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Autore: akiremirror    21/06/2007    5 recensioni
Ipotetico settimo libro. La ricerca degli Horcrux, la guerra che dilaga, ma non solo questo, anzi. Essendo una ostinata sostenitrice di Severus Piton, la mia storia non può che concedergli molto spazio, anche se indirettamente. Attraverso gli occhi e il cuore di un mio personaggio originale si scoprirà il vero Severus, il suo passato, le sue motivazioni, i suoi sentimenti. Il tutto tratteggiato lungo il cammino che Harry dovrà compiere per arrivare alla resa dei conti con il suo unico vero nemico. Per chi ha pazienza, perchè sarà lunghetta...
Genere: Azione, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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epilogo
Piccola Vero. Cara, sono felicissima che la mia storia ti sia piaciuta tanto da volere il seguito, ma per ora non avrei il tempo di scriverlo, e confesso che, esclusa una cosetta su una certa Eileen e Sirius (capirai leggendo...) non ho idee. Però avrei idee per altre cose. Se le scriverò e le pubblicherò, spero di ritrovarti tra i commentatori!
Baci.
 
gealach. Ciao! Farti piangere è stata una vittoria! Eccoti l'epilogo, temo che ci saranno per te quattro colpi al cuore...preparati... E ora che sono tornata nel mondo di EFP (tre settimane di assenza mi son sembrate eterne!!) vado a controllare le tue storie...guarda che ti tengo d'occhio! Baci.
 
EDVIGE86. Carissima! Dispiace tanto anche a me che sia tutto finito, davvero. Ormai mi ero abituata a trovarvi nelle mie domeniche mattina... che tristezza... ma non è detto che non ci si ritrovi! Ricorda che aspetto sempre la tua FF! Mi raccomando, non farti frenare. Pubblicare qualcosa di proprio in un posto che permette diretto contatto con i lettori è fantastico, e EFP è veramente l'occasione migliore. Buttati! (In senso buono!!)
Spero che anche l'epilogo sia di tuo gradimento!
E poi, sai, dopo l'uscita di HP7 potrebbe essere che io sia così infuriata da ripresentarmi qui prima del previsto! (Se JK fa del male a Severus...la strozzo!!!)
Baci!
 
HermioneCH. Ciao! Sai, il dialogo Harry/Severus mi ha fatta un pò tribolare...mi fa piacere che ti sia piaciuto! Baci anche a te!
 
harry potter 90. Ciao! Grazie anche a te per i commenti e per la lettura tutto d'un fiato che ti sei fatto per questa FF. Mi hai veramente sbalordita! A presto!
 
Astry_1971. Ciao stella! Eccoci qui per la fine...chissà se ti piacerà...ih ih! Sono curiosa di conoscere il tuo giudizio!
...perchè in effetti è un finale molto rosa...
Baci stella, ci si sente al forum!
 
 
Innanzi tutto scusatemi per il ritardo, ma gli esami universitari non mi hanno lasciato molto tempo per scrivere.
Questa è decisamente la fine, e confesso che, soprattutto nell'ultimo pezzetto, mi sono tolta qualche sfizio.
Grazie per la costanza, a ciascuno di voi. Vi rendo onore, perchè la storia è stata indubbiamente lunga.
Grazie a tutti quelli che mi hanno commentato, mi ha fatto sempre enormemente piacere!
E per il momento è davvero tutto. Chissà, magari riuscirò a scrivere le altre ideuzze che ho prima che il fuoco per la saga di Harry si esaurisca. Se così sarà, troverete sicuramente qualcosa di mio in giro, e spero che vi incuriosisca come vi ha incuriosito questa storia.
Baci a tutti!
 
 
Epilogo
 
Ottobre 2001
 
La luce del mattino filtrava dalle imposte lasciate leggermente aperte, ed era diventato impossibile ignorarla, nonostante Dana avesse sufficiente voglia di rimanersene rintanata nel mondo dei sogni ancora per un po’.
Pigramente si mosse tra le lenzuola, aprendo appena gli occhi e posando lo sguardo su una parete solo in parte sconosciuta. In fin dei conti, aveva passato molte notti in quella stanza. Una delle stanze del più periferico albergo di Hogsmeade.
Bastò poco perché la sua mente si distaccasse completamente dal mondo dei sogni e ripiombasse nella realtà, sospinta dalla fitta allo stomaco che, istantanea, era sopraggiunta al momento del risveglio.
Avrebbe dato qualunque cosa per non essere lì in quel momento, terrorizzata da quello che doveva fare e assolutamente incapace di rendersi conto che di lì a poco lo avrebbe fatto.
Si appoggiò sui gomiti e lanciò uno sguardo distratto attorno a sé per individuare i propri vestiti, gettati svogliatamente a terra la sera prima.
Era arrivata con il Nottetempo, decisa ad evitare la Smaterializzazione per un po’… e istintivamente aveva mosso i suoi passi verso quella locanda, dove aveva alloggiato diverse volte con Severus, quando lui aveva cominciato a concedersi un paio di giorni ogni tanto per cominciare a riavvicinarsi alla scuola.
Ne aveva avuto timore per parecchio tempo, quasi un anno, ma poi era riuscito, lentamente, ad affrontare la sua paura. Così per un altro anno, quasi una volta al mese, si erano recati lì.
E ora…ora lui era a scuola.
Scendendo dal letto e posando i piedi sulla superficie fredda del pavimento, Dana rivide con gli occhi della mente l’espressione della McGranitt quando, pochi mesi prima, si era presentata a casa di Severus per proporgli di tornare ad insegnare.
"Quante lettere ti ho già inviato Severus? Possibile tu non abbia avuto tempo di rispondere a nessuna di esse?"
A quelle parole Dana gli aveva lanciato uno sguardo inceneritore, ma era stata zitta, decisa a lasciare alla McGranitt il compito di rimproverarlo.
Minerva aveva insistito parecchio, ma era uscita dalla casa con un nulla di fatto.
