Potrei dire tante cose… potrei… e invece non lo
faccio… scrivere un sequel per me non è facile, soprattutto per il valore che
la storia “di base” ha avuto per me… e soprattutto perché con un sequel è
facile deludere le aspettative… per cui non aspettatevi niente…
Ringrazio un po’ di persone… Momo chan per la
pazienza con cui mi sopporta nonostante la distanza che temporaneamente ci
separa… Alex_kami e Scandros per le dritte da utilizzare per il sequel (chissà
se le avrò usate… più che altro chissà se le avrò usate bene!)… Solarial e
Melantò per le risate che mi fanno fare… e OnlyHope, che mi è stata d’aiuto più
di quanto lei si immagina…
Vi lascio alla lettura di questo primo capitolo,
sperando di ricevere commenti sinceri…
Baci dalla vostra Sakura chan
Con passo felpato salì velocemente i gradini del tempio fino a raggiungere la cima della scalinata: infreddolita dal tempo gelido e dal vento che l’aveva colpita durante la corsa, si strinse nel cappotto nero abbottonandosi anche l’ultimo bottone, e cominciando a soffiare nei guanti per scaldare le mani: mai e poi mai avrebbe immaginato che l’inverno potesse essere così freddo in Giappone!
Si avvicinò all’entrata
e, dopo aver lanciato la monetina, scrisse con un giapponese incerto i suoi
buoni propositi per l’anno nuovo, quindi suonò la campanella e, dopo aver
battuto le mani due volte, iniziò a dire la sua preghiera mentale, da tre anni
sempre la stessa…
Quando ebbe finito, si
allontanò con lo stesso passo svelto con cui era arrivata, per evitare la calca
di gente che ora stava salendo le scale: come ogni anno cercava di essere da
sola quando pregava per l’anima di Daichi, e come ogni anno quando si
allontanava calde lacrime solcavano il suo viso. Il tempo ancora non era
riuscito ad alleviare il suo dolore, nonostante la sua vita fosse andata avanti
e si fosse creata un nuovo futuro. Il suo futuro, adesso, era di occuparsi di
se stessa: per troppo tempo aveva pensato al futuro di Tsubasa, a quello di
Lucas, o di Sanae… dopo i funerali di Daichi, era scappata dal Giappone, da
Tsubasa, e persino da Lucas e Mattias: era fuggita da qualsiasi cosa potesse
ricordargli Daichi, l’amore che c’era stato tra di loro e la tragica fine in
cui era incappato il giovane nipponico. Per fortuna c’era stato chi non l’aveva
abbandonata, chi si era rivelato un vero amico, e le era stato vicino in
qualsiasi momento, anche quando nel cuore della notte si svegliava piangendo e
invocando il nome di Daichi…
In fondo alla scalinata
c’era una Yaris nera che la stava aspettando: appena la vide il conducente mise
in moto e le sorrise quando lei salì sul veicolo.
-Quest’anno fa ancora
più freddo dell’anno scorso!-
-Forse perché sono le 7
di mattina…- le rispose Shinichi con la voce ancora impastata dal sonno mentre
immetteva la macchina nel poco traffico mattutino.
-Lo sai che odio
incontrare la gente… soprattutto perché so cosa mi succede quando vado a
pregare al tempio…-
Il ragazzo non rispose:
certo che lo sapeva, ne era ben consapevole, ma nonostante questo non faceva
niente per fermarla o per impedirle di andare a pregare… conosceva bene quella
ragazza, negli ultimi tre anni le era stato accanto e l’aveva sostenuta per
aiutarla a superare quel dolore che purtroppo nemmeno il tempo sembrava poter
guarire. Il cuore di Lavinia era irrimediabilmente spezzato, dilaniato dalla
perdita del primo grande amore, squarciato dalla delusione che le aveva
procurato Tsubasa, devastato dall’indifferenza del mondo nei suoi confronti
proprio nel momento in cui aveva più bisogno di essere ascoltata e aiutata… a
18 anni si era già ritrovata due volte faccia a faccia con la morte che le
aveva portato via due delle figure più importanti della sua vita.
