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Autore: mairileni    28/02/2013    12 recensioni
«Io odio arrabbiarmi con te, lo sai questo?»
«Sì.»
«E... ti sarai accorto che non è un grande periodo per me e la mamma, sì?»
Faccio sì con la testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Dominic Howard, Matthew Bellamy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Waaaaah ciao a tutte! *v*
 
Sono in ritardo, lo so! In questi giorni ho studiato ininterrottamente dal mattino alla sera ^^ (E., cawa, tu confermi, vero? *no*).
 
Che bruuuttooo, l'ultimo capitolo! *O* 
Sono tanto affezionata a questa storia ç_ç; l'ho amata, l'ho odiata, l'ho adorata!
Vorrei ringraziare tutte voi, tutte tutte: E. (cuore mio), A li, neurodramaticfool, Linnea, Gio_Muser, PwopahFish, Nena, Invisible_, nainai, MuseInTheEyes, mrsberryman, PallinaRosa, Tessa_! Oddio, speriamo di non aver dimenticato nessuno!!! Vi ringrazio davvero di cuore. 
 
Grazie anche alle silenziose <3
 
Un bacio e buona lettura,
 
pwo_
 
*** *** ***
Matthew, conto alla rovescia
[--At all]
 
 
 
Domenica, 14 giugno 1992
 
 
 
Mi sveglio in preda alla nausea, senza gli occhi impastati di sonno o la bocca asciutta. È presto, saranno le cinque - ah, no, le sei, da quando sono così mattiniero? - e un fascio di luce bollente proveniente dalla finestra mi cuoce piano.
Scosto le coperte dal mio corpo leggermente sudato e rotolo in qualche modo fino al bordo del letto per ammirare la mia chitarra nuova e ricordarmi di quanto è bella - che poi io non abbia idea di come suonarla è tutta un'altra questione, sì.
L'alba pallida, silenziosa e tiepida di Teignmouth riesce a mettermi di buonumore - poco importa se sono rimasto quasi carbonizzato a causa dell'effetto lente-di-ingrandimento causato dalla finestra e dallo stupido sole -, tanto che pesco dalla montagna di vestiti sulla sedia un paio di pantaloncini ed esco sul terrazzo.
Tamburello svogliatamente le dita sul tavolo, e, chissà perché, mi viene in mente che ora ci starebbe bene una sigaretta, anche se non fumo, sì, giusto per rilassarsi ancora di più - e magari aiutare la nausea? Aiuta? Chissà.
 
E oggi papà se ne va di casa.
 
 
***
 
 
Casa mia non è troppo lontana da quella di Matt, però oggi mi sembra di abitare dall'altra parte del mondo e la cosa mi fa sentire quasi in colpa.
Suo padre oggi se ne andrà di casa, non so come potrebbe reagire lui, né come potrei consolarlo io, né con che faccia, dato che a me la cosa è così estranea che non saprei neanche che parole rivolgergli.
Chissà cosa sta facendo ora.
 
 
***
 
 
«Matt-- Matt, ma sei già sveglio?» 
La voce di mia madre, alle mie spalle, mi fa voltare e alzare.
«Eh? Ah, er-- no, cioè, non da molto.»
Tre ore.
«Hai dormito bene?»
Che voce stanca, che ha.
«Sì, tu?»
«Bene. Scendi per la colazione? Perché» ha gli occhi lucidi ma sorride - o forse è solo un riflesso «papà deve prendere la macchina per l'aeroporto un po' prima.»
«Oh. Sì. Sì, arrivo. Mi vesto.»
Sono già vestito, ma nessuno di noi due ci fa caso; ci fissiamo per un secondo o due, come per dire “forza, è tutto a posto, no?” e poi la abbraccio, il suo corpo non troppo più magro del mio, ma un po' più fragile.
«Scusa, tesoro.» mormora dopo almeno un minuto, sciogliendosi dall'abbraccio. Piange proprio, non c'è dubbio, ora, però sorride sempre. 
Tanto non è che se sorridi non lo vedo, ma'.
«Ok!» esclama con un sospiro, rispondendo a niente in particolare.
«Ok!» sorrido io di rimando, prendendole una mano con le mie e baciandola sul palmo senza smettere di fissarla, come facevo quando ero piccolo.
 
Ed esce, lasciandomi davanti allo specchio a pettinarmi i capelli con le dita.
 
