'uomo, impettito nella sua divisa da pilota.
- Tutto bene lassù? - Domandò
curiosa.
- Sì, benissimo. Il nuovo F16 che mi hanno fatto testare era magnifico... - Hal si gettò a
capofitto nel racconto della sua impresa.
Felicity si sedette sulla scrivania,
accavallò le gambe, tolse gli occhiali e s’immerse totalmente nell'ascolto del
resoconto entusiasta dell'amico.
- Wow... - Sospirò incantata. - Deve
essere una sensazione magnifica stare in mezzo alle nuvole.
- La cosa più bella che l'uomo possa
provare. Il cielo azzurro, il sole che ti bacia il viso e l'infinito nelle tue
mani.
Felicity raccolse i documenti e uscì
dall'ufficio, e lui la seguì.
- Come vorrei... - Porse la
documentazione al suo assistente che prontamente si avviò verso il capo
reparto. - Provare anch’io l'ebrezza dell'infinito. - Si voltò verso Hal e gli sorrise.
Lui le afferrò il viso. Felicity
chiuse gli occhi e si deliziò del calore delle sue mani.
- Un giorno, piccola, verrai con me e ti farò amare il mio mondo. - Le baciò la
punta del naso scherzando.
- Ti amo già... - sussurrò sul viso
di Hal. - Dannaz... amo già
il cielo, volevo dire! - Si corresse subito. - I tuoi occhi mi confondono… no! Le tue mani caldi… oh no! I tuoi gesticarini... - Felicity chiuse gli
occhi e smise di parlare. Contò sottovoce prima di riprendere il discorso.
Hal l'abbracciò divertito,
sollevandola leggermente in aria. - Non cambiare mai, Felicity Smoak, sei così
buffa quando straparli! - Rise di gusto stritolandola nel suo abbraccio.
Lo sguardo infastidito di Oliver
Queen si posò su entrambi: prima su Hal che teneva ancora tra le sue braccia il
corpo di Felicity e poi su di lei.
Felicity aprì più volte la bocca
senza riuscire a dire niente per l'imbarazzante situazione. Colpì debolmente
con la mano la spalla di Hal che prontamente l'appoggiò a terra. Si stirò la
finta piega del vestito, inspirò profondamente e cercò con lo sguardo di
addolcire gli occhi severi dell'uomo che aveva di fronte.
- Abbiamo interrotto qualcosa? - A
quella domanda detta così severamente, Felicity si accorse della squadra che il
tipo si era portato dietro.
Vagò con lo sguardo velocemente su di
loro: una ragazza impettita nel suo completo era due
passi dietro all’uomo. Il giovane, alla sua destra, li osservava con
un'espressione divertita sul viso e infine, alle loro spalle, le due guardie
del corpo osservavano tutto in silenzio.
Deve essere un pezzo grosso se si
porta dietro tutto questo entourage, pensò Felicity posando lo sguardo su di
lui. I suoi occhi. Felicity restò sorpresa dall'intensità di quello sguardo che
la osserva con un misto di rabbia e di qualcos'altro che non riusciva a
definire.
Paul, l'assistente di Felicity,
arrivò di corsa interrompendo quel momento imbarazzante.
- Scusi, signorina Smoak, mi sono
dimenticato di riferirle che l'appuntamento con il signor Queen Oliver è per
oggi e non per domani. Sono davvero mortif... - Si
voltò gelato, accorgendosi di loro. - Ed è già arrivato. - Terminò imbarazzato,
pronto a scavarsi la fossa.
- Dolcezza, ti ho sempre detto che
sei troppo buona con Paul. - Hal rise divertito. - Vado, vedo che sei
impegnata... con i pezzi grossi. - sussurrò all'orecchio di Felicity e le baciò
la guancia. Lei sorrise divertita. - Ci vediamo stasera. - Le fece
l'occhiolino.
Hal si soffermò con noncuranza
davanti a Oliver e i due si guardarono dritti negli occhi come se si stessero
sfidando.
Oliver strinse forte la mano a pugno,
tutto ad un tratto gli era venuta voglia di picchiare
quel bell'imbusto.
- Signor Queen, - Felicity porse la
mano a Oliver. - Mi spiace dell'inconveniente. Felicity Smoak, è un piacere
conoscerla.
Oliver osservò Felicity per un lungo
istante, ma quando strinse la sua mano, avvertì una strana sensazione
inondargli il cuore che lo fece rilassare.
- Non si preoccupi,
signorina Smoak. Cose che capitano, l'importante è ritrovarsi.
Felicity si bloccò con ancora la mano
nella sua. Inclinò leggermente il capo valutando il valore di quell'ultima
affermazione. Non significa niente, l'ha detto solo per essere cortese, si
giustificò. Scosse la testa e si riconcentrò sul momento.
- Prego, accomodatevi pure nel mio
ufficio. - Felicity si voltò e gli mostrò la strada.
Oliver con un gesto impercettibile
della mano fermò la sua squadra. - Vado solo io. - Senza aggiungere altro
chiuse alle sue spalle la porta dell'ufficio.
- Speriamo bene, - sussurrò Roy.
Bruce mi perdonerà se picchio un
futuro investitore? Pensò Felicity, infastidita dallo sguardo magnetico di
Oliver Queen che seguiva ogni suo gesto.
Si sentiva nervosa e non sapeva bene
perché. L'unica cosa certa era che l'uomo di fronte a lei stava davvero
esagerando con le sue attenzioni.
- Tutto bene, Signorina Smoak? -
Chiese a un tratto Oliver.
- Cosa? - Trasalì Felicity. - Oh, sì,
grazie.
Si erano seduti sul divano per
analizzare meglio i progetti sullo schermo olografico del tavolino.
Oliver lentamente si era avvicinato
sempre di più a Felicity. In modo innocente, causale, le sfiorava il braccio,
la mano, i capelli, si sporgeva verso di lei.
All'ennesimo accostamento, più
intimo, da parte di Oliver, Felicity si bloccò.
La sua mente fu presa d'assalto da
una sequenza d’immagini: corpi nudi avvinghiati che si baciavano con passione;
labbra che coprivano la pelle l'uno dell'altra con baci infuocati, mani che si
sfioravano, si intrecciavano, che si aggrappavano e
graffiavano cedendo all'istinto della passione. Lo sguardo di Felicity si posò
sull'uomo che le stava dando tutte quelle attenzioni: Oliver Queen.
Felicity sgranò gli occhi scostandosi
bruscamente da Oliver e lo fissò incredula.
- Oliver... - sussurrò appena, mentre
il suo corpo accaldato veniva percosso da un brivido.
Si portò una mano al petto quasi volesse fermare il cuore impazzito.
Oliver si girò di scatto a quel
richiamo quasi silenzioso.
- Felicity. - Le afferrò la mano, incredulo, intrecciando le loro dita.
Quel contatto profondo fece scaturire
nella mente di Felicity un altro flash della passione dei due amanti.
- OH. MIO. DIO. - Felicity scattò in
piedi imbarazzata e un leggero colorito rosso le
imporporò le gote.
- Ehi, - Disse calmo Oliver,
avvicinandosi dolcemente. - Tutto bene? - Tentò di afferrarla per la mano, ma
lei si scansò.
- NO! - Gridò Felicity imbarazzata
con la paura segreta che le visioni di poco prima si palesassero ancora. -
Scusi. - Si avvicinò al carrello, si riempì il bicchiere di acqua e bevve tutto
in un sorso. Inspirò profondamente per trovare il coraggio di guardare ancora
un'altra volta negli occhi Oliver Queen.
- Vuole del caffè? Sì, le porto
proprio una bella tazza di caffè. Il caffè è quello ci vuole. Arrivo subito. -
Senza neanche dargli il tempo di rispondere, Felicity
uscì di corsa dal suo ufficio.
Ma? A Oliver non restò altro che
attendere la sua prossima mossa.
Felicity tornò poco dopo con in mano due tazze di caffè. Appoggiò la sua sul tavolino
e porse l’altra a Oliver, che prontamente l'afferrò trattenendo per qualche
secondo la mano di lei tra le sue.
- Grazie.
Un brivido scosse ancora la mente di
Felicity, proiettandola in un'altra dimensione. Si vide distesa a terra. Sopra
di lei, Oliver, sudato, come se avessero appena finito di fare un combattimento
corpo a corpo. Lui le sollevò leggermente la maglietta
scoprendo la sua cicatrice. Rimase immobile, colpita dall'intensità del suo
sguardo. Avvertì il tocco delle sue dita accarezzarle la cicatrice che aveva
sul ventre, per tutta la lunghezza. Il suo tocco, così delicato, sembrò quasi
incendiarle la pelle.
Spaventata dalla strana reazione del
suo corpo, dal desiderio di possedere l’uomo che aveva di fronte, Felicity
allentò la presa sulla tazza, che scivolò dalle loro mani e si
infranse a terra.
- Mi scusi,
Signor Queen! - Si mortificò Felicity. - Non so che cosa mi sia preso oggi.
Si inginocchiò a terra per raccogliere i
cocci e asciugare il pavimento con dei tovaglioli.
- Non sono così maldestra, di solito.
- Non si preoccupi. - Le afferrò la
mano. - È colpa mia, non sono abituato a farmi portare il caffè. - Oliver le
fece l'occhiolino per tranquillizzarla.
- Non so cosa dire... Signor Queen. - Felicity si divincolò velocemente dalla sua
presa.
- Oliver.
- Come?
- Mi può
chiamare Oliver. Signor Queen era mio padre.
Felicity sorrise grata per quella
gentilezza.
- Grazie. Oliver.
- Va meglio ora? - Chiese Oliver
appoggiando la mano sulla sua.
Felicity sussultò a quel contatto ma
non ebbe nessun'altra strana visione. Sorrise più rilassata. - Sì.
I due si alzarono in piedi e rimasero
a osservarsi per qualche secondo senza dire niente.
- Che ne dice di vedere i nostri
laboratori? Stiamo lavorando a nuovi progetti e credo potrebbero
interessarle.
- Perché no?
Uscirono dall'ufficio e nel vederli
arrivare, gli altri si alzarono automaticamente.
Diggle e Oliver si scambiarono uno
sguardo d'intesa e l'uomo si mise nuovamente a sedere, seguito dal resto della
squadra.
A Felicity non sfuggì quello strano
movimento. Osservò con la coda dell'occhio Oliver che subito si accorse di lei
e le sorrise. Si voltò imbarazzata verso il suo assistente.
- Per cortesia, Paul, mentre il
signor Queen ed io andiamo ai laboratori, mostra ai signori il reparto di
tecnologie informatiche. Ci ritroviamo tutti al settore B-2.
- Sì, signorina Smoak.
- Come può vedere signor Qu... -
Felicity si corresse alla simpatica occhiata di Oliver. - Oliver, -
puntualizzò, mentre digitava dei comandi sullo schermo e l'ologramma si
proiettava in aria. - Questo è il nostro futuro. Le industrie Wayne stanno
operando per dare una seconda possibilità a chi ha perso una parte di sé. -
Sorrise.
- Tutto molto interessante, Felicity.
- Oliver pronunciò quel nome in un tono caldo, dolce, con amore. Sfiorò il
braccio di Felicity e delicatamente appoggiò la mano sulla sua spalla,
stringendola appena.
Felicity, a quel contatto, chiuse gli
occhi per un breve istante. Una sensazione di déjà vu
prese il sopravvento. Fissò lo sguardo su quello di Oliver.
Rimasero seri per un lungo istante e
poi Oliver addolcì l'espressione del suo viso, le sorrise come quasi a volerle
dire che lui era lì per lei.
Felicity batté un paio di volte le
palpebre, una fitta veloce le trapassò il cervello e
accadde in un attimo: tutti gli apparecchi elettronici del laboratorio andarono
in corto circuito.
Lo schermo davanti a loro scoppiò
all'improvviso. Oliver prontamente fece rifugiare Felicity tra le sue braccia
allontanandola dal pericolo.
- Stai bene? Sei
ferita? - Chiese preoccupato, lasciando perdere
la recita.
Felicity restò ferma tra le sue
braccia. Non sapeva spiegarselo, si sentiva al sicuro ma era diverso
dall'abbraccio di Bruce o da quello di Andrew, anche quello di Hal le provocava
tutta un'altra sensazione. Quell'abbraccio racchiudeva qualcosa di più intimo.
- Signorina Smoak! - Sopraggiunse
Paul, agitato per quello che era accaduto, seguito dagli altri. - Oh mio dio,
il laboratorio!
Felicity si risvegliò da
quell'intorpidimento e si rituffò nella realtà.
Oddio, pensò imbarazzata, questa
volta Bruce mi ucciderà! Se non l'ha fatto all'inizio, quando abbiamo scoperto
le mie capacità, lo farà direttamente ora. È peggio di
quella volta che ho fatto esplodere per sbaglio la macchina nuova di Batman.
Merda.
Si allontanò dalle braccia di Oliver
senza badarci e si appoggiò alla balaustra per analizzare la situazione
tuffandosi nel suo mondo cibernetico. Era meno grave di quello che credeva. Non
c'erano state perdite di dati, con qualche accorgimento e sostituzione di pezzi
il laboratorio sarebbe ritornato operativo.
Inspirò profondamente,
era salva.
- Che sta facendo? - Chiese Roy
confuso dal comportamento di Felicity.
- La signorina Smoak sta analizzando
la situazione, riesce a capire subito qual è il problema, come se avesse un
super potere. - Rise Paul.
Oliver e Diggle si scambiarono uno
sguardo complice.
- Mi dispiace per il disguido, -
Felicity si voltò imbarazzata. - Possiamo proseguire il discorso nel mio
ufficio. La prossima volta le mostrerò meglio il nostro reparto di tecnologie
informatiche...
- Signorina Smoak, sono davvero
entusiasta della vostra tecnologia! - Intervenne Luke interrompendola. - Avevo
il sospetto che fosse di livello avanzato, ma non immaginavo così tanto. - Luke
si avvicinò a Felicity e la prese sottobraccio in modo confidenziale, lasciando
tutti di stucco. - Mi dica, avete anche potenziato i progetti dei prototipi per
il braccio? Perché sa, analizzandoli ho trovato dei difettucci.
- In effetti, ci stiamo lavorando da
diverso tempo... - I due iniziarono a discutere animatamente sulla questione,
dimenticandosi dove e con chi fossero.
- Diggle, ricordarmi di fare un bel
discorsetto a Luke quando torniamo. - Sbuffò nervoso Oliver, al contrario, Dig
se la rise.
- Sin è meglio che vai a recuperare
il tuo amico, prima che Oliver lo infilzi con una delle sue frecce. - Propose
Roy divertito nel vedere peggiorare l'espressione omicida di Oliver.
Cindy sbuffò rassegnata. - Tienimi
questa stupida cartellina. - Gli porse maldestramente la cartella, si sistemò
gli occhiali e poi si levò il ciuffo da davanti agli occhi. - Ho già detto che
odio questa parrucca? - Sussurrò a Roy, irritata. Lui sorrise e le fece
l'occhiolino.
Cindy si fermò un passo indietro ai
due, erano talmente presi dal loro discorso che non si accorsero neanche della
sua presenza. Tossì un paio di volte per palesarsi e quando incontrò gli occhi
sorpresi di Luke, mise in atto il suo intervento di recupero.
- Mi dispiace interrompere questo
momento cervellotico... di scambio di informazioni, ma
signor Mason, il signor Queen le ricorda che abbiamo un altro compito. -
Sorrise maldestramente.
Luke voltò il capo in direzione di
Oliver che lo freddò con lo sguardo.
- Ehm... mi dispiace, signorina
Smoak, se ho monopolizzato la sua attenzione, ma non sono riuscito a fermare la
mia curiosità.
- La capisco, - Felicity appoggiò la
mano sul braccio di Luke. Sorrise. Rimase in silenzio qualche secondo in più,
stringendo tra le dita il suo braccio. - Ora non dovrebbe darle più fastidio. -
Sorrise cordiale.
Felicity, senza aspettare una
reazione da parte sua, si avviò verso Oliver ma si bloccò e ritornò sui suoi
passi. - Signor Mason... - Si accostò al suo orecchio in modo che la potesse
sentire solo lui. - La prossima volta chieda, non rubi. Le industrie Wayne
esistono per aiutare la gente comune, soprattutto se sono speciali come lei, e
non di certo i ricchi.
Luke restò senza parole. Mosse
lentamente le dita della mano e notò con sorpresa che il fastidioso blocco del
loro movimento era scomparso. Ora poteva usare la mano sinistra come tutti gli
altri, senza preoccuparsi del suo improvviso inceppamento.
Agì d'istinto. Afferrò Felicity per
la mano e la trascinò a sé. - Grazie, lei è davvero una persona speciale,
Signorina Smoak..
Cindy abbassò lo sguardo, mosse
qualche passo indietro finendo addosso a Roy che la sorresse prontamente.
- Scusa, - sussurrò senza voltarsi.
Si passò il palmo della mano vicino agli occhi per togliere le lacrime che
pungevano per uscire. Era da troppo tempo che non vedeva sul viso dell'amico
quell'espressione felice. Era stata dura affrontare la perdita del braccio e
della gamba. Cindy si sentiva colpevole, se non fosse stato per lei, Luke non
avrebbe corso il pericolo di morire, non si sarebbe ritrovato nelle condizioni
in cui si trovava ora. Gli doveva la vita e sarebbe stata per sempre in debito
con lui.
Roy appoggiò la mano sulla spalla di
Cindy. Lei si voltò sorpresa e lui le rivolse uno
sguardo che quasi voleva dire “non significa nulla”.
Cindy sorrise divertita per quella
stupida interpretazione dei fatti.
Oliver spazientito si mosse
velocemente e si avvicinò ai due. Afferrò il polso sano di Luke e con una forte
pressione delle dita lo costrinse con nonchalance ad allontanarsi da Felicity.
- Felicity, - Oliver si frappose tra
loro. - Continuiamo il nostro discorso? - E sospinse dolcemente un’interdetta
Felicity in ascensore, mentre Diggle bloccava Paul con una scusa in modo da
lasciare Oliver ancora qualche minuto solo con lei.
Le porte dell'ascensore si chiusero.
Oliver aspettò qualche secondo e poi
si voltò a guardare Felicity.
- Felicity!
Lei sussultò nel sentire pronunciare
il suo nome con tanta agitazione.
- Sanguini. - Oliver le fu subito
vicino.
- Dove? - Chiese preoccupata.
Oliver le afferrò il viso tra le
mani. Passò il pollice sul graffio sulla guancia, togliendo il residuo di
sangue.
- Non è nulla, è solo un graffio,
meno male. - Esordì più rilassato. Il pollice continuò ad accarezzarle la guancia
debolmente. I loro occhi si incatenarono gli uni agli
altri.
Felicity deglutì piano. Tutto a un
tratto il respiro le mancò e il cuore prese a battere
velocemente.
- Devo essermi ferita con lo scoppio
del monitor... - Iniziò a straparlare per l'agitazione. - ...anche
se il suo abbraccio è stato tempestivo. Il suo corpo, muscoloso com'è, ha fatto
da scudo, complimenti, ho capito subito che tiene alla cura del suo corpo. No,
perché io...
La bocca di Oliver mise
a tacere Felicity. Oliver non era riuscito a frenarsi. Averla lì, a
pochi millimetri di distanza da lui... gli era stato impossibile non fissarsi
su quelle labbra accese.
La baciò lentamente, senza pressione,
in attesa di una risposta che non tardò ad arrivare. Quando la sentì sicura,
Oliver premette con più passione sulle sue labbra e approfondì il bacio. Lasciò
la sua mano scivolare dietro la nuca di Felicity. Le dita s’immersero nei suoi
capelli e crearono una leggera pressione sul capo, spingendolo verso di lui.
L'altra mano prese a carezzarle la schiena. Bastò poco e il corpo di Felicity
si lasciò andare contro il suo.
Oliver si fece più audace, sospinse
Felicity contro la parete dell'ascensore e la imprigionò
con il suo corpo.
- Oliver, - Felicity non riuscì a
trattenere il gemito. Si aggrappò a lui, mentre la bocca di Oliver scendeva
giù, lungo il suo collo e verso il seno. - Sta accadendo veramente? Non è
frutto della mia immaginazione? - Chiese in un sospiro.
Oliver tornò ai suoi occhi. Sorrise
felice di averla ritrovata. - Sì. - E la riprese a baciare.
Felicity, resasi conto che quelle non
erano visioni create dalla sua mente ma la realtà, si staccò da lui
immediatamente. Sgranò gli occhi, incredula.
- Oh. Mio.
Dio.- Si portò una mano alla bocca senza parole.
- Felicity, - Oliver si avvicinò e le
appoggiò la mano sulla guancia. - Ti amo e non permetterò più al mondo di
tenermi lontano da te. - La baciò senza preavviso.
Lo shock per quella rivelazione e per
quel bacio così intenso e intriso di passione mandarono
in confusione la mente di Felicity.
Si irrigidì tra le braccia di Oliver, il
suo corpo fu scosso da convulsioni. L'ascensore iniziò a tremare, facendoli
sbattere alle pareti. Gli occhi di Felicity rotearono verso l'alto e lei cadde
svenuta tra le braccia di Oliver.
Le porte dell'ascensore si aprirono
mostrando ai presenti la dura scena di Oliver che urlava il nome di Felicity e
chiedeva aiuto mentre stringeva il suo corpo svenuto a sé.
Continua...
Angoletto di Lights
Ohibò! E ora? È proprio il caso di
dirlo, uffa stava andando così bene, e invece no, maledetti sceneggiatori… ehm…
Della serie “mai ‘na
gioia” supportiamoci a vicenda che abbiamo di fronte a noi una strada lunga e
tortuosa. Senza sofferenza dove andremo a finire? Le conquiste sono più dolci e
gratificanti se si pena un po’ (ho detto un po’, ok?)
Chissà se anche questa volta Felicity
perderà la memoria? Voi che dite? Forse… SPOILER!
Luke, Luke, Luke, non perdetelo di
vista ;)
Vi piace l’idea di Sin e Roy? Questa
cosa che c’è tra i due non è ancora chiara, lo scopriremo più avanti.
Grazie a tutti, proprio tutti-tutti,
per l’affetto che dimostrate ogni volta per le mie storie.
La raccolta di OS autoconclusiva -
ambientata tra la fine della seconda e prima dell’inizio della terza stagione: Before: 1) Letto- 2) No Porky. No Study.
- Arrivi
ora? - Chiese Bruce, quando l'amico entrò nella sala operativa.
Hal Jordan
si sedette pesantemente sulla poltrona. Si massaggiò gli occhi e poi volse il
capo all'indietro.
- No, -
Rispose infine, stanco.
- Non puoi
fare a meno di passare da Felicity quando rientri? - Sorrise divertito.
- Già. Ho
un certo fascino su di lei in divisa.
- Che ti
prende? - Chiese Bruce accorgendosi del suo tono poco scherzoso, senza
distogliere l'attenzione da quello che stava facendo.
- Niente.
- Rispose seccato Hal.
- Sicuro?
- Lo incalzò Bruce.
Hal si
alzò in piedi e iniziò a camminare su e giù per la stanza.
- È quel
tipo! Chi crede di essere? Mancava solo che si portasse dietro anche la banda
musicale! Due guardie del corpo, una segretaria e un esperto informatico.
Borioso! Ci scommetto tutto quello che vuoi che l'ha fatto
solo per impressionare la signorina Smoak! - Gli fece il verso. - Dovevi
vederlo come la fissava! - Sbuffò contrariato.
Bruce
chiuse i file che stava analizzando e si voltò a guardare l'amico.
- Sei solo
geloso.
Hal si
fermò in mezzo alla stanza.
- Io?
Figuriamoci. Lo faccio a pezzi quando vuoi quello lì.
Per avere due guardie del corpo deve essere proprio una femminuccia.
Bruce
sospirò pazientemente. Ogni volta era la stessa storia: quando Hal vedeva un
uomo gironzolare intorno a Felicity andava in escandescenza. E poi era lui il
protettivo!
- Con chi
aveva appuntamento Felicity? - Chiese distrattamente, ritornando al suo lavoro.
- Non
saprei, mi pare un possibile investitore. Come l'ha chiamato Paul? - Ci pensò su un attimo. - Ah sì, Queen Oliver.
- Chi hai
detto? - Esclamò Andrew , allarmato, entrando proprio
in quel momento.
- Oliver
Queen. - Ribadì Hal, sorpreso dalla reazione del Dottor Wolfar.
Andrew
sbiancò e fissò lo sguardo su quello del signor Wayne. - Oh mio dio... -
sussurrò piano.
- Ma che succede? - Chiese Hal interdetto.
- Felicity
potrebbe essere in pericolo... - Continuò Andrew a bassa voce, colpevole.
Chiuse gli occhi, la sua peggior paura, che aveva celato per tutto quel tempo,
si stava avverando.
- Andiamo!
- Ordinò severo Bruce, uscendo dalla sala operativa seguito dall'amico. - Ti
spiego strada facendo.
Bruce e
Hal arrivarono un attimo prima che le porte dell'ascensore si aprissero e
svelassero al suo interno un disperato Oliver Queen
che sosteneva tra le braccia il corpo privo di sensi di Felicity.
- Hal!
Copertura. - Ordinò Bruce.
I due si
scambiarono uno sguardo d'intesa. Hal Jordan si concentrò e creò intorno a loro
un muro invisibile che li rinchiuse al suo interno
insieme a Diggle, Roy, Cindy e Luke.
-
Felicity! - Hal si fiondò su Oliver. - Che cosa le hai fatto,
bastardo!
Diggle e
Roy si scagliarono prontamente sull'uomo ma Hal li fece volare dall'altra parte
delle hall immobilizzandoli al suolo.
Bruce si
avvicinò a Oliver, lo guardò dritto negli occhi per un
breve istante e poi gli parlò risoluto. - Ci pensiamo noi a lei, fidati. -
Decretò infine.
Delicatamente,
accolse il corpo di Felicity tra le sue braccia mentre Oliver, per l'ennesima
volta, si vedeva portare via la donna che amava senza poter reagire.
-
Raggruppa gli altri e lui portalo da me. - Ordinò a Hal prima di avviarsi. -
Appena siamo al riparo, riporta il tutto alla normalità.
- Bruce...
- Hal tentò di protestare.
- Fallo! -
Bruce lo azzittì e se ne andò via.
- Se mi
prometti di stare calmo ti slego. - Disse Hal entrando nella stanza.
Oliver lo guardò per un lungo istante. Quanto tempo era stato
chiuso là dentro? Si chiese. Troppo per i suoi gusti. Dai pasti che gli avevano
servito, erano trascorse più di quarantottore.
Oliver
fece un segno di assenso con il capo ma appena fu libero, gli sferrò un pugno
in pieno viso.
- Cazzo! -
Hal lo spinse al muro con forza. - Pezzo di merda! È così che mi ringrazi? - Lo colpì a sua volta e i due iniziarono a darsele di santa
ragione.
-
Smettetela subito! - Bruce entrò nella stanza.
- Ha
iniziato il bellimbusto! - Protestò Hal, asciugandosi con il dorso della mano
il rivolo di sangue che gli usciva dal naso.
- Dov'è
Felicity? - Chiese Oliver arrabbiato.
- Sta
bene. - Rispose calmo Bruce. Si accomodò vicino al tavolo e gli fece segno di
sedersi. - Dobbiamo parlare. - Decretò infine perentorio.
Oliver
inspirò profondamente e stancamente si lasciò cadere sulla sedia.
- Che cosa
n'è stato della mia squadra?
Bruce
accennò un sorriso di fronte alla risolutezza di Oliver. - Stanno bene anche
loro. - Schiacciò il pulsante del telecomando e la parete scomparve. La stanza s‘illuminò
e rivelò la presenza del gruppo.
Oliver si
alzò di scatto non appena li vide.
- Oliver!
- Gridarono in coro e gli corsero incontro, mentre Hal si accostava a Bruce.
- Stai
bene? - Chiese Diggle notando il viso tumefatto.
- Lui sta
peggio. - Rispose Oliver con un sorriso sornione sulle labbra, indicando Hal
con un cenno del capo.
- Dove
siamo? - Chiese Roy guardandosi attorno e soffermandosi poi su Bruce e Hal.
- Hal, ti
presento Arrow e la sua squadra. - Iniziò Bruce con il suo consueto tono che
non ammetteva replica. – Loro sono il passato di Felicity Smoak.
Bruce e
Hal avevano lasciato Oliver e gli altri da soli, dando loro il tempo di
confrontarsi e accertarsi di stare bene.
- Non ho
ancora capito quali sono i tuoi piani, Bruce. – Iniziò piano Hal affacciandosi
alla grande vetrata.
- A breve
ti sarà tutto più chiaro. – Confermò Bruce.
I due
piombarono in un silenzio ricolmo di pensieri.
- Come
sta? – Chiese dopo un po’ Hal, senza voltarsi.
- È stata
un’operazione difficile. Felicity è forte, non ha mai smesso di combattere.
Questa forza le ha permesso di rimpadronirsi del suo passato. Ora non è più a
metà.
- Quindi vuoi dire che è ritornata a essere la Felicity Smoak
di Oliver Queen e di Arrow?
Bruce
rimase in silenzio soppesando la risposta.
- Credo
che Felicity non abbia mai smesso di esserlo, anche se non lo ricordava, in lei
c’è sempre stato l’istinto di Black Queen.
- Ha
chiesto di me? – Chiese Hal a bruciapelo.
Bruce
sorrise. Ecco qual era il punto, pensò divertito. Hal Jordan, un uomo che si
nascondeva quotidianamente dietro ad una maschera di scherno per proteggersi da
se stesso e dai suoi sentimenti.
- Felicity
ha riacquistato il passato, ma non ha perso il presente… - Hal lo esortò a rispondere con lo sguardo. – Sì, -
Confermò esasperato. – Appena sveglia ha chiesto perché tu non eri lì
presente come lo sei sempre stato.
Sul viso
di Hal fiorì un tenero sorriso. – Vado da lei.
- Non ora.
– Lo bloccò Bruce. – Mi servi qui. Il
Dottor Wolfar si occuperà di portarla a casa.
Hal
strinse forte i pugni e cedette ai suoi doveri.
- Ora sai
tutto. - Bruce osservò Oliver. Dopo l'incontro tra i due team, lo aveva portato
sul tetto per parlare con calma, lontano da tutti, mentre Hal Jordan mostrava
agli altri la loro base operativa.
- Felicity
è viva grazie a Brainiac. - Ripetè Oliver con calma, quasi volesse memorizzare
ogni dettaglio di quella rivelazione. - Black Queen. - Sorrise. - Brainiac le
ha dato il potere di controllare con la mente ogni computer. - Continuò con un
misto di ammirazione e sorpresa.
Oliver
inspirò profondamente cambiando espressione. Si appoggiò alla balaustra e
inclinò il capo.
- Ed è
solo colpa mia se ha avuto questi blackout. Dovevo avvicinarla con più cautela,
invece, ero così felice di averla ritrovata, di saperla viva, che non mi sono
soffermato a pensare alle possibili conseguenze. - Strinse forte il cornicione
tra le dita.
Bruce gli
appoggiò la mano sulla spalla. - Ora sta bene, è ciò che conta. Il Dottor
Wolfar ha operato sui suoi processi neuronali e ha tolto il blocco che le aveva
lasciato Brainiac.
- Che
significa? Il Dottor Wolfar? - Oliver si voltò di scatto verso di lui.
- Brainiac
aveva messo un blocco nella mente di Felicity per impedirle di ritrovare il suo
passato, perché il Dottor Wolfar aveva paura che, rincontrandoti, Felicity sarebbe stata condotta ancora una volta verso
l’autodistruzione. Solo in un secondo momento il Dottor Wolfar si è reso conto
del suo grosso errore di valutazione, dettato dai sentimenti che prova nei
confronti di Felicity, che come hai sempre saputo vanno ben oltre il rapporto
di amicizia che li lega... - Oliver a sentire quella confessione strinse ancora
più saldamente la balaustra. - ... Brainiac aveva
previsto il ripensamento delle azioni del Dottor Wolfar come uno scenario di un
futuro possibile, e perciò gli ha lasciato un siero che l'ha aiutato a far
recuperare la memoria a Felicity.
Oliver
rimase in silenzio per diverso tempo. Le informazioni che gli aveva fornito erano parecchio pesanti da digerire. - Voglio
vederla.
- C'è
un'ultima cosa che devi sapere prima di incontrarla. - Iniziò piano Bruce. -
Ogni volta che Felicity è stata colta da questi blackout mentali, il suo
cervello si è resettato perdendo la parte del suo passato presente che ti
riguardava.
- Che vuoi
dire? - Chiese severo. - Che non si ricordava più di me? Questo lo sapevo già,
ma l'abbiamo superato, non è così?
Bruce gli voltò le spalle, inspirò a fondo e osservò il cielo
scuro della notte.
- Il
blocco nella mente di Felicity era stato installato come arma di difesa nei
tuoi confronti. Ogni volta che lei è entrata in contatto con te, il suo
cervello si è resettato perdendo tutte le informazioni che ti riguardavano.
Lanterna Verde l'ha salvata dal camion che la stava per investire a Starling
City e non Arrow. L'incontro dell'altro ieri alle industrie Wayne, nella sua
mente, non è mai avvenuto. Lei è convinta di aver trascorso l'intera giornata
con Hal Jordan. Tu non fai parte del suo presente ma solo del suo passato. Lei
ti ha lasciato due anni fa e da allora non vi siete più rincontrati.
Oliver lo guardò severamente. - Il Dottor Wolfar ha raggiunto il
suo scopo. - Commentò sprezzante.
- Oliver,
- Bruce gli si accostò. – Sono passati quasi due
anni, non puoi tornare al punto di partenza con un schiocco di dita, anche se
Felicity ha riacquistato i suoi ricordi non credere che i suoi sentimenti siano
gli stessi di allora. Lei si è creata una nuova vita, ha nuove persone al suo
fianco, lei ha lasciato che il suo cuore… -
- Basta! -
Oliver bloccò Bruce. Non voleva ascoltare oltre. Gli avrebbe dimostrato che si
sbagliava.
Bruce
sospirò. - Non sarà facile, Oliver. Felicity ti ha lasciato non perché non
credeva in Arrow o in Oliver Queen, ma perché non voleva che la sua malattia
fosse da impedimento alla missione di Arrow o alla vita di Oliver Queen. -
Bruce fece una breve pausa, concedendo del tempo a Oliver di assimilare quelle
informazioni. - Occuparsi del settore tecnologie informatiche delle industrie
Wayne e ricoprire il ruolo di Black Queen nella squadra di Batman sono state
solo delle conseguenze della sua scelta. - Bruce si appoggiò alla ringhiera e
il silenzio calò tra di loro.
- Accetta
un consiglio, Oliver: non spingere gli eventi, cogli quest’occasione come una
seconda opportunità per crearti una nuova vita, anche se non sarà con lei.
Oliver
rimase in silenzio. Soppesò con cura ogni singola parola del discorso di Bruce.
Non poteva rassegnarsi a questo destino, voleva riavere Felicity al suo fianco,
più di qualsiasi altra cosa, ma non poteva neanche andare a sbattere contro la
sua nuova vita.
Lei ha lasciato che il suo cuore… libero di amare un’altra volta.
Chiuse gli
occhi. Non può essere vero, pensò triste. Strinse forte le mani a pugno. Odiava
quello che era successo, odiava se stesso per non
averlo impedito, si odiava ancora di più per aver creduto alla menzogna
raccontata dal Dottor Wolfar quel giorno, per non aver interpreto i segnali che
Felicity gli aveva lasciato quella mattina. Se erano arrivati a quel punto era solo colpa sua e di nessuno altro. Era stato uno
sciocco e l’aveva data per scontata.
Doveva
lasciarla andare, il destino glielo stava urlando da due anni e ora l’aveva
finalmente capito. Non ci sarebbe stato più Oliver e
Felicity insieme, ma solo un Oliver e una Felicity.
- La vita
di Felicity ora è qui con te, con voi, come posso starle accanto senza metterla
nella condizione di dover scegliere tra me e te?
- Una
nuova squadra. - Bruce guardò dritto negli occhi Oliver. - Uniamo le forze. La nostra tecnologia, i nostri poteri con la forza e la sinergia
della tua squadra. Dobbiamo affrontare un nemico invisibile, capace di tutto
pur di raggiungere il suo scopo. È spietato e le vittime che si sta lasciando alle spalle ne sono la prova. Ha iniziato a
Gotham, ma ora ha preso piede anche a Starling City e sono sicuro che se non lo
fermeremo, la sua sete di sangue si espanderà anche alle altre città.
- Come
possiamo fare? - Chiese Oliver valutando la proposta.
- Ci
trasferiremo a Starling City. La vostra base operativa ha una posizione
migliore per l'ampliamento, senza dare nell'occhio. - Lo
guardò per un breve istante. - Seguimi.
Bruce
condusse Oliver all'interno. Spense la luce. - Nuova base operativa. - Ordinò
al computer che prontamente aprì il file olografico. - In questi mesi, Hal
Jordan ed io abbiamo progettato la nuova base, senza tralasciare nessun
dettaglio. Amplieremo la zona giorno, in modo da poter vivere tutti sotto lo
stesso tetto, mentre al quartiere generale sotterraneo apporteremo queste
modifiche. - Indicò con la mano l’assetto del garage, della sala da
combattimento e della sala computer. - Questa sarà la
nostra nuova sede operativa. Io resterò qui a Gotham a sorvegliare e proteggere
la città. Hal Jordan, il Dottor Wolfar e Felicity verranno con voi.
- Non sei
un tipo che lascia nulla al caso, Bruce Wayne. - Sorrise Oliver soddisfatto. -
Da quanto tempo ci tenevi d'occhio?
- Da ancora
prima che conoscessi Felicity e le sue condizioni fisiche. Non avevo la minima
idea di chi fosse, non sospettavo che lei collaborasse con te. Il dottor Wolfar
mi ha rivelato da poco che cosa c'era tra voi due. Se
non avessi incontrato Felicity quella sera nel suo laboratorio e i suoi occhi
non mi avessero raccontato la forza con la quale affrontava il suo male, le
nostre strade non si sarebbero mai incrociate.
Oliver
rimase in silenzio per diverso tempo.
- Grazie,
- Disse infine. - Grazie perché sei stato al fianco di Felicity per tutto
questo tempo e ti sei preso cura di lei al posto mio.
- Non mi
devi ringraziare. Viene spontaneo prendersi cura di Felicity. - Bruce gli porse
la mano. - Al nuovo inizio insieme.
- Al nuovo inizio. - Confermò Oliver stringendogli la mano.
- La
smetti di avere quell'espressione preoccupata? Quante volte ti devo dire che
sto bene. Sono in ottima forma. Non ti è bastato avermi tenuta in ospedale per
più di quarantottore?
-
Felicity...
-
Andrew... - Felicity lo bloccò, appoggiandogli le mani
sulle spalle. - Non sono perfetta ed è ora che te ne faccia una ragione e mi
togli dal piedistallo su cui mi hai messo nella tua mente. Sono un computer che
ha dei bug, direi grossi bug, con quello che combino a
volte. Faccio scoppiare interi sistemi se non controllo a dovere il mio potere,
posso cadere, entrare in confusione, ma poi passa. - Soffiò sul suo viso. - Quindi: smettila di essere preoccupato. Io. Sto. Bene. - Lo abbracciò di slancio. Rimasero in silenzio per un po' godendo del calore dell'altro. – Ho solo recuperato il
mio passato. – Si sforzò di essere serena anche se dentro di lei si
agitava un mare in tempesta e lei si trovava proprio su quell’isola che per due
anni era stato il suo rifugio nella sua mente.
Inspirò a
fondo per calmarsi. - Potevo tornare a casa da sola. - Felicity guardò Andrew
con un'aria di rimprovero e ripresero a camminare. - Hai dovuto interrompere il
turno in ospedale per me, non lo trovo giusto.
- Sì, così
poi avrei dovuto sorbirmi la paternale di Jordan come
minimo per un'ora. Anche no, grazie!
- Ah, -
Felicity si bloccò di qualche passo dietro Andrew che al contrario continuò a
camminare. - Perchè non è venuto Hal, se ci teneva tanto?
A quella
sottolineatura espressa in tono deluso, Andrew si voltò e osservò Felicity
attentamente.
- Fammi capire, Felicity. - Le si avvicinò
sornione. - Se al mio posto ci fosse stato Hal Jordan non
avresti fatto storie? - La guardò malizioso con una
punta di nervosismo.
- No, cosa
vai a pensare! Mi avrebbe riempito la testa di chiacchiere, i suoi soliti
discorsi così belli e appassionati di quanto è
meraviglioso volare nel cielo, di come gli si riempie il cuore ogni volta che
sta lassù, chi aveva voglia di ascoltarlo, mi abbraccia, mi coccola, mi fa
sempre ridere. E poi… - Si bloccò un attimo. Andrew la esortò
a continuare con un gesto della mano. – Lui c’è sempre stato. Ogni volta
che sono stata dimessa mi aspettava all’uscita
dell’ospedale in sella alla sua moto. – Sorrise, abbassando il capo,
imbarazzata, mentre quei dolci ricordi le invadevano la mente. - Mi sembra
strano. Tutto qua. – Un lampo le fece scattare il viso verso di lui. - È
successo qualcosa, Andrew?
- Va tutto bene, Felicity. Jordan sta bene, è solo impegnato,
lo sai com’è il signor Wayne in questo periodo. Dovevano controllare alcune
cose. – Restò sul vago.
- Tu,
invece, sei così... - Felicity si bloccò non riuscendo a trovare la parola.
- Noioso?
Stressante? Soffocante? – Andrew le scoccò un’occhiataccia. - Mi fa
piacere saperlo. - Si voltò e riprese a camminare.
Siamo noi
donne le permalose, eh? Pensò divertita.
Gli corse
dietro e lo acciuffò per il braccio, tenendolo a
braccetto.
- Sì, sei
tutto quello ma anche di più, ti voglio bene per questo,
caro Dottore! - Gli appoggiò il capo sulla spalla. – Sei, e resterai sempre, il punto fermo della mia vita.
- Io di
più. - Confermò soddisfatto Andrew baciandole la nuca. - Stai bene veramente?
Felicity
sbuffò contrariata. Si staccò leggermente da lui incontrando i suoi occhi seri.
- Ora hai
il tuo passato, quello che hai cercato tanto disperatamente di riacquistare in
questi anni.
- Io… -
Iniziò piano Felicity ma si bloccò subito.
- Che cosa
pensi di fare con Oliver Queen? – Chiese Andrew più insistentemente.
- Io… - Ma
si fermò di nuovo.
-
Ritornerai a Starling City da Arrow?
- Io… -
Tentò ancora, Felicity ma le parole le morirono in gola. – Non lo so, -
Ammise infine.
Andrew l’accolse tra le sue braccia. – Perdonami, non dovevo
farti pressioni… ma ho tanta paura di perderti.
All'improvviso
un uomo si parò di fronte a loro.
- Vi prego
aiut... - Ma non riuscì a continuare che si accasciò al suolo.
- Oh. Mio. Dio. - Felicity s’inginocchiò accanto all'uomo. - È
vivo? - Chiese ad Andrew.
- No, è
morto.
Non fece
in tempo a rispondere che un colpo di pistola echeggiò nell'aria andando a
colpire il muro vicino a loro.
- A terra!
- Urlò Arrow afferrando Felicity, mentre Batman faceva scudo con il suo
mantello antiproiettile.
Felicity
inspirò a fondo e riconobbe subito l'odore di terra bagnata, di muschio e di
bosco. Aprì gli occhi e lentamente sollevò il capo per vedere il volto del suo
salvatore.
-
Felicity. – Arrow pronunciò il suo nome con un tono profondo, carezzando
con il fiato ogni lettera che lo componeva, imprimendo su ciascuna di essa i
sentimenti che sconquassavano il suo cuore in quel momento e poi si lasciò
andare: le sorrise in risposta all'espressione
meravigliata del suo viso.
Continua…
Angoletto
di Lights
Felicity
ha recuperato i ricordi, e ora? Due anni cambiano la vita, ma anche i
sentimenti del suo cuore saranno cambiati? Ci sarà da ridere.
L’unica
cosa che posso dirvi: Forza, Oliver! Ce la puoi fare!
Nuova
squadra, nuovo assetto operativo. Chissà perché
prevedo un sacco di guai :D
I proiettili iniziarono ad abbattersi su di loro come una pioggia
incessante. Il rombo della moto echeggiò nell’aria.
- Barriera! – Urlò Lanterna Verde con tono deciso.
La raffica della sparatoria cessò di botto e il gruppo venne avvolto dal silenzio.
- State tutti bene? – Hal Jordan osservò
con sguardo critico ognuno di loro soffermandosi sul braccio di Oliver che
cingeva la vita di Felicity.
Oliver si alzò in piedi e porse la mano a Felicity. Lei la guardò per
qualche istante, esitante, e poi, scossa dall’intensità con cui Oliver la stava
fissando, fece scivolare la mano nella sua. Oliver gliela strinse prontamente e
l’aiutò a mettersi in piedi.
Felicity inspirò piano, l’essenza che poco prima l’aveva avvolta le
invase le narici, stordendola.
- Ciao, Oliver… - Iniziò piano, pronunciando il suo nome con un tono
talmente profondo che rimase stupita di se stessa.
Lui le sorrise. Appoggiò la mano sulla sua guancia e con il pollice le
tolse delicatamente una lacrima.
Felicity chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dai ricordi, mentre il
suo cuore si trasformava in un uragano di emozioni contrastanti.
- Lanterna, sei riuscito a capire da dove sparava? – La domanda di
Batman interruppe il silenzio.
- No. – Rispose. – I colpi erano invisibili e piovevano a
raffica, ho pensato solo a proteggervi. – Terminò osservando Felicity
che, riportata alla realtà da quella domanda, si era scostata da Oliver.
- Questo cos’è? – Domandò Andrew
inginocchiandosi a terra per raccogliere un campione.
- Cosa hai trovato? – Si avvicinò Batman.
- Non lo so, una specie di liquido rosso con
una strana consistenza. Dovrò analizzarlo in laboratorio. – Sollevò il
volto e osservò i tetti dei palazzi.
Lanterna Verde intuendo il suo pensiero lo precedette. – Vado io.
- Aspetta! – Lo fermò Felicity. –
Qui ci sono dei fori. – Indicò la parete vicino a loro.
- Riesci a individuare la traiettoria? – Lanterna Verde l’affiancò
e le appoggiò la mano sulla spalla.
Felicity chiuse gli occhi e richiamò nella mente la planimetria del
luogo e iniziò a tracciare una serie di linee per determinare il punto di
sparo.
Aprì lentamente gli occhi mentre gli ultimi calcoli si completavano.
- Prova di là, ci sono troppe variabili e non è neanche detto che questi
fori possano essere stati causati dagli spari che ci hanno coinvolto.
- Va bene, a più tardi… - Lanterna Verde stava per andarsene quando
Felicity lo bloccò per il braccio.
- Stai attento, - Quasi lo sussurrò. In risposta lui le sorrise.
- Bionda, tu cerca di non dare troppa confidenza al nuovo arrivato… - E
avvicinandosi al suo orecchio. – Lo sai che poi divento geloso. –
Le fece l’occhiolino e andò via.
Felicity rimase a bocca aperta, senza riuscire a dire nulla per quella
sfrontatezza. Oliver strinse la presa più saldamente sull’arco.
- Io… - Si voltò verso Oliver, imbarazzata, e fuggì dal suo sguardo che
non la perdeva di vista neanche un secondo. Indietreggiò di qualche passo,
sentendosi colpevole anche se non sapeva per cosa esattamente.
- Felicity, - Andrew richiamò la sua attenzione. – Andiamo, ti
porto a casa.
Oliver lo bloccò appoggiando pesantemente la
mano sul petto di Andrew.
- Tu non la porti da nessuna parte. – Ordinò con voce bassa e
seria.
Andrew lo guardò nervoso. Si scrollò di dosso la
mano di Oliver e fece un passo in avanti.
- Andiamo, - Afferrò il braccio di Felicity.
- Lasciala stare! – Oliver lo ammonì
facendogli mollare la presa con un colpo secco.
- Non ti immischiare, Arrow!
Oliver si frappose tra loro e guardò Andrew dritto negli occhi, che
indietreggiò di un passo.
Andrew si sporse oltre la spalla di Oliver, osservando Felicity per un
attimo. – Felicity… - La invitò con la mano.
Oliver strinse forte la presa sull’arco. Un lampo guizzò nei suoi occhi,
inforcò la freccia e lanciò.
- OLIVER! – Gridò Felicity atterrita.
Andrew cadde disteso sull’asfalto.
Felicity si afferrò la testa tra le mani scivolando a terra.
Fu un attimo. Le luci dei lampioni e delle case iniziarono a spegnersi e
ad accendersi, gli antifurti delle auto si attivarono e i semafori andarono
completamente in tilt, fino al totale blackout.
Andrew si asciugò con il palmo della mano il sangue che gli colava dal
viso e gattonò verso Felicity.
- Ehi, - Batman afferrò tra le mani la testa di Felicity e appoggiò le
dita sulle tempie, - Shhh, - Soffiò dolcemente sul
suo viso. – Calma, ora. Rilassati. – Iniziò con tono pacato e carezzevole per farla tranquillizzare. –
Brava, così. Respira. Controlla il tuo potere.
Piano, piano la normalità tornò in strada.
Felicity riprese a respirare normalmente. Batman si rilassò anche lui,
adagiando le labbra sulla fronte di Felicity. – Brava. Non è successo
niente, ha solo bloccato un malvivente che aveva intenzione di rubare un auto.
Felicity sgranò gli occhi. Sollevò lo sguardo prima su Batman e poi su
Andrew accanto a lei.Trattenne il
singulto alla vista del lungo taglio che solcava la guancia di Andrew. Passò le
dita sul suo viso, togliendogli il sangue residuo.
- Sto bene, - La rassicurò Andrew a occhi chiusi.
Felicity sorrise appena, e poi si voltò verso Oliver.
Si alzò in piedi e lo fronteggiò.
- Sei impazzito? – Domandò con rabbia Felicity. – Cosa volevi dimostrare? – Colpì con il pugno il petto
di Oliver. – Sono stata io a decidere di andarmene, non lui. –
Sferrò un altro pugno, con più collera. – Prenditela con me invece di
incolpare gli altri per quello che sono stata io a fare. – Altri pugni,
mentre le lacrime le rigavano il viso. –Ho deciso io di lasciarti libero
dal peso della mia malattia, di lasciarti vivere senza morire con me. Io...
Oliver rimase fermo senza reagire, colpito da quella verità.
Felicity stava per sferrare l’ennesimo debole pugno, quando Batman le
bloccò la mano.
- Ora basta. – Decretò con il suo tono severo.
- Signorina Smoak, - Felicity si voltò. Era seduta sul bordo della
piscina immersa nei suoi pensieri.
- Alfred. – Disse sorpresa e l’ologramma del labirinto che aveva
creato si dissolse nell’aria.
- Le ho portato la cena.
Felicity sorrise. – Non ho fame. – Ciondolò la gamba
nell’acqua.
- Lo so, - Alfred appoggiò il vassoio sul tavolino e le
si accostò. - Ma è appena uscita dall’ospedale e deve mangiare qualcosa se non
vuole svenire per terra.
Felicity rimase in silenzio. – Solo tu potevi trovare la strada
del labirinto. – L’osservò con la coda dell’occhio. – Prima o poi mi spiegherai come ci riesci, eppure creo l’ologramma
del labirinto proprio per evitare che mi trovino… ma tu… – Accennò un
sorriso.
Alfred era in piedi, qualche passo dietro di lei, con le mani giunte, e
la guardava con quei suoi occhi dolci e comprensivi.
- E quante volte ti ho detto di chiamarmi Felicity? Signorina Smoak è
troppo formale.
- Signorina Smoak, - Felicity sorrise dolcemente. – Il ruolo che
mi compete m’impone il formalismo. Ora si alzi e venga a mangiare, prima che si
raffreddi. Ho fatto cucinare a Dorothea il suo piatto
preferito: cosce di pollo in crosta, leggermente piccante,
adagiato su una crema di funghi e patate al forno.
Felicity si leccò le labbra istintivamente. Alfred si avvicinò e le
offrì l’asciugamano per asciugarsi i piedi.
Inspirò profondamente e si piegò al volere dell’anziano maggiordomo. In
fondo Alfred era l’unica persona che riuscisse realmente a tenere a bada Bruce
Wayne nei suoi momenti di autorevolezza sfrenata.
- La lascio gustare il suo pasto in pace…
- Alfred… - Felicity pronunciò il suo nome senza distogliere
l’attenzione dal piatto che aveva di fronte.
- Sì, signorina Smoak?
- Resta.
L’uomo sorrise, intenerito dalla visione
confusa e imbarazzata della giovane di fronte a sé.
- Alfred… - Riprovò Felicity.
- Sì, Signorina Smoak.
- Secondo te è possibile che un sentimento provato in passato, talmente
forte e struggente da sconvolgerti la vita, possa scomparire di punto in
bianco? Come può il passato essere cancellato dal presente?
Alfred inspirò piano provando un’immensa tenerezza per quella ragazza.
- Si dia del tempo, Signorina Smoak. Ha appena riscoperto la sua vita,
non può pretendere di ritornare indietro come se nulla fosse, come se il suo
presente non fosse importante e così rilevante. La sua nuova vita, e non mi
riferisco solo al suo ruolo di Black Queen, ha un peso profondo. In questi mesi
lei ha reagito, si è reinventata e cosa fondamentale non si è arresa. È andata
avanti e ora non può chiedere a se stessa di tornare indietro sui suoi passi.
La forchetta scivolò dalla mano di Felicity cadendo nel piatto. Il
tintinnio sottolineò l’importanza del discorso di Alfred.
- Faccia chiarezza dentro di sé e il cuore le darà le risposte che cerca
alle domande sul Signor Queen… - Si sporse verso di lei per recuperare il
piatto. – E sul Signor Jordan. – La guardò brevemente negli occhi e
poi si congedò.
Felicity aprì un paio di volte la bocca per ribattere ma non riuscì a
trovare le parole.
Sospirò mentre con gli occhi seguiva l’uscita dell’uomo. Si portò
l’indice e il pollice all’attaccatura del naso e si massaggiò debolmente.
Si sentiva stanca, troppe cose erano accadute in poco tempo.
Dopo lo scontro si era rifugiata in quel posto, lasciando dietro di sé
una serie di ologrammi che aveva intrecciato in un fitto
percorso di cunicoli per proteggersi dagli altri… e da lui.
Non era ancora pronta per affrontare il passato, per affrontare
Oliver, e forse non lo sarebbe stata mai.
Il suo presente era troppo diverso e intenso dal suo passato, ma l’aveva
cambiata veramente? Si sentiva più forte, più determinata. Ora non era più una
spalla ma una parte attiva di una squadra di eroi, lei stessa forse era un
pochino un eroe.
Scosse la testa.
In verità aveva solo paura. Paura di affrontare Oliver. Paura di
scoprire che il grande sentimento che provava, o aveva provato, per lui fosse rimasto sull’isola in cui, per tutto quel tempo di
lontananza, si era rifugiata inconsciamente.
- Black Queen, - mormorò a bassa voce.
- Mi fa piacere constatare che ti ricordi
ancora chi sei. – La canzonò Hal palesando la sua presenza.
Felicity fece scivolare lo sguardo sulla figura dell’uomo, il suo sorriso la rilassò e lei ricambiò in automatico.
- Ciao, - Disse piano, alzandosi in piedi.
L’uomo le andò incontro e l’accolse tra le sue
braccia. – Mi sei mancata in questi giorni.
Felicity strusciò il viso sul suo petto e annusò il suo profumo: aria,
cielo, nuvole, brezza del mattino, calore del sole.
- Io credevo di no, non sei neanche venuto in ospedale. –
Puntigliò. – Evidentemente avevi altro da fare. – Si staccò da lui
infastidita, mentre un ghigno divertito comparve sulla sua bocca.
- Questo è un colpo basso, bionda!
Felicity si avvicinò al bordo della piscina. Immerse il piede, stando in
equilibrio. L’acqua era leggermente tiepida. Osservò con la coda dell’occhio
Hal che a braccia conserte aspettava una sua mossa.
Non ci pensò su e con un colpo forte calciò
l’acqua nella direzione di Hal, che per la sorpresa non riuscì ad evitare gli
spruzzi.
- Piccola impertinente! – Si fiondò su di lei.
Felicity indietreggiò di qualche passo sul bordo della piscina e scoppiò
a ridere.
- Mi hai bagnato! – Protestò Hal fronteggiandola.
Felicity si strinse nelle spalle e gli fece la linguaccia.
- Ah sì? – Hal la spinse per la spalla e Felicity perse
l’equilibrio, cadendo in piscina.
Riemerse poco dopo sputacchiando acqua, mentre le risate di Hal si
diffondevano nell’aria.
