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Autore: ElleX26    08/08/2012    8 recensioni
Kurt e Sebastian si rincontrano. Situazioni, luoghi, persone diverse. Anche loro sono un po’ differenti, pur essendo rimasti sempre uguali. Sebastian è ancora l’arrogante ragazzino pieno di sé che odora di sesso. Kurt sta ancora con Blaine, anche se il loro rapporto è ormai danneggiato, probabilmente in maniera definitiva.
Rachel è troppo piena di sé. Santana è sempre uguale, stronza e caliente. Anche Brittany è sempre lei: un gran cuore e una mente persa tra unicorni e delfini. Finn è lontano, parecchi fusi orari più in là. Burt è il solito padre affettuoso, anche se ormai è diventato un senatore molto impegnato. L’era del Glee Club sembra lontana anni luce per chi ormai è completamente proiettato verso una nuova avventura. New York è la cornice perfetta per lasciarsi il passato alle spalle.
Prima FF che scrivo. Kurbastian con un assaggio di Klaine. FutureFic!
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Santana Lopez, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I SHOULD TELL YOU

SPAZIO DI ELLE:

Buonasera a tutti! Anzi, vista l’ora, buonanotte! =)

Visto che è la prima volta che mi cimento nella scrittura, mi presento: mi chiamo Elle e ho vent’anni. Forse, alcune di voi mi conosceranno come la pazza che sta traducendo quella meraviglia di The Kitten and Coyote; altri, probabilmente, si staranno chiedendo perché esistano idioti come me in circolazione (per i secondi: non vi preoccupate, avete la mia solidarietà!).

Detto questo, presento un po’ la storia. Innanzitutto, come ho scritto prima, è la prima volta che mi cimento nella scrittura di una FF e ho anche il coraggio di pubblicarla, quindi dire che sono estremamente agitata, è dire poco. Ho scritto questo primo capitolo in super velocità, trascinata dall’onda dell’ispirazione, che ho voluto cavalcare finché durava. Sinceramente non so come possa risultare, spero sia quantomeno leggibile. Proprio per le mie incertezze, vi confesso che sarei contentissima di ricevere da voi qualche feedback. Positivo o negativo non importa, solo avere un’idea se mi sono bevuta il cervello e mi devo fare internare o se a qualcuno può piacere questo mio vano tentativo di scrittura. Let me know!

Detto questo, trovate la descrizione della trama qua sotto, quindi per avere un’idea su questa mia Kurtbastian basta che leggiate un po’ più in giù!

Ho un’ultima comunicazione di servizio da fare per chi legge The Kitten and Coyote. NON SONO MORTA! Anzi, sto già lavorando al tredicesimo capitolo. Gli altri li ho passati alla mia Beta, che purtroppo però, ha avuto dei problemi, quindi tarderanno un po’ ad arrivare, ma giuro che ci sono ancora, quindi non disperate e soprattutto, non abbandonatemi.

Concludendo questa nota lunghissima, ringrazio chi deciderà di dare almeno una chance a questa mia follia creativa.

Buona lettura.

Love, - Elle.

 

 

I should tell you

 

Kurt e Sebastian si rincontrano. Situazioni, luoghi, persone diverse. Anche loro sono un po’ differenti, pur essendo rimasti sempre uguali. Sebastian è ancora l’arrogante ragazzino pieno di sé che odora di sesso. Kurt sta ancora con Blaine, anche se il loro rapporto è ormai danneggiato, probabilmente in maniera definitiva.

Rachel è troppo piena di sé. Santana è sempre uguale, stronza e caliente. Anche Brittany è sempre lei: un gran cuore e una mente persa tra unicorni e delfini. Finn è lontano, parecchi fusi orari più in là. Burt è il solito padre affettuoso, anche se ormai è diventato un senatore molto impegnato. L’era del Glee Club sembra lontana anni luce per chi ormai è completamente proiettato verso una nuova avventura. New York è la cornice perfetta per lasciarsi il passato alle spalle.