Severus pareva intenzionato a non rimettere più piede dentro Hogwarts, e questo Dana non era riuscita a sopportarlo. In quegli anni di pseudo isolamento avevano discusso spesso, ma mai come quella volta, perché Dana aveva sempre cercato di non intromettersi troppo, lasciando a Severus lo spazio e i tempi necessari per riacquistare una propria identità e un certo grado di sicurezza.
Di fronte alla questione Hogwarts però non era riuscita a stare zitta. E alla fine aveva vinto lei.
Severus sentiva terribilmente la mancanza di Hogwarts, e questo era stato un punto su cui lei aveva insistito parecchio. Inoltre, era impensabile che Severus passasse tutto il resto della vita senza un lavoro: concentrarsi troppo sul proprio animo sarebbe diventato pericoloso e faticoso, aveva bisogno di distrarsi, di ricominciare a fare qualcosa.
Forse fu proprio l’esigenza innegabile di rimettersi in qualche modo in attività a costringerlo a cedere.
Stava di fatto che da quel settembre Severus era di nuovo docente della cattedra di Pozioni. Non aveva voluto saperne della cattedra di Difesa.
"Ormai non c’è più alcun motivo perché io occupi quel posto!" aveva risposto acidamente a Dana, quando lei gli aveva chiesto perché non si proponesse per quel ruolo.
"Ti ferisce ancora molto il ricordo del tuo ultimo anno ad Hogwarts, dietro quella cattedra, vero Severus?"
Dana sospirò e finì rapidamente di vestirsi. Sapeva che il tempo sarebbe passato in fretta e che l’ora dell’appuntamento si sarebbe avvicinata con inesorabile costanza, e per questo aveva bisogno di camminare. Rimanere ferma lì, chiusa in una stanza ad attendere sarebbe stato snervante.
Uscì senza fare colazione, la sola idea la disgustava, e si avviò lungo le vie del piccolo centro magico. C’era già qualche studente in vista…
Cacciando via l’ansia, Dana cercò di concentrarsi su altro, così fece volgere gli occhi sulle vetrine dei negozi fin quando non vide qualcosa che la sorprese.
Un enorme gufo viola stava appollaiato al centro di una vetrina, osservando i passanti con occhi svegli e assolutamente…verdi.
Portandosi una mano al petto, Dana rise di gusto. Si era dimenticata del fatto che i gemelli Weasley avessero aperto un loro negozio anche lì…
"Più vicini agli studenti!" aveva esclamato George, tutto orgoglioso, mentre Fred rideva di gusto all’espressione dei presenti, quando diedero l’annuncio.
Avvenne in uno dei tanti pomeriggi in cui la famiglia Weasley si riuniva attorno al letto di Percy, all’epoca in uno stato di semi incoscienza.
Dana era stata chiamata da Ron per cercare di sondare lo stato emotivo di Percy. Il Medimago francese che lo aveva in cura era stato chiaro: il ragazzo non doveva assolutamente disperarsi o deprimersi, altrimenti la sua battaglia sarebbe stata più dura.
Dana, davanti alla vetrina ridicolamente agghindata di Fred e George, sorrise senza rendersene conto. I tempi di quel ricordo parevano incredibilmente lontani eppure vicinissimi…ora Percy stava meglio, poteva di nuovo parlare e muoversi, anche se lentamente. E il tempo avrebbe fatto il resto, permettendogli di riacquistare sempre più padronanza di se stesso.
Quel Medimago francese aveva fatto un piccolo miracolo…
Uno scampanellio la fece riscuotere dai propri pensieri mentre la testa di Fred sbucava dall’entrata del negozio.
"Mi sembrava di averti vista! Che cosa ci fai qui?"
Dana sorrise e abbassò appena lo sguardo mentre lo stomaco le si annodava violentemente.
"Io…beh, nulla di importante…sono qui per vedere Severus."
"Si, questo lo avevo immaginato, ma allora perché te ne stai imbambolata davanti alla nostra vetrina?"
"E devi anche chiederglielo, Fred? Fratello, ti stai rincretinendo! Non vedi? È rimasta ammaliata dalla nostra adorabile Civvy!" esclamò George affiancandosi al suo gemello.
Dana inarcò un sopracciglio e cercò di non mettersi a ridere. Civvy? Lanciò un ultimo sguardo alla enorme civetta che non aveva mai smesso di fissarla da quando si era piazzata davanti alla vetrina.
"Cosa sarebbe?" chiese, tremando per la risposta.
"Una civetta. Ah, beh, in verità non è proprio una vera civetta, capisci…è il risultato di una trasfigurazione che ci siamo inventati. Permette di creare animali domestici con le caratteristiche che più piacciono. I bambini adorano queste cose!" spiegò, esaltatissimo, George.
"Già. Ieri una ragazzina ci ha chiesto che le facessimo avere un piccolo pony rosa, con la criniera azzurra e una lunga coda brillante…osceno…ma il cliente ha sempre ragione, perciò…" così dicendo Fred le fece cenno di entrare, e Dana non seppe resistere.
In un angolo, simpaticamente seduto in attesa della padroncina, stava lo strano animale.
"Ma…sono comunque vivi?" chiese esitante.
"Oh, no, non faremmo mai una cosa del genere!" esclamò scandalizzato Fred, ma Dana gli indirizzò un’occhiataccia e lui le sorrise, furbo.
"No, tranquilla. Sono solo trasfigurati, anche se con il nostro Incantesimo li dotiamo di una sorta di libero arbitrio. Così possono giocare meglio con i bambini. Ma non sono né aggressivi né stupidi. Se dai loro un ordine, lo eseguono senza discussioni. E non mangiano! Quindi niente spese."
Dana scrollò la testa, indecisa se essere ammirata o scandalizzata, mentre il pony rosa le si avvicinava e le strusciava il muso morbido contro la mano.
"Non è adorabile?" esclamò Fred, estasiato.
Stringendo appena le labbra per non scoppiare a ridere, Dana annuì e volse gli occhi sul resto del negozio. Era molto simile a quello di Diagon Alley, ma aveva in più una zona destinata alla ristorazione.