- Spero che tu ti sia divertito abbastanza.
- Può essere. – Con un cenno della mano, la sollevò in aria
avvolgendola nell’asciugamano caldo e poi la condusse a sé.
- Ti perdono solo perché il tuo tocco da eroe è stato provvidenziale.
– Disse con voce tremante mentre si godeva il diffondersi del calore
emanato dalla stoffa. – Siamo pari, comunque.
Felicity alzò il viso verso di lui. Incontrò i suoi occhi che la
osservavano seri, riuscendovi a scorgere, per una rarissima volta, quello che
celavano.
- Non ancora. – Terminò Hal abbassandosi su di lei. - Scusami...
- Per cosa? - Chiese incerta Felicity.
- Per questo.
Hal le sfiorò le labbra lentamente, attese qualche secondo per poi
spingere più a fondo il contatto. Felicity, dopo l’attimo di sorpresa, rispose
al bacio. Socchiuse le labbra e si lasciò accarezzare dalla sua lingua.
Hal la circondò con le braccia e la strinse più a sé.
Felicity s’immerse in quelle sensazioni. Si perse nei ricordi, si lasciò
andare alla presa calda di quelle mani sul suo viso. Oliver.
S’irrigidì tra le braccia di Hal che accorgendosi interruppe il bacio.
- Io… - Tentò Felicity.
Hal accennò un sorriso che però assomigliava più a una smorfia
contrariata e triste.
- Io… - Riprovò Felicity.
- Capisco. – Rispose asciutto e andò via.
- Hal! Aspetta.
Felicity entrò nella stanza di corsa ma si scontrò contro il petto di
Oliver.
- Oliver… - Disse piano, in risposta allo
sguardo che lui le stava rivolgendo. – Io… - Ripeté, ancora una volta
senza riuscire a trovare le parole.
- Scusami… - Oliver interruppe il silenzio. – Ho sbagliato stanza.
Buonanotte.
E senza darle il tempo di aggiungere altro, Oliver se ne
andò.
Felicity rimase ferma in quella posizione per diversi minuti. Non osava
muoversi. Non si capacitava di quello che era successo. Passato contro futuro: una guerra impari.
- Felicity… - Una voce alle sue spalle, la richiamò con dolcezza.
Si voltò, restò un attimo sorpresa di trovarlo lì, ma poi si tuffò tra
le sue braccia.
Continua…
Angoletto di Lights
Eddai! Non
linciatemi :D
Lo so, questo capitolo fa soffrire anche a me, ma sarebbe così facile e
ahimè, così sbagliato, fare subito l’happy ending che
sarebbe una forzatura, non trovate?
La parte finale l’ho riscritta un paio di
volte, per mia fortuna ho al mio fianco jaybreee vannagio (i miei
più grossi ringraziamenti vanno sempre a loro) che mi aiutano a tenere in IC i
personaggi.
Sarebbe stato fin troppo facile descrivere un Oliver
Queen incazzato e arrabbiato ma non sarebbe stato lui, avrei potuto giocare
facile ma che gusto c’è? È molto più difficile confrontarmi con il suo
carattere e non stravolgere il personaggio.
Vi prometto, che con il prossimo capitolo, ci sarà una piccola gioia, ovviamente dipende dai
punti di vista, ma posso dirvi che amo particolarmente il prossimo capitolo e
spero anche voi lo amerete.
Qui appare il mitico Alfred, al momento è solo una comparsa veloce, ma
sono sicura che lo ritroveremo ancora, confido in lui ;)
Hal e Felicity come sono carini, si andrà
oltre? Chissà.
E ora... un piccolo regalino: vi ho scritto una sciocchezzuola per San Valentino, Sabato 14 febbraio ve la pubblico, giusto per farmi perdonare un po' ;)
Bene carissimi/e per ora è tutto, lascio a voi i commenti, e noi ci rileggiamo
lunedì
- Dai, ora basta.
– Sussurrò Diggle cercando di placare i singhiozzi di Felicity. –
Non pensavo di farti questo effetto. – Sorrise.
Felicity si staccò dal
suo abbraccio e tirò su con il naso.
- Scu-sa,
- iniziò piano. - È successo tutto così velocemente che… - riprese a piangere.
Diggle inspirò
profondamente e l’accolse di nuovo tra le sue braccia.
La mano scivolò sul suo capo accarezzandola dolcemente.
- Così mi bagnerai tutta la giacca, Felicity.
Lei sorrise tra i
singhiozzi. Tutte le emozioni che aveva trattenuto
dentro di sé l’avevano destabilizzata.
- Perdonami, - Si
staccò da lui di qualche passo e afferrò il fazzoletto che Diggle le stava
porgendo. - Come stai? - Sorrise, lieta di averlo ritrovato.
- Ora che ti vedo e so
che sei viva, molto meglio. – Diggle vagò con lo sguardo sulla stanza. -
Bella sistemazione.
- Già, - Confermò Felicity,
grata che non avesse chiesto cosa intendesse fare con Oliver.
I due rimasero in
silenzio per un po’. Felicity si accomodò sul divano, mentre Diggle si sedette
in poltrona.
- Non è stato facile.
– Iniziò piano Dig, scegliendo attentamente le parole e il tono. –
Per niente. - Si fermò un attimo. - Ho dovuto raccogliere i pezzi di Oliver uno
a uno. – Riprese sospirando profondamente. - Non so neanch’io come ho
fatto a farlo reagire. Dopo la tua scomparsa si era
spento. Ha passato giorni rinchiuso nel suo dolore, lasciando tutti e tutto
fuori da sé. Non ci ha rivolto la parola per diverso tempo, si è rifugiato in
un mutismo ostinato, perfino i suoi occhi avevano smesso di lottare, insieme al
cuore. – Diggle si massaggiò il mento evitando prontamente di soffermarsi
su Felicity. – Non è stato facile, - ripeté in tono più duro. - Ti ha
aspettato a lungo quella sera. Ha mosso mari e monti per trovare una traccia di
te, ma non aveva fatto i conti con la tua capacità di sparire.
- Io… - Iniziò
Felicity, colpevole, ma Diggle le appoggiò la mano
sulla sua.
- Non preoccuparti,
anche se ho faticato a capire la tua scelta, ora la condivido. – Le
sorrise brevemente. – Roy ed io abbiamo lottato per voi, per lui, per
Arrow, per non distruggere tutto il lavoro che aveva fatto per Starling City. Ho dovuto confrontarmi e combattere con il
demone che Oliver custodisce dentro di sé, sempre, ma alla fine ho vinto. L’ho
riportato sui suoi passi e l’ho costretto a vivere.
- Vivere? –
Chiese Felicity, incerta.
Diggle sorrise,
triste. – Oliver è morto lo stesso giorno che il Dottor Wolfar gli ha
comunicato la tua morte. La fioca luce di speranza che covava dentro di sé si è
spenta in quel momento esatto. Il suo cuore ha smesso di amare, di pulsare di
vita, ma ha continuato a vivere solo per rendere onore a quello che c’era stato
tra di voi. Solo grazie al tuo ricordo sono riuscito a riportarlo a vivere e a
non lasciarsi andare.
- Come morta… -
sussurrò Felicity, incredula.
Diggle scattò con il
capo verso di lei. – Noi credevamo che tu fossi morta, Felicity. Quattro
mesi dopo la tua scomparsa, il Dottor Wolfar andò a trovare Oliver e gli comunicò che tu te n’eri andata, il male ti aveva
strappato alla vita. Gli consegnò una busta con un tuo
video messaggio che si autodistrusse subito dopo, così a Oliver non rimase niente
di te se non il ricordo e la promessa di continuare a… - inspirò profondamente,
sconsolato. - … vivere.
- Non è possibile...
– Felicity era esterrefatta da quella rivelazione. – Andrew non può
aver fatto questo.
- Che vuoi dire?
– Questa volta era il turno di Diggle di non capire.
Felicity si alzò in
piedi e si accostò alla vetrata. Appoggiò la mano sul vetro e rabbrividì quando
percepì il freddo. Era scesa la sera e il buio era calato sulla sua vita mentre
i ricordi del passato si facevano largo nella sua mente.
Il sole di quel
mattino riscaldava il suo corpo stanco. Approfittando delle sue forze, “oggi è
un giorno sì” si era ripetuta nella mente, Felicity si era alzata presto, aveva
indossato la sua vestaglia ed era andata a sedersi in giardino.
Erano ormai passati
più di tre mesi da quando aveva lasciato Starling
City e si era rifugiata nell’immensa villa di Bruce Wayne, alla ricerca
disperata di quell’utopistica cura che le avrebbe permesso di vivere e tornare
da Oliver. Aveva avuto poche occasioni di incontrare in persona il signor
Wayne, sempre impegnato nei suoi affari, attento a non sfatare il mito di
segretezza che aleggiava sulla sua figura.
Chiuse gli occhi,
lasciandosi trasportare dal calore del sole. Il bip degli avvisi che aveva
impostato sugli spostamenti di Oliver l’avvertì della sua presenza nell’Arrow
Cave.
Aprì il tablet e monitorò la situazione. Si collegò alle telecamere
e inspirò a fondo, tranquillizzandosi all’istante quando vide il suo volto. Un
dolce calore malinconico le invase il cuore.
Seguì i suoi gesti
abitudinari. Oliver si tolse la maglia, che adagiò malamente sul tavolo lì
accanto, rimanendo a torso nudo. Felicity scivolò con lo sguardo sul corpo
dell’uomo, sui suoi pettorali, analizzando minuziosamente i tatuaggi e le cicatrici
come quasi a volerli imprimere fedelmente nella mente.
Oliver prese il bastone e compì semplici mosse di preparazione,
dando in quel modo le spalle alle telecamere. Felicity lasciò che lo sguardo
scivolasse sulla sua schiena, seguendo ogni muscolo contratto fino a
raggiungere, con il piegamento in avanti di Oliver, la visione del suo
posteriore.
Sussultò per quella
mossa e un leggero colorito rosso imporporò le sue guance.
- Porno di prima
mattina? Ragazza interessante.
La voce dal tono
derisorio, alle sue spalle, la fece rabbrividire dall’imbarazzo. Con una mossa
veloce chiuse il tablet.
Felicity si alzò di
scatto, troppo velocemente per il suo debole corpo. Barcollò, ma prima di
cadere, l’uomo davanti a lei la sostenne prontamente per la vita.
- Dio! – Felicity
si portò una mano al capo per tenere a bada quel capogiro.
- No, sbagliato, ma
volendo ci assomiglio. – Ghignò divertito. – Hal Jordan.
Felicity fissò quel
viso simpatico che le sorrideva. I suoi occhi, di un
castano chiaro impreziosito da una luce particolare, la guardavano incuriositi.
Si sentì stanca e
senza pensarci, si accasciò con il capo al suo petto, sussurrando un debole:
scusami.
- Ti porto a letto.
– La voce sicura dell’uomo la cullò. La sollevò in aria e l’accolse tra le sue braccia.
Felicity si svegliò
solo nel tardo pomeriggio. Aprì gli occhi, sbatté un paio di volte le palpebre
per mettere a fuoco la stanza e voltando il capo si accorse di Andrew, seduto
in poltrona, intento a leggere.
- Ehi… - Si schiarì la
voce.
Andrew appoggiò velocemente
il libro sulla scrivania e le andò vicino. – Come ti senti?
- Pensavo bene, ma che
cosa è successo?
- Hai perso i sensi.
Sole.Aria fresca. Oliver. Occhi caldi e
rassicuranti. – Hal Jordan… - sussurrò con la sua voce rauca.
- Sì, è stato il
Signor Jordan a portarti a letto. Ti avevo pregato di rimanere a riposo in
questi giorni, anche se ti sentivi bene, Felicity. – Ripartì Andrew con
la sua paternale.
Felicity chiuse le
palpebre, ormai quel discorso lo conosceva a memoria. – Scusami, - Disse
in fretta per evitare di arrivare fino in fondo a quel monologo che tanto
odiava sentire. Stava male, lo sapeva benissimo, il suo corpo glielo ricordava
ogni istante della sua giornata, ma Andrew non poteva
biasimarla se voleva di più dalla sua vita, se cercava con tutte le sue forze
di combattere quel male che non l'abbandonava mai.
Bip. Il tablet vibrò sopra al comodino. Gli occhi di Felicity
scattarono su di esso e poi supplichevoli su Andrew.
Lui inspirò, già
sconfitto in partenza. Aveva provato per diverso tempo a farla desistere dal
sorvegliare Oliver Queen o Arrow, ma lei non aveva ceduto.
Rassegnato, le porse
il tablet e l’aiutò a sistemarsi meglio contro la testiera
del letto.
- Cerca almeno di non stancarti, ok? – Aveva detto Andrew prima di lasciarla
sola al suo ruolo di sorvegliante.
Felicity attivò la
ricetrasmittente. Oliver era in azione. McKenna,
arrivo! A quella risposta concitata strinse le mani a pugno. Non doveva
fare così, reagire in quel modo, aveva scelto ed era giusto che lui si facesse
una nuova vita.
Seguì il suo segnale
sul monitor, facilitandogli il percorso, cambiando repentinamente l’andamento
del traffico e dei semafori. Gli sbloccò porte, disattivò allarmi, fece tutto quello che era in suo potere per dargli una mano
e alleviare il senso di colpa che provava per averlo abbandonato.
Respirò a fondo,
quando tutto terminò. Spense il tablet e si distese
nel letto. Chiuse gli occhi, doveva prendere una decisione, lui doveva sapere, era giunto il momento.
Per tutti quei mesi
l’aveva tenuto d’occhio, analizzando e valutando il rapporto che giorno dopo giorno aveva ricreato con McKenna.
Era giunto il momento
di lasciarlo andare incontro alla sua nuova vita senza di lei.
Si mise a sedere sul
letto, quando si sentì sicura si alzò in piedi. Si avvicinò alla scrivania,
aprì il cassetto e da uno scompartimento segreto, che lei stessa aveva creato,
tirò fuori una microsim.
La osservò tra le dita.
Doveva farlo, non c’era più motivo per continuare a indugiare.
Uscì dalla sua camera
e si diresse al laboratorio dove era certa di
trovarlo.
Attivò la porta e
subito fu accolta dallo sguardo stupito di Andrew, che le
corse incontro.
- Pensavo dormissi.
– La fece accomodare sulla sedia.
- Ho bisogno di te… -
Iniziò piano Felicity, dopo un attimo di silenzio. – Fai recapitare
questo a Oliver. - Gli porse la busta. - Ho registrato un messaggio per lui. Un
domani, forse, sarò proprio io a spiegargli di persona la mia scelta, ma
intanto una spiegazione gliela devo. – Felicity trattenne una lacrima.
Chiuse gli occhi e inclinò il capo, afflitta da quell’ingiustizia che la vita
l’aveva costretta a scegliere.
Andrew le afferrò le
mani. – Non ti preoccupare, ci sono io qui con te. Mi
occuperò io di tutto, Oliver Queen si rassegnerà e si costruirà una nuova vita.
– Le baciò il capo. – Torna a letto e cerca di riposare.
Felicity sorrise
appena. – Grazie. – E si congedò da lui.
Felicity stava
camminando a fatica per i lunghi corridoi. Non si era ancora orientata in
quella grande villa, d’altronde in quei mesi aveva scoperto solo una minima
parte di essa. Probabilmente mi sono persa per l’ennesima volta, pensò
scoraggiata.
- Signorina Smoak, -
La voce severa ma calda la colse di sorpresa. – L’aiuto.
- Signor Wayne!
- Bruce, la prego.
Felicity sorrise.
– Solo se lei inizia a chiamarmi Felicity.
E per la prima volta
accadde. Un sorriso sincero comparve sul volto di Bruce Wayne.
- Così va molto
meglio. – Si lasciò sfuggire Felicity a quella reazione inaspettata.
– Fai meno paura quando sorridi, Bruce. –
Si bloccò maledicendosi per quello che le era sfuggito. – Non che con
questo volessi dire che fai paura… certo, la tua aria tenebrosa e perennemente
imbronciata non aiutano, ma se si va oltre a questa
tua maschera, si riesce ad intravedere la tua vera persona. – Terminò
tutto in un fiato.
Bruce sorrise, ancora.
- Ti porto a letto.
- Sarà meglio.
Bastò poco e
arrivarono nella sua stanza. – Grazie, - sussurrò Felicity, imbarazzata.
- Buona notte. –
Senza aggiungere altro, Bruce Wayne scomparve dalla sua vista.
Felicity terminò il racconto.
Il silenzio calò su entrambi. Dopo un attimo di esitazione, Diggle si alzò in
piedi e si avvicinò a lei.
- L’importante è che
tu sia viva, che stai bene e che sei con noi. Tutto il resto è acqua passata.
Non diamogli più importanza.
Felicity si voltò a
guardarlo. Strinse forte i pugni, la rabbia per essere stata tradita dalla
persona di cui più si fidava le ribollì nelle vene.
- Scusami, - Disse
severa. Senza dare altre spiegazioni uscì dalla stanza.
Piombò nel laboratorio
come una furia, ma vi trovò solamente Bruce.
- Dov’è? –
Domandò incazzata.
Bruce l’osservò senza
dire niente.
- Dov’è Andrew?
– Continuò il suo attacco.
Bruce incrociò le
braccia al petto e dopo averle lanciato un lungo sguardo si voltò verso il
monitor e proseguì con il suo lavoro.
- Bruce! – Lo richiamò, spegnendo in automatico i computer con un gesto
della mano. - Dov’è?
Bruce si voltò a
guardarla. Eliminò la distanza in pochi passi. Immerse il suo sguardo freddo e
deciso in quello rabbioso di Felicity.
- In missione. Tornerà
tra qualche giorno. – Decretò con il suo consueto tono autoritario.
– Attiva il sistema. – Le ordinò, severo.
- Io… - Tentennò
Felicity sotto quello sguardo truce. – Io…
- Felicity! – La
richiamò all’ordine e lei, in automatico con un battito di ciglia, riportò alla
normalità i computer. – Parleremo quando ti sarai calmata. – Si
voltò nuovamente senza più darle attenzione.
Felicity strinse forte
i pugni e un lampo le balenò nella testa. –
Bruce, - Si avvicinò lentamente a lui. Tremante gli appoggiò la mano sul
braccio. – Dimmi che tu non eri a conoscenza di quello che aveva ideato Andrew.
Dimmi che tu non hai concordato con
lui di fingere la mia morte con Oliver. – Bruce non si girò, rimase fermo
nella sua posizione. – Dimmelo! – Gridò Felicity, mentre le lacrime
le rigavano le guance.
- No, non sapevo
niente. – Si voltò di scatto e accolse il corpo tremante di Felicity tra
le sue braccia. – Mi dispiace, non conoscevo il piano del Dottor Wolfar. Non
sapevo neanche della tua relazione con Oliver o che Oliver Queen fosse in
realtà Arrow. Solo da poco e dopo attente analisi sono arrivato alla soluzione.
– La strinse più forte a sé. – Quando ho scoperto che il Dottor
Wolfar aveva inscenato la tua morte, ho cercato di rimediare al suo errore
rintracciando Arrow e incrociando la strada di Oliver Queen. - Il silenziò calò
su di loro. - Perdonami. – Le baciò il capo. - Non avrei mai voluto che
tu soffrissi.
Felicity si strinse
più forte all’uomo che in tutto quel tempo l’aveva sempre protetta come un
padre.
- Dovresti andare a
parlare con Oliver. – Le suggerì Bruce, allontanandola da sé.
Felicity evitò il suo
sguardo. – Lo so.
- Vai. – La incoraggiò. – Non possiamo creare la nuova squadra
se ci sono incomprensioni tra di noi.
- Cosa
significa?
- Tutto a tempo debito
Felicity. – La esortò ad andare. Dopo un attimo di indecisione lei uscì dal laboratorio in cerca di Oliver.
Felicity si fermò in
mezzo al corridoio. Chiuse gli occhi e si collegò con la mente al piano
regolatore dello stabile. Analizzò tutte le tracce di calore, fino a quando non
individuò la persona che cercava.
A passo deciso si
avviò verso di lui. Si soffermò sulla porta. Respirò a fondo e si fece
coraggio.
Bussò lievemente,
attese qualche secondo, ma non ricevendo risposta entrò.
Pochi passi e si immerse nel buio della stanza chiudendosi la porta alle
spalle.
- Lo so che ci sei.
– Disse con la voce malferma, perdendo all’improvviso tutta la sicurezza
che era riuscita a racimolare. – Il computer mi mostra la tua traccia di
calore nella stanza.
Oliver a quell’informazione
uscì dal suo nascondiglio. Scostò la tenda e il raggio della luna illuminò
lievemente la camera.
Felicity fece un passo
in avanti, verso di lui.
Oliver fece lo stesso.
Non disse niente. Restò a guardarla, alla luce della luna. Si tuffò nel suo
sguardo deciso, assaporando sentimenti sepolti e lontani.
Felicity, con un
movimento leggero della mano, accese la luce e finalmente anche lei poté
immergersi in quegli occhi tanto cari.
Oliver appoggiò la
mano sulla guancia di Felicity, strofinando lentamente il pollice sulla pelle.
Felicity chiuse gli occhi e si lasciò andare a quella carezza.
- Mi dispiace, -
sussurrò, colpevole. - Non volevo procurarti così tanto dolore con la mia
scelta. Quando ti ho visto con McKenna, ho pensato che lei ti sarebbe stata a
fianco, meglio di me. Lei era la donna perfetta per te, quella che non potevo
più essere io.
Oliver appoggiò anche
l’altra mano sul suo viso e con l’indice portò via la lacrima dagli occhi di
Felicity.
- Io non credevo… -
Tirò su con il naso. – Non volevo farti male, volevo
solo proteggerti da tutto questo. – Inspirò a fondo, immergendosi nel suo
profumo. – Mi dispiace, - ripeté addolorata. – Credevo che McKenna
ti avrebbe guarito dalle ferite che ti avevo inferto.
Oliver strinse il suo
viso tra le mani. Chiuse gli occhi e inclinò il capo appoggiandolo alla sua
fronte.
- McKenna è morta in
una sparatoria mentre inseguiva un latitante, un caso fuori zona. –
Confessò Oliver. – Non ho potuto fare altro che organizzarle una degna
sepoltura.
- Oliver… - Felicity
rimase senza fiato.
- Per me c’eri
solamente tu, ci sei sempre stata, e ci sei ancora nel mio cuore.
Felicity s’irrigidì
sotto lo sguardo deciso di Oliver.
- Oliver, io…
Ma non ebbe il tempo di
completare la frase, perché le labbra di Oliver sfiorarono le sue dolcemente,
con amore. Un bacio delicato, intriso di passione, una passione
custodita gelosamente in tutti quei mesi, rivelata poco a poco, mentre la
pressione delle sue labbra si faceva più insistente ed esigente sulla bocca di
Felicity.
Felicity si lasciò
trasportare da quel mare di sentimenti confusi, una lotta
impari tra passato e presente che persisteva nel suo cervello.
Le mani di Oliver
scivolarono dalle guance al collo. – Ti amo, - Le sussurrò tra un bacio e
l’altro. – Ti amo, - Ripeté con più decisione, mentre i suoi occhi si posavano
su quelli di Felicity. – Ti amo. – Decretò infine, poca prima che
lei si staccasse da lui, lasciandolo con le mani sollevate in aria.
Ti amo,
sussurrò alla porta che si chiudeva dietro le spalle di Felicity.
Ti amo.
Continua…
Angoletto di Lights
Concedetemelo, anche
se sono di parte, ma io amo profondamente questo capitolo in ogni suo singolo
punto.
La tenerezza di Dig,
il divertente primo incontro di Hal e Felicity, la tenerezza di Bruce e infine,
il momento Olicity, si può amare così immensamente due personaggi? Sì, si può.
Povera Felicity, ha
scoperto la verità e il prezzo che ha dovuto pagare.
E ora?
Odiate come me questa
domanda? LOL
Vi posso solo dire che
abbiamo fatto un primo passo in avanti, anche se la strada è lunga.
Vi voglio bene,
tutti-tutti, e grazie per l’affetto che dimostrate a questa storia.
- Perché quel bacio? - Felicity entrò nella stanza di Hal Jordan tutta
trafelata.
Erano diversi giorni che si evitavano, non si
parlavano, si studiavano da lontano, si lanciavano sguardi carichi di
significato, senza aver mai il coraggio di affrontare e superare lo scoglio che
si era creato tra di loro.
Felicity si chiuse la porta alle spalle e vi si
appoggiò contro. Era stanca di quella situazione, voleva
indietro il suo Hal Jordan, l’uomo burlone, che non perdeva occasione di farla
ridere, stare bene e serena.
Hal osservò Felicity in silenzio. Appoggiò le mappe sulla scrivania e
le andò vicino.
Felicity seguì ogni movimento di Hal, inchiodando gli occhi ai suoi.
- Uno sfizio. - Hal sorrise sornione.
Felicity sbatté un paio di volte le palpebre, incredula - Uno sfi-zio? - balbettò.
- Sì. Eri bagnata… - Ghignò per quel doppio senso, lasciando sospeso
il discorso.
- Ero bagnata per colpa tua! - Obiettò con foga, Felicity.
Hal le si avvicinò ancora di più. La sua mano
sfiorò la guancia di Felicity. - Non avevo dubbi. È l’effetto che ho sulle
donne. - Il ghigno sul viso di Hal Jordan si allargò.
Felicity boccheggiò, comprendendo il doppio senso in cui era cascata
ingenuamente. Chiuse gli occhi, e si massaggiò l’attaccatura del naso con
indice e pollice.
- Perché? - Chiese, quasi sussurrandolo.
- Volevo sapere che sapore avevi, Felicity. Solo curiosità. Non dirmi che non hai mai sognato di
baciarmi! - Hal incrociò le braccia al petto, divertito.
- Io… io… beh, sì, no, non è questo il punto. - Farfugliò Felicity.
La fragorosa risata di Hal Jordan riempì la stanza.
- Eri lì, davanti a me. - Hal fece un passo in avanti e in automatico
Felicity indietreggiò. - Con i capelli bagnati, - Le afferrò una ciocca che
scivolò via dalle sue dita quando lei indietreggiò di un altro passo. - I
vestiti appiccicati al corpo… - Ridacchiò al ricordo. Felicity si scontrò con
la porta aderendovi con le spalle.
Hal appoggiò le mani ai lati del suo capo e si chinò su di lei senza
mai abbandonare i suoi occhi. - Eri lì, avvolta nell’asciugamano, come un
cucciolo che supplicava tenerezza… - La distanza che separava le loro bocche
era lunga come un sospiro. - Proprio come ora, tu ed io, nessun altro, un’altra
mossa e… - Hal rimase fermo.
- E… - Deglutì, Felicity.
- Uno sfizio, te l’ho detto. Era solo uno sfizio.
Hal Jordan si staccò da lei e tornò alla scrivania. Prese in mano le
mappe e proseguì nel suo studio, dandole le spalle.
Felicity lasciò scivolare la mano dal collo al petto. Quell’uomo aveva
la capacità di confonderla e farla arrabbiare nello stesso momento.
Si avvicinò in silenzio. Appoggiò la mano sulla spalla di Hal,
facendolo voltare. Vagò con lo sguardo sul suo volto. Sulle labbra, segnate da
una traccia di barba, sul livido che troneggiava sullo zigomo, gonfio per colpa
del pugno ricevuto nell’ultimo inseguimento, e infine sui suoi occhi: seri,
determinati, con quella strana luce che non si capiva mai se era vera o finta.
- Sono qui… solo per capire. - Felicity iniziò piano senza mai
distogliere l’attenzione da lui. - Perché mi manchi. Mi manca quello che c’è
tra noi, mi manca la leggerezza che sai darmi con le tue battute, con il tuo
carattere scherzoso. Mi manca parlare con te, mi manca
sentire la tua presenza al mio fianco. Mi manchi tu. - Inspirò a fondo,
cercando di calmare il suo cuore. - Non voglio più che tra noi ci sia questo
scoglio che ci divide. - Concluse, triste.
Hal sorrise cercando di convincere anche se stesso. - È capitato, non
diamogli importanza. Ok? E poi, cosa penserà Oliver Queen se ti scopre nella
mia stanza dopo quel bacio?
Felicity sgranò gli occhi comprendendo qual era la verità.
- Hal Jordan! Sei un idiota! L’hai fatto a posta! - Felicity iniziò a
colpirlo con i pugni. - Tu lo sapevi e ti sei divertito alle mie spalle!
Hal rise. - Dai, Bionda, volevo giocare un
po’. Qui siete tutti troppo seri e poi pensavo che non ti sarebbe dispiaciuto
fare ingelosire il tuo Signor Queen.
- Stupido, imbecille!
Hal afferrò Felicity per i polsi e la bloccò davanti a sé. - Se
continui così, crederò che ti dispiaccia veramente che quel bacio non era vero?
Presa in contropiede, Felicity smise di opporsi e si fermò. - Idio-ta. - Disse con poca convinzione.
Hal la trascinò a sé e le baciò la fronte. - Bionda, non sei ancora
pronta per uno come me.
Felicity alzò il capo per guardarlo un’ultima volta. - Sei tu che non
hai il coraggio di stare con una come me. - Disse,
prima di uscire dalla stanza.
Felicity aveva fatto pochi passi in corridoio quando la voce di Hal la
raggiunse. - Hai proprio ragione, Felicity! - Rise di
gusto.
Felicity si voltò e gli fece la linguaccia. Erano tornati a essere
loro.
La sera era calata da un paio di ore. Dopo l’intensa giornata di
allentamento, Roy aveva provato a rilassarsi a letto senza successo.
Chi c’è ancora in palestra? Si chiese quando sentì i colpi sferrati al
sacco di box.
Si accostò piano alla porta e spiò curioso. Sin!
Cindy era intenta a calciare e colpire il sacco nero, che ondeggiava a
ogni colpo assestato con forza.
- Dovresti smetterla, - La voce severa di Luke rimbombò in palestra.
- Luke, non rompere. - Lo ammonì Cindy. - Ho
bisogno di scaricarmi.
Luke si frapposte tra lei e il sacco. Fermò con la mano il pugno di
Cindy con una mossa veloce.
- Basta, - Iniziò calmo. - Se continui, ti sanguineranno le nocche.
- Non fare la femminuccia, Luke. È solo sangue, non fa male.
Luke le bloccò le mani. - Siamo parte di una squadra, non siamo più
solo tu ed io. Ogni nostra azione si ripercuote sugli altri.
Cindy si staccò innervosita. - Non fare il romantico. La squadra non
esiste. Che cosa credi? Ora che è tornata Felicity, non avranno più bisogno di
noi e ci daranno il ben servito.
- Cindy… - Luke inspirò con calma, non riuscendo a trovare le parole
per combattere quella verità.
Cindy si morse il labbro, pentendosi per quell’attacco troppo duro.
- Scusa, tutta questa storia mi ha messo di cattivo umore. Non ti
preoccupare. Neanche Black Queen può tenerti testa. - Gli fece l’occhiolino.
Luke sorrise, sospirò rassegnato e si fece da parte. - Beh, - Iniziò
piano, accostandosi al suo orecchio. - Se continui a indossare quei completini
da segretaria sexy, forse hai più chance di me di restare in squadra.
Cindy si staccò imbarazzata. - Luke… - Tentò di ribattere ma quella
confessione l’aveva lasciata senza parole.
- Buonanotte, ragazzina. Non fare tardi. - Luke le baciò la tempia,
accarezzandole il capo e la lasciò da sola.
Roy si nascose prima che potesse incrociarlo.
Luke si fermò a pochi passi dall’uscita. - Buonanotte, Roy. - Sorrise
soddisfatto quando incrociò lo sguardo allibito di Roy. - Cerca di mandarla a
letto presto, e siamo intensi… - Si fermò davanti a lui. - Non di portarla a
letto.
I due si scambiarono uno sguardo serio.
Roy attese ancora qualche secondo e poi decise di rivelare la sua
presenza.
- Se punti i piedi, avrai più forza nei colpi.
- Non ti ho chiesto niente. È inutile che fai
il professorino con me, Cappuccetto Rosso.
- Per stasera hai fatto abbastanza.
- Non rompere Roy.
Roy non badando a quel tono duro, si avvicinò all’armadio dei
medicinali e prese il sacchetto del ghiaccio istantaneo e poi ritornò da lei.
- I tuoi pugni sono deboli.
Cindy colpì con più forza il sacco e finì solo per farsi del male alla
mano.
- Ahia! - Ritrasse il pugno appoggiandolo al petto e si piegò su se
stessa per contenere il dolore.
- Testona. - Roy si avvicinò e con forza le afferrò la mano su cui
appoggiò del ghiaccio. - Se mi ascoltassi ogni tanto, non sarebbe una brutta
idea.
In risposta,
Cindy gli rivolse un’occhiataccia.
- Dai, vieni qua. - Roy si sedette sul tavolo afferrando l’occorrente
per la medicazione. - Fammi vedere. Con tutte le botte che ho preso da Oliver,
sono diventato un esperto in contusioni.
Cindy esitò un attimo. Osservò Roy armeggiare con le bende, il
disinfettante e la pomata, appoggiarli con ordine e cura sul tavolo accanto a sé.
Restò ferma, indecisa, ma quando lui alzò il capo e la guardò con quello
sguardo così caldo e accogliente, si mosse involontariamente. Piano,
lentamente, passo dopo passo, come se una forza magnetica la stesse attirando
nella sua direzione, fino a fermarsi di fronte a Roy.
Lui sorrise, soddisfatto. Gli piaceva vederla così mansueta e
disponibile. Con delicatezza afferrò la mano destra di Cindy e la liberò dalle
bende sporche di sangue.
- Non è niente…
Cindy tentò di ritrarre la mano. - Lo so anche da me. - Ma Roy strinse la presa.
- Rilassati, ti medico soltanto, promesso. - Sorrise ma senza
guardarla in volto. Sapeva benissimo che se l’avesse fatto, lei si sarebbe
sentita vulnerabile e sarebbe scappata dal suo aiuto.
Passò delicatamente il batuffolo intriso di difettante sulle nocche,
asciugò piano, e poi con delicatezza cosparse la zona tumefatta con la pomata.
- Niente più pugni, almeno per un giorno, ok? - Roy fece l’errore di
alzare lo sguardo su Cindy. Si scontrò con i suoi occhi che lo osservavano
seri, attenti a non perdersi una sua mossa.
Lei se ne accorse troppo tardi, scivolò via
dalla sua stretta e si allontanò da lui di qualche passo.
Cindy inspirò piano, cercando di tenere a freno il battito del cuore, terrorizzata
all’idea che anche lui potesse accorgersi di quanto andasse veloce.
Roy saltò giù dal tavolo e si accostò a Cindy con indifferenza. - Puoi
sempre allenarti a difenderti. - Sferrò un lento pugno e prontamente lei si
scansò di lato. - Non è detto che in battaglia si sia obbligati
sempre a colpire. A volte basta sapersi difendere ed essere pronti a evitare i
colpi. - Sferrò un altro pugno, con una mossa più rapida, ma anche questa volta
Cindy riuscì a evitarlo, spostandosi repentinamente di lato e indietreggiando
di un passo.
Roy inclinò il capo soddisfatto, compiaciuto. - Brava, noto con
piacere che hai capito che cosa intendo.
- Smettila di fare il professore, è un ruolo che non ti viene bene.
Roy sferrò l’ennesimo pugno prendendola in contropiede, e le colpì la
spalla.
- Ahia! - Cindy appoggiò la mano sul punto dolente. - Hai intenzione
di farmi fuori?
Roy non rispose e attaccò ancora, ma questa volta Cindy riuscì a
scansare il colpo slanciandosi all’indietro.
- Roy, smettila!
- Perché mai? Prima, quando te l’ho chiesto, non mi hai ascoltato,
perché dovrei farlo ora? - Ghignò divertito, colpendo un’altra volta.
Per evitare il pugno Cindy si sbilanciò con la schiena e perse
l’equilibrio. Sarebbe finita a terra, se Roy non l’avesse afferrata per la vita
giusto in tempo.
I loro volti si ritrovarono vicini. Occhi negli occhi.
Il fiato che accarezzava il viso dell’altro.
Cindy si umettò le labbra e Roy seguì la punta della sua lingua come
se fosse stato attratto da una calamita.
Chiuse brevemente gli occhi. - Ti porto a letto. - Quando si rese
conto di quello che aveva appena detto, lasciò la presa e Cindy finì per terra.
- Intendevo, andiamo a dormire. -
Le porse la mano in segno di scuse.
- Credo che Felicity ti abbia contagiato. - Sorrise divertita. -
Tranquillo, non dirò a Luke che hai tentato di portarmi a letto.
- Felicity! - Esclamò Bruce sorpreso, scontrandosi con lei.
- Bruce!
- Ti stavo cercando. - Bruce la osservò
serio.
- Ho parlato con Hal. - Confessò Felicity
precedendo la sua domanda. - Lo so, in questi giorni siamo stati scostanti,
c'era un po' di tensione tra noi, è successa una cosa, non è
che mi sia dispiaciuto, beh, dispiaciuto proprio no, anzi, anche se ora
che mi ha spiegato, sì, ok, sono un po' delusa, ma sai com'è Hal, è sempre Hal,
se non fa il deficiente per il gusto di irritare le altre persone, non si
diverte. Credo ormai che tu conosca Oliver, basta un niente è subito si mette
sulle sue, Oliver è così...
Bruce appoggiò la mano sulla spalla di Felicity e lei si bloccò
all'istante.
- Ma non era di questo che volevi parlarmi,
vero?
Bruce sorrise intenerito confermando con il capo.
- No. - L'attirò a sé e insieme si avviarono verso la sala operativa.
- Ho in mente un progetto e ho bisogno del tuo aiuto per realizzarlo.
- Ma...
- Non ti preoccupare, Felicity, sono sicuro che non te ne pentirai.
Abbiamo una nuova squadra, e questo giochino servirà
per testarla.
- Nuova squadra? Intendi con Arrow?
Bruce le fece l'occhiolino e la spinse dentro la stanza.
Continua...
Angoletto di Lights
La pace è ritornata tra Hal e Felicity,
chissà ora con Oliver, lo scopriremo nel prossimo capitolo.
Bruce sta architettando qualcosa, e quando
c’è lo zampino di Bruce Wayne bisogna aspettarsi di
tutto.
Quanto sono bellini Roy e Cindy? Mi fanno
una tenerezza, questo tira e molla continuo è sì esasperante, ma nello stesso
tempo intrigante.
Voglio condividere con voi la mia gioia per
aver ricevuto la nomination agli Oscar Efpiani 2015
nella categoria “Miglior attrice protagonista” per Felicity Smoak nella
sua interpretazione in Metodo
Scientifico
Per festeggiare vi lascio un piccolo
spoiler del prossimo capitolo:
- Resto io con Oliver.
Disse Felicity
rivolgendosi a Dig.
- Vai pure a riposarti,
ne hai bisogno.
Con questo chiudo e passo a voi la palla, ci si rilegge lunedì ;)
Felicity entrò in palestra e alzò lo sguardo dal tablet.
Si bloccò sull'uscio nel vedere i tre gruppetti che si erano formati. Da una
parte Oliver affiancato da Roy e Diggle; dall’altra, in un angolino, seduti
sopra il tavolo Cindy e Luke che parlottavano sottovoce; infine, accanto agli
attrezzi, Bruce e Hal discutevano con un'aria misteriosa.
Al suo ingresso tutti si voltarono a guardarla. Felicity fece scorrere
velocemente lo sguardo sui presenti, si mosse incerta sulla direzione da
intraprendere, ma poi si avviò verso Bruce.
Scivolò con la coda dell'occhio su Oliver e si accorse che seguiva
ogni suo passo. Dalla sera del ti amo si erano parlati a stento e lei
aveva fatto di tutto pur di non trovarsi mai da sola con lui per evitare
l'argomento. Devo chiarire prima con Hal, poi affronterò Oliver, si eradetta, ma ora che aveva parlato
e sistemato le cose con Hal, non era più tanto sicura dei suoi propositi.
- Il programma è pronto. - Confermò alla muta richiesta di Bruce.
- Bene. Possiamo iniziare. - Bruce si avvicinò a Oliver e tutti gli
altri seguirono il suo esempio. I due si scambiarono uno sguardo d’intesa. -
Questa sarà l'assetto della nuova squadra.
Il silenzio calò tra i presenti.
- Nuova squadra? - Chiese Hal, divertito, solo per il gusto di
stuzzicare. - Con loro?
- Hai qualcosa da ridire? - Obiettò Luke.
- Guarda che stava parlando con noi. - Intervenne Roy.
Felicity si passò una mano sulla fronte. Iniziamo bene,
pensò.
- Cercheremo di cooperare al meglio. - Proseguì Oliver in tono serio,
mettendo fine alla discussione. - Il progetto della nuova base operativa è già
avviato. Ci trasferiremo a Starling City non appena i
lavori saranno giunti al termine.
- Per ora, agiremo da Gotham su più punti, poi ci divideremo in modo
da adempiere il nostro compito con più efficienza. Prima di tutto, però,
dobbiamo imparare a essere una squadra.
Felicity guardò Bruce sconvolta. - Non mi avevi detto questo. - Fece
un passo indietro. - Che cosa significa “ci divideremo”? Chi si dividerà?
Hal appoggiò la mano sulla spalla di Felicity. - Calma, Bionda. -
Cercò di tranquillizzarla. - Io resto con te. - Felicity si voltò a guardarlo e
poi riportò l'attenzione su Bruce.
- Resterai a Gotham, non è vero? - Si morse il labbro.
- Tutto a tempo debito, Felicity. - Fu la risposta lapidaria di Bruce.
Felicity inclinò il capo. - Certo, - Sussurrò irritata. - Come vuoi
tu, sempre. - Terminò seria, scoccandogli un'occhiata severa.
Bruce distolse lo sguardo da lei e si concentrò sugli altri. -
Felicity ed io abbiamo elaborato una prova per voi. Voglio capire come
interagite. Se dobbiamo essere una squadra, è meglio
conoscere i limiti e i punti di forza di ciascuno di noi. Sarete trasportati in
una realtà virtuale e dovrete affrontare diverse prove prima che il pazzo di
turno porti a compimento il suo piano di distruzione. Dovrete catturarlo vivo e
farlo confessare. - Bruce osservò i presenti uno a uno. - Il vostro obiettivo
sarà d'individuare il posto in cui il ninja ha imprigionato una trentina di
abitanti. Lì troverete le indicazioni per disattivare
l'ordigno esplosivo. Avete a disposizione un’ora di tempo prima che la bomba
esploda infrangendo la diga e che l'acqua sommerga l'intera città. Un grosso
timer nel cielo indicherà il tempo rimasto. Non è un gioco, tutto quello che
accadrà, sarà reale. I combattimenti e gli scontri che affronterete faranno
male e vi metteranno in difficoltà, se non starete attenti, potrebbe essere
anche l'ultima cosa che farete.
- Ho una domanda. - Intervenne Luke, interrompendo il momentaneo
silenzio. Bruce con un cenno della mano l’invitò a proseguire. - In
battaglia... voglio essere chiamato Cyborg, ok? - I presenti gli rivolsero
un’occhiata incredula. - Lo trovo adattissimo, chi meglio di me potrebbe chiamarsi
in questo modo? - Luke mostrò con orgoglio il suo braccio e la gamba. - … è
figo avere un nome da combattimento e Cyborg è geniale!
Ora Bruce lo uccide, pensò Felicity
divertita. Appoggiò una mano sul braccio di Bruce per fermare ogni sua azione.
Oliver sospirò e chiuse brevemente gli occhi, chiedendosi per
l'ennesima volta se avesse fatto bene a coinvolgere anche loro in quella
faccenda.
- Ben detto, Cyborg! - Hal diede una manata vigorosa sulla schiena a
Luke. - Benvenuti in squadra, Arsenal, Dig, Sin. -
Poi si voltò verso Oliver. - Arrow, - e gli tese la mano che dopo qualche
istante lui strinse.
- In posizione! - Ordinò Bruce, portandosi insieme a Felicity ai
margini della palestra.
Felicity si concentrò e dal nulla il gruppo si ritrovò in mezzo alla
strada di una città, immersa in una leggera nebbia che donava al luogo un’aria
tetra e misteriosa.
Una fragorosa e raccapricciante risata accolse i presenti, che si
misero sulla difensiva. Pochi secondi dopo una forte esplosione d’acqua lì
investì, trascinandoli lungo la via della città in un fiume impetuoso.
Oliver lanciò un paio di frecce e creò, in quel modo una tela di funi
alla quale aggrapparsi.
- So fare di meglio! - Si vantò Hal. Si
concentrò e spazzò via l’acqua in un vortice d'aria, riportandoli all’asciutto.
- Andiamo! - Ordinò Oliver, contrariato per quell’intervento,
osservando in alto nel cielo i secondi scorrere.
Vagarono con circospezione per la strada. A un tratto, Hal Jordan si
bloccò facendo fermare il gruppo. Tutti si guardarono intorno per individuare
il pericolo. In pochi secondi si scatenò l’inferno. Un esercito di ninja li attaccò da tutte le direzioni sparpagliandoli in
gruppetti. Prima che Hal potesse intervenire con i suoi poteri, fu imprigionato
sotto un telo giallo.
- Questo è un colpo basso, Bionda! - Urlò Hal verso il cielo, che
tuonò in risposta, scagliando il fulmine a poca
distanza da lui.
Il ninja stava per attaccarlo ma fu colpito da una delle frecce di Arrow.
- Senza i tuoi poteri non fai più il
gradasso, - Ghignò Oliver, soddisfatto, porgendogli la mano dopo che lo ebbe
liberato dal telo. - Un po’ di colore canarino e diventi docile come un
agnellino.
- Fammi riprendere le forze e poi ne riparliamo.
Oliver scoccò un’altra freccia centrando il ninja che stava per attaccare
Diggle alle spalle.
- I pugni li sai usare?
Hal rise divertito. - Ora ti faccio vedere come si picchia duro.
I due si diedero le spalle e al grido di Hal si fiondarono sul nemico.
Più il gruppo contrastava il nemico e più l’esercito dei ninja si
moltiplicava. Felicity li stava mettendo a dura prova.
Cindy fu attaccata contemporaneamente da tre uomini.
- Non si fa così con le signore! - Intervenne Luke in suo aiuto.
L’attirò a sé e l’afferrò per la vita, dandole così lo slancio necessario a
creare un vortice di calci. - Vai, ragazzina! - Ma una
raffica di shuriken piombò su di loro ferendo
entrambi. Luke perse la presa a causa del dolore e Cindy volò
diversi metri più in là, cadendo rovinosamente a terra.
- Cin-dy… - Si accasciò a terra ferito.
- Sin! - Urlò Roy correndo verso di lei. - Sin! Stai bene? - Cindy
confermò con un debole cenno del capo. Roy fece leva sulle gambe e si alzò in
piedi tenendola ben stretta tra le braccia. Stava per portarla in salvo quando
fu accerchiato. Maledizione! Pensò innervosito, senza riuscire a trovare una
via di fuga.
Luke a terra, Diggle impegnato, Arrow e Lanterna Verde erano troppo
distanti. È la fine, pensò.
- Roy, - sussurrò Cindy, alzandosi con il capo quel tanto che bastava
per raggiungere il suo l’orecchio. - Fammi salire sulle tue spalle e al mio via
lanciami in aria. Userò le tue frecce come lance per disorientarli, tu farai il
resto.
Il fiato caldo delle sue parole gli solleticò
il collo e un brivido gli percorse la schiena.
- Cappuccetto rosso... - Si guardarono un
attimo negli occhi. - … non farmi sfracellare al suolo. - Scherzò Cindy.
Avvertendo Roy caricare le gambe per darle la spinta
necessaria, Cindy afferrò le frecce e mentre era in aria le scagliò sui ninja.
I ninja cercarono di reagire all'attacco a sorpresa, ma dovettero
soccombere alla frecce di Roy.
- Bella mossa! - Disse Cindy quando Roy la riaccolse tra le sue
braccia. - Siamo una bella squadra tu ed io. - Roy sorrise e Cindy s’incantò a
fissarlo. È mai possibile che eserciti questo potere su di me? Si chiese persa
in quegli occhi chiari.
- Ragazzi, state bene? - Chiese Luke correndogli incontro.
Roy appoggiò a terra Cindy. - Tutto ok. -
Rispose.
Poco dopo furono raggiunti da Diggle. Il gruppo si avvicinò a Oliver e
Hal. Insieme formarono un cerchio.
- Credo di aver capito il trucco. - Affermò Luke, sorridendo.
- Cyborg, se ci vuoi illuminare? - Chiese Hal, sferrando l'ennesimo
pugno.
- Osservate i ninja, come si muovono in sincrono. Non notate nulla di
strano?
- Sono replicanti. - Rispose Oliver capendo al volo che cosa
intendesse.
- Basterà trovare l'originale e questa
assurda lotta cesserà. - Continuò Diggle.
Oliver li ispezionò con lo sguardo ad uno ad
uno fino a quando non individuò il burattinaio.
- Arsenal, immobilizziamolo: tu gamba destra
ed io braccio sinistro.
Roy eseguì il comando all'istante e lanciò la freccia
contemporaneamente con Oliver.
Un campo di forza bloccò il loro lancio, mentre delle funi legavamo e
immobilizzavano il ninja pilota.
Oliver scattò verso Hal. - Che cazzo fai?
Hal incrociò le braccia al petto e lo fissò
dritto negli occhi. - Ci serve vivo per ottenere informazioni.
- Non sarebbe morto! - Replicò Oliver.
- Chi può dirlo, Robin Hood! - Hal afferrò
Oliver per la giubba e i due iniziarono a lottare.
- Ora basta! - Tuonò Dig, cercando di separare i due. Afferrò Oliver
con forza, mentre Luke e Roy tiravano Hal dall’altra parte.
Nel frattempo il burattinaio si era liberato e stava scappando. Cindy
se ne accorse appena in tempo e senza pensarci due volte si lanciò al suo inseguimento.
Luke si guardò attorno quando si accorse che Cindy non era più con
loro. Si grattò il capo, esasperato. - Signori, - Attirò l'attenzione degli
altri su di sé. - La damigella si è avventurata nel bosco per incontrare il
lupo.
Il silenzio calò tra loro.
- Maledizione! - L'imprecazione di Roy li fece subito scattare.
- Non c'è rimasto molto tempo. Dividiamoci. - Ordinò Oliver.
- Io vado alla diga, proverò ad individuare
la bomba. - Affermò Hal, autoritario.
- Vengo con te! - Disse Oliver.
- Non ce n'è bisogno. Le tue frecce potranno fare ben poco, credimi. -
Lo canzonò Hal e si avviò.
- Voi occupatevi di Sin e del ninja, fategli confessare
dove ha nascosto gli ostaggi, io vado con quel supereroe a parargli il
culo. - Ordinò severo.
Ma dove si sarà cacciato, merda! Pensò Cindy,
irritata per aver perso le tracce dell'uomo.
Si bloccò in mezzo alla strada avvertendo il pericolo. Fu un attimo e venne accerchiata dai ninja.
- Ancora questo trucchetto! Sei monotono. - Lo
canzonò.
Chiuse gli occhi e si concentrò sui rumori circostanti fino a
individuarne la fonte. Aprì gli occhi, con un ghigno furbo stampato sulle
labbra e con un gesto fulmineo lanciò il coltello nella direzione del ninja. Il
colpo, però, andò a vuoto.
- Non è possibile! - Sgranò gli occhi, incredula.
L'uomo afferrò Cindy alle spalle, immobilizzandola. - Mai essere
troppo sicuri di sé. - Fece scivolare il kunai sulla
sua gola. - Mi dispiace per te ma è giunta l'ora della tua fi...
Il ninja non riuscì a terminare la frase, perché fu trafitto
dalla feccia di Roy, che lo inchiodò al muro del palazzo alle sue spalle.
Cindy scivolò a terra, asciugandosi il rivolo di sangue che le colava
sul collo.
- Sei impazzita? - Gridò Roy inginocchiandosi di fronte a lei.
I due scattarono in piedi guardandosi in cagnesco.
- So badare a me stessa.
- Ho visto! Ti avrebbe ucciso se non fossi intervenuto.
- Smettila di fare il supereroe con me!
- Non vorrei interrompere il vostro amoreggiamento, ma abbiamo un bel
problema da risolvere. - Luke indicò il corpo senza vita del ninja.
- È morto. - Dichiarò Diggle vicino all’uomo. Si alzò in piedi e fissò
l'orologio nel cielo. - Maledizione! - Mancavano solo venti minuti e poi
sarebbe stata la fine. - Raggiungiamo gli altri e cerchiamo di rimediare a
questo disastro.
- Vaffanculo, Bionda! - Hal urlò verso il cielo, quando la grande diga
di cemento gialla comparve davanti ai suoi occhi e un senso di debolezza
cominciava a impossessarsi del suo corpo. Un fulmine partì dal cielo e se non
fosse stato per Oliver l'avrebbe incenerito.
- Ehi! È sempre Felicity. - Oliver gli scoccò un'occhiata gelida. -
Meno male che c’ero io a guardarti le spalle! Ti ho salvato il culo. - Ghignò divertito, soddisfatto dalla reazione di
Felicity.
- Cosa facciamo? - Chiese Hal, guardando la
lunga parete di cemento gialla.
- Andiamo contro il sistema. - Rispose Oliver.
- Che vuoi dire?
- In quanto tempo riesci a recuperare i tuoi
poteri dopo essere stato allontanato dagli oggetti di colore giallo?
- In due, tre, massimo cinque minuti. Che
vuoi fare?
- Essere l’imprevisto.
Oliver caricò l'arco con le frecce bomba. - Ora ti mostro che cosa
possono fare le mie frecce! - Gli fece l’occhiolino. - Non tradire le mie aspettative, Lanterna Verde! - Disse prima di buttarsi nel
vuoto.
Oliver! L'urlo di terrore di Felicity vibrò nell'aria mentre sul suo
viso compariva un sorrisetto compiaciuto. Oliver scoccò la freccia bomba contro
una crepa nella diga. L’esplosione fu violentissima e lui fu investito e
trascinato via da un muro d’acqua.
- Arrow! - Gridò Hal.
Diggle, Luke, Roy e Cindy bloccarono la loro corsa di fronte a quella
valanga d'acqua che stava per piombare su di loro.
- Scappate! - Urlò Diggle.
Presero a correre ma non bastò per salvarsi. L’onda gigantesca della
diga s’infranse sui loro corpi travolgendoli con la sua forza.
- Sin! - Urlò Roy, spaventato, non vedendo la ragazza dopo essere
riemerso in superficie. Si tuffò sott’acqua cercando di tenere testa alla
corrente. La individuò più in là: stava lottando con
un masso che teneva imprigionata la sua gamba. Roy risalì, respirò a pieni
polmoni e poi si rituffò per soccorrerla.
Nuotò verso di lei, accolse il viso di Cindy
tra le sue mani e la baciò. Cindy sgranò gli occhi, mentre inglobava l’aria nei
polmoni.
Roy si concentrò sulla gamba di Cindy. Dopo qualche tentativo e
proprio quando stava sentendo la mancanza di ossigeno, con un ultimo sforzo
riuscì a liberarla dal masso. Circondò la vita di Cindy con il braccio e
l’aiutò a ritornare in superficie.
Cindy si aggrappò totalmente a Roy. La mancanza d’aria e lo sforzo per
liberarsi l’avevano lasciata senza forze.
- Sin! - Chiamò Luke in lontananza.
- Sta bene. - Disse Roy, anticipando la domanda di Luke.
- Ragazzi! - Li raggiunse Diggle. - Attenzione! - Urlò. Un vortice
d’acqua stava prendendo forma proprio davanti a loro.
Un urlo disumano squarciò l’aria e prima che Diggle, Luke, Roy e Cindy
venissero risucchiati dalla forza centripeta del
vortice, tutto scomparve.
L’acqua evaporò in un istante. A pochi metri da loro giaceva il corpo
esanime di Olive. Nel frattempo uno sfinito Hal Jordan, in ginocchio, cercava
di riprendere le forze.
Il cielo assunse un colore rosso e una forte esplosione li fece
accasciare a terra.
- Fine dei giochi. - Decretò la voce severa di Bruce, prima di uscire
dalla stanza.
Il gruppo si guardò intorno frastornato. Erano ritornati alla realtà.
- Oliver! - Gridò Felicity, avvicinandosi al corpo privo di sensi che
giaceva per terra.
Tutti si voltarono verso di lei.
- Si riprenderà. - La rassicurò Hal, appoggiandole la mano sulla
spalla. - Dig, dammi una mano, portiamolo in camera sua.
- Resto io con Oliver. - Disse Felicity rivolgendosi a Dig. - Vai pure a riposarti, ne hai bisogno.
Diggle con un segno del capo acconsentì e la lasciò da sola.