 
*
 
 
«Buongiorno, Matt.»
«Ciao, papà.»
Lui mi versa il latte nel bicchiere, mentre io non posso fare a meno di notare che è già vestito di quegli abiti un po' scomodi che si usano per viaggiare, i jeans lunghi, in previsione dell'aria condizionata dell'aeroporto, e la camicia.
Paul è una maschera immobile, non mi guarda nemmeno, la testa appoggiata al palmo con aria indifferente e l'altra mano ad accompagnare il suo biscotto su e giù a puccio nel suo bicchiere.
«George, vuoi portarti un qualche biscotto per l'aereo?» trilla mia madre.
 
Davvero gli stai offrendo “qualche biscotto per l'aereo”, ma'?
 
Mi trattengo per non dire nulla, mentre entrambi proseguono radiosi con la loro isterica conversazione, una con i suoi “sei sicuro che non vuoi...?”, l'altro con i suoi “oh, no, grazie, sono a posto.”.
Ma che nervi.
 
«Paul.»
«...»
«Paaaul! Mamma-ti-sta-chiamaaandooo.» scandisco come farei con uno stupido, accompagnando ogni parola con mimi improbabili.
«Eh? Sì, er...d-dimmi, mamma.»
«Andresti a prendere le valigie di papà, mentre noi prepariamo l'auto?»
 
Oh, no. Ci siamo.
Mi viene il fiato corto, le lacrime spingono contro la parete della base nel naso, stringo le mascelle - ti prego, Matt, non ora, non piangere.
«Ti aiuto!» sbotto, alzandomi in piedi.
«D'accordo.»
In camera di papà mi passa il magone, fortunatamente senza che Paul si accorga di nulla; tanto prima o poi sarebbe successo, no?
Valigie, porta della stanza, scale, mamma, porta principale.
E prima di uscire prendo un grosso respiro con il naso, attanagliato dall'improvvisa paura di dimenticarmi, prima o poi, che odore avesse la mia casa quando c'era papà.
 
 
*
 
 
Ho sempre avuto la mania di voler tenere sotto controllo il tempo che avevo a disposizione per fare le cose. Ce l'ho ancora; quando compro qualcosa da mangiare, controllo la data di scadenza per sapere quanto tempo ho per mangiarla, quando vado a letto, calcolo con esattezza le ore che mi restano per dormire, quando c'è la ricreazione e Dom è assente, conto quanti minuti dovrà durare lo strazio prima di poter tornare al sicuro dietro ai banchi.
Anche adesso non riesco a zittire il conto alla rovescia che ticchetta nel mio cervello.
 
È in macchina che l'ansia riprende, prepotente, a spingere contro la cassa toracica per cercare di uscirmi dal petto, tanto che penso di essere troppo magro perché non riesca a spezzarmi.
Controllo l'orologio ogni secondo, sapendo che il viaggio per l'aeroporto durerà due ore – ora un'ora e cinquantotto, ora un'ora e cinquantatré.
 
Credo sia la prima volta in cui, nonostante io mi trovi su un'auto, non mi viene voglia né di vomitare né di dormire. 
«Pa'.»
«Sì, Matt.»
«A che ora è il volo?»
«Alle due e mezza del pomeriggio.» ripete, per l'ennesima volta da quando siamo partiti.
«Mh. È puntuale?»
«Sì.» conferma, ancora.
«Mh.»
Tre ore e cinquanta.
 
Papà deve fare il check-in, così io mi offro di stare in coda con lui mentre mamma e Paul cercano un posto nei fast food dell'aeroporto; spostando il peso da un piede all'altro, vorrei dire qualcosa di sensato, o uscirmene con un discorso talmente commovente da risistemare tutto, come nei film.
E invece sto zitto per tutto tempo.
Un'ora e quarantanove.
 
 
*
 
 
«Grazie.»
Noto con disappunto che questo non è affatto ciò che ho ordinato, ma mi guardo bene dal sollevare il pane che copre fastidiosamente gli ingredienti. Gli altri cominciano a mangiare, sempre in rigoroso silenzio, io mi chiedo se c'è qualcosa che potrei ancora dire, ancora fare. 
«Questo panino è terribile.»
Oh, davvero è la cosa migliore che ti è venuta in mente, Matt?
«Stavo pensando alla stessa cosa.» ridacchia mio padre.
«Io lo trovo buono!» fa Paul.
«Tu, fratello, sei un maiale!» ritorco io, facendolo indignare «Mangi qualsiasi cosa! Scommetto che se dentro ti ci avessero messo del legno non te ne saresti neanche accorto.»
«Maaatt.» è il richiamo di mamma.
«Hey, Matthew, ce lo dividiamo un pacco di brownies?» chiede papà.
«Woah, i brownies, sì!» 
 