Notando il suo sguardo incuriosito da quella innovazione, George si lanciò in un’attività propagandistica ormai collaudata e la lasciò tramortita di parole. Dana rise, grata per quell’insperata distrazione, ma quando Fred le offrì una cioccolata calda speziata ritornò con i piedi per terra.
Il suo stomaco ebbe un serio momento di difficoltà e lei scrollò la testa, incapace di aprir bocca.
"Dana…sicura di star bene? Sei impallidita in modo impressionante."
"Si, sto bene, abbastanza. Solo che…no, non importa. Ragazzi, ora vi devo lasciare o farò tardi, ma è stato un piacere vedervi. Il vostro negozio è veramente…impossibile da non notare!"
"E’ su questo che contiamo!" esclamarono insieme i gemelli.
Dana annuì e guadagnò la porta, uscendo salutandoli con la mano. Fred e George fecero altrettanto, ma quando lei fu fuori si scambiarono un’occhiata significativa.
"Che te ne è parso?" chiese Fred incrociando le braccia al petto.
"Non stava molto bene. Forse è per l’appuntamento che ha con Piton."
Fred annuì e sospirò teatralmente.
"Merlino, che spreco! Una così bella donna…"
"…e una così potente strega…"
"…con Severus Piton…"
Poi si guardarono a vicenda, studiandosi per un po’.
"Forse dovremmo tingerci i capelli di nero, Fred."
"Sono d’accorgo, George."
 
La luce autunnale riaccolse Dana senza troppo calore. Infilandosi il mantello nero che aveva portato con sé, si sentì rabbrividire e desiderò un fuoco vicino al quale sedersi, ma non avrebbe ceduto. Aveva ancora bisogno di camminare, e così avrebbe fatto. Del resto, era solo la fine di ottobre. Non poteva cedere così miseramente al freddo, anche se lo odiava con tutto il cuore.
Infilò le mani in tasca per cercare ulteriore riparo, e le dita si scontrarono con un biglietto lasciato scivolare lì non del tutto a caso.
La punta delle dita sfiorò la busta con incertezza.
Aveva ricevuto quell’invito qualche settimana prima, ed era rimasta estremamente sorpresa: Harry e Ginny avevano deciso di sposarsi, e la data era fissata per il 3 di dicembre.
Le era parso strano che avessero deciso di fare tutto così in fretta, ma forse avevano le loro buone ragioni, e a giudicare dall’aspetto che aveva Ginny quando era andata a trovarla per congratularsi forse aveva una vaga idea di quali fossero queste buone ragioni.
Ginny le era parsa, oltre che felicissima, anche più bella del solito, e cosa si dice delle donne in stato interessante? Lanciando uno sguardo perplesso alla propria immagine riflessa in una vetrina, Dana si chiese cosa avesse deciso di fare Severus. Erano stati invitati entrambi al matrimonio…
Beh, lei di sicuro ci sarebbe stata. Era troppo legata a Harry per non andare, anche se il rendersi conto di avere di nuovo così tante persone cui essere legata ogni tanto la lasciava stordita. Aveva vissuto da sola per anni, e ora le cose erano cambiate in modo…definitivo.
Scrollò la testa per non pensarci e non farsi di nuovo assalire dal panico e procedette lungo la via, lasciando che i pensieri fluissero.
Certo, avrebbe dovuto aspettarsi una simile notizia, prima o poi. Del resto, Harry aveva recuperato da un pezzo il M.A.G.O. (maledette formalità! Aveva sconfitto il Mago Oscuro più potente degli ultimi tempi, eppure aveva dovuto sostenere esami che attestassero ufficialmente il suo grado di preparazione!) e ora lavorava per la McGranitt, a Hogwarts, tenendo dei seminari di Difesa contro le Arti Oscure. Forse anche per questo Severus non aveva voluto quella cattedra.
Ma chissà, magari non aveva voluto privare del posto Remus Lupin.
Dana sorrise pensando a lui e Tonks. Erano incredibili insieme, rinati tutti e due, e le sembrava strano che ancora non si fossero decisi a sposarsi. Da quel che aveva capito, era lui a non voler ancora fare quel passo, ma a lei era parsa una cosa così stupida, visto che ormai lui e Tonks vivevano insieme…
Oh, ma sarebbe arrivato il momento anche per loro, esattamente come era arrivato quello di Ron e Hermione. Quei due avevano battuto tutti sul tempo, sposandosi a neanche un anno dalla caduta di Voldemort con una cerimonia intima e semplice. Incredibile, Hermione aveva persino trascurato il M.A.G.O. per sposarsi!
Presa dalla tenerezza di quel ricordo, si lasciò scivolare lentamente su una panchina di ferro battuto, vicino ad una viuzza che conduceva al promontorio più bello di tutta la zona.
Severus avrebbe dovuto raggiungerla lì, ma c’era ancora tempo…
Chissà se ci sarebbe stato un matrimonio anche per lei…
Ogni volta che ci pensava si sentiva come soffocare.
In verità le cose tra lei e Severus erano così complicate che non avrebbe azzardato un pronostico per nulla al mondo, men che meno in quel momento. Tutto quello che sapeva, era che da quella mattina in poi la sua vita sarebbe cambiata, in un modo o nell’altro, e questo la terrorizzava come raramente era successo. Non voleva perderlo, per nessun motivo, ma le cose presto sarebbero cambiate e lei doveva preparasi ad ogni eventualità.
Calciando con rabbia un sassolino ai suoi piedi si diede della stupida.
"Ho affrontato Maghi potenti e creature terribili, posso addentrarmi tra le pieghe più pericolose della Magia Nera e ho sempre tenuto testa a Riddle anche da bambina, mai intimorita. E ora sembro una donnetta fragile e insicura! Sono ridicola!"
Prese a giocherellare nervosamente con le pieghe del mantello e sprofondò nei ricordi, quasi che tra essi potesse esserci la risposta di cui tanto aveva bisogno e che avrebbe cercato di strappare a lui quel giorno.