Felicity si sedette sul letto accanto a Oliver. Era stata una giornata
intensa. Tessere la tela di quella realtà virtuale per lei era stato stancante,
sia mentalmente che fisicamente. A dispetto di quello
che aveva creduto e nonostante fosse ben consapevole
che si trattava solo di una sua finzione, Felicity si era lasciata coinvolgere
eccessivamente dal gioco virtuale.
Quando aveva visto Oliver lanciarsi nel vuoto si era sentita persa. Se
non fosse stato per Bruce, avrebbe interrotto la simulazione immediatamente.
Si distese al suo fianco. Osservò il viso dormiente di Oliver, era
sereno. Inspirò profondamente e ritrovò il suo odore di bosco. La mia isola,
pensò addolcita dai sentimenti che dilagavano nel suo cuore, riscaldandolo.
Passò delicatamente le dita sulla fronte di Oliver, scostandogli i capelli.
Scese sul volto, seguendone dolcemente la linea con l’indice. Quando arrivò
alla guancia gliela accarezzò con il dorso della mano.
- Mi hai fatto morire… - confessò piano. - Per un attimo ho creduto di
averti perso… ancora.
Si accoccolò a lui e appoggiò il capo sul suo petto. Chiuse gli occhi
e pochi istanti dopo il braccio di Oliver la strinse a sé. Felicity sussultò
per la sorpresa, ma poi si rilassò nel suo abbraccio.
Oliver le baciò il capo e vi si appoggiò con
la guancia.
Solo per questa volta, si concesse, e si lasciò andare alla
stanchezza.
Continua…
Angoletto di Lights
Ecco qua… Hunger Games in pieno stile Waymoak
Bruce e neanche Felicity non si aspettavano di certo questo risultato.
Qualcosa mi dice che il risveglio dei nostri Olicity sarà davvero
interessante, perché…. SPOILER!
Grazie a tutti, proprio tutti-tutti e nessuno escluso.
Vi voglio bene <3
Felicity Smoak non si è portata a casa la statuetta degli OscarEfpiani, pazienza, intanto ci teniamo stretto la
nomination ^_^
Ho notato che alcuni di voi non hanno l’Avatar Efp
personalizzato, se ne volete uno ma non sapete come fare, mandatemi un mp
oppure scrivetemi su FB, ve lo faccio volentieri :D
L’indomani, il mattino trovò Oliver e Felicity ancora abbracciati.
Il movimento della mano di Felicity sul petto destò Oliver, che sbatté
un paio di volte le palpebre per mettere a fuoco e per realizzare dove si
trovava. Abbassò il capo e rimase a fissare l'espressione rilassata sul viso di
Felicity. Inspirò a fondo, chiudendo gli occhi. È tutto quello che voglio,
pensò soddisfatto, stringendo più a sé il corpo della donna.
- Felicity, - Chiamò piano Oliver, baciandole la fronte.
Lei mugugnò. Alzò il viso, com’era solita fare e sfiorò con le labbra
il collo di Oliver, lasciandogli un bacio in segno di saluto. Poi, ancora a occhi chiusi, Felicity protese il volto verso di lui
in attesa della sua ricompensa.
Oliver bloccò la mano con la quale stava accarezzando il capo di
Felicity, sorpreso di ricevere un gesto che in passato gli
era stato tanto caro.
Felicity sgranò gli occhi, stupita da se stessa, nel realizzare quello
che aveva appena fatto.
- Io… io… - boccheggiò. - Stavo sognando, io credevo, no, pensavo che…
oddio, scusami. - Felicity si staccò da lui, incredula, rotolando troppo
velocemente dalla sua parte e finendo per cadere dal letto.
Oliver si affacciò dal materasso per constatare
che stesse bene.
- Buongiorno, - Sorrise, incontrando lo sguardo imbarazzato della
donna.
Felicity si portò una mano sugli occhi. Perché devo sempre fare queste
figure?
Si alzò in piedi, si sistemò alla meglio la camicetta e la gonna,
inspirò profondamente e prese il coraggio necessario per guardarlo un’altra
volta in viso.
Si accorse così che Oliver si stava mordendo la lingua per non
scoppiare a ridere.
- Meglio che ritorni in camera mia. - Si piegò in avanti sul
materasso, appoggiandosi con la mano, mentre infilava la scarpa. - Preparati,
oggi arriverà senz’altro la lavata di testa da parte di Bruce. Ieri avete fatto
schifo. Avete commesso un errore dietro l’altro. Ognuno ha pensato per sé. Non
si comporta in questo modo una squadra. Se conosco bene Bruce, credo proprio
che da oggi in poi saranno giorni difficili. Vatti a
preparare, devi dare il buon esempio...
- Felicity, - Oliver la chiamò piano, interrompendo il suo monologo.
- Dimmi… - Felicity alzò il capo e si scontrò con il suo viso.
Oliver le fece scivolare la mano tra i capelli, adagiandola dolcemente
sulla nuca e sospingendola lentamente verso di sé. Infine la baciò.
- Buongiorno, - soffiò sulle sue labbra, mentre Felicity stupita non
riusciva a connettere.
- Buo-ngio-rno… io
devo andare. Sì, devo proprio andare. Ho tante cose da preparare…
Le luci della stanza presero ad accendersi e spegnersi. Oh, no! Pensò
consolata Felicity.
- Ma che succede? - Chiese Oliver guardandosi
attorno.
- Questo è l’effetto che hai su di me. - Confessò Felicity, passandosi
una mano sul volto, giù sul collo e sul petto. Inspirò profondamente e tutto
ritornò alla normalità.
- Davvero? - Domandò Oliver compiaciuto e divertito.
Felicity si levò in piedi, fece qualche passo all’indietro. - Sì. - E
poi scappò, letteralmente, da quella stanza.
Diggle si soffermò sull’uscio. Osservò i presenti e si concentrò su
Oliver, fermo in un angolo con le spalle al muro, a braccia conserte, intento a
osservare Felicity che disquisiva allegramente con Hal Jordan.
Siamo alle solite, pensò. Ispirò profondamente massaggiandosi
l’attaccatura del naso e con passo sicuro si avvicinò.
- Come stai? - Chiese, appoggiandosi anche lui al muro.
- Bene. - Fu la risposta secca di Oliver. - Come tutte le altre
mattine che me l’hai chiesto.
- Noto. - Diggle sorrise. - Passato bene la notte?
Oliver voltò il viso lentamente verso di lui e inchiodò gli occhi nei
suoi. - Molto, - Rispose dopo qualche secondo, in tono serio, riportando poco
dopo lo sguardo su Felicity e Hal.
- Cosa c'è che non va, Oliver? Perché te ne stai in disparte? Sono
giorni che guardi a distanza Felicity. Dal gioco di ruolo non hai più mosso un
dito. Che cosa è che ti frena?
- Diggle, è complicato. - Tagliò corto Oliver.
Diggle sbuffò interiormente. Incrociò le braccia al petto e si
concentrò su Cindy e Roy che si allenavano con i bastoni. Quei due non me la
raccontano giusta, pensò osservando come Roy si difendeva senza mai attaccarla.
Perché esita?
- Siamo noi che ci complichiamo la vita. - Riprese il discorso senza
distogliere lo sguardo dai due. - A volte basta solo ricominciare, invece di
riprendere da dove si è lasciato. Datevi un'altra possibilità. Riparti da zero
con Felicity...
Oliver osservò con la coda dell’occhio Diggle e seguì il suo sguardo.
Si staccò dal muro, afferrò il bastone e si avvicino a Roy e a Cindy.
- Fermi! - I due si bloccarono all’istante. - In questo modo non le
insegni niente.
- Io… - Tentò di ribattere Roy.
All'improvviso Oliver attaccò Cindy, che riuscì a stento a parare il
colpo ma perse l’equilibrio e finì a terra.
- Sei impazzito! - Gli urlò, arrabbiata.
Oliver non le badò e si rivolse nuovamente a Roy. - I suoi riflessi
devono essere allenati, non aver paura di farle del male, altrimenti me ne occuperò io.
Lo guardò
severamente e poi si diresse verso Felicity e Hal, accorgendosi che
quest’ultima aveva seguito la scena.
- Hai novità sul nostro killer fantasma? - Chiese duramente.
- Non ancora. - Rispose Hal al posto di Felicity. - Stiamo analizzando
la zona dell’ultimo attacco, ma sembra che sia scomparso nel nulla.
- Probabilmente i test che ha effettuato fino
ad adesso non devono essere stati di suo gradimento. - Felicity tamburellò la
penna sulla bocca, soppesando quella possibilità.
- Test? - Chiese Bruce avvicinandosi al gruppo.
- Dai dati che abbiamo raccolto Hal ed io in queste settantadue ore,
siamo arrivati alla conclusione che i suoi attacchi siano semplicemente dei
test per sperimentare l’arma letale che sta sviluppando. Molto probabilmente le
vittime non hanno nulla in comune, sono scelte a caso, in base al luogo e alle
condizioni del momento, solo il modus operandi è lo stesso. Forse il suo
obiettivo non è quello di uccidere ma di soggiogare. Forse vuole creare un esercito...
forse... - Guardò sconsolata Bruce lasciando per sé le sue paure.
- Potrebbe essere. - Valutò Bruce, dubbioso.
- Ottimo! Deathstroke 2 il ritorno! -
Ironizzò Roy.
- Sono solo supposizioni. - Intervenne Oliver, severo. - Abbiamo
bisogno di certezze non di forse.
- Questo lo so anch’io. - Felicity lo
fronteggiò. - Se c’è qualcosa che vuoi dirmi, parla chiaro!
- Quell’uomo è pazzo. Vorrei che ti concentrassi di più. Hai un
potere, sfruttalo!
- Secondo te cosa sto facendo? Sto gestendo quattro algoritmi di
ricerca contemporaneamente, se ti pare cosa da poco, fallo tu! Non sai neanche
che cosa significa per me!
- Quando è stata uccisa una madre di fronte a sua figlia senza che
potessi fare niente, tu non c’eri. Quando è stato freddato un uomo davanti ai
miei occhi, tu non c’eri. Quando una bambina è morta tra le mie braccia senza
che potessi impedirlo… Tu. Non. C’eri. Tu non sai cosa
significa, perché tu - non - c'eri.
Il silenzio calò tra i presenti. Felicity strinse forte i pugni.
- Ora basta! - Intervenne Bruce, severo, prima che Felicity potesse
rispondere. - Metterci a discutere non ci farà trovare prima gli indizi che
cerchiamo.
Felicity si voltò verso Bruce, lo guardò
brevemente. - Ho bisogno di tranquillità per finire di analizzare i dati. Se
hai bisogno di me, sai dove trovarmi. - E a passo
svelto uscì.
Oliver entrò nella sua stanza. Non accese la luce. Si appoggiò alla
parete e dopo qualche istante scivolò a terra. Afferrò il capo tra le mani e
chiuse gli occhi.
Ripensò a quella mattina. Il buongiorno che si erano
dati gli aveva lasciato la speranza che tutto potesse riprendere come prima e
invece, nei giorni successivi, era stato un susseguirsi di: non importa, ce
ne occupiamo Hal ed io. Va bene, vedo con Hal e Bruce come possiamo risolvere
questo problema. Non posso ora, devo andare via con Bruce.
Felicity aveva preso sempre di più le distanze da lui o almeno era
questa la sensazione che provava ogni giorno quando cercava di avvicinarsi a
lei, e accorgersi con i propri occhi che la sua vita era andata avanti anche
senza di lui, l'aveva destabilizzato più di quanto
volesse ammettere a se stesso.
Appoggiò la fronte sulle braccia. Prima era solo lui il mondo di
Felicity, ora non più. La sua scelta di andare via da lui l'aveva allontanata.
Strinse forte le mani a pugno.
Oliver desiderò mai come prima di cancellare quei due anni che li
avevano tenuti distanti. Era solo colpa sua. Da quando l'aveva ritrovata, aveva
sempre agito nel modo sbagliato. Era come se non riuscisse più a interpretare
il suo pensiero, a prevedere le sue azioni. Felicity Smoak era diventata
un'estranea per lui, e quella era l’unica verità.
Aveva creduto che aggrappandosi con tutte le forze
al passato avrebbe ricostruito quello che erano un tempo. Si era sbagliato su
tutta la linea, un'altra volta.
Inspirò a fondo. Tutti quei pensieri nella mente lo stavano portando
all'esasperazione.
Riparti da zero con Felicity. Il
consiglio di Diggle tornò alla mente.
Da zero... pensò. Va bene.
Risoluto si alzò in piedi. Doveva reagire prima che la situazione tra
loro degenerasse.
- Stai uscendo di ronda? - Domandò Bruce,
bloccando Oliver mentre terminava di indossare il costume.
- Può essere. - Rispose Oliver vago, tirò su la
zip della giubba e calò il cappuccio sul capo.
- Non ti affezionare troppo a Gotham, mi raccomando.
- Non c'è pericolo. - Gli concesse un mezzo sorriso.
- Ultimo piano, grattacielo centrale della
torre delle industrie Wayne. Probabilmente sarà in terrazza a scrutare le
stelle. - Bruce lo fissò dritto negli occhi. - Troverai
lì Felicity.
Oliver rimase in silenzio per qualche secondo. - Grazie.
- Sempre meglio di vagare tutta la notte per la città. Felicity sa
come non farsi trovare.
- Lo so. - Oliver gli scoccò un’occhiata severa. Indossò la maschera e
andò via in sella alla sua moto.
- Bruce, lasciami stare. Non ne voglio parlare. - Felicity neanche si
voltò. Restò distesa sulla poltrona di pelle a rimirare con insistenza il
cielo. - Più di tutti gli altri dovresti sapere che ho bisogno di tranquillità
quando eseguo queste procedure mentali. Nonostante quello che dica Oliver, ho
messo in campo tutto il mio potere e lo sto spingendo al
limite, perciò non ho bisogno di una tua paternale. Sto facendo del mio
meglio...
- Scusami... - Disse a bassa voce Oliver, alle sue spalle,
interrompendo il monologo.
Felicity scattò con gli occhi in direzione della voce. Inclinò il capo
indietro, scivolando sul cuscino, e si scontrò con lo sguardo di Oliver.
- Sei venuto a controllare che lavorassi? - Assottigliò gli occhi. -
Prima che tu possa insinuare altro, le stelle mi fanno concentrare.
- Scusami... - Ripeté Oliver appoggiando la mano sulla guancia di
Felicity. - È stata dura per me non averti più al mio fianco, ed è stata ancora
più dura affrontare tutte queste morti senza il tuo sostegno. Ho cercato in
tutti i modi possibili in questi due anni di ignorare il vuoto che hai lasciato
nella mia vita, ma evidentemente non sono stato così bravo come pensavo. -
Rimase in silenzio per qualche secondo. - Mi dispiace…
Felicity si alzò, girò intorno alla poltrona e gli afferrò la mano.
- Sono qui, Oliver. - Sorrise teneramente.
Oliver agì d’istinto. L’attirò verso di lui e l'abbracciò stretta a
sé.
- Lo so, - Sussurrò vicino al suo orecchio, nascondendo il volto
nell’incavo del suo collo. - Ma non mi basta. -
Ammise, infine.
Felicity s’irrigidì a quell’ennesima confessione. - Io… - Appoggiò la
guancia al petto di Oliver e avvertì il battere del cuore. - Vorrei darti di
più, credimi, ma sono così confusa. Non posso ignorare quello che siamo stati ma
non riesco neanche rinnegare quella che sono adesso.
- Non ti chiedo di farlo. Amavo la Felicity del passato e sento di
amare ancora di più la Felicity che sei ora. - Oliver la staccò leggermente da
lui in modo da poterla guardare in viso. - Partiamo da zero, Felicity.
- Non è un po’ troppo tardi?- Sorrise a quella buffa richiesta. - Sii serio, Oliver. - Felicity si
allontanò da lui e si avvicinò al cornicione della terrazza.
- Andiamo a cena.
- Ho già mangiato, mi dispiace. - Si voltò sconsolata. - Andare a cena
con Arrow e come andare a cena con una celebrità, creeremo
un po' di trambusto, non credi?
- No, - Oliver si avvicinò di un passo. - Intendevo… ti andrebbe di
venire a cena con me?
- Intendi come un appuntamento? Un vero appuntamento?
- La cena non implica che tu… che noi… sì, insomma… solo per stare in
compagnia, noi due, tu ed io e nessun altro, sì, hai capito…
- In genere sono io quella che balbetta e straparla, Oliver.
- Volevo solo dire… - Oliver inspirò a fondo e raccolse la mano di
Felicity nella sua. - Vuoi uscire domani sera a cena con me, Felicity?
- Un primo appuntamento... - Ripeté sottovoce. - ... anche perché non
l’abbiamo mai veramente avuto, abbiamo bruciato le tappe allora… - Felicity
sogghignò al ricordo della loro prima volta e di come era
andata. - …in effetti siamo passati direttamente al
dopo cena, anche se in realtà la cena non era neanche preventivata…
- È un sì? - Chiese Oliver interrompendo il
farneticare di Felicity.
- Sì.
Continua…
Angoletto di Lights
Oh, un capitolo tutto Olicity, ogni tanto ci vuole, vero?
A fine capitolo c’è un riferimento che porta alla storia Metodo
Scientifico, il “primo appuntamento” - sempre se si può chiamare
così LOL - di Oliver e Felicity, accade
nel capitolo 6
Lo so, che i momenti olicity non sono tanti,
ma questa storia non è solo incentrata su Oliver e Felicity, ma l’ho ideata
proprio come uno spinoff della serie Arrow, ci saranno anche crossover interessanti… SPOILER!
Se tutto andrà bene e avrò il vostro benestare la spediremo alla CW
LOL
Amo follemente questo capitolo e i prossimi che verranno, *lo so auto approvazione in atto*, mi sto divertendo così tanto
a scrivere questi capitoli che per me ogni volta è una gioia presentarveli.
La storia si sta concretando sempre più, state attenti ai dettagli,
perché prima o poi avremo bisogno di tutti i pezzi per
completare il puzzle.
Per premiarvi vi lascio un piccolo assaggino del prossimo capitolo ^_^
- Buongiorno, - Bruce la accolse con un grosso sorriso stampato sulle
labbra. - Ti piace proprio il divano del tuo ufficio?
- Sì. - Rispose imbarazzata.
- Oliver non è con te?
- No! - Bruce alzò il sopracciglio sorpreso. - Abbiamo passato la
notte insieme…
- Non ho chiesto i dettagli.
- Oh no, no! - Felicity sventolò le mani davanti al viso di Bruce. -
Non in quel senso. Io… lui… no, non ci siamo neanche baciati! - Felicity si
passò la mano sul viso e Bruce scoppiò a ridere.
Grazie a tutti, siete in tantissimi e vi voglio un sacco di bene.
Cindy si ritrovò in un corridoio
illuminato solamente da una fioca luce. Appoggiò la mano sulla parete e la
lasciò scivolare sul muro avanzando con cautela.
Dove accidenti sono finiti tutti?
Pensò, con un misto di ansia e preoccupazione.
Si era ritrovata all’improvviso da
sola e non sapeva neanche lei bene come fosse finita in quel posto. Erano
finalmente sulle tracce del killer fantasma, ad un passo dal catturarlo e lei,
ora, era lì da sola senza copertura. Maledizione!
Si bloccò all’improvviso nel sentire
il cigolio della porta poco più avanti a lei. Forse è stato il vento, pensò.
Non essere sciocca!
Con cautela e lentamente si accostò
allo stipite della porta. Prese un respiro profondo per trovare il coraggio
necessario. Restò in ascolto per qualche minuto. Il battito del cuore le
rimbombò nelle orecchie. Aveva paura e questo non era un bene. Chiuse un attimo
gli occhi. Doveva calmarsi. La tensione aumentava ogni secondo di più.
Un urlo squarciò l’aria facendole
accapponare la pelle dal terrore. In quel grido riconobbe la sua voce. Quando
capì, si fiondò dentro la stanza senza pensare. Si bloccò a pochi passi
dall’uscio. Un corpo giaceva a terra, esanime, immerso in una pozza di sangue. Si inginocchiò accanto a lui. Gli occhi scivolarono su quel
fisico martoriato fino a bloccarsi sul volto insanguinato e sui capelli intrisi
di sangue.
- No, ti prego… - Sussurrò prima che
il dolore le strozzasse la gola. - … non può essere vero. - Le lacrime scivolarono
sulle guance.
Cindy raccolse tra le braccia il
corpo senza vita di Luke e lo strinse a sé con forza.
- Ti prego, non farmi questo, non mi
abbandonare, non posso… - Il pianto bloccò le sue preghiere disperate.
La risata sadica dell’uomo s’infranse
nella stanza.
- È solo colpa tua, solamente tua.
Hai scelto la via più facile per salvargli la vita.Ti avevo avvertito che un giorno mi
sarei preso anche lui, e ora quel giorno è arrivato! È giunto il momento di
pagare il tuo debito.
L’uomo rise più forte. Cindy strinse
ancora più a sé il capo di Luke, chiuse gli occhi ma li
spalancò poco dopo con terrore, quando non avvertì più nel suo abbraccio il
corpo dell’amico.
- No! - Urlò disperata. - Non lo
fare, ti prego! Farò tutto quello che vuoi!
- Ormai è tardi, questa è la
conseguenza delle tue azioni! Ho sprecato tante vite, ora è giunto il momento
che prenda anche la sua.
L’urlo spaventoso di Cindy echeggiò
nell’aria svegliandola di soprassalto.
Rimase seduta nel letto per diverso
tempo, al buio, lasciando al suo animo il tempo necessario per calmarsi.
Ancora quel maledetto sogno, pensò
confusa e impaurita. Luke! Sgranò gli occhi, atterrita. Scese di corsa dal
letto e a piedi nudi si avviò verso la camera del ragazzo.
Bussò piano, attese un attimo a occhi
chiusi, contando i secondi. La porta si aprì e si ritrovò davanti a un
assonnato Luke con indosso solo i boxer.
- Luke! - Esclamò tra le lacrime abbracciandolo
d’istinto, felice che ancora una volta quel sogno fosse stato solo l’ennesimo
incubo che affollava le sue notti.
- Ehi, ragazzina… - Luke prese a
cullarla, stringendola stretta a sé. - Ora calmati, - sussurrò dolce, - …è la
tua complicata e cazzuta mente che li crea, un brutto e falso incubo, niente di
più. - Cindy si strinse più saldamente a lui e lasciò che le lacrime
scivolassero sul petto di Luke. - Devi riuscirti a perdonare Cindy. L’hai fatto
solo per noi, per me. - Le baciò il capo, appoggiandovi poi la guancia - Resta
con me stanotte, ok?
Cindy sorrise, grata per
quell’attenzione, si lasciò guidare all’interno della stanza e una volta a
letto si accoccolò vicino al corpo di Luke, che la circondò con il braccio come
quasi a volerla proteggere dai brutti sogni. - Ci sono io qui con te, non devi
temere nulla.
Cindy si addormentò poco dopo,
cullata dal respiro tranquillo di Luke che dolcemente le accarezzava il viso.
Roy, nascosto dietro l’angolo, restò
paralizzato ad assistere alla scena. Era tornato dalla ronda notturna, stanco
morto si era diretto verso la sua stanza.
Sentendo le voci di Luke e Cindy si
era nascosto, curioso di trovarli ancora svegli a quell’ora. Si era sporto
leggermente per capire meglio che cosa stesse accadendo. La sua espressione
sorpresa era mutata radicalmente quando i suoi occhi si erano posati sui loro
corpi stretti in un abbraccio così intimo e complice, che non lasciava
intendere nessun equivoco.
Respirò a fondo, rilassando i muscoli
che si erano contratti per la rabbia. Si appoggiò alla parente quando i due
entrarono nella stanza. Scivolò a terra, confuso, svuotato, amareggiato.
Picchiettò il capo alla parete, dandosi mentalmente del cretino, illuso. Di
quale prova aveva bisogno ancora? Ora aveva tutte le risposte alle mille
domande che si era posto sul loro legame. Strinse
forte i pugni, e poi sferrò un gancio dritto al muro.
Maledizione!
- Felicity… - Bruce scosse
delicatamente la donna per il braccio per farla svegliare.
- Alfred, altri cinque minuti.
Bruce sorrise, intenerito. -
Felicity, - Riprovò con più risolutezza, accarezzandole questa volta la guancia,
ma il risultato fu solo lei che iniziava a fare le fusa.
- Mhmm,
Oliver… - Felicity stava per continuare, quando spalancò gli occhi
all’improvviso e si ritrovò davanti l’espressione tra
seria e divertita di Bruce.
- Buongiorno, - Bruce la accolse con
un grosso sorriso stampato sulle labbra. - Ti piace proprio il divano del tuo
ufficio?
- Sì. - Rispose imbarazzata.
- Oliver non è con te?
- No! - Bruce alzò il sopracciglio
sorpreso. - Abbiamo passato la notte insieme…
- Non ho chiesto i dettagli.
- Oh no, no! - Felicity sventolò le
mani davanti al viso di Bruce. - Non in quel senso. Io… lui… no, non ci siamo
neanche baciati! - Felicity si passò la mano sul viso e Bruce scoppiò a ridere.
- Va bene, - Bruce si alzò in piedi e
le accarezzò il capo. - L’importante è che vi siete chiariti, la squadra ha già
abbastanza problemi di suo.
Felicity si tirò su e si sedette
composta sul divano, appoggiando di lato il plaid con il quale Oliver l’aveva
coperta prima di andarsene. - Questo divano è comodissimo. - Si stiracchiò. - È
stato un ottimo acquisto dovresti prenderne uno anche tu!
Bruce la osservò
in silenzio, attendendo con pazienza che Felicity smettesse di ciarlare e gli rivelasse
quello che in realtà voleva confessargli.
Felicity inspirò a fondo. - È
difficile trovare un equilibrio tra quello che Oliver ed io eravamo e quello
che siamo oggi. Non è facile ma ci stiamo provando. Sono cambiate troppe cose
in questi anni, sono cambiata io, e di conseguenza è cambiato
pure lui, anche se non lo ammetterà mai. - Felicity schioccò le dita e la
macchinetta del caffè si mise in funzione. - È tutto
così complicato, che sarebbe impossibile ripartire da dove c’eravamo lasciati.
La mia malattia, il mio abbandono, la mia rinascita, il mio potere, Black
Queen, tu, Hal… - Felicity si massaggiò la tempia, sospirò per darsi il tempo
di mettere ordine nella sua mente. Si alzò, prese la tazza e si versò del caffè
caldo. Ne bevve un sorso e poi si voltò nuovamente verso Bruce. - È troppo complicato.
- Ripeté. Afferrò l’altra tazza e gliela porse. - Stasera partiamo da zero.
Andremo fuori a cena e poi si vedrà. - Fece spallucce.
- Un appuntamento. - Puntualizzò
Bruce. - … con il signor Queen.
Felicity sorrise per il tono serioso
con il quale Bruce aveva pronunciato l’ultima frase.
- Starò attenta, papà, promesso.
- Dovrò fare un bel discorsetto al
signor Queen.
Felicity non riuscì a trattenersi e
scoppiò a ridere. - Aspetta, - Si bloccò all’improvviso facendosi seria. - Stai
scherzando, vero, Bruce?
Bruce la osservò
in silenzio per un attimo e poi, senza aggiungere altro, uscì dall’ufficio.
Roy entrò in palestra ancora
assonnato. Quella notte aveva dormito malissimo. Il sonno era stato
continuamente disturbato da incubi in cui Luke e Cindy facevano sesso. Scosse
la testa quando si ricordò di una scena.
- Ora basta! - Disse ad alta voce,
seccato di non poter cancellare quelle visioni.
- Tutto bene? - Chiese Cindy
accorgendosi della presenza di Roy. Interruppe gli esercizi che stava eseguendo a corpo libero e si avvicinò a lui.
- Perfettamente. - Rispose Roy,
infastidito, ricordando il momento tenero al quale aveva assistito la notte
prima. Afferrò i bastoni e gliene lanciò uno. - In posizione, non ho nessuna
intenzione di essere ripreso un’altra volta da Oliver.
- Io non ho ti ho chiesto niente! -
Rispose Cindy, seccata.
Roy iniziò ad attaccarla senza
preavviso.
- Sei sceso dalla parte sbagliata del
letto, Cappuccetto Rosso? - Cindy indietreggiò di un passo e si difese
dall’ennesimo attacco di Roy.
- Colpiscimi! - La riprese.
- Se me ne dai il tempo. -
Maledizione! Pensò Cindy irritata.
- Cosa pensi…
- Roy attaccò con forza Cindy facendola scontrare contro il muro. Spinse sul
suo bastone e avvicinò il viso a quello della ragazza. - … che il nemico stia
ad aspettare che tu ti decida a farlo?
- Smettila! - Cindy raccolse tutte le
forze e sospinse Roy lontano da sé. - Stamattina sei strano, si può sapere che
ti prende? - Gli voltò le spalle e si incamminò verso
il centro della palestra.
- Sin… - Roy la chiamò facendola
voltare. Agì in un attimo. Sferrò il bastone sulle sue gambe, all’altezza delle
caviglie, facendole perdere l’equilibrio e Cindy rovinò a terra di schiena. -
Saresti già morta! - Roy si mise sopra di lei e le appoggiò il bastone sulla. Cindy, dopo un attimo di smarrimento, iniziò a far
leva con le mani.
Il peso di Roy era troppo per lei, che
a fatica riusciva a contrastarlo per respirare.
- Roy…
- La notte dovresti
dormire invece di fare altro, i tuoi riflessi ne gioverebbero.
- Ma cosa
stai dicendo?
- Ah, non lo sai,
tu non sai mai niente, vero, Sin? - Roy premette con più forza.
- Roy… non respiro.
Roy stava per allentare la presa, quando
Luke si scagliò su di lui. - Roy! - Gli diede una forte spallata e Roy rovinò a
terra. - Stai bene, ragazzina? - Le chiese.
- Sì, grazie e smettila di chiamarmi
ragazzina!
Luke non badò al suo disappunto.
Passò delicatamente il pollice sul collo di Cindy. - Ti verrà fuori un bel
livido. - Cercò di sorridere per smorzare la tensione.
- Perché ti sei intromesso? Ci
stavamo allenando! - Roy tirò in piedi Luke afferrandolo per la collottola.
- La volevi per caso uccidere? -
Anche Luke lo afferrò per la maglia.
- Smettetela! - Cindy si frappose tra
loro appoggiandosi a Luke e osservando in cagnesco Roy.
- Che sta succedendo? - La voce
severa di Oliver interruppe quel momento di astio.
- Stavo solo allenando Cindy. -
Rispose Roy prontamente.
- La stavi uccidendo, volevi dire. - Lo rimbeccò Luke.
- Ci stavamo… - Intervenne Cindy. - …
allenando seriamente come ci hai ordinato di fare.
Luke scattò verso di lei. - Che cosa?
Questo livido te lo sei fatto da sola?
- Luke… - Cindy non seppe ribattere e
abbassò il capo. Inspirò a fondo e poi lo guardò
severamente. - Ci stavamo allenando, ok? - Terminò
risoluta.
- Fa come ti pare! Cerca solo di non
farti ammazzare. Almeno non da lui. - Luke diede una spallata a Roy e uscì
tutto arrabbiato dalla palestra.
- Tranquillo, non te la sciupo. - Roy
guardò Cindy con astio.
Cindy raccolse il bastone da terra e
iniziò ad attaccarlo con rabbia.
- Sei un’idiota, Roy Harper!
Oliver li
osservò per un po’ cercando di capire che cosa stesse accadendo tra loro.
- Oliver, - Diggle si accostò a lui.
- Sei sicuro che quei due non si uccideranno?
- Può essere, Dig.
- Oliver sospirò rassegnato. - Non riesco a capire che cosa gli è preso.
Diggle sorrise e scosse leggermente
la testa. - Ti va un caffè?
Oliver lo
guardò sorpreso. - Bello forte. - Rispose quando anche
Roy iniziò a contrastare fortemente l’attacco di Cindy.
- Oliver… - Tentennò Diggle. - Sei
sicuro che sia un bene lasciarli da soli? - Obiettò quando vide Cindy cadere a
terra.
- Se la devono vedere tra loro.
Andiamo, ho voglia di quel caffè.
Senza aggiungere altro Oliver si
avviò seguito da Diggle.
Cindy si massaggiò il mento. Che male!
Ora me la paghi, pensò arrabbiata fiondandosi su Roy e cogliendolo impreparato.
Gli fece lo sgambetto con il bastone,
utilizzando la stessa mossa che lui poco prima aveva usato per atterrarla. Si
fiondò su di lui e premette il bastone sulla gola.
- Hai visto? Imparo in fretta. - Lo
prese in giro. - Mi vuoi spiegare che cosa ti è preso?
- Potevi dirmelo!
- A cosa ti riferisci? - Cindy
esasperata da quell’accusa allentò la presa sul bastone, permettendo a Roy di
capovolgere la situazione.
- Che Luke e tu... - Rispose Roy con
un tono grave, ma si bloccò non riuscendo a confessare.
- Cosa? - Cindy sbarrò gli occhi, capendo
dove volesse arrivare. - Ma che stai farneticando…
- Non sono stupido, Sin. - Roy
allentò la presa sul bastone.
Cindy approfittò di quell’attimo di
debolezza e capovolse un’altra volta la situazione con un colpo di reni.
- Cappuccetto Rosso… - Ghignò
soddisfatta vicino al viso di Roy. - … sei un idiota in piena regola. - Cindy
si concesse qualche secondo per osservare i suoi occhi allibiti e ricambiare con
uno sguardo truce.
Poi si alzò, lanciò lontano il
bastone in un angolo della palestra e si sistemò meglio la maglia.
- Per oggi ne hai prese abbastanza. -
E senza dargli il tempo di ribattere, andò a farsi la doccia.
- Oliver!
- Felicity!
Entrambi sorpresi di ritrovarsi l’uno
di fronte all’altro si bloccarono nelle loro posizioni.
- Sono andato a prendere un caffè.
- Stavo andando a prendere un caffè.
Si giustificarono contemporaneamente
e dopo un attimo di sorpresa, si sorrisero.
- Ciao. - Iniziò piano, Felicity.
- Si dorme bene su quel divano?
- Meglio di quello che avevi
all’Arrow Cave. - Felicity inclinò il capo, imbarazzata per essersi fatta
sfuggire quel confronto. - Grazie per la coperta. - Riportò lo sguardo su di
lui accorgendosi che era vestito di tutto punto. - Stai uscendo?
- Sì, ho degli appuntamenti con
alcuni investitori, ogni tanto devo anche svolgere i compiti di Amministratore
Delegato della Queen Consolidated.
- Di tua spontanea volontà? - Si
lasciò sfuggire Felicity, incredula.
Oliver rise di gusto. - Potresti
rimanere molto sorpresa nello scoprire quanto sono cambiato in questi anni.
- Davvero? - Chiese con un misto di
orgoglio e soddisfazione.
Oliver si chinò su di lei - Stasera a
cena te lo dimostrerò. - Sussurrò al suo orecchio.
Felicity s’impietrì quando avvertì sulla
pelle il respiro caldo di Oliver. Un brivido di piacere le percorse
la schiena, raggiungendo velocemente il capo e lasciando dietro di sé
una scia di brividi. Si morse il labbro.
Sono passati anni ma mi fa sempre lo
stesso effetto, pensò tra il sorpreso e l’eccitato.
- A stasera. - Sussurrò osservandolo
andare via.
Continua…
Angoletto di Lights
Ed ecco qua. I primi dettagli che
interessano la vita misteriosa di Luke e Cindy sono stati seminati, ci vorrà
del tempo per scoprire la verità su di loro, intanto godiamoci il possibile
triangolo, o forse no?
Lo scopriremo nei prossimi capitoli. Voi
siete team Luke o team Roy? Ardua scelta.
L’appuntamento Olicity si sta
avvicinando, chissà che combineranno quei due?
Ma la domanda da porci è: andrà bene
questa volta?
Chissà, ce lo
dirà il prossimo capitolo.
Grazie a tutti voi! Abbiamo passato
le cento recensioni!
Grazie a Jaybree
e Vannagio che puntualmente sono sempre al mio fianco
e mi aiutano con la stesura della storia.
Oliver si voltò di scatto al fischio
di approvazione che partì al suo passaggio. Cindy con un'espressione
compiaciuta sul volto rivelò la sua presenza e si appoggiò alla parete. Lasciò
scivolare lo sguardo su Oliver, incontrando alla fine i suoi occhi sorpresi.
- Che eleganza, Capo. Sei tornato
presto stasera, non sei di pattuglia?
- C'è Roy. - Tagliò corto Oliver.
- Serata romantica? - Lo stuzzicò.
Oliver passò la mano sulla giacca. -
Può essere. Passeggiata notturna?
- Può essere. - Cindy gli fece il
verso.
Il cellulare di Oliver squillò. Lo
prese in mano e lesse il messaggio. Sbuffò contrariato. Felicity era in ritardo
e gli dava appuntamento direttamente al ristorante.
- Non dirmi che sei stato scaricato?
- Commentò Cindy, mordendosi il labbro per non scoppiargli a ridere in faccia.
Oliver la freddò con lo sguardo e lei
alzò le mani in aria in segno di scuse.
I due presero a camminare in
silenzio.
- Stai migliorando, - Oliver iniziò
con cautela, con un lieve imbarazzo.
- I lividi che ho sul corpo non la
pensano come te.
- Roy lo fa per il tuo bene.
- Già, - Cindy abbassò il capo e
ghignò divertita. - Credo che provi più gusto a sbattermi a terra.
- Cindy, - Oliver si bloccò qualche
passo dietro alla ragazza. - …fa più male al maestro colpire che all'allievo
ricevere.
- Sarà come dici tu... - Cindy lasciò
in sospeso la frase.
- Ma? -
L'esortò Oliver.
- Roy è così... così... –
Grugnì esasperata e Oliver sorrise. - Irritante, supponente, pensa sempre di
sapere tutto, di conoscere ogni cosa, situazione, crede di capire me, invece
non sa un cazzo di niente.
Oliver sospirò interiormente. - Le
questioni personali le dovete rivolvere tra di voi. -
Si avvicinò a lei e la guardò dritto negli occhi,
appoggiandole la mano sulla spalla. - Parla con lui. Spiegagli la situazione,
fa bene aprirsi ogni tanto e non tenersi tutto dentro. - Gli fece l'occhiolino
e poi se ne andò.
- Desidera qualcosa da bere mentre
aspetta, signor Queen? - Oliver osservò indeciso il cameriere.
- Uno scotch, doppio, con ghiaccio,
grazie.
Prese a
tamburellare le dita sul tavolo, impaziente. Felicity non era ancora arrivata e
lui agognava il momento in cui l’avrebbe vista varcare la soglia.
Lasciò vagare lo sguardo per la sala,
analizzando uno ad uno i commensali per cercare di
distrarsi e arrivò a lei. Una donna, seduta a un tavolo poco più avanti del
suo, lo stava fissando. Scivolò con gli occhi su di lei, sul suo aspetto
elegante, sui lunghi capelli castani leggermente ondulati, seguì il bordo della
sua scollatura a cuore, e si fissò per un attimo sul punto luce che portava al
collo e che rifletteva la luce dei lampadari trasmutandoli in un arcobaleno di
colori sulla vetrata del ristorante; risalì sul mento pronunciato, sulle labbra
dipinte di un rosa acceso, sollevate leggermente in un
sorriso seducente, e infine incrociò il suo sguardo.
La donna alzò in alto il calice in
segno di saluto. Dopo l’attimo di sorpresa, Oliver fece lo stesso con il
bicchiere di scotch.
La donna, incoraggiata dal suo gesto,
si alzò, si avvicinò al suo tavolo non lasciando mai i suoi occhi e Oliver poté
ammirarla in tutta la sua eleganza. Con un passo delicato ma nello stesso tempo
deciso, e senza aspettare un suo gesto, la donna gli si sedette di fronte.
- È un piacere conoscerla,
signor Queen. Lois Lane, Daily Planet. - Gli porse la mano.
Travolto all’improvviso da quel
tornado, Oliver era rimasto senza parole. Sorrise e strinse la mano della
donna.
- Cosa posso
fare per lei, signorina Lane?
- Molte più cose di quello che
immagina.
Oliver si agitò nervoso sulla sedia,
quella donna non aveva mezze misure.
- Per iniziare: potrebbe concedermi
un’intervista e fare chiarezza sulla sua nuova collaborazione con le industrie Wayne.
Ha fatto molto scalpore questa alleanza tra i due
colossi.
- C’è qualcosa che non sa di me,
signorina Lane?
- Mhmm,
difficile, - Lois lo osservò attentamente, lasciando
vagare lo sguardo sulla sua figura. Strinse le labbra, indecisa.
- Devo ancora capire se è qui per una cena di lavoro o per puro piacere, ma a
giudicare dal modo impaziente in cui tamburellava le dita sul tavolo, sono più
propensa per la seconda ipotesi.
- E lei? Che ci fa tutta sola a un
tavolo di questo ristorante?
- Io? - Colta in contropiede, Lois
bevve un sorso di champagne per nascondere l’imbarazzo. - Sto aspettando una
persona, ma sa com'è, il mio cavaliere non conosce il significato della parola puntualità.
- Vede? Abbiamo trovato una cosa in
comune. - Oliver sorrise, quella donna gli trasmetteva simpatia.
- Signor Queen… - Lois gli appoggiò
la mano sul braccio.
- Oliver, la prego.
- Oliver… - Lois sorrise compiaciuta
per aver fatto centro. - … offrimi un altro bicchiere di champagne e vedrai che
l’attesa sarà meno dura da sopportare.
- Qualcosa mi dice che tu sei
un’esperta nell’attesa, Lois.
- Ehi! Arsenal.
- Hal Jordan atterrò sul tetto dove Roy era appostato per sorvegliare la città.
- Lanterna Verde. - Gli fece un gesto
con il capo per salutarlo.
- Vedo che non hai ancora sbollito… -
Hal rise divertito. - Duro accorgersi che c’è un altro che gironzola attorno
alla tua donna.
- Sin non è la mia donna. - Roy
sgranò gli occhi per essersi fatto fregare come un pivello. - Siamo solo amici.
- Certo, certo, raccontami pure la
favoletta.
- Sei venuto a rompere o hai bisogno
di me?
Hal sbuffò. - No, volevo solo
stuzzicarti un po’, mi annoiavo. Serata tranquilla.
- Simpatico.
- Volevo darti qualche consiglio, sai
com’è, le donne non si conquistano con calci e pugni.
- Ci. Stavamo. Allenando.
- Marpione! In
effetti potrebbe essere una buona tattica, un combattimento corpo a
corpo. Tu che la afferri da dietro, lei che si struscia su di te, tu che la
sbatti e la immobilizzi a terra. Molto eccitante.
- Era un allenamento! - Precisò per
l'ennesima volta.
- Chiamalo come vuoi, il risultato
non cambia: ti piace Sin, se lo ammettessi, te la potresti giocare meglio.
Roy inchiodò gli occhi nei suoi, soppesando
quello che Hal aveva cercato di dire in quel modo assurdo.
- Mi sembra di aver notato una
ragazza con la fisionomia di Sin che passeggiava a qualche isolato da qua. Se
fossi in te, coglierei l’occasione. - Hal gli fece l’occhiolino, complice.
Roy incastrò l’arco dietro la schiena
e sorrise ad Hal. - Sei un tipo strano, Lanterna
Verde, ma credo, forse, che potresti risultarmi anche simpatico.
I due risero complici.
Hal si fece serio a un tratto. Avviò
la chiamata. - Dimmi, Batman. Arrivo subito. - Poi
rivolgendosi a Roy. - Va’ da lei. - Senza dargli il
tempo di ribattere, Hal saltò giù dal palazzo e scomparve nell’oscurità della
notte.
- Ne sei sicuro, Bruce? - Chiese Hal
entrando nella sala operativa.
Bruce lo osservò
a lungo prima di rispondere. - Purtroppo sì. - Si voltò a guardare i monitor. -
È da un po’ che non ricevo aggiornamenti dal Dottor Wolfar. Ho bisogno che tu
vada a controllare la situazione.
- L’hai detto a Felicity?
- No, è concentrata su altro.
Hal fissò un punto indefinito della
stanza incrociando le braccia al petto. - Dovrebbe saperlo. - Obiettò infine.
- Meglio di no.
- Perché?
Bruce sbuffò leggermente. - Lei e
Oliver… - Si fermò e lasciò al silenzio il compito di spiegare.
- Capisco, ci stanno riprovando. -
Una smorfia comparve sul volto di Hal. - Va bene, vado
io. - E uscì dalla stanza.
Felicity si stava avviando, quando
vide Hal uscire dalla sala operativa con un’espressione grave sul volto. Ma che succede?
A passo svelto entrò nella sala
operativa.
- Qualche problema?
Bruce si voltò al suono della sua
voce e restò incantato ad osservarla nel suo vestito
rosso che faceva risaltare le sue forme di donna in modo naturale e dolce. La
lunga distesa di capelli biondi le ricadeva morbidamente sulle spalle. Il viso,
leggermente truccato, era luminoso e i suoi occhi brillavano sotto la luce dei
neon.
- Che-c’è?
- Domandò Felicity, imbarazzata, nel notare lo sguardo intenso che le stava
rivolgendo Bruce.
- Stai molto bene.
- Gr-a-zie.
- Balbettò. Si bloccò all’improvviso. I sensori l’avvertirono
dei segnali che molto probabilmente Bruce aveva impostato. - Central City? Perché
stai tenendo d’occhio Central City?
Bruce si voltò e analizzò i segnali.
- Bruce? Che cosa mi nascondi?
- Buona serata, Felicity, divertiti e
per una sera non pensare a nulla se non a te e a Oliver.
Felicity si concentrò tracciando i gps dei membri della squadra. Roy è di ronda, Sin è in giro
per la città, Luke è giù in laboratorio, Diggle è in video
conferenza con Lyla nella sua stanza, Oliver…
oddio mi sta aspettando al ristorante, sono in ritardo! - Dove va Hal? - Chiese
Felicity accorgendosi che era giù al parco macchine.
Bruce le scoccò un’occhiataccia
d’ammonizione.
- C’entra Central City. - Silenzio. -
Hal sta andando a Central City, perché? - Felicity prese a passeggiare su e giù
per la stanza. Si bloccò quando terminò di analizzare le varie ricerche che Bruce
aveva lasciato dietro di sé nella memoria del computer centrale. - Andrew è in
pericolo? - Domandò con voce tremante arrivando al nocciolo del problema.
Bruce sospirò rassegnato. - Non ti
preoccupare, ho mandato Hal a verificare la situazione.
- Non può farcela da solo. Ha bisogno
di qualcuno che rintracci i segnali tecnici e informatici dei vari spostamenti
di Andrew. Vado con lui!
- No. - Il tono di Bruce non
ammetteva repliche.
- Bruce, - Lo
guardò ferita. - Non me lo perdonerei se accadesse qualcosa ad Andrew, solo io
ho il diritto di farlo fuori appena mi capita sotto tiro!
Il silenzio calò tra loro. Si
fissarono a lungo, quasi come se fosse una guerra silenziosa di sguardi.
- Che cosa devo dirgli? - Si arrese
Bruce.
Felicity inclinò il capo,
dispiaciuta. - Capirà. Oliver sa fin troppo bene cosa significa anteporre la
propria vita personale al bene degli altri.
- Vai. - Acconsentì Bruce.
- Ma che
succede! - Hal tentò di mettere in moto l’auto ma non rispondeva ai comandi.
- Vai da qualche parte? - Felicity si
accomodò sul sedile accanto a lui. Con uno schiocco di dita avviò la vettura. -
Perfetto, vengo con te.
- Bionda, sei uno schianto! - Hal si
concesse il lusso di guardare ogni dettaglio del suo abbigliamento.
- Hal, non farmi pentire della mia
scelta. - Si agitò sul sedile cercando di abbassare la gonna del vestito per
coprire maggiormente le gambe.
- Non ti preoccupare, ti porto a cena
io in un bel localino a Central City quando tutto sarà sistemato. - Le fece
l’occhiolino.
- Vai, sciocco!
Cindy si sedette sul greto del fiume.
Si girò di scatto quando avvertì nel silenzio lo scricchiolio dei ramoscelli
che venivano calpestati.
- Roy!
Roy senza dire niente si sedette
accanto a lei.
I due rimasero in silenzio per un bel
po’, lasciandosi cullare dallo scorrere dell’acqua.
- Siamo solo amici. - Confidò Cindy a
bassa voce. - L’altra notte hai frainteso.
Sul viso di Roy si dipinse un mezzo
sorriso. - Che cosa c’è che non va, Sin? - Chiese dolcemente.
- È complicato, Roy. - Ammise, triste.
Roy sospirò rivolgendo lo sguardo al
cielo buio e distendendosi a terra con le braccia dietro la testa. - La vita è
complicata. Passiamo metà della nostra esistenza a cercare di sbrogliare la
matassa che noi stessi abbiamo ingarbugliato.
- Già, - Cindy lo imitò
e si distese pure lei. Roy le offrì il suo braccio e lei gli appoggiò sopra il
capo, avvicinandosi a lui.
- Mi dispiace per stamattina, - Cindy
si voltò a guardarlo e poco dopo Roy volse il viso dalla sua parte.
Non si era mai accorto di quanto neri
e profondi fossero gli occhi di Cindy. Si avvicinò piano, attirato da quella
strana luce che emanavano.
Lei si mosse appena, andandogli
incontro. Entrambi si fermarono a poca distanza dalla bocca dell’altro.
Roy si voltò completamente dalla
parte di Cindy, accolse il suo capo nella mano e con il pollice le accarezzò
delicatamente la guancia. Poi, piano, lentamente, l’attirò a sé, fino a far
combaciare le loro bocche in un profondo e intenso bacio appassionato.
- Deve essere la mia serata
fortunata! - Esclamò Lois, soddisfatta, quando si accorse dell’arrivo
dell’uomo. - Meglio di così non poteva andarmi. Peccato, Oliver, ero convinta che la tua fosse una cena di piacere! - Si
bloccò un attimo, sgranò gli occhi e il suo viso assunse
un'espressione tra sorpresa e divertita. - Bruce Wayne e Oliver Queen, questa
sì che è una notizia!
Oliver la guardò
sconcertato, ma quando Bruce gli fu accanto, scattò in piedi. I due si
scambiarono un lungo sguardo complice.
- Dov’è? - Chiese, allarmato.
- Aveva da sbrigare una questione per
mio conto. Sta bene, c’è Hal insieme con lei. Torneranno presto, vedrai.
- Perché non mi hai avvisato?
- Non è una questione che ti deve
interessare.
- Non puoi tagliarmi fuori e
inserirmi nella squadra quando ti va bene. Vado da lei!
Bruce fermò Oliver per il braccio. -
No. Ho bisogno di te qui.
Lois tossicchiò attirando in quel
modo l’attenzione su di sé.
- Signor Wayne, - Si alzò in piedi. -
Lois Lane, Daily Planet. - Gli porse la mano.
Bruce l’osservò con il suo cipiglio
serio. - Signorina Lane, - Le strinse la mano. - La giornalista che segue in
ogni suo passo la macchia. È un piacere conoscerla. Che cosa la porta a Ghotam?
- Proprio voi, prego, sedetevi. - Con
la mano li incoraggiò ad accomodarsi al tavolo. -
Cameriere?
- Sì, signorina Lane?
- Aggiunga un posto per il signor
Wayne, il Daily Planet sarà più che felice di offrire la cena a questi… -
Scivolò con lo sguardo su entrambi gli uomini, compiaciuta. - signori.
I due non
poterono fare altro che piegarsi al volere di Lois Lane.
La cena trascorse serena tra una
portata e l’altra, mentre Lois teneva banco della conversazione passando da
domande sulle loro società, passioni e di tanto in tanto sulle loro vite
private.
Erano arrivati al dolce quando uno dei cameriere entrò in sala urlando. - Hanno piazzato una
bomba, uscite tutti!
Non ebbe il tempo di finire
l’avvertimento, perché venne zittito dal boato
dell’esplosione.
Oliver si buttò su Lois per
proteggerla ma l’onda d’urto li catapultò fuori dalla
vetrata del ristorante, facendoli rovinare lungo il marciapiede.
Oliver batté un paio di volte le
palpebre per mettere a fuoco ciò che lo circondava e tentò di calmare il
frastuono nelle sue orecchie. Scosse leggermente il capo per cercare di tenere
a bada la confusione che c’era nella sua testa. Si voltò verso Lois, la vide
poco distante da lui, incosciente.
Si strascinò verso di lei, appoggiò
due dita sulla carotide e constatò che era ancora viva.
Si guardò intorno alla ricerca di
Bruce, lo scorse in un angolo, poco illuminato, anche lui privo di sensi.
Come ci è finito lì? Si chiese
disorientato.
- Lois! - L’urlo dell’uomo che
correva verso di loro attirò la sua attenzione.
L’uomo si inginocchiò
accanto alla donna e l’accolse tra le sue braccia.
- Sta bene, ha solo perso i sensi. - Lo rincuorò Oliver. - Tu devi essere il ritardatario.
L’uomo sorrise. - Grazie per averla
protetta.
- Oliver Queen. - Gli porse la mano.
L’uomo gliela strinse.
- Clark Kent
Continua…
Angoletto di Lights
Clark Kent e Lois Lane di Smallville! Diamogli il benvenuto! Sono una delle tante
guest star di Proiettili di Ghiaccio.
Ci terranno compagnia per qualche
capitolo, chissà che combineranno? Cosa accumunerà
Oliver Queen e Clark Kent? Rimanete in zona che lo scopriremo nei prossimi
capitoli.
Piccolo appunto: per descrivere il
rapporto di Clark e Lois, mi sono basata sui personaggi dell’ottava stagione di
Smallville.
Mi sono divertita enormemente a
scrivere questo capitolo, finalmente si ride un po’ e l’aria che si respira è
più leggera e divertente.
Ringrazio di cuore vannagio che cura il betaggio di
questa storia che ci permette di avere una lettura fluida e scorrevole.
Le sorprese non finiscono qui! La
prossima settimana avremo il primo crossover della storia :D
Avete capito chi è?
Ehm… lo so, l’appuntamento Olicity non
c’è stato, sono proprio sfortunati con i loro prima appuntamenti, ma almeno,
grazie a Lois, abbiamo il primo momento Bruciver (Bruce&Oliver), solo lei poteva insinuare che la ship fosse salpata LOL - più avanti, anche qualcun altro
tiferà per loro ;)
Roy e Sin aaaaawwww
il primo bacio, chissà cosa accadrà? Team Roy per il momento è in vantaggio,
che cosa farà Luke quando saprà del loro bacio? Capitolo 17
è quello che fa per voi!
Bene, gente! Vi amo, punto!
Sono troppo gasata per questo
capitolo e per quelli che verranno dopo, quindi, dai una
bella ammucchiata di abbracci di gruppo (!) e ci si rilegge lunedì ;)
- Come sei silenziosa. - Notò Hal, dando una veloce occhiata a
Felicity. - A che cosa pensi? Siamo in macchina da un bel po’ e non hai quasi
spiaccicato parola. Non è da te, in missione mi riempi sempre la testa con il
tuo chiacchiericcio incessante su prove, supposizioni, indicazioni, e ora fai
sembrare perfino Bruce Wayne più loquace di te. - Hal attese la risposta di
Felicity ma non arrivò. Si voltò nuovamente verso di lei e si accorse che stava
guardando fuori dal finestrino rimirando il paesaggio con sguardo perso.
- Felicity, - La chiamò dolcemente. Fece scivolare la mano tra le sue
appoggiate in grembo. - Ehi, tutto bene?
Felicity non rispose, strinse la mano di Hal.
Rimase voltata verso il finestrino. Si sfiorò l'occhio con le dita per
eliminare quella punta di lacrima che spingeva per uscire.
- Scusami, ero solo concentrata... - Felicity mentì, con la voce
incrinata dal pianto.
- Direi più che altro annegata nel tuo mondo cibernetico! - Hal le
diede un buffetto sulla guancia, strappandole in quel modo un sorrisetto, per
poi ritornare a stringerle la mano.
- Sì.
Hal la osservò ancora, soppesando il suo
sguardo triste.
- Dai, sputa il rospo, che cosa frulla in quella testolina?
- Niente. - Rispose prontamente Felicity, sforzandosi di sorridere.
- Bionda? Avanti, lo sai, vero? Stai parlando con me.
Felicity accennò un sorriso. Sospirò rassegnata. - Sono così confusa.
- Ammise.
- Credevo che con Oliver andasse tutto bene... - Ghignò divertito. -
Non dirmi che il bacio che ci siamo scambiati ti ha fatto rendere conto che in
realtà sei perdutamente innamorata del sottoscritto? -
Hal avviò il pilota automatico e si avvicinò con il viso a quello di Felicity.
- Non posso biasimarti.