Compriamo il pacco, io faccio per tornare al tavolo, ma lui mi prende per il braccio e mi conduce verso una delle panchine grigie disposte all'interno di tutto l'aeroporto.
Stiamo lì, un po' in silenzio; penso di dover dire qualcosa.
«Pa'.»
«Mh?»
«Ci vedremo, vero?»
Oh, no, non questo.
Un'ora e venti.
Un sospiro.
«Ci sentiremo.»
«Oh.» pausa «Oh, d'accordo.»
 
Ci sentiremo.
 
Mi dice qualcos'altro di poco interessante - per smorzare la tensione, immagino -, fa una a battuta a cui credo di avere anche sorriso e dice altre cose che non c'entrano nulla.
Un'ora.
 
 
*
 
 
La voce metallica e impersonale dell'altoparlante ricorda ai ritardatari che il volo BA0572 per Chicago delle ore due e trenta del pomeriggio sta imbarcando i signori passeggeri.
Venti minuti.
 
Mia madre e mio padre si abbracciano a lungo, ma è un abbraccio freddo.
Paul a malapena tocca il suo petto, salutandolo con un gelido “allora ciao”, che lascia papà lievemente...deluso?
 
«Matt.» sussurra lui, mettendomi le dita tra i capelli per farmi sollevare il viso verso di sé «Noi--»
Mi schianto contro il suo petto, i brownies cadono a terra, lui quasi perde l'equilibrio, la schiena piegata all'indietro, i miei singhiozzi isterici nelle sue orecchie e le braccia come una morsa intorno a lui.
«Matt, cosa--?»
«Papà.» mormoro, il fiato spezzato dal pianto come mai prima d'ora «Papà.»
«Matthew, ascolta, io--»
«Don't leave, dad.»
«Io--»
«Don't leave.» percepisco che vuole staccarmi da sé per guardarmi negli occhi, dirmi qualcosa, ma non mi interessano le parole, ora mi interessa questo contatto che sa di amore puro, e stringo ancora di più la presa, per non farlo scappare.
«Don't leave dad.» ripeto, come una nenia le parole spezzate dai singhiozzi «Don't leave
«Matthew.»
«Don't leave me.»
Quando non ho quasi più forza nelle braccia per tenerlo stretto a me ci separiamo, il solito freddo che sostituisce il suo tocco su di me, e Paul e mamma sono laggiù - quando se ne sono andati?
La voce dell'altoparlante adesso lo chiama per nome, il ritardatario, esorta il signor Bellamy ad affrettarsi per effettuare l'imbarco.
Una ragazza in divisa che lo stava squadrando già da un po' si avvicina a lui.
«Scusi, lei per caso è--?»
«Sì, sì, signorina, arrivo.»
«Ma--»
«Ho detto che arrivo! Se ne vada.»
Lei esegue, allontanandosi con un'aria scettica (che le stapperei dalla faccia con le unghie) e un sollevare di braccia rassegnato.
«Matthew.» sussurra papà, asciugandomi le lacrime con i pollici «Chiamami, d'accordo? Quando vuoi, anche cento volte al giorno.»
«Please, don't--»
«--No, Matthew, ti prego, ascoltami: non avrebbe senso, lo sai. Non avrebbe più alcun senso, vero?»
Scuoto la testa, ostinato, con un movimento che blocca lui con una carezza pesante.
«Matthew, ascoltami.»
«No.»
«Matt--»
«No!» quasi grido, facendo voltare un gruppetto di persone dietro le sue spalle.
«--Io sono fiero di te.»
«Non è vero!» 
Sono furioso.
«Matt, Matt, Matt, ti prego, calmati. Perché non vuoi starmi a sentire?» mi mette le mani ai lati della testa, costringendomi a guardarlo negli occhi «Ora ascoltami bene, ogni singola parola, d'accordo? Io voglio che tu sia forte, come sei sempre stato, che ti faccia valere, che coltivi le tue passioni. Sei un ragazzo intelligente, farai strada, io lo so.»
«Non è vero!»
«Sì, che è vero! Non ti lasciar sopraffare, Matthew. Combatti, sii forte, io ci sono, puoi chiamarmi a tutte le ore del giorno e della notte. Prenditi cura della mamma e di quel pazzo di tuo fratello. Non permettere mai a nessuno di metterti i piedi in testa, neanche a me.»
«Papà--»
«--E suona, Matthew. Suona, fai musica, componi; è quella, la tua strada.»
«Io--»
Quindici minuti.
«È quello, che devi fare. Sono sicuro che tra una quindicina d'anni ti vedremo sui giornali, Matthew.»
«Papà--»
«Devo andare, Matthew; scusami.» ha gli occhi lucidi, mentre lo dice.
«T-ti voglio bene!»
«Anch'io, tantissimo.»
È la ragazza in divisa a portarmelo via dalle braccia, neanche trenta secondi dopo.
Mio padre mi guarda da dietro la spalla sinistra, poi fa lo stesso con Paul, che non ricambia, e con mia madre, che sorride debolmente prima di correre da me.
 