Per qualche settimana dopo la sua liberazione, Severus aveva voluto rimanere con lei nella casetta in montagna, e per Dana era stato un toccasana. Era riuscita a riprendersi quasi del tutto dalla perdita del bambino grazie alla sua vicinanza, ed era riuscita anche a sostenere lui in alcuni momenti di profonda confusione.
Poi erano tornati alla normalità, più o meno, delle loro vite.
Severus si era rintanato nella sua odiatissima casa babbana e Dana aveva ripreso possesso delle proprietà della sua famiglia. La casa dei suoi genitori ormai era un cumulo di macerie, dato che le era servita per inscenare la sua morte in un incendio, ma per fortuna la piccola casetta vicino a Londra era salva. Dopo alcuni giorni di lavori forsennati e pulizie di gruppo la casa era tornata agli antichi splendori, e Dana aveva vissuto lì per tutto quel tempo, fatta eccezione per alcuni mesi in cui era andata a vivere a casa di Severus per stargli vicino in un momento di particolare difficoltà.
Le si strinse il cuore nel ricordare quel periodo, ma un moto di profondo orgoglio le gonfiò il cuore nella consapevolezza che ne era uscito molto più che a testa alta. Aveva affrontato le sue paure, aveva indagato a fondo nella propria anima, fino a scovare la più piccola debolezza, la più piccola paura, e con costanza aveva ricercato tra gli insegnamenti di Silente le chiavi per scardinare ogni resistenza della sua anima. Alla fine, stremato e svuotato, aveva potuto guardare se stesso in uno specchio senza dover abbassare lo sguardo.
E dopo quel bruttissimo periodo aveva cominciato ricostruirsi, partendo da dove era cominciata la sua caduta.
Una sera, accompagnato da Dana, si era recato sulla tomba di suo padre ed era rimasto lì, ombra tra le ombre, per ore. Dana non aveva osato avvicinarsi, sentendo che sarebbe stato come violare uno spazio molto più che intimo; si era limitata ad aspettare e a vegliare su lui da lontano.
"Quella sera credevo avresti in qualche modo ceduto, credevo saresti crollato, perché non c’è cosa più difficile che concedere perdono quando ci si porta dentro ancora tutta la rabbia e il dolore di un rapporto così difficile, ma sei stato incredibilmente tenace. Di nuovo, mi hai sorpresa. Hai affrontato il ricordo di tuo padre con lo spirito giusto, e alla fine hai liberato il tuo cuore dal risentimento, lasciando spazio solo all’accettazione. Credo che aver sconfitto quel terribile fantasma ti abbia permesso poi di affrontare nel modo giusto tutti gli altri. E solo il Cielo ha idea di quanto ti ho ammirato quella notte."
E ora? Ora sapeva che Severus stava meglio, ma sapeva anche che tre anni non erano sufficienti per cancellare i dolori e i rimorsi di una vita. Severus era ancora l’uomo freddo e scontroso che tutti conoscevano. Solo con lei era un altro, più umano e più propenso a mostrare appena le proprie vulnerabilità. Eppure non era ancora completamente disposto a lasciarsi andare, a tal punto che tra loro continuavano ad alternarsi momenti di complicità fortissimi e settimane di incertezza.
Sorrise amaramente e si sentì quasi svuotata, tanta era la spossatezza che provava in quel momento.
"Ti amo, burbero testone! Ma davvero la nostra relazione è assurda! Ti infili nella mia vita e nel mio letto ogni fine settimana, riempiendomi la vita e il cuore con i tuoi racconti, i tuoi silenzi, i tuoi tormenti e il tuo imbarazzo nel manifestarmi il tuo amore. Forse vorresti io non lo notassi, ma è impossibile non farlo, Severus. Io, con tutto quello che so di te e con il mio potere, come potrei non cogliere i tuoi respiri trattenuti, l’incertezza a far tremare le tue dita, gli sguardi sfuggenti.
Con me sei tornato a respirare, a vivere, calando la tua maschera di ghiaccio. Eppure ogni tanto i vent’anni di gelo fanno sentire il loro peso. Non credo sarebbe normale nulla di diverso, eppure a volte vorrei poter essere io a farmi carico dell’ingrato compito di strappar via quella maschera. Per sempre. Lasciar emergere definitivamente ciò che nascondi ancora, quello che ti renderebbe umano anche agli occhi di tutti gli altri. Ah, il tuo disperato bisogno di accettazione, di rispetto, di contatto umano…sono cose così evidenti per me, così importanti…
Come lo sono il tuo amore e tutte le attenzioni che mi riservi cercando disperatamente di non essere sdolcinato o troppo sentimentale."
Un sorriso dettato dalla tenerezza le illuminò il volto. Aveva perso il conto di tutte le volte che lo aveva visto arrossire (appena) per il bisogno di farle una carezza, per un abbraccio improvviso, o per qualunque altra manifestazione di affetto per lui così inusuale.
"Vorrei non dover mai rinunciare a nulla di tutto questo, e lo sai. Eppure ogni tanto ti chiudi, ti irrigidisci, spaventato dall’intensità del legame che potrebbe unirci se tu non ti opponessi. Quanta paura hai, amore mio?"
Ci sarebbe voluta ancora parecchia pazienza e del tempo, ma Dana sapeva di non poter più aspettare…doveva prendere delle decisioni, e doveva sapere come prenderle. Da sola o con lui.
Chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale della panchina, sentendo le ginocchia deboli. Per fortuna era seduta…
Aveva paura di quello che avrebbe fatto di lì a poco tempo, ne era letteralmente terrorizzata, ma non poteva rimandare, non più.
Volse gli occhi verso il sentiero principale, sperando che lui ancora non stesse arrivando.
 
Incurante dello sguardo intimorito che gli stavano rivolgendo alcuni studenti del terzo anno, Severus Piton uscì dal portone principale della scuola per raggiungere Hogsmeade.
Non era sua abitudine arrivare tardi, ma quella mattina, chissà come, aveva lasciato che mille piccoli contrattempi lo facessero tardare.
Aveva ricevuto il gufo di Dana due sere prima, e aveva risposto tempestivamente, come suo solito, ma qualcosa lo aveva inquietato mentre leggeva quelle poche righe vergate evidentemente da una mano leggermente tesa.
