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Autore: Lela White    31/03/2012    22 recensioni
A volte è molto più facile scappare. A volte, è l’unica possibilità che ci si presenta. A volte la vita ti mette davanti a l’unica eventualità che non puoi sopportare e tutto diventa semplicemente troppo doloroso…
Michela è una studentessa universitaria, semplice, dolce ed ingenua. Alessandro è colui che c’è sempre stato, il suo migliore amico, che la sempre protetta da tutto, tralasciando l’unico, imprevedibile pericolo, se stesso! Il loro è un legame possessivo, completo, disarmante, che li lascia entrambi persi di fronte l’inevitabile. Nulla però è scontato, non lo sono loro…non ne sono capaci e quando Michy fugge…tutto cambia!
Una storia narrata tra presente e passato, perché nulla di adesso può essere spiegato senza ricordare ciò che erano stati, ciò che non sono più….ma cosa è accaduto? Non più quelli di ieri, ma solo quelli di oggi…
Può l’amicizia trasformarsi in amore? Può l’Amore trasformarsi in rabbia e dolore? E se tutto ciò per cui hai lottato, vissuto…sparisse portandosi via tutto, cosa faresti?
Dal capitolo 1-( “..perchè se l’amicizia è uno dei tesori più grandi, l’Amore è uno dei dolori più forti che una persona possa provare..”)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO- FUGA


Epilogo  

Fuga

 

Solo per Noi

 

 

4 anni dopo 

 

 

Il tempo tornò ad essere dalla mia parte ed in un certo senso, avanti a me. Era accaduto in quell'estate, la stessa che aveva portato con se le risposte alle mille domande che mi ero posta per anni. Potrei dire che tutto cambiò da allora, che la mia vita si mosse verso la stessa direzione in cui sarebbe andata prima che fuggissi ma...beh ho capito con gli anni che il destino segue il corso che ritiene più giusto anche se a noi non sembra così.


"See you in two weeks honey. Have fun!" mi salutò Brenda mentre uscivo dall'ufficio. Era mattina ed ero passata a portare degli articoli su cui avevo finito di lavorare la sera prima, certo avrei potuto mandarli via mail ma volevo farlo do persona ed anche salutare i miei colleghi.
"Thanks darling, take care" risposi abbracciandola e scendendo subito dopo, le scale di corsa. Ero in ritardo e nervosa per quello che sarebbe accaduto di lì a poco, anche se l'idea di non dover lavorare per due settimane era decisamente entusiasmante.
L'aria fresca mi colpì in viso e sentendo leggerissime gocce d'acqua bagnarmi la pelle, sorrisi; quella mattina il sole era spuntato e scomparso già diverse volte ma dopotutto era normale, ero a Londra.

 

Sulla metro mi ritrovai a pensare ancora a quell’estate, senza un reale motivo in realtà ma a distanza di quattro anni, le scene, i pianti, i sorrisi di quei giorni tornarono ad affollarmi la mente. Ed era strano come per tutti noi, la vita avesse preso strade diverse da quelle che ci aspettavamo.

Al risveglio, per esempio, ricordai con quanto silenzio facemmo tutti colazione, guardandoci l’un l’altro ma senza parlare. Due telefonate importanti, infatti, spezzarono la magia creatasi in quella vacanza.

 

Il sole mi riscaldava la pelle e qualcosa o meglio qualcuno stretto al mio corpo, mi teneva con un bisogno talmente forte che faticai a dimenticare con gli anni. Era possesso ed amore, nel senso più puro e semplice del termine ed anche se erano due concezioni opposte, a me risultavano illogicamente perfette... come lo era tutto tra me ed Ale ma era giusto così,  il senso eravamo Noi. 

Era giusto quel possesso, era giusta la disperazione e la liberazione con cui i nostri corpi e le nostre anime si erano finalmente amati. Era giusto stare lì, in quel letto con il sole caldo sulla pelle e gli occhi aperti... ancora a sognare una vita diversa, solo per noi.

