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Autore: Trick    23/03/2007    6 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO PRIMO

Il capo del Clan

°°°°°°°




Remus Lupin si passò una mano sul viso segnato, circondato dalla penombra della modesta stanza che aveva affittato al Paiolo Magico. Si trattava di una spesa piuttosto elevata, se consideraste le sue precarie condizioni economiche, ma da quando Sirius se ne era andato, Grimmauld Place non poteva più essere considerato un posto sicuro, ammesso che prima si potesse definire tale. I mesi trascorsi fra quelle tetre e inospitali mura avevano sortito il medesimo effetto dell'acqua cristallina con il fiore secco, scalfendo perfino quella barriera di solitudine nella quale il suo "io" umano cercava disperatamente protezione.

Aveva chiesto ad Arthur Weasley se gentilmente gli poteva spedire i suoi bagagli al Paiolo Magico, e meno di dieci minuti dopo, si era ritrovato a discutere con una scocciata Molly Weasley sul perché preferiva alloggiare in una locanda, quando avrebbe potuto sistemarsi tranquillamente alla Tana, dove, aveva sottolineato diverse volte,  non avrebbe arrecato il minimo disturbo.

Si era giustificato dicendo che aveva intenzione di trascorrere la maggior parte del suo tempo al servizio dell'Ordine, e che non avrebbe neppure avuto il tempo di sentirsi solo.

La verità era un'altra, e nonostante l'ostinazione con la quale la negava, Remus ne era pienamente consapevole: non avrebbe resistito un solo secondo in compagnia di Tonks. Non sarebbe neppure riuscito a guardarla respirare, senza che la voglia di stringere nuovamente il suo corp0 a quello di lei lo sommergesse del tutto. Dannazione, come ho potuto innamorarmi di lei?

- Sei proprio un povero fallito - disse una voce disgustata alla sua destra.

Remus Lupin alzò leggermente il capo con un'espressione annoiata, in modo da poter vedere la propria immagine riflessa nello specchio.

- Ehi! Mi hai sentito? - continuò il riflesso, offeso. - Ho detto che sei un povero fallito! -

- Ho sentito... - rispose snervato Lupin. - Ti ho sentito questa volta, così come ti ho sentito la penultima, la terzultima e la quartultima volta... -

Il riflesso sorrise con aria di superiorità. - Perché non te ne vai dalla ragazzina ? -

- Non chiamarla così... -

- Oh, scusa... - sbottò strafottente lo specchio. - Come siamo permalosi, oggi. Ti sei svegliato con la luna di traverso?-

Lupin si morse le labbra per non ribattere. Non si sentiva in vena di alzarsi dal letto, figurarsi di discutere con il proprio, stupido riflesso.

- Se io fossi te... - riprese imperterrito lo specchio, leccandosi la bocca malizioso.

- Tu sei me... - mugugnò Lupin, affondando il viso nel cuscino per non sentire la propria voce. - Purtroppo... -

- ... me ne andrei dalla Non-Devo-Chiamarla-Ragazzina, la sbatterei per terra, e poi... -

Remus Lupin non venne mai a conoscenza di quello che il proprio riflesso avrebbe fatto a Ninfadora Tonks, e di questo ne fu ben lieto. Un paffuto gufo marroncino si era appena posato sul davanzale e ora picchiettava impaziente il vetro. Remus si alzò lentamente dal letto e aprì la finestra quel poco che bastava al volatile per entrare, rabbrividendo mentre il vento s'intrufolava sotto la sua canottiera.  

Liberò gentilmente la sua zampetta dalla pergamena azzurrina, e lo ringraziò con un pezzetto di cioccolata fondente.

(Lo so, anch'io non credevo che i gufi potessero mangiare cioccolato fondente, ma a quanto pare Remus Lupin era in grado di fare anche questo).

- Cos'è? - chiese curioso il riflesso, tentando invano di allungare il collo oltre la cornice che lo imprigionava.

Lupin tornò a sedersi sul letto e iniziò a leggere. Una sottile ruga di concentrazione gli comparve fra le sopracciglia.

     

 

     Carissimo Remus,

avrei il piacere di discorrere con te circa un argomento piuttosto delicato e personale.

