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Autore: sayuri_88    13/07/2012    3 recensioni
Quando un compito ti può cambiare la vita.
Dal capitolo 1:
« Cullen, Swan! In coppia ».
Nello stesso momento due persone, un ragazzo e una ragazza, alzarono la testa di scatto e guardarono la professoressa con occhi sbarrati, come se davanti a loro avessero il demonio in persona.
La professoressa ignara della reazione provocata, camminò tranquillamente verso la ragazza mora poggiando un bambolotto sul suo tavolo. [...]
« Per le prossime due settimane sarete i genitori di questa tenera bambina » annunciò sorridente la donna continuando poi il suo giro.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Capitolo 8 .

 

 

La casa bianca. Il cuore dell’America. Il centro pulsante della vita politica americana.

Presidenti si erano susseguiti nel corso degli anni, lì erano state prese decisioni che avevano influenzato il destino del mondo. Isabella si sentiva sopraffatta dall’emozione. Come sarebbe stato lavorare lì? Sentirsi parte di qualcosa di più grande del fare la spesa ogni giorno o preoccuparsi di cose banali e quotidiane.

« Bene, ragazzi mi raccomando dovete stare uniti » spiegò la biondina che per i gusti di Isabella stava troppo vicina al professore McCarty.

« Non la sopporto » borbottò senza stupire l’amica che ridacchiò di rimando. I professori li divisero in due gruppi e le ragazze erano finite nel secondo, assieme a un Jasper mezzo addormentato e un Edward messo anche peggio.

Renesmee non aveva fatto altro che piangere.

La visita aveva catturato completamente l’attenzione di Isabella che, come una bambina il giorno di Natale, si guardava attorno senza perdersi nemmeno una parola dell’efficiente guida che li conduceva lungo i corridoi, parlando della storia della casa e dei suoi abitanti spesso interrompendo la lezione di storia, che rischiava di annoiare i più degli studenti, con qualche aneddoto divertente. Così, non si accorse subito di Edward che camminava con le mani nelle tasche con fare annoiato poco più avanti di lei. Isabella fissava la sua schiena assorta per capire cosa non andasse… c’era qualcosa che non andava, ma cosa? Si scervellò il cervello fino uno dei suoi compagni non si mise a fare il verso di un bambino che frignava e così capì.

« Edward » sibilò. Il ragazzo si girò incuriosito ma rilassato, incurante di aver perso il loro compito.

« Renesmee, dov’è? » gli chiese mentre il suo sopracciglio stremava per la rabbia repressa. Il ragazzo la guardò stranito e dentro di se si chiese se non avesse sopravvalutato l’intelligenza della ragazza perché quella era davvero una domanda stupida.

« Dove vuoi che sia » sbottò « è…» ma si bloccò quando tastando la schiena si rese conto con suo disappunto che la bambola non era dove era sempre stata.

« Caz... Dove è andata? » si chiese guardandosi attorno agitato.

« Secondo te è scesa da sola con le proprie gambe e ha deciso di andare a farsi un giro? » ringhiò Isabella. Edward punto nel vivo le rivolse uno sguardo infastidito per il suo sarcasmo fuori luogo.

« Senti io non l’ho mollata un secondo. Davvero » insistette sotto lo sguardo scettico di Isabella. « Anche quando sono andato in bagno… oh no » borbottò e senza dare ulteriori spiegazioni superò la ragazza e imboccò il corridoio che avevano appena lasciato.

Nessuno si era accorto di nulla.

 

È una realtà universalmente riconosciuta che quando uno nasce stupido, morirà stupido. Quello era il pensiero di Isabella mentre seguiva Edward lungo i corridoi per recuperare Renesmee.

« Mi spiace va bene? » disse il ragazzo stanco di sentire lo sguardo di fuoco di lei sulla schiena.

La ragazza alzò un sopracciglio palesando il suo totale scetticismo. Sospirò e cercò di darsi una colamata. Urlare contro il ragazzo non avrebbe risolto prima il problema. « Lo credo che non lo hai fatto apposta ma Edward non è difficile badare a un bambolotto ».

