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Autore: kresbiten    29/12/2012    5 recensioni
Una lacrima le solcò il volto, mentre cercava di registrare quei brividi e quel formicolio nella sua testa, nella disperata speranza di non dimenticarli mai. Il suo cuore batteva impazzito contro al petto, unendosi a quello del ragazzo abbandonato su di lei.
"Sarà tutto diverso da adesso, te lo prometto", l'unica risposta della ragazza fu quella di annuire, consapevole di quanto quella frase fosse schifosamente vera.
Combattè contro il buio per guardare i suoi occhi lucidi e verdi, aiutata dalla penombra lunare intorno a loro. Sorrise, contraccambiando l'espressione dolce di quel ragazzo di cui si era terribilmente innamorata; lui le sfiorò la guancia con le sita affusolate e lei chiuse, per la prima volta in quella sera, gli occhi, rabbrividendo emozionata.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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I momenti sono infiniti, mentre le occasioni sono finite.
I momenti si possono afferrare, si possono ricreare;
le occasioni, invece, una volta sfuggite non possono essere più prese,
non possono essere più gustate.
E una volta sfuggite, portano rancore e pentimenti,
ma mai la fine di una speranza.



5 anni dopo


"Buon compleanno!"
Di solito a svegliarmi, ogni mattina, era quell'oggetto rettangolare di nome 'sveglia' che tenevo sul comodino di fianco al letto; alle otto in punto una canzone a caso scelta dalla radio centrale mi dava il buongiorno, nonostante le mie continue imprecazioni. Potevano anche mandare la mia canzone preferita, ma avrei sempre imprecato e riempito di pugni quell'odioso oggetto che ogni giorno mi strappava via dal mondo dei sogni. Certo, forse la colpa era anche mia che ogni dannatissima sera andavo a dormire non prima dell'una e mezza, ma chi normale adolescente va a dormire alle otto di sera per potersi così svegliare con un sorriso a trantadue denti alle sette del mattino e fare una colazione come nelle tipiche pubblicità di merendine? Nessuno, e nemmeno io facevo eccezione.
Invece, stamattina, pochi secondi prima che il rituale si ripetesse, era apparsa colei che consideravo la mia migliore amica con la sua voce squillante e i suoi 55 chili sul mio corpo per svegliarmi. L'idea di riempire di imprecazione e cazzotti anche lei mi attirava, ma poi avrebbe continuato ad urlare e il mio mal di testa sarebbe aumentato.
"Era necessario svegliarmi in modo così.. squillante?", sbadigliai e mi scostai a destra per lasciarle un pò di spazio; si infilò sotto le coperte e staccò la sveglia proprio mentre il tanto odioso "Goodmorning" del tizio alla radio stava per farmi innervosire.
"E' necessario essere così acida anche il giorno del tuo compleanno?"
"A maggior ragione sono acida; sto invecchiando!" mi coprii la faccia col cuscino e diedi un urlo.
"Giusto, ormai sei quarantenne!"
"E tu una stronza", le lanciai il cuscino e scoppiò a ridere, mentre mi alzavo e andavo in cucina. I miei occhi ancora socchiusi si spalancarono non appena videro sulla penisola di marmo un piatto con due cornetti ripieni di nutella e un cappuccino fumante.
"Sono ancora stronza?" scoppiai a ridere e l'abbracciai, schioccandole un bacio sulla guancia.
"Sì, ma rimani sempre la migliore." diedi un morso al cornetto e sorrisi.
"Grazie, ventitreenne."

Catherine era la mia migliore amica da circa cinque anni, nonchè da quando mi ero trasferita a Los Angeles. L'avevo conosciuta al college, nonostante frequentassimo corsi totalmente diversi; era bastato afferrare l'ultimo giornale quotidiano al chiosco del campus che lei me l'aveva strappato come un'assatanata, guardandomi con aria truce. Da allora eravamo diventate amiche, nonostante l'inizio tutt'altro che carino; avevamo iniziato a discutere riguardo un articolo di giornare che faceva da copertina ed eravamo finite al bar a bere un caffè e a parlare delle rette e degli affitti troppo cari. Avevamo continuato a vederci in giro, fino a quando mi aveva chiesto di condividere il suo appartamente e io avevo accettato.
