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Autore: Kourin    30/11/2012    5 recensioni
Misaki era riverso a terra. Quando Hikaru era corso verso di lui, le gambe si erano mosse senza bisogno del pensiero. Il braccio destro si era proteso in avanti per afferrarlo, come se all'interno del campo si fosse aperta una voragine che avrebbe potuto inghiottire per sempre la persona che aveva conosciuto come Taro Misaki.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Taro Misaki/Tom
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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5. Cielo

 

 

 

Ciao, Tsubasa.”

Ciao, Misaki. Volevo solo sapere come stai.”

Io sto bene, grazie. Questa settimana ho fatto tutti gli allenamenti e domani parto da titolare.”

“Ho visto il calendario, giocate con il Consadole!”

“Già, ci danno per super-favoriti, ma non credo che sarà una partita facile.”

“Ah ah, scommetto che ti faranno marcare da Matsuyama.”

Appunto.” Taro lasciò trascorrere qualche secondo prima di continuare. “Pensa, lo conosco da una vita, ma non ho mai giocato contro di lui.”

“Io alle medie, in semifinale. E' un ragazzo che dà sempre una strana sensazione. Un attimo sembra che si preoccupi per te, quello dopo che ti voglia uccidere.”

Taro rise. “Quanto hai ragione.”

“Però ho imparato delle cose da lui. Vedi, lui crede incrollabilmente negli altri. Un po' ti assomiglia.”

Nel senso che hai la sensazione che io ti voglia uccidere?”

Stavolta fu Tsubasa a ridere. “Ti tormentano ancora con la storia che dovresti diventare il mio clone?”

“Abbastanza. Prima o poi toglierò il tuo poster dalla mia stanza.”

“Lo hai appeso sul serio?”

“Certo, con l'autografo. Vuoi il mio? Guarda che voglio ancora giocare in Francia, potrebbe avere un certo valore quando sarò in Champions League.”

“Ti aspetto, Misaki. Stammi bene.”

“Anche tu Tsubasa. Senti...”

“Dimmi.”

“No, no, niente, scusami. Salutami Sanae.”

 

Sono tornato a Hokkaido dopo tanti anni. Mi trovo all'interno del Sapporo Dome. E' un bellissimo stadio coperto, che permette di giocare a calcio nonostante il clima rigido di questa terra. Eppure in me c'è un certo disappunto: che senso ha tornare a giocare sotto il cielo della mia infanzia se non ho la possibilità di vederlo?

Il campo è perfetto e ben curato, gli spalti sono gremiti di tifosi, per lo più rossoneri ma anche molti in azzurro. Gli striscioni e le bandiere del Jubilo sventolano. Lo speaker inizia ad annunciare le formazioni.

Noi di Iwata siamo partiti piuttosto sicuri di portare a casa il risultato. Siamo primi in classifica mentre il Consadole è quasi in zona retrocessione. Tutti concordano sul fatto che questa squadra non dovrebbe darci noie ma, a dire il vero, io non sono poi così convinto che sarà una partita facile. La mia titubanza nasce da motivi personali: in questi luoghi ci sono delle cose che ho lasciato in sospeso e non sono del tutto certo che riuscirò a sistemarle.

Mi preparo a stringere la mano agli avversari. Ecco Hikaru Matsuyama. Quella maglia nera e rossa non gli si addice per niente, è scura come gli occhi che non vogliono riflettermi. Lui mi tende la mano e mi sorride, io gli tendo la mia e l'abbandono alla sua stretta. Non abbiamo nulla da dirci: stiamo per giocare una partita e tutto ciò che desideriamo è vincere.

L'arbitrò dà il fischio d'inizio, il pubblico grida. Nakayama passa all'indietro il pallone. Come immaginavo, Matsuyama corre verso di me. I suoi tifosi lo incitano, ma i miei non sono da meno.