“Sei sveglio?” sussurrai appena e lo sentii annuire piano respirando tra i miei capelli. Mi voltai lentamente verso di lui e lo trovai con gli occhi che brillavano su di me, le labbra rosse e morbide piegate in un sorriso dolcissimo mentre con la mano si teneva la testa e con l’altra giocava con i miei capelli.

“Hai dormito?” chiesi piano e lo vidi muovere appena la testa in segno di diniego mentre il sorriso si allargava ad illuminargli tutto il viso e non potei non sorridere con lui. Era felice il mio Ale. Io ero felice. Eravamo vergognosamente felici, insieme, per la prima volta nella nostra vita.

E quando la sua mano lasciò i miei capelli e piano andò a disegnare il contorno delle mie labbra, fu istintivo perdermi ancora nei suoi occhi, fu istintivo, socchiudere le labbra sulle sue dite per saggiarne il calore, fu naturale spingermi verso le sue per reclamarle e farle mie ma Ale mi fermò.

Le sue dite si posarono sulle mie labbra per trattenere quel bacio ancora un attimo.

“E’ così che deve essere” disse serio, quasi sconvolto mentre continuava a fissarmi negli occhi. Mi allontanai impercettibilmente per parlare ma lui mi strinse ancora.

“E’ così che voglio svegliarmi ogni mattina” sussurrò sulle mie labbra per poi baciarmi con tutto il bisogno che sembrava non saziarsi mai.

E fummo ancora una sola persona, persi l’uno nell’altra finché il mio telefono non squillò ed Ale si alzò per prenderlo; era Brian.

 

 

Il comandante di Stefano lo chiamò quella mattina, al rientro a Roma sarebbe dovuto partire e così fece.

Non ci fu un attimo in cui diede l’impressione di aver cambiato idea, anzi, era davvero motivato a fare il suo dovere e nessuno di noi riuscì a dirgli nulla. Lo accompagnammo alla base, ci abbracciammo tutti in silenzio in una muta preghiera di rivederlo presto e lo lasciammo alla sua vita, a quello che aveva scelto.

Così doveva andare e così andò.

Ancora oggi se ripenso a quel momento sento una stretta al cuore, ricordo di aver pensato quanto in realtà le vite di ognuno siano legate l’un l’altra, nessuno vive senza che le sue azioni o la sua semplice esistenza, possa influire su quella di un altro.

Le nostre, almeno, vennero decisamente scosse da Stefano e dalle sue scelte e così come noi, anche il Parà che salvò dopo dieci giorni di marcia nel deserto.

Lo stesso Parà che sposò due anni dopo; una bellissima ragazza, Serena, che venne accolta nelle nostre vite con immensa gioia.

Sorrisi ricordando il giorno del loro matrimonio e la festa hawaiana organizzata per lui da Davide e scossi la testa incredula, quando il mio telefono vibrò; - Vestito e scarpe pronti da me, vedi di muovere il tuo sederino e non fare tardi, Gaia- .

Tardi, già!

Scattai in piedi riconoscendo la fermata e continuai la mia corsa verso casa.

Erano circa le nove e trenta del mattino e davanti al cancello di casa trovai una donna in pigiama con una valigia al suo fianco ed un taxi fermo.

“Scusa scusa scusa” urlai dal marciapiede opposto.

Vidi Terry sorridere e scuotere la testa.

“Sbrigati tra un ora parte l’aereo, il check- in è stato già fatto.” Disse abbracciandomi.

“Grazie davvero!”

“Non ringraziare me, ho solo portato giù la valigia ma dì a Brian che se si azzarda a svegliarmi presto dopo il mio turno di notte all’ospedale sarà peggio per lui!” scoppiai a ridere e mi avvicinai al taxi.

“Dai povero non è colpa sua ho dimenticato le chiavi e solo tu potevi aprirmi. Ci vediamo fra due settimane ok?”.

La vidi sbadigliare sorridendo.

“Divertitevi e riporta intero il tuo uomo eh?”.

Salii sul taxi e tirai un sospiro di sollievo. Forse avrei fatto in tempo, forse!

 

 

Dlin Dlon

 

-I signori passeggeri sono pregati di allacciare le cinture, la fase di decollo è iniziata-

 

“Mi scusi è libero quel posto?” chiese un uomo in giacca e cravatta.

