Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: virgily    21/11/2012    4 recensioni
"Ed era strano quello che lui provava dentro. Un peso, enorme, eppure leggero allo stesso tempo. Come se tutto cominciasse a perdere di significato, come se la sua vita precedente fosse stata soltanto una fase vissuta in un mondo completamente assestante dalla realtà. Ma era più vicino alla verità di quanto pensasse: ora che era sbendato, vedeva tutto sotto una nuova luce. E forse era proprio lei la sua luce. Perché? Semplice: lei lo aveva salvato.
-Come vi chiamate?- domandò focalizzando la sua attenzione su quelle sinuose labbra che si mossero piano
-Claudia- un sussurro. Le labbra di Undertaker si mossero in un sorriso sereno, genuino... Puro. ”
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Undertaker
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13 July 1866. Ore 20:35


Erano passate le cinque e il vento sfrecciava, soffiando a pieni polmoni nuvole scure che oscurarono il cielo stellato di Londra. Con passi brevi e ripetitivi, una giovane fanciulla correva per i viali stretti e trafficati sorreggendosi con le mani l’ampia e pesante gonna dell’abito scuro che portava in dosso. I capelli, raccolti in una architettata acconciatura con fiori freschi, stavano lentamente perdendo la loro forma, sciogliendosi lungo le sue clavicole scoperte. Passanti e carrozze, ammirando l’elegante figura sfrecciare senza sosta, si fermavano osservandola con curiosità, chiedendosi da quale ballo quella cenerentola fosse scappata. La pelle candida, gli occhi lucidi si focalizzarono in un solo istante su di una specifica insegna che colpì immediatamente la sua attenzione: Undertaker. Afferrò prontamente la maniglia ottonata dell’ingresso alla bottega, ma con sua incredula sorpresa la trovò chiusa. Decise allora di bussare, prima con un tocco leggero e delicato, continuando in un crescendo che la portò a battere con ambe le mani aperte su quella porta lignea, che come una barriera insormontabile la separava da lui, da quell’uomo per cui aveva scelto di perdere tutto
-Undertaker! Undertaker sono io!- urlò stremante, lasciando scivolare le sue dita lungo quella parete ruvida. Una lacrima tracciò una scia sottile che cancellò il bianco luccicore della cipria. Sospirò, sommessamente, lasciando aderire la sua tempia contro la porta, gli occhi socchiusi
-È andato al cimitero- una voce giunse fredda e inespressiva al suo orecchio. Voltandosi appena, Claudia osservò attentamente l’uomo alle sue spalle: posato e ben vestito, aveva i lineamenti affilati che delineavano quell’ovale incorniciato da capelli bruni, pettinati all’indietro con estrema cura. Nel mezzo del suo viso, un paio di occhiali con la montatura in argento si posavano elegantemente sul suo naso. Dietro quelle lenti trasparenti, intravide due occhi glaciali e familiari: verde acido diluito nell’oro grezzo. Claudia ebbe un fremito
-C-Come avete detto prego?- domandò stordita e ancora inchiodata da quelle iridi malinconiche e spietate
-Se stavate cercando il becchino, è andato al cimitero…- spiegò l’uomo misterioso, senza distogliere lo sguardo dalla graziosa giovane. Si sentì come studiata da cima a piedi, e sentendosi notevolmente a disagio abbassò di colpo lo sguardo, accennando un timido inchino
-Grazie mille- sussurrò respirando profondamente, sperando di riacquistare la sicurezza perduta. E come d’incanto, non appena sollevò lo sguardo, l’uomo era sparito, volatilizzato nel nulla. Rimase basita, incredula. Si scrollò le spalle e decise che era finalmente arrivata l’ora di ricominciare la sua folle corsa, prima che si fossero accorti della sua assenza. 