Non è facile costruire un'azione, ma con un passaggio per volta riusciamo ad avanzare. Sono quasi in area, mi fermo a controllare la linea del fuorigioco. E' l'inizio della partita, il Consadole è compatto e la difesa è ben piazzata, ma noi riusciamo a guadagnare un angolo. Mi fanno cenno di andarlo a battere, sistemo il pallone vicino alla bandierina, rifletto sul da farsi. Sono quasi tentato dall'idea di un tiro in porta, ma se fallissi tutti ne resterebbero delusi. Ho ben dieci compagni su cui fare affidamento! Vedo che le punte sono ben piazzate. L'arbitro fischia, colpisco d'interno, riesco ad impartire una buona rotazione. Nakayama salta, il portiere respinge ma non riesce a trattenere, si crea una mischia in cui è meglio non lanciarsi, Matsuyama è alle mie spalle e mi tiene d'occhio. Avevo ragione e sentire il pericolo, perché il centrale del Consadole riesce a spazzare via il pallone dall'area. Noi siamo leggermente sbilanciati, parte il contropiede. Matsuyama è già scattato, io lo inseguo. Il mister mi ha autorizzato a lasciare la posizione per marcarlo. “Lo conosci bene, penso tu sia la persona più adatta,” ha detto. Naturalmente si riferiva alla nazionale, lui non sa che di Matsuyama conosco anche altro. Che perde la pazienza quando fa gli origami, che è impossibile dividere il futon con lui perché nel sonno si agita di continuo, che è talmente cocciuto da essermi ancora affezionato come un fratello.

Per fortuna Urabe e Ishizaki recuperano subito la posizione. La punta del Consadole tenta un colpo di tacco all'indietro sulla fascia sinistra che è rimasta sguarnita. Matsuyama potrebbe tirare al volo, ma il tempo che serve a lui per coordinarsi è sufficiente a me per bloccarlo in scivolata. L'impatto è violento: il pallone schizza in fallo laterale e rimbalza sui cartelloni pubblicitari, Matsuyama cade in avanti, la mia gamba sinistra trema. I nostri occhi si incrociano ancora per un istante, duramente, sotto il tetto grigio del Dome che ci priva delle sfumature del cielo. Mi rialzo in mezzo a fischi ed applausi e mi riporto al centro del campo.

Si va avanti così per tutto il primo tempo. Il Consadole continua a lasciarci fare il gioco aspettando l'occasione per coglierci di sorpresa. Proviamo più volte a costruire una manovra con passaggi brevi, ma tutto si perde nel nulla. Era prevedibile per una partita non destinata a finire negli annali del calcio giapponese. Il cronometro si trascina pigramente fino al quarantacinquesimo, finché l'arbitro fischia senza concedere recuperi. Anche i tifosi fischiano, sono annoiati e hanno ragione. Non è giusto che le cose vadano così. Né per loro, né per me, e neppure per Matsuyama. Mi volto per cercarlo, mi accorgo che mi viene incontro di sua spontanea volontà. La sua espressione non è tesa e io inizio a intravedere qualcosa oltre la barriera dei suoi occhi adulti. E' un sentimento insolito, pare tristezza, come se stesse cercando nel mio volto una risposta che non riesco a dargli. Apre le labbra per dire qualcosa ma io faccio lo stesso e le nostre voci finiscono per sovrapporsi sulle stesse parole: “Non può andare avanti così.”

Arretriamo, sorpresi. Per un istante non riesco nemmeno a capire dove mi trovo. Non so che cosa sia successo, so solo che quando riprendo il contatto con lo sguardo di Matsuyama vi scorgo il cielo di Hokkaido che non riuscivo più a trovare. Allora senza distogliere lo sguardo da quelle iridi scure alzo in alto il braccio, la mano tesa verso l'azzurro che in esse intravedo. Matsuyama la colpisce, come sigillo alla nostra preghiera: “Cielo di Hokkaido, torna a giocare con noi.”

Mi avvio verso gli spogliatoi senza dire null'altro. Sono sereno, certo che presto accadrà un miracolo e che non avrò bisogno di Tsubasa per realizzarlo.