Catherine frequentava giornalismo e aspirava nel diventare una delle migliori nello stato di Washington; sognava diventare una delle migliori giornaliste del New York Times, ma era ben consapevole che questo sogno si avverava ad una persona su mille. Ma il bello di Cathy era proprio questo, non si arrendeva di fronte a nulla e non si sarebbe accontentata di diventare una delle tante scrittrici di giornalini per ragazzine adolescenti, tutt'altro.
Il suo carattere era totalmente opposto al mio: inizialmente appariva come la tipica ragazzina timida e impacciata, che arrossiva alla vista di un ragazzo carino o inciampava camminando su un piano liscio fatto di mattonelle lucide, ma invece era l'opposto. Sempre pronta a dire la sua, a usare le parole con studiata attenzione e infuocate frecciatine, ad incenerire un ragazzo se osava spostare il suo sguardo nelle zone inferiori o intermedie del corpo e a difendere le persone a cui teneva anche al costo di arrivare alle mani.
E molto probabilmente era stato questo il motivo che mi aveva spinta a diventare sua amica e a fidarmi completamente, aprendole la mia mente e tutti i miei segreti; era arrivata nel momento peggiore della mia vita eppure aveva saputo afferrarmi per i capelli e mi aveva aiutata a tirarmi su, con la giusta calma e la giusta attenzione. Ero sempre più convinta di non meritare un'amica come lei al mio fianco, eppure non faceva che dirmi il contrario, di quanto io fossi fantastica e adatta a lei.
Col tempo, alla nostra convivenza si era aggiunto anche suo fratello Jacob, un ragazzo due anni più grande di noi che era stato buttato fuori dal proprietario dell'appartamento in cui viveva dopo una notte di festa sfrenata che aveva svegliato mezzo quartiere. Così, nonostante le urla di sua sorella e i continui dissidi, avevamo accettato di farlo venire a vivere con noi.
"Ciao Bells"
"Ehi, Jake. Come va?", afferrai il grembiule dietro al bancone e corsi a posare la borsa nell'armadietto, cosciente di essere già in enorme ritardo. Lavoravo durante le poche ore libere nel piccolo bar di Jacob, posto qualche isolato dal college e quindi sempre pieno di studenti e studentesse che si facevano compagnia con una tazza di caffè o di the fumante prima o dopo l'uscita dalle lezioni. La posizione era fantastica e anche il locale non era male. Los Angeles col suo tempo perennemente soleggiato permetteva l'ampliamento esterno di locali come questo, quindi mezza piazza era tutta nostra, piena di tavolini e ombrelloni.
Jacob non aveva fatto storie a prendermi con lui, pagandomi decentemente in confronto agl'altri pezzenti che offrivano lavoro qui in giro; mi dava il necessario, e questo mi bastava.
"Buon compleanno, nana" mi schioccò un bacio sulla guancia e afferrò il laccio del grembiule, aiutandomi a fare il fiocco dietro alla schiena.
"Grazie capo, e scusa il ritardo" sorrisi e gli feci un occhiolino, consapevoli entrambi di quanto questo fosse perennemento vero.
"Ti perdono solo perchè stai invecchiando" alzai gli occhi al cielo e presi il mio taquino.
"Vado a fare il mio lavoro"
Il lavoro da barrista mi era sempre piaciuto, fin da piccola ammiravo affascinata i ragazzi che andavano avanti e indietro con le ordinazioni; avevo sempre immaginato che rubassero un biscotto ogni volta che entravano dentro e quest'idea mi aveva sempre fatto sognare di intraprendere questa carriera. Peccato che avessi intrapreso strada ben diversa, come quella di medico psicologo. Ero ormai all'ultimo anno di college e mi mancavano giusto tre esami per laurearmi in medicina con specializzazione psicologia. Ero abbastanza fiera del mio cammino, nonostante le numerose volte in cui ero inciampata.