Gli occhi gelidi e seri dello shinigami la osservarono dall’alto di una casa, guardandola mentre riprendeva a slanciarsi in viuzze affollate e umidicce. Si portò due dita al volto, aggiustandosi gli occhiali sul viso. Sbuffò, aprendo la cartellina che aveva mantenuto al sicuro nella tasca interna della sua giacca. Al suo interno: una fotografia, un nome, una data ben precisa:
“13 July 1866. Ore 20:35”     


La notte stava cominciando lentamente a calare sulla città, e a passo lento, il becchino camminava per un sentiero sterrato e solitario all’interno del grande cimitero cittadino. Su di una altura, si eregeva una tomba monumentale, in commemorazione della scomparsa del dottor P, morto sei mesi prima, compianto da tutti. Udertaker se lo ricordava bene, era un uomo buono, forse troppo ingenuo. Una persona eccezionale, sia come dottore che come padre. Perì un mattino, tra le braccia della sua Claudia. Il suo cuore aveva improvvisamente smesso di battere. Ricordò con precisione ogni singolo istante del giorno del suo funerale:

“La pioggia batteva come aghi affilatissimi che fendevano l’aria, graffiandola. Tutti di nero vestiti, gli occhi puntati su quella bara ricoperta da corone di fiori di campo e rose rosse. Mentre la vedova restava immobile, impassibile nella sua stoica austerità, Claudia, la sua unica figlia, osservava il corpo di suo padre discendere nell’umida terra con lo sguardo svuotato, privo di luce. Piangeva, silenziosa, proprio come se dentro la sua gola stesse trattenendo urla di dolore. Anche lui era lì, ma restava in disparte. Essendo un semplice becchino, doveva categoricamente restare lontano dalla famiglia del defunto, o almeno così aveva deciso la signora P con quella seria freddezza che la contraddistingueva. Osservava la sua bella Clauda, rigida, costretta nel suo abito merlettato. I capelli raccolti, una veletta calata sul viso. Lacrime amare scorrevano fluidamente sulla rotondità delle sue gote, le labbra tinte di rosso, storpiate. La sua cassa toracica si muoveva lentamente, come se stesse cercando di respirare profondamente. Era stanca, priva di forze. Barcollava pur restando immobile. Pur essendo distante, Undertaker riuscì ad ascoltare il battito accelerato e stremato del suo piccolo cuore, un suono malinconico e disarmante. Il vento trasportava nel suo gelido abbraccio l’odore di fiori, mescolato a quello del suo profumo, inebriante al punto tale che riuscì a percepire il suo dolce sapore sulle labbra.  Era idilliaco, distante, eppure così vicina. E si lasciò andare, sotto gli occhi di tutti, a quel vengo che la sospingeva. I suoi occhi scuri si chiusero lentamente, mentre la discesa verso il suolo diventava un viaggio lungo e bloccato nel tempo. Gli occhi della vedova P si erano già spalancati di colpo, e il pallore sul suo viso si era fatto ancor più vistoso. Il sibilo di un grido improvviso irruppe violentemente nelle orecchie della giovane Claudia, che perdendo i sensi attese l’impatto del suo corpo contro la ruvida terra. Tuttavia, velocissimo e delicato al tempo stesso, mani scheletriche avevamo impedito alle sue belle membra di sporcarsi di terra. Sollevandola tra le sue braccia, Undertaker aveva annullato quella rude distanza che li separava l’uno dall’altra. 
-Claudia! Claudia!- la donna fece per avvicinarsi, e stringendola a se il becchino la discostò d lei, quasi proteggendola. Immediatamente la donna lo fulminò con lo sguardo, e lo shinigami, di rimando, espose un sorriso tirato e fastidioso
-Vostra figlia necessita riposo, mia signora. Tutte queste emozioni insieme devono averla distrutta- fece una brave pausa, giusto il tempo di poterla ammirare con le palpebre chiuse e le ciglia inumidite e lucidate dalle lacrime
-Il mio lavoro qui è finito, posso propormi di riportarla a casa?- un tono delicato, smielato. Ma la vedova sapeva che era soltanto apparenza. Lui la odiava proprio quanto lei odiasse lui, se non di più. E in altri casi avrebbe scatenato l’inferno sulla terra, ma quel giorno, in quel luogo… Non ebbe la forza. Annuì rassegnata, senza tuttavia perdere quello sguardo guardingo con il quale incenerì un ultima volta il becchino, lasciandolo andare via con il corpo privo di sensi della sua unica figlia tra le mani. 
