Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans
Segui la storia  |       
Autore: Ely_fly    30/08/2012    1 recensioni
Cosa succede quando i Titans vanno in vacanza?
Guai, ovviamente!
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 RAVEN: PRAGA
 
«Più forte! Più forte!»
«Ci sto già mettendo tutta la mia forza, Robin! Non posso fare altro!»
«D’accordo. Pausa allora» cedette il ragazzo dai capelli neri, sedendosi a terra con la schiena contro il muro della sala degli allenamenti.
«Sia ringraziato il cielo!» esclamò Raven, sedendoglisi accanto e prendendo la bottiglietta dell’acqua.
«Sbaglio o durante le vacanze ti sei indebolita?»  le chiese scherzosamente, lanciando un’occhiata intorno: Beast Boy si stava allenando con il punching ball, anche se la riteneva una perdita di tempo; Starfire stava lanciando dardi a più non posso e Cyborg distruggeva blocchi di cemento spessi due metri con il suo laser. Loro due avevano appena finito di scambiarsi una serie di calci e affondi. Tutto sommato l’allenamento stava procedendo benone.
«Sbaglio o durante le vacanze sei diventato un tiranno?» replicò lei, altrettanto sarcastica.
«Può essere, non escluderei niente» ammise il leader, passandosi una mano tra i capelli.
«Secondo me è tutta colpa della tua vacanza. Che tutto era meno che una vacanza. Quel maledetto Xióng mi ha distrutta!»
«Non lo dire a me!» intervenne Beast Boy dalla sua postazione, da dove sentiva tutto.
«Però è stata una vacanza utile, no?» cercò di difendersi il ragazzo-meraviglia.
«Su questo posso darti ragione. È stato molto utile apprendere come controllare un elemento naturale e anche qualche nuova mossa di arti marziali» concesse la maga.
«Non che il mio elemento naturale sia poi così utile…» si lagnò B.B., lanciando un altro pugno contro il sacco.
«Come direbbe il Maestro, ti renderai conto della sua utilità. A parte che mi sembra che ti abbia preso molto in simpatia» buttò lì Robin con fare casuale.
«Cosa? Oh, bè, mi ha solo detto delle cose, niente di speciale» lo liquidò il mutaforma, con aria di disinteresse.
«Se non fossi esausto ti chiederei quali cose» ammise il ragazzo dai capelli neri.
«Io sono esausta ma lo faccio comunque: quali cose?» chiese Raven con curiosità, posando accanto a sé la bottiglietta quasi vuota. Con un sorrisetto, mosse un dito, pronunciò qualche parola in cinese e la bottiglia si riempì.
«Non te lo dico!» strillò B.B., arrossendo e voltando le spalle ai due amici.
«Dopo glielo chiederò di nuovo. Si sa, la curiosità è femmina» disse la maga, continuando a guardare il ragazzo verde.
«Naturalmente lo voglio sapere anche io. E credo che lo scopo di dominare gli elementi non fosse proprio quello di usarli per i nostri comodi, Rae» la rimproverò bonariamente Robin, che aveva notato la sua manovra con la bottiglia.
«L’ho usata per un fine superiore: devo aiutare il mio ragazzo assetato!» si giustificò lei, prendendo in mano il contenitore di plastica e alzandosi per raggiungere Beast Boy, che era caduto a terra boccheggiando, in maniera molto teatrale. Il ragazzo-meraviglia represse una risata.
«Oh, grazie, Rae» disse il mutaforma, quando la ragazza gli porse l’acqua. «Come farei senza di te?»
«Moriresti di sete» rispose lei, semplicemente, sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo stava per dire qualcosa, ma la voce di Robin lo interruppe: «Bene, ragazzi, direi che per oggi basta! Andiamo a prepararci per la cena.»
Cyborg spense immediatamente il laser e anche Starfire atterrò con eleganza a terra. I Titans uscirono dalla sala allenamenti, chiacchierando tra loro e lasciando Raven e Beast Boy sul pavimento.
 
«Ci hanno lasciato qui.»
«Già. Vedo che il tuo intuito funziona.»
«Non c’è bisogno di essere sarcastici, sai?»
«Ero serissima.»
«Non ci credo neanche se mi preghi in aramaico.»
«Potrei provarci in azaratiano? Tanto non capiresti comunque.»
«Grazie, tesoro, meno male che ci sei tu!»
«Prego, caro. Quando vuoi.»
«Okay. Smettila. Sei inquietante quando fai così.»
«E tu no? Comunque… Di che cosa hai parlato con il Maestro?» cambiò discorso la maga, cercando di cavargli fuori la verità.
«Non te lo dico» rispose il ragazzo, arrossendo e distogliendo lo sguardo.
«Eddai… Cosa ti costa dirmelo? Ti prego?» gli domandò lei, percorrendo la lunghezza del suo braccio con due dita affusolate.
Beast Boy deglutì rumorosamente. Accidenti a Raven! Lo sapeva che non poteva resisterle quando faceva così!
«Per piacere?» domandò lei, continuando a muovere le dita seguendo le linee del suo corpo e arrivando fino alla mascella.
«Noooo…» mugolò lui, sapendo di star per cedere.
«Davvero davvero davvero?» chiese lei, facendo in modo di trovarglisi davanti e a una distanza quasi nulla.
La sua concentrazione stava per dargli il definitivo addio. «Non posso…» mormorò poco convinto.
«Sul serio?» fece lei, baciandolo delicatamente sulla mascella. Sentì il ragazzo deglutire e represse una risata: il suo piano stava funzionando alla grande. Passò a baciarlo sulla guancia. Poi si avvicinò sempre più alla bocca. Il ragazzo cominciò a tremare. Infine arrivò alle labbra e lo baciò intensamente, lasciandolo senza fiato. Durante quelle manovre, la ragazza era finita sopra il ragazzo, che si era accasciato contro il muro, impotente davanti a una tale forza di volontà. Sapeva che mancava pochissimo al cedimento totale. Perciò perché non fare le cose in grande stile? si chiese, decidendo di ribaltare la situazione.
Prese Raven tra le braccia e la fece sedere sulle sue gambe, cullandola come una bambina, accarezzandole i serici capelli scuri e ammirandone la bellezza.
«Allora, me lo dici?» chiese lei, con voce volutamente roca.
Per tutta risposta il ragazzo la baciò, avido di sentire il suo sapore. La ragazza rimase stupita dall’improvvisa foga, ma non poté fare a meno di congratularsi con se stessa per l’ottima riuscita del piano.
«D’accordo» cedette il mutaforma, una volta staccatisi.
Stava per raccontarle tutto quando la porta della sala si spalancò e la figura di Cyborg si stagliò sulla soglia: «Siete ancora qui? La cena è pronta! Ma cosa stavate facendo?» domandò con un sorrisetto malizioso.
«Nulla che possa interessarti, Cy» gli rispose Raven, alzandosi dalle gambe del suo ragazzo e raccogliendo la sua bottiglietta d’acqua. «Cosa c’è per cena?» gli chiese, passandogli accanto sorridendo.
«Insalata, hamburger e Star ha preparato qualcosa che dovrebbe essere un dolce ma che non mi fiderei troppo ad assaggiare» rispose il mezzo-robot, seguendola per le scale fino alla sala da pranzo.
Beast Boy si alzò con estrema calma da dove era seduto, quasi avesse paura di cancellare il ricordo di ciò che era appena successo. ‘Cidenti, quando si trattava di Raven non riusciva proprio a resistere, anche se pensava non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle cosa gli aveva detto la nonnina cinese. E invece eccolo lì, pronto a spiattellarle tutto dopo nemmeno un minuto. Doveva migliorare la sua capacità di resistenza alle tentazioni, decise.
 