- No, con lui va tutto bene, è solo… - Felicity sgranò gli occhi realizzando quello che Hal le aveva appena detto. Si voltò
imbarazzata verso di lui ritrovandosi a poca distanza dalle sue labbra. Il suo
sguardo saettò dagli occhi alla bocca di Hal, per poi tornare sugli occhi
subito dopo.
- Io... - Deglutì. - Io... - Tentò ancora senza riuscire a proseguire.
- Sì... - Hal sorrise sornione.
- È stato un bel bacio, davvero molto intenso, in
effetti era da un po', da un bel po'… - rimarcò più a se stessa. - … che
non venivo baciata così, ma tu... io... sì, sai,
insomma noi…
Hal le le prese il
mento con due dita. - Felicity, respira. - Alla sua espressione sconcertata
scoppiò a ridere.
Felicity chiuse gli occhi. - Partiamo da zero. - Confessò, seria.
Hal bloccò le risate, e senza commentare riprese i comandi della guida
rimettendosi al suo posto.
Felicity voltò il capo e riprese a guardare fuori. - Oliver ed io
abbiamo deciso di ripartire da zero. Niente più passato, niente più futuro... -
Fece spallucce. - Solo presente e si vedrà se era realmente un grande amore,
per ora siamo... siamo... membri di una squadra. - Si passò una mano sul viso
mentre mentalmente si dava della stupida per quella definizione. - E
comunque... sei un idiota, Hal Jordan. - Felicity gli fece la linguaccia.
- Cerca di non diffondere la voce, non vorrei
leggere domani sul giornale: Eroe declassato a idiota. Ah! Che cosa non faccio
per un sorriso su quel bel faccino! - Le fece l'occhiolino.
Felicity l’osservò sorpresa. Si voltò con il busto verso di lui e
rimase a fissarlo.
- Ch-che c'è? - Chiese Hal a disagio.
- Pensavo... - Si sporse verso di lui e gli
lasciò un bacio sulla guancia in segno di ringraziamento.
Hal sorrise e prima che Felicity potesse allontanarsi, le bloccò il
capo con la manoe l’attirò a sé per guardarla dritta
negli occhi. - Questo non significa che ti perdono per avermi dato dell’idiota!
Felicity sogghignò, rincuorata. Si mise a sedere composta sul sedile.
Appoggiò il gomito sul bordo della portiera e si sorresse il capo con la mano
stretta a pugno.
Passarono diverso tempo in silenzio, al buio, illuminati ogni tanto
dai fari delle altre macchine.
- Perché non me lo dici e basta? Così la smetti di rimuginare. -
Chiese Hal a un tratto, interrompendo la calma.
Felicity inspirò profondamente. - Andrew… mi ha mentito per tutto
questo tempo. Ogni giorno mi guardava dritto negli occhi con la consapevolezza
che mi stava ingannando e non si è fatto scrupoli a...
- Chiuse gli occhi, dispiaciuta.
- Vieni qua, - Hal l'attirò a sé, abbracciandola stretta. Felicity
appoggiò il capo sul suo petto e ad occhi chiusi si
lasciò cullare dal suo calore. - Lo so che il Dottor Wolfar ti ha deluso ma
dovresti concedergli la possibilità di spiegarsi.
- Tu stai dalla sua parte? - Chiese Felicity facendo leva con le mani
sul petto di Hal, staccandosi da lui.
Hal sospirò, conscio che si stava per addentrare in un terreno minato.
- Voleva solo proteggerti.
- Oliver non è mai stato una minaccia per me. - Obiettò piccata.
- Lo so. - Le sorrise, triste, per poi
assumere un'espressione seria senza mai distogliere l’attenzione dalla strada.
- Quando si ama profondamente una persona, a volte si fanno cose stupide. Non
dico che sono d'accordo con quello che ha inscenato il Dottor Wolfar, ma ne
capisco le motivazioni. Amare non vuol dire essere sempre leali ma, anzi,
spesso ci si ritrova a essere egoisti, solo perché non si sopporta l'idea che
il cuore della persona che si ama appartenga a qualcun altro e non a te.
Felicity lo studiò con la coda dell'occhio e dopo qualche attimo si
concentrò sulla strada, immergendosi nuovamente nel suo mondo cibernetico.
- Hai trovato qualcosa? - Domandò Hal all'ennesimo sbuffo di Felicity.
Lei sospirò affranta. - No. Stavo analizzando le cartelle cliniche
delle varie vittime che Andrew ha archiviato. Non riesco a capire. Dalle lastre
non risulta alcun proiettile. In nessun corpo. Un foro d’entrata e nessun foro di uscita. Tessuto
cauterizzato. Proiettile svanito. Non ha nessun senso, le ferite sono
imputabili a quelle da arma da fuoco.
- Eppure abbiamo avvertito distintamente il suono dello sparo. Come è possibile?
- Non riesco a spiegarmelo. Abbiamo analizzato da cima a fondo ogni
scena del crimine, ma niente! E ora, Andrew è scomparso senza lasciare traccia,
senza che potessimo parlare, senza che potessi
chiedergli perché…. Se gli fosse successo qualcosa io…
Felicity strinse le mani sulle ginocchia, afferrando con forza il
tessuto del vestito.
- Ehi… - Hal appoggiò la mano sulle sue. - Andrà tutto bene, il Dottor
Wolfar non è stupido. Se è andato a Central City un
motivo ci sarà. Non si è sbilanciato neanche con Bruce, gli ha riferito
solamente che forse sapeva come fare a trovare una spiegazione a tutto questo.
- Che cosa può aver intuito? Maledizione! Gli ho sempre detto di non
lavorare sul cartaceo ma di memorizzare le informazioni nel programma che gli ho
creato.
Hal sorrise. - Dai, non ti crucciare, ho pensato anche a questo.
Guarda sul sedile posteriore, ho raccolto in quella valigetta tutti i fascicoli
che il Dottor Wolfar ha creato con i suoi appunti sulle vittime.
Felicity slacciò la cintura di sicurezza, appoggiò le ginocchia sul
suo sedile, e si piegò in avanti cercando di afferrare la valigetta sul sedile
posteriore.
Hal scivolò con lo sguardo sulle gambe di Felicity fino a risalire al
bordo del vestito che le fasciava il sedere. Deglutì, concentrandosi sulla
strada.
- Ce l’ho quasi fatta! - Felicity si
divincolò reggendosi con il corpo alla spalla di Hal.
- Bionda… - Hal si sistemò meglio sul sedile
quando vide il vestito di Felicity alzarsi scoprendo ancora di più le cosce.
- Hal, potresti anche darmi una mano! Che cosa serve avere a portata
di mano un supereroe con poteri pazzeschi, se non ti aiuta neanche a prendere
una valigetta.
Felicity si appoggiò al sedile e incrociò lo sguardo di Hal intento a
fissarle le cosce.
- Hal!
- Bel vestito, Bionda!
Felicity boccheggiò per l’imbarazzo e cercò di sistemarsi al meglio l’abito. Si sedette sul sedile, indignata. - Spero che lo
spettacolo almeno ti sia piaciuto.
- Molto. - Le fece l’occhiolino, seguito subito dopo dalla sua risata
fragorosa.
- Hal Jordan, tu sei… sei.. - Grugnì.
Hal le puntellò la tempia con l’indice, spingendo piano il capo e la
valigetta comparve sul grembo di Felicity.
- Grazie per questa gentilezza, avresti potuto farlo anche prima ed
evitarmi le acrobazie.
- Così mi sarei perso lo spettacolo del tuo
sedere.
- Stupido! - Felicity gli rivolse un’occhiataccia prima di inclinare
il capo in avanti, nascondendo il viso tra i capelli, per non dargli la
soddisfazione di vedere il sorriso che le era fiorito spontaneamente sulle
labbra.
- Non riesco a capire, - Disse dopo un po’ Felicity mentre sfogliava i
fascicoli.
- Hai trovato qualcosa?
- Non molto, conferma quello che sapevamo già: ferita d’arma da fuoco,
emorragia interna, nessun proiettile, un foro d’entrata e nessun foro d’uscita. Si presume la
traiettoria e basta. Alcune vittime, quelle che a stento sono riuscite a
lasciare qualche informazione prima di morire, hanno riferito di aver sentito
freddo.
- Com’è possibile? Le vittime di sparatoria abitualmente affermano il
contrario.
- Con una ferita del genere com’è possibile non trovare il proiettile?
- Chiese Felicity, titubante.
Hal rimase in silenzio per diverso tempo soppesando le informazioni. -
Quando elimini il possibile, ti resta solo l’impossibile.
- Che cosa vuoi dire?
- Proiettili di ghiaccio. - Affermò Hal, serio.
- Come scusa?
- Se ne parla da anni, ma non è tecnicamente possibile. Nessuno ancora è riuscito a brevettarli.
- Ma non ci sono tracce di polvere da sparo.
Entrambi sospirarono affranti per quel vicolo cieco.
- Non ti preoccupare, Caitlin, ce la
caveremo.
- Certo, in fondo cosa vuoi che sia, siamo legati come due salami, ci
tengono sotto tiro con dei K47, neanche fossimo due criminali della peggior
specie e nessuno è al corrente che ci hanno rapito,
sì, ce la caveremo. - Terminò sarcastica. - È dai tempi del college che ogni
volta che esco con te mi ritrovo sempre nei guai, me lo sai spiegare?
- Fate silenzio! - L’ammonì l’uomo.
- Che cosa volete da noi? - Chiese impaurita.
L’uomo non ci pensò su due volte e colpì con
la canna dell’arma il viso di Andrew.
- Ora voglio proprio vedere se taci! O devo continuare?
- No, ti prego, lascialo stare, starò zitta.
- Barry, dove sei? Caitlin pregò mentalmente. Se solo riuscissi ad attivare il
segnale del S.O.S. Cisco sicuramente lo rintraccerebbe.
- Andrew… - sussurrò piano Caitlin, approfittando che l’uomo si era
allontanato. - Mi spiace, stai bene? - Andrew non rispose, le afferrò un dito e
glielo strinse forte. - Riesci ad arrivare al mio polso?
- Non lo so, ci provo. - Andrew allungò le dita per cercare di
raggiungere la mano di Caitlin.
- Andrew! - Sussurrò Caitlin, scattando in avanti con il corpo.
- Oddio, scusa,Cait.
- La prossima volta mira più in alto, le mani le ho dietro alla
schiena non sul sedere! Aspetta, sta tornando.
- Bene, vedo che avete imparato la lezione, piccioncini. Se provate a
muovere anche un muscolo, sapete già quale sarà il vostro destino. - Puntò
l’arma sulla fronte di Caitlin. - Ci siamo capiti?
Caitlin si appiccicò con la schiena ancora di più al corpo di Andrew.
Dopo qualche secondo avvertì le dita dell’amico scivolare sulle sue e risalire sul
polso, cercando a tentoni di arrivare all’orologio.
Dai, ce l’hai quasi fatta, pensò speranzosa.
L’uomo li osservò con astio per un’ultima
volta e poi li lasciò definitamente da soli.
- Cait, prova a spingere il polso verso il
basso, ci sono quasi! - Sussurrò Andrew e la donna
eseguì all’istante.
Caitlin si rilassò quando sentì il click del pulsante. - Ottimo
lavoro, Dottor Wolfar. - Sorrise, appoggiando il capo al suo. - Ce la caveremo,
sarà solo una questione di minuti e Flash verrà a salvarci.
- Bionda, sei sicura che l’ultimo segnale del cellulare del Dottor
Wolfar provenga da questo pub? - Hal osservò scettico il posto. - Mi sa che il
Dottore ha rimorchiato, altro che indagini. - Ghignò divertito.
Felicity gli scoccò un’occhiataccia. - Andiamo! - Senza aspettarlo
entrò nel locale e si ritrovò gli occhi di tutti addosso.
Un fischio di ammirazione partì al suo passare, mentre si avvicinava
al bancone del bar.
Hal prontamente le appoggiò il giubbotto sulle spalle e lei si voltò a
guardarlo sorpresa.
- Non vorrei essere costretto a fare a cazzotti con metà del locale.
- Ragazzi, che cosa prendete? - Domandò il barista.
- Ha visto per caso quest’uomo l’altra sera? - Felicity gli mostrò la foto di Andrew.
Il barista ci pensò un po’ su. - Ha un viso
familiare. Non saprei, provate a chiedere a Sandy, - Indicò la ragazza che
stava sparecchiando il tavolo. - Ha occhio per queste cose.
Hal scivolò con lo sguardo sulla donna piegata a pulire il tavolo,
mentre la micro gonna che indossava metteva in mostra le sue lunghe e
affusolate gambe. - Vado io. Tu ordina pure da bere. - Affermò compiaciuto. Si
sistemò meglio la camicia, passò la mano nei capelli e stampò sulle labbra il
suo più affascinante sorriso.
Felicity si accomodò sullo sgabello sbuffando. - Martini con ghiaccio,
grazie. - Si levò la giacca che Hal le aveva appoggiato sulle spalle,
portandosela in grembo, accavallò le gambe e quando il barista
le servì da bere, tracannò il liquido in un unico sorso. - Vado io... -
Fece il verso a Hal e con la coda dell'occhio lo vide provarci con la tipa.
- Ehi, tesoro… - Un uomo si strusciò su Felicity. - Che ne dici se ne
beviamo un altro insieme!
L'odore di alcol dell'alito dell'uomo la
stordì, facendola quasi vomitare.
- No, grazie. Sono impegnata. - Felicity schiaffeggiò la mano
dell’uomo che aveva provato a sfiorarle il viso.
- Aggressiva, mi piace. Dai, tesoro, vedrai che ci divertiremo
insieme.
- Ho detto che sono impegnata.
- Su, zuccherino, non farti pregare... - Ma prima che potesse appoggiarle
la mano sulla coscia, Hal gli afferrò il polso stritolandolo nella sua mano.
- Se fossi in te, girerei alla larga. - Lo ammonì.
- Ehi, amico, l'ho vista prima io!
Hal lo fissò in cagnesco e l’uomo si defilò
in un secondo.
- Stai bene?
- Sì. - Felicity sospirò profondamente, sentendosi di nuovo al
sicuro.- Hai scoperto qualcosa?
- Ovvio, - Ghignò compiaciuto. - Il dottor Wolfar era qui ieri sera,
in dolce compagnia, ma Sandy non sa chi fosse la donna
che era con lui. Era la prima volta che li vedeva. Come supponevo,
il Dottore ieri sera ci ha dato dentro!
Felicity lo guardò torva. - Perfetto, ottimo.
Abbiamo fatto un grosso passo avanti! - Ironizzò seccata. -Andiamo! - E a passo di marcia,
uscì dal locale.
Hal sospirò. Donne!
Felicity si bloccò davanti all'auto.
- Che succede? - Chiese Hal preoccupato, appoggiandole una mano sulla
spalla.
- Sto rilevando un segnale di S.O.S. provenire da uno scantinato di un
palazzo poco lontano da qui.
- Andiamo! - Rispose prontamente Hal.
Felicity lo bloccò per il braccio. - E se non
fosse lui? Non sappiamo chi sia.
- Non importa, abbiamo il dovere di intervenire, è sempre una
richiesta di aiuto.
Felicity si sentì invadere il cuore da un'immensa tenerezza nei
confronti di Hal. Lo abbracciò di istinto e lo strinse
a sé con forza.
- Se sapevo che bastava così poco per farti capitolare, mi sarei
impegnato prima a mostrarti il mio lato da valoroso eroe.
Appunto. Perché continuo a dargli corda, perché? Si chiese Felicity
esasperata.
Continua...
Angoletto Lights
Eccoci qua! Al primo crossover della storia!
Ora i nostri sono a Central City ma non è detto che non potrà accadere
l’incontrario ;)
Facciamo un monumento alla tenacia di Hal e alla sua maestria di
tenere i sentimenti che prova per Felicity ben nascosti. *Stritola Hal, anche
tu un giorno troverai il vero amore*
Il caso principale della storia “Proiettili di ghiaccio” è ritornato
alla ribalta.
Lungo la storia farà la sua scomparsa fino a diventare l’elemento
principale, ma per ora, è ancora presto, intanto vi ho lasciato solo degli
assaggini ;)
Grazie a vannagio e a jaybree
che curano insieme a me questa storia.
Grazie a tutti voi, sempre e a tutto l’amore che mi date.
- La porta è chiusa con un codice. - Hal stava per forzarla ma
Felicity lo bloccò per il braccio.
- Non serve che imiti Hulk. - Gli fece l'occhiolino.
Appoggiò la mano sopra i sensori e subito la porta si bloccò.
- Bionda, dopo tutto questo tempo riesci ancora a sorprendermi.
Felicity sbuffò, divertita, si stava per avviare ma Hal la trattenne per
le spalle.
- Resta qui.
- Hal. - Protestò Felicity.
- Per una volta fai come ti dico, potrebbe essere pericoloso. Non
sappiamo chi ci sia all'interno.
- Se per questo potrebbe essere pericoloso anche qui, che ne so,
magari mi cade un vaso in testa, mi rapiscono gli alieni, oppure un carro
armato m’investe!
- Ok, ho capito. - La zittì. - Va bene, ma resta dietro di me.
- Tranquillo, ti guarderò il culo tutto il
tempo! … le spalle! Ti guarderò le spalle, anche
perché non vedrei altro, hai delle spalle così larghe... - Felicity mimò la
figura dell'uomo. - … muscolose.
- Felicity...
- Ed io continuo a straparlare troppo.
Hal sospirò divertito. - Resta concentrata e cerca… - Fece una breve
pausa. - Di resistere a non saltarmi addosso.
Felicity sgranò gli occhi, sconcertata.
Barry stava terminando l'analisi balistica sulla prova che gli aveva
consegnato Eddie quel tardo pomeriggio, per il caso che seguiva con Joe.
Sbuffò per l'ennesima volta. - Stasera non riesco proprio a
concentrarmi.
Si appoggiò allo schienale della sedia, incrociando le braccia al
petto. Voltò il capo di lato e lasciò vagare lo sguardo sulla città illuminata
dalle luci della sera.
- Stupido! - Si ammonì a bassa voce, mentre ricordava quello che era successo qualche ora prima.
- Perfetto, con questo abbiamo finito. Grazie, Cait.
Barry si era voltato verso i due nel sentire quel nomignolo
pronunciato con tanta confidenza. Lei gli stava sorridendo. Caitlin non aveva
mai smesso né di ridere né di sorridere da quando il grande Dottor Andrew
Wolfar era piombato ai laboratori Stars.
Ho bisogno del tuo aiuto, Cait, sei l'unica
che può darmi una mano. Barry aveva sbuffato
infastidito, mentre nella mente scimmiottava la voce petulante del Dottor
Wolfar. Borioso. Ci conosciamo dai tempi del college, aveva specificato
Caitlin quando aveva presentato Andrew.
- Barry? Mi stai ascoltando? - Si era voltato verso Cisco che gli
stava mostrando l'aggiornamento che aveva apportato al suo costume, l'ennesimo.
- Sì, scusa. - Con la coda dell'occhio aveva visto Andrew sfiorare i
capelli di Caitlin e portarglieli indietro, lasciando scivolare la mano sulla
spalla, giù sulla schiena, per poi fermarla sulla vita, mentre lei gli aveva
sorriso in quel suo modo così dolce.
- Ok, ho capito. Hai la testa altrove, e credo anche di sapere dove.
- Cosa? - Barry non poté ribattere altro perché venne
interrotto.
- Ragazzi, - Si era avvicinata Caitlin seguita da Andrew. - Stasera
andiamo a bere qualcosa, vi unite a noi?
- Mi piacerebbe ma ho già la serata impegnata. - Aveva ammiccato
Cisco.
- Cert... - Barry era stato interrotto dal
trillo del messaggio. Era Joe che aveva bisogno di
lui al distretto. - Non posso, - Aveva ripreso dispiaciuto. - Il dovere mi
chiama. - Aveva incrociato lo sguardo di Caitlin e sospirato sconsolato.
- Dottoressa Snow, - Andrew aveva fatto
voltare Caitlin dalla sua parte. - Vuol dire che stasera sarai tutta per me. -
L'aveva attirata a sé, circondandola con il braccio, e le aveva lasciato un
bacio sulla tempia, divertito.
- Sarà un vero piacere, Dottor Wolfar.
E lui, era rimasto lì fermo, a osservarli andare via, senza fare
assolutamente niente.
- Ehi, pianeta terra chiama Barry. - Iris si era avvicinata
senza che lui se ne accorgesse.
- Iris!
- Sì, sono io. A cosa stavi pensando per essere così assorto? -
Sorrise divertita.
- Niente, sto aspettando l'esito dell'analisi balistica.
Iris gli scoccò un'occhiata scettica. - Sarà...
- Come mai sei qui? - Domandò Barry, sorpreso.
- Perché? Non posso venire a trovare un amico?
Barry inclinò il capo osservandola scettico. - È da un po' che non ti
fai vedere, sempre impegnata a stare dietro a Flash.
Iris tirò su le spalle. - Solita routine, anche con Flash. Lui corre,
salva le persone ed io scrivo e pubblico sulla sua eroicità. Tutto come al solito. Ormai sono due anni che va così e siamo un duo
più che collaudato. - Sorrise, ma a Barry sembrò quasi come se si fosse
annoiata anche di quel giocattolo. - Ero di passaggio. Eddie è impegnato in un
caso, è saltata la serata. Che ne diresti se andassimo a bere qualcosa, come ai
bei vecchi tempi?
Barry la guardò a lungo, indeciso. - Starei lavorando, - Obiettò.
- Dai, non farti pregare, sono solo soletta stasera, è l'occasione
giusta per spassarsela.
- Io... - Si lasciò trasportare da quegli occhi luminosi e fiduciosi,
restando per un attimo imbambolato. Il vibrare del cellulare sulla scrivania lo riportò alla realtà. Lesse il messaggio: SOS Snow.
- Devo andare. - Uscì di corsa dal laboratorio senza dare altre spiegazioni e
appena voltato l'angolo si dileguò.
Bastarono solo pochi secondi e arrivò ai laboratori Stars. - Cisco,
che succede?
- Ho rintracciato da dove parte il segnale. Corri,
Barry!
- Fermi! - Gli uomini armati circondarono Hal e Felicity. - Dove
pensate di andare? A un ballo in maschera?
- Ci piace farlo strano. - Hal attirò a sé Felicity. - Non so se mi
capite.
Gli uomini sorrisero a quell'allusione, al contrario Felicity diventò bordeaux.
- Fateli fuori! - Ordinò il capo, inflessibile.
- Felicity, a terra!
Lei eseguì all'istante. Vide Hal fiondarsi su di loro e gli uomini
caddero uno a uno, come birilli.
- Fel...- Hal si
bloccò quando si voltò verso la ragazza.
- Deponi le armi o per lei sarà la fine. - L'uomo puntò la pistola
alla tempia di Felicity.
- Se fossi in te, lascerei stare. - Sghignazzò Hal.
- Tu che dici, Felicity?
- Dico che hai proprio ragione! Quanto gli concediamo ancora per
pensarci?
- Come? - L'uomo allentò leggermente la presa sorpreso dal quel botta
e risposta. Felicity ne approfittò per attaccarlo con
una gomitata allo stomaco, strappargli la pistola dalla mano e colpirlo in
volto con la canna dell’arma.
- Cattiva ragazza. - Hal sorrise mentre osservava Felicity
inginocchiata accanto al militare, incredula. - Ti sei concentrata troppo sulle
mie chiappe e ti sei fatta sorprendere impreparata.
Felicity si voltò di scatto per quell’allusione, tentò di obiettare.
Scosse poi la testa alzandosi in piedi, gli rivolse un’ultima occhiataccia e poi
proseguì ignorandolo.
- Maledizione! - Uno degli uomini entrò nella stanza e si fermò di
fronte a Caitlin. - Come avete fatto?
- A fare cosa? - Protestò Andrew.
- È arrivata la cavalleria! - Afferrò con forza il mento di Caitlin. -
Mi dispiace per loro ma sarà ormai troppo tardi.
- Fermi! - Urlò Lanterna Verde, facendo irruzione nella stanza seguito
da Felicity.
Gli uomini li attaccarono ma lui si gettò su di loro mettendoli fuori
combattimento in poche mosse.
- Ora basta! - Gridò il capo, puntando l’arma alla tempia di Caitlin e
bloccando ogni azione di salvataggio.
Tutto quello che accadde si svolse in pochi
attimi.
- È tempo di farla finita. - L’uomo slacciò la maschera che portava
alla vita e l’indossò, imitato dai suoi sottoposti accorsi in aiuto. - Ora! -
Ordinò e un fumo giallo iniziò a diffondersi rapidamente.
Hal si accasciò a terra. - Oh no, - Felicity cercò di sorreggerlo ma
fu strattonata da uno dei malviventi.
- Bionda, scap-pa.
- Lanterna Verde!
- Bionda... - Hal, con le ultime forze, liberò Felicity dalle grinfie
dell’uomo e poi si accasciò a terra.
Felicity corse da lui. - Lanterna, resta con me!
- Felicity… - Hal iniziò a tossire, seguito da Felicity. - Mettiti in
salvo prima che sia trop… - Ma Hal non poté finire
perché perse i sensi.
Furono circondati dagli uomini. - Non vi azzardate a toccarlo! - Li minacciò severa.
Il fumo aveva riempito quasi tutta la stanza, ma prima che gli uomini
potessero attaccarli, furono sbattuti al muro, legati e imbavagliati.
- Dottoressa Snow, è giunta la sua fine. -
Il capo puntò l’arma alla fronte della donna.
- No! - Urlò Andrew, cercando di divincolarsi dalle corde.
L’uomo sparò nello stesso istante in cui sospinto con forza al muro.
- Caitlin! - Andrew gridò disperato, quando avvertì il peso morto
della donna su di sé e un bruciore lancinante alla spalla.
Flash fece evaporare il fumo e liberò i due, accogliendo tra le
braccia il corpo di Caitlin. Le scostò dolcemente i capelli dal viso. Il
proiettile le aveva sfiorato il volto, graffiandole la guancia. Passò il
pollice sulla ferita, asciugando il residuo di sangue.
- Ehi, - Disse teneramente quando finalmente lei aprì gli occhi. -
Stai bene?
Caitlin in risposta lo abbracciò forte.
- È tutto finito, sono qui. - La rincuorò Barry, ringraziando Dio di
averla salvata.
- Lanterna Verde! - Gridò Felicity attirando l’attenzione dei tre su
di sé.
- Non urlare, Bionda, sto bene. Ah! La mia
testa. - Hal scosse il capo mettendosi a sedere. - Ma
che cosa c’era in quel fumogeno? Mi sento come se mi fossi sbronzato di brutto.
Felicity sospirò rasserenata. Se l’erano vista brutta. Sentendosi
osservata, rivolse lo sguardo sul resto del gruppo.
- Felicity! - Esclamarono i tre sorpresi.
- Ciao, ragazzi. - Felicity alzò la mano in segno di saluto.
- Sei viva! - Dissero in coro Barry e
Caitlin. Si avvicinarono increduli. - Oliver ci aveva detto che eri morta. -
Terminò Barry.
- Invece no, eccomi qui in carne e ossa, non solo in spirito. -
Rispose Felicity, imbarazzata. - Come dire… mettiamola così, è una storia
lunga. - Guardò oltre le loro spalle, evitando in quel modo di incrociare
ulteriormente i loro sguardi sorpresi e intercettò quello di Andrew, che
premeva la mano sulla spalla ferita. Felicity si mise in piedi, oltrepassò
Barry e Caitlin e lo fronteggiò, rivolgendogli uno
sguardo ferito, duro e triste.
- Felicity, io… - Ma non ebbe il tempo di continuare, perché Felicity
lo schiaffeggiò con forza. Andrew chiuse gli occhi per un attimo, ma li riaprì sorpreso non appena avvertì le braccia di Felicity
abbracciarlo.
- Sto bene, Felicity. - La rincuorò Andrew, appoggiando il mento sulla
sua spalla.
- Bene. - Fredda, si staccò da lui.
- Andrew! - Si avvicinò Caitlin, preoccupata. - Ma
tu sanguini! - Si levò la maglietta restando solamente con la camicia e iniziò
a fasciargli la spalla.
Hal si voltò verso Flash, quando lo sentì
sbuffare infastidito. Si avvicinò a lui e gli diede
una pacca sulla spalla. - Lanterna Verde. - Gli porse la mano e prontamente lui
gliela strinse.
- Flash. Nuovo eroe di Felicity, eh?
- Non direi proprio.
Felicity si voltò verso di loro, spaventata. - C’è una bomba nel
palazzo!
- E tu come lo sai?
- Odio quando mi fanno questa domanda. - Sospirò Felicity e mise un
braccio sulla spalla di Barry. - Sul tetto, ora!
Flash la prese in braccio e in un lampo si ritrovarono sul tetto
accanto alla bomba.
- Ultimo modello. Fanno le cose per bene da queste parti. - Felicity
appoggiò la mano sull’involucro in metallo.
- Felicity, fai attenzione. - Si accostò Barry.
- Mai sentito parlare di Black Queen? - Felicity sorrise, si concentrò
sulla bomba e in pochi secondi la disinnescò.
- Ma? - Barry incredulo non seppe più cosa
dire.
- Te l’avevo detto che era una storia lunga.
- Cisco, la smetti di guardare Felicity come se avessi visto un
fantasma? - Lo riprese Caitlin.
- Ma lei? Lui? Loro. - Si avvicinò a Lanterna
Verde. - Il tuo costume è magnifico! Questo verde ti fa risaltare gli occhi!
- Questo non me l’aveva detto ancora nessuno. - Lanterna Verde scoppiò
a ridere. - Chiamami pure Hal Jordan. Gli amici di Felicity sono anche miei amici. - Fece scomparire la maschera, gli porse la mano e
dopo qualche secondo un incredulo Cisco gliela strinse forte.
Una volta finito di medicarlo, Caitlin aiutò
Andrew a indossare la maglietta. - Niente di grave. Il proiettile per fortuna è
uscito e non ha leso i legamenti della spalla. - Lo abbracciò.
Felicity si avvicinò a Barry che stava appoggiando il costume nella
teca.
- Sono felice di appurare che stai bene e sempre in ottima compagnia.
- Barry le sorrise.- Che novità mi
sono persa in questi due anni?
- Niente di particolare. Flash continua a essere l’uomo più veloce del
mondo, ma credo anche dell’universo. Cisco, Caitlin ed
io siamo rimasti insieme dopo la scomparsa misteriosa del Dottor Wells ed io…
sono sempre io.
- Iris?
- Iris sta bene, continua a scrivere su Flash e a diffondere le sue
imprese eroiche. - Sorrise divertito. A sentire la voce divertita di Caitlin
che scherzava con Hal e Andrew si voltò verso di loro.
Felicity seguì il suo sguardo.
- Oh no. Barry? Ancora? Ma è un vizio! -
Felicity si passò una mano sul volto sconsolata, scuotendo leggermente il capo.
Barry preso in contropiedi la osservò
rassegnato.
- Black Queen. - Disse dopo un attimo, in tono ammirato.
- Già. Era scritto nel mio destino, forse quel giorno mia madre doveva
regalarmi una bambola e non un computer giocattolo. - Sorrise divertita.
Barry l’abbracciò soddisfatto. Felicity rise di gusto tra le sue
braccia e per un attimo incrociò lo sguardo di Caitlin, che si mordeva il
labbro e si stringeva le mani nervosamente non
perdendoli di vista.
- Sai, Barry, qualcosa mi dice che questa volta sarà diverso. - Disse
quando si staccò da lui.
- Che vuoi dire?
La notizia del telegiornale comparve sul monitor principale: Notizia dell’ultima ora. L’esplosione di una
bomba non ha risparmiato neanche il miliardario di Gotham City,Bruce Wayne.
- Oh mio Dio, - Sussurrò Felicity. - Bruce, - Si avvicinò a Hal.
- Torniamo a casa. - Disse prontamente Hal afferrandola per il
braccio.
- Ti porto io! - Si propose prontamente Barry.
- Amico, - Hal si avvicinò. - Credimi, via
cielo faremo prima. - Gli fece l’occhiolino, divertito. - Bionda, è giunta
l’ora per te di provare l’ebrezza del volo!
- Cosa? - Non le diete neanche il tempo di realizzare e Felicity si
sentì afferrare per la vita e alzare in aria. - Hal! Il tetto!
All’urlo della donna, un varco si aprì sul soffitto, e in pochi
secondi i due si dileguarono nell’immensità del cielo buio della notte.
- Figo! - Esclamarono in coro Barry e Cisco, ammirati, mentre Andrew
scuoteva la testa rassegnato per quell’uscita di scena trionfale e Caitlin incredula
continuava a rimirare il soffitto.
Continua…
Angoletto di Lights
Fine crossover, almeno per il momento. Dal prossimo capitolo
ritorniamo dal nostro amato team e con le nostre Guest Stars.
Più avanti incontreremo ancora il team Flash, ma per ora, rimane in
panchina ;)
- Bruce Wayne? - Chiese Felicity tutta trafelata,
appoggiandosi di peso al bancone, ancora scossa dal volo di ritorno, tra le
braccia di Hal, mentre lui se la rideva in silenzio.
L’infermiera lasciò scivolare lo sguardo sulla
ragazza e sul suo strano abbigliamento. Felicity indossava ancora i vestiti
della sera precedente. Il suo elegante abito rosso, sgualcito e sporco, cozzava
con il giubbotto di pelle consumato di Hal.
Che abbinamento strano, pensò la donna quando si
soffermò sugli occhi velati di lacrime della ragazza. Ricchi!
- Mi dispiace, signorina, posso rilasciare queste
informazioni solo ai famigliari.
- Sono la sua fidanzata! No, direi più futura
moglie! Sì, ci stiamo per sposare. - Tentò disperata, senza riflettere, guadagnandosi
un'occhiata scettica da parte dell'infermiera.
Lois, seduta su una delle sedie della sala
d'aspetto, alzò il capo dalla cartellina che stava finendo di compilare,
incuriosita da quell'affermazione. Interessante, pensò soddisfatta. Questa
serata si sta rivelando ricca di sorprese. Tremenda esplosione mette in
pericolo il grande amore di Gotham. Ottimo titolo! Premio Pulitzer, sei sempre
più vicino! Sospirò gratificata da quella visione.
Si alzò e si accostò con nonchalance alle due donne
per sentire meglio lo scambio di battute, mentre fingeva di terminare di
compilare i documenti dell’assicurazione sanitaria.
- La prego, mi dica dove avete ricoverato Bruce
Wayne. - Sollecitò Felicity, implorante
- Se lei è la fidanzata “quasi moglie” -
L'infermiera mimò con le dita le virgolette. - … del signor Wayne, perché i
giornali non hanno mai scritto niente su di voi? - Chiese sarcastica,
incrociando le braccia al petto.
- Siamo una coppia discreta. - Rispose prontamente
Felicity.
- Dov’è l’anello di fidanzamento? - Incalzò
l’infermiera.
- L’anello? Giusto, l’anello. Vede,
io… noi…
- Dai, Bionda, non fare la timida… - S’intromise Hal. Afferrò la mano di Felicity e la mostrò all’infermiera.
In bella vista sull’anulare risplendeva, in tutta la sua maestosità, un
magnifico diamante.
- Oh… - Felicity rimase impietrita nel vedere quel
gioiello al suo dito. Deglutì sconcertata e scattò con gli occhi su Hal.
- Il signor Wayne ha buon gusto, non trovate? - Hal
ridacchiò divertito verso le due donne e regalò un occhiolino a una Lois a bocca aperta per la sorpresa.
Felicity seguì lo sguardo di Hal e si voltò verso
Lois, la quale agì d’istinto afferrandole la mano con presa sicura. - Ragazza
mia, se un uomo ti regala un anello come questo… - Riportò lo sguardo su quello
di Felicity. - Hai fatto centro! Vuol dire solo una cosa: è
pazzamente e follemente innamorato di te.
Felicity sgranò gli occhi,
imbarazzata. Hal le appoggiò una mano sulla spalla facendola indietreggiare
leggermente per sporgersi verso Lois. - Lo penso anch’io. - Confermò con il suo sorriso da seduttore
- Lois Lane. - Si presentò compiaciuta lasciando
scivolare lo sguardo sul corpo dell’uomo.
Hal scansò in malo modo Felicity, portandosi avanti
e strinse con presa sicura la mano della donna.
- Hal Jordan. - Si avvicinò al viso di Lois, senza
lasciare mai i suoi occhi, accarezzandola con il suo tono di voce, caldo e
profondo. - Piacere di conoscerla.
Lois deglutì lievemente imbarazzata, restando
totalmente rapita da quell’uomo. - Il piacere è tutto mio. - Rispose
civettuola.
- Ci sono problemi? - La voce severa di Clark mise
fine a quell’incanto. Lois si voltò verso di lui, mentre Hal ricambiava
l’occhiata torva che gli stava rivolgendo.
- Smallville, hai già
finito di interrogare le persone coinvolte nell’esplosione?
- Signorina Smoak, - A quel richiamo il gruppo si
voltò di scatto.
- Alfred, grazie al cielo, lui come sta? - Felicity
si avvicinò al maggiordomo.
- È fuori pericolo. Venga, la porto da lui.
- Ecco dove l’avevo vista! - Esclamò Lois,
soddisfatta. - Lei è Felicity Smoak! È il vice presidente delle industrie
Wayne! - Lois s’intromise tra i due, dando le spalle ad Alfred e porgendo la
mano a Felicity. - Lois Lane, Daily Planet. - Felicity la strinse con poca
convinzione. - Così, lei e il signor Wayne state per sposarvi… a quando il
lieto evento? - Chiese con nonchalance. Sarà sicuramente una notizia da prima
pagina! Pensò soddisfatta, in attesa della risposta da parte della donna.
- Oh Dio, - sussurrò Felicity, sconsolata per il
pasticcio che aveva creato con quella sua uscita infelice. Si massaggiò la
tempia, mentre il chiacchiericcio incessante di quella Lois Lane le rimbombava
nella testa.
- Lois! - La riprese Clark.
- Ehi, uragano... - Hal circondò le spalle di Lois
con il suo braccio, trascinandola via. - Vieni con me, ho una bella e
succulenta notizia per te. Forse tu non sai…
Clark e Felicity li osservarono andare via, come se
fossero due vecchi amici che non si incontravano da
parecchio tempo.
Clark sospirò e Felicity fece
lo stesso. Si voltarono l’uno verso l’altro, sorpresi.
- Signorina Smoak, mi scuso per l’irruenza di Lois.
- Non sa quanto la capisco.
- Clark Kent.
- È stata un piacere conoscerla, anche se per poco. Mi scusi, ma ora devo andare.
- Ha ragione, vada pure dal suo futuro sposo. -
Felicity roteò gli occhi al cielo. - Intendevo… dal signor Wayne.
Felicity seguì Alfred. Bruce ed io marito e moglie,
a quel pensiero sorrise divertita, immaginandosi la vita matrimoniale con il
taciturno e severo Bruce Wayne.
Felicity si soffermò sull’uscio, osservando
malinconica un Bruce Wayne debole e ferito.
- Vada da lui, - Alfred la incoraggiò
amorevolmente, sospingendola in avanti.
Con passo lento, Felicity si accostò al letto.
Lasciò vagare gli occhi sul corpo dell’uomo. Sulle bende che gli fasciavano il
petto e le braccia. Sui tagli e le ferite che spiccavano sul suo viso.
Lentamente portò la mano sul volto dell’uomo. Le
dita scivolarono su ogni graffio, poi, con una carezza, gli scostò i capelli
che gli ricadevano sulla fronte.
- Bruce, sono qui... - Felicity non riuscì a
trattenere le lacrime che silenziosamente iniziarono a rigarle le guance.
Accolse la mano di Bruce nella sua e appoggiò il
capo sul petto dell’uomo. - Mi dispiace...
Ad un tratto, avvertì la mano dell’uomo accarezzarle
dolcemente il capo.
Si sollevò di scatto, incontrando gli occhi neri,
stanchi e provati di Bruce. Lo abbracciò d’istinto,
affondando il viso nell’incavo del suo collo e lasciando libere le lacrime.
- Sto bene, - La rassicurò. Bruce chiuse gli occhi,
stanco, e continuò ad accarezzare la schiena di Felicity fino a quando lei non
si calmò.
- Scu-sa, non so che cosa
mi abbia preso, ma vederti così… mi ha fatto tornare in
mente brutti ricordi. - Disse Felicity, tirando su con il naso. - Perdonami,
sono una sciocca. - Scosse la testa e si sforzò di sorridere. - Cosa è successo?
- Non lo so. Ho solo dei ricordi confusi. Stavamo
cenando, poi è entrato il cameriere nella sala, ci ha avvisato della bomba e
poi è successo il finimondo. - Bruce abbassò per un attimo le palpebre.
- Stavamo? - Chiese Felicity, stranita. - Tu e chi?
- Oliver e la giorn…
Oliver? - Chiese all’improvviso mettendosi a sedere.
- Piano, - Felicity lo fece appoggiare alla
testiera del letto. - Non ti devi agitare. - Inspirò a fondo. - Eri a cena con
Oliver?
- Sì, l’avevo raggiunto al ristorante.
Felicity strinse le labbra per non scoppiare a
ridere, immaginandoseli impegnati in una conversazione muta fatta solo di
sguardi lunghi, intensi e carichi di significato. - Vi stavate divertendo un
sacco, immagino. - Ironizzò divertita. Bloccò i pensieri, rendendosene conto
all’improvviso. - Oliver? - Chiese terrorizzata.
Bruce sorrise vedendolo entrare.
- Ci hai fatto preoccupare.
Felicity si voltò al suono della voce Oliver,
incrociando lo sguardo sollevato dell'uomo. Scivolò rapidamente con gli occhi
su di lui per accertarsi che stesse bene.
Si alzò di scatto dalla sedia. Pochi passi e lo fronteggiò. Esitò un attimo ma poi lo abbracciò
di slancio.
- Sto bene, - Sussurrò Oliver. - Tu come stai? -
Chiese staccandosi da lei. Lasciò che il suo palmo scivolasse lentamente sul
braccio di Felicity, fino ad arrivare alla sua mano.
Oliver si bloccò accorgendosi dell’anello. Le
sollevò la mano, spostando lo sguardo smarrito dal grosso diamante che le
adornava l’anulare al suo viso.
- È di Hal… - Specificò
immediatamente Felicity. - Nel senso, me l’ha dato lui, più che altro me l’ha
infilato al dito, è una pazza idea, lo so, chi mai ci avrebbe pensato, solo lui
può fare queste cose. È una lunga storia. - Sogghignò imbarazzata.
- Bionda, non dovresti elogiarmi quando non ci
sono, altrimenti come faccio a godermi certe cose? - Hal rivolse un ghigno
soddisfatto a Oliver, che in cambio lo gelò con un
lungo sguardo silenzioso.
Hal si avvicinò a Bruce. - Non mi posso assentare un minuto, che ti cacci subito nei guai,
amico. Capisco che l’avvenente signorina Lane vi abbia distratti…
- Si voltò verso Oliver e gli fece l’occhiolino compiaciuto. - Ma farsi
cogliere così impreparati non è da voi.
- Co-sa? - Felicity guardò prima Bruce e poi
Oliver. - Eri a cena con Lois Lane? - Assunse un tono più duro di quanto avesse
voluto.
- È stata solo una coincidenza. Tu non c’eri… -
Oliver lasciò cadere la velata accusa. La guardò dritto
negli occhi e Felicity sfuggì dal suo sguardo, sentendosi per l’ennesima volta
colpevole.
Hal sospirò profondamente. Tutto ad
un tratto l’aria in quella stanza era diventata pesante.
- Bruce, come hai fatto a metterti in salvo?
Conosciamo tutti le tue capacità straordinarie, ma questo è impossibile anche
per te.
- Mi ricordo solo di essere stato sospinto da una
forza misteriosa che poi mi ha adagiato a terra dall’altro lato della strada,
prima che l’esplosione mi coinvolgesse totalmente.
Felicity si massaggiò la testa. Tutta la stanchezza
accumulata si stava facendo sentire.
- Ho bisogno di un caffè, forse anche due, meglio tre. Ne approfitterò per
dare un’occhiata ai server dell’ospedale e mi connetterò con quello della
polizia, vediamo se riesco a trovare informazioni utili.
- Domani. - Decretò Bruce. - Lo farai domani, Felicity. Abbiamo passato tutti un’intensa nottata e
abbiamo bisogno di riposare. Tornate a casa. Domani decideremo il da farsi.
- Mi assicurerò che
l’infermiera ti porti un altro cuscino, così starai più comodo. Posso
pretenderlo, - Alzò la mano, sulla quale faceva bella mostra di sé il diamante.
Sorrise a Hal, ma poi voltandosi verso la porta incrociò lo sguardo severo di
Oliver che le fece smorzare il sorriso.
Hal attese che Felicity se ne fosse andata per
fronteggiare Oliver.
- Sei un coglione, Queen. Tu non la meriti.
Hal fece per uscire ma Oliver lo
bloccò per il braccio. - Perché tu sì?
I due si guardarono in cagnesco. - Signori, vi
prego, - Intervenne Alfred con il tuo tono inflessibile, a placare la
situazione. - Il signor Wayne ha bisogno di riposare. È meglio che torniate a
casa. Vi ho fatto preparare la cena e un bagno caldo.
Con un leggero segno della mano, Alfred li invitò a seguire il suo consiglio e rimase impettito al
suo posto fino a quando i due non si mossero.
- Signor Queen, - Alfred bloccò Oliver sull’uscio.
- Può avvisare lei la signorina Smoak? Ho notato che ha la tendenza di bere
troppo caffè a stomaco vuoto, io ora devo occuparmi del signor Wayne.
Oliver accennò un breve sorriso di assenso.
Felicity teneva tra le mani la tazza ricolma di
caffè caldo. Osservava assorta l’inserviente lavare il pavimento della sala.
Sospirò, scoraggiata. Un passo avanti e cento indietro, pensò avvilita.
- Signorina Smoak.
Felicity sussultò e la tazza le cadde
dalle mani. Incespicò nei suoi piedi scivolando sul pavimento bagnato. Se
l’uomo non l’avesse sorretta prontamente, sarebbe sicuramente caduta a terra
fradicia di caffè.
- Signor Kent! - Felicity si sistemò meglio gli
occhiali sul naso. - Vera mossa da eroe! - Disse quando si accorse che Clark
aveva salvato anche la tazza del caffè.
Clark sorrise. - Mi dispiace averla spaventata.
- Clark, ti ho preso una ciambella… - Lois alzò lo
sguardo su di loro e si bloccò sul posto.
- Lois! - Clark aiutò velocemente Felicity a
rimettersi in piedi e le porse la tazza. Si lisciò la giacca, imbarazzato.
- Lo scusi, Felicity, è
così maldestro. - Lois picchiettò la mano sulla giacca di Clark con una certa
violenza, levando delle goccioline inesistenti di caffè. - Non posso lasciarlo
due minuti da solo. - Lo guardò dritto negli occhi
facendo trapelare un certo fastidio. - Spero che non la
stesse importunando.
- Lois!
I tre si voltarono a quel richiamo.
- Oliver! - Lois si staccò da Clark e si avvicinò a
lui.
- Come stai? - Chiese Oliver, premuroso.
- Solo un graffio sul braccio. - Lois gli mostrò la fasciatura. - Grazie a te. - Lanciò
un’occhiata di rimprovero verso Clark.
Clark stava per risponderle a tono ma trattenne le
parole.
- Ciambella? - Gli mostrò
il pacchetto che teneva in mano.
Felicity picchiettò la mano sulla spalla di Clark.
- Fascino, Queen. Tutto normale. Grazie ancora del salvataggio, signor Kent.
- Mi chiami pure Clark.
- Felicity. - Gli strinse la mano. Felicity si
bloccò rilevando la cimice trasmittente nel taschino della giacca dell'uomo.
Seguì il tracciato di zero e uno, arrivando a scovare il server centrale da
dove partiva il segnale. Interessante, pensò visionando velocemente i file. È
una raccolta di dati sull’esplosione che ha coinvolto Bruce e Oliver!
Felicity sgranò gli occhi. Una forte scossa
elettromagnetica si diffuse dalla mano. - Ahi! - Indietreggiò di qualche passo
e finì addosso a Lois, che a sua volta finì tra le braccia di Oliver.
Felicity si massaggiò le tempie. Non è possibile,
osservò triste gli occhi sinceri di Clark. Non può essere.
- Complimenti, Oliver… - Lois passò delicatamente
le mani sul petto dell’uomo compiaciuta.
Oliver sorrise, poi tornò serio incrociando lo
sguardo di Felicity.
- Scusate, ma ora dobbiamo andare.
- Come? Voi due vi conoscete? - Chiese stupita
Lois.
- È una storia vecchia. - Disse in fretta Felicity
per evitare l’argomento.
Lois assottigliò lo sguardo. - Oliver Queen,
Felicity Smoak. - Si disse tra sé, cercando quel particolare che le stava
sfuggendo. Sgranò gli occhi quando la verità le si
palesò in testa. - Felicity, lei è quella Felicity? - Oliver e Felicity si irrigidirono. - Oh, che imbarazzo. - Continuò sottovoce
Lois, divertita. - La ex di Queen è la futura moglie
di Wayne. Sapevo che dovevo portarmi dietro Jimmy, sarebbe stato un’ottima
occasione per un servizio da urlo.
Oliver volse la testa verso Felicity, che sollevò
le spalle non sapendo cosa dire.
- Lois, - Clark le appoggiò la mano sul braccio. -
Lasciamoli andare.
- Clark, - Lois si voltò verso di lui, dando le
spalle agli altri due. - Quante volte ti devo rammentare che bisogna battere
una notizia finché è calda? È il nostro lavoro. Siamo dei giornalisti. I giornalista che cosa fanno? Vanno a caccia di notizie.
Indagano. Quando trovano una pista devono esplorare
ogni possibile strada per arrivare alla verità. Siamo qui per indagare
sull’esplosione di questa sera che ha visto coinvolti anche il pezzo grosso
della città di Gotham e il suo nuovo investitore. Ora si scopre che sono legati
dalla stessa donna, tutto questo non è magnifico? Proprio per questo… - Si
voltò per continuare a fare le domande a Felicity e Oliver. - Ma dove sono finiti? - Osservò sconcertata Clark, che non
poté fare altro che alzare le spalle sconsolato.
Oliver e Felicity avevano preso un taxi per
ritornare a villa Wayne. Entrambi erano seduti al loro posto, con gli sguardi
persi sulla strada, immobili, attenti a non invadere gli spazi dell’altro o a
non incrociarne gli occhi.
Felicity sospirò per l’ennesima volta.
- Che cosa ti preoccupa? - Chiese Oliver,
voltandosi per la prima volta dalla sua parte.
- Come fai a sapere che c’è qualcosa che mi
preoccupa? - Lo osservò sorpresa.
- È da un po’ che non parli. - Sorrise Oliver. - È
preoccupante quando non si sente il tuo chiacchiericcio.
- Eh già, - Sogghignò.
Oliver fece scivolare la mano su quella di lei che
teneva in grembo. Con il pollice sfiorò l’anello e si mise a giocare con la
pietra.
- Te lo volevo chiedere quella sera. - Disse serio,
con un’inflessione di tristezza nella voce.
- Co-sa? - Ma dopo un
attimo si pentì di averlo chiesto. - Oh.
Sfilò la mano da quella di Oliver e se la portò al
petto.
- È stato solo uno stupido escamotage. L’infermiera
non voleva dirmi dove avevano ricoverato Bruce. Io
stavo morendo dalla paura. Mi è uscito dalla bocca di essere la fidanzata “quasi
moglie” - Mimò le virgolette come aveva fatto qualche ora prima l’infermiera. -
di Bruce Wayne. Hal mi ha solo aiutato. Dovresti aver capito che lui è folle e
gode nel ritrovarsi in queste situazioni. - Si levò l’anello dal dito e
l’appoggiò sul palmo della mano. - Nessun valore, solo
finzione. - Lo strinse nel pugno.
Oliver ritornò a guardare fuori dal finestrino,
senza però riuscire a rilassarsi. - Lo so, solo
finzione.
Il resto del tragitto lo passarono
in silenzio.
Una volta arrivati, Oliver scese dall’auto e aprì
la portiera a Felicity.
- Grazie. - Sorrise intenerita dal quel gesto
attento.
Il taxi ripartì ma loro rimasero fermi a guardarsi
negli occhi, bloccati nelle loro posizioni. Il leggero venticello della sera
solleticò i loro volti, giocando con le ciocche di Felicity.
Felicity rabbrividì. - Stai congelando, - Oliver appoggiò entrambi le mani sul suo volto. Felicity
chiuse gli occhi e si beò del calore che emanavano.
Quando li riaprì si
accorse che Oliver si era avvicinato al suo viso. Si tuffò in quel mare
tempestoso che erano i suoi occhi. Il cuore iniziò a tamburellare
selvaggiamente nel petto.
Oliver si avvicinò ancora, fermandosi a pochi
millimetri della sua bocca. Fallo, Felicity si ritrovò a desiderare, ma lui non
lo fece.
- È meglio entrare, prima che ti ammali.
Il fiato caldo delle sue parole le sfiorò
delicatamente le labbra, come un premio di consolazione.
Oliver si staccò da lei e si avviò verso l’entrata.
Felicity restò ferma per qualche secondo,
sconcertata dal suo comportamento, ma poi si affrettò a raggiungerlo.
Lo bloccò prima che potesse aprire la porta. -
Oliver, - Iniziò piano per attirare la sua attenzione. - Clark Kent non è la
persona che dice di essere.
Continua…
Angoletto di Lights
OH wow! È proprio il caso di dirlo.
L’anello, eh già, è un riferimento che porta all’ultimo
capitolo di Metodo Scientifico. La sera di cui parla Oliver,
si riferisce al giorno che Felicity ha deciso di andare via con Andrew.
Dovevano vedersi a cena, ma la cena non è mai
avvenuta, come non c’è mai stata la proposta di matrimonio. Allora l’anello? Vi
starete chiedendo. Quante cose che volete sapere, c’è ancora tempo per
scoprirlo.
Lois Lane e Hal Jordan, la ship
è saltata. Accadrà qualcosa tra quei due? Mi sa che qui Clark metterà dei bei
paletti, staremo a vedere, comunque mi hanno fatto
morire dal ridere.
Come pensavamo, Oliver non l’ha preso bene, e
sinceramente non ha tutti i torti, essere piantato per la seconda volta dalla
donna che ama, è stato un bel colpo sia al suo ego ma soprattutto al suo cuore
già ferito. Prevedo sofferenza, voi che dite?
Clark Kent sarà veramente un nemico? Chi lo sa. In questa
storia tutto può accadere, ormai i personaggi fanno quello che vogliono!
Bene, nel prossimo capitolo, scopriremo la reazione
di Luke, eh sì, si torna anche da Cindy - Luke e Roy.
Questa doccia ci
voleva proprio, pensò Luke, uscendo dal bagno coperto solo da un asciugamano
legato in vita, mentre finiva di asciugarsi i capelli. Per fortuna è andato
tutto bene. Non le è successo niente. Impazzisco a saperla girovagare da sola
per la città. Sospirò rassegnato. Vagabonda! Inizio a rimpiangere il caos
tranquillo di Starling City.
Si bloccò in
mezzo alla stanza percependo la sua presenza. Aguzzò meglio
la vista nel buio e finalmente poté scorgere la sua figura accucciata sul
davanzale della grande vetrata.
Inspirò
preoccupato quando i fari di un’auto illuminarono brevemente il volto cupo di
Cindy. Odiava vederla immersa in un mondo in cui solo lei aveva accesso. Ogni
volta lo tagliava fuori e lui detestava essere lasciato in disparte.
Si avvicinò
piano. Cindy non si mosse. Luke lasciò ricadere l’asciugamano sulle spalle.
Raccolse un rametto dai suoi capelli e se lo girò tra
le dita.
Cindy si
riscosse, scivolò con gli occhi sul corpo di Luke fino ad
incrociare il suo sguardo e prese a contare mentalmente. Uno,
due, tre, quattro… solo per provare a se stessa che poteva vincere
quella guerra silenziosa… cinque, sei, sette… maledizione! E scappò da quegli
occhi inquisitori. Lo sguardo le cadde sulla protesi meccanica del braccio per
poi saettare su quella della gamba. Inclinò il viso per un attimo, aveva
imparato da moltotempo a
vederla come una cosa normale, ormai non notava più la differenza. Inspirò a
fondo e riportò gli occhi su di lui. Una gocciolina d’acqua sul petto di Luke
attirò la sua attenzione: Cindy la seguì lungo tutto il percorso fino a quando
scomparve all’interno dell’asciugamano. Sgranò leggermente gli occhi quando si
rese conto di essersi soffermata un po’ troppo in basso. Voltò il capo di lato
per nascondere il suo imbarazzo, anche se sapeva benissimo che lui non si
sarebbe fatto scappare l’occasione di stuzzicarla.
- Vestiti,
prenderai freddo. - Suggerì in tono serio, con noncuranza.