 

Il secondo tempo è iniziato da pochi minuti, il pallone entra nella mia zona a causa di un passaggio troppo basso. Decido di provare ad intercettarlo. Stacco, mi coordino, ce l'ho quasi fatta ma c'è il contatto con Matsuyama, che mi precede di testa e passa. Cado a terra, i miei compagni reclamano il fallo ma il fallo non c'è. Mi rialzo, la prossima volta devo scordarmi di essere gentile nei contrasti. Mi accorgo che Matsuyama, a distanza, sta controllando che io sia a posto.

Si riparte con un calcio di punizione, noi del Jubilo iniziamo con i soliti passaggi brevi. Ogni tanto Matsuyama si avvicina, poi arretra per difendere. Penso che abbia più voglia di combattere di quanto non dia a vedere, ma che debba seguire le istruzioni del suo mister che chiaramente mira al pareggio. In realtà anche il mio mister mi ha fatto capire che dovrei continuare a giocare come nel primo tempo. Tutti sono rassegnati a quest'atmosfera monotona ma io ho davanti Matsuyama e posso ricordare Hokkaido d'estate, quando ci divertivamo un mondo anche se scendeva la pioggia.

Finalmente trovo un varco nella difesa del Consadole, luminoso come uno squarcio tra le nubi. Riesco ad impartire al pallone una traiettoria ad effetto. E' un arco nel cielo, che termina proprio davanti all'area di rigore. Nakayama tira di prima, ed è gol.

Fantastico,” mormora la voce di Matsuyama prima che lo scroscio di applausi dei tifosi del Jubilo si riversi nello stadio e i miei compagni di squadra mi travolgano nei loro abbracci.

 

Il portiere rimette in gioco, si ricomincia. Ora che il risultato è sbloccato, il Consadole inizia a sbilanciarsi. Si costruisce qualche azione, finalmente inizio a correre da un capo all'altro del campo come quando avevo come amico il vento.

Provo una finta ma Matsuyama non si lascia ingannare. Alzo il pallone, scatto in avanti, lo riprendo. Lui entra in scivolata, il suo tempismo è perfetto ma io riesco a saltare. I miei piedi toccano di nuovo il terreno, Matsuyama entra in secondo tempo. Non posso evitare il contrasto, il pallone si blocca sulla sua gamba mentre io sono costretto a tuffarmi in avanti. Però con le braccia riesco a darmi una spinta e togliere la palla dai piedi a colui che s'illudeva d'aver vinto. I miei compagni recuperano il pallone, il pubblico applaude, Matsuyama mi tende la mano quando sta per rientrare in copertura e mi trascina in avanti per qualche metro lanciandomi nella sua corsa. Non posso fare a meno di ridere mentre lo inseguo. Mi pare di trovarmi nelle limpide giornate di metà autunno dove era d'obbligo divertirsi a più non posso prima che sopraggiungesse la neve. Con mente rasserenata studio la disposizione dei compagni e degli avversari. Non intervengo nei capovolgimenti di fronte che si susseguono uno dopo l'altro, ma approfitto di un momento in cui Matsuyama deve rientrare per smarcarmi, proseguire sulla fascia destra, girarmi, passare. I miei compagni sono spiazzati, ma lo è ancora di più la difesa del Consadole. Nakayama tira direttamente in porta, centra la traversa, il pallone esce dall'area, c'è un intervento falloso. Guadagniamo un calcio di punizione da posizione centrale. Come sempre, tocca a me batterlo. La barriera del Consadole attende un mio tiro ad effetto, così come credo stiano facendo il pubblico e il mister e i miei compagni. Allora decido di passare a destra, dove c'è un varco, dove può arrivare Urabe che è salito senza che nessuno si sia preso la briga di marcarlo. Lui capisce al volo, riesce ad anticipare i difensori di quel poco che basta. E' un tiro secco e centrale che il portiere, che aveva la visuale coperta dalla barriera, non fa in tempo a bloccare.