«Allora, Rae, non ci hai ancora detto dove ci porterai in vacanza, domani» disse ad un certo punto della cena Starfire, mentre mangiava il delizioso (a suo dire) budino che aveva cucinato appositamente per i suoi amici.
«È vero! Dove hai programmato di andare?» chiese a sua volta Robin, rinunciando ad assaggiare l’intruglio verde acido che aveva davanti.
«Oh. In Europa» rispose la ragazza, posando il bicchiere di tè freddo.
«In Europa? Wow! Non sono mai stato in Europa!» esclamò Cyborg, approfittandone per gettare via il budino di Starfire.
«E dove andremo esattamente?» chiese curioso B.B., tentando di capire almeno la composizione della pappa aliena nella sua ciotola.
«Pensavo a Praga, la città degli alchimisti» rispose Raven, guardando i suoi amici. «Ho sempre desiderato visitarla, da quando ho letto di questa creatura, il Golem, nei miei libri e ho pensato che questa fosse un’ottima occasione, non pensate anche voi?»
«Esattamente, che cos’è un golem?» chiese esitante Beast Boy.
«Tecnicamente è solo una leggenda, ma comunque si tratta di una creatura d’argilla creata da un rabbino nella città di Praga. Il suo nome era Jehuda Löw ben Bezalel e si dice che creò questa creatura plasmando l’argilla e donandole la vita scrivendo la parola “verità” in ebraico sulla sua fronte. Questo è un dettaglio molto importante, perché in ebraico “verità” si dice emet e si scrive così» scarabocchiò degli strani simboli su un foglietto che aveva trovato sul divano: אמת. «Il problema del Golem era che continuava a crescere a dismisura, fino ad arrivare ad un punto tale da essere inutilizzabile. A questo punto, allora, il rabbino mutava la parola “verità” sulla loro fronte con la parola “morte” che in ebraico è met, ossia…» e scrisse un’altra parola nello stesso alfabeto di prima, proprio sotto la parola emet: מת. «Come vedete, manca la prima lettera della parola “verità”.»
«No, aspetta. Manca l’ultima lettera» le fece notare Cyborg.
«No, in ebraico si legge da destra a sinistra…» cominciò Raven, ma venne interrotta da Beast Boy, che esclamò: «Come in Giappone, giusto?»
Molto elegantemente, la ragazza annuì e proseguì la sua storia come se niente fosse accaduto: «In questo modo il rabbino creava e distruggeva i Golem, non appena non rispondevano più alle sue necessità, perché scrivendo met sulla loro fronte, le creature tornavano ad essere argilla inanimata. Questi esseri venivano usati anche per proteggere le comunità ebraiche della città, da sempre perseguitate. Un giorno però il mago perse il controllo su uno di essi, che cominciò a distruggere la città stessa. Una volta riuscito a rimetterlo sotto il suo controllo, decise di non servirsene mai più e nascose i Golem restanti nella soffitta della sinagoga Staronová, ossia la sinagoga “vecchia e nuova”. La leggenda dice che si trovino ancora lì, in attesa.»
Un silenzio di tomba calò dopo la conclusione del racconto, poi Robin si schiarì nervosamente la gola e disse: «Ehm, sembra una bella storia. Inquietante, certo, ma…»
«Inquietante? Stanotte io non dormo, amico, ma hai idea?» esplose Beast Boy.
«Perché, di solito lo fai? Pensavo te la spassassi con…» cominciò Cyborg, ma venne interrotto dalla maga che gli rifilò una ginocchiata fenomenale, oltre che uno sguardo che avrebbe messo in fuga anche Attila.
«Stavi dicendo qualcosa?» gli chiese poi, con tutta la dolcezza possibile.
«No» mugolò il mezzo-robot, massaggiandosi il ginocchio.
«Come pensavo» ridacchiò la ragazza.
 