Pinocchio, in confronto a lei, era un bravo bambino perché il ragazzo non lo sapeva, ma una volta Isabella aveva perso la bambola e l’aveva ritrovata due ore dopo nella cuccia di Leah in giardino. Quello, però, Edward non doveva saperlo.

«  Senti mi dispiace, ma Renesmee non ha smesso di piangere questa notte e… » il ragazzo venne interrotto da un vagito che mano a mano che si avvicinavano alla porta del bagno si faceva sempre più forte. La stanza era in un corridoio trasversale che s’immetteva in quello usato dai ragazzi e neanche a dirlo, non era nel giro autorizzato dalla guida e quindi avrebbe dovuto arrabbiarsi ma in quel momento le importava solo di aver trovato la bambola.

« Sei salvo per ora, Cullen » il ragazzo storse la bocca nel sentirsi chiamare con il proprio cognome. Si era abituato a lei che lo chiamava per nome e quel ritorno alle vecchie maniere gli aveva dato fastidio. Nemmeno sapeva il perché.

Isabella più tranquilla lo superò, si fiondò nel bagno degli uomini, fortunatamente non c’era nessun occupante, recuperò la bambola e iniziò a cullarla mormorandole nell’orecchio per calmarla.

« Che padre inaffidabile che hai » borbottò a mezza voce, prima di tornare sui suoi passi.

Edward aprì la porta per seguirla ma questa fu aperta dalla ragazza che continuava a cullare la bambola, la quale si stava lentamente tranquillizzando.

Era gelosia quella che provava: perché la bambola con Isabella si calmava quasi subito mentre con lui ci metteva ore, tutte le preziose ore del suo sonno per l’esattezza?

« Guarda che ruffiana… » borbottò a mezza voce con tono infastidito per il tradimento della bambina. Non erano le figlie quelle che stravedevano per il padre e snobbavano la madre?

Isabella sogghignò, divertita dal comportamento del compagno, la rabbia era sparita, sostituita dalla felicità di aver salvato il loro compito. Anche il ragazzo si rilassò, leggermente incredulo per la scampata strigliata. Si guardò attorno e un’idea gli balenò nella ment

« Edward, dove vai? » gli chiese dopo che lo vide dirigersi verso la direzione opposta da quella da cui erano arrivati. Il ragazzo si girò senza smettere di camminare e disse:

« Vado a farmi un giro. Non capita tutti i giorni di poter vedere la Casa Bianca. Dici che riuscirei a entrare nella stanza ovale? »

La stava prendendo in giro?

« Edward, siamo alla Casa Bianca non possiamo andare in giro come ci pare. C’è un sistema di sicurezza, guardie, senza contare che la gente qui ci lavora e non è un lavoro semplice » disse cercando di farlo ragionare. Edward si bloccò e tornò sui suoi passi facendosi vicino alla ragazza e chinandosi alla sua altezza.

« Sempre a seguire le regole, nessuno sgarro, tutta casa e chiesa… non hai mai corso un po' di rischio? È il sale della vita » rispose con quel suo sorriso sghembo che sapeva mandarla in bestia.

« Io corro dei rischi… » borbottò la ragazza indispettita. Quando sceglieva un nuovo tipo di prodotto per i capelli perché il suo era finito, quando andava a vedere un film di un regista sconosciuto o quando al bar del paese, durante la giornata della famiglia, sceglieva un menu diverso dal solito.

Lei correva dei rischi.

Il ragazzo alzò il sopracciglio, palesando tutto il suo scetticismo al riguardo ma non disse nulla. Le diede le spalle e s’incamminò. La ragazza, invece, non sapeva che fare.

La prima idea era quella di dargli le spalle e fregarsene del fatto che sarebbe potuto essere arrestato per sospetto terrorismo ma c’era una seconda idea che la spingeva a seguirlo per accertarsi che non facesse casini e fu quella a vincere.

