Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli
Ricorda la storia  |       
Autore: lightoftheday    16/08/2004    20 recensioni
Jennifer è l’emblema della donna normale: non è belllissima, non è intelligentissima, non ha niente che la renda speciale o particolare. Ha quasi trentun anni, un lavoro stabile da segretaria, una vita senza scossoni, quella che ha sempre desiderato. Almeno finché il destino non ci mette del suo…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Nuova pagina 1

Disclaimer: Leggete Dominic Monaghan e chi per lui e pensate che siano nomi qualsiasi. Una pura convenzione. Ovviamente non li conosco affatto e non voglio offendere né loro né nessun altro con le mie divagazioni.

 

Note: Questo che state per le leggere è tutto quello che è successo prima di “Per Colpa di Nessie”, se così si può dire una sorta di prequel. Essendo una storia a se non c’è bisogno che leggiate anche l’altra, per lo meno non è affatto necessario.

 

Nota del 23-5-2005: Se volete inserire questo racconto in forum, blog e quant’altro potete farlo. Ma non con il copia/incolla… Credo sia più opportuno, e soprattutto gradito per me, riportare il link di questo sito! Grazie!

 

 

 

Capitolo 1

Allenamento al lancio del gatto

 

Jennifer si stava scrutando nello specchio con aria critica. Come sempre, aveva avuto l’impulso di commentare ad alta voce ciò che vedeva e, dato che comunque in casa era da sola, aveva ceduto a quell’impulso.

Dico, ma guardati, che schifo! Se continui a mangiare schifezze ti verrà un sedere grosso come quello di tua zia Lucy, ci si potrà apparecchiare per otto! E col cavolo poi che lo trovi un uomo!

Devo mettermi a dieta, è deciso, da domani vado anche in palestra. Vabbè, facciamo da lunedì… no, accidenti, ho detto domani… no, domani è giovedì, che cavolo di palestra vuoi farti… ma perché mi perdo dietro a simili cazzate? Cioè, come se trovarmi un uomo fosse lo scopo della mia vita… bah…

Improvvisamente si era ricordata che Susan e Patricia l’aspettavano per le dieci, e mancavano solo quindici minuti. Merda! esclamò, si dette un’altra rapida occhiata allo specchio e controllò che il trucco e i capelli fossero a posto. Faccio comunque cagare, ma sono in ordine almeno!, commentò, poi uscì di casa di fretta.

Si era messa quelle scarpe con il tacco troppo alto che si era comprata e che non aveva mai messo, e un bel vestitino corto e un po’ vistoso, come piacevano a lei. Spesso le avevano detto che esagerava un po’, sia nel vestiario che nel make-up, ma lei si piaceva, e aveva imparato a non badarci. Tuttavia si era subito pentita di essersi messa quegli strumenti di tortura che era veramente da coraggiosi chiamare scarpe, per poco non era caduta per le scale e aveva rischiato di ammazzarsi. La sua vita, per quanto fosse veramente un susseguirsi di situazioni tragicomiche, valeva certamente di più del seguire i dettami della moda corrente. 

La sua porta di casa non si chiudeva, quella serratura era un vero inferno, doveva decidersi a mettere il padrone di casa con le spalle al muro e fargliela cambiare, anche con le maniere forti. Se chiamassi quell’armadio a quattro ante di mio cugino Bill dal Nevada forse cambierebbe idea… io sono troppo piccola e ridicola per mettere paura a qualcuno, pensò.

Aveva cominciato a correre giù, trovando sul pianerottolo del piano inferiore la signora Doyle, intenta a mettere fuori dalla porta una bottiglia vuota di vetro.

- Jennifer, tesoro, quanto sei carina, dove vai?-

- ‘Sera signora Doyle, vado ad un club con delle amiche, scusi se vado di fretta, sono in ritardo, arrivederci!- si era sbrigata a dire, ma la signora l’aveva fermata.

- Aspetta Jennifer, c’è il tuo gatto in casa mia, ti volevo chiamare ma non ho fatto in tempo…-

Fesso di un gatto! aveva pensato Jennifer mentre ormai era già a metà della rampa di scale successiva. Con uno scatto tornò su, precipitandosi alla porta dell’anziana signora, che un po’ barcollando era tornata in casa uscendone dopo un tempo che a lei era sembrato infinito.