 

 

 

Capitolo primo:

“Here we come, here we go”

 

[…]

 

Era come essere squarciati a metà, ma contemporaneamente sentirsi finalmente interi, completi.  A Kurt sembrava che il dolore percorresse ogni sua vena, si irradiasse per ogni suo nervo cercando di raggiungere ogni singola fibra del suo corpo. Allo stesso tempo la sensazione di estasi, quella felicità eterea che aveva formato una bolla intorno a lui, lo avvolgeva, lo proteggeva, lo fortificava. Pian piano, quella bolla di perfezione si dissolse, lasciando nell’aria un’impercettibile senso di voluttà, che riequilibrava il dolore fisico provato dal controtenore. Il suo corpo si stava abituando alla tensione, lasciando spazio ad un piacere che cresceva silenzioso, che aumentava ad ogni battito del cuore. Ogni percezione fisica era amplificata; condividere così tanto con una persona, mentalmente e fisicamente, aprì il suo cuore e il suo corpo a nuove emozioni e sensazioni. Potevano essere passati secondi o ore quando l’impatto di ciò che stava succedendo raggiunse finalmente Kurt, che come risvegliandosi da un lungo sonno, aprì di scatto gli occhi, finalmente cosciente appieno di tutto quello che stava provando. Visibilmente più rilassato, sbatté ripetutamente le sue lunghe ciglia, attraverso le quali riusciva a vedere il volto dell’altro ragazzo. Un volto familiare, ma allo stesso tempo così nuovo per lui. Un volto che gli aveva fornito sia i suoi incubi peggiori che i suoi sogni migliori. Il viso di chi, a dispetto del loro passato, aveva imparato ad apprezzare.

 

Sebastian era abituato al sesso. Spesso aveva ricevuto e donato piacere. Spesso aveva trovato amanti terribilmente esperti e capaci. Spesso avevano complimentato le sue qualità tra le lenzuola. Spesso era passato da un letto ad un altro, o anche da un sedile posteriore di un’auto all’altro, o da un bagno dello Scandal a uno della Dalton; tutto pur di trovare un po’ di sollievo e piacere, completamente, puramente fisico. Spesso il suo corpo era abituato al contatto intimo e profondo con un altro corpo. Tuttavia, ciò che gli era sempre mancato, era stato il contatto con un’altra persona. Il contatto intimo e profondo non solo di due corpi, ma di due anime, due menti, due cuori. Non era la sua prima volta, tecnicamente, ma nel momento in cui si trovò dentro il corpo caldo, sexy e allo stesso tempo dolce di Kurt, realizzò che invece sì – quella era la sua prima volta. Ancora meglio: era la loro prima volta. Insieme.  Non aveva mai dato peso ai sentimenti, credendo fossero per persone deboli e ingenue. Le relazioni l’avevano sempre infastidito, forse anche disgustato a volte. Il dover parlare di emozioni, condividerle, spendere il proprio tempo a conoscersi, tenersi per mano in pubblico, avere sempre una spalla su cui piangere; semplicemente aveva pensato fossero cose che non facevano per lui  – Oh, se si sbagliava.

 

[…]

 

 

Era stato un battito di ciglia, quello di un cuore, di un paio di ali. Un momento, mesi prima, che aveva cambiato tutto.

 

 

 

New York, lunedì 22 ottobre  

 

Rosso, arancione e giallo. Colori caldi, antitesi di quella brezza sempre più pungente che apriva le porte ai mesi più freddi. Central Park è ricoperta di foglie; alcune sono già a terra, sono le foglie secche, quelle più vecchie. Altre sono ancora vive, appese a rami scarni, alla mercé di un vento che le farà inevitabilmente morire. Times Square è già in movimento, pronta a surriscaldarsi per le ore più trafficate. Taxi gialli sfrecciano da quartiere a quartiere: da Brooklyn all’Upper East Side, dal Queens a Staten Island. Le vie iniziano a fermentare; tra poche ore affollate di visi senza identità, corpi uniti che corrono insieme, come gocce di una stessa onda. I primi lavoratori si affrettano nella metropolitana. Le ultime anime della notte si affannano per tornare verso il loro nido. È così che si risveglia New York.

New York. La Grande Mela. Cosmopolita, culturale, stimolante, eccitante, accogliente, ma anche pericolosa, spaventosa. Una sfida.

L’esatto opposto di ciò che è – o forse era, almeno per alcuni –  Lima.

Lima, Ohio. Cittadina minuscola, bigotta, rurale, noiosa, limitata ed ignorante. Una porta chiusa.

Si, perché Kurt ce l’ha fatta a lasciare la sua città natale.

Ha lottato con le unghie e con i denti, ha affrontato l’inferno a testa alta. Ha camminato con sicurezza anche quando aveva il viso rigato di lacrime e il corpo ricoperto di lividi. Si è fatto strada tra l’ignoranza, gli abusi, gli ostacoli che la vita gli ha posto, cercando la sua via d’uscita.