Urabe mi salta al collo e mi scompiglia i capelli. Insieme andiamo a ringraziare i tifosi che ci hanno incoraggiato e che ora sono pazzi di gioia.

 

Al settantaquattresimo, mentre attendo il rinvio da fondo campo, incrocio ancora gli occhi di Matsuyama. Sta ragionando, sono freddi come il cielo invernale che finisce per confondersi con il bianco della neve.

Il Consadole si spinge in attacco. Nessuno di loro osa passare a Matsuyama, perché dove c'è lui ci sono anch’io che lo seguo come un'ombra. Un rimpallo conduce il pallone vicino alla metà campo. Riesco a spuntarla per un soffio, effettuare un passaggio, avanzare per riprenderne il possesso. Matsuyama però nel frattempo mi ha chiuso. Finto come se volessi passare indietro, invece giro su me stesso, faccio passare il pallone tra le sue gambe, lo riaggancio. Il portiere mi chiude lo specchio, l'azione potrebbe essere conclusa ma non mi arrendo e tiro di sinistro. Il pallone sfiora i capelli ribelli del mio avversario e si insacca proprio all'incrocio dei pali. L'arbitro convalida il gol. Matsuyama si tocca la guancia e mi guarda, dapprima incredulo, poi adirato. Quando i compagni mi trascinano a festeggiare la rete segnata, la mia mente resta ferma sul suo volto.

Non mi sto facendo beffe di lui. Sto cercando di dare il meglio di me perché voglio che Matsuyama rientri a far parte della mia vita prima che tutto finisca. Voglio tornare a sentirmi libero come quando lo avevo accanto. Mi ero perso nell'inseguire colui che avevo scambiato per astro gemello e invece era il mio rivale eterno, ma Matsuyama ha saputo ritrovarmi e tendermi la mano liberandomi dalla condanna che io stesso mi ero inflitto.

Dopo il rinvio e una serie di passaggi riprendo finalmente possesso del pallone, supero l'istinto che mi dice di passare e resto immobile in mezzo al campo. I giocatori mi guardano perplessi, il pubblico ammutolisce ed io approfitto di questo vuoto per urlare: “Avanti, Hikaru Matsuyama! Ti sto aspettando!”

 