- Tieni tesoro.- le aveva detto porgendole un gatto grasso e rosso, molto peloso.

- Grazie, mi scusi, arrivederci!-

Correndo aveva salito nuovamente le scale; non senza difficoltà, con il gatto in braccio, aveva litigato un’altra volta con la serratura della sua porta, quindi aveva appena messo un piede in casa e aveva lanciato il gatto sul divano del piccolo soggiorno. Quindi un altro match con la serratura e via per le scale, con sempre più fretta addosso. Se il lancio del gatto fosse una disciplina sportiva, potrei andare alle Olimpiadi… aveva pensato.

- Jennifer…-

- Buonanotte signora Doyle! Mi scusi, ma sono in ritardo!- Si sentiva un po’ in colpa a non fermarsi nemmeno un attimo, quell’anziana signora le voleva bene quasi come se fosse stata sua nonna, ma non aveva davvero tempo.

- Buonanotte tesoro, divertiti e sta attenta!- le aveva detto la donna mentre scendeva.

Incredibile ma vero, ce l’aveva fatta ad uscire dal palazzo.

Per quanto avesse cercato di ottimizzare i tempi, non aveva potuto evitare un piccolo ritardo, Patricia era stata comprensiva, Susan invece aveva cominciato a lamentarsi. Jennifer infatti aveva visto le sue amiche sedute in macchina ad aspettarla al posto convenuto, aveva accostato ed era scesa, bussando al finestrino del passeggero dove era seduta Patricia.

- Ma è mai possibile che tu debba essere in ritardo quando abbiamo da andare in certi posti? Sei un disastro!- le aveva detto un po’ scostante Susan, come al solito. Non riusciva mai ad essere molto gentile, anche quando era tranquilla, aveva sempre tenuto un atteggiamento di superiorità nei suoi confronti. Jennifer però non la rimproverava per questo, dava poco peso alla cosa, perché nonostante quel carattere un po’ burbero la riteneva una sua buona amica.

- Susy, calmati però, eh!- le aveva detto Patricia, vedendo che esagerava un po’.

- Scusatemi, me ne sono capitate di tutte.- aveva cercato di giustificarsi Jennifer. - Allora, dove si va?-

- All’Hard Rock Cafè, stasera c’è la festa di San Patrizio, pare che ci sarà un sacco di gente famosa, dicono che suonerà uno che ha fatto il Signore degli Anelli, lo sai?- aveva detto Patricia all’amica, affacciata al finestrino.

- Va bene…- aveva risposto lei non troppo convinta. - Allora vi seguo.- concluse, tornando poi alla sua auto e seguendo Susan, che si era immessa in strada quasi senza darle il tempo di seguirla.

Per averlo visto il film l’aveva visto, solo i primi due in verità, ma non le era piaciuto da impazzire come a tanti altri, e comunque non le interessava molto. Non le sembrava strano però rapportato a Susan, era una ragazza molto diversa da lei e Patricia. Di qualche anno più giovane di loro, molto bella e piuttosto intraprendente, aveva già avuto qualche piccola parte in film minori e attualmente era nel cast di una soap opera, non molto conosciuta per la verità. Il suo sogno era fare l’attrice, e Jennifer era sicura che ce l’avrebbe fatta: era tenace, e secondo lei era pure piuttosto brava, anche se non ne capiva un granché. Quello che le occorreva era solo una buona occasione, un ruolo anche piccolo ma che la mettesse di fronte agli occhi di qualcuno che valesse, Jennifer gliel’augurava con tutto il cuore e più in fretta possibile.

Arrivate al parcheggio si erano riunite e si erano incamminate verso l’Hard Rock, costatando, quando erano arrivate nei pressi dell’entrata del locale, che anche fuori c’era un sacco di gente.

- Pat… ma ce la facciamo ad entrare?- aveva chiesto Jennifer un po’ preoccupata.