- Pensavo che lo
spettacolo non ti dispiacesse. Continua pure, è gratis. Se lo desideri... ti
mostro la versione integrale… - Cindy riportò l’attenzione su di lui e Luke
fece il gesto di togliersi l’asciugamano.
Lo sapevo! Cindy
strinse le mani a pugno, imbarazzata dalla sfrontatezza dell’amico.
- Ho visto di
meglio. - Lo punzecchiò con aria annoiata, voltandosi
a guardare fuori dalla finestra. - Se non te ne fossi accorto, qui ho
l’imbarazzo della scelta: Oliver, Dig, Bruce, per non parlare di Hal Jordan… -
Si morse il labbro per non scoppiare a ridere.
Luke si avvicinò.
Cindy s’immobilizzò perdendo tutto la sua spavalderia quando avvertì il calore
del suo corpo e qualcosa nello stomaco le si
attorcigliò. Luke appoggiò l’indice sotto il mento di Cindy e la invitò a voltarsi dalla sua parte, facendola quasi
scontrare con il suo viso.
Cindy, sorpresa,
indietreggiò con il capo, ritrovandosi con le spalle al muro. Era intrappola.
Luke si avvicinò
ancora, lasciando tra di loro una piccola distanza. Occhi negli occhi.
Cindy aprì la
bocca per dire qualcosa ma lo sguardo deciso di Luke le fece perdere l’uso
della parola.
Luke sorrise,
compiaciuto di avere la sua totale attenzione. Liberò il mento e scivolò con
l’indice lungo il suo collo, seminando dietro di sé una scia di brividi sulla
pelle. Lentamente le accarezzò la carotide, mentre i suoi occhi precedevano le
dita. Percorse il bordo della scollatura della maglietta, non perdendo mai il
contatto con la sua pelle, fino a quando non si soffermò sullo sterno, poco
prima di raggiungere l’attaccatura del seno.
- Ti sei
dimenticata di Roy. - Il dito avanzò di un passo. - Sono meglio di lui, Sin? -
Puntò lo sguardo nel suo.
- Luke.
Sollevò il primo
bottone che si sfilò facilmente dall’asola e passò al
secondo. - Mi fermo se vuoi…
Cindy, immobile,
in balia degli eventi. Perse un battito e un sospiro profondo scappò dalle sue
labbra. L’incredulità dilagò nei suoi occhi.
Luke accennò un
sorriso e la inchiodò ai suoi occhi. - Basta solo una parola, Sin. - Stuzzicò ancora.
Il dito raggiunse
il terzo e ultimo bottone. Lo accarezzò, attese un
attimo, e poi infilò il dito sotto il bottone per slacciarlo.
Cindy non disse
nulla, lo sfidò con lo sguardo.
Luke sorrise,
indeciso se continuare a giocare o desistere. Abbassò il capo, conscio di
essersi spinto oltre e che lei non avrebbe di certo ceduto orgogliosa com'era.
Luke strinse la
stoffa della maglietta tra le dita. - Sei sporca di
terra… - Levò la crosta di terriccio e se la strofinò tra l’indice e il
pollice, allontanandosi di un passo.
Cindy inspirò
lentamente. Per un attimo aveva creduto che avrebbero infranto quella linea di
confine che delimitava il loro rapporto.
- Perché sei qui,
Sin? - Riportò lo sguardo su di lei.
Cindy rimase in
silenzio. Luke si piegò in avanti, per portarsi ad altezza del suo viso. -
Perché? - Ripeté più piano e il fiato caldo di quella
parola le accarezzò la bocca.
Cindy strinse le
labbra. Per stasera avevano giocato abbastanza. Sono una stupida, che cosa
credevo di fare! Raccolse la giacca e lo sospinse di lato, alzandosi e
maledicendosi mentalmente per essere stata talmente debole da cercare rifugio
presso di lui.
Luke le bloccò la
mano e l’attirò dolcemente a sé senza lasciare la presa ferrea sul polso.
- Ti ascolto.
- Io… - Cindy si
bloccò, e dopo qualche istante inclinò il capo, appoggiando la fronte al petto
di Luke. - Io...
Rimasero fermi in
quella posizione per diversi secondi.
- Roy mi ha
baciato. - Confessò infine.
Oliver fissò a
lungo Felicity, poi si voltò senza dire niente, aprì
la porta ed entrò in casa.
- Oliver, - Lo richiamò Felicity, incredula. - Clark Kent non è quello
che pensiamo che sia! - Ripeté più decisa.
- Hai sentito
Bruce: dobbiamo riposare, ci penseremo domani.
- Ma dobbiamo fare qualcosa, non possiamo lasciare correre, e
se poi domani fosse troppo tardi per… - Oliver si voltò di scatto e le appoggiò
il dito sulla bocca, bloccando la sua protesta.
- Hai bisogno di
riposare. - Si avvicinò al suo viso. - Dai tregua al
tuo cervello. - Le sussurrò sulle labbra. - Domani a mente fresca vedremo il da
farsi. - Si fissò nei suo occhi.
Felicity cercò di
interpretare quello sguardo ma non vi riuscì.
Oliver scivolò
con le dita sul volto di Felicity, lentamente, segnando ogni ruga e piega della
sua pelle. Felicity chiuse gli occhi, rilassandosi sotto quel tocco gentile.
Le ci volle
qualche secondo prima di percepire che la mano di Oliver si era allontanata dal
suo viso. Aprì gli occhi e si ritrovò quelli di lui che la osservavano seri.
- Mangia qualcosa
e poi vai a dormire. - Disse Oliver e senza aggiungere altro la lasciò da sola.
- Oliver, -
sussurrò piano Felicity, incredula. Si portò la mano
al capo, affondando le dita nei capelli. Chiuse gli occhi cercando di capire
che cosa stesse passando nella testa di Oliver.
I suoi occhi le
stavano parlando ma lei si era riscoperta sorda, incapace di ascoltare quello
che avevano da dire.
Sospirò
profondamente, lasciando andare l’aria che aveva trattenuto in quei pochi
secondi.
Ripartire da
zero, pensò, ma così era anche troppo da zero.
- Bionda! -
Felicity sussultò al richiamo di Hal. - Che fai lì
impalata? Dai, vieni, la cena è già in tavola.
- Vorrei avere la
tua velocità. - Constatò Felicity rivolgendo lo sguardo all’uomo. - Ti sei già
cambiato e lavato. Perché non ho i tuoi poteri? - Chiese più a se stessa,
sconsolata e spossata.
- Se vuoi, ti
faccio io il bagnetto? - Hal la guardò, malizioso.
- Hal… - Lo
riprese stancamente. - Non mi tentare, sono così stanca che potrei anche dirti
di sì.
- Davvero?
- No!
Hal scoppiò a
ridere, l’abbracciò e la guidò verso la sala da pranzo.
Luke si staccò da
Cindy freddamente e si accostò alla vetrata. Incrociò le braccia al petto
nascondendovi le mani chiuse a pugno.
- Sono così
confusa. - Confessò Cindy.
- Non era quello
che volevi?
- Sì, no… non lo
so. È stato… è stato… - Chiuse gli occhi. - Diverso. - Sospirò.
Luke si voltò
sorpreso per quella risposta. - Diverso?
- Non lo so, -
Cindy si avvicinò alla vetrata, con lo sguardo perso. - Pensavo di provare
qualcosa di…
- Di?
- Diverso. -
Ripeté.
Luke si grattò il
capo. Osservò attentamente la ragazza con la coda dell'occhio. Inspirò
silenziosamente più tranquillo. - Beh, lo immaginavo.
Cindy si girò
verso di lui confusa. - Che vuoi dire?
Luke ghignò
divertito. - Supponevo già che Roy baciasse da schifo, ora me ne hai dato la conferma.
Cindy gli rivolse
un'occhiataccia. - Sei il solito stronzo, Luke! - Si avvicinò alla porta, stava
per aprirla ma lui l’afferrò per il polso e la voltò verso di sé. - Con te non
si può mai fare un discorso serio per più di un minuto. Lascia
perdere, dimentica che te ne abbia parlato. - Cindy cercò di liberarsi
dalla sua presa, ma lui strinse la mano più saldamente.
Luke la guardò
dritta negli occhi, deciso. - Scusami.
Cindy mise di
divincolarsi, rapita da quegli occhi neri, così profondi, così intensi, che si
dimenticò di respirare per un attimo.
Luke le afferrò
il viso tra le mani, e prese ad accarezzarle la guancia con il pollice. -
Volendo si potrebbe fare un esperimento.
- Che cosa ti
frulla in mente? Dovrei mettermi a baciare chiunque? - Rise divertita.
- No. Solo me.
Luke, senza darle
il tempo di realizzare, la trascinò a sé e appoggiò le
labbra sulla sua bocca. Dolcemente. Attese qualche secondo, lasciandole il
tempo di metabolizzare la sorpresa e aspettandosi da un momento all’altro di
essere colpito da un pugno, che non arrivò.
Cindy si spinse
verso di lui, incrociò le braccia dietro al suo collo. L’attirò a sé per
approfondire il bacio e affondò le dita nei suoi capelli.
- Sin... - Le
portò i polsi sopra la testa e la bloccò con il corpo alla porta. Affondò il
viso nell’incavo del suo collo inspirando profondamente il profumo della pelle.
- Stai giocando con il fuoco. - Le lasciò un bacio sul collo, poi uno sotto il
mento, un altro all'angolo della bocca. - L'esperimento sta funzionando?
Cindy spalancò
gli occhi. - Io… - Quando si rese conto di essersi fatta coinvolgere, o meglio,
travolgere dai suoi baci.
Luke avvertì la
tensione del corpo di Cindy e si fermò. Riportò le sua
braccia vicino al corpo. Si era spinto oltre. Idiota! Indietreggiò di un passo,
dandole le spalle.
Cindy si portò la
mano alla bocca, gonfia dei baci che si erano scambiati. Strinse le labbra,
assaporando ancora il gusto della bocca di Luke.
- Sin, allora? È
stato diverso?
Cindy scattò con
gli occhi alla schiena di Luke. Aprì la bocca ma non riuscì a dire niente.
Respirò a fondo per calmare il cuore che aveva preso a battere velocemente. -
Vado a vedere se è pronta la cena. Rivestiti…
Luke si voltò
sorpreso da quel cambio repentino di discorso. Sorrise,
capendo al volo la situazione dal suo sguardo sfuggente. - Ed io che
volevo presentarmi così, dici che ad Alfred gli prende
un infarto?
Cindy si morse il
labbro per frenare il sorriso. - Stupido, - sussurrò prima di uscire dalla
stanza.
- Porto da
mangiare a Oliver. - Propose Diggle quando ebbe finito.
- Lascia, faccio
io. - Lo bloccò Felicity. - Vai pure a riposarti.
- Va bene,
grazie. - Le baciò la guancia. - Notte ragazzi. - E uscì dalla stanza.
- Che peccato,
sua maestà non ci ha degnato della sua presenza per la cena, ma quanto mi
dispiace. - Hal si guadagnò un’occhiataccia da parte di Felicity. - Voi tre… -
Riversò l'attenzione su Luke, Cindy e Roy. - Siete particolarmente silenziosi,
come mai non avete detto una parola, il gatto vi ha mangiato la lingua? -
- È stata una
lunga serata. - Tagliò corto Roy, lanciando un'occhiata a Cindy.
- Me ne vado a
letto, sono stanca. - Cindy si alzò in piedi evitando di guardare gli altri
negli occhi.
- Ti accompagno.
- Propose Luke.
- Non serve che
mi metti il pigiamino, papà ... - Cindy lo inchiodò
alla sedia con lo sguardo.
Hal non si perse
un attimo di quello scambio di battute tra i tre. Interessante, pensò
strofinandosi il mento.
- Quindi, - iniziò una volta che Cindy se ne fu andata. - Avete
scoperto le vostre carte. Mi avete proprio spiazzato. Non credevo,
ragazzo, che ti saresti fatto avanti anche tu. - Si rivolse a Luke, gongolando.
Roy guardò in
viso Luke, sorpreso.
- Hal, lasciali
in pace. - Lo ammonì Felicity, terminando di riempire il
vassoio per Oliver.
- Va bene,
mammina. - Si stiracchiò e lanciò un’occhiata al vassoio. - Non pensi di aver
un po’ esagerato? Da quello che mi ha riferito Lois, erano già arrivati al
primo. - La guardò dritto negli occhi. - Ho capito. -
Ghignò divertito. - Banale come scusa, Bionda, potevi inventarti qualcosa di
meglio per intrufolarti in camera di Queen.
Un colorito rosso
imporporò le guance di Felicity e i tre scoppiarono a
ridere.
Felicity raccolse
il vassoio in mano e si fermò davanti a Hal.
- Andrew non
dovrebbe essere già qui a quest’ora?
Hal guardò
l’orologio. - Si sarà intrattenuto con quel bocconcino della Dottoressa Snow. -
Gli fece l'occhiolino. - Gli concedo un’altra ora, e se ha fatto anche solo un
graffio alla mia piccolina, lo ucciderò con le mie
stesse mani, te lo prometto.
- Ah no! Quello
spetta solo a me. Non che lo voglia proprio uccidere, ma deve darmi ancora una
spiegazione. - Disse più a se stessa. - Andate a dormire, che domani ci aspetta una lunga giornata.
Felicity bussò
alla porta della camera di Oliver, senza aspettare risposta entrò e lo sorprese
mentre terminava di medicarsi la spalla.
- Oh mio Dio,
Oliver! - Il vassoio le cadde dalle mani quando si accorse della bacinella
ricolma di garze insanguinate. - Sei ferito!
Oliver senza
scomporsi, finì di mettere l'ultimo punto di sutura alla ferita.
- Perché non ti
sei fatto medicare in ospedale? - Felicity nel frattempo si era avvicinata. -
Lascia, - Gli tolse lo strumento dalle mani. - Finisco io.
Prese una garza
pulita, la inumidì con il disinfettante e gliela passò
delicatamente sulla ferita.
- Avrei dovuto
dare troppe spiegazioni.
Felicity si
accorse delle nuove ferite sulla schiena di Oliver. Due anni, un lasso di tempo troppo lungo da riempire.
- Mi potrai mai
perdonare per essermene andata? - Chiese rendendosi finalmente conto di cosa
frenava gli atteggiamenti dell'uomo nei suoi confronti.
Oliver abbassò il
capo. Chiuse gli occhi e si concentrò sulle mani di Felicity che gli toccavano
delicatamente la pelle, tracciando ogni sua cicatrice.
- Quando te ne
sei andata, ho vissuto un periodo buio. Non c'era niente che mi fermava. Non mi importava di quanto la missione fosse pericolosa, mi
buttavo a capofitto nella mischia, fino a quel giorno... per una mia mossa
avventata, Roy ha rischiato di morire per colpa mia.
Felicity si fermò
sulla bruciatura che correva lungo il suo fianco.
Oliver si scostò
da lei e indossò la camicia.
- Hai fatto la
tua scelta. - Si voltò a guardarla. Puntò gli occhi su di lei. Il suo sguardo
era severo, duro, stavano tornando a galla tutti i sentimenti di rancore che
aveva cercato di tenere a bada da quando aveva scoperto la verità. - Hai deciso
di tagliarmi fuori dalla tua vita. Hai deciso di non fidarti di me. Come questa
notte.
- Oliver... - Lo
riprese sottovoce. - Non è vero.
- Invece sì,
Felicity. - Si avvicinò e accolse il viso nella sua mano. - Te ne sei andata,
non mi hai detto niente, perché non ti fidavi di me, non ti fidi
di me, della mia capacità di scelta. Perché hai supposto che se avessi dovuto
scegliere tra te e il mio essere Arrow, avrei scelto sempre e solo te. -
Appoggiò la fronte alla sua. - Eravamo una squadra, eravamo partner, eravamo
una cosa solo tu ed io. - Respirò a fondo. - Ora, non siamo
più niente. Stasera ne ho avuto la prova.
Felicity si
scostò da lui incredula. - Non puoi dire questo...
Oliver si chinò a
terra a raccogliere il cibo sparso sul pavimento, dandole le spalle.
Felicity lo imitò in silenzio. Ad un tratto
afferrarono nello stesso momento il pezzo di pane.
- Ho dovuto andare. Andrew era in pericolo. - Tentò Felicity.
- Ho dovuto scegliere...
- Hai scelto di
non coinvolgermi. Di nuovo. - Oliver la guardò serio.
- Lascia, finisco io di mettere a posto.
Felicity si alzò
ferita dalle sue parole. In silenzio si avvicinò alla porta, gli
lanciò un'ultima occhiata e poi uscì.
Continua...
Angoletto di Lights
Ok, cercate di essere razionali e non uccidetemi, vi prometto che nel
prossimo capitolo andrà meglio… forse, direi di no LOL.
Oliver non ha
tutti i torti, credo che Felicity dovrà faticare un bel po’ per riacquistare i
punti che ha perso con lui.
Vi confesso che
questo è stato uno delle poche volte in cui mi sono ritrovata spiazzata a
scrivere una storia. Classico esempio di quando un personaggio, in questo caso:
Oliver, ha agito di testa sua, perché IO avevo
programmato ben altra cosa!
Sempre detto io
che Oliver Queen soffre di bipolarismo ;)
Stay united, ce la faremo
Hal Jordan, ah
benedetto uomo! Se non ci fosse lui a farmi ridere, saremo tutti in fase
depressiva.
Luke è sceso in
campo, e lasciatemelo dire “wow!” non credevo neanche io che potesse osare così
tanto e nascondere quello che in realtà prova da chissà quanto tempo per Cindy,
dietro alla sua maschera canzonatoria.
Ci sarà un
confronto tra Luke e Roy? Chi lo sa, è presto per dirlo.
Qualche spoileretto sul prossimo capitolo?
Vediamo un po’,
che cosa dirvi, possiamo metterla così: Oliver, Lois, Clark, Felicity +
ristorante + bomba e una bella scoperta.
Qualcuno rimarrà
senza parole.
Ho già parlato
troppo.
Ora tocca a voi!
Quali sono le vostre aspettative? Fatevi sentire che
vi amo troppo quando sclerate insieme con me ^_^
- Ricevere il tuo invito a cena dopo una settimana dal nostro
incontro...- Lois appoggiò la mano
sul petto di Oliver e gli lisciò la giacca. Si
soffermò un attimo ad osservare il suo viso gentile.
Per fortuna! Avevo quasi perso le speranze, pensò soddisfatta. - … mi ha
sorpreso. - Concluse, mordendosi il labbro.
Lui sorrise compiaciuto e chiuse la portiera della macchina.
- Ero in debito di una cena e non si dica che Oliver
Queen non paghi i suoi debiti, soprattutto con una bella donna come te.
- Signor Queen… - Civettò Lois. - Ci sta provando con me?
Oliver si avvicinò al suo orecchio. - Può essere. - Fece scivolare la
mano sulla schiena nuda di Lois fino alla vita, la sospinse leggermente e la invitò ad andare.
Il cameriere li fece accomodare a un tavolo appartato, riempì i calici
e porse loro il menù.
- Allora, Lois, perché sei diventata una giornalista? - Chiese Oliver,
una volta che ebbero ordinato.
Lois alzò lo sguardo, sorpresa per quella domanda. Incrociò le dita e
appoggiò il mento. - Ecco… - Sorrise seducente e il suo volto s’illuminò. -
Perché quando scrivo un articolo, mi sento appagata, l’emozione della ricerca,
il ticchettio dei tasti, il profumo dell’inchiostro fresco di stampa svelare i
segreti è la mia vocazione, raccontare la realtà mi fa
sentire utile.
- Interessante.
- Mi piace dare il giusto valore alle buone azioni della Macchia.
- Ho notato che firmi spesso gli articoli con il signor Clark Kent, è
da tanto che vi conoscete?
- Qualcuno ha fatto i compiti a casa... - Constatò Lois, piacevolmente
sorpresa. - Spesso è una parola “grossa”. Diciamo che permetto qualche volta a
Clark di condividere con me l’articolo. Se non ci fossi io a fargli da guida,
sarebbe ancora il campagnolo di Smallville che ho
conosciuto anni fa.
- Quindi... si può dire che tu sia il suo
mentore?
Lois si appoggiò al sedile della sedia, incrociò le braccia al petto
soppesando la risposta. - Sono più la sua ancora di salvezza nella giungla del
giornalismo d'assalto. - Scrutò attentamente Oliver.
I secondi tra loro passarono lentamente mentre entrambi si sfidavano
con lo sguardo. Lois si appoggiò al tavolo con i gomiti e si sporse verso di
lui con fare cospiratorio. - Parliamo di te, che cosa ti porta a Gotham? Dubito
che sia solo una questione di affari. - Sorrise compiaciuta per aver fatto centro.
Portò lo sguardo alle spalle di Oliver e la sua attenzione fu attirata dalla
coppia che si stava avvicinando al loro tavolo.
- Clark!
- Lois!
- Felicity!
- Oliver!
Il cameriere rimbalzò con lo sguardo da uno all'altro.
- Bene, ora che abbiamo accertato chi siamo, possiamo accomodarci al
nostro tavolo, non trovi, Clark? - Si affrettò a dire Felicity.
- Felicity. - Oliver, alzatosi in piedi, le afferrò il braccio e
bloccò il suo tentativo di fuga.
- Visto che siamo tutti qui, perché non
ceniamo insieme? - Propose Clark rivolgendo a Lois un sorrisetto imbarazzato.
- Clark, - Lois si alzò in piedi con un sorriso omicida stampato sul
viso, lo acciuffò per il braccio e lo fulminò con lo
sguardo. - Scusateci un attimo... - Spintonò con forza Clark. - Mi sono
ricordata una cosa.
- Che faccio, signori? - Chiese il cameriere
imbarazzato.
Felicity sospirò sconsolata, acconsentendo a condividere il tavolo con
Oliver e Lois.
- Ti ha dato di volte il cervello, Felicity? Che cosa ci fai con Kent?
- Domandò Oliver, riuscendo a stento a trattenere il nervosismo per quella
situazione.
- Fammi pensare. - Felicity si picchiettò il mento con il dito. -
Indosso un abito elegante, sono in compagnia di un uomo, siamo in un ristorante,
forse siamo qui per cenare anche noi? - Chiese con ovvietà.
- Che cos'hai in mente?
- Questo dovrei chiederlo io a te, Dato che sei qui con Lois Lane ...
- Scimmiottò il nome della donna. - … a cena.
- Fe-li-ci-ty.
Il tono basso e grave con il quale Oliver aveva pronunciato il suo
nome la fece rabbrividire.
- Non può essere che casualmente ci siamo incontrati? Succede.
Casualmente stavo passeggiando per strada, sempre casualmente mi trovavo sullo
stesso marciapiede di Clark, e sempre casualmente è capitata la proposta di
andare a cena. - Felicity arricciò le labbra in un musetto adorabile,
picchiettando le dita sul tavolo imbarazzata, ed evitò
prontamente lo sguardo severo di Oliver.
Lui tossì nervoso. Bloccò con la mano il suo tamburellare, invitandola
a confessare.
- Può essere che abbia intercettato il segnale GPS del cellulare di
Clark e lo abbia pedinato... casualmente, intendo.
Oliver la fulminò con gli occhi.
Felicity sospirò, consapevole di dover confessare. - Ero in ufficio,
stavo analizzando i vari segnali, casualmente... - Oliver strinse la sua mano.
- … dico sul serio, nel mio raggio di azione ho intercettato il segnale di
trasmissione dati della ricetrasmittente di Clark e ho
colto l’occasione. - Oliver tolse la mano dalla sua e prese a giocherellare con
il tovagliolo. - No, non ho scoperto niente... - Ammise sconsolata Felicity. -
L'unico risultato che ho tenuto è quello di essere elettrica!
Oliver le rivolse uno sguardo stranito. - Che intendi?
Felicity appoggiò la mano sulla guancia di Oliver, strofinando le dita
sull'accenno di barba e lui scattò indietro per la scossa.
- Come direbbe Hal, ho un tocco elettrizzante! - Ghignò divertita e
all'improvviso una lampadina del lampadario della sala scoppiò. - Oh no! Scusa.
- Disse mortificata. Oliver sorrise. - I miei poteri amplificano la scarica
elettrostatica. Chi gestisce il loro server deve essere molto abile, se è
riuscito a tenere testa a Black Queen... cioè, volevo dire, me. Non è strano
che parli di me in terza persona?
- Com’è stato possibile?
- Hai presente le matriosche? Il loro sistema è molto simile. Ogni
volta che tentavo di aprire una scatola, dopo aver superato i firewall, molto
simpaticamente mi beccavo una scossa. Come se fossi il topo che cerca di
prendere il formaggio dalla trappola, ma che viene pizzicato
ogni volta! Ho provato ad andare avanti, con l'unico risultato di fondere uno
dei server del laboratorio delle industrie Wayne...
dettaglio che devo ancora riferire a Bruce. - Tamburellò le dita sul tavolo, e
inspirò sconsolata. - Ho solo bisogno di smaltire l'elettricità che c'è in me.
Oliver scosse leggermente il capo, infilò la mano nella giacca e dopo
qualche istante estrasse la punta di una delle sue mini frecce. Afferrò la mano
di Felicity e prontamente ricevette un'altra scossa.
- No, Oliver, evita di toccarmi. - Si preoccupò Felicity, tirando
indietro il braccio, ma lui le impedì di allontanarsi.
Le voltò la mano e le appoggiò sul palmo la
punta della freccia.
- Scaricati, - Le fece l'occhiolino.
Felicity osservò per un attimo l'oggetto, poi chiuse il pugno. Con
nonchalance fece cadere a terra il tovagliolo e dopo qualche istante si piegò a
raccoglierlo, ma prima di alzarsi toccò il pavimento con la punta della freccia
e tutta l'energia elettrica si scaricò dal suo corpo.
- Ha funzionato? - Chiese Oliver.
Felicity non rispose. Lo fissò per un attimo
e allungò la mano verso il suo viso, accostandola timidamente alla guancia.
Oliver, non sentendo niente, appoggiò la mano
sulla sua e percepì il suo delicato profumo.
- Pare proprio di sì.
Un colpo di tosse li fece allontanare.
- Scusateci per averci impiegato così tanto. - Lois si accomodò
accanto a Oliver.
- Allora, Oliver, mi stavi spiegando il vero motivo per il quale ti
trovi a Gotham. - Puntò lo sguardo soddisfatto su Felicity.
- Mi dispiace deluderti, Lois, ma gli affari sono l'unico motivo che
mi hanno condotto a Gotham. Bruce Wayne ed io abbiamo avviato un nuovo
progetto... - Oliver si sporse verso di lei con fare cospiratorio. - ...però è
ancora top secret. - Le sussurrò all'orecchio, catturandola con il suo sguardo
magnetico.
Felicity desiderò in quel momento di possedere ancora un po' di
energia elettrostatica addosso per dare una bella scossa a entrambi.
La cena proseguì su discorsi futili, intrisi d’imbarazzo, di sguardi
complici e curiosi.
- Così, tutta questa storia del matrimonio con il signor Wayne era
solo un escamotage... - Rifletté Lois, assaggiando l'ultimo boccone di torta. -
E quel bellissimo anello, era finto? Che peccato. - Sospirò rassegnata.
- Quando si teme per la vita di una persona che ci sta a cuore, si è
disposti a fare qualsiasi cosa. - Intervenne Clark e rivolse a Lois un lungo
sguardo serio.
Come può una persona così dolce, essere malvagia? Si chiese Felicity
mentre scrutava gli occhi verdi chiari di Clark seduto alla sua sinistra.
- Felicity... - Ma Oliver non riuscì a proseguire perché
all'improvviso, sul grande schermo che faceva da padrone sulla parete della
sala, comparve un uomo vestito di pelle, con gli occhi truccati di nero e
pallido in volto. I suoi lunghi capelli neri gli ricoprivano metà viso.
- Abitanti di Gotham, - Esordì con voce profonda e dura. - Vi ho già
dato un assaggio del mio potere. Preparatevi! Tra non molto vi
farò ballare, ancora! La città ormai è in mano mia!
La risata sadica dell'uomo si diffuse per tutta la sala, ammutolendo
il brusio che si era creato.
- Ho preparato tre prove per voi, per farvi conoscere a fondo il mio
immenso potere, questo è un assaggio, perché non si dica che Explotion non sia misericordioso.
Pochi secondi più tardi si udirono in lontananza una serie di
esplosioni. Le finestre della sala vibrarono creando il panico generale.
- Oh mio dio, - sussurrò Felicity. Si afferrò il capo tra le mani,
chiuse gli occhi e cercò di rintracciare il segnale. Afferrò d'istinto la mano
di Oliver. I due si guardarono negli occhi. Si alzarono in contemporanea.
- Muoviti,Smallville!
- Lois si avviò senza dare il tempo a Clark di fermarla.
- Oliver, - Un colpo d'aria li investì. - Ma
che succede? - Si voltarono entrambi, ma nella confusione generale non videro
più neanche Clark.
- Andiamo! Ho rintracciato il segnale.
Oliver e Felicity uscirono dal ristorante e si apprestarono al luogo
dell'esplosione.
Intorno a loro c’erano solo fuoco e macerie. La polizia era riuscita a
sgomberare la strada.
Oliver e Felicity camminavano con cautela nell’ombra, in silenzio,
mentre i loro occhi scrutavano attentamente la zona.
Le vetrine dei negozi esplosero violentamene, seminando una pioggia di
vetri.
Oliver si buttò su Felicity e la sospinse al riparo nel vicolo.
- Stai bene? - Chiese mentre le toglieva dei pezzetti di vetro che si
erano legati ai suoi capelli.
- Sì, grazie.
- Torna alla base. - Ordinò Oliver una volta rialzatosi.
- Scusa? - Felicity si alzò di scatto.
- È troppo pericoloso. Torna alla base.
- Sul serio? - Felicity incrociò le braccia al petto, incredula. -
Stiamo affrontando ancora questo discorso? Dopotutto quello che abbiamo
passato? - Sogghignò ironica, avvicinandosi all’uomo. - Quando dicevi di ripartire
da zero e del non fidarsi l'uno dell'altro... - Scosse la testa. - Inizio a
credere che c'è qualcosa che non vada in te, Oliver.
Felicity si staccò da lui. Premette il pulsante dell'orologio che
portava al polso e in pochi secondi il suo abbigliamento cambiò.
Il suo abito elegante scomparve e fu sostituito da un costume composto
da una bluse con il cappuccio in pelle verde scuro,
che ricordava quella di Arrow. Un paio di pantaloncini aderiva al suo corpo,
accentuando la sua longilinea figura, e al posto delle scarpe con tacco dodici,
comparvero degli stivali militari che le fasciavano i polpacci.
Sul viso apparve una maschera e i suoi capelli biondi furono
sostituiti da dei lunghi capelli neri che s’intrecciarono a coda, fermati
all'estremità da un nastro di pelle. Il tutto faceva risaltare ancora di più il
colore chiaro delle sue iridi.
Felicity si avvicinò a Oliver, ancora incredulo. Si sistemò meglio i
guanti e allungò la mano verso il suo viso. Con l'indice
gli sollevò il mento, facendogli chiudere la bocca.
- Fel… - Tentò Oliver.
- No, - Felicity gli appoggiò il dito sulle labbra, senza lasciare i
suoi occhi. - Black Queen. - sussurrò seducente.
Oliver, ripresosi dalla sorpresa, afferrò dolcemente la mano di
Felicity e si avvicinò ancora di più al suo viso. Sarebbe bastato un altro passo
per far sfiorare le loro bocche ma Oliver si fermò un attimo prima.
Fallo, si ritrovò a desiderare ancora Felicity, ma lui non lo fece.
Felicity poteva avvertire il respiro caldo di Oliver solleticarle il viso.
Chiuse le palpebre e si lasciò cullare da quella calma. Quando li riaprì, annegò in quel mare in tempesta che erano gli
occhi di Oliver.
Ebbe l’istinto di eliminare quell’esile distanza, ma
Oliver indietreggiò di un passo, forse comprendendo la sua intenzione.
Non è il momento, pensò sconsolata Felicity e anche lei si portò ad un
passo di distanza da lui.
- Ho un regalo per te. Credo ti sarà utile in occasioni come queste. -
Gli appuntò una spilletta a forma di freccia sul bavero della giacca. - È stata
un'idea di Luke. È rimasto così colpito dalla facilità della mia trasformazione
in Black Queen, che ha voluto assolutamente idearne uno per tutta la squadra. -
Sorrise. - Dai, che aspetti, schiaccia!
Oliver ubbidì al comando e anche lui, in pochi secondi, si ritrovò a
indossare il costume di Arrow.
- Perfetto! - Felicity si alzò il cappuccio sul capo.
- Ma... come è possibile?
- Devo ringraziare Lanterna Verde. L'idea me l'ha data lui la prima
volta che l'ho visto trasformarsi. Non è stato facile realizzarlo ma alla fine abbiamo
ottenuto un buon risultato e con Luke sono riuscita a perfezionare anche la
resistenza del tessuto. Però non lo dire a Hal, gli avevo promesso che mi sarei
trasformata con lui presente, adora questo momento! Non ho ancora capito
perché. - Continuò tra se e sé.
Oliver si avvicinò a Felicity e con un agile movimento le sollevò la
cerniera della blusa. - Immagino. - Inchiodò lo sguardo nel suo. Felicity
arrossì lievemente sotto quegli occhi che la scrutavano attentamente. -
Andiamo.
Continua...
Angoletto di Lights
Benvenuta Black Queen! Scioccati anche voi
come Oliver?
Dai, dai che i nostri Olicity si stanno avvicinando, passetto alla
volta ce la possiamo fare.
Certo che con le cene al ristorante i nostri eroi non sono proprio
fortunati ;)
Nel prossimo capitolo vedremo un po’ di azione e il nascere di una
nuova alleanza.
Amo profondamente questi capitoli e vedrete la nostra santa pazienza verrà ricompensata.
Le serie di
esplosioni avevano scatenato il caos in città. I malviventi ne avevano
approfittato per mettere a soqquadro Gotham. La squadra era scesa in campo per
dare una mano alla polizia che non riusciva più a fronteggiare il crimine.
Felicity e
Oliver camminavano con cautela alla ricerca della bomba principale.
L’urlo di paura
di una donna li fece voltare. Si osservarono per pochi secondi.
- Vai. - Disse
Felicity, incoraggiando Oliver a entrare in azione.
Lui si avvicinò
lentamente, stringendo saldamente la presa sull’arco. Puntò gli occhi nei suoi,
combattuto.
- Starò bene. -
Sorrise, cercando di non perdersi in quello sguardo che le stava urlando la sua
preoccupazione.
Lui chiuse le
palpebre, cedendo. - Stai attenta. - E senza aggiungere altro, corse in
salvataggio della donna.
Felicity si
concentrò nel tentativo di intercettare il segnale.
- Luke, hai
trovato qualcosa? - Sospirò quando lui negò. - Sì, lo avverto anch’io. Va bene,
proverò a seguire questo debole segnale, dato che non
abbiamo altro.
Si voltò ma si
paralizzò sul posto.
- Guarda chi
abbiamo qui. Eppure non è ancora tempo di carnevale. - Tre uomini fronteggiavano
Felicity, puntandole la pistola.
- La facciamo
fuori?
- Divertiamoci
un po’ prima con lei.
- Dai, capo, solo un colpo alla gamba, così non potrà
scappare. - La risata sadica dell’uomo le fece accapponare la pelle.
Cercò di
individuare una via di fuga, ma tutti gli apparecchi elettronici che potevano
darle una mano per creare un diversivo erano lontani. Non aveva tempo per ideare
una scappatoia virtuale. Era troppo stanca sia mentalmente che
fisicamente.
Il tizio tolse
la sicura alla pistola e si preparò a sparare.
- Uno, due… -
Ma non arrivò mai a tre, perché una corda comparsa dal nulla lo
legò insieme ai suoi compari come salami, imbavagliandoli.
- Black Queen!
- Lanterna Verde le appoggiò la mano sulla spalla. - Quante volte ti ho
ripetuto che voglio essere presente alla tua trasformazione alla Sailor Moon.
Felicity chiuse
gli occhi, stizzita. Odiava quando la prendeva in giro. La mia trasformazione
in Black Queen non ha nulla a che vedere con quella del personaggio manga!
- Smettila di
fare l’idiota, lampadina verde. - Rispose piccata, facendogli la linguaccia.
Hal rise di
gusto. Le acciuffò il mento tra le dita e avvicinò il viso al suo. - Vuoi
vedere come ti accendo?
Ossigeno, pensò
subito Felicity, cercando di tenere a freno i battiti del suo cuore. Chiuse gli
occhi per tenere sotto controllo il suo potere, prima di incendiare ogni
apparecchio elettronico dell’isolato. È da troppo tempo che non medito. Si
ammonì mentalmente. Con tutto quello che era accaduto in quegli ultimi giorni,
aveva tralasciato la meditazione.
Scosse la testa,
non aveva bisogno di evocare i rimproveri di Bruce Wayne.
- Vuoi vedere
come ti fulmino? - Domandò ironica, e facendo violenza su stessa, si staccò da
lui proprio nell’attimo in cui la freccia di Oliver le sfiorava l’orecchio e inchiodava
al palo della luce un altro malvivente che stava tentando di saccheggiare un
negozio.
Hal sbuffò.
Siamo alle solite, pensò irritato. - Ehi! Robin Hood, quando la smetterai con
questi gesti da egocentrico tira frecce?
Oliver non
rispose. Gli dedicò una lunga occhiata, seria e severa.
Felicity sospirò, seguita subito dopo dallo sbuffo contrariato di
Hal.
- Tu sei sicura
che un tempo amavi quest’uomo? - Chiese, incrociando
le braccia al petto.
Amavo? Felicity
si voltò a guardare Hal e poi Oliver, e scorse una strana luce nei suoi occhi.
- Oliver, -
Quando sentì il codice. - Andiamo, il segnale della bomba si è attivato. -
Felicity avviò il canale. - Luke, lo vedi? Bene, ci dirigiamo lì.
- Andate! Vi
copro le spalle.
Felicity si
appoggiò al muro. Inspirò profondamente. Il segnale diventava sempre più forte.
La testa stava per esploderle.
- Stai bene? -
Chiese Oliver, preoccupato, reggendola a sé.
- Siamo vicini.
Dobbiamo fare presto.
- Resta qui.
- No, hai
bisogno di me. Luke non può disattivare la bomba a distanza. Mi basterà
toccarla per fermare il conto alla rovescia.
Felicity si
staccò da lui. - Ce la faccio, posso camminare da sola.
- Andiamo.
Salirono sul
tetto del grattacielo e lì trovarono l’ordigno in bella vista.
- Oh mio Dio, -
sussurrò Felicity, terrorizzata. Si avvicinò alla bomba. L’osservò
attentamente, mentre lo scandire dei secondi infrangeva
il silenzio intorno a loro. - È una bomba nucleare. - Riferì, incredula. - È un
concentrato di uranio 235, siamo quasi vicini a rendere la massa
“super-critica”. - Guardò Oliver, inorridita. - Libererà altissime quantità di
energia in breve tempo, sarà il disastro, la sua esplosione avrà effetti
devastanti.
- Allontanatevi
da quella bomba!
Oliver inforcò
la freccia in direzione dello sconosciuto nascosto nell’ombra. Felicity si alzò
di scatto. Il segnale di Clark!
- Sei solo un
pazzo se pensi che ti lasceremo distruggere la città. - Disse Oliver, severo.
Felicity gli si accostò. Appoggiò la mano sul suo braccio, attivando
un canale protetto con la sua ricetrasmittente. - Usa le nuove frecce, quelle
di meteorite che ho ideato con Luke. - Oliver si voltò a osservarla e poi
eseguì. Puntò la freccia verso di lui. - Al mio segnale, scaglia le tue frecce.
- Felicity si concentrò e con uno schioccò di dita infranse la ricetrasmittente
di Clark, la quale provocò un finissimo acuto che destabilizzò per qualche
secondo entrambi, facendoli piegare su se stessi.
- Ora! - Urlò
Felicity.
Oliver scoccò
la prima freccia, che Clark evitò prontamente. Ma ancora stordito dall’acuto,
non riuscì a deviare la seconda e la terza freccia, che lo colpirono
rispettivamente al costato e alla spalla. La kryptonite prese a diffondersi
nelle sue vene, immobilizzandolo a terra, senza forze.
- Chi sei? Perché
aiuti quel pazzo a distruggere la città? Che cosa ti ha promesso? - Oliver lo afferrò per il bavero della giacca di pelle.
- Non… sono io…
il nemico. - Rispose Clark a fatica.
Oliver e
Felicity si bloccarono al richiamo di Luke.
- Vai, siamo i
più vicini. - Disse Felicity. - Gli altri sono troppo distanti.
Clark sgranò
gli occhi quando avvertì in lontananza le urla concitate di Lois che stava
lottando per difendersi dai suoi aggressori. - Lo-is,
- Cercò di divincolarsi, ma lui gli conficcò un’altra
freccia nella gamba. Il grido di dolore echeggiò nell’aria.
Oliver si voltò
verso Felicity e le fece un cenno di assenso, poi tornò su Clark. - Se le torci
un capello, sei un uomo morto.
- Non sono…
quello che pen-si. - Tentò ancora.
Oliver scambiò
uno sguardo complice con Felicity. Lanciò una delle frecce e volò giù dal
palazzo in soccorso di Lois.
- Aiu-tam-i… devo andare da Lois, non pos-so…
Felicity chiuse
gli occhi ed evitò di guardare l’uomo. Non devo farmi coinvolgere. Lui è il
cattivo, no, non lo fare… ma non poté impedirsi di dare una veloce occhiata.
All’improvviso s’irrigidì nell’avvertire quella voce femminile nella sua mente.
- Chi sei? Come
posso fidarmi di voi? Non mi puoi chiedere questo, ne va della salvezza della
città. - Felicity osservò Clark per un lungo istante mentre lei le chiedeva di
seguire il suo istinto. S’inginocchiò accanto a lui e lo
guardò dritto negli occhi. - Va bene, - Disse infine, arrendendosi all’evidenza
di quello che le stava suggerendo il cuore.
Afferrò la
freccia conficcata nel costato e la estrasse con forza. L’urlo di dolore di
Clark impregnò l’aria.
- Scusami, -
Felicity si ritrasse, spaventata.
- Toglimi le
altre e starò meglio. - E lei eseguì trattenendo il
fiato.
Lanciò le
frecce lontano da loro, e poco dopo Clark le incenerì con la sua vista.
- Come sapevi?
- Le chiese.
- Prima che la
tua amica Chloe si divertisse a fulminarmi, ho trovato i file delle tue analisi
sulla kryptonite. Ho creato delle frecce apposite per
Arrow, in previsione di uno scontro. Va’ da Lois, mi
devo occupare di questa bella signorina.
Felicity
appoggiò le mani sulla bomba. Inspirò a fondo e si preparò ad assorbire tutta
l’energia della bomba.
- Così morirai!
- Urlò Clark capendo le sue intenzioni.
- Non ti
avvicinare! Il nucleo è composto da kryptonite. Un
altro passo e sarà letale per te.
- Non posso
permettertelo.
Felicity si
voltò verso di lui e sorrise divertita. - Black Queen è molto di più di un hacker o di un bel faccino. Non scommettere sulla mia morte,
sarebbero soldi persi in partenza, posso essere un
osso duro quando mi impegno.
- Non lo fare!
Lei premette le
mani sulla lamiera e scatenò tutta l’energia della bomba. Una scarica magnetica
si diffuse nel suo corpo sollevandola in aria. Felicity strinse più saldamente
la presa e inglobò tutta l’energia della bomba fino a disinnescarla. L’energia
implose dentro di lei, che cadde a terra priva di sensi. Il suo abbigliamento
di Black Queen si smaterializzò.
Clark corse da
Felicity e accolse il suo corpo tra le braccia.
- Oh mio Dio,
Felicity. - Disse Clark, incredulo. Lei aprì brevemente le palpebre. - Tu sei
Black Queen? - Lei sorrise, stanca. L’aiutò a sedersi. - Va meglio?
- Il peggio è
passato, uomo d’acciaio, o dovrei chiamarti Macchia?
Clark sorrise,
divertito. A un tratto alzò il capo di scatto avvertendo gli spari in lontananza.
- C’è una
sparatoria in atto all’incrocio della trentaquattresima strada. Andiamo! - Lo avvisò Felicity, intercettando il segnale della polizia.
Lui non se lo fece ripetere due volte, l’afferrò per la vita e in un lampo
si ritrovarono nel vicolo proprio mentre una scarica di mitra si fiondava su Arrow
e Lois.
- No! - Urlò
Felicity disperata.
Clark si buttò
a super velocità sull’uomo, spingendolo lontano. Intercettò i proiettili ma uno
sfuggì al suo controllo. Oliver strinse tra le sue braccia Lois ancora priva di
sensi, facendole da scudo con il suo corpo, ma prima che il proiettile potesse
colpirlo, Clark l’afferrò a un millimetro dal suo viso.
I due si
guardarono per un breve istante e poi Clark si volatilizzò. Oliver appoggiò a
terra Lois, assicurandosi che stesse bene.
Felicity a
terra stringeva forte i pugni sull’asfalto. Non ce la faccio, pensò disperata
mentre sentiva di non poter più tenere sotto controllo il suo potere. La paura
di perdere Oliver aveva scatenato una reazione potente dentro di lei.
Le insegne
luminose, i lampioni, i televisori e i monitor nelle vetrine iniziarono a
esplodere in un’escalation di boati, mandando ancora di più in tilt la città.
Voltò il capo
verso Oliver, incrociando il suo sguardo. Perdonami, pensò sconfitta e gli sussurrò un debole: uccidimi, prima che sia troppo tardi.
Oliver sgranò
gli occhi a quella richiesta disperata.
- No! - Urlò,
correndo da lei.
- Vai via, ti
prego. - Le lacrime iniziarono a rigare il volto di Felicity. - L’energia che
ho assorbito dalla bomba ha amplificato il potere di distruzione che custodisco
dentro di me.
- Dominalo, Felicity. Non permettere che abbia
la meglio. La tua mente è più forte del tuo potere.
- Non ce la
faccio.
Le macchine
parcheggiate nelle vicinanze presero fuoco una alla volta.
La spilla di
Oliver si disintegrò facendo scomparire il suo travestimento.
Clark
intervenne proprio un attimo prima che i vetri della vetrina li travolgessero e
li portò al sicuro nel vicolo adiacente.
I due uomini si
scambiarono un lungo sguardo complice. Ora giocavano a carte scoperte.
Felicity si
afferrò la testa tra le mani. - Andate via! - Urlò disperata, all’estremo delle
forze.
- Clark, vai da
Lois, ci penso io a lei!
- Va bene.
- Felicity,
guardami! - Oliver le afferrò il viso tra le mani. - Ce la puoi fare. Mi fido
di te.
Felicity scattò
con gli occhi su di lui.
- Riporta a
galla il momento più sereno della tua vita, lascia che ti rapisca. - Oliver le
afferrò le mani. - Chiudi gli occhi.
Oliver fece lo
stesso e si ritrovò su una spiaggia. Si guardò intorno, fino a quando non
scorse Felicity. Affondò i piedi nella sabbia ancora umida.
Il vento del
mattino giocava con i capelli di Felicity e il sole caldo le accarezzava la
pelle diffondendo un piacevole calore sul corpo. Pochi passi e la raggiunse.
Lei si voltò e
il suo volto luminoso lo accolse.
Felicity si
abbandonò tra le sue braccia, strofinando la guancia contro il suo petto e
inspirando profondamente il suo profumo.
- Grazie, -
sussurrò quando alzò il capo.
Si staccò da
lui lentamente, pochi passi all’indietro e poi tutto scomparve.
Oliver aprì gli
occhi di scatto e si ritrovò immerso nel silenzio in cui la città era
sprofondata. Felicity era adagiata al suo petto e sorrideva.
Batman atterrò
vicino a loro. Oliver si alzò in piedi tenendo tra le braccia il corpo privo di
sensi di Felicity. Gli appoggiò la mano sulla spalla e scivolò con lo sguardo
sul volto disteso di Felicity. Poco dopo incrociò quello di Oliver e sorrise
soddisfatto.
- Oliver! - La
voce dura di Clark interruppe quel momento, pronto a intervenire per difendere
i suoi amici dalla nuova presenza mascherata.
- È un amico. -
Spiegò Oliver con calma.
Batman si voltò
verso Clark, e dopo averlo squadrato si avvicinò a lui. Gli porse la mano.
- Grazie, -
Disse Batman. - Il tuo aiuto è stato prezioso.
L’alba del
nuovo giorno illuminò quella stretta di mano, suggellando in silenzio la nuova
alleanza.
Continua…
Angoletto di
Lights
Che capitolo!
Posso essere di parte, dai, concedetemelo: come li amo *O* tutti
indistintamente. Al momento sono al capitolo 22 (già scritto, ma la beta non lo
sa XD) e credetemi la storia si sta facendo sempre più intrigante e ricca di
momenti… SPOILER
È da un po’ che
non lo faccio. Volevo ringraziare di cuore siavannagio che con pazienza beta i capitoli (propongo di
farle un monumento) e a jaybree che come una vera fangirl è ogni momento al mio fianco.
Grazie soprattutto
a voi che siete sempre con me.
Dai! Abbraccio
di gruppo!
La spiaggia
riporta a un fatto accaduto in Metodo Scientifico, esattamente nell’ultimo capitolo, chi
se lo ricorda? Nel prossimo capitolo ne sapremo molto di più ;)
Bruce era in piedi in mezzo alla stanza a braccia conserte e ad occhi chiusi, in attesa che lei facesse il suo ingresso.
Quando Felicity varcò la soglia, si bloccò sul posto, inchiodata dallo
sguardo severo e serio che lui le stava rivolgendo.
Lo sapevo, pensò, mordendosi il labbro,
colpevole.
- Credevi che non me ne sarei accorto? - Esordì Bruce con il suo
consueto tono calmo e grave. - Evidentemente ho fatto troppo affidamento sulle
tue capacità di discernimento.
Felicity si strinse nelle spalle, pronta a sorbirsi l’ennesima
ramanzina. A un tratto le sembrò di essere ritornata indietro nel tempo, quando
avevano scoperto il suo potere.
- Avvicinati. - Ordinò. - Fin dall’inizio, ti ho sempre detto che la
meditazione per te era importante. È l’unico modo per tenere a bada i tuoi
poteri. Devi allenare la mente ogni giorno, solo in questo modo potrai averne
il pieno controllo.
- Io… - Tentò Felicity. - Forse… può essere… non credo... sia il momento
giusto per dirti che ho bruciato uno dei server centrali delle industrie Wayne,
vero? - Confessò tutta d'un fiato. Strinse gli occhi, pronta a ricevere la sfuriata.
Bruce inspirò profondamente, cercando di trattenere il sorriso spontaneo
che gli era fiorito sulle labbra.
- Felicity, - Le appoggiò le mani sulle spalle, lei sussultò per la
sorpresa. - Sei stata un’incosciente. - Il tono severo di quel rimprovero la
fece rabbrividire.
- Bruce, mi spiace, ma gli avvenimenti dell’ultimo periodo, l’aver
riacquistato il mio passato, Oliver, Andrew… mi hanno travolto e non ho avuto
più modo di trovare cinque minuti per me… poi la bomba… io… ho dovuto farlo,
non avevo altra scelta.
Bruce sospirò, colpevole. - Ho preteso troppo da te, perdonami. -
Confessò dopo qualche secondo.
Felicity l’osservò sorpresa.- Questo giorno me lo devo segnare sul calendario. - Sorrise incredula.
- Forse dovrei cogliere l’occasione al volo e battere in ritirata prima che
cambi idea… - L’occhiata truce che le rivolse la fece desistere dal continuare
con il suo monologo.
Bruce si allontanò di qualche passo e si accomodò sul tappetino a gambe
incrociate. Con un cenno della mano la invitò a fare
lo stesso.
- Chiudi gli occhi e concentrati. Lascia il mondo all’esterno,
immergerti nel tuo profondo, ricerca quella parte di anima dove
sei al sicuro. Rilassa i muscoli, libera la mente, regola il respiro, segui il
battito del tuo cuore. - La voce calma di Bruce guidò Felicity nei vari passi.
- Respira lentamente, controlla le tue emozioni, domina l’energia che c’è
dentro di te.
Felicity si ritrovò immersa nel buio. Camminò a tentoni,
con le braccia protese in avanti e a passi incerti, con la paura di inciampare
da un momento all’altro. Il respiro si fece corto, il battito del suo cuore
accelerò all’improvviso e la voce calma di Bruce scomparve
dalla sua mente. L’energia iniziò a scorrerle nelle vene, a propagarsi come un
fiume in piena nel corpo. Quando il potere raggiunse le sue mani, lei le
strinse a pugno. Cadde a terra in ginocchio, mentre la paura di non farcela la
schiacciava come un macigno.
Non ci riesco, pensò terrorizzata. Stava per mollare quando ricordò. La
voce decisa di Oliver l’aiutò a dominare se stessa, proprio come aveva fatto la
sera precedente.
Il buio scomparve e il suo corpo fu immerso nella luce. Ci volle qualche
secondo prima che riuscisse a mettere a fuoco. Si ritrovò davanti a una porta.
Felicity si alzò in piedi. Traballò, stanca, si appoggiò di peso ad essa. Inspirò a fondo e il profumo della salsedine le riempì i polmoni. Si scostò leggermente, aprì
la porta e un'altra volta una luce abbagliante la
colpì in pieno viso ferendole la vista. Lentamente si abituò alla luce e si
ritrovò ad affondare i piedi nella sabbia calda. La mia isola, la nostra isola,
pensò rincuorata, mentre i raggi del sole le riscaldavano la pelle e il vento
le accarezzava dolcemente il viso. Lasciò vagare lo sguardo sullo spettacolo di
mondo che le si era presentato di fronte e si lasciò
cullare dallo sciabordio delle onde che s’infrangevano sulla riva.
- Lascia, ti aiuto io. - Roy afferrò la mano di Cindy e le fasciò la
mano. - Fatto. - Alzò il viso e s’immerse nello sguardo silenzioso che lei gli
stava rivolgendo. - Dobbiamo parlare. - Disse infine, tenendo ancora stretta la
sua mano.
- Di cosa? - Cindy si allontanò di un passo, si avvicinò al sacco da
box, dandogli in quel modo le spalle.
- Sin …
- Era solo un bacio, Roy. - Sferrò un pugno a cui
fece seguire subito dopo un gancio. - Un momento di debolezza, se vuoi, un fraintendimento, un…
D’impulso Roy afferrò Cindy per il polso e la trascinò a sé. La osservò per un istante mentre lei cercava di opporsi alla
sua stretta e sottrarsi al suo sguardo deciso. Lui non le diede il tempo di
liberarsi e la baciò impulsivamente, cogliendola alla sprovvista.
Cindy sgranò gli occhi quando avvertì le labbra di Roy sulle sue e s’irrigidì
per la sorpresa. Ancora una volta le carte erano state mescolate, ma non poté
evitare di lasciarsi trasportare da lui. Lentamente chiuse le palpebre e quei
sentimenti di dolcezza che credeva fasulli tornarono a galla, mentre
delicatamente le labbra di Roy si muovevano sempre più decise sulle sue.
Più i secondi passavano e più dolce diventava il bacio. Cindy si lasciò
andare totalmente, ogni sua difesa cedette e il suo corpo si adagiò a quello di
Roy. Lui l'avvicinò delicatamente a sé e approfondì con sicurezza il bacio. La
mano scivolò tra i suoi capelli, spingendole con calma il capo verso di lui,
mentre con l’altro braccio le circondava la vita.
Roy si staccò piano per riprendere fiato. Appoggiò la fronte sulla sua,
in attesa che i loro respiri si regolassero e accolse il suo viso tra le mani.
- Per quel che mi riguarda, Sin, non era solo un bacio. - Disse serio,
guardandola dritta negli occhi. Le rubò un altro bacio fugace, poi uscì dalla
palestra e la lasciò lì senza parole, completamente esterrefatta.
Cindy chiuse gli occhi e si avvolse nel silenzio, disturbato solo dal
battito accelerato del suo cuore.
- Che fai lì impalata, ragazzina?
La voce di Luke la scosse dal suo stato catatonico. Corse velocemente
con lo sguardo su di lui e quello che era accaduto tra
di loro le tornò alla mente come la scena di un film.
Luke inclinò il capo di lato e la osservò
attentamente. - Sbaglio o sei arrossita? - Dicendo questo si avvicinò un po’ di
più al suo viso.
Cindy deglutì e non riuscì a scappare da quegli occhi che la tenevano
legata a lui.
- Sono solo accaldata…
- Ti faccio questo effetto? - Ghignò Luke, divertito.
Cindy gli sferrò un pugno alla spalla. - Ho solo picchiato il sacco più
del dovuto, se vuoi ti faccio vedere come si fa? Sei
perfetto a interpretare il ruolo del sacco da box. - Lo
pungolò.