-Vuoi mangiare
qualcosa?-
Vinny osservò il profilo
di Shinichi: gli era grata per quello che aveva fatto e stava facendo per lei,
non sarebbe mai riuscita a continuare a vivere da sola se lui non le avesse
dato la forza di andare avanti… giorno dopo giorno le dava nuovi stimoli, e non
si era mai arreso, neanche quando lei voleva farla finita e imprecava contro il
cielo che le aveva portato via l’unica persona che avesse mai amato veramente…
e le era stato accanto anche quando lei continuava a maledire il giorno in cui
aveva deciso di andare a riflettere al porto, quando vedeva foto di quella zona
e le stracciava, le riduceva in pezzettini talmente piccoli da rendere
impossibile ricostruirle… lui c’era quando lei aveva chiuso tutti i ponti con
Barcellona e aveva deciso di trasferirsi in Giappone, assieme a lui appunto,
per crearsi un futuro lontano dal passato ma non troppo da dimenticare cosa le
era successo…
-Magari più tardi,
adesso ho lo stomaco un po’ chiuso… vorrei tornare un po’ a dormire, se non ti
dispiace…-
Dormire: che parola
grossa… riusciva a malapena a chiudere gli occhi… rivedeva continuamente le
immagini dell’accoltellamento, sentiva ancora il suono delle sirene, avvertiva
la sottile pioggia caderle addosso mentre stringeva tra le braccia il corpo
quasi senza vita di Daichi.
-Vinny, io… io ti… ti amo… te lo… te lo posso… giurare…-
Ricordava
quelle parole alla perfezione, riusciva persino a ricordare il tono di voce con
cui il giovane nipponico le aveva pronunciate, riusciva persino a sentire
ancora il tocco della mano di Daichi che le sfiorava il braccio… tutti quei
ricordi non erano accavallati o confusi, ma erano ben nitidi nella sua mente,
ancora vivi come una videocassetta che giorno e notte continuava a funzionare.
Era inutile cercare di fermarla, poteva solo convivere con quei ricordi, e
sperare in una rottura del nastro per poter vivere finalmente senza il rimorso
di essere stata colei che aveva condannato Daichi a quella orrenda fine.
E poi ora c’era
Shinichi… caro Shinichi, che si era innamorato di lei a poco a poco, quasi
senza accorgersene… la loro storia era nata per caso, un anno dopo la morte di
Daichi, quando ancora erano vive le parole pronunciate da Tsubasa in ospedale
poco prima del brutto evento… ci aveva visto lungo, proprio lui che non era
stato in grado nemmeno di accorgersi che il fratello e la sua pupilla si erano
innamorati, o forse se n’era accorto ma aveva preferito nascondere la testa
sotto la sabbia… perché era tipico di Tsubasa, fingere che le cose andassero
sempre bene: lui non era capace di affrontare situazioni difficili al di fuori
del campo da calcio. Non era stato in grado di aiutare Lavinia, non era stato
in grado di salvare Daichi, non era stato in grado di amare Sanae. Non era
stato in grado di mantenere stretti a sé i suoi affetti…
-Ho incontrato Tsubasa
l’altro giorno: è venuto a salutare i nuovi convocati della Nazionale. Era
assieme a tutti gli altri, hai presente no? Misaki, Wakabayashi, Hyuga… ci
hanno fatto tutti gli auguri per la qualificazione ai Mondiali…-
Vinny sbuffò e voltò lo
sguardo fuori dal finestrino: Shinichi continuò imperterrito a parlare.
-Dovresti dirglielo,
Lavinia… non puoi tenerlo all’oscuro… non puoi voler organizzare tutto senza di
lui!-
-Ne abbiamo già
parlato.-
-Se non vuoi farlo per
lui, fallo per Daichi…-
Silenzio. Solo il rumore
del motore. Silenzio. Una lacrima rigò la guancia di Lavinia. Silenzio.
Shinichi capì di aver esagerato. Silenzio. E accostò la macchina per poter
parlare meglio con la ragazza.
Le prese le mani tra le
sue e la fece voltare verso di sé:
-So che lo odi, che lo
ritieni responsabile almeno tanto quanto ti ritieni colpevole tu stessa, che
hai deciso di farlo uscire dalla tua vita, ma abbiamo deciso di sposarci, e lui
ha il diritto di essere presente al giorno più bello della tua vita…-
Vinny annuì sorridendo
dolcemente al ragazzo: è vero, stavano insieme da solo due anni, ma la loro
storia era matura, ed entrambi si sentivano sicuri di quello che volevano fare!