- Ma la vuoi smettere di preoccuparti? Se vi ho detto che ci fanno entrare, ci fanno entrare, smettila di assillarmi!- aveva risposto Susan anche se non era stata interpellata.

- Se lo dici tu, è che io vedo un gran casino…- aveva ribattuto.

Quando le tre ragazze erano arrivate all’entrata, Susan si era fatta notare da uno dei buttafuori che controllava l’enorme fila che c’era per entrare, quello aveva sorriso e aveva fatto un cenno ad un altro, che si era fatto strada verso di loro e le aveva fatte passare. Susan aveva scambiato qualche parolina con quei due, ammiccando e sorridendo, Jennifer e Patricia l’avevano aspettata poco più avanti.

Entrare là dentro, nel senso fisico della cosa, non era stato nient’affatto facile. Jennifer, tanta gente stipata in quella maniera, non l’aveva mai vista, le faceva venire ansia quel posto. La musica era assordante, non c’era posto per sedersi e per di più, dopo una mezz’ora soltanto, i piedi le facevano un male insopportabile. Decise che avrebbe buttato quelle maledettissime scarpe, la facevano sembrare più alta almeno di sei o sette centimetri, che a lei facevano davvero comodo, data la sua piccola statura che sfiorava i 161 centimetri, ma a tutto c’era un limite!

Quando il famoso concerto che lei non aveva praticamente visto era finito, all’Hard Rock era cominciata una serata piuttosto ordinaria: musica alla moda e gente che ballava, nella bolgia infernale dopo un po’ le ragazze si erano perse Susan. Patricia le aveva detto che l’aveva vista sparire tra la folla mentre ballava con qualcuno. Urlando a squarciagola era riuscita a dire a Jennifer:- Magari ha conosciuto qualcuno d’interessante, speriamo per lei!- l’altra aveva annuito.

Guardando la sua avvenente amica aveva pensato per tutta la sera che il mondo dello spettacolo fosse davvero assurdo: Susan aveva tutte le carte in regola per diventare qualcuno, eppure nessuno si accorgeva di lei, come si poteva essere tanto ciechi? Era decisamente ingiusto.

Quando Patricia aveva avuto bisogno di andare in bagno, le due ragazze si erano avviate facendo una fatica immensa verso i servizi femminili, facendosi largo praticamente a spallate. Nonostante fosse già piuttosto tardi il locale non accennava a svuotarsi nemmeno un po’, e Jennifer cominciava a non poterne davvero più di stare lì. Mentre aspettava Patricia si era messa ad osservarsi nello specchio, per vedere come stesse.

Improvvisamente la porta all’entrata si era aperta con un gran tonfo che l’aveva fatta spaventare: era entrato nel bagno un tipo che aveva tutto l’aspetto di essere piuttosto alticcio, che l’aveva guardata incuriosito e le aveva detto:- Che ci fai signorina nel bagno degli uomini? Cerchi guai?-

Jennifer si era spaventata un po’, razionalmente non sapeva nemmeno il perché. Era quel tipo che era entrato nel bagno sbagliato! Fortunatamente era arrivato un altro tipo dietro, parecchio più grosso dell’altro, che l’aveva preso per la maglietta e l’aveva tirato via dicendogli:- Ma che fai, deficiente, è il bagno delle donne questo!-

La porta si era richiusa subito non appena quel tipo aveva trascinato via l’altro, Jennifer aveva tirato un sospiro di sollievo; quando Patricia era riapparsa chiedendole chi fosse il deficiente di prima, Jennifer aveva sorriso. - Uno che aveva sbagliato bagno!-

Lì per lì non ci aveva più pensato, almeno fino a che, nemmeno molto dopo, se l’era ritrovato davanti mentre era andata a prendersi da bere al bancone del bar. Aveva fatto finta di non riconoscerlo, ma lui sembrava non voler fargliela passare liscia.

- La ragazza del bagno! Come stai? Tutto bene? Io avevo sbagliato bagno, non aveva visto la gonnellina della donnina sulla porta, o forse sono entrato perché le gonne mi attirano troppo, non lo so… tu che ne pensi?-

- Ehm… cosa?- gli aveva risposto lei leggermente imbarazzata.