Luke incrociò le braccia al petto e la guardò scettica. - Piccola
impertinente, vorrei ricordarti che il sottoscritto ti ha insegnato a
sopravvivere per strada.
- Touché, - Cindy alzò in aria le mani. - Ma
Oliver mi sta insegnando a combattere. - Lo sfidò con lo sguardo.
- Ah sì? Dimostramelo. - La provocò, con un tono calmo.
Cindy esitò un attimo, stringendo forte i pugni, ma quando Luke le
rivolse l’ennesimo ghigno derisorio, lo colpì senza
preavviso al volto, facendolo cadere a terra.
- Oh Dio! Scusami. - Cindy s’inginocchiò accanto a lui. - Non volevo
veramente colpirti.
- Chissà perché non ti credo e quel sorriso compiaciuto che hai sulle
labbra me lo conferma. - Luke si mise a sedere e si asciugò con il dorso della
mano il rivolo di sangue. - Però, c’è una cosa che l’illustrissimo Oliver Queen
non ti può insegnare… - La sfidò con lo sguardo.
- Che vuoi dire?
- Come fare il solletico! - Luke si tuffò su di lei e prese a farle il
solletico conoscendo a memoria i punti dove lo soffriva di più.
Per un attimo ritornò indietro, ai tempi in cui tutto era più facile, e
nel suo cuore c’era solo un sentimento fraterno.
Cindy si divincolava sotto di lui, con le lacrime agli occhi. - Luke,
basta, ti prego. - La sua risata allegra echeggiò in palestra.
Lui si soffermò a osservarla. Era da troppo che non ascoltava la sua
risata cristallina.
- Che-c’è? - Chiese Cindy, rendendosi conto
all’improvviso della loro posizione equivoca.
- Niente, - Luke si sporse verso di lei. Cindy trattenne il fiato,
intrappolata da quegli occhi seri. - È bello sentirti ridere come un tempo. -
Occhi negli occhi, entrambi potevano avvertire il
respiro dell’altro sui loro visi. Luke si avvicinò ancora. Baciami,
pensò Cindy, ma questa volta lui le lasciò solo un bacio sulla fronte. -
Dovresti ridere più spesso, ragazzina. - Si alzò in
piedi e le porse la mano.
Cindy si alzò da sola, lo scrutò un attimo, pensierosa.
- Mi basta guardarti per scoppiare a ridere. - Raccolse le sue robe e si avviò
verso la porta.
- Cindy, - La chiamò Luke. Lei si voltò e le arrivò l’asciugamano sul
volto. - Te lo stavi dimenticando, poi come ti asciughi dopo la doccia?
- Avrei usato il tuo. - Gli fece l’occhiolino e se ne
andò via, mentre un ghigno divertito compariva sul viso di Luke.
- Non è nella sua stanza.
Oliver si bloccò col pugno alzato e si voltò verso la voce. Hal Jordan
era appoggiato alla parete con le braccia conserte, come se lo
stesse aspettando.
- Dovresti concederle un po’ di spazio.
Oliver con pochi passi si posizionò di fronte a lui. Hal non parve
impressionato.
- Per colpa tua, Felicity stava per farsi del male. Sei stato un
incosciente a non accorgerti di quanto fosse sotto pressione.
Oliver strinse forte le mani a pugno, conscio che l’accusa che gli stava
rivolgendo Hal aveva un fondo di verità.
- Ma… - Continuò Hal, con un tono più
accondiscendente. - Bisogna darti atto che sei stato bravo ad aiutarla a
gestire la situazione di pericolo. - Gli porse la mano.
Oliver dopo un attimo gliela strinse e Hal lo
trascinò verso di sé. - Se la metterai ancora in pericolo,
la prossima volta non sarò così magnanimo. - Lo sfidò con lo sguardo e poi
s'incamminò lentamente. - Ora capisco perché Felicity è rimasta così colpita da
Bruce Wayne, due gemelli separati alla nascita. Ci si vede,
chiacchierone!
Oliver strinse le labbra e tenne a freno la voglia di infilzarlo con una
delle sue frecce.
- Dovremmo capirli… - John l’affiancò.
- Credimi, Dig, ci sto provando, ma lui… - Oliver puntò il dito in
direzione di Hal. - Mette a dura prova il mio
autocontrollo.
John gli appoggiò la mano sulla spalla. - Felicity era già preziosa
quando era solo lei, ma adesso che è anche Black Queen
lo è ancora di più. Noi sappiamo fin troppo bene quanto venga naturale
proteggerla, ma non sappiamo ancora come gestire lei e il suo potere. Per
quanto ne sappiamo, Felicity al momento è simile a una
bomba a orologeria. Credo che sia normale che Hal e Bruce, e perfino Alfred,
facciano quadrato intorno a lei per paura che possa accaderle qualcosa di male.
- Non l’ho voluto io, è stata lei a decidere di tenermi lontano.
Oliver incrociò il suo sguardo. - Ci sto provando,
John.
Girarono langolo e si scontrarono con Cindy, che per l’impatto cadde a
terra.
- Ehi! Voi due, potreste stare più attenti!
Diggle e Oliver si scambiarono uno sguardo perplesso.
- Tutto bene? - Chiese Diggle aiutandola ad alzarsi.
- Magnificamente!
- Ancora problemi con Roy? - Chiese Oliver nel tentativo di interpretare
il comportamento strano della ragazza.
- No, cosa te lo fa pensare? - Rispose Cindy, mettendosi subito sulle
difensive.
Oliver incrociò le braccia al petto e la osservò
con il suo sguardo inquisitorio.
Cindy inspirò piano, sostenendo il suo sguardo. - Oggi mi ha insegnato
come fasciare le mani. - Alzò in aria i pugni, in segno di sfida. - Proprio
bravo il tuo discepolo.
- Ci siamo concentrati sugli attacchi a sorpresa. - Intervenne Roy alle
loro spalle. I tre si voltarono nella sua direzione.- Sin ha dei seri problemi ad accettare
le cose come stanno. - Le rivolse uno sguardo divertito.
- Mi hai solo preso alla sprovvista.
Oliver gli lanciò un'occhiata severa.
- Ma ci stiamo lavorando. Sì, la sto
aiutando... a interpretare i segnali... ad anticipare le mosse... - Si corresse
subito Roy. - Appoggiò il braccio sulle spalle della ragazza. - Non è vero,
Sin?
Cindy voltò il capo verso di lui e assottigliò lo sguardo. - Certo, - E
gli sferrò una gomitata nel costato. - Vedi? Sto già migliorando.
Diggle represse il sorriso. Ormai era palese che cosa stesse accadendo
tra quei due, si voltò verso Oliver... almeno per lui.
Oliver sospirò e senza aggiungere altro se ne
andò.
- Signor Queen, posso esserle d'aiuto?
Oliver si voltò e incrociò lo sguardo sereno di Alfred, che teneva tra
le mani un vassoio con sopra una tazza e un infuso caldo.
- È per la signorina Smoak. - Precisò Alfred. - Se viene con me, la
porto da lei.
Oliver lo seguì in silenzio e quando Alfred
aprì la porta, si ritrovarono immersi in una spiaggia assolata. Anche il suo
abbigliamento era cambiato, al posto dei jeans e della maglia, adesso indossava
dei bermuda e una t-shirt. Guardò sorpreso Alfred, che al contrario era rimasto
lo stesso.
- È solo così che mi vede la signora Smoak, dice che il completo che
indosso è come se me lo fossi tatuato addosso. - Sospirò in silenzio. - Eccola.
Oliver si voltò verso il mare e dopo un attimo la vide passeggiare sulla
spiaggia. Alfred fece dei passi in avanti dandogli le spalle.
Felicity si sbracciò a salutarlo e si avvicinò.
- Signorina Smoak, le ho preparata la tisana
alla passiflora, come mi ha chiesto il signor Wayne. Così potrà rilassare
meglio il suo sistema nervoso.
- Grazie, Alfred. - Felicity accolse tra le mani la tazza e sorrise
all'uomo.
Oliver fece un passo in avanti, palesando la sua presenza.
- Oliver! - Esclamò sorpresa Felicity e i tre si ritrovarono di nuovo
nella stanza di meditazione.
- Non volevo spaventarti. - Oliver afferrò la tazza prima che si
frantumasse al suolo.
- Vi lascio da soli. - E Alfred si congedò in silenzio.
- Che cos'era? - Chiese Oliver una volta soli, porgendole la tazza.
Felicity evitò i suoi occhi, imbarazzata. - Il mio rifugio, quando sono
sotto pressione scappo qui per ritrovare la calma e la
tranquillità, per …
- Per dominare i tuoi poteri. - Concluse lui al
suo posto.
- Tu come lo sai? - Si voltò sorpresa.
- Ti sei rifugiata qui anche ieri sera, non ricordi? Mi hai trasportato
lì con te per un attimo.
- Oh. - Il lieve rossore sulle gote di Felicity
si accentuò di più. - Pensavo di averlo solo sognato, che fosse un ricordo del
passato legato al luogo, il passato che si mescola con
il presente, mi capita spesso da quando ho riacquistato la memoria, a volte non
riesco...
Oliver le appoggiò la mano sulla spalla. - Va tutto bene. - Lasciò che
il suo sguardo si immergesse in quello di Felicity, la
accarezzò con gli occhi, proprio come il vento stava facendo con loroe si fece trasportare da quel momento.
Felicity chiuse le palpebre e desiderò ritrovarsi in quell'isola insieme
a lui, ancora un'altra volta.
Le pareti della stanza di meditazione scomparvero e furono sostituite
dall'immensità dell'oceano e dalla sabbia calda sotto i piedi.
- Vieni, - Prese Oliver per mano e lo guidò in
riva al mare. - Siediti accanto a me. Ascolta.
Rimasero in silenzio per diverso tempo, cullati dal suono del vento e
dalle onde del mare.
- Quando avevo perso i miei ricordi, mi sono sempre chiesta perché
questo posto fosse così importante, caro e familiare per me. - Guardò Oliver
con la coda dell'occhio, intento a osservare l'infinito. - Fin dalla prima
volta che la mia mente mi ha trasportato qui mi sono
sentita al sicuro, come se fossi a casa. Soffrivo perché non riuscivo a
perdonarmi di aver cancellato i ricordi legati a questa spiaggia. Poi c'è stata
quella volta. Al rientro da Starling City. - Felicity
si abbracciò le gambe e appoggiò il mento sulle ginocchia. - Ero stanca, avevo
bisogno di riprendermi. Per seguire il segnale di Luke, mi ero affaticata
parecchio, soprattutto per depistarlo. Poi tutto quello che è successo dopo è stata solo uno spiacevole conseguenza… -
Prese a fare dei ghirigori sulla sabbia. - Bruce mi ha detto che sei stato tu a
salvarmi e non Hal... come credevo. Allora non lo immaginavo, eppure qualcosa
dentro di me lo sentiva. Ero seduta qui, proprio come ora, e tu sei apparso al
mio fianco. Il tuo viso sereno, i tuoi occhi chiari e il tuo sorriso, - Si
portò la mano al petto, perché al ricordo il suo cuore aveva preso a battere
più velocemente. - È stata la prima volta che ho dato un vero senso a questo posto, anche se ancora non sapevo chi fossi.
- Si voltò verso Oliver e lui fece lo stesso. - Il tuo
viso era dolce, calmo, sereno... mi piacerebbe che fosse ancora così tra noi,
Oliver. - Sospirò profondamente. - Poi, ieri sera, ho scoperto che cosa
significava questa spiaggia per me... per noi... ho ricordato, ed è stato
bello. - Concluse a bassa voce.
Oliver si portò le gambe al petto e appoggiò le braccia sulle ginocchia.
- Abbiamo bisogno di tempo. Lo capisco, - Felicity si alzò in piedi e immerse
i piedi nell'acqua. - …però mi piacerebbe che i tuoi
occhi mi parlassero come un tempo e non mi gridassero solo il tuo rammarico. -
Confessò, dandogli le spalle.
Chiuse gli occhi, e tentò di trattenere le lacrime che pungevano per
uscire.
La spiaggia scomparve e ritornarono nella stanza.
Oliver si avvicinò silenziosamente, le appoggiò la mano sulla spalla e
la fece voltare. Si sporse verso di lei, incatenandosi a quegli occhi lucidi,
velati di tristezza. La mano agì da sola, sfiorò la guancia di Felicity con una
tenera carezza. Oliver si avvicinò a quella guancia e la baciò.
Felicity per la sorpresa smise di respirare, ferma, immobile, con la
paura nel cuore che tutto quello fosse solo un sogno creato dalla sua mente.
- Grazie per esserti fidata di me. - Le sussurrò all'orecchio e poi se ne andò in silenzio come era arrivato.
Continua...
aaaaaaaawwwwww <3 _ <3
Lasciamoci così, in questa nuvola di fluff olicity :D
Felicity era intenta a osservare sui
monitor i risultati della ricerca che aveva
precedentemente avviato.
Il suono dei bastoni in sottofondo si
fece più netto e pesante, e la distrasse dal suo lavoro. Alzò il capo e fece
vagare lo sguardo fino ai duellanti. Lasciò che gli occhi scivolassero su quei
corpi sudati, con i muscoli tesi per lo sforzo, graffiati dai segni della
battaglia e dalle cicatrici che esibivano sulla pelle e nascondevano chissà
quale misterioso segreto del loro vissuto. Analizzò prima uno e poi l’altro,
fino a raggiungere i loro visi. Sia Oliver che Bruce
erano concentrati nel combattimento. Nessuno dei due aveva l’aria di voler arrendersi
all’altro. Si sfidavano e studiavano con lo sguardo, pronti a reagire
all’attacco dell’avversario.
All’improvviso i due, presi dal
combattimento, lanciarono da parte i bastoni e continuarono con una lotta a
corpo libero.
Felicity si appoggiò allo schienale
della poltrona, masticando lentamente la penna, senza mai abbandonare con lo
sguardo i due.Accavallò le gambe e
piegò il braccio sullo stomaco, adagiando la mano all’interno dell’altro
braccio con il quale teneva la penna.
Bruce afferrò Oliver di spalle e lo immobilizzò per la gola, ma gli bastarono pochi secondi
per cambiare la situazione a suo favore. Si protese in avanti,
sollevò con forza Bruce, facendo leva sulla propria schiena, e lo catapultò a
terra. Quest’ultimo, però, gli sferrò prontamente un colpo alle caviglie facendolo
cadere, e gli si buttò subito addosso.
Felicity smise di masticare la penna
e la lasciò ferma tra le dita. Deglutì piano. Oliver le aveva dato le spalle
mentre era intento a trattenere Bruce per le braccia, così si sentì libera di
lasciare vagare lo sguardo anche dove non le era
consentito. Tracciò con gli occhi la linea della colonna vertebrale, passò
delicatamente su ogni graffio, cicatrice, tatuaggio. Si meravigliò di ricordare
alla perfezione quelli vecchi e si stupì di vederne di nuovi. Scese giù
lentamente come una carezza fino alla cinta dei pantaloni. In quell’istante Bruce
sospinse Oliver in avanti, facendolo piegare sulla sua schiena e presentando a
Felicity una visione chiara e senza sotterfugi del didietro di Oliver. Il
pantalone gli si era appiccicato alla pelle, evidenziando distintamente la
fisionomia muscolosa delle sue natiche.
La penna le cadde dalla mano,
bloccata davanti a quel bendidio. Senza rendersene conto si ritrovò a mordersi
il labbro e a desiderare di toccare con mano quei corpi e di ritrovarsi in
mezzo ai due, per sentire il calore della loro pelle umida e dei loro muscoli
che si contraevano sotto i suoi occhi. Le loro mani che la sfioravano, le loro
labbra che la mordevano e che baciavano ogni singola parte del suo corpo.
- A che pensi,
Felicity? - La voce di Diggle la riportò alla realtà. Felicity lo osservò con la coda dell’occhio e poi ritornò a
concentrarsi su Oliver e Bruce, mentre un leggero colorito rosso imporporava le
sue gote.
- Penso a cose che non dovrei pensare.
La penna si sollevò in aria e si
adagiò sul suo grembo. Un peso si appoggiò allo schienale della poltrona,
tirandola leggermente indietro.
Felicity inclinò il capo e si scontrò
con l’aria canzonatoria di Hal.
- Bionda, non ti facevo tipa da una
cosa a tre.
Felicity aprì la bocca, allibita.
Tentò di dire qualcosa, ma riuscì solamente ad aprire e chiudere le labbra
senza pronunciare alcuna parola. Spostò lo sguardo da Hal, a Bruce eOliver e poi lo
riportò nuovamente su di lui.
- No, io… non è che
non ci abbia mai pensato. Anche se devo dire che i sogni sono così reali… -
Felicity si portò la mano sul viso, sconvolta per quello che si era lasciata
sfuggire. - Tre, due, uno… Hal… tu sei… sei…
Hal le afferrò il capo, divertito, si
piegò in avanti su di lei, e le baciò la fronte. - Felicity, - I due si
guardarono negli occhi per un istante. - Sei uno spasso.
Diggle si schiarì la gola come a
volerli avvisare che non erano soli.
- Scoperto qualcosa? - Chiese Oliver
con un tono talmente severo da riportare l’attenzione dei presenti su di lui.
- A parte dei dettagli su alcune
fantasie segrete di Felicity… - Hal sorrise sornione verso Oliver. - …
purtroppo no.
Bruce si avvicinò al gruppo mentre
finiva di passarsi l’asciugamano sul viso. - Vuol dire che dovremo dare una
mano al nostro amico.
- Che intendi? - Chiese Felicity.
- Diamogli un’occasione per mettere
in mostra ancora una volta il suo potere.
- In che modo?
- Non serve crearla, l’occasione ce l'abbiamo già. - Intervenne Luke, che fino a quel momento
era rimasto in silenzio in un angolo a osservare il gruppo. Si scostò dalla
parete e li raggiunse. - La serata della raccolta di beneficenza organizzata dall’industrie Wayne, dove parteciperanno i più illustri
uomini d’affari della città. - Rivolse lo sguardo prima a Bruce, poi ad Oliver e infine a Hal. - Occasione troppo ghiotta per Explotion. Sono più che sicuro che avrà progettato
un'esplosione in grande stile. Dovremo dargli solo un
incentivo.
- Come? - Chiese Cindy accostandosi a
lui.
- Basterà far rimbalzare su ogni
testata giornalistica il messaggio che le industrie Wayne sono il posto più
sicuro della città, persino a prova di bomba. - Rispose Roy soddisfatto. - Il
nostro amico non si lascerà sfuggire l’occasione per
dimostrare il contrario.
- Mi
occuperò io di informare Lois Lane del grande evento e vedrete che ci metterà
un attimo a far rimbalzare il messaggio. - Affermò Hal.
- Organizziamoci. - Decretò infine
Bruce.
Felicity si alzò dalla poltrona e si
accostò a Oliver. Gli appoggiò la mano sul braccio per fermarlo. Lui portò lo
sguardo prima sulla mano e poi su di lei, inchiodandola ai suoi occhi.
- Non dare retta a Hal, non so come faccia,
ma ha la capacità di distorcere sempre la realtà. Stuzzica solamente ma non
morde. Gli piace irritare la gente e con te gli viene particolarmente bene.
Oliver rimase in silenzio. Felicity
inspirò profondamente mentre il suo cuore accelerava i battiti.
- Non è che
non abbia più pensato a te… in quel senso, negli ultimi tempi non faccio altro,
e vederti così non aiuta… - Gesticolò tracciando il corpo di Oliver. - … ma queste non sono cose che dovrei dirti. - Strinse gli
occhi per un secondo. Respirò piano per ritrovare un minimo di concentrazione.
- Lascia perdere, il mio cervello è fuori fase in
questo periodo. Credo proprio che debba andare, sì, mi sono ricordata di quella
cosa particolare che devo fare… - Si scostò da lui di qualche passo. - Tu, tu…
- Gesticolò ancora con le mani. - … è meglio se indossi una maglietta. Dann… - Si passò la mano sul volto. - Vado. - E scappò via.
Luke si accostò a Oliver. - Spiegami
una cosa, Oliver… - Si voltò verso di lui. - Come riesci a respingerla e non
saltarle addosso? È tenera quando è imbarazzata, viene quasi naturale
stringerla tra le braccia e non lasciarla più andare.
Oliver si voltò verso di lui,
lentamente. Lo osservò sorpreso per quella richiesta. Seguendo
il suo sguardo, capì a chi realmente si stesse riferendo: Cindy.
Sospirò rassegnato. - La vita ti
porta a comportarti in modo stupido e anche se sai benissimo che sarebbe meglio
lasciarsi andare, qualcosa dentro di te lo impedisce. - Lo
fronteggiò. - Non si può resistere per sempre, Luke, primo o poi si cede, solo
che quando accadrà dovrai essere pronto ad affrontarne le conseguenze. Se non
hai ancora la risposta, perché non provi a domandarti se sei disposto a perdere
tutto?
I due si guardarono dritto negli
occhi.
- Probabilmente, no. E tu? - Senza
aggiungere altro Luke se ne andò.
Felicity si appoggiò pesantemente
alla parete. I ricordi del passato si stavano facendo più pressanti e si mischiavano
fin troppo facilmente con il presente. Sogni ad occhi aperti, sogni dormienti, talmente veri da confonderla e portare a
chiedersi quale fosse la realtà.
- Stai bene, Felicity?
Scattò con il capo verso quella voce
calma. Felicity si gelò sul posto. Strinse automaticamente le mani a pugno e
indietreggiò di un passo. - Andrew… - Ma non riuscì a proseguire.
Lui si avvicinò ma restò lo stesso a
debita distanza.
- Stai bene, Felicity? - Chiese
ancora una volta.
Felicity chiuse gli occhi. Inspirò
profondamente e poi tornò ad appoggiare lo sguardo su di lui. Andrew lo interpretò come un invito e avanzò di un passo, ma
prontamente lei lo bloccò con la mano.
- Non ti avvicinare. - Disse fredda.
- Felicity, - Andrew pronunciò il suo
nome imprimendo nelle lettere tutto il dispiacere per la scelta sbagliata che
li aveva portati a quella guerra fredda e silenziosa.
- No. - Felicity scosse la testa. -
Non ora.
Si voltò e se ne
andò, lasciandosi Andrew alle spalle.
- Felicity… - Sussurrò Andrew. Rimase
qualche secondo ancora fermo e poi a capo chino si voltò per tornare nel suo
laboratorio. - Signor Wayne! - Esclamò un attimo prima di scontrarsi con
l’uomo.
Bruce lo
guardò a lungo senza dire niente. - Dottor Wolfar, mi segua. - Poi, senza
aggiungere altro e senza aspettare una sua eventuale protesta, proseguì.
Andrew fece un mezzo sorriso e si
apprestò a seguire l’uomo.
Ho bisogno d’aria. Questa era l’unico
pensiero che riempiva la mente di Felicity. A passo svelto guadagnò l’uscita
verso il giardino e si fermò solamente quando arrivò vicino alla grande fontana
che troneggiava maestosa con i suoi zampilli d’acqua sull’immensa villa Wayne.
Chiuse gli occhi, cercando di tenere
a bada le lacrime che le pungevano gli occhi per uscire prepotentemente. La
tentazione di rifugiarsi nel suo mondo virtuale era più forte che mai, ma negli
ultimi giorni aveva capito che doveva tenere a bada quell’esigenza e cercare di
risolvere la questione nella vita vera.
Niente più finzione,
si ripromise come un mantra.
- Felicity.
Al richiamo di Oliver, Felicity si
passò velocemente la mano sulla guancia per togliere la traccia di quella
lacrima impertinente che era scivolata senza che potesse fermarla.
Oliver le appoggiò la mano sulla
spalla e delicatamente la fece voltare verso di lui.
- Sto bene, - Lo precedette.
Oliver sorrise, ironico. - Se non ne
vuoi parlare, va bene, possiamo anche stare in silenzio. - Si sedette sul
freddo marmo della fontana e attese che anche lei facesse lo stesso.
Felicity lo imitò
poco dopo. - Mi dispiace, - Sussurrò.
Oliver voltò il capo verso di lei e
vederla lì, rannicchiata su se stessa, con il viso contratto da mille pensieri
e colpe che lui inconsapevolmente le aveva addossato, lo fece sentire un vile.
Oliver intrufolò la mano tra quelle
di Felicity, che teneva appoggiate in grembo.
Le dita si fecero
strada, accarezzandole il polso e poco dopo il palmo, intrecciandosi poi con le
sue. La tenerezza di quel gesto e il calore delle loro mani allentarono la
tensione facendoli entrambi rilassare. Un gesto delicato, fatto quasi in punta
di piedi, un sussurro all’orecchio che lenisce l’animo.
- Basta chiedere scusa. - Mormorò
Oliver all’orecchio di Felicity. - Perché altrimenti dovrei iniziare a
chiederti scusa anche io per essere stato così
stupido.
Felicity accarezzò con le dita il
dorso della mano di Oliver e appoggiò il capo sulla sua spalla.
- Va bene.
Rimasero in silenzio per diverso
tempo, cullati dal gorgoglio dell’acqua della fontana.
- Partiamo sul serio da zero, questa
volta? - Chiese Felicity, quasi divertita.
- No, - Oliver le sospinse il mento
con due dita e avvicinò il viso al suo. - … partiamo da qui.
Appoggiò le labbra sulle sue. Erano
morbide, infreddolite, quasi secche. Le inumidì con la lingua, assaporando il
suo sapore, per poi afferrarle delicatamente tra i denti.
Oliver le prese il volto tra le mani,
lo portò a sé, e approfondì l’intensità del bacio.
Si staccarono per riprendere fiato,
ansanti e con il cuore che galoppava per l’emozione.
Felicity sorrise e lo
baciò di nuovo, quasi velocemente, per non farsi riprendere dalla frenesia che
scuoteva i loro animi, e poi si rifugiò nel suo abbraccio.
- Che cosa ti ha fatto ritornare sui
tuoi passi? - Si alzò di scatto sentendolo irrigidirsi. - Non è che mi
dispiaccia, anzi, - Tracciò con il dito il segno delle sue labbra, poi lo passò delicatamente sui lineamenti del viso fino ad
arrivare agli occhi, dove si legò a lui. - Pensavo che avremmo impiegato ancora
un’altra vita per ritrovarci.
Oliver sorrise, divertito. - Uno
strano punto di vista mi ha portato a chiedermi se fossi pronto a perdere
tutto.
- Lo sei? - Chiese Felicity,
titubante.
- No, se questo significa perdere te.
Felicity sorrise e si riappropriò
delle labbra di Oliver.
- Non dovresti
essere così nervosa.
- La fai semplice tu, Clark. Non succede
tutti i giorni d'incontrare un personaggio come Bruce Wayne.
- È una persona normalissima. -
Obiettò Clark. Si fermarono davanti al grande portone. Suonò il campanello e
attesero. - Sono felice che sei anche tu qui a Gotham,
averti vicino mi tranquillizza, almeno mi aiuterai a tenere a bada Lois.
- Ah no, mio caro, lei è affare tuo.
Come il mio solito, svolgerò il lavoro nascosta nell’ombra. - Sorrise
divertita. - A parte te e alla tua combriccola di
eroi, nessuno dovrà venire a conoscenza della mia capatina a Gotham.
Ufficialmente sono a casa ammalata, ricordi? - Gli fece l’occhiolino,
divertita.
La porta si aprì e Alfred li fece accomodare in biblioteca.
- Clark… - Sussurrò piano,
afferrandogli il braccio. - Questo posto è ancora meglio della villa dei Luthor. Guarda quanti libri. - Si guardò attorno estasiata,
poi si accostò nuovamente a Clark. - Il grande fratello ci osserva. - Gli
indicò con un movimento delle pupille la telecamera nascosta in alto
nell’angolo.
Non attesero molto. Bruce fece il suo
ingresso nel suo elegante savoir faire. Osservò con sguardo attento i suoi
ospiti e si soffermò un po’ di più sulla ragazza.
- Signorina Sullivan, è un piacere
fare la sua conoscenza. - Le porse la mano e dopo un attimo di esitazione lei
gliela strinse.
- Chloe, la prego. - Sorrise.
- Solo se mi chiami Bruce. - Con questo accordo le strinse più saldamente la mano.
- Alfred, accompagna Chloe in sala
computer. - Poi si rivolse a lei. - Collaborerai con Luke, un altro esperto
informatico pari al tuo livello, e con Felicity che già conosci. A voi spetta organizzare
la sicurezza e sabotare i piani di Explosion per
quella sera.
Chloe seguì Alfred, bisbigliando
appena tra sé: non ci credo, vado a giocare con i giocattoli di Batman.
Clark non riuscì a trattenere un
sorriso.
- Andiamo, gli altri ci aspettano.
Continua…
Angoletto di Lights
Prima di tutto perdonatemi per il
profondo ritardo. Non sopporto non essere puntuale, scrivo prima la storia
appositamente per non far aspettare i lettori, ma questa volta la Real Life si
è messa di impegno a ostacolarmi.
Vedetela così, ora per lunedì mancano
solo cinque giorni ;)
Qualche news
per la storia. Visto che il progetto che ho pensato
per questa storia è davvero impegnativo, e siamo già arrivati anche a 20 e
passa capitoli, ho deciso di spezzettare in due la storia, ma non vi
preoccupate, chiuderemo col botto. La domanda da porci è: andrà tutto bene?
Questo lo sanno solo i personaggi.
La strada dei nostri Olicity sembra
tutta in discesa, e ve lo confermo anche io, lo sarà
;) … per il momento ^_^
Mi sono riletta il capitolo e ho
ancora il cuoricino che palpita, andrà tutto bene, lo prometto ^_^
- La finisci di fissarmi? - Chloe smise di digitare sulla tastiera,
contrariata. Era da un bel po' che sentiva su di sé lo sguardo penetrante di
Luke, attento a osservare ogni sua mossa, a misurare persino ogni respiro o
battito del cuore.
Da quando era arrivata a villa Wayne, più di cinque giorni fa, lui
l'aveva tenuta costantemente sotto controllo. Inizialmente, aveva creduto che
Luke non si fidasse di lei. Più che comprensibile, si era detta, in fin dei
conti anche lei aveva mantenuto alta la guardia per diverso tempo, ancora prima
di arrivare a Gotham. Poi però il sospetto si era trasformato in attenzione. Si
era accorta che le piaceva sentirsi studiata da quegli occhi profondi, animati
da un guizzo intelligente e iperattivo, che riuscivano a interpretare il suo pensiero ancora prima che venisse espresso ad alta voce. Mano a mano, lavorandoci assieme, si era lasciata
affascinare dal suo modo di essere brillante, a volte riservato, e da
quell'aria tenebrosa che il suo viso assumeva quando nelle vicinanze c'erano
Cindy e Roy. Ogni volta che accadeva, si chiedeva quanto fosse forte il legame
che lo legava alla ragazza.
Inspirò profondamente, cercando di ritrovare la concentrazione, ma il
fare insistente di lui non fu d'aiuto.
Luke saltò giù dal tavolo con uno slancio e si avvicinò a Chloe, come
ci si avvicina a una preda. Un sorriso sornione era stampato sul suo viso e uno
strano luccichio gli faceva brillare gli occhi.
Si fermò alle spalle di Chloe, attese qualche secondo e quando si
accorse che lei non aspettava altro che una sua mossa, si piegò su di lei,
all'altezza dell’orecchio. Annusò piano il suo particolare profumo fruttato e
dolce.
Chloe strinse forte i braccioli della sedia e smise di respirare.
- Mi piace il tuo profumo. - Sussurrò Luke, soddisfatto di aver
attirato non solo l'attenzione della sua testa ma anche del suo corpo.
Con una leggera spinta, Luke fece ruotare la
sedia per guardarla finalmente in viso.
Chloe si appoggiò completamente allo schienale, sorpresa di ritrovarsi
la faccia di lui a distanza così ravvicinata.
- Credo che tu non sappia il significato di spazio personale... -
Tentò, ma appena Luke sorrise in quel suo modo così naturale, con il labbro
appena arricciato verso l’alto, giusto per far intravedere uno spiraglio sui
denti, le parole le morirono in gola.
- Hai un ciglio... - Luke delicatamente le sfiorò la guancia con il
pollice, poi come accortosi di qualcosa, si spinse verso di lei e soffiò
delicatamente sul suo viso.
Chloe deglutì: una scossa le partì dallo
stomaco e le arrivò fino alla base del collo, dritta alle cervicali. Chiuse gli
occhi. Inspirò piano per ritrovare la concentrazione. Non cadere nel suo
tranello, Chloe, pensa a Jimmy. Con calma appoggiò le mani sul petto del
ragazzo e lo sospinse dolcemente.
- Torniamo al lavoro? - Propose, aggrappandosi all’ultimo briciolo di
volontà.
Luke si rimise in posizione eretta e la guardò
sconcertato.
- Donna, prima o poi sarà mia. - Disse in
modo teatrale che la fece scoppiare a ridere.
I due ritornarono a lavorare a fianco a fianco, ormai il progetto di
sorveglianza dell'edificio era quasi pronto.
A un certo punto Luke si stiracchiò. - Basta! Sono stanchissimo, è
tutto il giorno che siamo chiusi qui dentro.
Chloe digitò l'ultimo comando e si allontanò anche lei dal computer.
- Questo vuol dire che mi offri la cena?
Luke la guardò sorpreso. Dopo un attimo
sorrise soddisfatto. - Donne, sempre pronte a svenarti. - Fece l'inchino e la invitò con la mano. - Signorina Sullivan, mi farebbe
l'onore di essere mia ospite a cena in uno dei più famosi fast-food di Gotham?
Altro non posso permettermi, a meno che non hackeri il conto di Wayne, ma penso che Felicity mi bannerebbe a vita.
Chloe scoppiò a ridere, poi afferrò la sua mano e insieme
sgattaiolarono da villa Wayne come due ragazzini.
Cindy si era nascosta giusto un attimo prima che Luke e Chloe si
accorgessero della sua presenza. Le si era gelato il
sangue nelle vene quando aveva visto Luke baciare Chloe. In quei giorni aveva
notato che le straordinarie capacità della ragazza a Luke non erano
indifferenti. Si era scoperta gelosa dello strano feeling che i due avevano
instaurato in così poco tempo. Questo non aveva fatto altro che peggiorare il
loro rapporto. Non c'era occasione che non lo attaccasse o lo provocasse solo
per il gusto di farlo arrabbiare, e lei conosceva benissimo i punti giusti per
innervosirlo. Sorrise compiaciuta nel ricordare l’ultimo scontro,
ma quel sorriso durò poco sulle sue labbra. Da quando era arrivata Chloe il litigio era l’unico modo per attirare la sua attenzione.
Sbuffò contrariata, odiava sentirsi come una bambina alla quale era stato
portato via l’amico del cuore.
Alla fine, perfino Oliver era dovuto intervenire, stufo di quei
continui battibecchi li aveva costretti con poca nonchalance a stare lontano
l'uno dall'altro, dandole in continuazioni dei compiti che la tenevano più
distante possibile dalla sala operativa e soprattutto da villa Wayne.
Più il suo rapporto con Luke peggiorava e diventava freddo, più
migliorava, al contrario, l'intesa con Roy. Non avevano più toccato l'argomento
da quel giorno in palestra, ma avevano ritrovato la stessa empatia che avevano instaurato a Starling
City.
Ormai facevano squadra e puntualmente uscivano insieme di ronda, proprio come quella sera.
- Sin, sei pronta? - Chiese Roy distraendola dai suoi pensieri e le
lanciò il casco della moto. - Andiamo!
Cindy lo afferrò e in silenzio lo seguì.
Oliver entrò nella sala computer, si fermò a poca distanza da Felicity
che era tutta presa dal suo mondo cibernetico. La osservò
per qualche secondo e una strana sensazione di calma si impossessò subito di
lui.
Sorrise, ormai da giorni non faceva altro. La calma dopo la tempesta, quella
sensazione gli era sempre piaciuta fin da quando le loro vite si erano
incrociate. Averla al suo fianco lo faceva sentire più forte, determinato...
tranquillo. Felicity aveva la capacità di tenere a bada tutti i suoi demoni
interiori con quel suo lato fresco, divertente e determinato.
Era stato difficile adattarsi al suo nuovo alter ego Black Queen, a
vederla al suo fianco per strada durante gli scontri, ma aveva scoperto che in un
certo qual modo gli piaceva essere partner al cento per cento.
Retrocesse di un passo, stava per andarsene quando il richiamo di
Felicity lo fermò.
- Non mi disturbi.
Con un gesto della mano Felicity fece scomparire tutte le schermate
dei progetti e si avvicinò a lui sorridendo. Si incantò
quando si rese conto dello sguardo intenso che Oliver le stava rivolgendo. Non
si era ancora abituata a questa sua nuova versione. Oliver tre punto zero? Si
chiese, sorridendo tra sé. Le piaceva sentirsi osservata da quegli occhi dal
colore così intenso e profondo: aveva quasi l'impressione che, ogni volta che
la incontravano, diventassero ancora più luminosi.
Erano giorni che Oliver aveva abbandonato l'espressione severa e cupa che le
rivolgeva da quando si era scoperta la verità. Piccoli passi, si disse, consapevole
che stava finalmente andando tutto bene.
- Non credevo di trovarti al lavoro, è tardi.
- Sai come sono fatta, mi sono persa dietro a una combinazione di zero
e uno e ho e non ho fatto caso all’ora. - Si portò
all'improvviso la mano sullo stomaco mentre un rumoroso brontolio di pancia
manifestava la mancanza di cibo.
Felicity evitò lo sguardo di Oliver, imbarazzata. Strinse forte le labbra
e gli diede le spalle farfugliando parole sconnesse. - Tra tanti zeri e uno,
guarda una cosa, poi pensa un'altra, il progetto non funzionava, sistema un
bit, poni un byte, poi ho dovuto inserire dei firewall, perché la botola
segreta di Chloe non la vogliamo contare? È così complicata, ha una mente
geniale, ci ho messo un bel po’ a capire...
- Hai fame. - Terminò Oliver per lei.
- Sì. - Ammise infine Felicity, voltandosi verso di lui.
- Vieni a cena con me. - Oliver le afferrò la mano.
- Dove?
- La cucina di Bruce Wayne è sicuramente più fornita di un ristorante.
- Le fece l'occhiolino. - Alfred è già andato a letto ma ce la caveremo
benissimo da soli.
Felicity lo bloccò e gli sorrise civettuola.
- È un appuntamento, signor Queen?
- Sto morendo di fame!
Clark sorrise alla confessione di Lois. Era tutto il giorno che
giravano alla ricerca di nuovi indizi su Explotion e
aveva faticato non poco per nasconderle le tracce.
- Finalmente un fast-food! Vieni. - Lois tirò Clark per la manica
della giacca.
Entrò nel locale a capo chino, mentre era intenta a cercare nella
borsa gli spiccioli che aveva lasciato liberi
dall'ultimo acquisto. Clark incrociò lo sguardo inorridito di Chloe, che gli
fece subito segno di andarsene.
- Clark, vuol dire... - Ma Lois non riuscì a terminare la frase perché
lui l'afferrò per le braccia e la voltò verso di sé, facendola scontrare col suo
petto.
Lois rimase senza parole. Però, Smallville,
da quando vai in palestra? Pensò soddisfatta nell'avvertire quel corpo tonico e
muscoloso. Si morse il labbro, mentre si lasciava incantare dallo sguardo cuccioloso e imbarazzato di Clark.
- Perché non andiamo a cena in un bel ristorante? Mi hanno consigliato
un locale poco distante da qua che fa cucina italiana.
Lois si rilassò tra le sue mani e dopo qualche istante sorrise,
acconsentendo.
- Clark Kent, ma allora per te c'è ancora speranza?
Clark non rispose, le sorrise ironico e la
sospinse delicatamente fuori dal locale, mentre lanciava un'occhiata
interrogativa a Chloe e Luke, e lei gli rivolgeva un grazie muto.
- Stai sanguinando! Vieni. - Roy afferrò Cindy per il braccio e
l'aiutò a scendere dalla moto. - Che cosa ti è saltato in testa? Volevi per
caso farti ammazzare? Dove avevi la testa stasera?
Cindy sbuffò e sfuggì da quegli occhi arrabbiati. - Non rompere, Cappuccetto Rosso. È solo un graffio. - Mentì e
frenò la smorfia di dolore. C'era mancato veramente poco.
Quando aveva intravisto dalla vetrina del locale Luke e Chloe cenare
insieme, mentre se la ridevano e scherzavano con un'aria così complice, aveva
perso totalmente la concentrazione su quello che le stava accadendo attorno. Il
rapinatore se n'era accorto e l'aveva accoltellata al braccio. Solo il
provvidenziale intervento di Roy e della sua freccia aveva evitato il peggio.
Roy la bloccò davanti a sé. Con un gesto della mano le tolse i capelli
che le erano ricaduti sugli occhi. - C'è mancato poco. - Iniziò con tono basso.
- Non farmi più scherzi di questo genere, ti prego.
Cindy chiuse gli occhi e appoggiò la fronte sul petto di Roy. -
Scusami, - Confessò dopo un po'. - Non so che cosa mi abbia preso. Mi sono
distratta, ho sbagliato, lo so. - Prese a contare e non attese molto. Roy si
chinò su di lei e le baciò la nuca.
- Non ho nessuna intenzione di perderti, Sin.
Lei sorrise e si strinse a lui. - Grazie.
Si lasciò guidare verso la stanza di Roy. Lui le levò lentamente la
maglietta lasciandola solamente con il reggiseno. Prese l'occorrente per la
medicazione e delicatamente le pulì la ferita.
Cindy osservò lo sguardo attento e serio di Roy per tutto il tempo.
Quando lui finì, riportò l’attenzione su di lei. Fu un attimo.
Cindy si sporse verso di lui e fece combaciare le loro labbra. Lui le
afferrò il viso con le mani, delicatamente le dita presero a muoversi sul suo
viso, tracciando la forma del suo volto. Cindy fece scorrere le mani sulla
felpa di Roy fino a raggiungere la cerniera e lentamente la slacciò.
- Sin... - Tentò Roy con un
ultimo briciolo di lucidità.
Cindy lo azzittì appoggiandogli il dito sulla
bocca. Gli sorrise e gli sfilò la felpa, seguita poi
dalla maglia. Prese a baciarlo, partendo dal collo e
scendendo giù sulla clavicola e poi sul petto.
Lo fece distendere sul materasso e salì su di lui a cavalcioni.
Le dita scivolarono dalla sua bocca fino al petto, tracciando una riga
invisibile, fino ad arrivare al bordo dei pantaloni. Inchiodò gli occhi in
quelli di lui e con un sorriso furbo stampato sulle labbra slegò la cintura.
Sbottonò e fece scendere lentamente la cerniera, ma
Roy, esasperato da quelle attenzioni, ribaltò la posizione con un movimento di
bacino.
Fece scivolare la spallina del reggiseno e prese a baciare ogni punto
della sua pelle. Silenziose effusioni, sospiri, gemiti riempirono la stanza.
Cindy scivolò con le mani sulla schiena di Roy e le intrufolò all'interno
dei suoi pantaloni sfiorandogli con audacia le natiche.
Roy sorrise compiaciuto. - Stai giocando con il fuoco, ragazzina… - Le
sussurrò, prima di lasciarle una scia di baci sulla pelle.
A Cindy si gelò il sangue. Fu un attimo, e il momento che aveva
passato con Luke le piombò addosso.
- Roy… - Disse piano, cercando di fermare il ragazzo con le mani, ma
lui era troppo preso dal momento per accorgersi del suo cambiamento. - Aspetta…
- Sussurrò debolmente dopo averlo baciato, ma lui non le badò e continuò a
riempire il suo corpo di attenzioni.
Roy lasciò sul suo corpo una scia di baci fino ad arrivare ai suoi
pantaloni. - Roy! - Chiamò più decisa.
Roy si fermò e la osservò, sorpreso. - Sto
andando troppo veloce?
- No… - Cindy lo spostò di lato e si mise a sedere cercando di capire
dove fosse finita la sua maglietta. - …non è questo. - Finalmente! Riprese a
respirare quando la raccolse ai piedi del letto. - Scusami… è colpa mia. Mi
sono spinta troppo, non dovevo istigarti.
- Sin… - Roy era seduto sul letto e guardava allibito i suoi movimenti
goffi nel rivestirsi.
- Scusami, - Cindy si avvicinò alla porta. - Non posso,
io…
Roy scattò giù dal letto, quasi incespicò nel pantalone, ma la bloccò
proprio un attimo prima che uscisse dalla porta.
- Sin, guardami. - Le disse dolce, ma lei non lo fece. Le sollevò il
mento con le dita e si tuffò nel suo sguardo confuso. - Possiamo aspettare. - E
la baciò dolcemente. - Non mi lasciare fuori.
Cindy si sforzò di sorridere. - Scusami… - Senza aggiungere altro se ne andò.
Felicity si sedette sul tavolo in acciaio
della cucina, in attesa che Oliver tirasse fuori del cibo dal frigorifero come
il coniglio bianco dal cilindro magico.
- Vediamo un po’ che cosa abbiamo qui. Sembra insalata di pollo? -
Oliver si voltò verso Felicity che gli sorrise
divertita. - Perfetto, Chardonnay, anche una buona annata.
Afferrò due calici e versò il vino, poi appoggiò il contenitore sul
tavolo, accanto a lei, prese due forchette, gliene porse una e le poggiò il
tovagliolo sulle gambe.
- Buon appetito. - Alzarono in aria la forchetta ricolma di cibo, come
se stessero brindando.
Al primo boccone, si scambiarono un’occhiata
complice e scoppiarono a ridere come due ragazzini.
- Non ho mai avuto un primo appuntamento in cucina. - Confessò Felicity
prendendo un’altra porzione di cibo. - Inconsueto, ma d’altronde, se frequenti Oliver Queen, la normalità non si sa neanche dove
sia di casa. - Bevve un sorso di vino e gli puntò la
forchetta contro. - Con te non mi annoio mai.
Oliver sorrise e lei s’incantò. Il suo sorriso aveva qualcosa
d’ipnotico, magico, aveva la capacità di illuminare una stanza buia, di fermare
il tempo, di toglierle il respiro per la semplicità con la quale si manifestava
sul suo volto. Sono così rari, pensò intenerita Felicity, soddisfatta di
vederlo rilassato.
- A cosa pensi? - Chiese ad un tratto
accorgendosi che Oliver era assorto nei suoi pensieri.
- A te… o meglio, a Black Queen.
- Davvero? Devo essere gelosa di Black Queen? Pensavo che preferissi
di più Felicity Smoak… non è strano che parli di me in terza persona? Inizio ad
avere seri problemi di dissociazione della personalità, è così faticoso
scindere…
- Perché hai scelto proprio questo nome? - Chiese Oliver mettendo fine
al suo farneticare.
Felicity deglutì l’ultimo sorso di vino. Giocherellò un po’ con il
bicchiere e poi glielo porse per farselo riempire.
- Non ti montare la testa, non riporta a te. - Felicity si morse il
labbro. - Forse il mio costume, ma non il mio nome. Sono due storie diverse.
Oliver si versò dell’altro vino, bevve un sorso e poi la invitò a continuare.
- Stavo facendo le mie solite ricerche in rete e mi
capitò tra le mani una foto di Arrow. Il viso era coperto completamente dal
cappuccio. Eri di lato, immerso nell’oscurità. Ebbi solo pochi secondi e poi la
foto scomparve da internet. Allora non sapevo, ma era il blocco che era stato
imposto da Brainiac. - Sorrise tristemente. Si portò
il bicchiere alla bocca e lasciò scivolare il liquido rosso sulle labbra. - Ma ormai quell’immagine si era incisa nella mia mente. Già
allora mi estasiava avere Arrow dentro di me... avere nella mente, in testa. -
Scoccò la lingua mordendosi il labbro.
Oliver sorrise.
- Black Queen? - Le passò il contenitore con le fragole.
Felicity ne afferrò una, se la girò tra le
dita e poi l’appoggiò sul tavolo.
- Questo nome ha due facce per una stessa storia. Queen è nato tutto da uno scherzo di Hal.
- Ovviamente, - Si lasciò sfuggire Oliver ironico e infastidito.
- Continuava a canzonarmi che ero la regina dei computer, nessun bit poteva
resistermi. Mi propose anche di chiamarmi Bit Queen, - Sorrise divertita. - Per
inciso, - Gli puntò l'indice. - ...mi
sono rifiutata subito e e solo dopo aver bloccato
diverse volte i sistemi del suo amato aereo, Hal ha smesso di prendermi in
giro.
- Black, perché?
Felicity evitò di guardarlo.
- Per ricordarmi il mio periodo buio. - Confessò infine. - Non sono
sempre stata quella che credi. Quando ho ottenuto i poteri, mi sono sentita
invincibile. Finalmente avevo il potere di cambiare le cose. Basta invertire
uno zero e un uno, e puoi mettere ai tuoi piedi l'intera umanità. - Sorrise
triste. - Ho fatto passare un brutto periodo a Batman. Povero Bruce, si era
ritrovato ad ospitare in casa il nemico. Avevo
maturato i miei ideali folli ma non capivo che usavo metodi sbagliati per
ottenerli. Il potere all’inizio era così forte che iniziò piano a confondermi,
il bene si rivelò il male, e le mie azioni fecero quasi morire gli ammalati
dell’ospedale di Gotham. Ero convinta che mettendo in
ginocchio il bene più prezioso della città avrei piegato il volere dei
potenti, ma alla fine Batman mi provò che in quel modo avrei fatto morire solo
delle persone innocenti. - Felicity strinse forte i pugni. - Mi vergogno della
me di quell’epoca, non ero io, ma questo non lo potrò
mai sapere fine in fondo, forse sono proprio così, è quello che giace realmente
dentro di me.
Oliver si alzò in piedi e si posizionò davanti a lei. Le prese le mani
e gliele accarezzò dolcemente.
Felicity gli sorrise, grata. - Ho deciso di accostare Black a Queen
per non dimenticare mai che il mio potere può essere tanto grande quanto
pericoloso, e che basta un attimo perché io mi perda nella serie infinita di
zero e uno. Sarà il destino di essere una Queen, - Felicity schizzò con gli
occhi su di lui. - Beh, intendo non ufficiale, non sono proprio veramente una
Queen, è solo un accostamento a un altro nome.
Oliver si fece spazio in mezzo alle sue gambe e la baciò, senza
preavviso, senza premeditazione, si lasciò guidare dalle sue emozioni.
Assaporò il vino sulle sue labbra e lo
ritrovò più dolce mescolato al suo sapore.
- Felicity, - Sussurrò sulla sua bocca, quando avvertì le sue mani
scivolare sul petto e infilarsi sotto la camicia.
Oliver appoggiò il capo sulla spalla di Felicity e strinse forte il
bordo del tavolo con le mani. Respirò a fondo, cercando di tenere sotto
controllo i suoi ormoni, prima di far scatenare il suo desiderio.
Le baciò il collo e si staccò da lei che gli
riversò un’occhiata confusa. La osservò per un breve
istante e poi le afferrò dolcemente la nuca, spingendole la fronte vicino alle
labbra.
- Buonanotte. - Le sorrise dolcemente. - Abbiamo bisogno di riposare.
- E se ne andò come se nulla fosse accaduto.
Felicity restò lì, immobile, senza parole. Sbaglio, o Oliver mi ha
appena mandato in bianco? Si chiese incredula.
Afferrò la bottiglia e si versò l’ultimo goccio, che bevve tutto d’un fiato.
Con un debole salto, scese dal tavolo e afferrò un’altra bottiglia di
vino.
- Almeno ho te. - Disse sconsolata.
Continua…
Angoletto di Lights
Hahahahhaha povera
Felicity, sarà il modo subdolo e sadico di Oliver di
fargliela pagare? Non credo LOL, mister Queen questa volta vuole fare le cose
con calma per… SPOILER!
Cindy ha capito finalmente, ora bisogna solo fare avvicinare Luke e Cindy,
chissà perché prevedo nuvoloni all’orizzonte…
SPOILER!!!
Nel prossimo capitolo incontreremo altri due personaggi, vecchi
ritorni che … SPOILER
AVVISO: Dato che venerdì parto e starò via per sei giorni, il capitolo 23
sarà in pubblicazione lunedì 8 giugno, salvo imprevisti XD
Nel suo completo da sera Oliver si
guardò intorno, osservando attentamente ogni invitato presente in sala. La
serata era iniziata da poco più di un'ora e sembrava svolgersi come un normale
evento di beneficenza.
A un tratto, la sua attenzione e
quella di tutti i presenti in sala fu rivolta alla
cima delle scale. Bruce Wayne fece il suo ingresso in smoking nero. Un leggero
mormorio si levò dalla sala quando Felicity gli si
affiancò in un elegante abito rosso. Aveva lasciato i capelli sciolti e i
morbidi boccoli le ricadevano sulle spalle. Il trucco, più accentuato del
solito, faceva brillare il colore chiaro delle sue iridi sotto le luci della
sala.
Oliver rimase senza fiato e per un
attimo provò invidia nei confronti di Bruce che si trovava al fianco della
donna, posto che sarebbe dovuto essere suo.
Bruce le porse il braccio, Felicity
gli sorrise grata e insieme scesero la lunga scalinata.
- Grazie, - sussurrò, - Le scalinate
con tacco dodici non sono il mio forte. Non farmi cadere,
Bruce.
Lui le sorrise e si avvicinò al suo
orecchio. - Non lo permetterò mai. - Bruce le baciò la
guancia e poi vagò con lo sguardo sulla sala, fino a incrociare lo sguardo severo
e astioso che Oliver Queen gli stava rivolgendo. Sospirò silenziosamente e
assunse di nuovo il suo atteggiamento compito, insegnatogli da Alfred nel corso
degli anni.
Erano alla fine della rampa quando
un'altra coppia fece il suo ingresso creando un mormorio ancora più forte: LexLuthor in compagnia di
un'avvenente bionda.
Clark si avvicinò a Oliver. - Lex. - Si
lasciò sfuggire.
Oliver si voltò sorpreso. - Anche tu
conosci LexLuthor?
- Sì, siamo cresciuti insieme. Per un
tempo siamo stati amici, quasi come fratelli. Non credevo che fosse ancora
vivo. Avevo perso le sue tracce.
- Lex ha
più vite di un gatto. - Rispose sprezzante Oliver.
- Come lo conosci?
- Stesso college. - Fu la risposta
secca di Oliver.
Bruce si voltò verso i nuovi arrivati
e quando i suoi occhi si posarono sulla donna, si costò leggermente da Felicity
con un passo in avanti, incredulo di vederla lì.
Attese in silenzio, senza mai
distogliere lo sguardo da lei, la quale ricambiava
fiera e sorridente, mentre si teneva saldamente al braccio di Lex.
- Signor Wayne, - Esordì LexLuthor con il suo fare
ammaliatore e poi rivolse la sua attenzione a Felicity. - Signorina Smoak, lieto di fare la sua conoscenza. Ho seguito ogni suo passo
da quando ha iniziato la sua carriera alle industrie Wayne, - Lex le afferrò la mano e gliela baciò. - … e non solo. -
Fece cadere il discorso e lasciò al silenzio il compito di sottolineare
il vero significato di quelle ultime due parole.- È incantevole questa sera. Il signor
Wayne è davvero fortunato ad avere un vice presidente come lei.
- Cat. -
Salutò Bruce.
La donna smise di sorridere e gli
rivolse uno sguardo serio. Era passato troppo tempo da quei giorni in cui lei
era stata la sua Cat.
- Felicity, ti presento Selina Kyle.
Selina, Felicity Smoak, vice presidente dell'industrie
Wayne.
Selina posò gli occhi sulla ragazza.
Felicity ebbe quasi l'impressione che quelle iridi ambrate la stessero
vivisezionando pezzettino per pezzettino. Sorrise in
segno di saluto, mentre il sangue le si gelava nelle
vene.
Ad un tratto si sentì afferrare
dolcemente per la vita e spostare lentamente all'indietro, fino a quando non
andò a sbattere contro qualcuno. Oliver!
- Clark Kent e Oliver Queen, ma che
magnifica sorpresa. - Esordì LexLuthor
quando si accorse della presenza dei due uomini.
- Chi non muore si rivede, - Lo freddò Oliver.
- Lex. - Disse Clark
semplicemente.
- Se i signori mi vogliono scusare,
ma ho visto il Sindaco… - Senza aggiungere altro Lex
si congedò.
- Cat, -
Bruce bloccò la donna per il braccio prima che potesse seguire il suo
accompagnatore. - Stai attenta.
Selina si liberò dalla sua presa e lo guardò divertita. Attese qualche secondo e poi si protese
verso il suo orecchio, come una gatta pronta a graffiare. - Bruce, dovresti
saperlo che mi eccita il pericolo.
Lo sguardo di Bruce si accese e il
colore delle sue pupille divenne ancora più nero e profondo. Seguì la donna
allontanarsi e poi si voltò verso gli altri incrociando i loro sguardi allibiti
e curiosi.