Lucas e Mattias, con cui Vinny aveva riallacciato i rapporti prima di partire
per il Giappone, avevano accettato di buon grado di farle da testimoni, ma
mancava ancora qualcuno che la accompagnasse in comune… e quel qualcuno non
poteva essere nessuno se non Tsubasa… perché nonostante tutto, era stato suo
“padre”…
Chiuse il rubinetto
dell’acqua calda e prese un asciugamano per asciugarsi: sentiva la televisione
dalla sala che blaterava le solite notizie, e sorrise al pensiero della
domestica che aveva nuovamente dimenticato di spegnerla. Si recò in salotto e
si buttò di peso sul divano, prese il telecomando e iniziò a fare zapping in
maniera svogliata. Sopra alla tv svettava la foto che per anni aveva
rappresentato la sua famiglia: si trattava della stessa foto che aveva
perennemente con sé sul comodino a Barcellona, la stessa foto che Lavinia aveva
mandato in frantumi in un momento d’ira, la stessa foto che lui aveva raccolto
tra le lacrime e aveva portato con sé quando mestamente aveva fatto ritorno a
Fujisawa. A 36 anni suonati aveva capito cosa voleva dire vivere di ricordi,
perché da tre anni questo faceva: viveva nel ricordo dei sorrisi di Daichi,
delle litigate con Lavinia, delle notti di passione con Sanae… Sanae… cara
dolce Sanae… non c’era più niente tra di loro… non si erano nemmeno più
rivisti… sapeva tramite Yukari che si era trasferita a Tokyo e che lavorava
come segretaria presso uno studio di avvocati, ma altre cose non ne sapeva. Non
sapeva se era sposata. Fidanzata. Con dei figli. Single. Se pensava ancora a
lui. O se lo aveva cancellato completamente dalla sua vita. Come aveva fatto
Vinny. Spense la tivù e si abbandonò sul divano, incurante del freddo che gli
aveva fatto venire la pelle d’oca. Sentì il campanello e immaginò che fosse la
domestica, così si limitò ad indossare i jeans e corse ad aprire:
-Cos’ha dimentica…-
Le parole gli morirono
in bocca quando si ritrovò davanti lei… bellissima… erano passati tre anni ma
l’aveva riconosciuta subito, in tutto il suo splendore di giovane donna, con i
lunghi capelli nuovamente del loro colore naturale, ricci, e gli occhi fissi su
di lui, con uno sguardo indefinito.
-Ciao Tsubasa… mi fai
entrare?-
Ripresosi dallo stupore
iniziale le fece cenno di entrare: lei si accomodò velocemente in salotto.
Vedere di nuovo quel luogo per lei era come ricevere una pugnalata in pieno
petto, ma doveva farlo. Shinichi aveva ragione: anche se non avrebbe approvato,
Tsubasa doveva sapere.
-Qual… qual buon vento?-
le disse in spagnolo, per metterla a suo agio.
-Vento di novità…-
rispose la giovane freddamente. L’uomo di mise una maglietta che la governante
aveva appena stirato e si sedette su una sedia di fronte a lei.
-Dimmi pure, sono
tutt’orecchi.-
Inspirò sperando di non
dover assistere ad uno spettacolo pietoso, poi pronunciò la frase tutto d’un
fiato per evitare ripensamenti.
-Mi sposo. A fine
gennaio. Il 25. E vorrei che ci fossi pure tu mentre vado all’altare… beh,
altare… ci sposiamo in comune. Apparteniamo a due religioni diverse e…-
-Shinichi, non è vero?-
Vinny annuì sostenendo
il suo sguardo.
-Sei sicura che… dopo
così poco tempo… sia il momento giusto?-
Vinny sobbalzò a quelle
parole: si era immaginata quella scena come piena di urla e grida, di cose non
dette e altre dette troppe volte… mai e poi mai si sarebbe aspettata una tale
sincerità da parte dell’ex tutore… era cambiato…?
-Shinichi ed io abbiamo
un rapporto meraviglioso, basato sulla fiducia e sulla sincerità, cosa che tu
forse non puoi capire…- gli disse, piazzando molto bene quella frecciatina.
-Già… cosa che non ho
mai fatto io… beh… che dire… io sono lusingato dell’invito…-
-Non è un invito,
Tsubasa… vorrei che fossi tu ad accompagnarmi all’altare…-
Quella frase colpì
Tsubasa come non mai: alzò lo sguardo verso la ragazza e notò che aveva gli
occhi lucidi. Si avvicinò a lei e la abbracciò, stringendola forte e iniziando
a piangere lentamente:
-Lavinia io… mi sei
mancata così tanto… e mi manca da morire pure lui… sono stato un idiota… ho
perso tutto… tutto…-
Colpita dalla sincerità
dell’uomo rispose al suo abbraccio, stringendolo forte e cercando di ricacciare
indietro le lacrime che troppe volte avevano solcato il suo dolce viso. Non
sapeva che dire, così si limitò a crogiolarsi in quell’abbraccio che per troppo
tempo aveva bramato e che per molti anni l’aveva salvata quando nel cuore della
notte i fantasmi del passato la perseguitavano. Tsubasa piangeva felice di
quell’invito, che ai suoi occhi risultava come una sorta di riappacificazione,
e la stringeva forte a sé come faceva quando lei lo chiamava in lacrime nel
cuore della notte… era una sorta di tuffo nel passato per entrambi, che altro
non potevano fare di godere di quel momento di forse fittizia felicità…