“Si, si prego” risposi guardandolo ed arrossii appena per come sembrasse mangiarmi con gli occhi.

Mi voltai quindi, leggermente infastidita, mettendomi comoda sul sedile ed ascoltando una canzone dei Dire Straits che aveva sempre la capacità di rilassarmi.

Soltanto pochi minuti dopo però sentii qualcuno scuotermi appena il braccio.

“Scusi ancora ma...le è caduto il portafoglio dalla borsa” disse l’uomo porgendomelo.

Mi alzai appena e sorrisi.

“Grazie non me ne ero accorta”.

“E’ suo figlio?” chiese di getto guardando la foto del piccolo Andrea che fuoriusciva da una tasca.

Alzai gli occhi a scrutarlo e lui sorrise imbarazzato.

“Scusi ancora, sono troppo curioso per natura”.

Annuii a richiusi il portafoglio.

“E’ il mio figlioccio.” Risposi educata, lo vidi guardarmi ancora come avesse l’intenzione di chiedermi altro ma evidentemente esitò.

“Bel bambino” aggiunse poco dopo e si voltò iniziando a leggere il giornale.

Annuii appena in risposta e tornai a guardare la foto.

 

Il piccolo Andrea arrivò nelle nostre vite come un mini tornado, il quindici settembre di quattro anni prima. Davide era letteralmente impazzito e non riusciva a calmarsi in nessun modo durante il travaglio, tanto che i dottori dovettero aggiungere una poltrona per farlo stare vicino ad Ilaria. Dopo esattamente ventitré ore, la peste venne fuori tra urla e pianti e Davide finalmente svenne.

Dire che Andrea fosse l’esatta copia di Davide era dire poco, era infatti, la sua miniatura perfetta in tutto e per tutto e noi scoppiavamo a ridere ogni volta che Ilaria sbuffava alzando gli occhi al cielo dicendo “non me ne bastava uno!”

Ovviamente essendo il più piccolo del gruppo era anche il più coccolato da tutti gli zii e questo non faceva che aumentare la sua furbizia; sapeva come ottenere quello che voleva e ci riusciva sempre.

Sorrisi e chiusi gli occhi cercando di dormire un po’.

Avevo lavorato molto in quelle ultime settimane ma ero davvero soddisfatta di aver concluso i miei articoli ed esserli riuscita a consegnare in tempo; anche se questo aveva voluto dire, tornare a Roma all’ultimo momento, passare a casa, cambiarmi ed essere pronta per le diciotto di quella sera. Senza dimenticare il “dover parlare” con una certa persona!

Sospirai cercando di calmarmi e concentrarmi sulle note della canzone che fortunatamente aiutò...

 

“Dimmi che vuoi fare!” Mi urlò Ale mentre cercavo di coprirmi con il lenzuolo.

“Io...io, non lo so è che è successo tutto di fretta...”

“Allora dimmi se ci sei andata a letto!” Continuò vestendosi in fretta.

Mi alzai di scatto incurante che fossi mezza nuda.

“Senti smettila e fammi parlare perché questa tua reazione non ha senso...”

Mi avvicinai cercando di calmarlo ma lui s’infuriò di fronte alle mie parole.

“Non ha senso? Voglio sapere se ti sei scopata questo Brian oppure no!”

Rimasi scioccata dalla sua reazione e sentii la rabbia salire.

“Ma ti senti come parli? Stai dimenticando un piccolo dettaglio, io ho una vita lì, ho un lavoro, ci ho vissuto per gli ultimi due anni ed ora non posso fregarmene e dimenticare tutto...Noi dobbiamo parlarne perché io non voglio buttare all’aria la vita che ho costruito lì e tu, se vuoi, potresti...”

“Ci. Hai. Scopato o no ? Dillo! E’ una semplice parola!” urlò impazzito venendomi incontro.

“Si! Ci ho scopato, sei contento ?” urlai in risposta ma non ebbi il tempo di fare o dire nulla perché si lanciò su di me...