Dana aveva bisogno di parlargli. Mai parole lo avevano spaventato di più.
Forse era successo qualcosa, e lei aveva preferito non parlargliele via lettera…
No, aveva l’impressione che in realtà Dana avesse qualcosa da dirgli a livello personale. Era questo a spaventarlo, l’ipotesi che ci fosse un grosso cambiamento all’orizzonte, cambiamento al quale lui non era pronto.
Se lei avesse deciso di allontanarsi, di lasciarlo…non lo avrebbe sopportato. Aveva combattuto duramente con se stesso per riuscire a ricostruirsi come persona, e lo aveva fatto soprattutto per lei. Se non ci fosse stata Dana lui in quel momento sarebbe stato ancora a miglia di distanza da quello che era riuscito a diventare.
E poi, diventare cosa?
Lanciò un ultimo sguardo ad un gruppetto di studenti che, come lui, stava raggiungendo il villaggio magico. Lo guardavano tutti ancora come una volta.
Un sorriso ironico gli si dipinse in volto, mentre si dava dello stupido.
"Non sei diventato nulla di diverso da quello che eri. Uno scontroso, chiuso e orgoglioso Mago devoto al suo dovere. Questo è tutto quello che gli altri vedranno mai. Nessuno, esclusa lei, saprà mai che ora non soffro più d’insonnia la notte, o che il respiro non mi si mozza più se penso a me stesso. Solo lei sa come sono cambiato. Perché è per lei che non ho mai mollato.
Ah, quante volte sono stato sul punto di farlo! Troppe. Non mi sarei mai creduto così fallibile. Eppure lo sono, perché ho visto molte volte i fantasmi del passato bussare alla mia porta quando invece ero convinto di averli scacciati. E molte volte ho desiderato arrendermi, abbandonarmi ad una misericordiosa indolenza dell’anima dalla quale non uscire più, sfiancato e deluso.
Eppure ho continuato a scavare in me, facendomi spesso del male, trovando le forze di scardinare tutte le mie più infelici e ottuse convinzioni, di affrontare i miei rimorsi e le mie angosce.
Tutto perché, improvvisamente, senza che io me ne accorgessi e men che meno me lo aspettassi, in me si è accesa la voglia senza precedenti di stare con lei, di averla al mio fianco, di saperla mia.
Di meritarla ed esserne degno.
Non gliel’ho mai detto veramente, o almeno, mai a parole. Ho sempre lasciato parlare i miei gesti, anche se so che non le basta. E così lei non sa che quello che provo è cresciuto, è maturato, tanto da spingermi a sperare di poterle chiedere, prima o poi, di passare insieme il resto dell’esistenza.
Dovrei avere il coraggio di formulare a voce questo sentimento, vorrei farlo… ma è terribile sentirsi nudi e indifesi di fronte ad un altro essere umano. Questa possibilità mi spaventa ancora, mi fa sentire debole e in trappola. Nudo, privo di difese.
Ed è così che mi sento ogni volta che mi scopro troppo.
Certo, si tratta di Dana, non mi farebbe mai del male, non intenzionalmente… ma anche lei ha il suo limite di sopportazione, e se lo avesse raggiunto, io davvero sarei perduto.
È diventata il mio mondo, nonostante ora io abbia di nuovo il mio lavoro e il mio posto nella società.
Senza lei sarei di nuovo alla deriva."
Stringendo appena le labbra, prese un bel respiro e lasciò vagare distrattamente lo sguardo sull’agglomerato sempre più vicino.
"Ho combattuto paure antiche, a volte a fatica, a volte quasi al limite delle mie capacità, e alla fine ho sempre vinto. Ora non ho più paura di affrontarmi, non ho più paura di ammettere i miei errori, ma ho ancora paura di essere allontanato. E per questo mi allontano io.
Quante volte l’ho fatto ormai, nell’arco di questi anni? Quante volte mi sono ritratto da lei per paura di star aprendomi troppo? Quante volte sono sparito dalla sua vita per settimane senza dirle nulla? E lei non ha mai smesso di aspettarmi, mai. Questo dovrebbe rassicurarmi, e invece mi fa solo sentire un’idiota. Quanti altri possono vantare la fortuna che ho io?
Eppure dovrei saperlo che il tempo fugge, che non posso continuare a sprecare le giornate e i mesi, quando tutto ciò che voglio, tutto ciò di cui ho bisogno è lì, a portata di mano. Se solo mi decidessi…
Ogni giorno, all’alba, quando ancora il castello è immerso nel silenzio e nel sonno, mi avvicino alla tomba bianca che svetta vicino al lago. Lo sai, vero Albus?
Non riesco mai ad arrivare così vicino da poterla toccare, a volte addirittura rimango a metri di distanza. Perché mi manchi troppo, e avvicinarmi alla tua tomba è ogni volta una pugnalata al cuore che mi toglie il fiato per diversi secondi.
In quei momenti di quiete e silenzio, quando attorno a me è tutto immobile, mi ritrovo come sempre sopraffatto da sentimenti che ora mi rifiuto di rinnegare o combattere. Mi sembra di averti avuto con me per così poco tempo…e ora lo rimpiango, così come rimpiango la tua presenza, il tuo affetto…tutto.
Averti perso però non mi ha insegnato proprio nulla, a quanto pare.
Non avrò Dana per sempre al mio fianco, soprattutto se continuerò a comportarmi così scioccamente, e non voglio doverla perdere per trovare finalmente il coraggio di dirle quello che è per me.
Devo trovare il coraggio di dirglielo, di donarle i miei sentimenti."
Senza neanche accorgersene, era entrato nel villaggio e stava percorrendo automaticamente la strada che lo avrebbe portato da Dana.
"Ho già fatto una cosa simile, ho già preso ciò che avevo nel cuore per dirlo ad alta voce, nonostante la paura e la terribile voglia di scappare che mi attanagliavano. L’ho fatto poco più di un anno fa, su un’altra tomba. Quella di mio padre.
