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Autore: anniieapplehead    14/10/2012    1 recensioni
Conteneva prevalentemente testi di canzoni, alcuni solo abbozzati, schizzi e disegni, prevalentemente manga e qualche ritratto.
Nella copertina interna, in alto a destra, c’era scritto un indirizzo e un nome: Yang Yoseob.
Quel quaderno sembrava molto prezioso, decise che gliel’avrebbe riportato prima possibile.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buoonasera!
Allur, dopo qualche mese he avevo questo capitolo in sospeso sono riuscita a finirlo. (chiedo umilmente scusa ç.ç)
Comunque volevo specificare, visto che forse non è chiaro a tutti, che il fatto che JunHyung e Yoseob siano stati espulsi dalla band per poi essere re inseriti prima del debutto è un fatto REALMENTE ACCADUTO, come è realmente accaduto che Jun si sia andato ad ubricare quando l'ha saputo! Tutto il resto della storia ovviamente viene dalla mia testolina malata :3
Comunque ecco a voi il terzo capitolo!

Si risveglio nel suo letto.
Non doveva essere passato molto, perché attraverso la porta socchiusa della sua camera poteva sentire la voce di Yoseob e quella di sua madre.
Dopo che era svenuta, Yoseob, non sapendo cosa fare, aveva cercato l’indirizzo di Olivia nel suo diario di scuola e l’aveva riportata a casa, (probabilmente in braccio) che fortunatamente distava solo qualche isolato.
“Comunque ti ringrazio ancora per aver riportato a casa mia figlia, non so cosa sarebbe successo se non fossi stato con lei, caro.. Yoseob giusto?” Disse Sabrina, la madre di Olivia nel suo coreano perfetto nella grammatica, ma fortemente contaminato dal suo accento italiano.
“E’ stato il minimo che ho potuto fare, Signora Kwon.”
“Sei davvero sicuro di non volerti fermare per cena, caro? Stavo giusto per  mettere un po’ d’acqua per la pasta.. Hai presente quel cibo italiano? Sai com’è non ne posso fare a meno, anche se qua è diver..”
Yoseob interruppe gentilmente la Signora Kwon (chissà quando avrebbe finito di parlare, si sa come sono questi italiani chiacchieroni) e declinò l’offerta;  pochi minuti dopo se ne andò e la casa piombò di nuovo nel silenzio completo.
La ragazza si mise a sedere sul letto: le girava la testa, per cui impiegò diversi minuti a mettere a fuoco i contorni della sua camera, immersa nella penombra. Solo alcune strisce di luce, che andava ad affievolirsi minuto dopo minuto, filtrate dai fori delle tapparelle attraversavano il pavimento della stanza.
Non riusciva a togliersi dalla testa quello che era successo prima che perdesse i sensi.

Motorino,  Yoseob. Francesco.
Francesco, incidente,  morte.

Per chiunque altro sarebbe stata una cosa normalissima, un motorino le aveva tagliato la strada mentre camminava con Yoseob, ma dentro di lei tutto questo faceva scaturire i ricordi peggiori, quelle corde che preferiva non venissero toccate, quelle che le ricordavano costantemente il motivo per cui la gente le metteva la mano sulla spalla e mormorava “mi dispiace”, il motivo per cui si tagliava.