 

 

 

“Cosa? Chiesi confusa di fronte la domanda dell’uomo al mio fianco

“Dicevo...vuole qualcosa da bere? Stanno passando le bevande”.

Annuii ridestandomi svelta.

“Si, una bottiglietta d’acqua per favore”.

Controllai l’orario e mi accorsi di essere quasi arrivati.

“Stiamo volando su Roma a breve ci faranno allacciare le cinture” disse offrendomi da bere.

Annuii e mi voltai a guardare dal finestrino la mia città. Il sole splendeva e l’acqua del mare in lontananza sembrava una lastra d’oro.

“Contenta di tornare ?” chiese l’uomo curioso

Sorrisi annuendo per poi sorseggiare l’acqua.

“Sono sempre felice di tornare a casa”.

 

 

Tacchi.

Odiosi Tacchi che avevo dovuto indossare quella mattina per l’ufficio ora mi stavano facendo un male cane. Presi il mio trolley e mi diressi verso l’uscita quando il telefono squillò.

“Dimmi che sei arrivata” Urlò Gaia agitata.

“Sono arrivata” risposi affannata mentre stavo praticamente correndo verso le porte automatiche.

“Perché sei agitata?” mi chiese all’improvviso e rallentai di riflesso confusa.

“Non sono agitata sto correndo per uscire dall’aeroporto, anzi dimmi dove sei che facciamo prima” chiesi fermandomi e cercandola con lo sguardo.

“No sei agitata e sappiamo entrambe il perché; devi parlare con qualcuno o sbaglio?” chiese Gaia improvvisamente calma.

Sbuffai e mi fermai di colpo.

“Ti rendi conto che stiamo facendo questa conversazione mentre ti cerco nell’aeroporto?” e accorgendomi di stare urlando abbassai subito la voce sull’ultima parola.

“Pronto?” chiesi ma guardando il cellulare vidi che era spento. Perfetto mi si era scaricata la batteria.

Sbattei i piedi a terra frustata avrei fatto proprio tardi. Bene.

Perciò arresa al mio destino, mi diressi verso l’uscita sperando di trovare Gaia o al massimo provare a chiamarla da un telefono pubblico.

Tacchi, odiosi tacchi bellissimi ma scomodi, mi fecero inciampare sui miei piedi improvvisamente ed andare a sbattere contro qualcuno.

“Mi scusi, sono inciam...e Lei?”

“Già io, tutto bene ? Posso aiutarla?” chiese l’uomo che era stato al mio fianco sull’aereo e pensai di approfittarne e chiedere un cellulare ma..

“E’ scesa dall’aereo così di corsa che beh mi piacerebbe offrirle qualcosa” mi interruppe e quando mi fui ricomposta e capito il senso delle sue parole la mia testa scattò in alto. L’uomo mi guardava malizioso ed indietreggiai istintivamente.

 

 

“Forse non ti è chiara una cosa” disse Ale furioso ma serio.

“Nessuno potrà più toccarti, guardarti o respirarti” Mi prese il volto fra le mani, forte come fossi un tesoro.

“Sei mia. Sei sempre stata mia. E non esisterà può nessun altro uomo per te” soffiò forte sulla mia labbra e tremai sentendo il cuore esplodermi nel petto. Afferrò piano il labbro inferiore e lo morse appena per poi strofinare con la lingua le sue labbra sulle mie.

“Non ne sarai nemmeno attratta” colpì con la lingua il labbro superiore tenendomi sempre stretta a se, questa volta mozzandomi l’aria come una piccola punizione.

 

 

Il ricordo si affievolì ed il volto dell’uomo tornò di fronte a me. Era oggettivamente un bell’uomo ma io non me ne ero minimamente accorta ed al ricordo delle parole di Ale, scoppiai a ridere e scossi la testa.

“Mi perdoni ma non posso grazie”.

Presi la valigia e mi sentii osservata, voltai lo sguardo sulla destra ed appoggiato al muro vicino l’uscita, Ale mi guardava con le mani in tasca ed un sorriso furbo sulle labbra ed io corsi. Da lui.

 

“Non lo vorrai perché ci sarò io” si fece spazio nella mia bocca ed io reagii come creta tra le sue mani “Solo io. Ci saremo solo Noi” .