Ho solo tre minuti. Questa partita è persa. Contro di te perdo sempre, Misaki. In parte è perché tu hai una classe unica e io non potrò mai eguagliarti. In parte è perché riesci a stregarmi e io ti lascio fare anche quello che non dovrei. E' l'ultima occasione che ho per arrivare ad essere davvero al tuo fianco, non so in qualità di chi o di cosa ma al momento non m'importa: un tempo avevo giurato che ti avrei ripreso. Se non lo facessi, tradirei sia te che me stesso. Avevo urlato quella promessa al medesimo cielo che attraversa i tuoi occhi ora, mentre giochi come se fossi tornato bambino. Oggi urlo ancora il tuo nome, scagliandomi contro di te nell'attraversare il varco che ci ha separati per anni. Il pubblico applaude, ma il suono scompare subito e nelle mie orecchie resta solo l'eco persistente della tua voce che mi invita a riafferrarti. Finti verso sinistra, poi ti muovi nella direzione opposta ma non m'inganni, ti sono davanti a sbarrarti la strada. Riesci nuovamente ad avanzare appoggiandoti ai compagni, che sai usare come se fossero parte di te. Ricevi palla, la alzi e ti sollevi in una splendida rovesciata, ma io fermo il pallone di testa. Tu ricadi per terra, io ricado all'indietro. Sei rapido nel darti una spinta con braccia per toccare il pallone con la punta del piede, ma io ho fatto lo stesso e riesco a bloccarlo. Sento un bruciore intenso alle gambe, graffiate nel movimento e mi accorgo che anche le tue sono ferite. Mi rialzo, tu fai lo stesso e i nostri sguardi si scontrano prima che i nostri corpi inizino una nuova serie di finte. L'arbitro ci fissa pronto a fischiare il fallo, ma si sbaglia di grosso se pensa di poter essere lui ad interrompere la lotta. Provi a fermarmi in scivolata, io riesco a saltare e passare avanti. Poi mi lancio in attacco, consapevole che tu sei già sulla mia scia. “Avanti!” grido alla squadra chiamando palla. Il tifo del Consadole esplode, risollevando l'animo dei miei compagni. Riusciamo finalmente ad avanzare sulla fascia sinistra, mi coordino per un Eagle Shot che passa tra le gambe dei difensori ma che tu respingi sulla linea di porta. Non c'è più tempo per costruire un'azione né per pensare agli schemi. Dopo la rimessa laterale riprendo il pallone, evito l'intervento di Ishizaki, riesco a scartare Urabe, mi trovo faccia a faccia con il portiere che supero con un pallonetto. Corro verso la linea, dove tu sei pronto ancora una volta a respingere. Mi tuffo per colpire di testa, il pallone si blocca tra la mia fronte e la tua caviglia, poi schizza sulla traversa e rimbalza. Lo vedo cadere insieme a me finché l'impatto con il terreno mi costringe a chiudere gli occhi. Sento il grido del pubblico, il fischio dell'arbitro che convalida il gol, poi il tocco di una mano gentile che si appoggia sulla mia spalla. Ancora stordito, mi alzo sui gomiti e incrocio i tuoi occhi castani, limpidi e calmi come il sorriso che illumina il tuo bel volto. Vuol dire che ti ho raggiunto, Misaki? Tu annuisci anche se le mie labbra non ti hanno posto alcuna domanda. Quando il triplice fischio sancisce la fine della partita, la tensione del mio corpo si scioglie liberandomi da una tristezza antica. Sento gli occhi traboccare di lacrime che nessuna considerazione logica potrà trattenere. Scorrono libere, ancora una volta per te.

 

Tendo la mano a Matsuyama, lo aiuto a rialzarsi. Il maxischermo segna il tre a uno del Jubilo, il pubblico mi acclama. Quando rivedo gli occhi del mio avversario spuntare dai capelli arruffati mi accorgo che sta piangendo. Abbassa lo sguardo imbarazzato, ma subito lo rialza e mi sorride mentre, incredulo, si accorge che il pubblico sta acclamando anche lui.

Le tifoserie si sfidano e i nostri nomi risuonano l'uno sull'altro. I rispettivi compagni di squadra si tengono lontani: in questo momento lo stadio è solo per noi due. Matsuyama si toglie la maglia e me la porge. Poi, io vestito in rossonero e lui vestito d'azzurro ci fermiamo spalla contro spalla a lasciarci inondare dallo scroscio di applausi.

Matsuyama mi fa girare verso di lui, mi afferra per i fianchi e mi solleva ridendo come un bambino. Lo aiuto a sostenere il mio peso incrociando le gambe sulla sua schiena, poi gli prendo il viso tra i palmi delle mani intingendoli nelle sue lacrime di gioia. Inizio a ridere, o forse sto piangendo anche io, non lo so più. Non ricordo più come si faccia a distinguere la tristezza dalla gioia in mezzo a questo pubblico che mi ama, stretto nell'abbraccio della luce innocente che è sempre stata con me.

 

 

 

 

*** *** ***

 

 

 

Note varie

 

Yatta! Ce l'ho fatta a rimettere insieme 'sti due!

Come insegna Tsubasa, se nella vita ci sono problemi basta mettersi a giocare a calcio con convinzione e, prima o poi, si risolve tutto. Se qualcuno ha qualcosa da ridire sulla modalità con cui ho accoppiato Matsuyama e Misaki, vada quindi a lamentarsi da lui ;)

Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno seguito questa storia, tenendomi compagnia nel mondo nostalgico di Taro&Hikaru. Argh, riuscirò mai a liberarmi dalla carineria intrinseca di questo pairing?

Un grazie speciale a Sippu per il betaggio!

 

  
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