E l’ha trovata.

Kurt Hummel è ufficialmente un New Yorkese.

 

 

 

 

Beep. Beep. Beep.

“Buongiorno, New York. Sono le sette e trenta di questo lunedì 22 ottobre. Inizia una nuova settimana e mentre il tempo scorre e ci avviciniamo sempre più ai mesi più freddi, ci dobbiamo ricordare che tra soli nove giorni si celebra la festa più terrificante e spaventosa dell’anno. Preparatevi a zucche, zombie e fantasmi, ma soprattutto tirate fuori i costumi! È ora di bussare di porta in porta per i più piccoli e di organizzare party sfrenati per chi è più cresciuto. Personalmente, io, Anne Johnson, la vostra DJ preferita – o almeno credo – ho già deciso come mascherarmi. Prenderò spunto dai favolosi look della nuova Regina del Pop. È la stravaganza fatta a persona e sa sfoggiare gli accessori più eccentrici, dettando le mode e a volte spaventando i fans. È per questo che mi ispirerò a Lady e mi circonderò di bollicine – ma non di alcool. Credo che ormai abbiate capito tutti di chi parlo, ma per chi ancora non ha colto i miei indizi, ecco a voi uno dei suoi pezzi più famosi. È un inno, un messaggio universale. Buona sveglia, cari New Yorkesi.

 

It doesn't matter if you love him

or capital H-I-M
Just put your paws up

'cause you were born this way, baby

 

My mama told me when I was young

we are all born superstars

She rolled my hair

and put my lipstick on

in the glass of her boudoir…

 

 

Gnnnn…non ora!”

 

“Hummel, fa tacere quel travestito per cui hai una fissazione Freudiana o giuro che ti brucio l’ultimo Armani che hai comprato!” – una voce ancora rauca arrivò direttamente dall’altra parte del corridoio.

 

“Vaffanculo, Santana! Comunque è inutile che ti lamenti, tanto lo so che devi alzarti presto anche te stamattina!”

 

 

Kurt si rigirò tra le coperte e allungò il braccio verso il comodino per spegnere la sua radio sveglia. Per quanto adorasse Lady Gaga e Born This Way fosse un po’ la sua canzone, a quest’ora della mattina non aveva lo stomaco per affrontare la Latina in puro stile Lima Heights con indosso un baby doll leopardato. Si, era già successo; si era già svegliato con una simile visione e non voleva assolutamente ripetere l’esperienza. Sarebbe stato il sogno erotico di ogni maschio etero della sua età, ma per Kurt, era solo materiale da catalogare come immagini da usare per “sbollire” in caso di necessità.

 

La luce filtrava soffusa e fioca tra le fessure delle persiane color panna. Kurt richiuse gli occhi, facendosi cullare nel suo dormiveglia dal rumore metropolitano della città che si risvegliava.

 

Aveva avuto una nottataccia. Aveva dormito si e no due o tre ore, un sonno disturbato e poco riposante.

 

Probabilmente era stata colpa delle tre tazze di caffè della sera prima, prese per restare sveglio per finire in tempo gli ultimi bozzetti.

Forse era l’ansia per la giornata che lo aspettava, un’avventura eccitante e paralizzante allo stesso tempo poteva prendere piede quel giorno.

Forse erano i continui pensieri, le preoccupazioni, i ricordi che continuavano a frullargli in testa, non lasciandolo riposare bene ormai da tempo.

 

Forse, erano tutte e tre sommate. Il risultato comunque non cambiava: Kurt era terribilmente stanco, frustrato, con i capelli sfatti e la testa pesante.

 

Sbuffò e lanciò via le coperte, facendole cadere a terra per poi scendere dal letto. Si avvicinò alla finestra della sua camera, spalancando le persiane e in seguito i vetri. Luce e aria fresca, quasi fredda, inondarono la stanza, aiutando Kurt a svegliarsi del tutto.

 

Osservando dal suo terzo piano la strada sotto di lui, sospirò. A volte ancora non credeva di avercela fatta. Di essere fuggito dall’Ohio ed essere finalmente a New York. Doveva farsi pizzicare o farsi versare dell’acqua gelida in testa – compiti che Satana aveva eseguito con estrema delizia durante i primi giorni di convivenza.

 

Non tutto era andato come aveva programmato.

 

All’inizio del suo ultimo anno di liceo, aveva steso minuziosamente, punto per punto, i suoi piani per la Grande Mela. Neanche la metà di quelli combaciavano con la realtà che stava vivendo.