- Com’è che ti chiameresti?-

- Jennifer.- gli aveva risposto secca, per non incoraggiarlo.

- Ciao Jennifer! Come stai?- le aveva detto tutto sorridente. Jennifer più lo guardava e più era preoccupata, quel tipo era veramente troppo strano, o forse solo troppo sbronzo.

- Bene, grazie.- aveva ribattuto.

- E a me non chiedi niente?- aveva chiesto lo strano tipo, sembrando dispiaciuto.

- Tu stai bene?-

Quello le aveva teso la mano, lei gli aveva dato la sua un po’ perplessa.

- Molto piacere, io sono Dominic, e sto beeeenissimo!- aveva detto trascinando in modo ridicolo l’ultima parola.

Che nome idiota!, pensò lei, nome adatto al tipo, comunque. Ma chi l’aveva chiesto il suo nome!

- Sono felice per te.- aveva risposto, non sapendo più come togliersi dalla situazione. Anche se quel Dominic un po’ la metteva in ansia, doveva dire che però le sembrava carino. Non come aspetto fisico, magari anche in quello, le trasmetteva vibrazioni positive, ecco. Magari se lo avesse incontrato da sobrio non sarebbe stato neanche male.

- Jennifer… Jennifer…- Dominic l’aveva guardata e aveva ripetuto in modo incerto il suo nome per un paio di volte, guardandola con occhio non proprio vispo. - Ti posso offrire da bere, dolce Jennifer?-

Carino, sei decisamente ubriaco!, pensò la ragazza. - Non c’è bisogno, ma grazie.- aveva risposto, sempre aspettando che il barista la degnasse di un po’ di attenzione. Era parecchio che stava là, e quello le dava l’idea di non averla nemmeno vista.

- No, no, dai, mi fa piacere, dimmi che prendi.-

- Una birra.- aveva detto arrendendosi, evidentemente non c’era modo di farlo desistere. Con sua immensa sorpresa, come Dominic fece per alzare la mano, sebbene fosse l’ultimo arrivato, uno dei baristi gli prestò subito attenzione, portandogli in men che si dicesse quello che aveva chiesto.

Che palle! Guarda un po’ se devono dare retta più all’ultimo sbronzo arrivato che a me, che bastardi! Sono proprio un caso clinico di sfigata…, pensò Jennifer, che intanto aveva sorriso a Dominic prendendo la bottiglia di birra che lui le stava porgendo.

Avrebbe voluto tornare da Patricia, che la stava aspettando non lontana da lì, ma le sembrava veramente da maleducata andarsene così dopo che Dominic le aveva offerto da bere, anche se il ragazzo aveva cominciato a bere la sua birra e sembrava, almeno per quel momento, essersi dimenticato di lei.

Si era fermata per un momento ad osservarlo: portava un paio di normalissimi jeans e una maglietta verde, con sopra disegnato un pallone da calcio, con una scritta che non riusciva bene a vedere nella semioscurità, barba un po’ lunga, che doveva dire gli stesse bene, biondo, ma francamente non sembrava il suo colore. Era nell’accessorio che veramente dimostrava una certa peculiarità: le sue mani erano piene di anelli e ai polsi portava dei cosi strani, Jennifer si stava chiedendo se quegli strani aggeggi erano rimasugli di qualche giochetto sessuale un po’ strano. Poi notò anche che aveva disegnate sopra le unghie della mano destra una specie di lunetta con lo smalto nero… mah, pensò, questo è proprio strano, però è anche proprio carino! Si mise a ridacchiare mentre pensava a queste cose, Dominic si era per un momento ripreso dai suoi viaggi negli effluvi dell’alcool e le aveva sorriso.

- Che cos’è che ti fa ridere, Jennifer?-

Ogni volta che pronunciava il suo nome lo faceva usando un accento un po’ strano, Jennifer non sapeva se fosse per la sbronza o perché magari parlava proprio in modo strano.

- Niente.- aveva risposto, sentendosi un po’ allo scoperto.