Borbottando frasi sconnesse, corse dietro al ragazzo che si era inoltrato tra i corridoi. Perché poi lo stava facendo? Era preoccupazione quella che sentiva? Una settimana prima non ci avrebbe pensato due volte a lasciarlo da solo.

« Edward » bisbigliò « dove sei? » continuò guardandosi attorno. Dove era finito quel matto? Si chiese mentre avanzava lungo la moquette.

« Eccoti! Vieni a vedere » esordì il ragazzo comparendo da una porta per poi riscomparire mesto. Isabella sobbalzò e per poco non fece cadere Renesmee.  Si portò una mano al cuore e fece respiri profondi per riprendersi dallo spavento.

Una volta calmata seguì il ragazzo e si ritrovò in una camera semplice, della fine degli anni quaranta.

« È la camera di Harry Truman » lesse la ragazza dalla targhetta dorata sulla porta. Era nella camera del trentatreesimo presidente e venne pervasa da un moto di emozione. Quell’uomo si era trovato a gestire le ultime delicate fasi della seconda guerra mondiale e il pericolo della guerra fredda. Era affascinante sì, ma erano anche in una zona non autorizzata.

« Edward, credo sia il caso di andare se ci scoprono finiamo in grossi guai ».

« Oh dai non c’è nessuno ».

« Gli altri sono già fuori, se il professor McCarty non ci trova potrebbe preoccuparsi » continuò la ragazza. Chissà che avrebbe pensato di lei il professore se fossero stati scoperti. Avrebbe potuto pensare che fosse una ragazzina, una bambina e lei non poteva permetterlo se non voleva vedere i suoi sogni andare in frantumi. « Per favore » lo supplicò.  Okay correre rischi ma quello era troppo per lei.

Il suo compagno sbuffò ma leggendo nel suo sguardo una sincera preoccupazione decise di desistere e così chiusero la porta della stanza alle loro spalle, tornarono sui loro passi.

Erano quasi arrivati al corridoio da cui erano partiti che una voce autoritaria alle loro spalle che li fece sobbalzare dallo spavento.

« Che state facendo qui? Questa zona è riservata ».

Una guardia, pantaloni blu, maglietta bianca e cravatta, pistola elettrica sul fianco, e sguardo torvo, avanzava verso di loro. Edward era rimasto ammutolito così toccò a Isabella cercare di uscire dai guai.

« S… Salve, no, è che la piccola non stava bene e si era messa a piangere e siamo rimasti indietro ».

« Piccola? » la sua bugia aveva catturato la piena attenzione dell’uomo.

« Si mia, nostra figlia» confermò Isabella prendendo sotto braccio Edward che stava sudando freddo « siamo rimasti indietro, ci siamo persi e siamo finiti qui ».

Isabella si fece i complimenti da sola per le sue inattese doti recitative.

« Già ci scusi » intervenne Edward recuperando la voce.

« Ma siete così giovani » dire che l’uomo fosse incredulo era poco. Isabella si esibì in un sospiro forse un po' troppo teatrale e continuò la recita.

« Lo dica a lui che non sa usare un profilattico e così mi sono trovata con la pagnotta nel forno » si giustificò Isabella indicando il ragazzo con un gesto secco della testa. Edward, al suo fianco s’irrigidì e stritolò il braccio della ragazza come una morsa. Che andava dicendo? Ringhiò nella sua mente.

La guardia, Bobby secondo il cartellino, lanciò uno sguardo di disappunto al ragazzo, come se stesse pensando che lui fosse uno dei soliti ragazzacci, con gli ormoni a palla, che ingravidavano tutte le femmine che trovavano. Al contrario riservò a Isabella uno sguardo paterno. Edward si sentì offeso ma continuò a sorridere senza interrompere la recita.

« In ogni caso, ci spiace davvero tanto » mormorò Isabella con voce innocente e occhi da cucciolo bastonato. La guardia parve ammorbidirsi e dopo una breve ramanzina sul non aggirarsi mai più in luoghi non autorizzati, li scortò verso l’uscita.