"Salve, cosa vi porto?"
"Per me una limonata e per lui un caffè forte, grazie" rispose una ragazza bionda, mentre io appuntavo le numerosi ordinazioni sul taquino in fretta e furia.
"Arrivo subito", risposi sorridendo e lanciando un occhiataccia al ragazzo -sicuramente il suo- che era rimasto tutto il tempo col capo chino su dei fogli, mostrando solamente la sua chioma rossastra ai raggi del sole luminoso; nemmeno quando portai le ordinazioni sollevò la sua testa e mi venne da pensare a quanto la bionda lo stesse odiando per averla lasciata praticamente sola in quel bar.
Vedevo tanti nuovi volti in giro, con aria meravigliata e sperduta. Molte persone non erano nemmeno del luogo, e lo notai dalla carnagione pallida tipica di coloro che non erano mai stati a Los Angeles; p
robabilmente rano i nuovi studenti del college, arrivati per l'inizio del nuovo anno scolastico.
La giornata passò tranquillamente, tra centinaia di caffè e limonate. Il caldo estivo si faceva ancora sentire, tanto che eravamo tutti costretti a indossare ancora pantaloncini e canotte; questo era il bello di Los Angeles, perenne sensazione di calore sulla pelle di giorno e fresco da brividi di sera, con una lieve differenza tra estate e inverno. Abituarmi a questo nuovo ambiente climatico, inizialmente, era stato traumatico. Provenire da un paese sempre coperto da nubi e in cui bisognava camminare perennemente con impermeabile e ombrello non aveva aiutato molto, ma col tempo avevo capito come gestire questo caldo e questi sbalzi di temperatura improvvisi che spesso mi assediavano.
Abituarmi era stato difficile, ma ce l'avevo fatta.
In tutto, o quasi.

"Signorina Swan, potrei parlarle?" alzai lo sguardo sbigottita verso il professore di psicologia infantile e accigliai la fronte, annuendo appena.
"Mi dica, professore" sistemai gli occhiali da vista nella borsa e presi gli appunti, ordinandoli nella cartella di plastica sottobraccio.
"Vorrei che preparasse una specie di saggio entro dopodomani riguardo l'argomento studiato oggi, ossia i traumi di bambini abbandonati in età tra infanzia e adolescenza e come procedere in questi casi".
Stavo seriamente per sentirmi male e rimasi, probabilmente, secondi o minuti ferma e immobile a guardare quell'essere, che sarebbe dovuto essere umano, mentre parlava e apriva la sua bocca ispirando ed espirando ossigeno.
"Per dopodomani?", fu l'unica cosa che riuscii a capire e lo vidi annuire, aggiustandosi il ciuffo di capelli bianchi che aveva dietro la nuca, nonchè l'unico; osservai ben bene l'individuo con un pantalone classico e camicia sbracciata dinanzi a me e iniziai a pensare se picchiarlo o ucciderlo direttamente. "Ma veramente.. io, per dopodomani..."
"Signorina Swan, naturalmente sarà un vantaggio per quanto riguardo il suo esame nella mia materia".
Forse ucciderlo sarebbelo stata la situazione migliore.
"Un giorno in più? Sa, oggi è il mio compleanno e non vorrei passarlo a studiare" cercai di addolcirlo con questa banale scusa e con uno sguardo dolce, ma non si convinse affatto.
"Sa benissimo di essere una delle mie alunne migliori e se non fosse per una giusta causa non glie lo avrei mai chiesto con così pochi giorni di anticipo" sospirai profondamente e mi sforzai di sorridere.
"Come vuole, dopodomani avrà il suo saggio" afferrai la borsa e lo salutai con un cenno del capo.
"Ah, signorina Swan. Buon compleanno" gli lanciai un'occhiataccia inceneritrice, dopodichè sorrisi e andai via.
"Grazie."