Dominic aveva fatto una risatina idiota, poi le aveva dato una ditata sulla spalla con l’indice della mano sinistra, nella quale teneva anche la birra e le disse - Tu non me la racconti giusta… Jenny… Jennifer!-

Ma sei veramente un gran scassapalle!, pensò. - Davvero, niente, sorridevo.- gli rispose, un po’ imbarazzata.

- Jenny Jennifer… me lo dai il tuo numero di telefono? Così una volta che sono un po’ meno stanco ci facciamo una chiacchierata, Jenny Jennifer…-

Jennifer stavolta aveva riso, quella parlata un po’ biascicata e il fatto che la chiamasse in quel modo l’avevano fatta ridere di gusto.

- Non sei stanco, Dom Dominic!- gli aveva risposto imitandolo. - Sei serenamente e beatamente ubriaco! E non credo sia il caso di darti il mio numero…-

- Dom Dominic…- aveva ridacchiato un po’, poi aveva continuato. - Jenny Jennifer… dai, per favore, fammi contento, voglio rivederti.-

- Va bene, ma solo perché tanto domattina non ti ricorderai nemmeno la mia faccia.- aveva ceduto Jennifer, dato che poi, in fin dei conti, anche se era sbronzo, quel tipo le piaceva. Patricia l’avrebbe cazziata sicuramente se l’avesse saputo.

Aveva fatto per dettarglielo, ma Dominic la stava guardando con l’occhio spento, senza accennare a fare niente per appuntare il suo numero. Poi era sembrato riprendersi un po’, si era messo una mano sul petto, come a voler cercare qualcosa.

- Ops… dolce Jenny Jennifer… non so dove ho messo il mio telefono birichino, chissà dove s’è cacciato… va in giro da solo… aspetta…-. Detto questo si era sporto sul bancone del bar e aveva chiesto una penna al barista, che prontamente aveva esaudito la sua richiesta. Quindi l’aveva porta a Jennifer, porgendogli la mano destra e dicendole. - Tatuami!-

- Cosa?- aveva chiesto lei basita.

- Se mi faccio dare un pezzetto di carta poi il birichino mi scappa come il telefono, invece se tu me lo scrivi qui, ma proprio qui,- precisò indicando con il dito indice della mano sinistra il palmo della mano destra, - con scritto sopra la dolce Jenny Jennifer io non ti perdo più.-

- Sei veramente strano, te l’ha mai detto nessuno?- aveva commentato Jennifer esaudendo quello strambo desiderio.

- Mi dicono tante cose Je… Jennifer, non me le ricordo tutte.- Incominciava anche a tartagliare, era palese che la sonora sbronza di cui era vittima gli stava davvero facendo un bell’effetto.

- Appunto… allora io torno dalla mia amica, ciao Dominic, grazie per la birra.-

Dominic aveva alzato la mano e l’aveva salutata, finendo di bere la sua birra.

Pure da un ubriaco mi dovevo far rimorchiare, ora se questo mi chiama io che gli racconto? Dio che imbecille che sono! Potevo almeno dargli il numero sbagliato? Cogliona, cogliona!

Appena era arrivata da Patricia le aveva detto che se ne voleva andare via.

- Ma come te ne vai, e Susy?-

- Pat, Susy è sparita da quasi due ore, e io non ce la faccio più! Dai, vieni con me, ti riaccompagno io.- le aveva detto.-

- No, io aspetto lei, se poi non la ritrovo prendo un taxi, però tu sei una stronza! E poi è solo l’una!-

- Sì, e domani io devo essere in ufficio alle nove! E sono stanchissima! Davvero Pat, non ce la faccio più, non ce l’avere con me!- si lamentò Jennifer.

L’amica cambiò espressione. - Ma no che non ce l’ho con te, vai, dai, io mi arrangio.- 

Le due ragazze si erano date un bacetto affettuoso sulle guance e Jennifer si era avviata all’uscita non senza difficoltà, quando si ritrovò in strada si sentì un po’ più libera di respirare.