«Ehi, Rae.»
Raven si svegliò, sentendo qualcuno bisbigliare accanto a lei. Si guardò intorno disorientata, cercando di mettere a fuoco qualcosa in tutto quel buio. Improvvisamente la luce si accese, ferendole gli occhi. Li richiuse immediatamente, sprofondando nei cuscini.
«Che c’è B.B.?» chiese, continuando a tenere gli occhi chiusi.
«Ecco…» cominciò il ragazzo.
«Aspetta, prima spegni la luce. Mi dà fastidio.» Il ragazzo obbedì, facendo ripiombare l’intera stanza nell’oscurità.
«Ecco…» riprese il mutaforma, con una punta di imbarazzo nella voce.
«Che c’è?» chiese esasperata la maga, riemergendo dai cuscini.
«Posso dormire con te?» chiese lui tutto d’un fiato.
Adesso Raven era perfettamente sveglia. Guardò il mutante verde come se non l’avesse mai visto prima: «Scusa?» chiese con un filo di voce.
«Posso dormire qui con te? La tua stupida storia del golem mi ha spaventato a morte e non riesco a dormire. Perciò pensavo che magari, con te accanto…» si spiegò il ragazzo.
«Beast Boy, sono demone per metà. Sono l’ultima cosa rassicurante al mondo» ragionò la maga.
«Ma cosa c’entra? Tu sei anche la mia ragazza e basta questo per farmi sentire al sicuro!» urlò lui.
«Abbassa la voce» gli sussurrò lei, posandogli una mano delicata sulla bocca.
«Abbassare la voce non cambierà le cose, quindi… Posso dormire qui?» replicò lui, abbassando comunque il tono.
«E va bene…» cedette la ragazza, spostandosi sul letto per fargli posto. «Ma se provi a fare qualcosa ti ammazzo, chiaro?» lo avvisò, raggomitolandosi nel lenzuolo e dandogli le spalle.
«Trasparente. Prima posso fare una cosa?» chiese il ragazzo.
Aspettandosi che le chiedesse di andare al bagno, la ragazza si girò verso di lui dicendo: «Il bagno è…» ma le parole le morirono in gola perché Beast Boy le si era avvicinato e aveva approfittato della vicinanza per baciarla.
Quando si staccarono, la maga, un po’ a corto di fiato, sussurrò: «Buonanotte, B.B..»
«Buonanotte, Rae.»
I due si addormentarono abbracciati e così li trovò Cyborg il mattino dopo, quando, non vedendoli arrivare a colazione, andò a cercarli.
«E poi mi zittiscono quando dico la verità!» borbottò risentito, mentre entrava per svegliarli alla sua maniera. Ossia con un urlo che avrebbe fatto crollare l’intera T-Tower.
I due ragazzi si svegliarono di soprassalto, facendo delle facce davvero spettacolari. Quando videro l’artefice di tutto quanto, si alzarono dal letto per cercare di raggiungerlo. Il ragazzo, sghignazzando allegramente corse fuori dalla stanza, seguito a ruota da Beast Boy e da Raven, ancora in pigiama. Durante la loro folle corsa, i ragazzi si scontrarono con Robin, che stava appunto andando a cercarli per vedere che fine avesse fatto Cyborg. Finirono tutti quanti a terra, uno sopra l’altro, come pezzi di shanghai.
«Ragazzi, mi fareste la cortesia di aaaaaaaahlzarvi?» chiese Cyborg, sotto a tutti, gemendo di dolore quando il gomito di B.B. lo prese nelle reni.
«Robin, quella sarebbe la mia gamba!»
«Scusa, Rae, pensavo che fosse il braccio di Beast Boy!»
«Ragazzi!! Quella è la mia mano, mi serve!»
«E sappiamo anche per cosa, vero?»
«Cyborg, prega qualunque dio perché appena mi alzo ti uccido.»
«Amici? Tutto bene?» domandò in quella Starfire, arrivando da in fondo al corridoio.
«Tutto benissimo!» risposero in coro i quattro Titans, sgarbugliandosi da quel groviglio umano.
«Bene!» sorrise l’aliena, tornando con aria sollevata verso la sala centrale, dove venne raggiunta dagli altri.
Una volta terminata la colazione, i ragazzi si diressero verso le loro stanze per preparare le valigie, con eccitazione crescente: sarebbe stato il loro primo viaggio nel Vecchio Continente e non vedevano l’ora.
 
 
 
 
 
 
 