« Non so usare il profilattico? » sibilò il ragazzo all’orecchio di lei. La ragazza alzò gli occhi al cielo e trattene la risata che stava nascendo. Continuando a camminare gli scoccò un’occhiata e gli sorrise sorniona.

« Siamo in questo pasticcio per colpa tua quindi non lamentarti ».

« Vi è piaciuta la visita? » esordì l’uomo quando ebbero raggiunto l’uscita, per tutto il tragitto non aveva smesso di parlare sull’importanza della famiglia e delle responsabilità che ne derivavano ed essendo padre di quattro figli si era arrogato il diritto di dare qualche consiglio ai ragazzi.

« Oh sì, molto bella » commentò piatto, Edward.

« È stato emozionante » rispose con sincero entusiasmo la ragazza. « Ci spiace ancora per essere usciti dal percorso… »

Erano arrivati al negozietto dei souvenir.  Entrambi i ragazzi si rilassarono vedendo la luce alla fine del tunnel.

« Oh… non preoccuparti » la interruppe l’uomo affabile « ma la prossima volta ragazzo faremo quattro chiacchiere » e lo additò con fare minaccioso « e tratta bene la madre di tua figlia ».

Edward si chiedeva perché con le ragazze tutti erano sempre più gentili.

« Non si preoccupi la tratterò come un tesero » disse con un sorriso tirato. Bobby annuì soddisfatto per poi rivolgersi alla ragazza con ritrovato sorriso.

« Posso vederla? » domandò sporgendosi per guardare oltre la protezione del seggiolino mobile.

« No! » urlò Isabella, stringendo il bambolotto a se. Scoprirebbe l’inganno! L’uomo la guardo stranito e così la ragazza cercò di trovare una scusa plausibile per il suo comportamento. « È timida, si mette a piangere facilmente con gli estranei » spiegò con tono più calmo e sorrise, cercando di apparire il più materna possibile, « lo ha ereditato da me ».

« Sì, infatti, e ora scusi » Edward la prese per la vita e la sospinge verso la porta di uscita.

A mano a mano che si allontanavano, sentivano la tensione scemare e l’ilarità prese il posto della preoccupazione tanto che, quando si trovarono fuori al sicuro si guardarono negli occhi, nessuno dei due riuscì trattenere le risate.

« Ci credi che quel tizio ci ha scambiato per una coppia vera? » gli chiese incredulo, per l’assurdità della cosa.

« Già, » concordò Isabella asciugandosi una lacrima dagli occhi, « come se tu ti avvicinassi minimamente al mio uomo ideale ».

« E quale sarebbe? » gli chiese Edward, sinceramente incuriosito.

« Intelligente, sicuro di se, attento, gentile, elegante, benestante, che ama gli animali, con un lavoro rispettabile, attento all’ambiente, che ami l’arte e gli piaccia frequentare il teatro, che sia romantico,… ».

« Certo che ti accontenti di poco » la bloccò il ragazzo. Isabella cercava il principe azzurro ma qualcuno doveva dirle che loro erano nel mondo reale e non nelle favole.

« Ho dei gusti semplicissimi mi accontento sempre del meglio * » disse alzando il mento verso l’alto baldanzosa. Edward scosse la testa divertito. Fortunatamente lui era lontano anni luce dal suo modello ideale.

 

« Isa! » la voce di Alice ruppe il loro momento. La ragazza si avvicinò a passo sostenuto affiancata dal biondo. I due nell’attesa dei rispettivi amici avevano approfondito la conoscenza, soprattutto grazie a Jasper che imperterrito aveva continuato a coinvolgerla spaziando da un discorso all’altro, cercando di farla uscire dal suo guscio di timidezza e dopo un primo momento di imbarazzo, Alice aveva riacquistato buona parte della sua parlantina.