Era sola e un po’ era preoccupata: per girare da sola di notte a Los Angeles portava decisamente una gonna troppo corta. Tuttavia la zona era molto frequentata anche a quell’ora e questo la faceva sentire abbastanza sicura, almeno finché non girò l’angolo verso il parcheggio e vide che la strada per arrivarci era deserta. Era sicura che non le potesse succedere nulla, ma ugualmente guardò bene davanti a sé e poi dietro, vedendo una cosa che l’aveva allarmata davvero molto.

Quel Dominic la stava seguendo.

Idiota, imbecille, cretina, stupida, sfigata, imbranata!! Ma che cazzo t’è saltato in mente di dare spago ad uno così! Oddio, magari è un pazzo assassino e adesso mi ammazza! O mi fa qualcosa di peggio!

Pensando queste cose affrettò il passo, cosa non facile dato che quelle scarpe le stavano facendo vedere i sorci verdi. Per vedere se effettivamente la seguiva cambiò momentaneamente strada, trovandoselo dietro. Un brivido la scosse, continuò a camminare. Il suo nuovo piano era quello di salire in macchina velocemente e di partire altrettanto velocemente prima che lui la raggiungesse, se manteneva quella distanza tra loro ce l’avrebbe fatta. Ma Dominic stava guadagnando terreno, e quando lei era arrivata alla sua macchina lui non era molto distante da lei.

Agendo un po’ d’impulso si girò improvvisamente e lo guardò furente.

- Ma insomma, perché cavolo mi segui? Chiamo la polizia se non ti togli di mezzo!-

- Aspetta Jenny Jennifer…- gli aveva detto lui rimanendo sempre un po’ distante.

- Che vuoi? Parla! Veloce!-

Dominic l’aveva guardata con un’espressione sul viso tipo bambino che è stato sorpreso a fare una marachella. Porca puttana, se mi guardi così m’ intenerisco, aveva pensato Jennifer.

- Voglio venire con te…-

La ragazza era rimasta un momento spiazzata. - Come vuoi venire con me? Ma dove?-

- Dovunque tu vada, voglio venire con te.-

- Tu sei pazzo!-

- No, voglio stare con te.-

Jennifer era stata fortemente tentata di aprire lo sportello della sua auto e scappare via di corsa, ma non poteva lasciarlo lì in quel modo, le sembrava davvero partito.

- Senti, se vuoi ti porto a casa. E’ il massimo che posso fare.-

- Va bene dolce Jenny, dove vuoi…-

Jennifer l’aveva fatto salire in macchina. - Dove abiti?-

- A Manchester, a Los Angeles e poi in tanti posti, tanti tanti posti...-

- Dai, sii serio, dove devo portarti?-

- Dove vuoi tu, Je… Jen… dolce Jenny.- aveva incespicato con difficoltà.

- Va bene, ho capito, io parto intanto, e tu mi dici dove devo andare.-

Dominic aveva chiuso gli occhi e si era appoggiato allo schienale del sedile, annuendo. Intanto Jennifer aveva messo in moto la macchina, dopo aver fatto qualche metro aveva richiamato il ragazzo.

- Allora, mi dici dove devo portarti? Non posso stare tutta la notte dietro a te!-

Non aveva ricevuto risposta.

- Dominic?-

Tutto continuava a tacere.

Jennifer allora per un attimo aveva spostato lo sguardo dalla strada su di lui.

- No, non è possibile!- aveva esclamato, poi aveva cercato un posto per accostarsi. Dominic sembrava essersi addormentato, come un bambino, appunto. In verità non dormiva, era solo molto stordito.

L’aveva scosso un po’, ma lui aveva farfugliato qualcosa senza senso e nient’altro, era completamente andato.

- Ma porca vacca! E adesso che diavolo faccio!-

Era rimasta un momento a riflettere, senza sapere cosa fare, poi aveva cercato il suo cellulare nella borsa, aveva bisogno dell’aiuto di Patricia, quando improvvisamente sentì un cellulare suonare che indubbiamente non era il suo.  Doveva essere di Dominic.

Improvvisamente si sentì più sollevata, avrebbe potuto chiedere aiuto a chi avrebbe trovato dall’altra parte. Il problema adesso era dove fosse il cellulare di quel tipo… lo sentiva squillare, ma proprio non aveva idea di dove potesse essere, Non aveva una giacca addosso, quindi doveva essere in una delle tasche dei jeans, Jennifer accese la luce dell’abitacolo dell’auto per vedere, notò una strana escrescenza che sporgeva dalla tasca anteriore destra dei sui jeans.