Approfondì il bacio e mi aggrappai alle sue spalle mentre lui mi spinse contro il muro come per reclamare quel corpo, oltre al cuore, che non sarebbe dovuto essere di nessun altro.

 

 

 

***************

 

“... e mi ha fatto anche i complimenti per come ho gestito tutto, credo sia rimasto davvero soddisfatto dal mio lavoro. Ah! sono passata nel tuo ufficio ieri e Mike ti saluta dice che deve ancora rifarsi dell’ultima partita e che se riuscite ad organizzare appena torneremo a casa, lui...” mi fermai di botto notando come Ale fosse fermo a guardarmi senza parlare.

“Perché mi guardi così ?” chiesi divertita e di riflesso mi guardai intorno. Eravamo fermi davanti casa di Gaia. “Aspetta ma siamo arrivati?” continuai veloce ed lo sentii ridere sereno.

“Non volevo interromperti e poi mi piace molto” disse allungando una mano nella mia e giocando con le dita.

“Cosa?”

“La tua voce” rispose semplice e si avvicinò a baciarmi.

Se c’era una cosa a cui non mi ero abituata erano le carezze ed i baci di Ale; ogni volta mi perdevo nel suo profumo o nel semplice stare abbracciati e sia il calore della sua pelle sia le sue azioni mi facevano sentire completa ed a casa.

“Mi sei mancata”

“Anche tu. E’ stata una lunga settimana” commentai sorridendo sulla sua bocca.

“Si, non facciamolo mai più” borbottò ma fummo interrotti da un frastuono tremendo chiamato Gaia.

“Smettetela di sbaciucchiarvi ed andate a prepararvi.” Ci urlò fuori dal finestrino.

In casa regnava il caos, Gaia era completamente euforica e correva da una stanza all’altra spostando oggetti, vestiti, scarpe.

“Eccola qui l’inglesina, per fortuna sei arrivata altrimenti sarei impazzito” mi salutò Riccardo uscendo dalla camera con una pila di vestiti e cianfrusaglie varie.

Guardai Alessandro mentre si toglieva la giacca e sorrisi.

“Ma che le prende? Sembra che si debba sposare!” commentai togliendomi le scarpe. Odiosi tacchi.

“Già fatto cara o non ricordi nemmeno di avermi fatto da testimone?” urlò dalla camera. E scoppiai a ridere.

Gaia e Riccardo dopo quell’estate andarono a vivere insieme praticamente subito, lei che aveva accettato quel lavoro come supplente si era dovuta trasferire per alcuni mesi ma quando tornò Riccardo non aspettò altro tempo e dopo un anno si sposarono.

Ovviamente la loro fu una cerimonia molto romantica e tutti noi non riuscimmo a non piangere, persino Ale aveva gli occhi lucidi anche se continuava a dire fosse l’allergia al polline! Inoltre non avevamo smesso un attimo di guardarci per tutta la cerimonia e anche se per noi era decisamente presto, cedetti alla voglia di sognare un po’ ed immaginarmi anch’io con un vestito bianco.

 

“Michy puoi cambiarti in camera mia e farti una doccia se ti va, però devi fare in fretta ci aspettano tutti lì” Disse Gaia portandomi un asciugamano.

“Anche Stefano e Serena?”

“Si, sono riusciti a venire”

Annuii e mi voltai verso Ale.

“Io vado a casa a controllare le ultime cose, mi cambio e passo a prenderti” disse baciandomi dolcemente ed a lungo tanto che sentimmo un colpo di tosse fastidioso.

“Ok vengo, ma qualcuno sa dirmi perché non sono potuta passare a casa mia?”

“E’ rotta la caldaia”

“E’ rotto il bagno”

“La cucina” dissero in coro e li guardai confusa.

“Si beh, si è rotto qualcosa non ho capito bene ma ho promesso a tua madre che domani sarei andato a controllare” concluse Ale e anche se mi sembrò strano annuii dirigendomi in bagno.