« Dove eri finita? » le chiese una volta che li ebbe raggiunti.

« Ero dentro, Edward non poteva non farsi notare anche qui » nella sua voce aleggiava ancora quella nota divertita della risata fatta con il compagno.

« La cosa non mi stupisce » fu il commento di Jasper, « che ha combinato? » chiese rivolto a Isabella. La ragazza passò la bambola a Edward prima di rispondere.

« Ha voluto fare un giro turistico non autorizzato e ci ha scoperto una guardia » riassunse la ragazza, « e il bello è che questa ha creduto che Renesmee fosse vera e che io e Edward fossimo i genitori » e qui non riuscì a trattenere un’altra risata. « Dovevate vedere come lo trattava… »

« Già, praticamente mi ha accusato di passare le giornate a mettere incinta le mie compagne di classe » disse scatenando l’ilarità degli altri tre. Edward s’imbronciò cercando di apparire offeso ma poi si unì all’ilarità del gruppo ma il suo stomaco reclamava attenzioni e richiamò l’attenzione degli altri.

« Bene, il pagliaccio Edward propone di andare a mangiare. Sto morendo di fame e abbiamo solo trequarti d’ora per trovare un posto ».

« Venendo qui ho visto un McDonald’s » disse Alice, ricordandosi dell’enorme emme gialla che aveva vista la mattina.

« Perfetto » esultò il ragazzo incamminandosi nella direzione indicata, « forza, muovetevi che ho fame » incitò i compagni che lo seguivano a passo più lento.

Dieci minuti dopo i quattro ragazzi fecero il loro ingresso nel grande locale, dove già molta gente era ammassata in fila alle dieci casse, anche se era una massa unica di gente che spingeva schiacciando come sardine tutti quelli che avevano davanti.

« Io e Ed andiamo in fila, voi andate a prendere dei posti » disse Jasper prendendo l’amico per un braccio. « È inutile fare tutti la fila. Che prendete? »

« Io crocchette di pollo, acqua naturale e patatine » disse Isabella grata di non dover partecipare alla lotta per il posto. « Edward, dammi Renesmee, la tengo io »

Edward stava per aprire bocca, criticando l’amico. Perché loro due dovevano fare la coda e le ragazza invece avrebbero dovuto aspettare tranquille al tavolo? Ma poi aveva sentito Isabella che gli diceva di darle la bambola. Saggiamente era stato zitto.

Mentre il ragazzo, sollevato dal non dover infilarsi nella mischia con quell’aggeggio e felice di potersene liberarsene per un po’, gliela passava, Jasper prese anche l’ordinazione di Alice e poi il gruppo si divise per svolgere ognuno il proprio compito.

Alice e Isabella dopo aver girato tutto l’edificio, trovarono posto sulla terrazza al secondo piano, vicino alla balaustra e che dava una panoramica della principale strada di Washington D.C.

 Gli altri due nello stesso momento erano arrivati quasi alle casse. Avevano parlato della gita, della visita e poi il discorso si era spostato da tutt’altra parte quando il cellulare del biondo aveva iniziato a vibrare, segno che era arrivato un messaggio. Alice lo informava che avevano trovato posto al secondo piano sulla terrazza. Rimise via il telefono e guardando dritto davanti a se visto che ormai era arrivato il loro turno, disse:

« Credo di piacergli » esordì il biondo mentre erano in fila.

« Parli di Alice? » gli chiese. Non poteva certo riferirsi a Isabella. Loro due erano completamente diversi, sarebbero stati una coppia mal assortita. “Jasper e Isabella” suonavano anche male assieme.

« Salve, cosa posso portarvi? » li interruppe la commessa nella sua divisa gialla e rossa. Orribile a parere del ragazzo. Ma in pan dam con la figura della ragazza. Mamma mia, pensò il ragazzo, sembrava la protagonista Ugly Betty!

Jasper cordiale e ignaro dei pensieri dell’amico ordinò per se e per Alice.