So di averlo odiato, di aver odiato la sua aggressività e la sua paura di me e di mia madre. Ma ho odiato più di ogni altra cosa il mio odio e la mia incapacità di averlo al mio fianco, come se fosse stata colpa mia. E per questo mi sono riempito per anni di un rancore che non mi sono mai accorto di alimentare, avvelenandomi la gioventù. Ammettere tutte queste cose, dirgliele nonostante sia ormai morto da anni, mi ha permesso di liberarmi e di riconciliarmi con lui, con me. Perché, in fondo, tutto quello che volevo era il suo amore."
Sorrise amaramente mentre, come sempre quando rifletteva sulla questione, si diffondeva in lui la consapevolezza dell’enorme errore commesso per anni. Aveva sempre mentito a se stesso su quel punto, e farlo gli era costato caro.
"Da quando ho provato l’incredibile senso di sollievo dato dalla semplice verità, chino su una grigia e misera tomba, ho capito che non ha senso nascondere certi propri sentimenti, non vale la pena tenerli chiusi in uno scrigno dentro noi, perché finiscono con il diventare pesanti, ostili.
Ho capito la lezione, ma non la applico.
Nemmeno con te, Albus. Però te lo prometto, prima o poi riuscirò ad inginocchiarmi di fronte a quella lapide bianca e a dirti ‘Ti voglio bene’. Tu in fondo lo sai già, ma magari così riuscirò a sciogliere il nodo di lacrime mai versate che ancora oggi ogni tanto mi preme in petto quando il mio sguardo si posa sulla Torre di Astronomia. O quando Minerva mi convoca nel suo studio."
In lontananza, Severus scorse una figura familiare, avvolta in un mantello e seduta su una panchina. Un tuffo al cuore gli impedì di proseguire.
"Eccola, non posso sbagliarmi…è già arrivata. Non posso far altro che raggiungerla e sperare di non vederla andare via da me. Ah, come sempre, sono io la causa prima dei miei mali! Sono solo uno stupido che non impara dai propri errori! Ti amo e ti voglio, maledizione, e giuro che questa volta, se ancora vorrai sentirlo, ti dirò fino in fondo quello che sei diventata per me. Non permetterò più a quelle parole di rimanermi bloccate in gola, trattenute dal fiato che manca se solo ci penso.
Lo devo a te, amore mio, e in fondo, forse, lo devo anche a me stesso.
Albus, chissà, magari oggi riuscirò a mantenere la promessa che non mi ero accorto di averti fatto. Oggi forse potrò ricominciare davvero a vivere."
Così, ingoiando l’ultima briciola di esitazione, si mosse a testa alta lungo la via, ignorando gli sguardi dei passanti, ignorando le grida dei ragazzini, ignorando tutto quello che non fosse la figura seduta su quella panchina in lontananza.
 
Lo aveva visto arrivare solo pochi secondi prima che lui la raggiungesse, persa nei suoi pensieri e nelle sue paure. Così, lui le era comparso davanti troppo in fretta perché Dana potesse sperare di raccogliere tutte le forze che le sarebbero servite per muoversi e parlare con il contegno che si era ripromessa di avere.
Ora erano lì, su quel sentiero poco battuto che portava appena fuori l’agglomerato magico, camminando con calma e parlando del più e del meno come se nessuno dei due sapesse dell’importanza di quell’incontro.
"Allora davvero Harry se la cava bene con le lezioni? Non che metta in dubbio la sua competenza, ma con tutta la notorietà che si porta dietro ho il sospetto che gli studenti finiscano con il concentrarsi più sulla sua cicatrice che su altro."
"Pare che Potter riesca a cavarsela, come sempre del resto. Tutto sommato sa muoversi, anche se è evidente che gli mancano esperienza e pazienza. Le sue lezioni sono impostate ancora come se si trovasse di fronte il gruppo di ragazzi delle ES." Rispose con tono leggermente sarcastico Severus.
Dana sorrise e alzò gli occhi al cielo.
"Vorrei ricordarti che non mi piace sentirti parlare così di Harry…è un bravo ragazzo."
"Un ragazzo. Appunto."
"Beh, credo che sia già un giovane uomo, e di sicuro saprà farsi le ossa. Hai…hai ricevuto anche tu l’invito al suo matrimonio…cosa pensi di fare?"
Severus rallentò e la guardò sorpreso.
"Credi davvero che potrei andarci? Ci sarà l’Ordine per intero, tutti quei nobili grifoni pomposi decisi a dimostrare quanto io sia diventato improvvisamente il benvenuto tra loro!"
"Stai perdendo colpi, Severus. Mi hai appena chiesto se puoi andarci. Non mi hai detto che non vuoi…"
Severus strinse le labbra in un’espressione scocciata, scoccandole uno sguardo falsamente altero, e riprese la normale andatura, lasciandola appena indietro.
"Non ci andrò. Ma questo non vuol dire che tu non possa andarci."
"Non ci avrei rinunciato comunque. Però vorrei che tu ci ripensassi. È vero che molti membri ti accoglierebbero solo per facciata, è del tutto inutile negarlo, ma non sarebbe così per tutti. Ed è per questo che Harry ti ha invitato. Siamo i sopravvissuti, Severus. Celebrare insieme gli eventi delle nostre vite ha un suo significato…"
L’ultima parte di frase, sentitissima, fu però pronunciata con una punta di amarezza.
Severus lo notò e fece per dire qualcosa, ma non seppe come spiegarle che capiva benissimo quel significato cui aveva accennato. Oh, lo conosceva veramente bene, perché lo percepiva ogni volta che pensava ad Albus, a quello che lui gli aveva insegnato, al costante brontolio bonario che lo aveva accompagnato fino all’uscita dello studio del Preside ogni volta che si era azzardato a dire qualcosa di poco amichevole nei confronti di qualche membro.
Erano stati uniti da qualcosa che non si sarebbe mai cancellato, qualcosa che andava ricordato. Soprattutto, nonostante il fiume di parole che si era prodotto sugli eventi della seconda guerra, nessuno a parte loro sapeva davvero la verità. Una verità fatta del loro impegno, della loro costanza ed ostinazione, fatta soprattutto dei loro sacrifici. Tutte cose che nessun altro avrebbe mai potuto comprendere davvero.