“Va bene, faccio presto allora e dà un bacio a Mirko da parte mia. A proposito, grazie per aver chiamato Brian mi ero dimenticata le chiavi e Terry non mi rispondeva” sorrisi e lui annuì.

“L’importante è che sei qui!”

“Non potevo non esserci Amore mio” risposi baciandolo ancora.

 

 

 

 

Quando le luci del teatro si abbassarono, il silenzio regnò, lasciando crescere quell’emozione e quell’orgoglio totale che lessi sia negli occhi di Ale, che in quelli di Gaia e di tutti noi. Io stessa, mi resi conto di trattenere il respiro e dalla prima nota che vibrò forte sino all’ultima, strinsi forte la mano di Ale che al mio fianco sorrideva felice. Cercai più volte di mettere a fuoco l’immagine davanti ai miei occhi scacciando quelle lacrime di gioia e commozione; quel giovane ragazzo che aveva ricevuto uno dei doni più belli, ora stava incantando tutti nel suo primo concerto. Mentre il padre, seduto ai primi posti vicino a noi cercava di mantenere la posa austera che lo aveva da sempre caratterizzato ma il suo sforzo fu vano. All’apice di quella musica celestiale scoppiò a piangere come un bambino ed io percepii come una piccola bolla rompersi, come se quello che lo avvolgeva avesse finalmente ceduto il posto a quell’amore totale che sarebbe sempre dovuto essere lì. Il sogno di Mirko si era avverato grazie alla sua tenacia, agli sforzi del fratello, al suo appoggio continuo e al suo amore incondizionato.

E di riflesso, in quegli occhi verdi, che da sempre accompagnavano i miei passi, vidi realizzarsi anche il sogno di Alessandro.

 

 

 

 

 

“Va bene allora dobbiamo decidere. Pareti gialline o celesti?” chiesi raccogliendomi i capelli.

“Guarda che dobbiamo ridipingere il salone non un bagno!” Rise Ale al mio fianco mentre sistemava i giornali a terra.

“Farò finta di non aver sentito. Braian vieni qui!” Urlai fuori la porta verso le scale del condominio, quando una testa bionda e spettinata si mosse verso l’ingresso di casa mia.

“Che ho fatto adesso?” chiese sbadigliando.

Gli andai incontro brandendo un pennello.

“Ti ricordi il nostro primo appartamento che dividevamo con Terry? Le pareti erano gialline o celesti chiare? Non me lo ricordo.”

Lo vidi scoppiare a ridere e scuotere la testa.

“Non lo so ma se vuoi posso dirti com’era il divano e quante notti di sesso selvaggio ha visto!”

Sentii Ale borbottare e venirmi incontro in un lampo.

“Senti Braian, eviterei di unire la parola “sesso e selvaggio” davanti alla mia ragazza, sai com’è! E’ già tanto che ti sopporto come vicino di casa senza contare di evitare di pensare a....capito no....voi che...”.

Trattenni un sorriso davanti all’espressione confusa di Braian ed indietreggiai appena, voltando le spalle ai due.

“Are you crazy man?” borbottò Braian “di cosa stai parlando?”

Vidi Alessandro voltarsi a guardarmi e poi sbuffare pesantemente.

“Su dai, tanto lo so ma sappi che devi eliminare ogni immagine della mia donna dal tuo cervello.”

Braian scoppiò in un fragorosa risata, mentre alzava le mani in segno di resa.

“Ti giuro che se lo avessi fatto me lo ricorderei. Ma la signorina qui, si è fatta desiderare da tutti senza mai cedere a nessuno!”

Disse ridendo mentre Ale si girò di scatto verso di me e non resistetti, scoppiai a ridere iniziando a correre per tutta la casa.

“Piccola bugiarda!” mi urlò rincorrendomi.

“Una donna deve giocarsi le sue carte” urlai scappando per le stanze, riempiendo di risate, magia ed amore quel piccolo nido solo per noi.

 

 

 

Il concerto era stato bellissimo ed anche la cena che ne era seguita. Guardai tutti seduti allo stesso tavolo, tra risate, amore e gioia e ripensai a quella cena di quattro anni prima, quando guardando i miei amici sorridere fui felice di sentirmi nuovamente parte di loro.