Era stato facile, più di quanto avesse pensato. Undertaker venne accolto nella dimora della vedova P, e si lanciò per i fitti corridoi fino a giungere nella camera da letto della piccola Claudia, ancora dormiente al suo petto. La sdraiò sul suo morbido giaciglio, slegandole i capelli, liberandoli di quei fastidiosi fermagli che impedivano alle sue onde soffici di fluire lungo le sue spalle. Sfilò con maestria la veletta nera dal suo volto, e con il movimento impercettibile delle dita, le carezzò la pelle. Le guance appena colorate da un colorito roseo, la bocca finalmente distesa e rilassata. Seduto al suo fianco, Undertaker chinò il capo su di lei, scostandole una ciocca bruna dietro l’orecchio. Come ostriche, i suoi occhi si aprirono piano, svelando quelle iridi nocciola che immediatamente si lasciarono affogare nelle sue, così chiare e straordinariamente belle che le sue guance vamparono di colpo
-C-Che cosa è… -
-Hai perso i sensi. Probabilmente per i troppo dolore i tuoi nervi non hanno retto…- le spiegò lo shinigami, carezzandole le dita, legandole alle sue. Claudia rimase per quanche istante in silenzio, come se stesse ancora cercando di dare il peso appropriato alle parole pronunciate dal suo becchino. Poi, il suo sguardo si rabbuiò. Vedere la tristezza sorvolare sul suo morbido candore fu quasi doloroso per il dio della morte, che afferrandole il viso per il mento, la indusse a guardarlo negli occhi
-Claudia…-
-Mi sento così… Sola- sussurrò piano, mentre i suoi occhi si gonfiarono lentamente. Spontaneamente, le braccia dell’uomo si avvolsero attorno al corpo asciutto della giovane stesa sotto di lui, immergendo il viso nella sua clavicola, carezzandole la curva del collo con la punta del naso. Di rimando, anche le manine della fanciulla si strinsero a lui. Quasi riusciva a sentire i battiti del suo cuore pulsargli direttamente sul petto, e il calore scaturito da quel singolo abbraccio che scioglieva lentamente ogni oscura parete del loro stesso essere
-Tu non sei sola Claudia. Non sarai mai sola…- sollevandosi appena, lo shinigami la penetrò con uno sguardo fiero, confortante. La bruna socchiuse appena le labbra, come se fosse rimasta senza fiato, colta dalla gioia più devastante di tutte: l’amore.
-Sono innamorata di te- immediatamente, totalmente, necessariamente, Undertaker impetrò. Si sentì strano, come se tutte le sue terminazioni nervose avessero perso il controllo. Le sue labbra si allungarono in un sorriso, puro… Genuino. Poi, piegandosi su di lei, fuse le sue labbra con quelle di Claudia, lasciandole danzare con il sottofondo armonico dei loro cuori che battevano all’unisono, dei loro respiri affannati da quella bruciante passione che inesorabilmente li stava consumando, corrodendoli anima e corpo. Vorticarono in aria le inutili vesti, preferirono riscaldarsi son le loro stesse carni
-Non lasciarmi…- soffiò la giovane tra un bacio e l’altro, nutrendosi dei suoi baci
-Ti amo- fu tutto quello che Claudia riuscì a sentire, prima che l’ardere delle fiamme nei loro petti non divenne talmente soffocante e tormentosa da togliergli il fiato, consumando le loro ultime forze.”

Undertaker si morse il labbro inferiore, sentendosi quasi impotente. Era giunto innanzi la tomba del signor P, e aveva paura di guardare, di ritrovarsi davanti una fredda lapide con su inciso il nome dell’unica donna mortale che fu in grado di amarlo. Ma doveva farlo, o sarebbe vissuto per sempre con il ricordo, il rimpianto. Prese un respiro profondo, e cominciò a cercare: terra smossa, marmi nuovi… Nulla. Undertaker, della sua Claudia P non vide proprio nulla.