Camminavo irritata per i corridoi affollati, fino a giungere in sala mensa per bere un tè fresco alla pesca con Catherine. Quella di adesso era una delle poche ore buche che avevamo in comune e, tranne nei casi in cui una delle due aveva un esame importante nei giorni a seguire, lo trascorravamo insieme a bere o mangiare qualcosa. La riconobbi da lontano per i suoi capelli rossi, seduta ad uno dei grigi tavolini posti all'angolo della sala, più in disparte dal resto degli studenti che si prendevano un momento di pausa.
"Scusa il ritardo, scusa, scusa" buttai la borsa a terra e mi lanciai sulla sedia con tutto il peso, rischiando di farla cadere all'indietro.
"Sei tutta rossa, che hai fatto? Ommioddio, sesso occasionale nello sgabuzzino?" alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Afferrai il suo bicchiere di tè freddo e presi un sorso, sotto il suo sguardo omicida.
"Certo, certo. Mi sono dovuta fermare a parlare col professore di psicologia infantile."
"Hai fatto sesso col professore?!"
"Vuoi stare zitta?", urlai, finendo il suo tè. "Mi ha dato da fare un saggio per dopodomani. Dopo-domani, sai cosa vuol dire? Che devo iniziare a studiare da stasera e nemmeno il giorno del mio compleanno posso stare rilassata a casa sul divano a fare zapping."
"Che gran figlio di p", le tappai la bocca col la mano.
"Mi da qualche punto in più e dice che è per una buona causa."
"Bhe, possiamo sempre rimandare i festeggiamenti, no?"
"Festeggiamenti?" alzai un sopracciglio e la guardai di traverso. Si aprì in un sorriso a trentadue denti più falso che avesse mai utilizzato e agitò le mani in aria.
"Un dolcetto io e te, che sarà mai qualche chiletto in più?", sospirai e mi poggiai comodamente con la schiena alla sedie.
"Per me lo sono, carissima."
"Tranquilla, poi ti metto a dieta io", mi fece un occhiolino e sorrise. "Fidati di me".
"E questo il problema" e scoppiò a ridere, cosciente di quanto questo fosse assurdamente vero.

Chiusi il libro esausta e poggiai la guancia sul piano freddo della scrivania; le uniche luci accese in tutta la casa erano quelle della mia lampada da studio e della radiosveglia posta sul comodino che segnava le undici a quaranta. Avevo passato tutto il giorno del mio compleanno e quello seguente a studiare su quel maledetto saggio, uscendo da casa solo per andare in biblioteca alla ricerca di libri che potessero aiutare la mia causa.
Decisi di andare a dormire e di mettere la sveglia qualche ore prima del solito, così da poter finire tranquillamente il saggio al computer e ripetere gli appunti.
Ma, nonostante il sonno, non riuscii ad addormentarmi, troppo preoccupata, per chissà quale motivo, dal saggio e dal suo esito. Avevo una certa ansia addosso e il mal di stomaco iniziava a farmi piegare dai crampi; presi dei respiri profondi e cercai di calmarmi, rinunciando definitivamente al sonno.
Lentamente e in punta di piedi andai in cucina per farmi una camomilla, nella speranza di calmare i miei nervi tesi e il mio mal di stomaco.
Questo era un lato del mio carattere che avevo sempre odiato, farmi venire i complessi per motivi stupidi e su cui mi preparavo sempre fino all'eccellenza. Mi rimproveravo sempre e cercavo ogni volta di non farmi prendere dall'ansia, ma era sempre inutile. Una teoria infondata.
Non a caso, nello stipetto della cucina non mancavano mai le bustine di tè o la camomilla.
Sobbalzai quando sentii la porta aprirsi e mi girai di scatto, rischiando di versarmi addosso l'acqua calda del pentolino.
"Oddio, Jake! Che spavento", mi portai una mano al cuore e respirai profondamente.
"Scusa, non volevo spaventarti. Che ci fai sveglia, Bells?" ricordai il motivo per cui ero in cucina e mi girai di scatto per spegnere il fuoco sotto al pentolino.