« Sì, credo proprio che ci proverò con lei » lo informò deciso mentre la ragazza recuperava i diversi cartoni e li sistemava sul vassoio verde.

« In bocca al lupo » fu il commento dell’amico alla notizia. Alice gli pareva una ragazza un po' eccentrica, ma oltre a quello non trovava nulla per contestare la scelta dell’amico. Ecco, forse il fatto che non fosse popolare era un punto a suo sfavore.

 

« Guarda, ci sono Jane e Renata la infondo » disse Jasper catturando l’attenzione di tutto il gruppo. « Perché la mora ti sta fulminando con gli occhi? » domandò rivolgendo lo sguardo su Edward.

Il ragazzo sogghignò divertito e rispose alla domanda scrollando le spalle come se la cosa non lo toccasse minimamente.

« Sabato sera alla festa per la vittoria, ho mollato Vic. Renata è sua cugina o sorella… non ho capito bene » e riprese a mangiare il suo panino. Era certo che se avesse chiesto alla ragazza di uscire quella avrebbe accettato senza indugio.

« Sei stato assieme a Victoria per quasi un mese e non sai chi sono i suoi parenti più prossimi? Ma parlavate? » la mora non riusciva a capacitarsi della superficialità del ragazzo.

« Diciamo che preferivamo spendere il tempo in modo diverso » ammiccò il ragazzo. Isabella sospirò sconsolata, Alice arrossì e chinò il capo per continuare a mangiare il suo panino, non era a suo agio in certi discorsi, mentre Jasper alzò le spalle rispondendo allo sguardo della mora.

« Che ci trovi in lui? » gli chiese la ragazza, « come fai a sopportarlo? »

Per Isabella era inconcepibile, nemmeno un santo avrebbe avuto la pazienza per sopportare un ragazzo come Edward Cullen.

« Anni e anni di esperienza » si giustificò.

« Ehi, sono qui e vi sento! »

 

Una volta terminato il pranzo decisero di concedersi una passeggiata prima di raggiungere il luogo di ritrovo, mancavano ancora una decina di minuti all’ora del ritrovo. Avevano appena superato il Lincoln Memorial, dove i ragazzi si erano lasciati andare a una serie di foto, serie ma soprattutto non, assieme al famoso presidente degli Stati Uniti, quando la voce di Edward attirò l'attenzione degli altri verso la vetrina di un ristorante dalla parte opposta della strada.

« Ehi, ma quello non è il professor McCarty? ».

Erano davvero lui, costatò Isabella che si era girata appena aveva sentito il nome del suo professore per poi inalberarsi quando realizzò che era assieme alla Signorina Hale. Perché quella barbie bionda era con lui?

« Sembra una cenetta romantica, guardate come sono vicini » scherzò il ragazzo per poi pensare che il professore aveva buon gusto in fatto di donne, quell’assistente sociale era davvero uno schianto!

« Ma per favore Edward, sono colleghi » disse la mora, con l’intento di sdrammatizzate. Non voleva certo credere che ci fosse dell’altro, ma più andava avanti con la frase più la sua voce andava scemando. I due insegnanti, ignari di essere visti dai propri studenti, si avvicinarono fino a baciarsi. Non un bacio a stampo, no, uno più profondo e accurato. Quando Isabella sbatté le palpebre, che aveva tenuto spalancate senza nemmeno rendersene conto, i due si erano già alzati e si stavano dirigendo verso il bancone del bar.

Lo aveva solo immaginato, vero? Non si erano baciati per davvero. No, era impossibile! Categoricamente impossibile.

Un fischio di apprezzamento arrivò dalla direzione di Edward.

« A quanto pare il professore ci da dentro guarda che sventola che si è preso » commentò malizioso. La ragazza lo fulminò con lo sguardo e tornò afflitta a guardare la coppia civettare. In quel momento odiò Edward perché gli aveva confermato che era stato tutto vero.

Non doveva andare così! Il professore doveva accorgersi di lei, innamorarsene come in Piccoli problemi di cuore.