«Ooooh! È bellissimo!» esclamò Starfire, guardando l’orologio astronomico che sovrastava la piazza della Città Vecchia, o dell’Orologio, come era anche conosciuta.
«Hai ragione» ammise Cyborg, guardando le mosse delle figure meccaniche. Sembrava impossibile che fosse un meccanismo antichissimo.
«Devo ammettere che Praga è proprio una bella città» disse Robin, guardandosi intorno, sorridendo.
«E non avete visto il meglio. Seguitemi, vi porto al quartiere ebraico e alla Sinagoga Storonová» sorrise Raven, infilandosi gli occhiali da sole sul viso pallido, facendo cenno ai suoi amici di seguirla.
Beast Boy la tallonava, attento a salvaguardarla da sguardi non voluti.
«Credi che ci sia ancora il golem della leggenda?» domandò con un lieve tono di ansia.
«Credo proprio di no, anche se sarebbe piuttosto interessante incontrarlo, non credi?» domandò lei, voltandosi per guardarlo attraverso le lenti scure.
«Personalmente, credo di stare benissimo anche senza incontrarlo» rispose il ragazzo, piuttosto a disagio.
«B.B., hai combattuto contro ogni sorta di nemici, spiegami che paura potresti avere di un ammasso di argilla!» esclamò la ragazza esasperata, facendo ridacchiare i suoi amici.
«Sapevo contro cosa combattevo!» replicò il ragazzo, piccato. «E poi è un ammasso di argilla vivente ed enorme!» puntualizzò.
«In tal caso basterà cancellare la prima lettera che ha sulla fronte e tornerà ad essere argilla, va bene?» cercò di rassicurarlo la maga, prendendolo per mano e guidandolo verso il quartiere ebraico.
«Se lo dici tu…» borbottò lui, raddolcito dal contatto con la sua pelle liscia e fresca, posandole un bacio sui capelli.
«Raven, ci sono altre leggende in questa città?» domandò incuriosita Starfire, allineandosi ai due ragazzi e attirando l’attenzione della mezzo-demone.
«Oh, tantissime, è per questo che Praga viene chiamata la Città degli Alchimisti. Ed è per questo che sono qua. Prendi ad esempio la leggenda dei vodník: sono folletti che vivevano nel fiume Vlatva» cominciò a spiegare Raven, pronunciando le parole in ceco con un accento impeccabile «che cercavano di stabilire contatti con la popolazione. Non riuscendoci, annegavano le persone e le conservavano in pentoloni, sott’acqua.»
«Che allegria!» la interruppe Cyborg, rabbrividendo all’idea.
«La leggenda parla in particolare di uno di loro, che viveva a Na Frantisku, che, annoiandosi e trovando poco da fare, aveva creato una biblioteca sottomarina» continuò la maga, come se niente l’avesse interrotta.
«Scommetto che ti piacerebbe trovarla, vero, Rae?» le domandò Robin, sorridendo. Conosceva bene la maga e sapeva che non si sarebbe tirata indietro davanti a nulla per un libro.
«Ammetto che sarebbe interessante leggere qualcuno di quei libri» rispose la ragazza, con un cenno della testa.
«Fosse per te ti butteresti nel fiume anche in questo istante, per fortuna ci sono io a trattenerti» scherzò Beast Boy, rinsaldando la presa sulla sua mano.
«Non credere che basti così poco a fermarmi» lo minacciò lei, scherzosamente.
In breve arrivarono al quartiere ebraico. La prima cosa che notarono fu la presenza di moltissime sinagoghe, cosa piuttosto strana, anche se erano in un quartiere ebraico. Erano semplicemente troppe.
«In realtà attualmente solo tre sinagoghe vengono utilizzate» spiegò Raven, autoproclamatasi guida turistica del gruppo. «La Staronová, ossia la nostra sinagoga del golem; la Visoká, ossia la sinagoga “alta”; ed entrambe si trovano in questo quartiere; oltre alla sinagoga Jeruzalemská, cioè “di Gerusalemme”, che però si trova nel quartiere di Nové Mĕsto.»
«E quante altre ce ne sono, in questo quartiere?» si informò Robin, mentre entravano nella Staronová, con grande disappunto di Beast Boy, che avrebbe preferito di gran lunga stare quanto più possibile lontano dal golem, che esistesse o meno.
«Bè, fammici pensare… C’è la Španĕlská, ossia la sinagoga “spagnola”, la più recente; poi c’è la Pinkasova, che è diventata un monumento a tutti gli ebrei boemi e moravisterminati dai nazisti durante l’Olocausto; c’è la Maiselova, dal nome dell’uomo che la fece costruire; ci sono le sinagoghe Barocche, la Zigeuner e quella della Grande Corte. Alcune furono distrutte in un incendio nel ghetto nel 1689, ricostruite e poi di nuovo abbattute definitivamente tra il 1898 e il 1906. In compenso, nel 1694 venne costruita la sinagoga Klausová, cioè “piccola”, utilizzata principalmente per le funzioni funebri» snocciolò la ragazza sottovoce, mentre entravano nella sinagoga e si guardavano attorno nel silenzio rarefatto.
L’atmosfera era davvero inquietante, dovettero ammettere i Titans e si aspettavano che da un momento all’altro comparisse un golem o qualcosa del genere.
Per questo, quando un anziano comparve da dietro una colonna i ragazzi non ne furono molto colpiti. Poteva capitargli di peggio, conclusero.
L’uomo cominciò a parlare in una lingua incomprensibile, ma Raven gli si avvicinò e cominciò a parlargli nella stessa lingua.
«Non sapevo che Rae sapesse parlare anche il ceco» bisbigliò Robin, stupefatto.
«Non dirlo a me!» sussurrò di risposta B.B., mentre guardava a bocca aperta la sua ragazza discorrere con quel perfetto sconosciuto in una lingua perfettamente sconosciuta.
«Io lo sapevo» mormorò Starfire. «Un giorno che sono riuscita a farla parlare un po’ di sé, mi ha detto quante lingue sa parlare. Tra queste c’era anche il ceco.»
«Una vera miniera di tesori, quella ragazza» commentò Cyborg, guardandola parlare tranquillamente come se stesse parlando in inglese con uno di loro.
«Infatti è la mia ragazza» sibilò Beast Boy, come se quello spiegasse tutto.
In quella Raven tornò verso di loro, accompagnata dall’anziano e con un sorriso stampato sulle labbra. Da quando aveva sconfitto Trigon ed era libera di mostrare i suoi sentimenti senza distruggere (quasi, ogni tanto i suoi accessi di rabbia portavano all’esplosione di qualcosa, ma tutti oggetti piuttosto piccoli) nulla, era diventata molto più solare e aperta, per quanto mantenesse ancora la sua indole riservata. Tutti quanti erano contenti di questo cambiamento e non potevano fare a meno di sorriderle in risposta ogni volta che le sue labbra si incurvavano verso l’alto. Ed effettivamente fu quello che fecero, accogliendola a loro volta con sorrisi allegri.
 
«Ragazzi, lui è il rabbino» disse un nome incomprensibile «e ha acconsentito a farci vedere la soffitta della sinagoga. Non è fantastico?» chiese, scambiando poi qualche parola con l’uomo, che sorrise, mostrando i pochi denti che gli restavano, prima di fargli cenno di seguirlo.
«Aspetta, con soffitta intendi quella soffitta?» le chiese B.B. in un soffio, prendendola per un braccio a attirandola verso di lui.
«Proprio quella, perché?» domandò lei in risposta, spalancando gli occhi viola.
«Come perché? Ti sto dicendo da due giorni che ho una paura folle e tu mi porti a vedere proprio l’ultimo posto che vorrei vedere in vita mia??» esclamò lui, non credendo alle sue orecchie.
«Eddai, B.B., ci tengo tantissimo…» tentò di convincerlo la ragazza, sbattendo le lunghe ciglia e avvicinandosi al viso del ragazzo.
“Eccola di nuovo… Forza, B.B., sii forte” «Anche io ci tengo tantissimo alla mia incolumità mentale» replicò lui.
«Ma per favore?» continuò lei, passandogli una mano sul braccio.
“Urgh” pensò il ragazzo, accorgendosi con orrore che stava per cedere.
«Giuro che poi non ti chiederò più niente» stava promettendo intanto Raven, stringendosi a lui e guardandolo con degli occhioni dolcissimi.
«So che me ne pentirò amaramente, ma va bene» concesse lui, sospirando e dandosi del debole dentro di sé. Ma in fondo doveva ancora trovare qualcuno in grado di resistere a Raven quando faceva così.
«Oh, grazie B.B.!» esclamò lei, saltandogli al collo e stampandogli un bacio sulla guancia.
Lui ne approfittò per rubarle un bacio sulle labbra, prima di raggiungere gli altri, che erano rimasti in balia del rabbino, che continuava a parlare in ceco a manetta, convinto che loro tre capissero. Salutarono l’arrivo di Raven con sguardi di pura gioia e ben presto, grazie all’accurata traduzione dell’amica, capirono che l’uomo gli stava raccontando la storia del golem.
La soffitta, con grande delusione di tutti, si rivelò una normalissima soffitta polverosa e contenente oggetti rotti o antichi. Niente di magico, né di attraente. L’unica che sembrava vederci qualcosa di particolare era Raven, che si guardava attorno come se vedesse scritte magiche su ogni muro. Ad un certo punto notò qualcosa in un angolo scuro del locale e vi si diresse: c’era un vecchio manoscritto e qualche traccia di argilla. Emozionata, la maga chiese al rabbino se poteva tenere il manoscritto per qualche giorno, oltre a chiedere il permesso di raccogliere un pochino della sostanza scura.
Il rabbino sembrò esitare un attimo sulla prima richiesta, ma poi decise che Raven sembrava una ragazza a posto e sicuramente non avrebbe fatto nulla di male al libro.
Fu quindi con un’espressione di pura gioia che la ragazza uscì dalla sinagoga, stringendo a sé il libro come se fosse stata la cosa più preziosa sulla faccia della Terra.
Lo stava ancora contemplando quando i suoi amici decisero di riportarla nel mondo dei vivi.
«Rae? Ci sei? Abbiamo fame!» esclamò Cyborg, muovendole una mano davanti alla faccia.
«Oh, certo. Andiamo, di là c’è un buon ristorante, secondo la guida» si riscosse, guidandoli in una strada secondaria.
 