"Domani ho una specie di esame e sono in ansia", versai l'acqua nella tazza con le foglie d'alloro.
"Come al solito. Tutto bene? Tutta questa camomilla e questo tè che ti prendi ti fa male"
"Non dovrebbbe essere il contrario?"
"Di solito sì, ma non quando ne prendi in quantità industriali"
Sbuffai e mi sedetti, versando qualche cucchiaino in più di zucchero nel liquido caldo. Jacob spostò la sedia di fronte a me e si sedette, poggiando la testa sui pugni chiusi delle mani.
"Andrà tutto bene come al solito, Bella", sorrisi intenerita dal suo modo di consolarmi.
"Lo spero. E' che... è come se la mia ansia non fosse collegata solo al saggio, non so" presi piccoli sorsi e sentii immediatamente l'effetto benestante della camomilla lungo la mia trachea e nello stomaco aggrovigliato.
"E' la preoccupazione che gioca brutti scherzi. Sicura di stare bene? Sei pallida.."
"Sicurissima!" drizzai la schiena e mi alzai di botto, sorridendogli. "Andiamo a dormire, dai", mi abbassai per baciargli la guancia e mi mancò il fiato quando si girò di scatto e sfiorai le mie labbra con le sue. Imbarazzata sorrisi e andai in camera mia, con, molto probabilmente, il viso in fiamme.
Eravamo sempre stati amici molto intimi, ma certi suoi atteggiamenti mi avevano sempre messa in imbarazzo. Inizialmente ero convinta che il suo interesse per me fosse minimo, un semplice ragazzo che osserva una ragazza che trova carina, ma poi Catherine aveva iniziato a farmi preoccupare alludendo a sguardi e mosse che suo fratello compieva nei miei confronti.
Decisi di lasciare la mente libera e di cercare di riposare qualche oretta, aiutata dalla camomilla e da qualche goccia di calmante. Le nascosi bene nel comodino, nascoste dagl'occhi della mia perfida migliore amica. Mi infilai sotto al lenzuolo fresco e godetti di quella temperatura contro la mia bollente e mi addormentai, ignara di quel che sarebbe successo il giorno seguente.





***********
...ed ecco a voi il primo capitolo!
Prima di tutto, ci tengo a dirvi che il cappelletto iniziale (quello posto a sinistra) non l'ho messo tra virgolette perchè non è una citazione, ma è stato scritto dalla sottoscritta (ditemelo se fa cagare lol).
Secondo: come vi è sembrato il primo capitolo? Ho voluto creare una sorta di introduzione e di riepilogo. Sono passati cinque lunghissimi anni dal prologo e la vita di Bella è cambiata e ho voluto riassumervela per sommi capi. Non che io vi abbia detto tutto  *risata malefica* ma almeno i suoi nuovi amici (adoro il nome Catherine), dove vive, il suo lavoro, gli studi. Ma per ora basta così con le informazioni.
Non è successo nulla di particolare ma... attente ai dettagli, li ho curati minuziosamente u.u vi farò impazzire, i know ahahahah.
Terzo: voglio dedicare questo capitolo a Eleonora (anche se probabilmente ti fa schifo io te lo dedico lo stesso, in fin dei conti è sempre il primo u.u),  e poi ringraziare le 5 persone che mi hanno recensita, le 6 che mi hanno messa tra le preferite, 1 tra le ricordate e 9 tra le seguite. awww, siete l'amore :')
Quarto: vorrei ricordarvi, come farò in tutti gli altri capitoli lol, il mio gruppo facebook e il mio profilo twitter per poter anche fare solo due chiacchiere insieme ;)
Quinto: non ho più nulla da dire e beh, sì... al prossimo appuntamento!
Uh, ricordatevi di lasciarmi una piccola recensione, come regalo di Natale (visto che non ne ho ricevuto nemmeno uno *risata isterica*).
E colgo l'occasione per augurarvi uno splendido fine 2012  e un perfetto inizio 2013. 
Un bacione enorme a tutte voi,
Mary xx
   
 
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