E poco dopo c'è l'aereo, che accende finalmente i motori, e parte, scomparendo piano dalla mia vista.
Tre.
Due.
Uno.
 
E basta.
Non ho più nulla, di ciò che mi aspetta, per cui valga la pena contare i minuti.
 
 
***
 
 
Il telefono squilla, acuto, forte, risuona per tutta la casa.
«Vado io!» grido, con il terrore nella voce «Io, vado io!»
Quando alzo il ricevitore e me lo poso all'orecchio la prima cosa che sento è il rumore di qualcuno che tira su con il naso.
Matt.
«Pronto-- pronto, Bells.»
«S-sì, sono-- sono io.»
«...»
«Se n'è andato, Dom. È andato via.»
«Sono da te tra cinque minuti.»
 
 
***
 
 
«Sono da te tra cinque minuti.»
«Dom! Dom, aspetta!»
«C-cosa, Bells?»
«La chitarra. Devi insegnarmi a suonare la chitarra.»
«Io-- sì, certo, lo farò, perché--?»
«Ti prego.»
«Va bene, Matt. A tra poco.»
Tiro su con il naso, mi asciugo le lacrime, abbasso nuovamente la cornetta e salgo in camera mia, incontrando, sulla strada, lo sguardo di mia mamma, uguale al mio.
Mi chiudo la porta alle spalle e sorrido tra me e me, guardando l'orologio.
Quattro minuti e trentatré.
Quattro minuti e ventuno.
Aspettando Dom.
 
 
 
 
Sabato, 16 giugno 2007 [quindici anni dopo]
 
 
 
«Matt, ma porc-- dove cazzo eri? Mancano quattro minuti e dieci secondi!»
«Ero qui.» rispondo calmo, 
«Ah, eri qui!» Tom ride sarcasticamente «Senti, ci sono circa settantamila persone che ti aspettano fuori, hai presente, il Wembley Stadium? Dico loro di aspettare un attimo?»
Sorrido, voltandomi nuovamente contro il parapetto e sporgendomi per guardare la strada.
«Cazzo, Matt, tre minuti!» 
Prendo un respiro e chiudo gli occhi.
Sono pronto.
Percorriamo velocemente le decine di piccoli tunnel e scorciatoie sotto al palco, fino a raggiungere Dom e Chris, che mi aspettavano con l'aria di chi ha visto un fantasma.
«Ma dov'eri, Matt, sei impazzito?» strilla il primo.
«Ci sono, ci sono.» rispondo con un sorriso.
 
Ci posizioniamo con la schiena ognuno a contatto con quella dell'altro.
E poi le note di Dance of the Knights partono, e mi sento le gambe tremare e vorrei tornare indietro, di quindici minuti. O di quindici anni.
La pedana inizia a muoversi verso l'alto, a me viene quasi da piangere.
 
Sono sicuro che tra una quindicina d'anni ti vedremo sui giornali, Matthew.
Sì, papà, eccomi, sono qui. 
Ce l'ho fatta, hai visto? Lo dicevi, tu.
 
Mi metto una mano sul cuore mentre i miei occhi passano in rassegna le migliaia di persone che stasera hanno pagato per vedere il primo concerto dei Muse al Wembley Stadium.
 
 
 
*** *** ***
 
 
 
 
 
...mi dispiace, è finita! T_T
Spero che questo finale vi abbia soddisfatto :3
 
Ci vediamo con una one-shot che potrei anche pubblicare stasera...*aura misteriosa* .
Un abbraccio!!! 
 
Grazie di essere arrivate qui,
 
ciao, Without You I'm Nothing!
 
pwo_
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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