Ed era importante che ciascuno di loro se ne ricordasse per poter rendere quella verità uno strumento per guidare e crescere le future generazioni di Maghi e Streghe.
Albus avrebbe voluto questo, e in fondo lo volevano anche tutti loro, Severus compreso.
Non per niente era diventato ancora più esigente e rigoroso durante le sue lezioni.
Fu Dana a interrompere il silenzio, dissimulando malamente la propria agitazione cercando di cambiare argomento.
"E…del giovane Malfoy? Hai avuto notizie di recente?"
"Draco? Sta bene, e continua le sue ricerche. Ora è in Albania. Dice che andare alla ricerca delle radici della Magia Oscura lo sta aiutando molto a comprenderne l’effettiva natura, i meccanismi più reconditi. E i suoi studi, davvero, mi sembrano mirati e competenti. Non so se stia veramente avvicinandosi agli obiettivi che si è prefisso, ma il fatto che riesca a dedicarsi così intensamente e con profitto a questa sua iniziativa mi lascia ammirato."
"A ognuno di noi il suo pupillo!" sospirò Dana, allungando lo sguardo sul promontorio che si apriva davanti ai loro occhi. Erano arrivati.
"Ma non è per parlare di queste cose che mi hai mandato quel gufo, Dana. Ora siamo lontani da orecchie indiscrete…" disse Severus con voce mortalmente bassa.
Era straziante compiere quel passo, ma non poteva nemmeno più tollerare l’indugio. Doveva sapere.
Dana dal canto suo serrò le mani tra le pieghe del mantello, presa alla sprovvista da tanta improvvisa determinazione.
Si volse a guardarlo e cercò di sorridergli. Aveva le mani sudate.
"Si, in effetti ho bisogno di parlarti. Si tratta di una cosa importante."
 
Da che parte poteva cominciare? Come poteva dirgli quello per cui era venuta?
La sera prima aveva provato diversi possibili discorsi, ma ora non gliene veniva in mente più nemmeno uno. Tutto quello che le riusciva di fare era star ferma a guardarlo, rilevando con apprensione l’intensità con cui lui stava ricambiando lo sguardo.
Aveva capito che il discorso non sarebbe stato facile.
Ma questo in fin dei conti non l’aiutava affatto, perché la paralisi delle sue capacità verbali continuava, appesantita da un martellare forsennato del cuore dentro la cassa toracica.
Aveva paura.
Eppure doveva parlare, lo aveva fatto andare lì apposta, e soprattutto non poteva più rimandare.
Così si rassegnò al suo compito e lasciò che fosse l’istinto a guidarla. Fino a quel momento non l’aveva mai tradita…
"Sono qui perché ho bisogno di dirti delle cose…che ci riguardano. Sono passati più di tre anni da quando abbiamo cominciato a rimettere in piedi le nostre vite, e le cose non sono mai state semplici, per nessuno di noi due.
Eppure, Severus, non credo ti sia oscuro quello che provo. Siamo entrambi ostili alle romanticherie e alle effusioni, lo siamo sempre stati, ma spero tu sappia che ti amo.
Amo tutto di te, tutto quello che sei stato e quello che sei diventato. Ma…se dipendesse solo da me l’incostanza che c’è tra noi non sarebbe un problema, né un peso. A volte non è facile, lo ammetto, ma sarei disposta a darti ancora tutto il tempo di cui hai bisogno.
Però ora non posso più ragionare in questi termini, io…io ora non sono più sola…"
"Forza Dana, il primo passo lo hai fatto…Merlino, aiuto! Non voglio vederlo scappare, non voglio che si senta costretto…vorrei solo che…che lo volesse anche lui…"
Strinse le mani di nuovo a pugno, incapace di cambiare posizione, rimanendo ferma immobile, quasi pietrificata, davanti a lui.
Severus la guardò senza proferir parola. Lo amava, ancora. Sentirle pronunciare quelle parole era stato un tale sollievo che quasi non ci credeva. Però poi erano arrivati i ma.
Una lama nel cuore…non era più sola
Fulmineo e indesiderato, un pensiero lo colpì con violenza. Forse, nonostante il suo amore per lui, aveva incontrato un altro, qualcuno che potesse darle la stabilità di una vita e di un rapporto regolare.
Gli parve di impazzire all’idea, ma se veramente Dana voleva provare a vivere la sua vita in altro modo…
Non gli riuscì di proferir parola nemmeno dopo diversi secondi, durante i quali Dana era rimasta ferma, un’espressione quasi spaventata dipinta in volto. Non avrebbe mai voluto vedere quei meravigliosi occhi verdi così tormentati per colpa sua, ma non sapeva come fare per eliminare da loro ogni traccia di ombra.
Così anche lui rimase fermo a guardarla. Legati da uno sguardo che non aveva nessuno scopo di Legilimanzia, si tennero inchiodati l’uno all’altra nel silenzio, finché Dana non decise che era il momento di dare tutte le risposte alle domande che leggeva sul volto di Severus e che lui non formulava a parole.
Così fece ciò di cui più aveva paura, lasciò che ogni difesa cadesse, che emergesse solo ciò che aveva nel cuore, soprattutto che spiccasse la tenerezza infinita che provava ogni volta che pensava alla piccola creatura che le cresceva in grembo.
Aveva scoperto di essere rimasta incinta tre settimane prima, e in lei si era scatenata una sensazione troppo intensa, una gioia tale da lasciarla spesso senza fiato. Però poi erano arrivati i dubbi.
Severus lo avrebbe voluto? Non ne avevano mai parlato… il loro rapporto non era certo stabile e impostato ad una effettiva vita di coppia. Con l’arrivo del bambino molte cose sarebbero cambiate, e sarebbe stata necessaria un po’ più di stabilità, soprattutto per il piccolo… soprattutto, sarebbe stato un impegno non da poco, e non voleva che Severus lo assumesse solo per senso del dovere.
No, non lo avrebbe accettato.