- Così, - Iniziò Felicity, si morse
il labbro cercando di tenere a freno il sorrisetto. - Anche il tenebroso e
riservato Bruce Wayne non è immune al fascino di una bionda dagli occhi di
gatto.
In risposta Bruce le regalò
un’occhiataccia severa che la fece desistere dal continuare, poi si allontanò
di qualche passo con Clark, lasciandola sola con Oliver.
L'orchestra iniziò a suonare e le
coppie scesero in pista a ballare.
Felicity guardò Oliver in attesa del
suo invito.
- Che c'è? - Chiese Oliver interdetto
da quello sguardo.
- Musica, vestito elegante, -
Felicity indicò con la mano l'abito. - Tacco dodici, -
Sollevò leggermente la stoffa e gli mostrò le sue
scarpe. - Tu, smoking, affascinante più che mai, - Si appoggiò a lui, e fece
scivolare la mano sulla giacca. - Perfetto come cavaliere per un evento di
beneficenza. Ti fa venire in mente qualcosa, signor Queen? - Sussurrò al suo
orecchio.
- In effetti
sì, mi fa venire in mente qualcosa, ma non credo che sia quello che intendi tu
ora. - La sfidò Oliver.
- Beh, io ti stavo proponendo di
ballare, perché? Tu a che pensavi? Mi... - Incrociò lo sguardo serio di Oliver
e quando sulle sue labbra comparve quel sorrisetto audace, Felicity capì. -
Oh...
- Lo sai che non ballo, ma… - Oliver
le afferrò dolcemente il mento tra l'indice e il pollice. - … quando tutto sarà
finito, sarai mia.
- È una minaccia, signor Queen? - Lo canzonò Felicity.
- No, una promessa. - Oliver si
abbassò su di lei, e le sfiorò con un veloce bacio la bocca.
Gente, abbiamo un problema. La voce di Chloe si fece
strada nei loro auricolari.
Il gruppo si avvicinò, creando con
nonchalance un cerchio. Lois è qui.
- Lo sapevo! - Esclamò Clark
esasperato. La finta traccia che aveva progettato per tenerla impegnata quella
sera non aveva dato i risultati sperati. Clark era ben cosciente che nulla al
mondo avrebbe impedito a Lois Lane di partecipare al party.
Dopo qualche istante la donna fece il
suo ingresso in sala. Il suo abito oro brillò sotto le luci della sala,
donandole un'aria sexy e affascinante.
- Ci penso io. - Intervenne Oliver,
bloccando l’uomo per il braccio. - La terrò al sicuro. - Fu la sua risposta
alla muta domanda.
- Farò lo stesso. - Confermò Clark.
- Felicity, - Oliver si accostò al
suo orecchio e le baciò la guancia.
- Vai. - Sorrise. - Non ti
preoccupare, avremo altre occasioni, e prima o poi
dovrai ballare con me, nel frattempo troverò qualcun altro. - Oliver le scoccò
un’occhiata poco amichevole.
- Basta che non indossi una tutina
verde sotto lo smoking.
Felicity rimase senza parole. Osservò
Oliver raggiungere Lois, avvicinarsi al suo viso, sussurrarle qualcosa e dopo
pochi minuti i due scomparvero dalla sala. Magnifico! Pensò irritata. Appoggiò
la mano sul braccio di Clark, che aveva stampato sul viso un’espressione
contrariata, probabilmente molto simile alla sua. - Andrà bene, - Lo rincuorò. - Il fascino Queen è innocuo, almeno credo… -
Terminò a bassa voce. Si congedò da lui con un sorrisino rassicurante e andò ad ispezionare la sala. Si appostò vicino alla grande
vetrata per monitorare meglio il muoversi dei presenti.
All’improvviso le luci si spensero,
le finestre del salone si aprirono investendo i presenti con una forte folata
di vento. L'urlo di una donna infranse il brusio di paura. Dopo pochi istanti,
sulla parete si proiettò l’immagine di Felicity, a terra, che si contorceva dal
dolore, con le mani strette intorno al capo, imprigionata in una stanza senza
uscite.
- Oh mio Dio, - sussurrò Chloe
avvicinandosi a Clark.
- Chloe… - Clark vagò con lo sguardo
e si accorse che erano caduti in una trappola. Explotion
era stato più furbo di loro. - Ha capito che il fulcro del nostro piano era
Felicity. Puoi entrare nel sistema di sicurezza?
- Ci provo, ha inoltrato
una serie di virus a catena, un specie di cavallo di troia multiplo che ha
confuso il sistema informatico e ci ha bannato tutti.
Luke li raggiunse, seguiti da Roy e
Cindy. - Che succede? Siamo stati eliminati dalla rete, come è
stato possibile?
- Ha capito che Felicity gestiva il
tutto, eliminando lei ha avuto via libera.
- Peccato che non ha capito che noi due insieme siamo una forza. - sorrise Luke, porgendole il
pugno.
- Hai proprio ragione. - Chloe
ricambiò il pugno. - Abbiamo bisogno del computer centrale.
- È pericoloso! Non sapete che cosa
troverete nei sotterranei. - Intervenne Cindy.
Luke si voltò verso di lei. Sorrise.
Proprio in quel momento Bruce salì
sul podio per calmare la gente. - Signori e signore, non vi preoccupate,
la polizia di Gotham si sta già occupando del problema…
Clark si voltò verso di lui e sgranò
gli occhi. - Ha piazzato l’ordigno sotto la pedana e salendovi, Bruce deve
averla attivata!
- Bisogna evacuare l’edificio, -
Intervenne Hal.
- Ci penso io, - Luke gli fece
l’occhiolino. Digitò una serie di comandi e all’improvviso l’allarme
antincendio iniziò a suonare.
- Voi occupatevi delle persone, - Hal
si rivolse a Cindy, Roy e Diggle. - Io mi occuperò di
Felicity. Presto!
Clark si accostò con nonchalance a
Bruce e gli comunicò dell’esplosivo che era stato
piazzato sotto i suoi piedi, intimandogli di restare fermo.
Roy e Diggle iniziarono a dirigere le
persone verso l’uscita.
- Andiamo! - Disse Luke a Chloe.
- Luke, - Cindy lo afferrò
per il braccio. - Stai attento.
Luke si fece rapire da quegli occhi
ricolmi di emozioni contrastanti e agì d’istinto.L’avvicinò a sé e la baciò senza
pensarci, in mezzo alla folla, davanti ai suoi amici, senza riflettere sulle
conseguenze, in fondo poteva essere anche l’ultima volta che l’avrebbe vista.
Dopo un attimo di stordimento, Cindy
corrispose il bacio, forse per le stesse motivazioni che avevano spinto Luke a
farlo.
- Sei sexy con questo vestito di
pelle, ragazzina. - Le sussurrò vicino all'orecchio.
- Torna tutto intero, altrimenti mi arrabbierò di brutto.
Cindy si voltò e seguì gli altri.
- Andiamo, Casanova. - Lo prese in
giro Chloe. - Dobbiamo fare a pezzettini un cattivone.
Clark appoggiò una mano sulla spalla
di Bruce.
- Sgomberate il palazzo, accertatevi
che non resti più nessuno, poi uscite anche voi e andate a prendere quel figlio
di puttana. - Ordinò Bruce.
- Sarà fatto.
Clark, abbiamo individuato il segnale sorgente
della trasmissione dei dati. La voce di Chloe rimbombò nella ricetrasmittente. Ti invio le coordinate.
Clark guardò Bruce. - Vai, - Gli
ordinò. - Me la caverò. Attenderò che tutti siano al sicuro e poi agirò.
Bruce era rimasto solo nella stanza.
Chiuse gli occhi per trovare la concentrazione, ma dei passi attirarono la sua
attenzione.
Alzò lo sguardo e lo
puntò sulla donna. - Cat, - Si lasciò sfuggire per la
sorpresa. - Che ci fai qui? Non hai sentito l’allarme antincendio?
- Non cambi mai,
Bruce. - Selina avanzò di un passo e si fermò proprio sotto il podio. - Prima
il bene degli altri e poi il tuo. A volte un pizzico di egoismo potrebbe
giovarti. - Gli girò intorno, accarezzando la fredda
colonna di ferro e alla fine salì anche lei sulla pedana, fermandosi dietro le
spalle dell’uomo.
- Che fai? Scendi subito... - Bruce
le ordinò, allarmato senza potersi voltare. - È
pericoloso.
Selina si avvicinò al suo orecchio. -
Te l’ho già detto, Bruce. Il pericolo mi eccita. - La
sua mano scivolò dal capo dell’uomo fino a metà schiena. - I miei istinti, mi
hanno avvisato del pericolo. Non posso permettere che ti succeda qualcosa.
- Sei una pazza.
Selina rise di gusto. - Può essere,
ma anche questo lo dovresti già sapere.
Con un’abile mossa, Bruce si voltò
per guardarla in viso. Lei sorrise quando incrociò il suo sguardo.
- Non stai al gioco, signor Wayne. È
stato imprudente e sciocco quello che hai fatto, ora
potrò leggerti nel profondo. I tuoi occhi non hanno segreti per la
sottoscritta... in fondo potrebbe essere la nostra ultima volta. - Selina
avvicinò il viso a quello di Bruce. Avvertì il fiato caldo del suo respiro
solleticarle la bocca.
- Perchè
sei tornata? - Le chiese, serio.
Lei sorrise. - Mi mancavi, - Fece le
fusa, lasciando una labile distanza tra le loro bocche.
Bruce non riusciamo a sbloccare il timer! Urlò Chloe disperata.
- Andate via. Ci penso io. - Ordinò.
Si tolse l’auricolare e fissò intensamente gli occhi
Selina. - Sei pronta a saltare, gattina?
Lei lo
guardò in silenzio. - Sì.
Bruce non esitò oltre. L’afferrò per
la vita e si gettarono con forza fuori dalla vetrata. Lanciò in aria uno dei
suoi bat-artigli, mentre l’esplosione inseguiva la
loro fuga verso la salvezza.
- No! Basta! Ti prego, smettila. - Le
basse frequenze entravano nel cervello di Felicity come lame affilate, colpendo
ferocemente ogni suo neurone.
Si afferrò la testa tra le mani,
contorcendosi a terra. Il dolore era talmente insopportabile per lei, da non
riuscire nemmeno a rifugiarsi nel suo mondo di meditazione. Quelle scariche
erano come una sequenza infinita di piccole e devastanti esplosioni.
- Non ce la fac…
- Alla fine Felicity si arrese e soccombette al delirio di onnipotenza di Explotion!
Una forte esplosione sbriciolò in
sabbia una delle pareti della stanza, che si adagiò come neve sul corpo inerme
e privo di sensi della donna.
- Felicity! - Urlò Hal, accogliendola
tra le braccia. - Non lo fare, Bionda, non pensarci neanche di mollarmi.
- Hal… - Sussurrò appena Felicity.
Debolmente alzò la mano verso il suo viso, ma una scossa elettrica creò una
serie di convulsioni al suo corpo.
Il suo cuore smise di battere, il respiro cessò e la vita scivolò dal suo corpo.
- No!
Hal raggruppò tutta la sua forza e si
librò in aria più veloce della luce.
Raggiunse il laboratorio di villa
Wayne, dove lo accolse un Andrew allibito. Quando si
accorse di Felicity, il suo sguardo mutò, un’espressione seria si impossessò del suo volto e ritornò ad essere il medico
freddo e lucido che era stato un tempo.
- Mettila sul lettino. Che cosa è
successo?
- Non lo so con esattezza. L’ho
trovata a terra che si contorceva, si teneva la testa tra le mani e gridava di
smetterla, ma io non sentivo niente. Quando l’ho presa tra le mie braccia, ha
avuto una serie di convulsioni.
- Shock elettrico neuronale. -
Afferrò il defibrillatore.
- Aspetta! - Hal bloccò Andrew per il
braccio. - Che vuoi fare?
- Dobbiamo resettare il suo sistema.
La sua mente ha crashato, proprio come un computer,
se non agiamo quanto prima, la perderemo per sempre e rimarrà in uno stato
vegetativo perenne. - Terminò di mettere gli elettrodi sul corpo di Felicity. -
Allontanati. Uno, due, tre, libera!
Andrew ripeté per tre volte il
procedimento, aumentando ogni volta l’intensità e finalmente il cuore di
Felicity riprese a battere normalmente.
Debolmente aprì gli occhi, stanca e provata. Incontrò prima lo sguardo sollevato di
Andrew e poi gli occhi verdi di Hal.
- Bionda, fammi un altro scherzo del
genere, e sarò io a morire la prossima volta.
- Ottimo lavoro, Clark. Non ti preoccupare, Lois è al sicuro qui con me. Sta prendendo un
caffè, faremo una passeggiata e poi la riaccompagnerò in albergo. Voi state
bene?
- Oliver, tieni,
caffè nero senza zucchero, come richiesto. - Lois gli porse il bicchiere ma
Oliver non riuscì ad afferrarlo, perché un colpo di pistola lo fece volare via
dalle mani della donna.
Oliver buttò il telefono a terra e si
gettò su di lei. - Lois! - Proprio nell’attimo in cui il secondo sparo lo
colpiva alla schiena.
- Oliver! - Gridò Lois, terrorizzata,
mentre accoglieva tra le braccia il corpo privo di sensi dell’uomo.
- Lois! - Urlò Clark raggiungendola,
seguito da una folata di vento.
- Clark, - Lois riuscì a stento a
pronunciare il nome dell’amico, spaventata e con le lacrime che le rigavano il
volto. - L’hanno ucciso…. Clark, hanno ucciso Oliver… Chiama il 911, fai
presto!
Il gruppo si era ritrovato all’ospedale dove Oliver era stato ricoverato d’urgenza.
Bruce era in piedi in un angolo, che
guardava in un mutismo serio la porta della sala operatoria, in attesa che uno
dei dottori portassero loro notizie. Selina gli appoggiò una mano sul braccio,
ma lui non si mosse, restò fermo, impassibile. La
donna respirò piano e non poté fare altro che rimanergli accanto.
Clark teneva tra le braccia Lois che,
ancora sconvolta da quello che era accaduto, non smetteva di tremare. Con un
movimento lento e calmo della mano sulla schiena, cercava di tranquillizzarla.
Cindy, al fianco di Roy, ogni tanto
lanciava delle fugaci occhiate a Luke che se ne stava in disparte in un angolo.
Con tutto quello che era successo, i due non avevano avuto il modo né di
spiegarsi, né di parlare, neanche di avvicinarsi, ma Cindy non se la sentiva di
allontanarsi da Roy, conscia del profondo legame che lo legava a Oliver.
Dopo un’estenuante ora di attesa
comparve il dottore.
- Mi dispiace, - Esordì il medico con
il consueto tono di circostanza. - Il signor Queen è morto. - Il silenzio calò
tra i presenti che si erano stretti a cerchio intorno al medico. - La sua morte
è stata immediata. Non siamo riusciti a capirne le cause, è tutto così assurdo
che non riesco a fornirvi una spiegazione plausibile.
Il gelò della morte investì i
presenti.
- Non è possibile, - sussurrò Lois,
incredula, e poi si rifugiò tra le braccia di Clark, piangendo a dirotto e
sentendosi ancora più colpevole per quella morte prematura.
Cindy si girò verso Roy, che a occhi
chiusi stava cercando di metabolizzare la notizia, e lo abbracciò
teneramente a sé. Lui appoggiò il capo nell’incavo del suo collo, e si aggrappò
a lei per impedirsi di cadere a terra e sprofondare nel dolore che stava
provando in quel momento.
A quella scena Luke se ne andò silenziosamente. Percorse il lungo corridoio
dell'ospedale immerso nei suoi pensieri. Bisogna avvisare Diggle, chissà come
starà Felicity? Pensò affranto. Le condizioni di Felicity erano stazionarie ma
non era del tutto fuori pericolo. Dovevano attendere quarantottore prima di
sospirare nuovamente. Diggle aveva preferito rimanere a villa Wayne con Hal, a
vegliare sulla ragazza.
Che serata di merda, pensò Luke,
sferrando un pugno alla parete. Raggiunse la stanza di Oliver e lì incontrò
Chloe ferma davanti alla porta.
- Chloe, - Disse piano, appoggiando
la mano sulla spalla della ragazza. - Oliver è morto.
- No, non lo è. - Affermò lei, seria.
- I dottori hanno detto che è morto
sul colpo.
Chloe lo
guardò a lungo, senza dire niente. S’immerse nel suo sguardo triste e dopo
qualche istante prese la sua decisione.
- Che cosa vuoi fare? - Luke la
guardò, sconvolto.
- Non c’è tempo per le spiegazioni.
Mi fido di te, Luke.
Chloe allungò la mano verso di lui e lo invitò ad entrare nella stanza con lei.
Continua…
Angoletto di Lights
Ohibò! È proprio il caso di dirlo.
Oliver è morto, Felicity è anche lei tra la vita e la morte, che tragedia di
storia, e chi se l’aspettava, di certo non io, dovrei
fare un bel discorsetto ai personaggi, voi che dite?
In tutto questo casino sono comparsi
anche Selina Kyle e LexLuthor,
che accoppiata! Prevedo casini, grandi o piccoli? Chissà.
Che effetti avrà su Bruce Wayne?
Novità sulla storia. Ormai ci stiamo
avvicinando alla conclusione. La storia dovrebbe avere 26 capitoli, ma il 26
devo ancora scriverlo e quindi non lo so con certezza, può essere che arriviamo
anche a 27. Vediamo questo weekend. Lunedì prossimo spero
di darvi la conferma.
Grazie a tutti per il vostro affetto
che dimostrate alle mie storie. Vi voglio bene.
Grazie come sempre, ma non è mai
scontato, a vannagio e a jaybree
per la loro consulenza e aiuto prezioso alla stesura.
Bene, noi ci rileggiamo lunedì con il
capitolo 24!
Luke era affacciato alla finestra
della stanza, immerso nei suoi mille pensieri. Ogni tanto lanciava una veloce
occhiata a Chloe che giaceva ancora priva di sensi nel suo letto. Non è
possibile, si ripeté incredulo. Non era ancora riuscito a metabolizzare quello
che era accaduto qualche ora prima. Mi fido di te, Luke. Il ricordo della
voce sicura di Chloe per l’ennesima volta gli dimostrò
che era tutto vero. Era stato un attimo, gli occhi chiari della ragazza avevano
catturato i suoi per una frazione di secondo e senza pensarci oltre, aveva
messo la sua vita nelle sue mani.
Luke scosse la testa, non posso
crederci, pensò fissando il volto sereno di Chloe.
Era bastato poco. Lei aveva
appoggiato le mani sul petto di Oliver. Una flebile aurea luminosa aveva avvolto entrambi, e dopo qualche istante si era
ritrovato a sostenere tra le braccia il suo corpo privo di sensi e guardare
incredulo Oliver ritornare dal mondo dei morti.
- Che è successo? - Gli aveva chiesto
Oliver.
- Io… - Luke l’aveva fissato per
diversi secondi senza riuscire a trovare le parole per spiegare quello che era
accaduto, poi aveva rivolto lo sguardo a Chloe. - Credo che ti abbia salvato la
vita.
Oliver aveva sospirato profondamente
cercando di mettere in ordine i ricordi confusi di quella sera. - Portala via
da qui. - Gli aveva ordinato, avvertendo l’arrivo degli operatori ospedalieri.
- Dovrò spiegare troppe cose, non serve che trovino anche Chloe in queste
condizioni.
E così, tra la confusione generale,
Luke si era volatilizzato custodendo stretto a sé il corpo della ragazza.
- Oliver! - Chloe si svegliò proprio
in quel preciso istante, mentre l’aria che entrava nei suoi polmoni la faceva
bruciare di nuova vita. Si portò una mano al petto. Quando rincorreva al suo
potere, odiava quella parte.
Luke le fu subito accanto. Chloe
inspirò profondamente. - Sto bene. - Afferrò la mano del ragazzo e la strinse
riconoscente. - Grazie.
- Dovremmo essere noi a ringraziare
te. Hai salvato Oliver Queen.
Chloe sorrise più apertamente. - Ora
l’unica cosa di cui ho bisogno è una bella doccia.
- Vai pure. Se vuoi, ti do una mano.
- Scherzò Luke ma in risposta si beccò un pugno.
La ragazza raccolse le sue cose e si
rifugiò in bagno.
Luke sorrise in direzione della porta
chiusa. Si stiracchiò, allungando verso l’alto le braccia. - Che nottata. -
Disse piano. Si levò la maglietta e la gettò sulla sedia, poi si sfilò i jeans
e gli fece fare la stessa fine. Stava per afferrare il
cambio quando sentì il lieve bussare.
Aprì la porta e si ritrovò di fronte
Cindy, la quale fece scivolare gli occhi sul suo corpo, sorpresa e compiaciuta
di trovarlo in quello stato di fronte a sé.
- Che accoglienza, - Ghignò
divertita, poi si fece seria. - Sei scomparso. Ero preoccupata. - Confessò
infine.
- Luke, - Proprio in quell’istante, Chloe
uscì dal bagno con indosso solo l’asciugamano.
Cindy sgranò gli occhi, incredula, poi dopo un attimo guardò con freddezza Luke.
- Evidentemente sono
stata una stupida a preoccuparmi per te. Continuate pure, scusate il disturbo.
- Senza aggiungere altro se ne andò.
- Corrile dietro! - Lo sollecitò Chloe.
Luke chiuse la porta lentamente.
Restò immobile, tenendo ancora stretto nella mano il pomello. - È meglio così.
- Ma l’hai
baciata! - Protestò la ragazza.
- È stato un errore, credevo che non
l’avrei più rivista.
Chloe gli si
avvicinò e gli appoggiò la mano sul braccio. - Non lasciarla andare, perché non
perderai solo la possibilità di stare insieme a lei ma
anche quello che c’è tra voi. Ne so qualcosa, non fare lo stesso errore che ho fatto con Jimmy.
Luke l’osservò per qualche istante in
silenzio. - Volevi chiedermi qualcosa?
Chloe inspirò silenziosamente,
arrendendosi alla cocciutaggine dell’uomo. - Hai finito il
doccia schiuma.
Una volta dimesso dall’ospedale,
Oliver aveva passato le ore successive al capezzale di Felicity, tenendo
stretto tra le mani quella della ragazza.
Andrew si era avvicinato per
controllare i valori di Felicity. Lo aveva guardato a lungo pensieroso e quando
Oliver aveva alzato il capo incrociando il suo sguardo, per un attimo lui aveva
trattenuto il fiato.
- Mi dispiace. - Andrew aveva
confessato infine. - Ho sbagliato, ti chiedo perdono ma all’epoca credevo di
fare la cosa giusta, ora ho capito che l’unica cosa giusta per Felicity è quella di averti al suo fianco.
Oliver si era alzato in piedi, aveva
fronteggiato Andrew ed era rimasto in silenzio, lasciando che il suo sguardo
serio sopperisse alla mancanza di parole. Poi, dopo un attimo, gli aveva porto
la mano.
- Hai salvato Felicity, in un modo
sbagliato, ma le hai donato una nuova vita… in tutti i sensi. Hai lottato per
lei e non ti sei mai arreso nell’inseguire il tuo obiettivo di proteggerla. -
Andrew gli strinse la mano. - Avrei potuto perderla per sempre, ma tu mi hai
dato la possibilità di avere un nuovo futuro con lei. So quanto ti sia costato
la decisione di ridarle il suo passato. Hai sacrificato il vostro rapporto per
il nostro. - Il silenzio era calato tra i due. - Grazie. - Aveva concluso Oliver, serio e senza aggiungere altro era uscito
dalla stanza, lasciando dietro di sé un incredulo Andrew.
Oliver ritornò a guardare il
bersaglio. Impugnò più saldamente l’arco e tese il braccio. Al battito del
cuore scoccò la freccia che si conficcò dritta nel centro. Con un veloce
movimento, lanciò in rapida sequenza altre tre fecce che si andarono a
conficcare una sull’altra.
Un battito di mani compiaciuto lo
fece voltare. Il sorriso luminoso di Chloe lo accolse.
- Complimenti, signor Queen. - Lo canzonò. - Non male per un morto. - Chloe si accomodò sul
divanetto.- Tutto bene?
- Sì, faccio un po’ di tiro al
bersaglio con un whisky doppio malto. - Oliver indicò la bottiglia sul tavolino
con lo sguardo.
- Ce n’è anche per gli amici?
- Certo, serviti pure. - Chloe
afferrò uno dei due bicchieri e si versò da bere. Sorseggiò lentamente il
liquido ambrato, bagnando le labbra, e poi si lasciò andare sullo schienale del
divano.
- Stai bene? - Chiese Oliver
accorgendosi dell'espressione seria che troneggiava sul volto della ragazza.
- Non lo so. - Confessò Chloe
evitando prontamente di guardarlo. - Clark… è il solito Clark. Il suo volermi
tenere al sicuro a volte è un tantino opprimente.
Oliver sorrise, comprendendo al volo
che cosa volesse dire. - Nottata impegnativa per tutti, anche per Clark Kent.
Hai corso un grosso rischio per riportare me dal mondo dei morti. Hai un grande
potere, hai la possibilità di ridare la vita, ma a che prezzo? La tua vita al
posto di un'altra? È una grossa responsabilità da accettare anche per un tipo
come Clark. - Oliver la fissò a lungo, in silenzio. - Ha solo avuto paura di
perdere la sua migliore amica. Sei stata in stato vegetativo per tante ore, non
c'è da biasimarlo... - Inspirò profondamente e il silenzio calò tra loro. Chloe
pensò a Felicity, e allo stesso destino che le aveva legate quella notte. -
Certe volte si ha solo bisogno di distrarsi un attimo
per vedere meglio la situazione. - Continuò Oliver più sereno.
- Tirare con l’arco aiuta? - Chloe si
levò le scarpe e a piedi nudi lo affiancò, guardando
scettica prima il bersaglio e poi lui.
- La concentrazione che si mette nel
tiro, aiuta a mettere a fuoco anche la situazione più
intricata.
Chloe alzò il sopracciglio, perplessa.
- Vieni qui,
- Oliver le porse l’arco e la invitò a tirare.
Dopo un attimo di esitazione, Chloe lo afferrò e tese il braccio all’indietro. Oliver le
appoggiò due dita sotto il gomito, sollevandolo leggermente per metterlo nella
giusta posizione di lancio.
- Quand’è che lascio andare la
freccia? - Chiese Chloe a bassa voce.
- Dipende dal tuo cuore. - Rispose
Oliver, serio. Scivolò con la mano sul braccio fino a raggiungere la sua, e la invitò a tendere ancora di più la corda. - Ascoltalo. -
Continuò calmo. - Tra un battito e l’altro. - Appoggiò le dita sulle sue,
guidando la sua presa. - Quello è il momento. - E Chloe lanciò la freccia che
andò a conficcarsi nel centro del bersaglio.
Dopo l’attimo d’incredulità la
ragazza si voltò sorpresa verso Oliver che sorrise alla sua buffa espressione.
- Grazie. - Disse Oliver, sincero. -
Per riavermi portato in vita.
Chloe gli porse l’arco e si andò a
rimettere le scarpe. - Non c’è di che, Oliver. Sei destinato a grandi cose, non
potevo lasciarti morire.
- Chloe, - Clark fece il suo
ingresso, interrompendo la loro confidenza. - Ti stavo cercando.
La ragazza gli
sorrise. - Trovata… - Alzò le spalle, imbarazzata.
- Stai bene? - Le chiese una volta
che si fu avvicinato, e lei sospirò lanciando uno sguardo divertito verso
Oliver.
- Lois? - Chiese Oliver a Clark.
- Si è ripresa, anche fin troppo
velocemente. - Ammise Clark, sconsolato. - Ha preso il primo aereo per Metropolis, la
notizia deve essere scrittafinché è
bollente, parole di Lois Lane. - Sospirò rassegnato.
Oliver si avvicinò a Clark e gli
porse la mano. - Grazie, amico. - I due si abbracciarono.
- Signori, il taxi è arrivato. - Li avvisò Alfred.
- Alla prossima volta, Oliver. -
Scherzò Chloe, abbracciandolo.
Andrew entrò per l’ennesima volta
nella stanza per controllare i valori di Felicity, ma questa volta la trovò
seduta sul letto mentre testava il suo potere.
- Ehi, - Si avvicinò piano, sedendosi
con cautela accanto a lei.
Per la sorpresa, Felicity fece
scoppiare la lampadina dell’abat-jour. - Ops.
Tra i due calò il silenzio e rimasero
senza parlare per diverso tempo, uno a fianco all’altro. A un certo punto
Andrew sospirò profondamente, con delicatezza afferrò la mano di Felicity e se
la portò in grembo.
- Mi dispiace. Non volevo farti del
male, io… io… desideravo solo proteggerti. Non sopportavo l’idea che tu potessi
soffrire in quel modo atroce. Quando Brainiac mi ha
prospettato la possibilità di donarti una nuova vita a quel prezzo, non ho
esitato. Forse ho sbagliato, ma l’amore che provo per te mi ha impedito di
essere ragionevole. Sono stato egoista, ora lo so. Credevo che Oliver Queen
fosse una minaccia, ma in questi giorni, vedendovi collaborare uno a fianco
dell’altro, ho capito quanto la sua presenza ti stimoli e quanto tu sia
importante per lui.
- Andrew, - Tentò Felicity e levò la
mano dalle sue.
- Non dire niente, lo so. Ti ho
deluso e ti senti tradita da me, lo capisco, ma credimi l’ho fatto in buona
fede, solo perché ti amo e non sopporto l’idea che tu possa soffrire. Sono
conscio che tu non provi lo stesso sentimento, va bene, l’ho accettato, ma non
voglio perderti un’altra volta. - Per la prima volta la guardò in viso. - Sei
importante per me, Felicity, anche semplicemente come amica.
Lei sorrise appena. Appoggiò il capo
sulla sua spalla. - Non lo fare mai più, se non ti amo, non significa che non
ti voglia bene. Mi hai salvato la vita, e stanotte è stata la seconda volta che
lo hai fatto, non tengo il conto, però non vorrei che diventasse un vizio. - Sorrise ma subito dopo si fece seria. - Non riesco ancora ad
archiviare la questione. Mi hai privato di due anni della mia vita, e
nonostante tu me ne abbia donato un’altra, per tutto
questo tempo ho sempre vissuto sentendomi incompleta, come se mi mancasse
qualcosa, e quel qualcosa era Oliver. - Gli afferrò il viso tra le mani. - Non
mentirmi più, non riuscirei a sopportarlo… - Sorrise piano, - Altrimenti sarò
costretta a svuotare i tuoi conti bancari, caro dottore, e non mi fermerò solo a quello.
Dopo un attimo di silenzio serio, i
due scoppiarono a ridere, come ai vecchi tempi.
Felicity si fermò in mezzo al
corridoio quando vide Oliver.
- Sono passato in laboratorio e non
c’eri.
- Con tutto quello che è successo,
avevo bisogno di meditare. - Confessò, evitando il suo sguardo. - Sono così
stanca che ho fulminato metà lampadine della villa. - Non fece in tempo a confessare
che la luce lampeggiò. Felicity si passò la mano sul volto sconsolata.
Oliver le si
avvicinò e accolse il viso tra le sue mani. - Stai bene?
- Dovrei chiederlo io a te. Sei tu
che sei tornato dal mondo dei morti, anche se io, in effetti, sono stata a
tanto così dal raggiungerti. Che poi, non mi aspettavo che fosse così, non
ricordo nulla… almeno non con precisione, ho solo delle sensazioni. È stato
strano in effetti…
Oliver la baciò d’impulso
stringendola stretta a sé e mettendo fine al suo sproloquio.
- Non giochiamo più con la morte
almeno per un po’, promesso?
- Se mi baci in questo modo, non
riesco a dirti di no, Oliver. Vieni a letto con me. - Felicity non fece neanche
in tempo a realizzare quello che si era lasciata
sfuggire, che sgranò gli occhi, mentre il sorrisetto furbo di Oliver compariva
sulla sua bocca. - Andiamo a letto… - Strizzò gli occhi.- Volevo dire, andiamo a riposare.
- Dormi con me? - Oliver la tolse
dall’impiccio, le appoggiò il braccio sulle spalle e si incamminarono
verso la sua stanza.
Entrarono in camera, lui si levò la
maglietta e rimase solo con i pantaloni. Sistemò le coperte e s’infilò a letto.
Solo allora rivolse di nuovo l’attenzione su di lei, la quale era rimasta ferma
al centro della stanza a fissare i suoi movimenti in silenzio.
- A nanna, signorina Smoak. - Colpì con
la mano il posto accanto a lui. - Abbiamo bisogno entrambi di riposare, domani
ci attende una lunga giornata.
Felicity si slacciò lentamente la
vestaglia e dopo qualche secondo la lasciò scivolare sul suo corpo fino a che
non cadde a terra. Gattonò sul letto e si distese accanto a lui.
- Vuoi dormire veramente? - Felicity
si passò la mano sul volto. - Sono troppo stanca per mettere
un freno alla mia bocca. Arriverà mai il giorno in cui ci
riuscirò?
Oliver scivolò accanto a lei e la
fece accomodare sul suo petto.
- Abbiamo tutto il resto della nostra
vita, Felicity. - Le baciò la fronte. - Mi diverte troppo quando farnetichi.
Lei a quel gesto alzò il capo per
guardarlo in viso. Sorrise, dolce.
- Quando Andrew mi ha detto quello
che ti era successo per un attimo ho creduto di averti perso per sempre. -
Confessò triste. - Non voglio più provare quella bruttissima sensazione.
- Non succederà. - Oliver la strinse
a sé. Il silenzio li avvolse e per un attimo lui credette che si fosse
addormentata.
- Ho parlato con Andrew. - Iniziò
piano, Felicity.
- E…
- Tutto il rancore che provavo nei
suoi confronti è svanito. Certo, non mi è ancora passata del tutto, ma non
posso permettere che esca dalla mia vita, e forse non lo voglio nemmeno.
- In fondo lo dobbiamo ringraziare. -
Disse Oliver ad un tratto.
Felicity fece leva sul suo petto e si
sollevò in modo da poterlo guardare in viso.
- Hai presente di chi sto parlando? Andrew Wolfar, il tipo che non ti è mai andato
a genio, quello che ci ha provato con me fin dal primo momento che ho messo
piede alla Richmord Enterprise, quello che mi ama così tanto da avermi
ingannato per allontanarmi… - Oliver le appoggiò l’indice sulla bocca.
- Ho capito. - Disse serio e severo.
- Ti ha salvato la vita, un’altra volta. Questo è quello che conta. La prima
volta è stato spinto da motivazioni per lo più
sbagliate, che ci hanno separati per tanto tempo, ma è solo passato. Ora siamo
di nuovo insieme, il resto non ha più importanza. Il passato non si può né
cambiare, né rivivere. Il presente è tutto nostro e il futuro ce lo possiamo creare come vogliamo, insieme.
Felicity sorrise dolcemente. Si
abbassò su di lui e lo baciò con tenerezza. - Ti amo,
- Confessò quasi inconsciamente.
Oliver sgranò gli occhi, sorpreso.
Afferrò il viso tra le sue mani e lo portò vicino al
suo. - Io di più. - E la baciò nuovamente non lasciandole il tempo di
metabolizzare quello che si era lasciata sfuggire.
- Ehi, - Roy era entrato in silenzio
in camera di Cindy. - Cosa significa quel borsone? -
Chiese stupito.
- Me ne vado.
- Come? Perché?
- Ho deciso così.
- Dove pensi di andare?
- Lontano da tutto questo, lontano…
- Da Luke. - Terminò serio, per lei.
Cindy si voltò di scatto, incrociando
lo sguardo triste che le stava rivolgendo.
- In fondo l’ho sempre saputo che nel
tuo cuore non c’è spazio per me, non nel modo che abbiamo creduto di volere entrambi. - Roy le appoggiò le mani sulle spalle. -
Siamo troppo legati alle persone del nostro passato e anche se non lo vogliamo
ammettere, non siamo ancora pronti a tuffarci in qualcosa di nuovo.
- Hai trovato Thea? - Realizzò Cindy
all’improvviso.
- Sì.
- Che cosa pensi di fare?
- Non lo so ancora, forse… - Alzò le
spalle, - Lo saprò quando la vedrò.
- Te lo auguro,
amico. - Cindy lo abbracciò con affetto.
- Sei sicura che scappare sia la
soluzione migliore?
- Io non scappo, - puntualizzò. - Mi
prendo solo del tempo per capire. - Cindy raccolse il suo sacco e se lo appoggiò in spalla. - Stai attento. - Gli disse
guardandolo dritto negli occhi. - Non lasciarti battere,
Cappuccetto Rosso. - Gli fece l’occhiolino.
Si avvicinò alla porta ma subito si
bloccò, poi si voltò di scatto verso Roy. - Dai questa
a Oliver. - Gli porse una busta. - Tutto quello che so, non è molto, ma vi
aiuterà. - Sorrise giusto il tempo di un attimo e poi se ne
andò.
Continua…
Whtif? O.O
Angoletto di Lights
Partiamo con alcune precisazioni:
Il potere di Chloe è quello che
scopre di avere a fine della sesta stagione di Smallville,
dovuto all'effetto dell'esposizione da meteorite, che le dà la possibilità di
riportare in vita le persone ma che poi le causerà la perdita della memoria a
metà dell'ottava stagione... (ma quella è tutta un'altra storia ;) )
Vi ricordo che la nostra Chloe è
quella dell'inizio dell'ottava stagione diSmallville.
La scena tra Oliver e Chloe –
tiro con l'arco – si riferisce alla scena Chlollie.
Ho reinterpretato i fatti del finale d'episodio 9x12 di Smallville,
non potevo esimermi dal farlo, un omaggio al Chlollie
<3
Andrew e la Richmord Enterprise è un
riferimento alla storia Undercover – la prima
di questa “triologia”, per chi non l'avesse ancora
scoperta, si tuffi pure in quel mondo per scoprire come tutto ebbe inizio ;)
Infine, arriviamo a Cindy. Vi ho
lasciato il whtif scritto
in grande, proprio per rendervi partecipi di come mi sono sentita quando ho
finito di scrivere l’ultima parola a questo capitolo. L’avevo programmato? Assolutamente
no. Ci sono rimasta di m***a, classico esempio di come i personaggi si prendono in giro dell’autore. LOL
E ora?
Bella domanda, lo sapremo la prossima
settimana, ci si rilegge lunedì ;)
Bruce e Selina erano seduti sul
cornicione del palazzo da parecchie ore. Per lo più avevano trascorso il tempo
in silenzio, osservando dall'alto la situazione acquietarsi.
L’esplosione non era stata poi così
invasiva. Il primo piano delle industrie Wayne era completamente distrutto, ma
per fortuna le misure di sicurezza che Felicity, Chloe e Luke avevano preso,
erano riuscite a contenere la devastazione dell'esplosione.
Bruce inspirò a fondo. L'alba stava
sorgendo ed era giunta l'ora di ritornare alla realtà.
Come se gli avesse letto nel pensiero, Selina saltò in piedi sul cornicione, con la sua
solita grazia felina. Fece qualche passo a piedi nudi, sorreggendosi sulle
punte e dandogli le spalle, mentre i primi raggi del sole illuminavano la sua
figura. L'ombra della donna si distese per terra proprio come un gatto che si
stiracchiava appena sveglio.
- Perché non me lo chiedi e basta,
Bruce? - Domandò Selina, voltandosi verso l'uomo.
Lui la osservò
in silenzio, senza sbilanciarsi.
Lei sorrise. - Ah, Bruce, Bruce, come
devo fare con te? Dopo tutti questi anni, non riesci ancora a manifestare i
tuoi pensieri apertamente. A volte mi manca il ragazzino viziato e ingenuo di
quando ci siamo conosciuti. - Selina s’inginocchiò di fronte a lui, all'altezza
del suo viso. - No, tra me e LexLuthor
non c'è nessuna relazione.
Un'emozione saettò nello sguardo
dell'uomo che non poteva sfuggire solo a un occhio attento come quello della
donna. - Ora puoi rilassarti. - Provò a toccargli la spalla con la mano ma
Bruce la bloccò facendola sbilanciare. Con un'agile mossa, si alzò in piedi sul
cornicione e la tenne stretta a sé.
Una ciocca di capelli della donna gli
sfiorò la guancia, mentre in un respiro percepì il suo delicato profumo. Con
l'altra mano le riportò il dispettoso ciuffetto dietro l'orecchio e nel farlo
le accarezzò la guancia, tracciando con il dito la linea del viso.
- Sei bella. - Confessò Bruce,
guardandola dritto negli occhi.
Selina, che fino al quel momento era
rimasta tesa tra le braccia dell'uomo, a quel complimento sincero si rilassò.
Scese dalle punte e adagiò completamente la pianta dei piedi a terra.
- Bruce, - Ma lui bloccò il suo
tentativo.
Non voleva pensare, voleva solo godersi quel momento, giusto l'attimo prima di
ripiombare nella sua vita di doveri, dove lui combatteva dalla parte del bene e
lei parteggiava per una giustizia a modo suo. Era da troppo tempo che non
l’aveva tra le sue braccia. Solo per un attimo, si promise e si lasciò andare.
Avvicinò il viso a quello di Selina,
si fermò giusto un istante per darle la possibilità di bloccarlo ma lei non lo
fece.
Così Bruce appoggiò piano le labbra
sulle sue, le palpebre si abbassarono lentamente e lasciò che i sentimenti
prendessero per una volta il sopravvento sulle sue azioni.
Si baciarono a lungo, con calma, con
la passione celata dal loro essere uno l'opposto dell'altro, anime gemelle
divise dalla vita.
Bruce si staccò leggermente. Osservò
Selina negli occhi, immergendosi a fondo in quelle iridi infuocate dal sorgere
del sole, e poi le baciò teneramente la fronte in segno di addio.
- Bruce Wayne, il solito gentiluomo.
- Selina saltò giù dal cornicione. S’infilò le scarpe e si avviò verso la porta
della terrazza.
- Cat, -
Chiamò Bruce. Lei si voltò e gli lanciò uno sguardo
interrogativo. Lui con un agile salto atterrò a pochi passi dalla donna. - LexLuthor e le morti sospette a Starling City e a Gotham sono collegati,
non è vero?
- Stai invecchiando,
un tempo ci saresti arrivato prima. - La donna si voltò e fece per andarsene ma
lui la bloccò nuovamente, tenendola stretta per il braccio.
- Lascia che me ne occupi io.
Selina strattonò il braccio e si
allontanò di due passi da lui. - Bruce Wayne, o forse in questo caso è meglio
che ti chiami Batman, l'eroe di Gotham? Di cosa hai paura? Che perda ancora la mia
anima, e la venda al lato oscuro come in passato? LexLuthor non è la persona buona che tutti credono. Deve
pagare con la sua vita per tutte le morti che si sta lasciando dietro.
Bruce rimase in silenzio e le rivolse
solamente uno sguardo serio.
- Smettila di guardarmi in quel modo!
Non ho bisogno di essere giudicata da te.
A quell'accusa, Bruce scattò in
avanti e l'afferrò per le braccia. - Non voglio giudicarti, voglio
solamente saperti al sicuro. Non è uccidendo che avrai giustizia.
Sotto a quegli
occhi decisi e carichi di risolutezza, Selina chinò il capo e sorrise
tristemente.
- Perchè
per una volta non mi chiedi semplicemente di combattere al tuo fianco?
Bruce allentò la presa fino a
lasciarla andare.
- Non cerco vendetta, ma solo
giustizia. - Si avvicinò ancora una volta a lei, le accarezzò la guancia e poi,
in un attimo, la strinse a sé. - Non posso. - Confessò
a bassa voce vicino al suo orecchio.
Dopo qualche istante, Selina fece
leva con la mano sul petto dell'uomo e si staccò da lui.
- Sarà sempre così tra noi? - Chiese
triste, arrendendosi all'evidenza. Bruce non rispose, chiuse brevemente gli
occhi non riuscendo a trovare le parole giuste per rimediare a quella
situazione di stallo che si creava ogni volta tra loro.
Selina aprì la borsa ed estrasse una
scatolina. - Hai vinto. - Gliela porse.
- Cos'è?
- Credo che c'entri con il motivo di
tutte queste morti.
Bruce l'aprì e scoprì al suo interno
un proiettile di ghiaccio.
- L'ho preso in prestito da uno dei
laboratori di Luthor che ha poco fuori Gotham. Hanno
iniziato a produrli in serie. C’è sicuramente qualcosa sotto. Un proiettile di
ghiaccio uccide senza lasciare traccia, e trasforma così la morte in un fatto
innocente. - Si avvicinò a lui e lo baciò tra la
guancia e l'angolo della bocca. - Ciao, Bruce.
Senza aggiungere altro Selina Kyle
scomparve ancora una volta dalla vita di Bruce Wayne.
Oliver si era svegliato presto quella
mattina e si era ritrovato ricoperto da una matassa di morbidi capelli biondi.
Felicity era appoggiata al suo petto e dormiva tranquillamente. Ad un tratto le labbra della donna si erano adagiate sulla
sua pelle e lentamente avevano preso a baciarlo, risalendo fino al collo. Preso
in contropiede, Oliver si era irrigidito, restando immobile in quella
posizione, più che altro curioso di scoprire fin dove il subconscio della donna
l’avrebbe spinta.
Felicity si accoccolò nell'incavo del
suo collo, accarezzandolo più volte con la punta del naso, mentre la sua mano con
un movimento calmo gli solleticava il petto.
Carezze piacevoli, attenzioni
particolari, che ricevute di primo mattino facevano già prevedere il resto
della giornata.
- Non ti basta per cedere? - Chiese
sottovoce Felicity, ancora a occhi chiusi. - Non mi dire che Oliver Queen non
cade più in tentazione con le prime moine. - Sorrise e aprì gli occhi
immergendosi nello sguardo serio e profondo di Oliver.
- Voglio solo aspettare.
- Perchè?
- Per te. Voglio solo che tu sia
sicura di quello che provi.
Felicity lo
guardò per un lungo istante dritto negli occhi, celando la sorpresa per quel
gesto. - Oliver, una delle poche cose che so è che ti voglio adesso, ora. -
Decisa montò su di lui. Gli afferrò i polsi e glieli portò sopra il capo. E
tenendolo fermo al muro si abbassò per baciarlo. Bastò poco e Oliver cedette alle sue avance. - Abbiamo un po' di arretrati da
recuperare. - Sorrise Felicity.
La situazione tra i due si stava
spingendo oltre alle carezze e ai semplici baci, quando vennero
interrotti dal bussare sulla porta.
- Oliver, - Diggle entrò in camera e
rimase senza parole a ritrovarsi di fronte quella scena.
Felicity smontò giù da Oliver e
sprofondò sotto le coperte per l'imbarazzo.
- Oddio, scusatemi. - Iniziò confuso,
a occhi chiusi. - Continuate pure, cioè, no, beh insomma, io vado. - E Diggle
si chiuse la porta dietro di sé con forza.
Oliver alzò il lenzuolo e incontrò lo
sguardo esterrefatto di Felicity. Bastò un attimo e i due scoppiarono a ridere
come due ragazzini sorpresi dai genitori in atteggiamenti inappropriati.
Oliver si abbassò su Felicity e, prima
di baciarla, le sussurrò sulla bocca. - Ti amo.
Luke entrò in palestra tutto
assonato. Dopo che Chloe se n'era andata, si era buttato sul letto. Si era
girato per tutto il resto della notte, senza riuscire a trovare pace. Non era
riuscito a dimenticare lo sguardo ferito che Cindy gli aveva rivolto. Era stato
uno stupido, doveva rimediare.
La prima cosa che aveva fatto quella
mattina era stata andare da lei. Stava per bussare ma Hal lo aveva
intercettato.
- Che fai,
Cyborg? Importuni la ragazzina di prima mattina? Oppure, - Si era avvicinato
con uno sguardo sornione. - … ti ha dato un bel due di picche?
Lui l'aveva guardato scioccato e senza dire una parola aveva fatto il gesto di
andarsene.
- Cindy non è nella sua stanza, -
Aveva iniziato Hal, con tono divertito. - Se non è nella tua, e non è nella
sua, allora mi domando in quale stanza potrebbe essere. Vediamo, - Si era
puntellato il mento con l’indice. - Manca solo una persona del trio
all'appello... - Aveva lasciato la frase in sospeso per il gusto di punzecchiarlo.
Luke si era bloccato un attimo e
senza darla vinta a Hal aveva continuato per la sua
strada.
Sbadigliò per l'ennesima volta, e con
la vista annebbiata vide Roy che si stava allenando con un'espressione seria
sul volto, ma nessuna traccia di Cindy.
Questo qui è già incazzato di prima
mattina, come iniziare bene la giornata, pensò irritato.
- Buongiorno. - Luke lo salutò apaticamente, per palesare la sua presenza.
Roy gli
lanciò un'occhiata ostile e continuò con il suo esercizio.
- Loquace stamattina? Beh, del resto,
dalla brutta imitazione di Oliver che cosa posso pretendere?
Roy gli si
rivoltò contro come una furia, afferrandolo per la maglietta. - Prova a
ripeterlo, se hai il coraggio.
- Calma, eroe. Cos'è, stanotte sei
andato in bianco?
Roy, a quella insinuazione
gratuita, gli sferrò un pugno in pieno viso e quello bastò per far iniziare il
combattimento tra i due.
Oliver e Diggle rimasero sulla soglia
a osservarli.
- Secondo te, qual è il motivo dello
scontro questa volta? - Chiese Diggle, scettico. - Sarà meglio dividerli prima
che si uccidano a vicenda.
Oliver sospirò sconsolato, ormai
aveva rinunciato a trovare un equilibrio di pace apparente tra quei due.
Assentì con il capo.
- Ora basta! - Oliver bloccò Roy per
le spalle, mentre Dig teneva fermo Luke. - Si può sapere che è successo?
- È tutta colpa sua se Cindy se n'è
andata! - Urlò Roy, arrabbiato, tentando di colpire ancora Luke,
ma Oliver riuscì a trattenerlo.
- Cosa? - Luke si calmò all'istante e
Diggle lo lasciò libero.
- Non so che cosa tu le abbia fatto,
ma l'hai spinta ad andare via.
- E non l'hai fermata? Sei un
coglione! - Luke si buttò su Roy, colpendolo con il pugno in piena guancia.
Felicity urlò assistendo a quella
scena, proprio mentre Hal e Bruce entravano nella stanza.
Hal scosse la testa, e dopo essersi
scambiato un'occhiata complice con Bruce, agitò la mano: sia Luke sia Roy finirono sbattuti contro la parete opposta.
- Hal! - Lo
rimproverò Felicity. - Non ti pare d’aver esagerato? Bastava una secchiata
d'acqua.
- Ai tuoi ordini, Bionda. - Senza
farselo ripetere due volte, Hal fece piombare sui due
una secchiata d'acqua gelata.
Felicity si passò una mano sul volto,
cercando di camuffare il sorriso ed evitando prontamente di scambiare lo
sguardo con gli altri.
Dopo quella mossa inconsueta, la
situazione tornò alla normalità.
Roy si avvicinò a Oliver e gli porse
la busta. - Questa me l'ha lasciata Cindy per te.
Oliver lo
guardò sorpreso e dopo un attimo l'afferrò. Lesse attentamente e quando arrivò
al fatico punto della confessione sgranò gli occhi.
- Che succede? - Chiese Felicity,
preoccupata accostandosi a lui. Oliver la osservò in
silenzio e poi le porse la lettera.
Felicity prese a leggerla ad alta
voce. - Mi dispiace. Lo so che non è un bel modo per iniziare una lettera, ma queste
due parole sono le uniche che riesco a pensare e a scrivere in questo momento.
Mi dispiace, perché ho cercato in tutti i modi di evitare di arrivare a questo
punto, ma non ce l'ho fatta. È tutta colpa mia. Le
morti improvvise che hanno colpito prima Starling
City e poi Ghotam... sono solo colpa mia. Mi
dispiace. Il mio unico intento era salvare la persona che ho nel cuore da
sempre, non credevo che il patto che avevo stretto con quel bastardo sarebbe
costato la vita a tanta gente. Mi dispiace, anche perché se mi sento colpevole
per tutto questo, rifarei la stessa cosa se mi ritrovassi allo stesso bivio. Ho
dovuto fare una scelta, e allora come oggi, salvare la vita di Luke è più
importante di tutto. - Felicity si fermò e guardò sorpresa l’uomo, che era
rimasto in silenzio a occhi chiusi e a pugni stretti. Dopo un attimo riprese a
leggere. - In cambio delle operazioni che gli hanno salvato la vita, ho dovuto
smuovere tutte le mie conoscenze per trovare una pianta che nelle sue radici
custodisce un potente e letale veleno. Ora lo so, allora non ne ero a
conoscenza, mi avevano solo convinto che sarebbe stato un grosso passo per
tutta l’umanità in campo medico. Il mio unico obiettivo era salvare la vita di
Luke. Ho creduto alle loro parole. Mi dispiace. Sono stata una stupida ingenua.
Me ne vado in silenzio, spero solo che un giorno possiate perdonarmi per quello
che ho causato. Vi lascio un rametto della pianta che ha creato questa
devastazione. Il Dottor Wolfar saprà cosa farne. Mi dispiace.
Il silenzio calò tra i presenti.
Nessuno aveva il coraggio di scambiare lo sguardo con l'altro. Quella
confessione era stata una doccia fredda per tutti.
Andrew, rimasto in disparte, ruppe il
silenzio. - A Central City, grazie all'aiuto della Dottoressa Snow, ho analizzato il composto che raccolsi la sera che spararono a Felicity e a me. - Rivolse lo sguardo sui
presenti, e gli attimi di quella notte ritornarono nitidi nella sua mente: lui
a passeggio con Felicity dimessa da poco dall’ospedale, la sparatoria,
l’incontro con Oliver, o meglio con Arrow. Il passato di Felicity che ritornava
a bussare e si scontrava con il presente. Lo scontro con Oliver. La verità che
saliva a galla e le sue bugie che gli si ritorcevano contro, e la sua fuga a
Central City. Andrew inspirò profondamente. È stato meglio
così, si disse. - Crediamo che il loro intento non sia uccidere, ma creare un
esercito di manichini che agisca agli ordini di un unico capo simultaneamente.
Supponiamo che il loro scopo sia molto simile a quello del Mirakuru,
ma con effetti più devastanti. Crediamo che siano molto vicini a realizzare
questo folle piano. - Afferrò il rametto dalle mani di Felicity. - Forse,
grazie a questo, riuscirò a trovare un antidoto.
- Dottore, potevi aspettare un altro
po' per metterci a conoscenza delle tue scoperte. - Intervenne Hal, irritato.
Andrew lo
guardò storto. Bruce appoggiò la mano sul braccio di Hal per acquietarlo. -
Dovevamo concentrarci su altro, non c'era bisogno di avere altre
preoccupazioni. I problemi si risolvono uno alla volta.
Ora, siamo pronti e lo risolveremo insieme, come una squadra.
Diggle osservò attentamente il volto
corrucciato e pensieroso di Oliver. - A che pensi? - Gli chiese.
- Quando mi hanno sparato, ho sentito
freddo. - Rispose Oliver, sovrappensiero.
- È normale, hai perso tanto sangue.
- Obiettò Andrew.
- No, ho sentito molto freddo dentro
la ferita, e poco dopo è stato come se mi mancasse l’aria… - Oliver rimase in
silenzio. - Non riesco a ricordare altro. - Felicity si avvicinò a lui, e gli
strinse il braccio con affetto.
- Come può essere? - Chiese Diggle,
incredulo. - Quando si viene colpiti, si avverte un
forte calore, non freddo!
- Proiettili di ghiaccio. -
Intervenne Bruce, attirando l'attenzione su di sé.
- Lo sapevo! - Esultò Hal. - Felicity, te l’avevo detto! - Sorrise vittorioso
verso di lei, e in risposta ricevette una gomitata,
che lui ricambiò con un’occhiata offesa. - Come odio avere ragione! - Incrociò
le braccia, soddisfatto.
Bruce aprì la scatolina che gli aveva
dato Selina e mostrò il prototipo.
Andrew l'afferrò tra le mani. -
Magnifico... se non lo vedessi con i miei occhi, non ci crederei. Questo spiega
perché nelle vittime non si è trovato né il proiettile, né il foro d’uscita.
- Un proiettile di ghiaccio può
ferire, ma se si considera la forza e la polvere da
sparo, un proiettile di ghiaccio dovrebbe sciogliersi quasi subito. Non si
spiega. - Obiettò Diggle, scuotendo il capo.
Bruce avviò la mappa sul grande
schermo ed evidenziò la zona. - Non stiamo parlando di proiettili di ghiaccio normali,
fatti di acqua congelata e una vera pistola. Questo è uno dei laboratori dei Luthor, dove questo è stato “preso in prestito”.