Era certissima che sarebbe andata in quella maniera.

« Isa, dai andiamo faremo tardi al ritrovo » la incitò Alice afferrandola per un braccio e obbligandola a riprendere a camminare proprio quando i due stavano uscendo dal ristorante. Sapeva della cotta dell’amica e poteva immaginare cosa avesse voluto dire per lei assistere a quella scena.

« Isabella, Alice! » non fecero però in tempo a fare un passo che vennero richiamati dal professore che, assieme alla Signorina Hale, li raggiunse.

Non c’era più quell’intimità che avevano visto dentro al ristorante, mantenevano una certa distanza, quella che bastava per farli passare per due che si conoscevano ma che non andavano oltre l’amicizia. Peccato che era proprio quello che non erano, pensò Isabella.

« Edward, Jasper » salutò anche i ragazzi quando ci raggiunse. « Non vi avevamo visti » e Edward fu certo di non essersi immaginato la nota di agitazione nella sua voce.

« Nemmeno noi vi avevamo visti, andiamo di fretta perché è tardi… » disse Alice che voleva solo far allontanare la sua amica da lì. Purtroppo per lei, qualcun altro nel gruppo non era del suo stesso avviso perché contemporaneamente disse:

« Allora, professore. Lei e la Signorina, eh… » ovviamente fu Edward.

Entrambi gli adulti arrossirono e si guardarono preoccupati per essere stati colti in flagrante. Ormai, pensò il professor McCarty, non potevano più tenerlo nascosto.

« Beh, ecco… la Signorina Hale è la mia fidanzata ».

 




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Eccomi! Ciao a tutte, come va? Scusate il tremendo ritardo ma gli esami prima di tutto : ) 
Il capitolo doveva essere più lungo e doveva succedere altro di più interessante ma siccome nona vevo tempo per andare avanti ho postato quello che avevo finito. Spero che vi sia piaiciuto, non è proprio venuto come volevo, ma non mi dispiace più di tanto. Bella e Edward si stanno avvicinando, non si punzecchiano più come all'inizio ma convivono civilmente, Jasper e Alice stanno facendo passi avanti e il professore ha infranto i sogni di Isabella... sarà il momento di qualcun altro?

Grazie alle ragazze che continuano a seguirmi e spendono cinque minuti del loro tempo a recensiere, non so che farei senza di voi : )
Grazie anche a quelli che hanno messo la storia tra le seguite, preferite e ricordate. Vi ricordo la mia pagina facebook per avvisi, anticipazioni o se volte chiedermi qualcosa,...
Spero di leggere qualche vostro commento sul capitolo.
A presto e buona giornata!


p.s: ho scritto una nuova storia "La musica nel cuore" finita se volete farci uns alto siete ben accette!!! Ecco un piccolo spoiler:

« Senta… » iniziai raccogliendo tutto il coraggio « io avrei un paio di gruppi che vorrei davvero lei sentisse » ma mi bloccai quando vidi il suo sguardo esasperato mentre poggiava la tazza di caffè sul tavolo di vetro. Il rintocco che ne seguì risuonò come una marcia funebre
nella mia mente.
« Ho i postumi della sbornia, sette linee telefoniche che suonano e una ragazza che non capisce che è stata solo una questione di una notte… »
«Ho afferrato il concetto » lo interruppi incassando il colpo e dandogli le spalle feci per uscire dalla stanza.
« Swan, » mi richiamò e io mi voltai speranzosa. 
Il mio capo mi squadrò da capo a piedi prima di dire « sei carina » commentò facendomi arrossire, tanto da assomigliare a un peperone, a causa del complimento inatteso e soprattutto per l’inopportunità della cosa. « Slacciati un bottone e ti faccio partecipare alla scelta mattutina dei nomi ».
Lo guardai come se fosse pazzo e sperai con tutta me stessa di aver capito male.
« Un bottone e una canzone » ripeté confermando che avevo capito bene la sua richiesta.

   
 
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