«Qual è il programma di oggi? Oddio, Rae, non hai una bella cera!» esclamò Robin il mattino dopo a colazione, notando lo stato in cui si trovava la sua migliore amica: aveva le occhiaie che le arrivavano alle guance e gli occhi iniettati di sangue, oltre ad essere di un pallore quasi cadaverico.
«È stata tutta notte a leggere quel manoscritto» spiegò Starfire, servendosi di succo d’arancia fresco.
«Tranquilli, sto benissimo» li rassicurò la maga, mordicchiando il suo toast. «Comunque oggi pensavo di andare a visitare il Castello e il giardino reale, oltre allo Zlata Ulicka.»
«Lo cosa?» domandarono in coro Starfire, Robin e Cyborg, guardandola.
In quella entrò anche Beast Boy: «Buongiorn… Ohmiodio, Raven! Che hai fatto?»
«Buongiorno anche a te, caro» rispose lei sarcastica, sorbendo un sorso di tè.
«Sei uno straccio, sicura di aver dormito bene?» le chiese lui, preoccupato, ignorando persino il sarcasmo della ragazza.
«Non ha dormito e basta» puntualizzò Starfire. «Per colpa di quel manoscritto» aggiunse, poi, guardando Raven con aria di rimprovero. Tutti quanti ricordavano cosa era successo con l’ultimo manoscritto sospetto che la maga aveva maneggiato* e non era il caso di rischiare anche stavolta.
«Non ti preoccupare, Star, non è niente di quel genere. È un normale manoscritto. Anzi, tanto normale non direi…» replicò la maga con uno sbuffo, prima di essere interrotta brutalmente dal suo ragazzo: «Ecco, vedi! Non è normale, lo ammetti anche tu!»
«Beast Boy, non è un normale manoscritto perché si tratta del diario personale del rabbino Jehuda Löw ben Bezalel, il creatore del Golem» chiarì la ragazza, seccata.
«Ah» disse intelligentemente il ragazzo, sedendosi al tavolo e cominciando ad ingurgitare la sua colazione.
«Dice qualcosa di interessante?» domandò Robin, imburrando una fetta di pane.
«Abbastanza, descrive nel dettaglio tutti i passi compiuti dal rabbino per giungere alla creazione del Golem. Credo che potrei riuscirci anche io» rispose la maga, facendo rabbrividire tutti gli astanti. «Tranquilli, non penso che lo farò!»
«Lo spero per te, perché se quel coso dovesse distruggere la mia torre, poi sarei io a distruggere te, sorellina o non sorellina, chiaro?» disse minaccioso Robin.
«Ma sentitelo, la sua torre! Fino a prova contraria sono io quello che ha fatto il grosso del lavoro!» intervenne Cyborg, stemperando l’atmosfera.
«In ogni caso… Che si fa oggi?» domandò B.B., pulendosi la bocca con il tovagliolo.
«Come stavo dicendo, pensavo al Castello reale, con annessa visita ai giardini e allo Zlata Ulicka. Nel caso non lo sapeste, quest’ultimo è il cosiddetto Vicolo d’Oro, perché si diceva che ci vivessero gli alchimisti, che trasformavano il ferro e altri materiali in oro, appunto. Attraverso la pietra filosofale. In realtà ci vivevano gli orafi» spiegò la mezzo-demone, prendendo il tovagliolo dalle mani del ragazzo e pulendolo meglio dalle macchie di marmellata e caffelatte.
«Grazie, miss Enciclopedia» le disse lui, imbarazzato.
«Se non sei capace di mangiare non accanirti su di me» replicò lei, alzandosi dal tavolo.
 