Quella sera, avevamo finalmente raggiunto le nostre vite nel momento in cui dovevano essere; perché era lì, era seduta affianco ad Ale con Gaia che rideva, mentre Riccardo le accarezzava le spalle, Stefano che raccontava l’ultima avventura, Davide che costruiva mostri con le molliche del pane e poi ci giocava con Andrea sotto lo sguardo tenero di Ilaria. Era lì che dovevo essere, con Matteo che arrossiva ad ogni complimento e non faceva che prendersi in giro con Ale che invece non la smetteva di dire : “il mio fratellino!”

Con i miei genitori, lì al tavolo seduti insieme ai genitori di Gaia; era lì che dovevamo essere tutti noi.

Mio padre si era deciso finalmente ad andare in pensione e da allora tutti i fine settimana partivano per qualche città d’Italia.Vennero anche a Londra ovviamente e fui così orgogliosa di mostrargli l’appartamento che dividevo con Ale ed il suo ufficio nella City; grazie ad un collega di Roma lo aveva potuto aprire occupandosi delle pratiche europee tra l’Italia e l’Inghilterra.

E poi c’ero io, come sempre silenziosa, a guardare gli altri sorridere davanti a me sentendo la stessa gioia anche sulla mia pelle. Ero riuscita a trovare un piccolo lavoro come giornalista, in una rivista di Londra, ovviamente la strada era ancora molta da fare ma dedicavo comunque il mio tempo libero ad alcuni studenti, facendo ripetizioni o passando le mie domeniche con Ale, Terry, Braian ed altri amici.

Ero felice.

Era una vita semplice, fatta di giornate comuni ma tutto intorno a me aveva cambiato colore.

Alessandro era con me e non passava giorno che ricordassi a me stessa, quanto la paura del cambiamento, di una realtà diversa, paura di non essere accettati, di non sentirsi all’altezza oppure semplicemente la paura di essere amati...quanto tutto questo, ci avesse ostacolato dall’essere....felici.

Semplicemente felici, solo per Noi.

 

 

La macchina si fermò e riaprii appena gli occhi capendo di essermi addormentata.

“Ben svegliata dormigliona” sussurrò Ale al mio orecchio baciandomi piano la guancia.

“Scusami sono crollata, siamo arrivati? ” chiesi sbadigliando.

Lo vidi annuire con gli occhi che brillavano.

“Perché mi guardi così?” sussurrai sorridendo.

“Non so, sei più bella del solito” rispose semplice baciandomi le labbra ed io sospirai felice di poterlo sentire vicino a me e potergli parlare.

“Mi fai un favore?” chiese piano.

Annuii e lo vidi prendere una benda scura.

“Chiudi gli occhi”

“Che vuoi fare?”

“Chiudi gli occhi e basta, c’è una piccola sorpresa”

Sbuffai sorridendo e li chiusi, provai a sbirciare ovviamente ma non funzionò. Non vedevo niente.

Sentii il suo sportello aprirsi e richiudersi e subito dopo anche il mio venne aperto.

“Scendi piano, ti tengo io” disse calmo e lo seguii.

La notte era silenziosa e sentii solo il rumore dei nostri passi e l’eco di respiri appena accelerati. Non sapevo sinceramente cosa aspettarmi ma riuscii a trattenere la curiosità mossa anche dall’ansia di ciò che dovevo dirgli che mi aveva accompagnato per tutto il giorno.

Una porta si aprì ed entrammo ma appena varcai la soglia un profumo dolce e famigliare mi colpì.

“Dove siamo?” chiesi sussurrando leggermente intimorita dal silenzio che continuava ad avvolgerci.

Mi tolse la giacca senza parlare e si abbassò ad accarezzarmi le gambe procurandomi brividi in tutto il corpo per poi togliermi le scarpe lentamente.

“Così stai più comoda” disse con un sorriso nella voce.

“Grazie” risi anch’io dolcemente.

Sentii altri fruscii ed intuii che anche lui si stesse mettendo comodo.