- Bel posto del cazzo per tenere un cellulare!- disse a voce alta mentre l’odiosa musichina continuava a suonare. Si apprestò non senza imbarazzo ad introdurre una mano nella tasca, del resto era l’unico modo per appropriarsi di quel telefono.

Non appena Dominic aveva sentito quegli strani movimenti, sempre poco cosciente, aveva fatto una risatina. - Oh, oh, che vuoi farmi dolce Jenny?-

Intanto la ragazza era finalmente riuscita a prendere il telefono, a quell’uscita però non poteva non rispondere.

- Ma stai zitto!- aveva detto stizzita, ma guarda un po’ se deve fare anche lo spiritoso questo!

- Sì, sì, io non dico più niente, fai tutto tu.-

Jennifer non aveva sentito l’ultimo commento, aveva risposto al telefono.

- Dom! Dove diavolo sei?- la voce dall’altra parte sembrava essere piuttosto allarmata.

- Scusami, io non sono Dominic, mi si è praticamente addormentato in macchina, io non so che fare…-

- Ma chi sei?- le aveva detto la voce maschile dall’altra parte, - che sta succedendo?-

- Sono Jennifer… è una storia lunga, dovevo riaccompagnarlo a casa, ma non mi vuole dire dove abita.-

- Ascoltami Jennifer, adesso tu mi devi dire dove sei di preciso, e mi aspetti ferma lì. Vi ha visti qualcuno?-

Jennifer spiegò al suo interlocutore dove fossero, e disse che non gli aveva visti anima viva. Lì per lì non si fece domande. Aspettò pochi minuti quindi, fino a che vide arrivare un’elegante auto sportiva piuttosto velocemente, che accostò vicino a lei. Ne vide scendere un tipo ben vestito, che si avvicinò alla sua auto.

- Jennifer?-

Lei scese dall’auto. - Sì, sono io.-

- Senti Jennifer, è di fondamentale importanza che non vi abbia visti nessuno. Ne sei certa al mille per cento?- le aveva chiesto.

- Sì… cioè, non lo so, penso di no… ma perché è tanto importante?-

Quell’uomo non rispose alla sua domanda. - Dominic è in macchina?- chiese.

- Sì.-

Saputo questo si diresse allo sportello sulla destra, aprendolo e chinandosi, mettendosi il braccio di Dominic intorno al collo, mentre incitava l’altro a collaborare. Non senza fatica l’aveva fatto alzare in piedi e aveva cominciato a trascinarlo verso la sua auto, per poi metterlo sul sedile accanto a quello di guida.

- Ti ringrazio molto Jennifer. Mi raccomando, tieni la cosa per te.-

La ragazza dal canto suo era piuttosto stordita, non capiva come mai quel tipo si fosse tanto fissato sulla segretezza della cosa. Quindi l’aveva visto ripartire piuttosto velocemente, lasciandola sul ciglio della strada.

Appena era entrata nel portone del suo palazzo, Jennifer si era tolta le scarpe, che le avevano lasciato degli evidenti segni rossi sulla parte superiore del piede, poi aveva lentamente cominciato a salire le scale, fino al suo appartamento al quarto piano. Aveva dovuto litigare per l’ennesima volta con la serratura, ogni benedetta volta che usciva doveva necessariamente rischiare di rimanere chiusa fuori, era frustrante. Quella volta le andò bene, appena entrata le era venuto incontro il gatto, che miagolando era andato a strusciarsi alle sue gambe.

- Buonanotte Sploffy… era meglio che rimanevo con te a giocare al lancio del gatto…- gli disse prendendolo in braccio e grattandogli la testa.

Era stanchissima e decisamente stralunata per via della strana conclusione di serata.

Era mai possibile che cose del genere capitassero sempre a lei? 

   
 
Leggi le 20 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Cast Il Signore degli Anelli / Vai alla pagina dell'autore: lightoftheday