Quindi ora non riusciva a sopportare quei secondi di silenzio, momenti di incertezza che le spezzavano il cuore.
Era certa che Severus ora sapesse del suo stato, lo aveva capito non appena lei aveva eliminato ogni barriera mentale.
Dopo secondi di immobilità incredula, lo vide avvicinarsi piano e allungare una mano verso il suo viso, sfiorandole appena una guancia con la punta delle dita, esitando.
Poi lo sguardo di Severus scese con estenuante lentezza, e con lui le sue dita, finché non arrivarono entrambi ad accarezzarle in ventre.
Dana avvertì un brivido scenderle lungo la schiena, sorpresa da quella reazione.
Severus rialzò lo sguardo su di lei, uno sguardo serio e determinato, ma anche più vivo di quanto non fosse mai stato. La abbracciò alla vita e le posò un bacio sulle labbra, affondando subito dopo il viso tra i suoi capelli, cercando di soffocare malamente una risata.
"Grazie. Amore mio, grazie!" Le disse all’orecchio senza lasciarla andare, le parole soffocate dall’emozione.
Dana ricambiò l’abbraccio di slancio mentre il nodo che aveva in gola le incrinava la voce.
"Allora…ci…ci vuoi tutti e due?"
Solo allora Severus si scostò appena, guardandola con un misto di determinazione ed euforia.
"Sarei un pazzo se rinunciassi a voi. E anche se non ci fosse il bambino in arrivo…Dana, ti chiederei comunque di diventare mia moglie."
Troppo felice per rispondere, Dana gli gettò di nuovo le braccia al collo e lo tirò verso di sé, scoppiando a piangere mentre annuiva, dimenticando per sempre la paura.
 
Ad aprile, in una vecchia chiesetta abbandonata in mezzo alle montagne, si svolse la semplicissima cerimonia che li unì in matrimonio.
Di comune accordo decisero di invitare pochissime persone, solo quelle che loro consideravano i "sopravvissuti" in grado di gioire davvero con loro: Minerva, Remus, Tonks, Harry e Ginny, Ron e Hermione.
Severus volle Draco come testimone, e il ragazzo si dimostrò sorpreso e grato per quel ruolo, ritornando appositamente dai suoi viaggi per festeggiare con l’uomo che lui stesso aveva definito, in un raro momento di confidenza, come il suo secondo padre.
Draco vedeva Lucius con regolarità e ostinazione, cercando di impedire al padre di perdere se stesso tra le mura della prigione magica, e Dana si convinse, nel rincontralo, che la forza e l’ambizione del giovane Malfoy gli avrebbe permesso di raggiungere anche quel risultato.
Lei invece aveva voluto come testimone Ninfadora Tonks. In quegli anni avevano condiviso pene e gioie, unite da esperienze apparentemente diverse ma emotivamente molto simili.
"Ah, quando si amano uomini come i nostri…" continuava a ripetere scherzosamente Tonks, e Dana ne rideva sempre, ma in fondo sapeva che era esattamente quello il punto. Nessun altro avrebbe potuto mai capirle come si capivano tra loro.
Così Tonks aveva accettato di farle da testimone e si era presentata alla cerimonia con i capelli lisci, verdi, e con le punte d’argento.
Severus l’aveva guardata con un misto di scetticismo e incredulità, ma lei gli aveva sorriso, gli aveva fatto l’occhiolino e aveva preso posto accanto a una Dana troppo impegnata a non scoppiare a ridere. Remus invece si era limitato a sorridere sornione.
Due mesi più tardi, agli inizi di giugno, nacque Gregory Piton, futuro grifone, compagno di avventure e solidale spalla di un tal Sirius James Potter (con gran disperazione del padre ed enorme soddisfazione della madre), più vecchio di lui di un paio di mesi.
Gregory fu seguito da Eileen, brillante e testarda serpe, empatica come la madre, destinata ad inciampare in un amore scomodo e orgoglioso con il suddetto miglior amico del fratello.
Poi arrivò anche Kate, tranquilla Tassorosso, gentile strega capace di calmare gli animi anche nelle situazioni più roventi (ce ne furono molti).
Infine, Conrad, Corvonero, minuto e silenzioso, devotissimo allo studio e alla sperimentazione, determinato a seguire le orme lavorative del padre.
Ma la mattina della nascita di Gregory tutto questo era ancora solo nelle stelle, lente e impossibili da comprendere fino in fondo.
Quello che invece provò Severus Piton nello stringere tra le braccia il suo primo figlio non era per nulla oscuro o ignoto, ma gioia nella sua più piena forma; chissà, forse Albus alla fine aveva avuto ragione nel vedere anche per lui una vita da vivere, dopo tanti sacrifici. Per questo, per far vedere al vecchio Preside che aveva infine mantenuto la promessa, Severus portò Gregory sulla tomba bianca che svettava vicino al Lago Nero.
"La vedi, questa, Gregory? Questa è la tomba di uno dei tuoi nonni. La tomba di un uomo che ci ha donato tantissimo, soprattutto l’insegnamento più prezioso del mondo."
Posò esitante un bacio sulla fronte del bambino che gli sonnecchiava tra le braccia, poi rivolse lo sguardo alla tomba.
"Vedi Albus, alla fine il più grande mistero, la più grande forza che un uomo possa possedere, ha travolto interamente anche me."
Gregory si mosse un po’ più energicamente contro il suo petto e Severus lo cullò appena. Era ora di rientrare. Però aveva ancora una cosa da fare… facendo attenzione a non svegliare il bambino si chinò e si inginocchiò, allungando le magre dita a sfiorare la superficie liscia che aveva dinnanzi, vedendo chiaramente davanti a sé l’immagine del suo mentore.
"Ti voglio bene, Albus."
Un soffio carico di nostalgia uscito dalle labbra, accompagnato da lacrime silenziose che gli annebbiarono la vista ma che non scesero.
Poi si alzò, sorrise appena alla tomba come mille volte aveva fatto alla schiena di Silente e si allontanò, tornando con passo misurato e deciso verso sua moglie e la sua vita.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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