I Titans rimanenti guardarono Beast Boy con uno sguardo di rimprovero, spingendolo a seguirla con sguardi vagamente minacciosi. Con un sospiro, il mutaforma si alzò e la seguì, raggiungendola nella hall, dove stava aspettando l’ascensore.
Stava per chiamarla quando vide un ragazzo poco più vecchio di loro, sui ventuno-ventidue anni, avvicinarsi a lei e iniziare a parlarle in quella strana lingua che era il ceco.
D’improvviso ci vide rosso e, quasi sbuffando fumo dalle orecchie e dalle narici, si diresse a passo di carica verso la ragazza (la sua ragazza!, per l’amor del cielo!). Raggiuntala, la prese per un braccio e la trascinò su per le scale, ignorando le sue proteste e lo sguardo allucinato del ragazzo.
La lasciò solo una volta nel corridoio dove si trovavano le loro stanze. Irritata come non mai, la mezzo-demone gli urlò contro: «Ma che ti prende? Me lo spieghi?»
«Rae, ascolta…» tentò di spiegarle il ragazzo, prendendole i polsi per impedirle di schiaffeggiarlo.
«Vieni lì, dopo avermi insultata e pretendi anche…» La rabbia della ragazza venne interrotta dalle labbra del ragazzo sulle sue. Raven sgranò gli occhi.
Una volta accortosi che il suo espediente aveva fatto effetto e che la ragazza si era calmata, Beast Boy la lasciò andare, chiedendo: «Posso spiegare, ora?»
La maga rimase in silenzio. “Chi tace acconsente” pensò il mutante, iniziando a parlare: «Scusami se in sala da pranzo ti ho aggredito a quel modo, ma mi sentivo piuttosto in imbarazzo. Insomma, ho diciotto anni, non due. Sì, lo so cosa stai per dire, che non li avrò, ma che a volte li dimostro. Comunque non è questo il punto. E poi, quando sono venuto a scusarmi, ho visto quel ragazzo che parlava con te ed era così vicino e… Non ci ho visto più dalla gelosia. Mi perdoni?»
«Il mio innato buonsenso mi dice di dirti di no, ma mi sento buona e ti perdono. Comunque credo che Robin e gli altri siano abituati a vederti mangiare, giusto cielo, ci vivi insieme da quattro anni! E il ragazzo voleva solo chiedermi un’informazione» replicò la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
«Oh… Bè, sai come si dice, meglio prevenire che curare, no?» ridacchiò imbarazzato il ragazzo.
«Certo, ma si dice anche di non fasciarsi la testa prima di essersela rotta, giusto?» lo riprese la maga, con un lieve sorriso.
«Vero, ma chi l’ha detto non aveva una ragazza come te» rispose lui, abbracciandola da dietro, incrociando le braccia sulla sua vita sottile e cominciando a camminare, costringendola a muoversi come un robot.
«Non essere stupido» mormorò lei, cercando di liberarsi dalla stretta, in modo da poter camminare normalmente.
«Così mi ferisci» rispose lui, lasciandola andare, ma trattenendo una mano nella sua. Lei rise leggermente, poi gli diede un rapido bacio sulle labbra prima di scendere le scale e tornare nella hall, dove gli altri li stavano aspettando.
«Oh, finalmente! Stavamo facendo la muffa!» esclamò Cyborg, vedendoli arrivare.
«Per la cronaca, Rae, hai fatto esplodere qualche lampadina» aggiunse Robin.
«Ops» mormorò la maga, arrossendo leggermente. Tutta colpa di quell’idiota di B.B. che l’aveva fatta arrabbiare!
«Tranquilla, Raven, abbiamo sistemato tutto noi» la rassicurò Starfire, sorridendo.
«Okay, bene. Allora possiamo andare» decretò la ragazza dai capelli scuri, avviandosi oltre il portone d’ingresso, portando i suoi amici alla scoperta del Vicolo degli Alchimisti.
 
Tra una visita e l’altra, compresa quella alla presunta casa in cui aveva abitato Faust e dove era ancora visibile lo scorcio sul tetto causato dal rapimento del suddetto scienziato da parte del diavolo, senza contare le serate in giro per il centro di Praga, arrivò l’ultimo giorno.
Per Beast Boy e Raven era un giorno piuttosto speciale: si trattava del loro anniversario. Il primo, per l’esattezza.
Con grande sorpresa della ragazza, il mutaforma sembrava essersene ricordato, perché la aspettò fuori dalla stanza al mattino, con un pacchetto in mano. «Auguri, Rae!» esclamò contento, quando la vide uscire.
La maga, senza parole, prese il pacchettino che le veniva porto e con delicatezza lo aprì: si trattava di una collana che la ragazza aveva visto un paio di pomeriggi prima in un negozietto del centro di Praga; una catenina d’oro brillante con un pendente, che ne costituiva la maggiore attrattiva. Si trattava infatti di una pietra tonda chiarissima, quasi trasparente, che rappresentava la luna. Luna dotata di due sottili ali nere da corvo**. Era splendido.
«B.B., non ho parole… È meraviglioso. Davvero. Grazie, grazie mille» riuscì a balbettare la ragazza, prima di scoppiare in lacrime.
Il ragazzo la guardò sconvolto: da quando in qua la sua Raven piangeva? Tuttavia la prese tra le braccia e la strinse delicatamente, mentre i singhiozzi scuotevano il suo esile corpo.
Dopo un tempo che parve infinito, la ragazza si calmò e guardò il mutaforma negli occhi, viola nel verde.
«Tutto a posto?» domandò con dolcezza il ragazzo, accarezzandole la testa con delicatezza.
«Tutto bene» rispose lei in un soffio, asciugandosi gli occhi con le mani.
«Se avessi saputo che reagisci così ai regali avrei evitato di spendere quanto ho speso per comprarti una cosa del genere!» scherzò lui, continuando a tenerla tra le braccia.
«Non reagisco così a tutti i regali» puntualizzò lei, con tono falsamente seccato. «Solo ad alcuni. E questo è uno di questi.»
«Quindi ti piace?» domandò con un filo di preoccupazione il mutaforma.
«Lo adoro. È perfetto» rispose la maga, rigirandolo tra le dita per osservarlo meglio. «Mi aiuteresti a metterlo?» chiese poi, con un sorriso timido sul viso.
«Ma certo» acconsentì il ragazzo, rassicurato, prendendo tra le mani il gioiello e allacciandolo intorno al collo sottile della mezzo-demone.
«Grazie, grazie e ancora grazie» lo ringraziò ancora la maga, stampandogli un bacio appassionato sulle labbra, che il ragazzo non disdegnò.
A corto di fiato disse: «Ci conviene andare, ci staranno aspettando.»
«In realtà gli ho dato il giorno libero» confessò la maga, arrossendo un pochino.
«Intendi dire che abbiamo la giornata tutta per noi?» domandò il ragazzo.
«Esatto.»
«Fantastico! Cosa facciamo?»
«Non so, qualunque cosa va bene, purché siamo insieme.»
«Allora che ne dici di un giro per bene per la città? Solo io e te, perdendoci nei vicoli?»
«Andrà benissimo, ma dovremo tornare presto perché il mio regalo prevede di essere di ritorno in albergo per le cinque circa.»
«Sai che non so resistere ai regali, saremo qui alle quattro e mezza!» esclamò il ragazzo, entusiasta.
Raven scoppiò in una risata argentina, prima di recuperare la propria borsa dalla camera e di dirigersi con Beast Boy verso la hall.
Una volta per strada, i due ragazzi cominciarono a camminare senza una meta, passando accanto ad edifici che avevano visto più volte durante la settimana o che non avevano mai visto prima, sempre ridendo e tenendosi dolcemente per mano. A Raven sembrava di toccare il cielo con un dito e a Beast Boy sembrava ancora impossibile di essere in compagnia di un essere etereo e perfetto come lei.
Pranzarono in un piccolo ristorante, semplice, ma molto tranquillo. Avevano appena finito di ordinare (e di fulminare il cameriere che ci stava provando con la mezzo-demone), quando dalla radio scaturirono le note di una ben nota canzone.
«B.B., ascolta!» esclamò la ragazza, facendogli cenno di tacere.
«Come?»
«La canzone, ascolta!»
 