Ti aspetto questa sera nel mio ufficio.

                                                                                                                                     Sperando che tu stia bene,

                                                                                                                                                              Albus Silente.

 

P.S

La parola d'ordine è "Rotolino di ribes". È un dolce dal sapore sublime, dovresti assaggiarlo.

°°°°°°°

 

 

Molly Weasley fissava Ninfadora Tonks rigirarsi nervosamente la tazza di the di gelsomino fra le mani pallide.

Era rimasta senza parole, quando, pochi minuti prima, aveva aperto la porta della Tana e se l'era trovata davanti, fradicia, tremante e con il viso bagnato dalle lacrime. Temendo che Tonks fosse lì per portarle amare notizie di morte, si era aggrappata impulsivamente allo stipite della porta e le  aveva domandato tutto d'un fiato cosa mai fosse successo.

- Nulla... - le aveva sussurrato la giovane. - Avevo solo bisogno di qualcuno. -

Solo dopo essersi ripresa dallo spavento, si era resa conto dello strano cambiamento nell'acconciatura di Tonks: i capelli grigio sporco le ricadevano piatti davanti al viso, invecchiandola impietosamente di almeno dieci anni. La morte di Sirius l'ha proprio sconvolta, pensò amaramente Molly.

La lasciò con la sola compagnia della sua tristezza per pochi istanti, il tempo sufficiente per raggiungere il bagno, issarsi sul pericolante cassettone per poter prendere un asciugamano pulito e ritornare nell'accogliente cucina della Tana.

- Cara, hai voglia di parlarne? - si decise a dire, dopo svariati minuti di silenzio. - Sono certa che ti sentiresti subito meglio. -

Tonks alzò gli occhi arrossati dalle troppe lacrime verso di lei solo un attimo, prima di riabbassare lo sguardo sulla tazza.

- Al diavolo quell'idiota che ha detto che l'amore vince tutto... - mormorò malinconica, tentando un debole sorriso.

Molly sgranò gli occhi. Tonks!? Innamorata!? 

Dovette aspettare alcuni secondi prima che lo stupore causato da quelle parole si trasformasse in eccitante, e probabilmente inopportuna felicità. Un'ipotesi azzardata si stava facendo strada nella sua mente, un'ipotesi che se si fosse rivelata corretta, l'avrebbe liberata da una quantità di irritanti problemi, riassumibili in un'unica, insopportabile parola: Fleur Delacour.

Il piano era di una semplicità quasi matematica:

 

Tonks + Bill = Au revoir, Fleur Delacour. 

 

Cercò di accantonare le immagini di Bill e Tonks felicemente sposati e della francesina rinchiusa su un battello in partenza per l'isola di Non-Ritorno in un angolino remoto del proprio cervello, onde evitare di sorridere maliziosamente in faccia alla giovane Auror in un simile momento.

- Era proprio un idiota... - convenne Molly. -

Non fece in tempo a finire la frase che Tonks le si gettò fra le braccia, il corpo scosso da infiniti, impotenti singhiozzi. Molly le accarezzò amorevolmente la testa, sorridendo tristemente. Cinque minuti più tardi, la ragazza si staccò, asciugandosi le guance umide con dorso della mano.

- Scusa, Molly... -

- Non azzardarti a chiedermi scusa di nuovo. -

Tonks fece un respiro profondo. - Mi sono innamorata, Molly. -

- Questo l'avevo capito, cara. -

- Lui è quello giusto. Lo so, me lo sento dentro, è come se... non so spiegartelo, ma so che è lui. -

- Capisco. Invece, lui? -

- Prova qualcosa anche lui, ne sono sicura. - sussurrò la ragazza, fissando il vuoto davanti a sé. - O non saremmo finiti a letto insieme, l'altra sera. - aggiunse, mentre le gote pallide si tingevano di un vago rossore.

Molly afferrò il bracciolo della sedia, visibilmente agitata. Un conto era consolare Tonks innamorata per Bill, a sua volta misteriosamente innamorato di Fleur Delacour, ma entrare nei loro dettagli intimi era decisamente troppo imbarazzante... insomma, era sempre del suo bambino di cui stavano parlando, cercate di capire il suo punto di vista.