***
13 July 1866. Ore 20:15

Claudia aveva il fiato corto, gocce di sudore stillate dalla sua fronte madida. Sentiva le caviglie fremere da dolore e la sua pelle intorpidirsi agli spifferi del vento birichino che s’inoltrava nelle sue vesti. Finalmente era arrivata, e sapeva che l’unico luogo possibile dove avrebbe potuto incontrarlo era proprio innanzi la tomba di suo padre, l’unico che favoriva il loro legame. Eccolo lì, in piedi su quell’altura che cominciò a non sembrargli più così lontana. Sulle sue labbra, disidratate e spaccate dal freddo, si dipinse una linea sottile e sinuosa. Prese un respiro profondo, e dando fiato alla sua bocca, gridò a pieni polmoni:
-Undertaker!- sentitosi chiamare, un brivido congelato s’arrampicò senza pietà sulla colonna vertebrale del becchino, che riconoscendo quella melodia dolce e amorevole si voltò di scatto, lasciando che le sue orbite si spalancassero di colpo. Rivestita da stoffa broccata delle tonalità del blu notte, la fanciulla avanzò verso di lui; gli occhi da cerbiatto erano lucidi, gonfi di lacrime di gioia, le sue labbra rosee tremavano. Subito lo shinigami si chiese se quello fosse un miracolo. 
-Claudia?- fece a sua volta per avvicinarsi a lei. Inaspettatamente, un rombo tonante giunse all’udito dei loro amanti, che sobbalzando si arrestarono, interrompendo il cammino, lasciando ancora un vasto vuoto tra i loro corpi. Voltando il capo, Claudia riconobbe l’uomo ben vestito alle sue spalle che brandiva una pistola puntata contro il cielo. Immediatamente tremò.
-James… - sussurrò il suo nome con sorpresa e terrore negli occhi. Non le piaceva lo sguardo avvelenato che stava riservando solo per lei. Era inquietante, cattivo.
-Non un passo di più Claudia… O gli faccio saltare in aria le cervella…- con un movimento secco e deciso, il ragazzo puntò l’arma contro il becchino poco più distante da lei
-James io…-
-Su avanti mia cara. Tua madre è molto preoccupata, e c’è un anello che aspetta solo di starti al dito…- 
-Tu non capisci. James io non posso sposarti…- rispose la giovane rifiutando la mano che l’uomo le aveva teso
-Che tu mi ami o no è indifferente. Tu mi sposerai è deciso!- afferrandole il polso, Claudia fu più che abile nel divincolarsi, staccandolo dalla sua molesta presa
-Io non ti amo e non potrai costringermi a sposarti! E inoltre…- aveva ringhiato come una leonessa in preda all’ira, per poi zittirsi di colpo, quasi intimidita. Abbassò violentemente lo sguardo, e sussurrando appena disse:
-Aspetto un figlio. Da Undertaker- volse lo sguardo allo shinigami alle sue spalle, che appresa la notizia era rimasto doppiamente basito e confuso
-Mia madre ha voluto farti credere che fossi morta, così non mi avresti più cercata. Io mi sarei dovuta sposare con James… E attribuire la mia gravidanza a lui. Questo era il suo piano. Ma non è riuscita a portarlo a termine- confessò tutto d’un fiato. E mentre le iridi del becchino parvero accese da una luce di consapevolezza maggiore e gioia, quelle del giovane aristocratico, bruciarono di un veleno ancora più denso e caldo di quanto non lo fosse già. A denti stretti, raggiunse con ampie falcate la donna, afferrandola prepotentemente per i capelli, tirandoglieli con forza.