 

Per iniziare, dopo aver dominato il palcoscenico in pantaloni oro luccicanti che non lasciavano nulla alla fantasia e aver ricevuto l’approvazione di Carmen Tibideaux, non era stato ammesso alla NYADA.

 

Quando aveva letto la lettera della famosa università, il suo mondo gli era crollato addosso.

 

Tutto quello per cui aveva lottato, il percorso che si era costruito passo dopo passo, conquista dopo conquista, era crollato come un castello di carte dopo una ventata d’aria. I primi giorni erano stati scioccanti. La sua lettera era arrivata insieme a quella del suo fratellastro e della sua migliore amica. Il destino per loro aveva intrapreso strade diverse, così Rachel e Finn avevano rotto il fidanzamento. La prima era partita da sola per New York, pronta a spianarsi la strada per il primo Tony. Il secondo aveva deciso di arruolarsi nell’esercito, e qualche giorno dopo la partenza dell’ormai ex fidanzata, era partito per la Georgia, per un campo di addestramento.

Kurt si era ritrovato così completamente solo, l’unica spalla su cui piangere rimastagli era quella del fidanzato.

 

Blaine.

 

Il dolce, elegante, bellissimo Blaine. Il suo Usignolo preferito che, quando aveva deciso di trasferirsi per l’ultimo anno al McKinley, non aveva fatto i conti con la differenza nei curriculum delle due scuole, perdendo così un anno. Il Blaine che doveva rimanere ancora a Lima. Lo stesso Blaine che era cambiato, diventando quasi irriconoscibile agli occhi del suo Kurt. Blaine, che per tanti motivi, era sempre più distante, sempre più freddo.

 

Ed ecco la seconda grande differenza tra i suoi piani e la realtà.

 

Non solo aveva dovuto rinunciare alla scuola dei suoi sogni, ma anche all’appoggio del fidanzato e della migliore amica, riducendosi a condividere un appartamento con Santana – Satana – Lopez.

Niente più loft per tre nel Lower East Side, niente più colazione da Tiffany, niente più Gershwin Theater né maratone di musical; niente più Elphaba o Glinda, niente più Katy Perry né Barbra Streisand.

 

 

Kurt scosse la testa, liberandosi dai suoi pensieri. Adesso basta, Hummel, hai una giornata impegnativa e importantissima a cui pensare. Basta rimorsi, ricordi e rimpianti.

 

Con una nuova determinazione, Kurt si riscosse dalle sue preoccupazioni, abbandonò la sua posizione alla finestra e andò a piazzarsi di fronte al suo armadio, preparando l’outfit perfetto per la giornata che lo aspettava. Il suo armadio era di un legno scuro, un wengè color cioccolato, perfettamente liscio; era molto più grande di quello che le misure della sua stanza permettessero, ma se c’era una cosa che per Kurt Hummel era fondamentale, erano i suoi vestiti. E quando Kurt teneva a qualcosa, lottava fino alla fine per ottenerla. Anche se si trattava di urlare qualsiasi tipo di insulto con un tono più alto di tre ottave rispetto al solito, affinché gli operai che si occupavano del trasloco, capissero l’importanza di incastrare nei pochi metri quadri a sua disposizione una bestia del genere.

 

Passò tutti i suoi abiti firmati, scegliendo quelli adatti alla giornata. Andò sul semplice, sobrio ed elegante. Immancabili skinny jeans neri, stretti da togliere il fiato; una camicia bianca di Dolce e Gabbana, con i bottoni in madre perla; un gilet gessato sopra e per finire i suoi Doc Martens bianco lucido. Al collo un morbido foulard di seta grigia e sopra, vista l’aria autunnale, un trench grigio antracite. Perfetto.

 

Si spostò in bagno. Doccia veloce, ma accurata, usando tutti i prodotti specifici che ormai comprava dai tempi del liceo. Bagnoschiuma, shampoo e balsamo tra i più costosi in commercio – ma la perfezione non ha prezzo.

 

Finita la doccia, si fermò davanti allo specchio per il suo rituale di idratazione mattutino. Sicuramente non voleva avere le rughe alle soglie dei suoi trent’anni.

 

Stupendo anche se stesso con la totale elasticità e morbidezza della pelle del suo viso, sorrise alla sua immagine riflessa. Prese un pettine, una spazzola, phon e lacca – molta lacca -  e iniziò a sistemarsi i capelli, con particolare attenzione al ciuffo davanti.