Every breath you take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I'll be watching you.



«Ma è…» cominciò a dire il ragazzo.
«Esatto» annuì Raven, ascoltando la melodia e le parole.

Every single day
Every word you say
Every game you play
Every night you stay
I'll be watching you.



«Mi ricordo ancora la prima volta che me l’hai fatta sentire…» disse con nostalgia la mezzo-demone, sorridendo leggermente.
«Era la mia canzone preferita, prima di incontrarti» confessò il mutaforma, arrossendo.

Oh can't you see
You belong to me?
How my poor heart
aches with every step you take.



«Davvero? Una canzone così romantica?» domandò sorpresa la ragazza.
«Che c’è? Ho un’aria così poco romantica?» chiese in risposta il ragazzo.

Every move you make
Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I'll be watching you.

 
«No, però… Non pensavo che davvero ascoltassi i Police!» rise leggermente Raven, continuando ad ascoltare la canzone.

Since you've gone I've been lost without a trace.

I dream at night, I can only see your face.

I look around but it's you I can't replace.

I keep crying baby, baby please...



«Sissignora! Vecchi finché vuoi, ma le canzoni sono supende, questa soprattutto!»

Every move you make
Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I'll be watching you.

Every move you make

Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I'll be watching you...

 
«Questa canzone è poesia pura…» mormorò Raven, una volta che la canzone finì, sfumando le note.
«Hai ragione. Sono contento che questa canzone ti sia piaciuta da subito» replicò B.B., scostandosi per permettere al cameriere di posargli il piatto davanti.
«E come potrebbe non piacere?» domandò sorridendo la ragazza, cominciando a mangiare.
 
«Rae, sei pronta? Mi avevi detto di essere alla tua porta alle sette e sono le sette e cinque!» esclamò Beast Boy, bussando insistentemente alla porta della stanza di Raven e Starfire.
«Arrivo!» gli rispose la voce soffocata della ragazza. Si sentì un trambusto di qualcosa che cadeva, un’imprecazione piuttosto colorita che strappò un sorriso a B.B. e poi la porta si aprì.
Per una volta il mutaforma rimase senza parole.
Se aveva pensato che Raven avesse dato il meglio di sé a Hollywood in occasione del quarto anniversario dei Titans o alla Hawaii alla cena con gli Atletici Biondini… Bè, si sbagliava di grosso.
La ragazza indossava un vestito verde smeraldo, composto di un corsetto strettissimo decorato con ricami di un verde leggermente più chiaro e di una lunga gonna di seta, che arrivava fino alle scarpe della ragazza, frusciando ad ogni suo passo. Era possibile intravvedere anche le scarpe, dotate di altissimi tacchi a spillo e di un sobrio colore nero. I capelli erano sistemati in un elegante chignon, decorato da piccole pietre verdi e con un grande fiocco anch’esso verde a mantenerlo stabile. Al collo portava la sua collana, che pendeva sul tessuto verde, oltre ad un piccolo nastro che faceva pendant con l’abito. Al polso, un braccialetto di perle nere e uno di cristalli viola, mentre un anello con ametista risaltava sulla mano opposta. Gli occhi erano sapientemente truccati con tonalità di verde e le labbra erano color fuoco.
Sembrava un’apparizione divina.
«Sto male?» domandò esitante la maga.
«N-No… Sei… Sei bellissima» balbettò il mutaforma, cercando di darsi un contegno.
Il sollievo si dipinse sul volto perfetto della ragazza, mentre sorrideva e gli faceva cenno di avviarsi verso l’uscita.
Una volta nella hall, parecchi sguardi maschili si puntarono su di lei e parecchi giovanotti, quella notte, fecero sogni popolati da una ragazza in verde, con i capelli scuri e magnetici occhi viola.
Per una volta B.B. lasciò perdere gli sguardi truci, gli bastava sapere di essere in compagnia di una tale bellezza. Cavallerescamente le aprì la porta e anche la portiera del taxi, che li portò a destinazione: un ristorante lussuosissimo, in cui gli venne servita una cena perfetta dall’antipasto al dolce, insieme ad un’atmosfera elegante e raffinata.
«Questo sarebbe il tuo regalo?» domandò esterrefatto il ragazzo, tra una portata e l’altra.
«Diciamo che è parte del regalo, sì» confermò lei, senza tradirsi.
«Parte del regalo? C’è dell’altro?» esclamò lui, sorpreso.
Raven si limitò ad annuire, certa che sarebbe stata una sorpresa fantastica.
 
Terminata la cena, i due ragazzi uscirono e si avvicinarono al fiume Vlatva, camminando per un po’ lungo il celeberrimo ponte Carlo. Mentre loro erano al ristorante, il buio era calato e con esso era sorta la luna e anche qualche stella. L’atmosfera era perfetta.
Ad un certo punto, una volta percorso l’intero ponte, Raven fece girare Beast Boy lungo il bordo del fiume, dove c’era un molo e una piccola barca. La ragazza parlò qualche istante in ceco con un uomo, che poi fece cenno di salire sull’imbarcazione.
Una volta accomodatisi, l’uomo salì e fece partire il motore della nave, mantenendolo però silenzioso, dando così modo ai ragazzi di parlare.
«Rae, hai davvero organizzato un viaggio sul fiume solo per noi?» domandò B.B., guardandosi intorno estasiato. La città illuminata era davvero uno spettacolo da mozzare il fiato, anche se non quanto la ragazza accanto a lui.
«Così sembrerebbe» confermò lei, sorridendo.
«Oh, Rae, non hai idea di quanto ti ami!» esclamò il ragazzo, guardando la città.
«Non hai idea di quanto io ami te, invece…» mormorò lei, sorridendo per il suo entusiasmo.
«È una delle serate più belle della mia vita» ammise il mutaforma, posandole un braccio sulle spalle e stringendola a sé. La sentì rabbrividire e si rese conto che non aveva nulla a coprirle le spalle nude e che si stava alzando un leggero venticello. Con cavalleria, si tolse la giacca dello smoking e la posò sulle spalle della ragazza, che accettò l’offerta con un sorriso. Stringendosi nella giacca, appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo e chiuse gli occhi, godendosi quell’istante di serenità.
Mentre scivolavano lenti sul canale, in lontananza si sentiva da qualche parte la radio che trasmetteva una canzone, la loro canzone.
 