-Lurida sgualdrina! Volevi prenderti gioco di me!- un gridolino straziato di dolore fuoriuscì dalla sua piccola bocca, e immediatamente  il becchino si fece avanti. Al tempo stesso però, altri uomini, cinque per l’esattezza, probabilmente scagnozzi del signor Cabot, si fecero avanti dall’ombra
-Ti conviene rimanere dove sei…- affermò il giovane, puntandogli nuovamente l’arma contro mentre continuava a tirare la chioma della fanciulla, piegata al suo fianco. Ma un ghigno divertito si dipinse sul volto di Undertaker
-E a te conviene non farle del male… Se ci tieni alla tua vita Hi Hi Hi- una risatina stridula, inquietante. Il suo sguardo sembrava posseduto dalla rabbia. Claudia non lo aveva mai visto così. Per la prima volta ne ebbe paura. Ma James sembrava del tutto intenzionato a continuare quello che stava facendo, aumentando la forza con cui la teneva soggiogata a se. E fu proprio a causa di quell’ultimo verso dilaniato che si propagò nel vento che Undertaker decise infine di agire. Tutti e cinque i seguaci di Cabot si avventarono su di lui, inconsapevoli della brutale fine che stavano per fare. Con un movimento repentino e agile, il becchino fece scivolare dalla sua tunica una sotoba di manifattura giapponese. Una semplice barra di legno incisa divenne un’arma letale con cui ebbe inizio la strage. Urla e strepita si cosparsero per l’intero cimitero, e tutto sotto gli occhi increduli di James Cabot. Anche Claudia era stupita, sebbene sapeva fin da subito che esisteva una natura sovraumana sopita dentro l’animo del suo becchino. Così decise di approfittarne per sfuggire dalle grinfie di quell’uomo viscido e scontroso che non la lascava andare. Trattenendo il fiato, sollevò il piede per premerso con forza su quello del suo detentore. Un urlo graffiò la gola di James, che distratto lasciò appena la presa dei suoi capelli. Claudia riuscì a sollevarsi, ma appena tentò di fuggire, l’uomo le riafferrò prontamente il braccio.
-Lasciami! Lasciami!- divincolandosi tra le sue braccia, la giovane rappresentava un impiccio assai snervante per la pazienza del ragazzo.
-Devi stare zitta!- così, lasciandosi pervadere da un impeto di rabbia, sollevò la pistola per poi colpirla con immane violenza sulla tempia. Tra le urla dell’ultimo insulso umano morto per mano dello shinigami, il tonfo del corpo della donna che cadde al suolo riecheggiò come lo spezzarsi di un vaso di cristallo sul pavimento. La sotoba ancora gocciolava di putrido sangue, e dalle mani di Undertaker scivolò a terra. Nei suoi occhi vi si poteva leggere il riflesso della caduta di Claudia, che immobile a terra lasciava che dalla sua testa una chiazza purpurea si espandesse a macchia d’olio tra i fili d’erba. Con veloci ed ampie falcate, il dio della morte giunse al fianco della sua amata, lasciandosi cadere in ginocchio accanto a lei. Un cadaverico pallore era calato sulla sua pelle. I suoi occhi, privi e svuotati di luce vitale, osservavano un punto indefinito nel vuoto mentre una ferita profonda si apriva sul suo capo, macchiandole le guance e i capelli
-Claudia?- la chiamò appena, carezzandole le guance. Era così fredda, assente. E il silenzio che si appropriò di lei sembrò come la più letale delle torture
-Claudia?! Claudia ti prego!- la voce di Undertaker era soffocata, rotta dal dolore. La strinse a se, baciandole castamente le labbra fredde, assaggiando il sapore della morte nella sua bocca adorata.