- Ha detto che è stato un errore... - continuò Tonks, chiudendo gli occhi e ispirando come se questo permettesse al dolore di scorrerle via dall'anima. - Ha detto che non può legarsi a me... ha paura di farmi del male. -

Molly la guardò accigliata. - Del male? - ripeté, senza capire. - E come potrebbe? -

Tonks la guardò per la prima volta da quando avevano iniziato a parlare, e abbozzò un sorriso carico di tristezza. - Conosci Remus, Molly. Lui è semplicemente fatto così. -

S scoppiò in una leggera risata senza allegria, mentre guardava Molly con gli occhi sgranati e la bocca aperta.

 

Remus + Tonks = Bill - Tonks = Bill + Fleur Delacour.

 

Molly scosse la testa, irritata con sé stessa. Come poteva pensare al suo piano per far rimpatriare la francesina, mentre Tonks le crollava disperata fra le braccia!? Vergognati, Molly Weasley, si rimproverò mentalmente.

- Io lo amo davvero - proseguì Tonks, ormai incapace di fermarsi. - Amo tutto di lui... amo il modo in cui alza il sopracciglio sinistro quando è divertito, o quando si copre la bocca per non ridere a sproposito... e... Merlino, quanto amo la sua bocca! - affondò la testa fra le braccia, e ricominciò a piangere.

- Amo anche il lupo che vive in lui, Molly... - biascicò in maniera incomprensibile fra le lacrime.

Molly la strinse a sé, mentre sentiva gli occhi bruciare.

Remus, sei veramente un cretino, pensò, furibonda.

°°°°°°° 

 

 

Mentre camminava a passo svelto per il parco di Hogwarts, chino sotto il suo vecchio ombrello nero, a Remus Lupin tornò in mente un'antica leggenda orientale, secondo cui la pioggia non sarebbe altro che l'insieme delle lacrime degli uomini, raccolte dagli dei per essere gettate sulla Terra, in modo che gli umani potessero capire di quanto male avevano tinto il mondo.

Non poté fare a meno di pensare che fra le lacrime di quel diluvio, si annidavano solitarie anche quelle di Ninfadora.

Alzò lo sguardo verso il vecchio faggio in riva al lago e sorrise, mentre permetteva a ricordi lontani di farsi strada nel suo cervello.

 

 

- Non credo sia una buona idea. -

- Lunastorta, per te niente di quello che facciamo è una buona idea. -

- Ma, Ramoso, potrebbe essere pericoloso... e se ci scoprissero? E se l'incantesimo finisse male? -

- Lunastorta, ce l'hai già detto una quindicina di volte nell'arco di quaranta secondi, finiscila. Andrà tutto bene. -

Lunastorta aprì la bocca per ripetere per la sedicesima volta che non sarebbe sicuramente andato tutto bene, quando una vocina sottile lo interruppe.

- Non ci succederà niente, Lunastorta - disse Codaliscia, con un timido sorriso impresso nel volto paffuto. - Vogliamo solo farti compagnia. Non ci piace vederti star male tutti i mesi. -

- Parole sante - convenne Felpato, steso come una lucertola pochi passi più in là. - Non vorrai tenerti tutto il divertimento per te, vero? -

Lunastorta strizzò gli occhi per evitare di saltare addosso a Felpato e strangolarlo seduta stante. Perché non volevano capire quanto fosse pericoloso un Lupo Mannaro?

- Siamo i Malandrini, Lunastorta - aggiunse Ramoso, senza distogliere lo sguardo dalle ragazze in rive al lago. - La regola non era forse "I Malandrini non lasceranno mai solo un compagno"? -

 

 

Remus dovette aspettare sotto la pioggia qualche istante prima che Argus Gazza venisse ad aprirgli i cancelli. Rimase in silenzio mentre il vecchio Magonò gli faceva strada verso la Sala Grande, borbottando scocciato frasi sconnesse (di cui Remus riuscì a cogliere solo "Umbridge" e "benedizione"). Lo ringraziò non appena ebbero varcato l'imponente porta di quercia, tranquillizzandolo sul fatto che sapeva perfettamente dove si trovava l'ufficio del Preside, e che non desiderava sottrarre altro tempo alle sue faccende.