Every breath you take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I'll be watching you…

 
I due ragazzi sorrisero e si strinsero ancora di più, scambiandosi un dolcissimo bacio al chiar di luna, nella città della magia.
 
 
Quando arrivarono in albergo, trovarono i loro tre amici ad aspettarli nella hall, seduti sui divanetti messi a disposizione per gli ospiti.
Starfire scattò in piedi quando li vide arrivare: «Raven, oddio, ma sei… Fantastica! Meravigliosa! Quel vestito è un amore, ti sta benissimo!»
«Grazie, Star» mormorò Raven, circondata dalle braccia dell’amica, che fecero cadere a terra la giacca di Beast Boy.
«E ti sei truccata benissimo, io stessa non avrei saputo fare di meglio! Oh, questo vestito è davvero bellissimo…» continuò l’aliena, guardando la sua mise.
Nel frattempo, Cyborg  e Robin erano rimasti senza parole. Quella non poteva essere la loro Raven, ci doveva essere un errore, qualcuno aveva scambiato la loro dark con un’altra.
I dubbi vennero sanati quando la maga si voltò verso di loro e disse: «Ragazzi, state riempiendo di bava il pavimento.»
«Raven! Sei davvero tu?» domandò Cyborg, riprendendosi un attimo.
«Credo di sì, non penso di soffrire di disturbi della personalità e non credo di avere una gemella» rispose la ragazza, sarcastica.
«È lei, riconosco il sarcasmo» intervenne Robin, senza riuscire a staccare gli occhi dalla ragazza. Non riusciva a credere di non essere lui il ragazzo in sua compagnia.
Raven sentì delle ondate di tristezza emanare dal ragazzo, quindi, con un sorriso di scuse agli altri e un sussurro a B.B. per spiegargli la situazione si avviò verso di lui e lo prese per mano, portandolo verso un angolo appartato della hall.
«Bè, mentre loro due parlano, che ne dite se noi ci avviamo verso le camere? Domani mattina ripartiamo, dobbiamo svegliarci presto» propose il mutaforma agli altri due, sospingendoli verso gli ascensori.
 
«Che c’è, Rae?» domandò Robin, puntando gli occhi azzurri in quelli della ragazza.
«In realtà volevo assicurarmi che tu stessi bene» rispose la ragazza, guardandolo attentamente, alla ricerca di qualunque cosa le tenesse nascosta.
«Sto benissimo, alla grande» rispose lui, con l’entusiasmo di un cadavere in putrefazione.
«Già, come no. E io sono la Fata Turchina» replicò la ragazza, pungente.
«Rae…»
«Robin, ascolta. So che le cose tra noi sono un po’ difficili ultimamente e capisco che non sia bello vedermi vestita in questo modo assurdo…»
«Sei bellissima, Rae. Credimi.»
«Grazie. Comunque, ti prego, non essere triste per questo. Ne abbiamo parlato e abbiamo affrontato l’argomento, mi sembrava che fosse risolto.»
«Infatti è risolto. Devo solo abituarmi, di solito sono io quello che rifiuta. È dura essere quello rifiutato, per una volta» spiegò il ragazzo-meraviglia, prendendo tra le sue mani quelle della ragazza.
«C’è sempre una prima volta per tutto, eh?» sorrise Raven, facendo sorridere anche il suo leader, sebbene amaramente.
«A questo punto sono contento che tu sia stata la prima a rifiutarmi. Spero anche l’ultima…»
Raven arrossì, poi decise di mettere chiare le cose: «Comunque, sappi che per te ci sono sempre, per qualunque problema, vieni pure da me. Hai capito? Sei il mio fratellone, almeno questo voglio che tu lo sappia.»
«Chiaro. Posso abbracciarti?»
«Ma certo!» esclamò lei, aprendo le braccia e stringendolo a sé.
Rimasero così qualche minuto, poi la ragazza si liberò dalla stretta e con un lieve bacio sulla guancia gli disse: «Ti voglio bene, Robin.»
«Anche io, Rae.»
«Bene, direi che potreste anche smetterla!» si intromise una voce maschile.
«Beast Boy! Ci stavi spiando! Come hai potuto!» esclamò Raven, furibonda.
«Ero venuto a cercarti, non tornavi più… E ti ritrovo qui a dichiarare il tuo affetto per Robin. Dovrei essere offeso.» replicò il mutaforma verde.
«Dovresti, ma non lo sei, dico bene?» disse lei, pestandogli un piede con il tacco a spillo.
«Ahia! Tranquilla, non lo sono, non lo sono» mugolò lui, massaggiandosi l’arto.
«Bene. Buonanotte, Robin» disse poi la ragazza, rivolgendosi al leader, che rispose al saluto e si avventurò verso la camera.
«Andiamo anche noi?» domandò B.B..
«Volentieri, sono piuttosto stanca e queste scarpe mi stanno uccidendo. Per non parlare del corsetto!»
«Potresti toglierlo…»
«Come no. Pervertito!» esclamò lei, allontanandosi verso le scale.
Lui rise e la inseguì, baciandola davanti alla sua porta.
«Buonanotte. E buon anniversario» le augurò, quando si staccarono.
«Buonanotte anche a te e buon anniversario» sorrise lei, sparendo dietro la porta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Ragazzi, non so voi, ma la routine quotidiana mi sta uccidendo! Ce ne torniamo in vacanza?» esclamò B.B., mentre i Titans correvano sul luogo di un nuovo crimine.
«Ne riparliamo l’estate prossima, B.B., ne riparliamo l’estate prossima!» ridacchiò Robin, continuando a correre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Mi riferisco all’episodio 6 della terza stagione, “Magia nera” (“Spellbound” in originale) in cui Raven libera un drago malefico (Malchior) da un libro antico pensando che sia un prode eroe. Tutto perché il drago la inganna dal libro, facendole credere di essere l’eroe e lusingandola.
**Per chi non lo sapesse, Raven in inglese vuol dire corvo ^^
 
Per la cronaca, la canzone è “Every breath you take” dei Police, del 1983. Adoro questa canzone :D
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Teen Titans / Vai alla pagina dell'autore: Ely_fly