-Claudia P. Data di morte: Tredici Luglio 1866. Ore 20:35. Causa della morte: dissanguamento. Completato- con occhi sbarrati e folgoranti, Undertaker sollevò di scatto il capo, osservando in cagnesco il terzo uomo che comparve dall’oscurità: lasciava un timbro all’interno di una misteriosa cartella, che a suo malgrado il becchino conosceva fin troppo bene
-William…- sussurrò a denti stretti il suo nome, cogliendo immediatamente l’attenzione del dio della morte dagli occhiali in argento
-Io l’amavo…-
-Spiacente. Ma come ben sai il lavoro è il lavoro. Ho soltanto eseguito un ordine, Undertaker-  il secondo shinigami fece una breve pausa mentre archiviava la cartella per passare alla seconda vittima. Lesse velocemente il contenuto, poi espose un lieve ghigno malefico e divertito al tempo stesso:
-James Cabot. Data di morte: Tredici Luglio 1866. Ore 20:45. Causa della morte: trucidato. E stranamente qualcosa mi porta a pensare che sarai proprio tu, becchino, a farlo- rispose sistemandosi gli occhiali. E proprio in quel brevissimo lasso di tempo, William T. Spears socchiuse appena lo sguardo, ascoltando il suono di una lama che fendeva l’aria; un gemito soffocato; un tonfo e in fine una risatina stridula e ansiosa che quasi riuscì ad inquietarlo. Non appena sollevò le sue iridi da dio della morte, osservò quasi compiaciuto la falce insanguinata del becchino, il sangue denso che scorreva su di essa. William gli diede le spalle, e “sbadatamente” lasciò cadere a terra un piccolo libricino rilegato con  una copertina bluastra. Ma Undertaker non gli diede subito peso. Tornò al corpo della sua piccola Claudia che ancora giaceva a terra. 
Quando l’alba baciò le verdi praterie inglesi, e i cipressi nel cimitero cittadino; Undertaker il becchino restava immobile a contemplare una lapide conficcata nel terreno. Il nome della donna che tanto teneramente aveva amato era inciso nel marmo. E tra le sue mani, oltre che a una rosa bianca, simbolo della purezza di quell’amore che aveva provato per lei, lo shinigami leggeva attentamente poche righe di quel libro che William gli aveva lasciato. Esso, portava il nome di Claudia P. Il suo cinematic record:

“E quando confessai alla mia cameriera che quello che portavo in grembo era il figlio del becchino, lei mi chiese:
-Non pensate che vostra madre si infurierà appena lo verrà a sapere?- 
-Non mi interessa- le risposi –questo è il frutto del mio amore. Niente e nessuno potrà cancellarlo- sorrisi appena e mi sfiorai la pancia ancora piatta. Ero spaventata. Eppure felice, pervasa dall’emozione. Ero curiosa, annebbiata dalle speranze: Avrebbe avuto i miei capelli? E i suoi occhi? Dio solo sa quanto stavo desiderando che quella creaturina uscisse dal mio ventre gonfio, mostrandosi alla luce con quegli occhi che già una volta avevano rapito per sempre il mio cuore. Poi la cameriera, prendendomi alla sprovvista mi fece un ultima fatidica domanda:
-Se sarà un maschio, che nome pensate di dargli?- a questo in verità non avevo alcun bisogno di pensarci, perché mi fuoriuscì spontaneamente dalle labbra:
-Alexander. Come mio padre-” 

Chiuse il libro, sospirando tristemente. Il vento soffiò debole scostandogli le vesti scure e i capelli argentei. Un suono sottile, simile a quello di piccoli campanelli, allietò appena l’animo cupo del solitario shinigami. Con le mani pallide e affusolate, afferrò con dolcezza i medaglioni che pendevano dalla sua tunica. Ciondoli funerari in argento di diversa grandezza, che simboleggiavano i resti del suo cuore ormai sopitosi nel suo petto. Due cimeli, in particolare, rappresentavano più di tutti il suo tesoro: due ovali, due nomi e una singola data:
“13 July 1866”  “Claudia P.”  “Alex”
             
*Angolino di Virgy*
Eccomi con l'ultimo, T_T, capitolo della mia fiction, e con questo chiudo definitivamente la mia teoria sulla misteriosa Claudia P.
Confesso, ci ho messo anima e corpo per scriverla!
Spero sinceramente che vi sia piaciuto, e ci tengo molto a ringraziare tutti voi che avete recensito, seguito e messo tra i preferiti la mia storia. dopo tanto tempo che non scrivevo mi sento quasi onorata. 
N.B: Il titolo della fan fiction "Quando il tempo, un mattino, ti rubò da me" è tratto dalla canzone "la Ballata della farfalla Meliteae" dei Blind Fool Love, in primo luogo perché è la canzone che ascoltavo mentre elaboravo la trama e in secondo luogo perché la reputo in tema con lo svolgersi della storia.
Detto questo vi saluto! 
Un bacio
-V-
  
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