Gazza lo fissò maligno, grugnì una rispostaccia, e si voltò senza aggiungere altro.

Remus sorrise fra sé, e proseguì fra i quattro lunghi tavoli delle Case, soffermandosi malinconico accanto al tavolo di Grifondoro.

Girò a destra dopo la seconda rampa di scale, prese il corridoio del primo piano che portava all'Aula di Trasfigurazione, svoltò a sinistra, e rimase nuovamente stupito da quanto la Mappa del Malandrino fosse incisa a fuoco nella sua memoria. Era in grado rivederne ogni angolo, ogni linea, ogni parola in qualunque momento lo desiderasse.

Si fermò davanti all'imponente fenice di marmo posta all'entrata del ufficio di Albus Silente, un ala del castello che rimaneva un mistero per la maggior parte degli studenti di Hogwarts. Per Remus J. Lupin, ex-Malandrino ed ex-insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure, naturalmente non lo era.

- Rotolino di ribes -, declamò a chiara voce. Le pietre della statua iniziarono a tremare, mentre le ali della fenice si aprivano per mostrare una chiocciola di scale verde granito.

- Professore? - domandò al nulla, non appena ebbe raggiunto l'ultimo gradino. - Professore, sono Remus. Posso entrare? -

- Oh, Remus, ben arrivato! - esclamò l'anziano Preside, alzandosi educatamente dalla propria sedia. - Spero che questo mio improvviso invito non abbia interferito con nessuno dei tuoi programmi. -

- Assolutamente no, professore. -

- E anche se così fosse, non me lo diresti per buona educazione, non è vero, Remus? -

- Esatto, professore. -

Silente gli sorrise con fare paterno e indicò la sedia dinanzi a sé. - Accomodati, Remus. -

Remus non riuscì a dire nulla mentre il professore lo metteva al corrente degli ultimi avvenimenti: ascoltava con una concentrazione tale, che i suoi polmoni potevano respirare solo a scatti. Le sue mani continuavano a sfregarsi fra loro agitate, prive di qualunque controllo.

Ascoltò per filo e per segno l'ultimo resoconto della missione di Severus Piton, da come fosse venuto magistralmente a conoscenza del patto fra Lord Voldemort e la comunità dei licantropi, a come si fosse tempestivamente messo in contatto con l'Ordine della Fenice.

- Alla luce di quanto hai appena saputo, Remus - concluse in un flebile sussurro Silente, - ti chiedo di riflettere attentamente su ciò che sto per chiederti. -

Remus annuì lievemente, ancora incapace di parlare.

- I licantropi non si fidano di Severus. Ci occorre qualcuno che riesca... - e qui si interruppe per inspirare profondamente, - che riesca a interagire appieno con loro. -

Remus incrociò gli occhi celesti di Silente, e scorse un'ombra di impotenza nel suo sguardo solitamente fiero.

- Qualcuno come me, insomma. - concluse per lui Remus, stupito di essere riuscito a emettere suono.

- Non voglio che tu faccia qualcosa solo perché ti senti costretto, Remus. -

Remus annuì con decisione. Sarebbe morto per il nome di Silente, questa era una delle poche, misere certezze che la sua esistenza gli aveva offerto. E in quel momento più che mai, si rese conto di quanto era grande la stima e la lealtà che lo legava all'anziano Preside. Avrebbe fatto qualunque cosa gli avesse chiesto. Qualunque .

 - Lo farò, professore. - dichiarò asciutto. 

Silente alzò stancamente il capo verso di lui. Rimase in silenzio un attimo, massaggiandosi le tempie con i polpastrelli.

- Preferirei che tu ci riflettessi maggiormente, Remus. -

- No, professore - ribatté. - Il tempo non mi aiuterebbe nella scelta. -

- Capisco. Ma vorrei che tu mi ascoltassi un altro minuto, Remus, se ciò non ti disturba. -

- Mi dica, professore. -

- Il capo del clan è Fenrir Greyback. -

°°°°°°°

   
 
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