“Allora mi dici dove siamo?” chiesi emozionata per l’energia che sentivo crescere ma in risposta mi baciò appena le labbra prendendomi poi per mano e spingendomi a seguirlo.

Si aprì una porta e l’odore cambiò ma rimase lo stesso famigliare.

Si fermò accarezzandomi le braccia e stringendomi la vita da dietro.

“Sai...è un po’ che ci pensavo” sussurrò baciandomi il collo di lato.

“A cosa?” gracchiai emozionata.

Mi spinse leggermente e mi mossi fino a toccare con le gambe una superficie morbida. Mi fece sedere lentamente e riconobbi la consistenza di un letto sotto di me.

“Ho pensato a tante cose in realtà, a questi ultimi anni insieme, alla nostra storia e a dove siamo arrivati...” sussurrò accarezzandomi le braccia.

“E volevo fare qualcosa di speciale per farti capire quanto io ti ami.”

Sorrisi sentendo il battito del mio cuore accelerare sempre di più.

“Ti amo anch’io” dissi veloce incapace di trattenermi e lo sentii sogghignare appena per poi chinarsi a baciarmi i palmi delle mani.

“Ho pensato a qualcosa di grande, come portarti sul London Eye di notte o sul Tamigi e restare svegli ad aspettare l’alba insieme...”

“Ma non siamo sul London Eye” commentai piano.

“No, non siamo sul London Eye” rispose serio.

E fu silenzio.

Il cuore accelerò inconsapevole di cosa stesse accadendo e percependo le mani di Alessandro tremare sulle mie.

“Ho pensato...che non sarebbe stato da Noi. Ho pensato...che l’unico posto al mondo dove mi sia mai sentito al sicuro e completo fosse con te. Ovunque ma con te...ma... ce n’è uno...un luogo, che è sempre stato solo nostro e che sarebbe stato perfetto per Noi.”

Sussurrò con la voce incrinata per poi allungare le mani verso il mio viso e togliere la benda che mi copriva gli occhi.

Non li aprii subito e continuai a respirare sempre più veloce.

“Apri gli occhi amore mio” disse Ale baciandomi una guancia.

Una luce tenue e calda mi avvolse, mi voltai a guardare dove fossi ed iniziai a piangere.

Centinai di piccole candele bianche illuminavano la mia stanza ed il volto di Ale inginocchiato di fronte a me.

“Quattro anni fa ti ho detto che avrei voluto svegliarmi con te ogni mattina. Oggi voglio svegliarmi con te per il resto della mia vita, perché se sei con me, non smetterò mai di sognare.”

 

Con il senno di poi è facile individuare i momenti in cui la tua vita ha preso svolte diverse e sembra quasi buffo pensare a quanto noi tutti sembriamo remare contro una corrente od una direzione che non vogliamo ma che poi inevitabilmente accade qualcosa che ti costringe a seguirla. Sempre o quasi.

 

Le lacrime scesero ininterrotte, bagnando le labbra piegate in un sorriso.

“Sposami Pulce.” Disse tremando come se io avessi potuto avere anche un minimo dubbio sulla mia risposta, di certo però non fu quella che si aspettava.

Il cuore esplose nel petto e la gioia più forte che avessi mai provato mi colmò.

“Sono incinta!”

 

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

**********************

 

 

(Scusate gli errori ma non è stata betata e visto che vi avevo già fatto aspettare molto ho voluto pubblicare subito)

 Ed eccoci qua. Alessandro e Michy hanno avuto il loro lieto fine ma c’è da dire che se lo sono sudato!

Questa è stata la mia prima storia su efp e mi ha accompagnato per circa nove mesi, sarà quindi davvero difficile lasciarli andare del tutto e forse non lo farò mai davvero.

Vi ringrazio con tutto il cuore per le bellissime parole che mi avete regalato in questi mesi e per tutte le persone che mi hanno sempre incoraggiato a scrivere!

GRAZIE DAVVERO.

 

 

Se volete ancora leggere qualcosa di mio, ho iniziato una nuova storia molto diversa da Fuga ma spero possa piacervi ugualmente sì intitola “L’Amore non è Peccato”

 

Un abbraccio

 

Lela

   
 
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