Era strano come tutto questo era capitato a pochi giorni dall’anniversario della morte di Francesco. L’anno prima, più precisamente la sera dell’ultimo giorno di scuola, Olivia e Francesco erano andati alla festa di un loro carissimo amico per celebrare l’inizio dell’estate.
Erano freschi, pimpanti come solo dei diciassettenni possono essere, come fiori che sbocciavano timidamente all’inizio della primavera. Erano semplicemente giovani, con la voglia di vivere che esplodeva nel petto; almeno così era Francesco.
Quella sera era andato a prendere la pizza per tutti in motorino.
“Vengo con te, non ce la farai mai a portare tutte quelle pizze da solo, scemo!”
Aveva detto Olivia già pronta con il casco in mano, quando Francesco le aveva detto di girarsi ridendo sotto i baffi.
“C’è qualcuno che ti aspetta” aveva sussurrato in italiano alla sorella, “Ho invitato anche Jihoon!”
Dopo aver guardato alle sue spalle, Oliva si girò verso il fratello e lo fulminò con uno sguardo.
“Ma sei fuori? E poi sa di piacermi!”
“Approfittane sorellona, un uccellino mi ha detto che ti trova carina”
“Ma quando la smetterai di lasciarmi a bocca aperta?” disse lei abbracciandolo, poi si era timidamente avvicinata al ragazzo che le piaceva, mentre Francesco già sfrecciava per l’ultima volta per le strade di Seul.
Stava attraversando uno dei tanti ponti costruiti sul fiume Han quando qualcosa andò storto: il cadavere di un micio in mezzo alla strada che il ragazzo aveva cercato di evitare.
Bastò poco per mandarlo fuori strada. Fu scaraventato dal motorino proprio mentre passava una voluminosa vettura, che non fece in tempo a fermarsi, proprio come aveva fatto lui col gatto, ma ormai per lui era troppo tardi.
Il battito del suo cuore si fermò come la festa, come la musica che si era interrotta appena dall'ospedale era arrivata la telefonata che comunicava della sua tragica fine, quasi una metafora della sua tragica fine, quasi una metafora della sua fragile e giovane vita ancora piena di spensieratezza, gioia, speranze per il futuro che doveva arrivare.

Sebbene fosse passato un anno, Olivia non aveva ancora superato tutto questo, anche se faceva finta di stare bene perché non voleva le condoglianze di nessuno, ma non era abbastanza brava a fingere.
E' facile dire a se stessi di stare bene, è facile recitare quando si è soli, finchè non si arriva nel 'mondo', quello vero, dove sei "quella che si taglia", la sorella di quello che è morto, quella che se fosse andata con lui a prendere quelle maledette pizze si sarebbe risparmiata tutto questo. I sensi di colpa per non essere andata con lui quella sera, il pensiero di dover passare il resto della sua vita senza di lui, il suo calore, la sua risata la distruggevano; il cuore le stava scoppiando dentro al petto, ma aveva desiso di sembrare felice anche se si sentiva morire dentro ongi giorno di più, tanto che doveva vedere il suo sangue per ricordarsi di essere viva.
Dopo qualche minuto fu in piedi, aprì silenziosamente la porta della sua camera e andò in bagno. Sua madre era in camera e non c'era pericolo che si alzasse spontaneamente durante uno dei suoi sonnellini.
Chiuse la porta a chiave e tirò fuori dalla tasca la lametta, la sua unica amica, e cominciò a passarla in un punto a caso sul polso; la pelle cicatrizzata era praticamente insensibile, non c'era un solo punto sulle sue braccia che non fosse stato trafitto da quelle lame.
Dopo un po' il sangue cominciò ad affiorare dal suo polso come un filo rosso, lo stesso sangue che poco prima scorreva nelle sue vene.
Scorreva appunto, questo voleva dire che era ancora nel mondo dei vivi, almeno fisicamente.
Le venne in mente una frase di quella canzone dei Goo Goo Dolls: "you bleed just to know you're alive".

All'improvviso si era fermata, la lametta era caduta nel lavandino tinto di rosso, le sue mani erano sospese a mezz'aria.
Che senso aveva tutto questo, qual'era lo scopo di volersi sentire vivi quando si desidera morire? Perché portare una mascheram perché fingere di essere felici?
Non ce la faceva più a recitare quella parte, era come se il personaggio che recitava si fosse unito all'attore, come se quella maschera di cera le fosse rimasta attaccata alla faccia; non rispondeva più,non riusciva più a liberarsene. Doveva mettere fine a quella recita, doveva scendere dal palco, non le sarebbe imporato dei fischi, era necessario mettere un punto a quel copione che degenerava fuori dal suo controllo.
I sensi di colpa per non essere andata con lui quella sera, il pensiero di dover passare il resto della sua vita senza di lui, il suo calore, la sua risata la distruggevano; il cuore le stava scoppiando dentro al petto.
"domani" sussurro quasi sorridendo.
  
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