 

Soddisfatto del risultato, finalmente uscì dal bagno, solo per scontrarsi con un’arruffata e ben poco calma Santana.

 

“Quando hai finito di pettinare la cresta ai mini pony che defechi la mattina, vorrei usare anche io il bagno, Hummel.” Incrociò le braccia al petto e seppur struccata, coi capelli ancora spettinati dal cuscino, in culotte e canotta, riusciva ancora ad incutere timore.

 

“Serviti pure, Satana. E non ti preoccupare, oggi i mini pony avevano tutti un pelo perfetto!”

 

Santana sbuffò, lo spinse via ed entrando in bagno, chiuse a chiave la porta dietro di sé.

 

Kurt tornò in camera, si vestì e controllando l’ora – perfettamente puntuale – raccolse la sua tracolla in pelle, preparata la sera prima, gli occhiali da sole Chanel retrò – perché non si sa mai – e i fatidici bozzetti per cui aveva lavorato tanto.

 

Uscì, inchiavò il portone e scese le scale del palazzo in cui vivevano con rinnovato vigore. Aveva ritrovato un’energia positiva, che poteva solo che migliorare in seguito alla sua abituale sosta allo Starbucks dietro l’angolo.

 

All’esterno, l’aria frizzante di ottobre lo sferzò in pieno viso, costringendolo ad avvolgersi meglio la sciarpa intorno al collo. Iniziò a camminare, osservandosi intorno.

 

Non voleva essere uno dei tanti New Yorkesi che camminavano decisi, sguardo davanti a sé, senza vedere in realtà dove andavano. Una delle tante facce che si affannavano in giro per la città, espressione decisa, ma vuota. Se c’era una cosa che aveva imparato su New York, era che la città non cessava mai di stupirlo. Anche dopo un mese, lo stesso quartiere, la stessa strada, nascondevano ancora minuscoli dettagli da scoprire. Ogni giorno, solo guardandosi intorno nel suo solito tragitto da casa a Starbucks, trovava qualcosa di nuovo, un’emozione, una sensazione, uno scorcio, un vicoletto, una bancarella.

 

Dopo pochi minuti di cammino, Kurt girò l’angolo e spinse la porta in vetro del suo solito bar. Entrò sorridendo alla barista. Ormai lui e Cassie si vedevano ogni mattina. Lei conosceva il suo ordine e i suoi orari, e sapendo che spesso andava di fretta, gli faceva trovare pronto il suo Mocha. A volte, indugiava sull’alimentazione sana che si imponeva dai tempi della pubertà, e si concedeva anche un muffin al cioccolato.

 

“Ciao, Cassie! Sei sempre più bella!”

 

Cassie arrossì furiosamente. “Peccato che i migliori siano gay.”

 

Prese da dietro il bancone l’ordinazione già pronta di Kurt e gli porse la tazza fumante di caffè.

 

“Sono 3 dollari e 75 cent, Kurt.”

 

“Ecco qua. E tieni pure il resto.”

 

“È stamattina la grande giornata?”

 

“Si. Te ne ricordi?”

 

“Come non potrei?” lo prese in giro Cassie – “Hai bevuto caffeina per un anno ieri pur di restare sveglio!”

 

“Vero. Grazie mille, tesoro. Scappo, altrimenti faccio tardi. Ci vediamo domani.” Fece finta di soffiarle un bacio, afferrò la tazza e si voltò verso l’uscita. Proprio in quel momento sentì la porta aprirsi, ma non fece in tempo a vedere chi entrasse perché il suo cellulare iniziò a squillare.

 

“Merda, merda, merda!”

 

Dovendo tenere in equilibrio bozzetti e caffè, mentre cercava nella borsa il telefono, Kurt tenne gli occhi incollati al pavimento. Continuò a camminare verso l’uscita senza alzare mai lo sguardo, fino a che non si scontrò con qualcuno, rovesciandogli l’intera tazza di caffè addosso.

 

“Oh mio Dio! Mi scusi, non l’avevo vista!”

 

L’uomo – o forse era meglio definirlo ragazzo -  nel frattempo controllava il danno alla sua camicia, che in apparenza sembrava molto costosa.

 

“Potrebbe anche guardare dove va!”

 

Kurt si immobilizzò, sgranando gli occhi. Gli sembrava di riconoscere la voce di quello sconosciuto. Alzò finalmente lo sguardo, incontrando due occhi verde smeraldo colmi di malizia e un sorrisetto sbieco.

 

“Sebastian?”

 

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