Oliver afferrò la scatolina dalle
mani di Bruce e l’osservò attentamente. - Il composto analizzato dal Dottor
Wolfar non è altro che la sua polvere da sparo. - A quelle parole la verità si
palesò tra i presenti.
- Cellule ematiche centrifugate.
Proiettili di sangue. Ma certo! - C'entrò il problema
Andrew. - Il composto si congela con il liquido di azoto e lo trasforma in materia
solida che al contatto con il corpo si scioglie, in questo modo si mescola al
sangue della vittima…
- …nessuno ha analizzato il DNA,
hanno pulito e basta, archiviando la morte come accidentale. - Terminò Hal.
- Oh mio Dio, hanno mescolato sangue
umano con il veleno di quella pianta. - Disse sottovoce Felicity.
- Per creare più velocemente un
esercito, non c’è niente di meglio che soggiogare un popolo. Fin quando non
avranno perfezionato la formula, la gente continuerà a morire. - Sentenziò
Bruce.
- Dobbiamo mettere fine a tutto
questo, prima che possano realizzare il loro folle piano. - Decretò infine
Oliver.
Continua...
Angoletto di Lights
Non so molto di Bruce Wayne e Selina
Kyle. Sto seguendo Gotham e ho desunto il loro carattere da un po' dei film
mischiato a quello dei telefilm, in caso perdonatemi se sono andata in OOC
A parte questo, già amo i “Brulina” <3
Le informazioni seminate lungo tutta
la storia, hanno composto il puzzle, ma non è ancora tutto, manca qualcosa.
Nel prossimo capitolo, capiremo
meglio il passato di Cindy e Luke, se realmente LexLuthor c'entra in tutto questo, e come sarà il destino di
tutti gli altri personaggi.
AVVISO: Dato che venerdì parto e starò via per sei giorni, il capitolo 26
sarà in pubblicazione lunedì 6 luglio, salvo imprevisti XD
Era passata poco più di una settimana
da quando Cindy aveva lasciato Gotham e villa Wayne. Dopo quello scossone la
vita del gruppo aveva ripreso a scorrere velocemente e ognuno di loro aveva
contribuito al meglio delle proprie capacità per mettere a
punto il piano per fermare il terribile progetto dei proiettili di
ghiaccio.
Felicity si accostò a Luke che era
intento a osservare un pallino sul monitor e ogni tanto sorseggiava whisky da
una bottiglia rubata dalla fornita cantina Wayne.
- Non dovresti bere, - Iniziò
Felicity, cauta, afferrando la bottiglia e portandola lontano da lui. Luke non le
badò minimamente e continuò come se nulla fosse.
Felicity si sedette poco distante e
puntò gli occhi sulla schiena dell'uomo, pensierosa. Il comportamento di Luke dalla
scomparsa di Cindy era stato fin troppo anomalo, calmo, disinteressato. Non si
aspettava di certo una reazione forte, ma neanche quella totale indifferenza.
Sospirò e andò contro i suoi
principi. C'è qualcosa che non ci dice, pensò e si collegò mentalmente al
computer di Luke invadendo la sua privacy. Tutto le fu subito chiaro.
Si alzò e gli si
avvicinò con calma. Rimase al suo fianco per qualche secondo, ma quando
Luke fece per portarsi il bicchiere alla bocca, lo
bloccò con la mano.
- Tu stai tenendo sotto controllo
Cindy, non è così?
Luke ghignò divertito - Non credevo
che l'avresti fatto, eppure hai ceduto al lato oscuro di Black Queen.
- Mi vuoi spiegare? - Tagliò corto
Felicity.
L'uomo si girò con la sedia, mettendo
per un attimo da parte il computer. Incrociò le braccia al petto e con un cenno
della mano la invitò a sedersi.
- Pensi che sia uno sprovveduto? -
Felicity gli regalò un'occhiataccia. - Con la vita che
facciamo, non posso permettermi il lusso di perdere di vista la ragazzina. Lo
ammetto, non è sempre stato facile in passato, perciò sono dovuto ricorrere a
un trucchetto. Hai presente il braccialetto che porta Cindy al polso? - Luke le
lanciò uno sguardo eloquente.
- Hai installato un gps. - Affermò Felicity, tra il sorpreso e il compiaciuto.
- Esatto, proprio per evitare di
ritrovarmi in situazioni come queste. Quella testa
calda non è nuova alle fughe, in passato mi ha fatto passare dei brutti momenti
e da quando ha incrociato Roy e Arrow sulla sua strada, ho deciso che era
giunto il tempo di tenerla al sicuro.
Felicity lasciò scivolare lo sguardo
sul volto stanco di Luke. Era da un paio di giorni che non si faceva la barba e la peluria sul viso gli donava un'aria
ancora più trasandata. Chissà da quanto non si fa una bella dormita? Sospirò rassegnata.
Anche se Luke non l'aveva ammesso apertamente, Felicity aveva capito benissimo
che non era per niente tranquillo a sapere Cindy da
sola per strada.
- Che coincidenza, - Iniziò in tono
insinuante. - Proprio quando Roy è entrato nella vita di Cindy, hai iniziato a
marcare il territorio, davvero curioso. - Precisò sovrappensiero.
Luke a quella insinuazione
si sistemò meglio sulla sedia. - Che cosa vuoi dire? Non ci vedo nulla di
strano. Roy le ha solo portato una valanga di problemi. - Si giustificò con
nonchalance.
Felicity si alzò dalla poltrona, si
piegò su di lui appoggiando le mani sui braccioli della sedia e lo guardò dritto negli occhi. - Non faresti prima ad
ammettere che ti sei innamorato di lei?
Luke deglutì, preso in contropiede.
Con uno slancio del piede, scivolò indietro con la sieda e si voltò a guardare
nuovamente il monitor. - Sciocchezze, - biascicò e chiuse il discorso, facendo
apparire la videata del progetto al quale stavano lavorando.
Testone, pensò Felicity e si rimise a
lavorare al suo fianco.
- Cindy è fortunata ad avere un
amico… speciale, come te. - Sorrise prima di tuffarsi nel suo mondo
cibernetico.
- La situazione sembra tranquilla, -
Constatò Batman in cima a uno dei grattacieli di
Gotham, rivolgendosi ad Arrow. - Da diversi giorni non si vede più quel via vai
di camion di merci andare e venire dal laboratorio di Luthor. L'idea che ha avuto Diggle di bloccare le loro
spedizioni ha avuto effetto. Possiamo passare al piano B. - Il silenzio calò
tra i due. - Perché non me lo dici e basta, senza continuare a rimuginarci
sopra, Oliver? - Lo incalzò Bruce, dopo un po'.
Oliver abbassò il cappuccio e andò a
sedersi vicino al pilastro di cemento della porta d'ingresso, e lui poco dopo lo imitò.
- La nuova base operativa a Starling City è quasi terminata.
- Lo so.
- Dobbiamo decidere.
- Abbiamo già preso una decisione. Ne
abbiamo parlato e mi pare che eravamo tutti e due
d'accordo, non sei più convinto? - Chiese Bruce, lasciando trasparire una punta
di ansia.
Oliver inspirò profondamente e si
portò le gambe al petto, appoggiandovi sopra le braccia.
- Felicity, - Iniziò piano. - In
questi mesi mi sono reso conto quanto sia affezionata a te. Il rapporto che
avete instaurato è importante e non voglio che questo cambiamento la metta di
fronte a una decisione della quale non sia totalmente convinta.
Bruce rimase in silenzio mentre
soppesava i dubbi di Oliver.
- Ami Felicity?
- È la persona più importante della
mia vita.
- Ami Felicity? - Oliver si voltò
verso Bruce. Si guardarono seri per un lungo istante.
- Sì. - Rispose infine Oliver.
Bruce appoggiò il capo al muro e
osservò il cielo buio della notte. - Questo è quello che conta, tutto il resto
non ha importanza. Non sottovalutare l'amore che Felicity prova per te. È forte
e sincero, e ti posso garantire che nessuno al mondo la terrà lontano da te,
neanche quello che c'è tra noi.
Oliver sorrise, si alzò in piedi e
con un cenno della mano salutò Bruce prima di saltare giù dal palazzo e
rientrare alla base.
Bruce si alzò in piedi e scosse la testa.
Rivolse lo sguardo lontano e per un attimo si soffermò sull'algida figura che
lo stava osservando in cima al palazzo poco distante da lui.
- Cat, -
sussurrò piano, e come se lo avesse sentito lei scomparve nel buio della notte.
Dovevo aspettarmelo che non si
sarebbe messa da parte, pensò con una punta di
soddisfazione.
- Così stai
tenendo d'occhio Cindy, - La voce di Roy alle sue spalle fece sussultare Luke,
che era intento a osservare la ragazza da una delle telecamere della città.
Roy afferrò la sedia e si sedette
accanto a lui.
- Dov'è? - Chiese senza staccare gli
occhi dal monitor.
- Proprio oggi è arrivata a Metropolis.
Il silenzio calò tra i due, che senza
rivolgersi neanche uno sguardo continuarono a seguire i movimenti della ragazza
sullo schermo.
Hal entrò nella stanza e rimase
stupito nel vedere i due seduti uno accanto all'altro
in modo pacifico. Curioso si accostò a loro e osservò anche lui per qualche
secondo i movimenti della ragazza.
- Ve ne siete accorti che lei sa
benissimo di essere seguita? - Chiese palesando in quel modo la sua presenza e
cogliendoli di sorpresa.
Entrambi si girarono.
- Che cosa dici? - Chiese Luke.
- Cyborg, la ragazzina ti sta
giocando. Guarda. - Indicò il monitor. - Vedi il leggero movimento del capo,
non noti niente?
Roy e Luke osservarono meglio.
- Ha lanciato un'occhiata alla
telecamera. - Affermò Roy, sorpreso.
- Esatto, - Confermò Hal. - Non notate altro dal suo comportamento?
- Non è mai scomparsa dal raggio
delle telecamere. - Realizzò Luke.
- Questo sta a
significare...
- Che la ragazzina, mio caro Luke, ti
ha messo nel sacco e ti ha rivoltato come un calzino. - Concluse
Hal per Roy e picchiettò con la mano sulla spalla dell'amico per consolarlo.
Proprio in quel momento Cindy si
voltò e guardò direttamente in camera. Si appoggiò le dita sulla bocca e lanciò
un bacio in segno di saluto. Abbassò per un istante il capo e poi ritornò a
guardare il video con sguardo deciso.
- Continuo da sola,
starò bene. - Disse Hal ad alta voce leggendo il labiale.
Il segnale GPS scomparve, il monitor
si oscurò e Cindy si dissolse nel buio della notte di Metropolis.
- No! - Luke si alzò in piedi di
scatto, sbattendo i pugni con ferocia sulla scrivania. Digitò una sequenza di
comandi ma non ebbero l'effetto sperato. - Maledizione! - Fece volare la
tastiera.
Hal gli appoggiò la mano sulla spalla
per farlo calmare. - Andrà tutto bene. Ci sarà una motivazione valida alla sua
reazione. Ritornerà, non ti preoccupare. Cindy è caparbia e intelligente. Avrà
il suo piano che però non comprende né noi, né Roy, né te.
Luke fissò severo Hal, che al
contrario gli stava rivolgendo uno sguardo di comprensione.
- Ma
vaffanculo! - Tagliò corto e se ne andò dalla sala.
Hal fermò Roy per il braccio. -
Diamogli tempo. Primo o poi lo accetterà.
Oliver si svegliò nel cuore della
notte con la sensazione che gli mancasse qualcosa. Ancora ad
occhi chiusi, tastò il lato del materasso accanto a lui ma non vi trovò il
corpo di Felicity come si aspettava.
Si destò d'un
colpo, mettendosi a sedere. Non appena la vista si fu abituata all'oscurità,
intravide la figura della donna affacciata alla finestra e totalmente immersa
nei suoi pensieri.
Si alzò piano, senza fare rumore la
raggiunse. Felicity aveva indossato una sua camicia. I capelli spostati di lato
erano infilati all'interno del colletto, lasciando l’altra parte del collo
nuda.
- Ehi, - L'abbracciò. - Tutto bene?
- Non lo so, - Rispose Felicity, dopo
un attimo e si appoggiò con il capo al suo petto.
- A cosa stavi pensando?
- A Luke e… a Cindy.
Oliver sospirò amaramente. - Brutta
storia.
Da quando Cindy era scomparsa, Luke
si era rifugiato nel suo mondo ostile. Lui sapeva benissimo cosa stava passando
l’amico. Lui stesso aveva provato quella sensazione di smarrimento e
preoccupazione per quella scelta che aveva dovuto solamente accettare. Non
capire e non cercare una motivazione era stata forse
la parte più dura. Prese a dondolare dolcemente insieme a
lei.
- Perdonami, - Disse piano Felicity.
- In questi giorni mi sembra di essere tornata indietro, solo che ora credo di
sapere cosa hai passato per colpa mia. Ogni volta che
incontro lo sguardo di Luke, mi domando se per te è stata la stessa cosa, e...
- Chiuse gli occhi. - Non volevo farti del male. Volevo darti
una vita migliore.
Oliver la strinse più forte a sé. -
No, non è stato facile. - Iniziò con un tono più duro di quanto avesse voluto e
lei si irrigidì tra le sue braccia. Le baciò la tempia
per farla rilassare. - Abbiamo sbagliato entrambi, anch’io ho le mie colpe.
Dobbiamo perdonarci e andare avanti. Il passato è passato, non si può né
rivivere, né modificare. Per questo c’è il presente. Ti ho di nuovo tra le mie
braccia e nella mia vita, questa è l’unica cosa di cui mi importi.
Felicity si girò tra le sue braccia e
lo guardò seria.
- Ti amo,
signor Queen.
Lui sorrise e si abbassò per
baciarla. Felicity gli circondò il collo con le
braccia spingendolo di più verso di lei.
- La mia camicia ti dona. - La baciò
sul collo. - Sei sexy. - Le mani s’intrufolarono sotto la stoffa, cercando
avide la pelle calda della donna. Uno ad uno sbottonò
lentamente i bottoni, mentre lei non si perdeva neanche una sua mossa.
Oliver tracciò con l’indice
una linea, facendo in quel modo allargare la stoffa, fino a raggiunge il bordo
degli slip.
- Che intenzioni hai? - Chiese maliziosa.
- Ora lo vedrai. - Rispose Oliver,
divertito, spingendola verso il letto, dove dopo qualche secondo caddero
insieme.
Oliver prese a baciarla con una
travolgente passione, seminando sul suo corpo una scia di baci infuocati.
Il click della porta lo detestò dal suo intento. Alzò lo sguardo su di lei,
sorpreso.
- Non vogliamo essere interrotti sul
più bello anche questa volta. - Rispose Felicity alla sua muta domanda. Lo attirò a sé e ripresero a baciarsi perdendosi nel loro
ritrovato amore.
Hal entrò nel locale. Si guardò
attorno, osservando uno a uno i presenti, che per la
maggior parte erano immersi nei loro pensieri e sorseggiavano svogliatamente il
loro drink. L'ambiente era poco illuminato ma riuscì lo stesso a individuare la
figura dell'uomo nell'angolo più desolato del bancone del bar. Aveva lo sguardo
fisso sullo specchio, e meccanicamente si portava alle labbra il bicchiere di
scotch. Hal sbuffò silenziosamente. Ormai quella storia durava da più di una
settimana. Inizialmente aveva creduto che fosse una reazione più che normale,
l'abbandono, o meglio, la scomparsa di Cindy era stata difficile da accettare
per tutti, specialmente per lui, ma ora stava diventando un vero problema.
La prima mattina che lo aveva
sorpreso ubriaco aveva fatto di tutto per fargli
passare la sbornia e rimetterlo in sesto, ma con le notti successive il disagio
era aumentato. Aveva iniziato a bere anche di mattina e neanche i rimproveri di
Oliver e Bruce avevano sortito alcun effetto.
Quello che era successo la sera precedente
aveva attivato il suo campanello d'allarme. Luke e Felicity si trovavano da
soli in sala computer per elaborare la fitta rete informatica che circondava
l'intero laboratorio Luthor.
- Niente da fare. - Aveva sbuffato
Felicity, spazientita. - Chi ha progettato la rete di questo laboratorio sa il
fatto suo.
- Cazzo! Stiamo perdendo solo tempo
utile! - Era scattato Luke, arrabbiato.
- Luke, - Felicity lo aveva ripreso,
severa. - Non serve reagire in questo modo.
Lui si era voltato verso di lei e l’aveva
guardata per un interminabile lasso di tempo, con i
suoi occhi duri, spenti e annebbiati dall’alcol. Poi si era avvicinato
lentamente e l’aveva fronteggiata.
- Non dirmi che cosa devo fare.
- Hai bevuto troppo, è meglio se vai
a farti una bella doccia ghiacciata, così ti schiarisci le idee.
All’improvviso Luke l’aveva afferrata
per il viso, stringendo forte le dita sulla pelle e avvicinandola al suo. - Non. Dirmi. Che. Cosa. Devo. Fare.
- Cerca di reagire, Cindy… - Ma non
aveva fatto in tempo a terminare la frase, che la presa sul volto di Felicity
si era fatta ancora più stretta. - Luke, lasciami,
così fai male.
- Cos’è? Hai perso la tua aria da
maestrina?
- Sei solo ubriaco!
- Non mi giudicare! -E Luke in
collera l’aveva spinta a terra.
- Ma che fai!
Sei impazzito? - Hal era entrato proprio in quel momento e prima che l’uomo
potesse farle ancora del male si era gettato su di lui
bloccandolo.
Assicuratosi che Felicity stesse bene,
l’aveva trascinato fuori dal laboratorio e spinto
sotto il getto gelato della doccia.
Evidentemente la lezione non gli è servita, pensò contrariato. Inspirò a fondo e lo
raggiunse. Si sedette al suo fianco e ordinò una birra, il tutto senza mai
rivolgergli la parola. Attese molto, aveva quasi terminato di bere quando
finalmente Luke si decise a parlare.
- È tutta colpa mia. - Confessò
infine.
- No, ti prego,
i sensi di colpa alla Oliver Queen risparmiameli. - Hal gli rivolse un mezzo
sorriso prima di bere l’ultimo sorso. - Portamene un’altra. - Disse al barista.
- Perché non mi racconti la verità, invece di continuare a rimuginarci sopra?
Luke l’osservò con la coda
dell’occhio. Bevette e poi allontanò da sé il bicchiere.
- Vuoi sapere la verità? Sono stato
un idiota ad assecondare i suoi piani folli. Cindy ha fatto quello che ha fatto solo per me. Doveva lasciarmi morire, invece di
stringere quel patto con quel pazzoide fanatico.
Hal gli batté la mano sulla schiena.
- Vai, sfogati, vecchio mio.
- Cindy si sentiva colpevole per
quello che era successo. Credeva che le lesioni, che avevo riportato dopo lo
scontro con il tipo iniettato di mirakuro, fossero
solo affari suoi. Non ha mai capito, che preferirei morire piuttosto di vederle
torcere un capello. Mi hanno portato a Metropolis, in
un ospedale o laboratorio, ho solo dei vaghi ricordi. Non abbiamo mai saputo dove ci trovassimo esattamente. Ci tenevano al
segreto. Il dottore che mi prese in cura disse a Cindy che l’unico modo di
salvarmi la vita era trovare quella pianta maledetta. Torno presto, mi disse
prima di lasciarmi alle cure degli infermieri. Non so per quanto tempo fummo
divisi, a quell’epoca ero spesso sotto anestesia e sedativi. Fatto sta che
quando riaprii gli occhi non la trovai al mio fianco come mi aveva promesso. Ci
impiegai dei mesi per riprendermi del tutto, ma ormai ero un uomo a metà. Per
salvarmi la vita, in attesa del medicinale, mi dovettero amputare il braccio e
la gamba. Fu un duro risveglio. - Luke chiuse gli occhi cercando di scacciare
da sé quella orribile sensazione. - Quando mi svegliai
in piena notte, Cindy era al mio fianco. Mi confessò
che aveva scoperto che le industrie Wayne avevano avviato un nuovo progetto,
costruire degli arti artificiali per persone rimaste mutilate in guerra, e che quei
prototipi mi avrebbero ridato la possibilità di essere ancora un uomo normale.
C’era solo un piccolo dettaglio: ci mancavano sia i soldi che
i materiali. Non ti preoccupare, mi disse, penso io a te per una volta. Se
all’epoca l’avessi saputo, le avrei impedito di farlo, invece per me ha venduto
la sua anima al diavolo. In cambio dei soldi e del materiale informatico, Cindy
ha dovuto trovare persone che ormai non avevano più niente da perdere dalla
vita. E così ha raccattato dei senzatetto e li ha scambiati per me. - Luke si
afferrò la testa tra le mani, stringendo i capelli tra le dita. - Non importa
che cosa devo fare, se questo ti riporterà a vivere normalmente. Mi disse una
notte, dopo essersi svegliata da un incubo: non riusciva più a dormire bene. Alla
fine, dopo mille insistenze, riuscii a farmi raccontare la verità su cosa stava
combinando e misi subito fine a quello scempio. Raccogliemmo le nostre cose e
fuggimmo nella notte, senza lasciare tracce dietro di noi. Per un po’ vivemmo
tranquilli. Riuscii a infrangere la rete di protezione dei server delle industrie Wayne e carpire meglio le informazioni dei
vari prototipi. In cambio di favori, attraverso i nostri contatti, riuscimmo a
creare finalmente le protesi: non erano perfette ma con il tempo ebbi modo di
perfezionarle sempre di più, fino a quando non incontrai sulla mia strada lei.
- Black Queen. - Disse Hal,
sorridendo compiaciuto.
- Già. Non avrei mai immagino che
dietro Black Queen ci fosse una persona così adorabile come Felicity. Quando
capì che le mie intenzioni non erano cattive, mi aiutò
a impossessarmi di alcuni progetti, altre volte invece mi bloccò. Capii solo
parecchio tempo dopo che mi concedeva le informazioni dei prototipi che avevano
testato e che funzionavano al cento per cento.
- Tipico di Felicity.
- Quando iniziò a diffondersi la
notizia di queste morte accidentali, gli incubi di Cindy ritornarono a popolare
le sue notti. A quel punto capimmo che doveva esserci un collegamento tra noi e
quelle morti.
- Ritornaste proprio per questo a Starling City?
- Già. Cindy in qualche modo mi
convinse che avevamo bisogno dell’aiuto di Arrow, non sapevamo che nella
squadra ci fosse anche Roy. É stata molto brava a nascondermi
per tutto questo tempo la sua reale intenzione. - Luke bevve l’ultimo
sorso. - Il resto della storia lo conosci già. - Scese dallo sgabello, indossò
la giacca. - Stammi bene, amico.
- Ehi! - Hal lo
bloccò per il braccio. - Dove pensi di andare?
- Non l’hai capito? A Metropolis. Chloe mi ha appena informato che è riuscita a
trovare una traccia del laboratorio dove mi hanno tenuto per tanti mesi: il
trentatré punto uno. Sono più che sicuro che Cindy è ritornata in quella città
con l’unico scopo di distruggerlo.
- Ottimo, ho proprio voglia di
sgranchirmi le gambe. - Hal si alzò in piedi anche lui.
- Non posso permetterlo, devi
rimanere qui.
- Ci sono già troppi eroi, andiamo a
dare una mano a Clark Kent. Senza contare che così ho
la scusa giusta per rivedere Lois. - Gli fece l’occhiolino e si avviò verso
l’uscita. - Ti muovi?
Continua...
Angoletto di Lights
La storia di Luke e Cindy è collegata
alla storia su di loro Cappuccetto Rosso, se volete conoscere meglio i
dettagli passate di là ;)
Novità sulla storia! Il prossimo
capitolo sarà l’ultimo. Sto ancora valutando se ci sarà un epilogo, tutto
dipenderà dal capitolo 27.
Ora ci vuole un abbraccio di gruppo, perché
se penso che la prossima settimana questa storia si conclude, mi viene il
magone. Vi voglio bene.
Bruce riunì il resto della squadra
nella sala di comando.
- Hal e Luke sono partiti.
- Come partiti? Dove sono andati? -
Chiese Felicity, sconcertata.
- A Metropolis.
Lì c’è Cindy e il Trentatré punto uno.
- Trentatré punto
uno? - Chiese Diggle.
- Che ci fa lì Cindy? - Domandò a sua
volta Roy.
- Il Trentatré punto uno è il
laboratorio principale delle attività dei Luthor.
Cindy è andata a Metropolis per sabotare i loro
piani. Dalle informazioni che hanno raccolto Clark e Chloe sembra che tutto sia
partito da lì. Luke ne è la prova. - Spiegò Bruce seguito da un lungo silenzio.
- Agiremo in sincronia. Attaccheremo nello stesso momento, e metteremo fine a questo
scempio. Al lavoro. Il tempo a nostra disposizione è quasi terminato.
Ognuno andò alla propria postazione per
definire gli ultimi dettagli. La sera calò velocemente e li
trovò ancora immersi nei loro compiti.
Felicity si appoggiò allo schienale
della sedia, stanca. Si portò una mano alla tempia e iniziò a massaggiarla
lentamente. Tutto quel lavoro celebrare la stava mettendo a dura prova.
- Stai bene? - Chiese gentilmente
Roy, scivolando con la sedia accanto a lei.
- Solo stanchezza.
- Sei preoccupata?
Felicity si voltò verso di lui. -
Come tutti. Dividermi non mi è mai piaciuto, ma so che con Luke c’è Hal e
questo mi fa stare più tranquilla.
- Come ti capisco.
Lei gli
sorrise e gli appoggiò una mano sul braccio. - Andrà bene, e presto saremo di
nuovo tutti insieme.
Oliver si avvicinò ai due. Aveva
appena finito di allenarsi con Diggle in un combattimento a corpo libero.
Felicity scivolò con gli occhi sul suo petto sudato. Si morse il labbro mentre veniva sommersa dalle immagini della nottata infuocata appena
trascorsa.
- Roy, - Chiamò severo Oliver. -
Muoviti, Bruce ti sta aspettando, dovete perfezionare la tattica che abbiamo
progettato.
- Ma io… -
Roy tentò di protestare, ma l’occhiata severa di Oliver lo fece desistere.
- Oliver… - Felicity cercò di intercedere.
- Dobbiamo essere preparati, Felicity,
non sappiamo che cosa ci aspetta domani sera.
- Un po’ di riposo non ha mai fatto
male a nessuno. - Provò ancora. Diggle e Bruce nel frattempo si erano
avvicinati a loro. In cambio Oliver le regalò una delle sue occhiate serie.
- Perché non la smetti di comportarti
da despota e non mi baci… no! Volevo dire perché non mi dai retta? - Felicity
scattò in piedi e chiuse brevemente gli occhi, passandosi una mano sul viso e
le luci della sala iniziarono a lampeggiare facendo risaltare il suo disagio. -
Dio... - Con un gesto della mano fermò il sfarfallio
dell'illuminazione. Con lo sguardo scivolò un'altra volta su Oliver. Inspirò
profondamente. - Perché non indossi una maglietta... che prendi freddo! - Si
affrettò a specificare. Fece qualche passo indietro. - Ma
guarda... Alfred mi sta cercando. Vado da lui. - Corse via lasciando i presenti
di stucco.
Felicity entrò nel laboratorio
proprio quando il Dottor Wolfar stava scagliando a terra l'intera ricerca a
fronte dell'ennesimo esito negativo per l'antidoto.
- Andrew, - Si avvicinò piano.
Lui si scostò con rabbia. Si appoggiò
pesantemente al tavolo, con i pugni serrati e gli occhi chiusi. - Ho fallito...
ancora. - Colpì con forza il legno con il pugno.
- Ce la farai, ne sono più che
sicura.
L'uomo la guardò brevemente e poi
senza badarle prese a raccogliere i fogli da terra. - Hai troppo fiducia nelle
mie capacità. Ti deluderò... un'altra volta.
- Tu non mi hai mai deluso! -
Felicity si inginocchiò a terra di fronte a lui e gli
prese il volto tra le mani. - Beh, mi hai nascosto la verità per non so quanto
tempo e mi hai allontanato da Oliver... - Felicity strizzò gli occhi. - Mi hai
salvato la vita.
- Non è vero! Io non ti ho salvato.
Non sono stato in grado di trovare la cura e ho dovuto
scendere a compromessi con Braniac. - Abbassò il
capo, colpevole.
Felicity sorrise mestamente. - Mi hai
donato una nuova vita, ancora più bella di quella che avevo. La tua scelta è
stata giusta, il modo no, dovevi dirmi tutta la verità…
- Scosse la testa per non ricadere nello stesso errore. Gli
sollevò il capo in modo che potesse guardarlo negli occhi. - Mi hai salvato.
Senza di te non sarei qui, non potrei aiutare a cambiare il mondo, mi hai solo
aiutato a trovare la vera me stessa. Mi hai completato.
Andrew la guardò a lungo senza dire
niente. Felicity sorrise dolce e d'istinto
l'abbracciò.
- Ho piena fiducia in te, sono sicura
che riuscirai a trovare l'antidoto.
Lui la strinse a sé, confortato dalle
sue parole.
- Hai salvato la mia vita, salverai anche quelle delle altre persone.
L’uomo rimase sull’uscio a osservare
quell’abbraccio. Stava per fare un passo per interrompere quell’intimità
fastidiosa, ma desistette. Se ne andò in silenzio come
era arrivato, immerso nei suoi pensieri.
Felicity si era sentita impotente nel
vedere Andrew così sfiduciato. Aveva avvertito tutta la sua frustrazione per
l’ennesimo fallimento.
Si fermò un attimo e si appoggiò alla
porta. Era stanca, tutto quel super lavoro e la tensione che aleggiava sull’intera
squadra erano difficili da sostenere.
Ad un tratto la porta si aprì: Felicity
venne acciuffata per un braccio e tirata dentro la stanza. Non ebbe neanche il
tempo di capire che cosa stesse accadendo che delle labbra calde e morbide si
appoggiarono sulle sue. Cercò di fare resistenza, ma poi quando riconobbe
l’impronta particolare del bacio, si lasciò andare e si fece travolgere dalla
sua intensità.
Si staccò dopo un paio di secondi,
senza fiato, tutta scombussolata.
- Wow. - Esclamò estasiata. Con uno
schiocco di dita accese la luce e incontrò lo sguardo divertito di Oliver.
- Questa imboscata sta per… - Lo invitò a proseguire con la mano mentre cercava di
ritrovare un po’ di lucidità.
Oliver si avvicinò a lei e le
circondò la vita stringendola a sé. - Non me l’hai ordinato tu di baciarti? -
Ghignò divertito.
Felicity rimase senza parole, sgranò
gli occhi per la sorpresa ma poi sorrise compiaciuta. Gli
circondò il collo con le braccia, intrecciando le dita sulla sua nuca.
- Da quando esegui i miei ordini?
- Da quando sono così stuzzicanti. -
Oliver la baciò brevemente. - E poi...
- Poi... - Felicity avvicinò il viso
al suo.
- Come promemoria.
- Promemoria?
- Felicity... - Oliver lasciò la
frase in sospeso e rimase a guardarla negli occhi.
- Oliver.
- Quando tutto sarà finito, dobbiamo
parlare.
- Parlare di cosa? - Chiese Felicity,
confusa.
Oliver la baciò brevemente, prima
sulla bocca e poi sulla fronte. Si staccò da lei, facendo scivolare le mani
sulle sue braccia e facendo intrecciare le loro dita.
- Quando tutto sarà finito,
parleremo. Ora, concentriamoci sulla missione.
- Ma...
Oliver non aggiunse altro e aprì la
porta. Stava per andarsene ma ritornò sui suoi passi.
- Ah, Felicity... la prossima volta,
cerca di consolare Andrew con meno enfasi, ok? Non è più un bambino, credo che
possa incassare un fallimento. - Le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza.
Dopo un attimo di smarrimento,
Felicity sorrise e sussurrò alla porta chiusa: gelosone.
- Siamo in posizione. - Confermò
Arrow a Batman. Il tempo per agire era arrivato.
- Ok, gli accessi sono sbloccati. Che
inizino le danze! - Decretò Felicity con troppa euforia, guadagnandosi
un'occhiataccia da parte di Oliver. - Possiamo entrare. - Terminò più seria.
Stava per varcare la porta quando lui
la bloccò per il braccio. - Stai attenta.
Felicity l’osservò per un lungo
istante negli occhi. Sospirò, abbassando leggermente il capo e dopo un attimo
ritornò da lui. - Anche tu.
- Se avete finito voi due, avremo una
missione da portare avanti. - S’intromise Andrew, sorpassandoli. - Rispettiamo
il piano: a me il laboratorio, Felicity computer centrale e ad Arrow i
sotterranei.
- Grazie per il promemoria. - Tagliò
corto Oliver, infastidito.
Felicity sorrise appena, sollevò le
spalle non sapendo bene cosa dire e poco dopo si apprestò a seguire Andrew.
- Andrew, creerò un labirinto
virtuale, così potrai analizzare i dati senza che
qualcuno possa scovarti.
- Non sarà troppo lavoro per te? -
Obiettò lui, preoccupato.
- Che cosa vuoi che sia? Per Black
Queen è uno scherzo tenere sotto controllo i suoi eroi, realizzare diversivi e
mettere nel frattempo fuori gioco il sistema operativo del laboratorio. La smetterò primo o poi di parlare di me in terza persona? -
Domandò perplessa.
Andrew le afferrò la mano. - Non
abusare del tuo potere, sappiamo bene entrambi come andrà a finire.
- In queste settimane sia Arrow sia
Batman mi hanno allenato per spingere al massimo il
mio potere, sarà un gioco da ragazzi!
L’uomo sospirò contro la
cocciutaggine della donna. - Promettimi solo che al primo cedimento smetterai,
va bene?
- Non succederà. - Confermò risoluta.
Si fermò un attimo ad ascoltare la voce di Oliver. - Dammi un minuto e sono in
posizione.
Felicity entrò nella stanza. Rimase
ferma sull’uscio, impressionata dalla mole di computer che si era ritrovata
davanti.
- Vieni, piccolino, fatti coccolare,
è arrivata mamma.
Si accomodò in poltrona, inspirò a
fondo per trovare la giusta concentrazione.
- Ora vediamo che combina la squadra.
- Appoggiò le mani sulla console e s’intrufolò nell’intera rete, intercettando
i segnali di Arrow e Batman. - Tre, due, uno… balliamo!
Le luci si attivarono, l’allarme
prese a suonare e in un attimo il caos s’impadronì dell’intero stabile.
- Esplosivi sistemati. - Confermarono
Arrow e Batman quasi nello stesso istante.
- Ok, ci ritroviamo al punto di rendezvous come concordato.
Felicity continuò ad analizzare i
vari ambienti per accertarsi che non ci fosse più nessuno, senza perdere di
vista l'uscita di Arrow e Batman.
- Dottore, ti concedo dieci minuti e
poi ti voglio fuori di qui. Sei senza protezione, fai presto!
Al “roger”
di Andrew, Felicity sorrise, divertita. Stava per avviare l’innesco delle bombe
quando intercettò un debole segnale.
- Ma… -
Digitò diversi comandi sulla tastiera, seguendo quel bip misterioso. Avviò le
telecamere e sgranò gli occhi, quando vide l’immagine di Flash intrappolato
nella gabbia che correva a tutta velocità. - Oh mio dio. - Si portò le mani
alla bocca, spaventata. - Barry!
Arrow era quello più vicino, lo intercettò e lo guidò da lui.
- Ehi, amico! - Flash salutò Arrow,
ansimando. - È bello rivederti! Sei venuto alla festa? Scusa se non ti do la
mano, ma al momento sono impegnato con altro.
- Barry, non è il momento di fare del
sarcasmo. - Intervenne Felicity, comparendo sul monitor del laboratorio.
- E addio alla mia identità segreta…
- Ragazzi, - Oliver li interruppe. -
A dopo i convenevoli. - Black Queen, che cosa mi puoi dire sulla gabbia?
- Il pavimento della cella è
ricoperto da lastre sensibili alla pressione, che rilevano i movimenti. Se si
ferma per più di un millesimo di secondo, si genererà una scossa elettrica che
lo ucciderà all’istante! Dannazione! Accadrebbe lo stesso, anche se provassi a
sbloccare le porte.
- Intervengo io da qui. Dove sono i
comandi della gabbia?
- Di fronte a te c’è la scatola, il
rilevatore centrale è in alto sulla sinistra. Per impedire che Barry si faccia
del male, dovresti infrangere la gabbia e distruggere il generatore nello
stesso momento. È impossibile!
- Flash, tieniti pronto. - Ordinò
Oliver, non ascoltando le obiezioni di Felicity. - Quando questa freccia
colpirà la lastra della gabbia, creerà un campo di forza per pochi secondi, in
quell’attimo dovrai tirartene fuori. Mentre questa… - Inforcò una seconda
freccia. - Colpirà l’interruttore generale.
- Così facendo innescherai
una reazione a catena e si attiveranno le bombe! - Avvisò Felicity,
preoccupata.
- Mi fido di te, Black Queen. - Le
rivolse un tenero sguardo. - Ci rivediamo al rendezvous come concordato. - Terminò con il suo tono risoluto.
Oliver si concentrò sul tiro. Inspirò
a fondo, in sincronia col battito del suo cuore lanciò entrambe le frecce.
L’onda d’urto che si generò lo
scaraventò contro la parete.
- Che botto! Amico, stai bene? -
Chiese Flash, stordito, aiutando l’uomo ad alzarsi.
- Porta fuori di qua Felicity.
- Ma…
- Vai!
- Torna intero, siamo intesi? - Gli
porse la mano.
- Stanne certo. - Gliela strinse a
sua volta, sorridendo.
- Dottore, ha finito? - Domandò
Batman.
- Sì, ci sono quasi. L’ultimo
risultato e possiamo andare.
- Non credo proprio, non vi muovete
di qua. - L’uomo e i suoi sottoposti gli puntarono addosso le
armi, tenendoli sotto tiro.
Batman si guardò intorno con calma
cercando una via di fuga.
- Guarda un po’,
il pipistrello in gabbia. - La voce maliziosa e irriverente di Cat li sorprese alle spalle. Schioccò la sua frusta. -
Credo che qualcuno abbia bisogno di aiuto.
- Vai! - Ordinò Batman al Dottor
Wolfar.
- Ma... -
Andrew tentò di opporsi ma l’occhiata truce che gli rivolse lo convinse all’istante
a rispettare il piano.
- Prima le signore. - Concesse
Batman.
- Non credo proprio! - La raffica di
proiettili si abbatté su di loro.
I due, muovendosi in sincronia,
misero fuori gioco gli uomini.
Cat diede l’ultimo calcio, mettendo fine
a quel caos, e si alzò in piedi, in tutta la sua eleganza felina. Intercettò lo
sguardo fiero di Batman e si immerse in quel buio
profondo che erano i suoi occhi.
- A volte riusciamo anche a
collaborare.
Non ebbe neanche il tempo di
terminare la frase che Batman si gettò su di lei per proteggerla, mentre uno
delle sue bat-lance andò a colpire in pieno petto
l’uomo comparso alle sue spalle.
- Stai bene? - Chiese Batman
preoccupato, non lasciando mai i suoi occhi.
Un sorriso dolce comparve sul viso
della donna. - Potrai far credere al mondo di essere l’uomo più freddo e duro
che esiste ma non potrai mai nascondermi i sentimenti che agitano il tuo cuore.
- Appoggiò le mani sul suo viso e lo trascinò verso di
sé, e senza neanche dargli il tempo di pensare, lo baciò.
L’innescarsi delle esplosioni li risvegliò da quel magico momento.
- Dobbiamo andare.
- Dove crede di andare con quella
valigetta? - La voce inflessibile dell’uomo gli gelò
il sangue nelle vene. Andrew si bloccò all’istante. - Si volti, lentamente. -
Lui eseguì all’istante quando avvertì il suono del colpo che andava in canna.
- LexLuthor. - Andrew pronunciò quel nome, serio, senza
sorprendersi di trovarselo davanti.
- Dottore, è un illuso se credeva di
poter scappare con gli esiti delle analisi sulla sostanza che stiamo
producendo. Faccia scivolare la valigetta verso di me!
Andrew lentamente si abbassò e a
malincuore gliela lanciò.
- Grazie, Dottore. Ora non mi serve
più. - Lex puntò la pistola, e senza neanche un
briciolo di esitazione sparò.
- Fermo! - Arrow bloccò la corsa
dell’uomo. - Molla la valigetta, Luthor!
- Ma guarda
chi si vede. Dovevo aspettarmelo che dietro a tutto questo c’era il tuo zampino,
Arrow.
L’uomo puntò la freccia verso di lui.
- Dammi la valigetta.
- Va’
all’inferno! - Gliela lanciò contro.
E nello stesso istante Arrow scagliò
la freccia, che sfiorò la guancia di Lex e si
conficcò dentro al tubo di gas. - Dopo di te!
I due si guardarono in cagnesco per
un istante.
- Se fossi in te
non perderei altro tempo.
- Che vuoi dire?
- Fai la tua scelta, Arrow. Me o la vita del Dottor Wolfar. L’ultima volta che ci siamo
incrociati non aveva una bella cera.
- Sei un bastardo, Luthor! Ti verrò a cercare e
quando finalmente ti ritroverò, sarò il tuo incubo peggiore. - Arrow senza
aggiungere altro si voltò e corse via, accompagnato dalla risata sadica di Lex.
- Black Queen! - Chiamò Oliver ma non
ricevette risposta. - Black Queen! - Niente. - Felicity! - Urlò il suo nome
esasperato. - Cosa significa che sei leggermente
indaffarata? - La donna iniziò a straparlare come il suo solito per spiegare la
situazione che stava affrontando. - Andrew. - Bastò che Oliver pronunciasse
quel nome per far capire la gravità della situazione. - Secondo sotterraneo,
ricevuto.
- Maledizione! Il materiale di questa
stanza è troppo resistente, non riesco a sbloccare i livelli di protezione. -
Felicity si avvicinò al computer centrale. Alla memoria viva di tutto il
laboratorio. - Devo fare qualcosa, prima che questo posto si distrugga con noi
dentro.
Tu sei il cuore di ogni computer, a te scoprire come esserlo veramente. Per la prima volta, quella voce,
che più volte nel corso degli anni aveva sentito guidarla, si associò a un
volto e a un nome.
- Brainiac.
- Sussurrò collegando i fatti accaduti. - Io sono il cuore, - ripeté piano.
Fece scivolare la mano sul metallo freddo e si fermò sulla scatola centrale. -
Io sono il cuore. - Disse più decisa. Premette le mani sulla scatola, facendo
aderire i palmi perfettamente al metallo. Chiuse gli occhi e si concentrò, fino
a fondersi con il sistema. Analizzò ogni singolo spazio. Vide il segnale di
Arrow uscire, seguito da quello di Batman. Respirò a fondo.
- Felicity! - Urlò Barry arrivando in
quell’istante.
- Vai via, Barry! Tra poco qui non
resterà niente. - Gridò mentre l’energia del suo corpo si liberava nel sistema
mandandolo in corto circuito. - Ora!
- No! - Gridò Barry gettandosi su di
lei.
L’esplosione che ne
seguì fu devastante.
- Come sta? - Chiese Selina entrando
nello studio. Bruce era affacciato alla grande porta a vetri e guardava con
sguardo pensieroso il giardiniere terminare di potare le siepi.
- Ancora nessuna novità. - Rispose
senza voltarsi. - Felicity è in coma vegetativo. Flash l’ha portata in salvo un
attimo prima che l’esplosione li travolgesse. - Sospirò profondamente. - Mi
sembra di essere ritornato indietro nel tempo, a due anni fa, quando la sua
vita era appesa a un filo, pronto a staccarsi in qualsiasi momento.
- Il dottor Wolfar si è ripreso in
fretta.
- Già. - Bruce rimase in silenzio per
qualche secondo. - Arrow gli ha salvato la vita. Per fortuna il proiettile non
l’ha colpito in un punto vitale. È chiuso nel suo laboratorio da giorni ma
grazie alle informazioni recuperate dal laboratorio, siamo
vicini a trovare l’antidoto.
Selina si avvicinò a lui e gli
appoggiò una mano sulla spalla. - La situazione a Metropolis?
- Almeno lì è andato tutto bene. Hal
è riuscito a contenere i danni anche grazie all’aiuto della Macchia e a
rimettere sulla retta via Cindy. Per usare le sue parole, gli rimane solo da
sciogliere la situazione polare tra Luke e Cindy, ma mi ha detto che sarà un
gioco da ragazzi farli tubare come un tempo.
- Ogni cosa al suo posto. - Decretò
Selina, soppesando le informazioni ricevute. - Ma tu
non sei soddisfatto. - Constatò la donna, interpretando l’espressione grave sul
volto dell’uomo.
- Cat… -
Iniziò Bruce.
- Non ti azzardare a dire quello che
credo vorresti dire.
- Dovresti andartene... - Iniziò
Bruce, con un tono calmo, voltandosi verso di lei. - Parti da zero, con una
nuova vita, lontano da Ghotam, lontano... - Si bloccò
catturato da quegli occhi feriti. - Non è così semplice.
- Niente è semplice con te. Hai due
personalità insite in te, completamente opposte. C’è l’uomo dolce e protettivo
che si prende cura di me e poi c’è l’uomo serio e freddo che mi spinge via.
- Da quando i miei genitori sono
morti, mi sono ripromesso che avrei fatto qualunque cosa fosse in mio potere per
tenere in salvo le persone deboli… - Le accarezzò la guancia. - e a cui tengo.
- Allora fammi restare, possiamo farlo insieme.
- Non ci riesco, perché ci sono cose
più importanti di quello che voglio… e di quello che amo.
Selina si staccò da lui, ferita.
- Non aspettare di rivedermi ancora.
- È meglio
così, Cat. - Si avvicinò a lei. - Mi dispiace.
L'ultima cosa che voglio è farti del male.
- Ma alla
fine ci sei riuscito lo stesso, Bruce.
- Questo è il momento di cui mi pentirò per tutta la vita, vero?
- Sì.
Bruce le afferrò il viso tra le mani
e la baciò teneramente.
- Ti amo, ma non posso stare con te.
Non voglio che piombi nelle tenebre in cui vivo, meriti una vita migliore e io non posso dartela.
Selina abbassò il capo e dopo un
attimo alzò la testa, con la fierezza nello sguardo che l’aveva sempre
contraddistinta da tutte le altre donne.
- Pensavo che lottare per stare con
te ne valesse la pena, ma mi hai appena dimostrato che mi sbagliavo. - Si
avvicinò alla porta. Rimase ferma per qualche istante e poi si voltò ancora
verso l’uomo. - Le nostre strade non s’incroceranno più, stanne certo. Addio,
Bruce.
Diggle aprì lentamente la porta della
stanza e si accostò silenziosamente a Oliver, seduto accanto al letto dove
giaceva il corpo di Felicity.
- Come sta? - Chiese dopo un po’.
Oliver si portò la mano della donna
vicino alla bocca. La baciò e l’appoggiò alla sua guancia.
- Sempre lo stesso, vegeta. L’unica
cosa che possiamo fare e aspettare.
Diggle gli appoggiò la mano sulla
spalla. - Non ti preoccupare, Oliver. Felicity troverà
il modo per tornare da te, da noi.
Il silenzio calò tra i due che
rimasero intenti a osservare ogni piccolo movimento del corpo della donna.
Il trillo del cellulare di Diggle
infranse quel momento di calma.
- Roy è arrivato a Starling City. Situazione tranquilla. I lavori alla base
ormai sono quasi finiti.
- Bene. Dovresti raggiungerlo.
- Dovrei... ma resto qui con te.
- Non ce n’è bisogno, torna pure a
casa, Dig. - Ordinò serio.
L’uomo sospirò di fronte alla
cocciutaggine dell’amico. - Come vuoi.
- Presto faranno ritorno anche Luke e
Cindy, ho bisogno che tu faccia da paciere tra quei tre. - Oliver si lasciò
sfuggire un mezzo sorriso.
- Da autista di colore declassato a
baby-sitter, non era certo questo che mi aspettavo quando ho accettato di
collaborare con te.
- Non ti preoccupare, ti aiuterà Hal
Jordan… - I due si guardarono interdetti.
- Di bene in meglio. - Sospirò
Diggle, scoraggiato, e poi scoppiarono a ridere.
- Ma dove
sono? - Felicity si guardò attorno. Era immersa in una soffice nebbia bianca.
- Finalmente ci incontriamo di
persona. - La voce alle sue spalle la fece sussultare.
Si voltò di scatto, impaurita. - Brainiac!
- Esatto, sono io. Lieto di vederti, Felicity.
- Sono morta?
L’uomo rise di gusto. - No, sei solo
in una fase di transizione.
- Perché?
- Hai spinto al massimo il tuo
potere, ne hai preso pieno possesso, ma questo ti ha portato a valicare il
confine tra la vita e la morte. Il tuo cervello si è resettato e hai bisogno di
tempo per riavviare il tuo sistema neuronale.
- Oh.
- Ora spetta solo a te decidere
quando è tempo di ritornare.
- Si sta bene qui. C’è pace. Non
provo più quella confusione in testa. Ho una calma interiore che non provavo
più da anni. Non avverto più la pericolosità del mio potere. - Si guardò le
mani. - Non ho bisogno di stare attenta e trattenerlo, perché? - Chiese
meravigliata quando se ne rese conto.
- Hai capito che cosa significa per
te il dono che hai ricevuto con la tua nuova vita.
- Questo cambierà il mio destino?
- Perché non guardi tu stessa. - Brainiac le indicò la porta comparsa all’improvviso. - La
risposta alla tua domanda è dietro a quella soglia.
Felicity appoggiò la mano sulla
maniglia. L’abbassò lentamente fin quando lo spiraglio di luce non la immerse, fornendo
la risposta alla sua domanda.
- Torna da me, - Sussurrò Oliver,
teneramente, all’orecchio di Felicity. - Sono qui, che ti aspetto.
Come se le sue parole fossero state
la formula magica per dissolvere l’incantesimo dormiente, Felicity aprì gli
occhi con un bel sorriso stampato sulle labbra.
Batté un paio di volte le palpebre,
per abituarsi alla luce e poi incrociò i suoi occhi.
- Sono qui, - Disse piano.
- Ti stavo aspettando. - Confermò
Oliver prima di baciarla. - Ben tornata da me.
- Felicity, sei ancora qui? - Chiese
Bruce entrando nel laboratorio, sorpreso di trovarla ancora lì. - Non hai un appuntamento con Oliver?
- La vita da eroi è complicata, - Si
voltò verso di lui. - Ma questo già lo sai. - Schioccò
le dita, puntandogli l'indice. - Un ultimo controllo… ok, situazione nella
norma. - Si avvicinò all’uomo e gli batté la mano sul petto. - Mi dispiace per
Batman, ma stasera non potrà divertirsi con i cattivi.
- Vi ho prenotato un tavolo al Four Season per le venti, dovresti sbrigarti, lo sai che
Queen si agita quando non ti vede arrivare.
Felicity si alzò sulle punte dei
piedi e gli baciò la guancia. - Grazie, papà. - Scherzò,
divertita.
Bruce la freddò con un'occhiataccia.
- Ok, ok, scherzavo. Se ci fosse Hal in questo momento mi avrebbe già preso in giro.
- I lavori alla base di Starling City avevano bisogno della sua presenza. -
Giustificò Bruce.
- Lo so, ma non averlo attorno mi
manca. - Felicity si fermò sull'uscio. - Bruce, - Si voltò a guardare l'uomo,
senza avere il coraggio di continuare.
Il silenzio calò tra loro.
Bruce lentamente si avvicinò a lei. -
Non ti preoccupare, andrà tutto bene. È tempo che abbandoni il nido. - Le baciò
la fronte. - Vai, non farlo aspettare oltre.
- Tutto bene? - Chiese Felicity
quando notò Oliver agitarsi sulla sedia per la milionesima volta.
- Certo, e tu? - Domandò lui a sua
volta.
- S-sì. - Rispose incerta, sorpresa
da quella domanda. - Dovremmo essere fieri. Il nostro primo appuntamento, in un
ristorante, e siamo arrivati perfino al dolce senza intoppi, ma soprattutto
senza esplosioni di nessun genere. - Sorrise divertita e lo
stesse fece Oliver rilassandosi a sua volta.
- Vero, ma la serata non è ancora
finita.
- Che vuoi dire?
- Venga con me, signorina Smoak, e lo
scoprirà.
Oliver si alzò in piedi, afferrò
delicatamente la sua mano e la invitò a seguirlo.
Dopo pochi minuti, raggiunsero il
palazzo delle industrie Wayne. Salirono all’ultimo piano.
Prima che le porte dell’ascensore si aprissero, Oliver appoggiò le mani sugli occhi di Felicity.
- Oliver, - Felicity sorrise, - che
fai!
- Ti fidi di me?
- Ho altra scelta?
- Ti fidi di me?
- Sempre.
Oliver la guidò fuori sulla terrazza,
immersa nel buio della sera.
Levò lentamente le mani dal volto
della donna. La fece abituare e poi illuminò la scritta.
Felicity lesse il messaggio e sgranò
gli occhi per la sorpresa. Si portò le mani alla bocca e si voltò verso di lui.
Si ritrovò di fronte Oliver,
inginocchiato, che le porgeva una scatolina aperta, nella quale l’anello di
fidanzamento che anni prima aveva acquistato e che aveva custodito gelosamente
nella speranza un giorno di poterglielo infilare al dito risplendeva sotto la
luce della luna. E quel giorno era finalmente arrivato.
- Felicity Smoak, mi vuoi sposare?
Una lacrima scivolò impertinente
dagli occhi di Felicity. Dopo qualche istante gli porse la mano tremante,
pronunciando un debole ed emozionato sì.
Oliver le infilò l’anello al dito, le
baciò la mano e poi si alzò in piedi adagiandosela al petto.
- Ti amo. - Sussurrò sulle sue labbra
prima di baciarla.
Felicity appoggiò il capo al petto di
Oliver. - Se è un sogno, ti prego non svegliarmi.
Lui sorrise e la strinse a sé. - Non temere, Felicity, è tutto vero.
Un violino in lontananza iniziò a
suonare, e cullati da quella musica dolce, i due presero a dondolare.
Felicity alzò il capo e si tuffò
nello sguardo caldo che le stava rivolgendo Oliver.
- Qualsiasi scelta io faccia nella
vita, il destino mi ha legato a te. - Lo baciò
teneramente.
Oliver appoggiò la fronte su quella
della donna. Inspirò, godendosi a pieno la serenità di quel momento e della
nuova possibilità che la vita gli aveva concesso.
Felicity rabbrividì tra le sue
braccia. Senza dire nulla, Oliver si levò la giacca e
gliela fece indossare.
- Torniamo a casa? - Chiese serio,
stringendo delicatamente il bavero.
- No, dai, restiamo ancora qui per un
altro po’, sto bene. Papà Bruce non mi ha dato il coprifuoco. - Sghignazzò divertita.
Oliver sorrise per quel malinteso.
- Torni a casa con me? - Domandò
ancora, più serio.
Felicity l’osservò per un lungo
istante e quando capì cosa]volesse dire con quella
domanda, un’espressione tenera si dipinse sul suo volto.
- Sì.
FINE.
Angoletto di Lights
È finita. È veramente finita? Sì,
confermo: è finita.
Questi due anni sono volati. Mi
sembra l’altro ieri che mi tuffavo in punti di piedi in questo fandom con Undercover. Allora non avevo ancora la
consapevolezza di cosa volesse dire gestire personaggi così diversi l’uno
dall’altro come Oliver e Felicity, e guarda ora dove
sono arrivati i miei, anzi, i nostri Olicity.
Quando ho iniziato, non avevo idea
che avrei passato questi due anni a scrivere su di loro. È stato un progetto
ambizioso, certo ho dovuto ridimensionare “Proiettili di ghiaccio” per mancanza
di tempo, ma non potrei essere più soddisfatta di così e per come ho trascorso
questi due anni insieme con voi e ai personaggi.
Un doveroso e prezioso grazie va a vannagio che mi ha seguito in tutto questo tempo, limando
ogni capitolo e curando l’aspetto del betaggio. Non
potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto il tempo che mi hai dedicato, sei
stata un ammore, sempre.
L’altro grazie va sicuramente a jaybree,
averti al mio fianco come fangirl silenziosa non è
stato solo prezioso ma davvero importante, perché insieme abbiamo realizzato
questo progetto. Non so veramente come avrei fatto senza di te.
Grazie a tutti voi, a chi mi segue
fin dall’inizio, dai primi passi con Undercover e mi ha continuato a dare
fiducia con Metodo Scientifico e Proiettili di Ghiaccio.
Grazie a tutti voi che capitolo dopo capitolo mi avete dimostrato tanto affetto attraverso le
recensioni, su facebook e messaggi privati.
Ora possiamo andare in vacanza, mi concederò una bel e lungo periodo di relax, ma chissà,
potrei anche tornare.